i terribili ricordi dell`assassino

Transcript

i terribili ricordi dell`assassino
Autore: Lilian Mendicino
Scuola Media – Dolo (Ve)
I TERRIBILI RICORDI DELL’ASSASSINO
Quella sera la taverna “El Toro” contrariamente al solito, brulicava di persone, come se
qualche importante avvenimento fosse avvenuto o stesse per succedere.
Il vociferare della gente annebbiava la calda atmosfera della locanda, gremendo l’aria di
suoni e rumori; ogni tanto si sentiva una risata roca e sonora fatta più per contestare le opinioni che
per sano umorismo. Il recente omicidio di Ms. Collins aveva scatenato scalpore, stupore e terrore,
stroncando la maggior parte delle solite felici espressioni confuse dall’alcol.
La povera vittima era stata trovata impiccata da un palo; l’orribile espressione di lei non era
di certo piacevole: gli occhi vitrei e spalancati, la bocca aperta con un rivolo di saliva colante da un
lato e le numerose contusioni sul collo erano visibili fino al mento. Il primo urlo di terrore era stato
udito alla presta mattina quando la povera vedova Smith era uscita a comprare il giornale e si era
ritrovata a vedere sulla parte opposta della strada una donna uccisa.
L’unico a sapere la verità se ne stava isolato senza proferire parola ad ascoltare ciò che la
gente sapeva o credeva di sapere. Continuando a incidere il tavolo di legno con un affilato pugnale,
riusciva a concentrarsi su ogni discorso, analizzandolo, estrapolando il concetto per poi elaborarlo
in una sola parola che potesse interessarlo: nulla. Era dal pomeriggio che sorseggiava te e intagliava
il tavolo, e non sarebbe andato via prima dell’ultimo ubriacone.
Era praticamente solo quando il barman gli si avvicina a passi pesanti per discutere sul
prezzo del danno al tavolo e dice: “Guarda, guarda cos’hai fatto! Ti converrà risarcirmi subito e
peggio per te se non hai soldi!”. L’assassino pazientemente si alzò e accostandosi all’orecchio
dell’uomo mormorò: “Invece sarai tu a pagar conseguenza della scelta sbagliata; o mi lasci perdere,
o entro breve sei morto!”.
Era appena uscito quando sentì il barista gettare fuori uno straccione ubriaco che era svenuto
davanti alla porta. Camminava spesso di notte, di giorno la luce gli dava fastidio ed odiava la folla
che gremiva Londra. Ricordava molte passeggiate notturne. Si rivedeva mentre uccideva vittime
casuali o pensava, come in quel momento.
Era relativamente stanco, avrebbe recuperato le sue forze in un paio d’ore. Nelle sue notti il
sonno si presentava come una nebbia nera, ma in un passato che rinnegava, un passato terribile.
Sentiva una donna urlare, i capelli bagnati, la fronte sudata, i suoi occhi cercavano aiuto ma
era sola, sola in una morte così dolorosa. L’ostetrica la incitava a resistere, a respirare, l’aiutava in
un certo senso, ma a lei serviva un sostegno maggiore. Aveva perso la vita quella sera mettendo al
mondo un assassino. La sua prima vittima, sua madre, ora la ricordava perfettamente, l’omicidio più
devastante della sua lunga carriera, il suo unico omicidio involontario.
Si svegliò che era passata appena un’ora, cercò di riaddormentarsi con scarsi successi perché
l’immagine di sua madre lo tormentava. Passò meno di un’ora che si vestì e uscì una pallida aurora
sul Tamigi circondata da banchi di nebbia. Quell’atmosfera lo portava a pensare ancora ai suoi
ricordi perduti indietro nel tempo, su quelle stesse rive testimoni di molti dei suoi delitti.
Una vivida immagine di un bambino gli si presentò nella memoria, un’immagine di una lite
tra bambini, loro due attaccati allo stesso oggetto, urlavano animatamente insulti, il suo amico
inciampò su di un sasso allora lui, immediatamente, lo colpì con lo stesso sasso.
Tutto si offuscò divenendo un altro ricordo un più recente, la morte di suo padre, anzi il suo
assassinio; era una giornata di pioggia, tutto era triste e opprimente, suo padre era sbronzo, come
sempre dopo la morte di sua madre, e lo stava accusando della morte della sua sposa; erano in breve
tempo entrati in un’accesa discussione finita con la morte del più debole.
1
La nebbia di ricordi tornò ad infittirsi mostrandogli una dopo l’altra mille morti tutte
differenti per modo e vittima. La nebbia mattutina si stava diradando in uno dei rari giorni
soleggiati di Londra che lui odiava così rientrò in tutta fretta fino a tardo pomeriggio.
Alla sera l’assassino era in cerca di prede per il suo vizio; la Londra autunnale era fantastica,
gli alberi semi spogli, il vento impetuoso, i muri rovinati e le persone che spegnevano la tenue luce
che cercava di brillare nel fitto buio. Ora ha puntato un soggetto, è un uomo sulla cinquantina, porta
un impermeabile, ha la faccia di quello che torna a casa solo perché ci è costretto, non vorrà morire,
in fondo chi lo vuole?
L’assassino gli si avvicina di soppiatto, gli si accosta all’orecchio e gli prende il mento, ora
lui dovrebbe reagire, combattere per la vita, ma la reazione tarda a venire, non avviene affatto; forse
non aveva così tanta voglia di vivere. Estrae il pugnale e gli taglia la gola con un movimento fluido
e impercettibile.
Quella sera sarebbe andato alla locanda “El Toro” per ascoltare ciò che la gente sapeva o
credeva di sapere; forse, sperando che qualcuno cominciasse a sospettare di lui.
2