Vision Based Computer Aided Safe Transportation

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Vision Based Computer Aided Safe Transportation
RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO
VICAST
VISION BASED
COMPUTER AIDED
SAFE TRANSPORTATION
VISION BASED COMPUTER AIDED SAFE TRANSPORTATION - VICAST – RBINO4F4SY
RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO
Sommario
1
DATI SALIENTI DEL PROGETTO................................................................................................................ 3
1.1
1.2
2
TITOLO DEL PROGETTO ................................................................................................................................ 3
DESCRIZIONE DEL PROGETTO ....................................................................................................................... 3
OBIETTIVI, ATTIVITÀ E PRINCIPALI RISULTATI.................................................................................... 5
2.1
STRUTTURA COMPLESSIVA DEL PROGETTO .................................................................................................. 5
2.2
FASE 1. ANALISI DELLA VISIBILITÀ ............................................................................................................ 6
2.2.1
Obiettivi generali ................................................................................................................................ 6
2.2.2
Attività e principali risultati................................................................................................................ 6
Attività 1.1 Definizione architettura sistema............................................................................................... 6
Attività 1.2 Analisi dati formazione nebbia ................................................................................................ 6
Attività 1.3 Specifiche Integrazione............................................................................................................ 6
Attività 1.4 Selezione Veicolo Dimostratore....................................Errore. Il segnalibro non è definito.
2.3
FASE 2. SPECIFICHE GENERALI. .................................................................................................................. 6
2.3.1
Obiettivi generali ................................................................................................................................ 6
2.4
FASE 3. SVILUPPO DI MODULI HW E SW ................................................................................................... 7
2.4.1
Obiettivi generali ................................................................................................................................ 7
3
COSTI ................................................................................................................................................................ 8
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1
DATI SALIENTI DEL PROGETTO
1.1
Titolo del Progetto
Vision Based Computer Aided Safe
Transportation - VICAST
1.2
Descrizione del progetto
Il progetto VICAST si inquadra nell’ambito dei progetti FIRB – Internazionalizzazione del
bando 2004. Il progetto ha avuto inizio nel Luglio 2006 e la sua durata prevista e’ di 36
mesi. Nel seguito vengono descritte le attività svolte da CRF nel primo anno di ricerca,
relativa al periodo 1 Luglio 2006 – 30 Giugno 2007.
Nella società moderna, dove c’è una continua crescita del trasporto commerciale e
privato, si fa sempre più rilevante il problema della sicurezza nei trasporti terrestri,
infatti: incidenti sia nelle autostrade che nelle ferrovie causano un alto numero di morti e
feriti ogni anno.
Molti sono i modi di ridurre le cause degli incidenti: dalle modifiche alle leggi alla ricerca
di sistemi semiautomatici di rilevamento incidenti.
Nel secondo contesto si inserisce questo progetto, che sfrutta tecniche di visione
artificiale, fusione dati e algoritmi per comprensione automatica della scena al fine di
fornire al conducente (sia esso macchinista o autista di pullman) un sistema attivo per la
sicurezza. In particolare, l’obiettivo è migliorare la qualità del campo di vista del
conducente nei casi di scarsa visibilità (ad esempio di notte, in caso di nebbia, pioggia o
neve, etc…) e, nello stesso tempo, fornire al conducente un sistema semiautomatico
per il rilevamento degli ostacoli in modo da aumentare la sua attenzione nel caso il
sistema rilevi un possibile ostacolo.
Il progetto propone di installare su mezzi di trasporto (automobili, bus o treni) un gruppo
di sensori eterogenei montati in modo che puntino nella direzione di marcia e che
riprendano la stessa scena con diverse modalità di acquisizione.
Ogni sensore fornisce caratteristiche diverse dell’immagine e la fusione dei dati
eterogenei permette di migliorare l’analisi dell’ambiente e la possibilità di individuare un
ostacolo davanti al veicolo.
Le tecnologie dei sensori potrebbero essere:
•
Telecamere a colori;
•
Telecamere ad infrarossi;
•
Laser gated cameras.
Le telecamere a colori operano nello stesso campo di frequenze dell’apparato visivo
umano, quindi le immagini acquisite sono elaborate per migliorare la visione ed estrarre
informazioni in condizioni che possano essere riconoscibili dal guidatore.
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Le telecamere ad infrarossi forniscono le informazioni, che il sistema visivo umano che
non riesce a percepire nel campo dell’infrarosso, e (specialmente riguardo la tecnologia
far infrared) sono sensibili al calore mentre non sono influenzate dalle condizioni di
illuminazione; questo approccio dovrebbe essere utilizzato principalmente per l’analisi in
condizioni di scarsa illuminazione.
Le Laser gated cameras lavorano con una illuminazione attiva data dal laser e sono
sensibili alle radiazioni di ritorno del target, questo permette di distinguere ostacoli
anche in condizioni notturne o nebbia.
Dalle immagini derivanti da ogni singolo sensore, un elaboratore, montato all’interno del
veicolo, utilizzando algoritmi di elaborazione di immagini, può estrarre i dati di interesse
a diversi livelli di complessità e di astrazione fino alla descrizione semantica di ciò che
sta accadendo di fronte al veicolo, e generare un segnale d’allarme per avvisare il
conducente che sta succedendo qualcosa di anomalo; tutto questo già attraverso
l’utilizzo di un solo sensore.
Unendo e fondendo le informazioni provenienti da tre o più sorgenti differenti
(infrarosso, diversi campi di vista delle telecamere a colori e telecamere laser gates), ci
si aspetta che la capacità di riconoscere oggetti in ogni condizione atmosferica (notte,
nebbia, neve, etc…) sia migliorabile significativamente. Il progetto sarà sviluppato
partendo dalla scelta degli algoritmi e dal set di sensori, analizzando le cause dei
comuni incidenti al fine di elaborare una strategia per la protezione attiva del veicolo,
sviluppando le tecniche di elaborazione di immagini al fine di estrarre informazioni
dall’ambiente, studiando una tecnica di fusione dati che permetta sia di comprendere
cosa accade nella scena e di dare una informazione affidabile e robusta, anche in casi
di bassa visibilità, sia di mostrare al conducente una situazione facilmente
comprensibile al fine di prendere una decisione veloce e sicura.
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OBIETTIVI, ATTIVITÀ E PRINCIPALI RISULTATI
2.1
Struttura complessiva del progetto
Le attività del progetto nel suo complesso sono articolate nelle seguenti fasi:
FASE 1: Analisi della visibilità.
In questa fase viene svolta una analisi della visibilità di notte e in condizioni
climatiche avverse. Questa analisi permetterà di capire meglio il problema
generale indirizzando il progetto e fornendo lo stato dell’arte per quanto riguarda
le tecnologie dei sensori, i dispositivi, i sistemi e gli algoritmi utilizzati per
aumentare la visibilità durante la notte o in condizioni atmosferiche sfavorevoli.
FASE 2: Specifiche generali.
In questa fase vengono definiti gli elementi generali, incluse le specifiche, di
moduli hardware e software innovativi per migliorare la visibilità. Gli obiettivi di
questa attività sono la definizione delle specifiche e l’identificazione di una
architettura in grado di essere integrata a bordo di mezzi di trasporto o veicoli
dimostratori.
FASE 3: Sviluppo di moduli HW e SW
In questa fase viene svolto lo sviluppo di nuovi moduli hardware/software relativi
alla analisi della scena al fine di estrarre informazioni dall’ambiente, mediante
tecniche di fusione dati che permettano di prendere una decisione affidabile e
robusta attraverso l’utilizzo dei diversi sensori.
Nel seguito verranno dettagliate le sole attività svolte da CRF, nell’ambito della
collaborazione in essere con le altre Unità di ricerca:
• Università degli Studi di Genova – Dip. Ingegneria Biofisica ed Elettronica; rif.
Prof. Carlo Ragazzoni, co-ordinatore dell’intero progetto.
• Technion Institute (IL) – Rif. Prof. Yehoshua Zeevi, co-ordinatore della Unita’di
ricerca del partner Internazionale.
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2.2
FASE 1. Analisi della visibilità
2.2.1 Obiettivi generali
Gli obiettivi della fase di analisi della visibilità consistevano nella analisi del problema
generale della visibilità di notte ed in condizioni climatiche avverse, con specifica
attenzione al caso della nebbia.
2.2.2 Attività e principali risultati
Attività 1.1 Analisi visibilità e caratterizzazione dati formazione nebbia
È stata svolta una analisi fenomenologica ed una valutazione dei comportamenti di
guida che avvengono in condizioni di nebbia. È stata inoltre effettuata una valutazione
comparativa delle tecnologie impiegate nel progetto rispetto a tecnologie già
consolidate per il supporto alla guida in condizioni di scarsa visibilità (radar a microonde
e imaging far IR). In questo modo risulterà possibile fornire dati di impostazione
affidabili per le successive attività progettuali; in particolare per la stesura delle
specifiche dei dispositivi (fase 2 del progetto) e per la integrazione dei moduli
componenti l’architettura di sistema (fase 3). I contenuti della attività 1.1 sono dettagliati
nell’annesso tecnico #1.
Attività 1.2 Analisi soluzioni disponibili per la registrazione sincrona di immagini
e dati su veicolo dimostratore
In questa attività è stata svolta una analisi preliminare delle possibili soluzioni che
verranno utilizzate per il veicolo prototipo dimostratore delle funzioni di ausilio alla guida
che verrà allestito nel corso dello svolgimento del programma di ricerca. In particolare si
è affrontato il problema di acquisire immagini e dati veicolo con delle procedure e dei
sistemi in grado di oggettivare e riprodurre a livello di laboratorio le situazioni reali
incontrabili durante la sperimentazione su strada. I contenuti della attività 1.2 sono
dettagliati nell’annesso tecnico #2.
2.3
FASE 2. Specifiche generali.
2.3.1 Obiettivi generali
L’obiettivo di questa fase è di giungere alla definizione delle specifiche ed alla
identificazione di una architettura in grado di essere integrata a bordo di mezzi di
trasporto o veicoli dimostratori.
Le attività relative alla fase 2 del progetto sono previste per il secondo periodo della
ricerca (1 Luglio 2007 – 30 Giugno 2008), e non saranno pertanto descritte nel presente
rapporto di ricerca.
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2.4
FASE 3. Sviluppo di moduli HW e SW
2.4.1 Obiettivi generali
L’obiettivo di questa fase è di svolgere lo sviluppo di nuovi moduli hardware/software
relativi alla analisi della scena al fine di estrarre informazioni dall’ambiente, utilizzando
tecniche di fusione dati che permettano di prendere una decisione affidabile e robusta
attraverso l’utilizzo dei diversi sensori.
Le attività relative alla fase 3 del progetto sono previste per il terzo periodo della ricerca
(1 Luglio 2008 – 30 Giugno 2009), e non saranno pertanto descritte nel presente
rapporto di ricerca.
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3
COSTI
I costi sostenuti per lo svolgimento del progetto sono riportati nel prospetto seguente:
Il Capo Progetto
Giulio Vivo
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ANNESSO TECNICO #1
RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO
VICAST
VISION BASED
COMPUTER AIDED
SAFE TRANSPORTATION
ANNESSO TECNICO #1 – PRIMO ANNO
SOMMARIO
INDICE ........................................................................................................... 1
1.
INTRODUZIONE .................................................................................... 3
2.
STUDIO DEL FENOMENO NEBBIA...................................................... 3
2.1
2.2
3.
Descrizione fenomenologica ............................................................................ 3
Modelli di distribuzione di dimensioni ............................................................. 6
STATO DELL’ARTE SENSORI NEBBIA ............................................... 9
3.1
3.2
3.2.1
3.2.2
3.3
3.4
Sensori a trasmissione, riflessione e scattering............................................. 9
Sensori di umidità e temperatura ................................................................... 12
Termoigrometro ........................................................................................... 12
SolarLite fog................................................................................................. 13
Telecamera ....................................................................................................... 13
Altre tecnologie................................................................................................ 15
4.
CONCLUSIONI..................................................................................... 15
5.
BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 15
Il presente documento è di proprietà del Centro Ricerche Fiat. Non può essere fotocopiato o trasmesso a terzi senza autorizzazione.
1.
INTRODUZIONE
Lo scopo del documento è quello di descrivere il fenomeno della formazione della
nebbia e di fornire uno stato dell’arte sulle tecnologie disponibili sul mercato per il rilievo
della visibilità.
2.
STUDIO DEL FENOMENO NEBBIA
2.1
Descrizione fenomenologica
Secondo le norme internazionali stabilite dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale
(W.M.O.), si definisce nebbia quel fenomeno che riduce la visibilità orizzontale a meno
di un chilometro; nel caso la visibilità sia ridotta a distanze maggiori, si parla di bruma o
di foschia. Nebbia e bruma sono entrambe idrometeore, termine con il quale si indicano
gocce o cristalli di ghiaccio in sospensione nell’atmosfera. La foschia si distingue dalla
bruma e dalla nebbia in quanto non è costituita da particelle di acqua, ma da particelle
solide di diversa provenienza.
La nebbia si forma esclusivamente per condensazione in minuscole gocce del vapor
d’acqua contenuto nell’atmosfera; affinché ciò avvenga è necessario uno stato
igrometrico molto elevato (normalmente con umidità relativa1 superiore all’80 %). Il
processo di condensazione è facilitato dalla presenza di particelle liquide o solide,
chiamate nuclei di condensazione; esse permettono la formazione e il mantenimento
della nebbia ad un livello di umidità relativa inferiore. La natura chimica, le dimensioni e
la concentrazione dei nuclei determinano il valore dell’umidità relativa al quale il vapore
d’acqua inizia a condensare. I nuclei di condensazione più piccoli - detti nuclei di
Aitken - hanno raggio compreso tra il millesimo e il decimo di micron; la loro
concentrazione è massima in città e pressoché nulla in alta montagna. Sono presenti
anche nuclei di dimensioni maggiori, di raggio compreso tra il decimo e il micron,
costituiti da materiali di diversa natura. Fanno parte di questa categoria le particelle di
sale provenienti da spruzzi marini, i minuti detriti di terra sollevati dal vento, il pulviscolo
industriale, i fumi dispersi, ecc. Nei centri industriali si hanno infatti nebbie dovute alla
condensazione di vapor d’acqua intorno a residui volatili della combustione; tali nebbie
prendono il nome di smog (contrazione di smoke + fog).
L’accrescimento delle gocce per condensazione avviene ad una velocità che diminuisce
all’aumentare del diametro. Questo avviene per due ragioni: la condensazione del
vapore sulla goccia avviene con emissione di calore che in parte è assorbito dalla
goccia stessa, con conseguente aumento della temperatura e riduzione della velocità di
crescita; il progressivo aumento del raggio attenua gli effetti della curvatura sulla
tensione di vapore. Esiste un secondo tipo di accrescimento, detto crescita per
coalescenza (la maggior responsabile della formazione di gocce di grandi dimensioni),
dovuta invece ai moti di agitazione termica e ai moti convettivi presenti nell’atmosfera
che provocano la collisione fra gocce singole. Il processo di coalescenza è facilitato
anche dall’azione elettrostatica dovuta alle cariche elettriche accumulate nelle gocce.
Affinché si abbia formazione di nebbia è necessario che si verifichi un aumento
dell’umidità relativa dell’aria; tale aumento si può verificare sia per immissione
nell’atmosfera di vapor d’acqua, sia per raffreddamento dell’aria. In base a questa
1
L’umidità è la quantità di vapor d’acqua contenuta nell’atmosfera. Si distingue in relativa (rapporto tra la quantità di
vapore nell’unità di volume di aria e quella che dovrebbe essere contenuta nell’unità di volume di aria satura alla
3
stessa temperatura) o assoluta (contenuto di vapor d’acqua in g/m ).
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distinzione si definiscono due categorie di nebbie: quelle di raffreddamento e quelle di
evaporazione.
Nebbie di raffreddamento
• Nebbie di pendio o di sollevamento: si formano per sollevamento forzato dell’aria
lungo un pendio; l’aria sollevandosi si raffredda adiabaticamente e il vapor d’acqua si
condensa in piccole gocce.
• Nebbia isobarica: si forma per il raffreddamento adiabatico dovuto al movimento
forzato dell’aria umida attraverso le isobare verso una zona a bassa pressione.
• Nebbia isallobarica: si forma per raffreddamento adiabatico dovuto ad una
diminuzione locale della pressione.
• Nebbia di irraggiamento o di radiazione: si forma in territori pianeggianti ed in
assenza di vento quando il suolo durante la notte si raffredda per irraggiamento verso
il cielo sereno (il cielo coperto di nubi ostacola l’irraggiamento) e raffredda l’aria umida
soprastante per conduzione. La condensazione ha generalmente luogo ad altitudini
inferiori ai duecento metri.
• Nebbia di avvezione o di trasporto: si forma quando una massa d’aria calda e umida
scorre su una superficie più fredda, con conseguente diminuzione della temperatura.
Questo tipo di nebbia non supera i 500 metri di altitudine e si forma anche in
presenza di vento.
• Nebbia di mescolamento: si genera quando aria calda e umida si mescola con aria
fredda.
Nebbia di irraggiamento
Nebbia di avvezione
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Nebbia di pendio
Nebbie di evaporazione
• Nebbia frontale o da area di pioggia: si forma lungo la superficie di discontinuità di
due masse d’aria a diversa temperatura. E’ dovuta all’aumento di umidità prodotto
dall’evaporazione della pioggia proveniente dall’aria più calda che cade sull’aria più
fredda.
• Nebbia di vapore o marittima: si genera sopra la superficie del mare, dei laghi, dei
fiumi e dei canali per evaporazione dell’acqua e condensazione del vapore nell’aria
fredda soprastante. Un caso particolare di nebbia di questo tipo si verifica quando la
pioggia cade su un terreno riscaldato dal sole e quindi evapora aumentando l’umidità
relativa dell’aria soprastante.
Nebbia frontale
Bruma ( o Foschia)
Si parla di bruma (ingl. Haze) quando si ha una situazione di visibilità ridotta, ma
comunque al di sopra dei 1000 m. In tal caso la riduzione di visibilità è principalmente
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dovuta alla presenza di nuclei di condensazione che, con l’aumento dell’umidità relativa,
favoriscono la formazione di una particella d’acqua attorno ad essi.
Le nebbie più frequenti sono quelle di raffreddamento, e fra queste le nebbie di
irraggiamento e di avvezione. Mentre la prima si genera solo in particolari condizioni solo in pianura, in prevalenza nelle mattine autunnali e invernali, la seconda può
formarsi nelle condizioni e nei luoghi più disparati. I luoghi maggiormente soggetti a
nebbia sono le zone terrestri a latitudine media, in vicinanza di mari, laghi, fiumi e canali.
La presenza sul territorio di acqua, infatti, facilita la genesi della nebbia in quanto
l’evaporazione diurna per effetto del sole aumenta notevolmente l’umidità atmosferica.
La dissipazione naturale della nebbia può avvenire per processi inversi a quelli descritti
per la formazione delle nebbie di raffreddamento, oppure per precipitazione al suolo
delle gocce, per instaurarsi di vento o correnti verticali che trasformano la nebbia in
nube di tipo stratificato. La precipitazione al suolo è un processo molto lento in aria
calma che permette una lunga persistenza della nebbia; esso dipende dalla velocità di
accrescimento delle gocce. In assenza di vento o di correnti verticali la dissipazione è
dovuta generalmente al riscaldamento prodotto dal sole. Se la nebbia è poco densa,
infatti, il sole penetra e scalda il suolo; l’aria calda proveniente dal suolo per convezione
riscalda l’atmosfera e conduce alla dissipazione.
2.2
Modelli di distribuzione di dimensioni
Le misure sperimentali delle gocce che formano la nebbia hanno mostrato che esse
hanno un diametro compreso tra 1 e 160 micron; il diametro medio oscilla tuttavia tra i
10 e 30 micron. Le particelle di foschia, così come quelle di bruma, sono invece
caratterizzate da un diametro medio di circa un micron.
Lo spettro di dimensioni in una data nebbia è caratterizzato da notevoli fluttuazioni nelle
dimensioni e nella concentrazione, sia nel tempo sia nello spazio. La funzione che
meglio si adatta alla descrizione delle dimensioni di una nebbia generica è la funzione
gamma modificata proposta da Deirmendjian; essa, rispetto alle distribuzioni
comunemente utilizzate, ha un parametro in più e dunque è più flessibile e ha la
proprietà di essere applicabile a spettri sia stretti sia larghi.
La funzione gamma modificata fornisce la concentrazione volumica di gocce per unità di
raggio r; essa ha la seguente forma:
⎡ α ⎛ r ⎞r ⎤
n(r ) = ar exp ⎢− ⎜⎜ ⎟⎟ ⎥, 0 ≤ r < ∞,
⎢⎣ γ ⎝ rc ⎠ ⎥⎦
α
(1)
dove a, α, γ e rc sono costanti positive. Gli ultimi tre parametri determinano
completamente la forma della distribuzione, mentre la costante a è legata solamente al
numero totale N di particelle per unità di volume. Il parametro α può assumere solo
valori interi, il termine rc è il raggio modale della distribuzione.
A titolo di esempio, riportiamo le distribuzioni calcolate per cinque modelli di nebbia, che
insieme coprono tutta la distribuzione possibile di dimensioni: il primo modello (che
indicheremo con la sigla "H"), si riferisce ad una nebbia caratterizzata da particelle di
dimensioni piccole (bruma), mentre gli altri (R1 - R4) riguardano nebbie di irraggiamento
appartenenti a fasi differenti. Questo tipo di nebbia è del tipo che più comunemente si
verifica in natura. I modelli R3 e R4 si riferiscono a fasi evolutive più avanzate e possono
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essere il risultato della sovrapposizione di più distribuzioni. Nella tabella seguente sono
riportati i parametri a, α, γ e rc per ogni tipo di nebbia (si fa riferimento allo studio di
F. Tampieri e C. Tomasi). Nelle figure 1 e 2 sono rappresentate le cinque distribuzioni.
Modello
H
R1
R2
R3
R4
rc
0.65
2.13
4.98
8.06
12.22
α
γ
5
4
4
4
5
1.29
0.7
1.23
1.77
1.62
a
6.4822 ⋅ 102
4.3237
7.4438 ⋅ 10-3
3.041 ⋅ 10-4
7.5475 ⋅10-6
Tab. 1 – Parametri di caratterizzazione di 5 modelli di nebbia.
1.6
Concentrazione [cm^-3 um^-1]
1.4
1.2
1
H
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.5
1
1.5
2
2.5
Raggio [um]
Fig. 1 - Distribuzione di dimensioni espresse mediante la funzione gamma
modificata di Deirmendjian per una bruma.
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0.3
0.25
Conce ntra zione [cm^-3 um^-1]
R1
0.2
R2
0.15
R3
0.1
R4
0.05
0
0
5
10
15
Ra ggio [um]
20
25
30
Fig. 2 - Distribuzioni di dimensioni espresse mediante la funzione gamma
modificata di Deirmendjian per quattro nebbie di irraggiamento.
Parametri che influenzano la formazione della nebbia.
Ad una data temperatura dell’aria, esiste un limite superiore alla densità di acqua in fase
gassosa (detto valore di saturazione); se la densità di molecole di H2O supera tale
valore, allora il vapore condensa e si ha una sospensione di acqua in fase liquida
(bruma, nebbia). Il valore di saturazione della tensione di vapore dipende dalla
temperatura secondo la relazione
7 , 5T
E s = 6,11 ⋅ 10 237 ,7 +T
(2)
L’umidità relativa (RH), definita come il rapporto tra la tensione di vapore ed il valore di
saturazione, dipende quindi dalla temperatura
RH = 100
E
=f(T)
Es
(3)
Per una data tensione di vapore E, la temperatura di rugiada (che chiameremo dew
point e indicheremo con Td) è definita come la temperatura alla quale l’aria dev’essere
raffreddata per avere la condizione di saturazione cioè E=Es. La relazione di
interdipendenza tra E e Td si ottiene con una semplice sostituzione nella reazione (2):
7 , 5Td
E = 6,11 ⋅ 10
237 , 7 + Td
(4)
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Generalmente, se l’aria è in fase di raffreddamento si ha la formazione di nebbia quando
la differenza tra la temperatura ambiente e il dew point è inferiore a 3°C.
3.
STATO DELL’ARTE SENSORI NEBBIA
Nati per lo più per esigenze di sicurezza nei trasporti aereo e navale, i sensori di
visibilità rappresentano uno strumento necessario per fronteggiare i numerosi incidenti
stradali che, in particolari periodi dell’anno, vedono nella nebbia uno dei principali
responsabili. La misura di visibilità è di supporto alla gestione del traffico in termini di
sicurezza stradale come ad esempio la modifica dei limiti di velocità, l’adeguamento
dell’illuminazione o la chiusura di strade per scarsa visibilità.
Generalmente alla presenza di nebbia è associato un indice di “visibilità” che dà
indicazione della distanza in metri alla quale un uomo “medio” (dal punto di vista della
percezione visiva) riesce a distinguere la differenza tra due oggetti vicini (o un oggetto e
lo sfondo). Tale indice è direttamente legato alle dimensioni delle goccioline ed alla loro
densità volumetrica nell’aria. Infatti, a parità di volume occupato dall’acqua goccioline di
dimensioni più piccole risulteranno meno puntualmente distribuite e costituiranno una
barriera alla vista più efficace.
Tra le principali tecnologie per il rilievo della nebbia vi sono:
• Sensori a trasmissione, riflessione e scattering
• Sensori di umidità e temperatura
• Telecamere
3.1
Sensori a trasmissione, riflessione e scattering
Il metodo più comune per il rilievo di visibilità sfrutta le proprietà ottiche delle particelle
d’acqua di riflettere, trasmettere e deviare la luce.
Tali sistemi si compongono generalmente di due parti principali, un emettitore ed un
ricevitore, abbinati ad un’elettronica di controllo ed un circuito di filtraggio e
condizionamento dei segnali.
Il fascio luminoso prodotto dall’emettitore può essere continuo o impulsato, possono
variare la coerenza, la frequenza, la polarizzazione, il grado di collimazione, ecc.
La scelta della sorgente dipende in genere dal campo di applicazione del sensore, dalle
condizioni di utilizzo, dal tipo di dato cercato, non ultimo dalle restrizioni legislative
connesse. Tali valutazioni hanno anche un chiaro riscontro sul tipo di ricevitore e sul
circuito di filtraggio e condizionamento del segnale rilevato: il rumore ambientale potrà
infatti venir minimizzato (otticamente od elettronicamente) rispetto al “dato aspettato”.
Più che per le caratteristiche del segnale utilizzato, i dispositivi ottici per la rivelazione
della nebbia vengono distinti in base alla posizione del ricevitore.
Dopo l’interazione ottica con una gocciolina d’acqua, parte del fascio luminoso viene
trasmessa e prosegue il suo cammino mantenendo direzione e verso originali, parte
riflessa indietro e parte deviata ad angoli diversi. A seconda della componente raccolta
dal sensore si può parlare di:
• trasmissometri
• riflessometri
• sensori di scattering
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I trasmissometri necessitano di due elementi separati per l’emissione e la rilevazione
della luce ma possono operare su grandi volumi di nebbia (applicazione permettendo),
svincolandosi parzialmente dal suo grado di uniformità. È possibile porre i due elementi
attivi nelle vicinanze ed andare a raccogliere l’intensità luminosa trasmessa dalla nebbia
e riflessa da uno specchio posto ad una distanza nota, ma al raddoppio del cammino
ottico ed alla riduzione dell’elettronica si contrappone un aumento del rumore dovuto alla
luce riflessa dalle particelle di nebbia (la cui intensità, al contrario di quella della
trasmessa, aumenta con la densità della nebbia).
I riflessometri misurano l’intensità di luce riflessa dalle particelle di nebbia, si tratta di
dispositivi compatti ad ampio raggio d’azione, dipendente dal tipo di sorgente utilizzato.
Presentano in genere costi maggiori rispetto alle altre due soluzioni.
I sensori di scattering si dividono ulteriormente in due categorie, quelli che operano in
forward scattering e quelli che operano in backward scattering.
Per confrontare le tecniche di back e forward scattering, si consideri innanzitutto un
fascio di luce (emesso da un LASER o da un LED) che investe una particella d’acqua
sospesa nell’aria – la nebbia è una sospensione di queste particelle.
Una frazione della radiazione laser verrà diffusa in tutte le direzioni dalla particella
stessa. La parte del fascio che, per effetto di diffusione, modifica solo leggermente la
traiettoria rispetto alla direzione incidente, viene chiamata radiazione di forward
scattering; mentre la parte del fascio che viene deviata di circa 180° è chiamata
radiazione di backscattering (fig. 3).
Fig. 3 – Radiazione di forward e backscattering.
Entrambi i fenomeni vengono sfruttati per realizzare sensori di visibilità, costituiti da una
sorgente di radiazione (visibile o infrarossa) ed un rivelatore, posto di fronte al
trasmettitore (ma fuori asse di ca. 40°) nel caso di forward scattering oppure in
prossimità del trasmettitore, nel caso di back-scattering (fig. 4).
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1. Back - scattering
Tx
Rx
θ1
θ2
Volume di sovrapposizione
Tx = trasmettitore
Rx = ricevitore
2. Forward - scattering
Tx
θ1
Volume di sovrapposizione
θ1= divergenza Tx
θ2= campo di vista Rx
θ2
Rx
Fig. 4 – Sensori in back e forward-scattering.
Un sensore di backscattering ha il vantaggio di essere molto compatto, in quanto
ricevitore e trasmettitore sono molto vicini e possono essere integrati nello stesso
package, mentre un sensore in forward scattering è costituito da due moduli separati,
posti ad una certa distanza l’uno dall’altro (distanza che va da 0.25 a 1 m).
La potenza ottica retrodiffusa è più piccola rispetto quella di forward scattering di circa
un fattore 5, come si può vedere dalla fig. 6 in cui è riportata la distribuzione angolare di
luce nell’infrarosso vicino (905 nm) diffusa da una particella di raggio 5 µm. Per avere
prestazioni confrontabili con un sensore di forward scattering, il sensore in backscattering deve essere dotato di un ricevitore con un migliore rapporto segnale-rumore.
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90 6
120
60
4
150
30
2
180
0
210
330
240
300
270
Fig. 5 - Sezione d’urto differenziale di scattering; λ = 905 nm; r = 5 µm. La coordinata
radiale è in scala logaritmica.
Entrambi i tipi di sensore misurano la densità di particelle di nebbia in un volume molto
piccolo, rappresentativo di una zona limitata vicino al sensore. L’errore che si commette
estendendo la validità di una misura ad un’area più grande dipende dalla disomogeneità
della nebbia. Questo tipo di errore dà il contributo maggiore all’indeterminazione sulla
misura, e pone un limite alla stima della visibilità con la tecnica dello scattering (ca 5001000 m), sopra il quale la misura deve essere considerata solamente come un stima
della densità locale di particelle, ma non della visibilità.
3.2
Sensori di umidità e temperatura
3.2.1 Termoigrometro
Si tratta di un sensore che effettua due misure di temperatura, da cui si ricava l’umidità
relativa:
• Temperatura dell’aria
• Temperatura del punto di rugiada
Nel caso di nebbia, il package del sensore viene riscaldato, provocando l’evaporazione
delle goccioline d’acqua. Tramite un dew point mirror viene misurato l’aumento artificiale
di pressione e, come risultato di tale misura, si ricava il dato di densità di nebbia.
Il sensore fornisce in uscita i seguenti parametri: temperatura atmosferica, umidità
relativa, punto di rugiada e densità della nebbia (quest'ultimo parametro viene indicato
mediante codici differenti, ciascuno corrispondente ad un certo intervallo di visibilità).
Il numero di sensori da installare lungo un tratto autostradale e la distanza tra essi
dipendono essenzialmente dalle caratteristiche microclimatiche della zona. Ad esempio
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se la zona è generalmente caratterizzata da nebbia uniforme, il numero di sensori da
installare è sicuramente minore che nel caso di nebbia a banchi. Uno studio in situ è
sicuramente necessario per determinare il numero di sensori minimo.
L'utilizzo di altri sensori meteorologici e/o stradali possono coadiuvare il sensore
termoigrometrico nella stima della visibilità ed eventualmente nella previsione di
possibile formazione di nebbia. In questo caso, l'installazione di stazioni meteostradali
complete, coadiuvate da un software appositamente studiato, può aiutare a ridurre il
numero di dispositivi installati.
Il sensore termoigrometrico ha i seguenti vantaggi:
− accuratezza nella misura dei parametri di temperatura e umidità da cui viene stimata
la densità di nebbia;
− misura di tipo non-ottico e dunque meno soggetta all’influenza di agenti atmosferici e
dunque allo sporcamento della finestra ottica di protezione (emettitore e ricevitore);
− valori molto accurati di umidità possono servire per il ‘black ice early warning’
(avvertimento della presenza di ghiaccio sul manto stradale).
3.2.2 SolarLite fog
I dispositivi tipo SolarLiteFog (prodotti da Astucia) sono dei catarifrangenti da integrare
sul manto stradale o sulle barriere stradali in grado di illuminarsi automaticamente in
caso di nebbia. Essi hanno dimensioni ridotte (100x100x19 mm) e sono alimentati
mediante una cella fotovoltaica.
In caso di scarsa visibilità, rilevata mediante un sensore di temperatura e umidità, si
attivano due LED interni al dispositivo in modo da fornire una illuminazione sufficiente
per il guidatore.
Questi dispositivi hanno però diversi limiti di funzionamento:
• essendo integrati nell’asfalto sono soggetti ad usura e possibile danneggiamento con
il passaggio dei mezzi spartineve; la loro durata media è infatti di circa 6 mesi;
• non sono in grado di rilevare la densità di nebbia (e quindi la visibilità) e inoltre i
margini di affidabilità sono piuttosto ridotti (talvolta si attivano erroneamente);
• il sistema di autoalimentazione (che sfrutta la radiazione solare e, durante la notte,
la luce dei fari dei veicoli) non è sufficiente nel caso in cui ad esempio la nebbia
persista per più di due giorni.
3.3
Telecamera
Allo stato attuale l’utilizzo di video camere per la misura del livello di visibilità, ovvero la
presenza e l’intensità della nebbia, è in fase di studio e di ricerca. Sebbene si tratti di
una soluzione potenzialmente semplice ed economica, con una misura estesa su un
grande volume, essa non garantisce indicazioni molto precise sul livello di visibilità.
Le metodologie attualmente utilizzate si basano sull’elaborazione d'immagini usando
target fissati, un sistema d'acquisizione immagini ed un’unità di calcolo. Allineata la
camera con la scena da inquadrare, i punti di riferimento vengono riconosciuti ed
analizzati per misurarne il livello di contrasto rispetto allo sfondo; successivamente un
processore elabora tali dati e li relaziona con le distanze dei target stessi dalla camera.
Si può così generare l’informazione discreta sulla visibilità dei singoli target e, per
interpolazione, una stima del livello di visibilità presente.
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L’introduzione nel campo di vista dell’osservatore di una atmosfera modifica i parametri
fotometrici sia dell’oggetto sia del fondo; ciò è dovuto all’attenuazione della radiazione
che dall’ostacolo raggiunge l’occhio e dalla diffusione verso l’osservatore della
radiazione proveniente da oggetti al di fuori del campo di vista (air-light). L’attenuazione
della radiazione causa una riduzione degli stimoli, ma non altera di per sé la visibilità;
essa è descritta dalla legge di Beer. L’air-light causa invece una riduzione del contrasto
di luminanza e dunque della visibilità; tale dipendenza è descritta dalla teoria di
Koschmieder. In particolare in presenza di nebbia l’attenuazione e l’air-light sono dovuti
quasi completamente allo scattering da parte delle particelle di acqua in sospensione.
A seconda della tipologia dei target utilizzati, e’ possibile definire tre diverse
configurazioni di sistema:
- sistemi basati su target passivi;
- sistemi basati su target riflettenti (specchi o catadiottri);
- sistemi basati su target attivi.
Nei sistemi basati su target passivi, si utilizzano normalmente dei target che sono propri
della scena inquadrata, come ad esempio la segnaletica orizzontale del piano stradale.
Per rendere possibile lo svolgimento di misure di notte o in condizioni di scarso
illuminamento si utilizzano specifiche sorgenti attive nel vicino infrarosso per illuminare i
target (illuminatori IR) creando una condizione di buon illuminamento della scena
inquadrata dalla telecamera.
Nei sistemi basati su target riflettenti occorre posizionare a distanze prefissate opportuni
dispositivi riflettenti (specchi o catadiottri), che quindi si possono considerare
appartenenti al sistema stesso di misura. In questo caso risulta relativamente semplice
acquisire l’informazione di visibilità di un target specifico, utilizzando una efficace tecnica
di visione artificiale basata sulla differenza di immagini: si tiene spento l’illuminatore IR,
si acquisisce una immagine del bersaglio, si accende l’illuminatore, si acquisisce una
seconda immagine dello stesso bersaglio. A questo punto, effettuando la differenza tra
ogni pixel della prima e della seconda immagine, si può generare una terza immagine in
cui gli unici elementi presenti appartengono al target illuminato, se questo risulta
visibile. Una controindicazione nell’uso di questo tipo di sistemi è relativa al fatto che in
condizioni di nebbia, essendo il cammino ottico complessivo raddoppiato, l’elevato
rumore dovuto alla luce riflessa dalle particelle di nebbia potrebbe introdurre, almeno in
teoria, elementi di criticità nello sviluppo delle applicazioni.
I sistemi basati su target attivi superano i problemi dei sistemi basati su target riflettenti
mediante l’uso diretto di bersagli attivi (cioè in grado di emettere luce). Ancora più che
rispetto al caso precedente, i bersagli sono da considerarsi come appartenenti al
sistema di misura, e nel caso in cui sia possibile controllare a distanza la loro
accensione ed il loro spegnimento, risulta comunque possibile impiegare tecniche di
elaborazione delle immagini non eccessivamente complesse. In questi sistemi, ad una
maggiore complessità realizzativa, ed alla necessità di distribuire questi target attivi
all’interno del volume da analizzare (che può essere anche molto ampio), si
contrappone una maggiore precisione della misura di visibilità e la possibilità di operare
su ampi volumi di nebbia.
L’onere computazionale e le capacità di calcolo dell’unità di elaborazione dipendono
dalla configurazione di sistema scelta e dalle specifiche tecniche di elaborazione di
immagini utilizzate.
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I due principali vantaggi nell’utilizzo della telecamera sono la misura della visibilità entro
un campo di vista molto ampio e la possibilità di riconoscere banchi di nebbia anche
molto distanti. L’utilizzo di marker di riferimento da posizionare lungo il tratto stradale
rappresenta invece un limite rispetto alle altre tipologie di sensori.
3.4
Altre tecnologie
Gli opacimetri sono strumenti attualmente impiegati sui banchi di prova motori ed in
galleria per il rilevo dei fumi e delle polveri. Si basano in genere sull’accoppiamento di
una lampada ad incandescenza o di uno o più LED ed una fotocellula per misurare il
coefficiente di attenuazione della luce. Sono apparati dall’utilizzo consolidato, tuttavia
non adatti per discriminare la presenza e la densità della nebbia. Richiederebbero
attività di sviluppo ed adattamento all’applicazione specifica, che però non si giustifica
dal momento che non offrirebbero vantaggi prestazionali e di costo rispetto alle
tecnologie discusse nei paragrafi precedenti.
4.
CONCLUSIONI
Dopo una descrizione fenomenologica del fenomeno nebbia, è stato svolto uno stato
dell’arte sulle tecnologie disponibili sul mercato per il rilievo della visibilità.
L’obiettivo è quello di descrivere ed analizzare le diverse soluzioni tecnologiche,
complementari fra loro, in modo da garantire una misura della visibilità il più possibile
affidabile ed avere una valutazione predittiva sulla possibile formazione di nebbia.
Tra le tecnologie individuate sono state selezionate le seguenti:
• Sensori di forward scattering
• Sensori di back scattering
• Telecamera con target attivi
• Termoigrometri
5.
BIBLIOGRAFIA
F. Tampieri, C. Tomasi, 1976. Size distribution models of fog and cloud droplets in terms
of the modified gamma function, Papers in atmospheric science, C.N.R., Bologna.
H. C. Van de Hulst, 1957. Light scattering by small particles, Dover Pubblications, N.Y.
C. F. Bohren, D. R. Huffman, 1983. Absorption and scattering of light by small particles,
John Wiley & Sons.
J.D. Crosby, Visibility Sensor Accuracy: what’s realistic?. Presented at the 12th
Symposium on Meteorological Observations and Instrumentation 2003 American
Meteorological Society Annual Meeting, Long Beach, CA, 9-13 February 2003
Corso Base di Meteorologia, a cura di Vittorio Vilasmunta,
www.meteorologia.it/corso_basico/indice_di_stabilita.htm.
J. Williams, How to forecast when fog is likely to form, by USATODAY.com
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Humidity Formulas, updated 11/06/2000, USATODAY, weather,
www.usatoday.com/weather/whumcalc.htm
R. Tardif, Interactions between aerosols and fog, Program in Atmospheric and
Oceanic Sciences, University of Colorado at Boulder, December 2001,
www.rap.ucar.edu/staff/tardif/Documents/CUprojects/ATOC5600/aerosols_fog.htm
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ANNESSO TECNICO #2
RAPPORTO DI RICERCA – PRIMO ANNO
VICAST
VISION BASED
COMPUTER AIDED
SAFE TRANSPORTATION
ANNESSO TECNICO #2 – PRIMO ANNO
SOMMARIO
1.
INTRODUZIONE .................................................................................... 3
2.
SISTEMA ADVANTECH DVS-350F ....................................................... 3
2.1
2.2
3.
SISTEMA DEWETRON DEWE-4010 ..................................................... 6
3.1
3.2
4.
Caratteristiche Salienti ...................................................................................... 3
Specifiche........................................................................................................... 4
Caratteristiche Salienti ...................................................................................... 6
Specifiche........................................................................................................... 7
CONCLUSIONI....................................................................................... 9
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1.
INTRODUZIONE
Lo scopo del presente annesso tecnico è quello di presentare brevemente due sistemi
commerciali di registrazione sincronizzata di dati da Canbus e videocamere. Entrambi i
sistemi sono disponibili presso i laboratori del Centro Ricerche FIAT ed hanno
caratteristiche (e costi) differenti. Non si vuole dare una panoramica esaustiva delle
varie possibilità commerciali per lo svolgimento del compito della registrazione e
sincronizzazione dati, ma presentare due delle opzioni che verranno usate nel corso
delle attività di sperimentazione nei prossimi anni della ricerca. Entrambe le soluzioni
hanno pregi e difetti che verranno brevemente presentati.
2.
SISTEMA ADVANTECH DVS-350F
2.1
Caratteristiche Salienti
I data loggers della serie DVS-350 forniscono, nel mercato delle soluzioni video digitali,
una classe di sistemi adatta per applicazioni in ambienti di sperimentazione sul campo. Il
sistema DVS-350 è costituito da un compatto PC industriale che supporta da 4 a 16
ingressi video (per telecamere analogiche). La piattaforma aperta basata su PC x86
semplifica lo sviluppo e l’integrazione di applicativi software specializzati. È basato su
una piattaforma fanless (ventilazione passiva) ed ha una costruzione con smorzatori
passivi (anti-vibration ed anti-shock). La alimentazione estesa (9VDC ~ 30 VDC)
protegge il sistema da picchi di corrente. Sebbene tali protezioni risultino comunque non
completamente compliant con tutte le specifiche di istallazione dell’elettronica
automotive, si ritiene di poter comunque procedere alle connessioni dirette a batteria
veicolo, senza prevedere ulteriori protezioni di alimentazione per l’utilizzo sperimentale
automotive. Tra le diverse opzioni disponibili, quella disponibile presso il laboratorio del
Centro Ricerche FIAT è la DVS-350F, che include un disco rigido rimuovibile, che
costituisce una interessante opzione per semplificare il trasferimento di dati video e la
capacità di integrazione. Queste caratteristiche, combinate con uscita TV-out, WLAN,
ingressi digitali optoisolati, uscite digitali disaccoppiate tramite relay, rendono il sistema
DVS-350 una ottima soluzione per la sperimentazione sul campo di applicazioni
embedded e mobili. La presenza di uno slot PCMcia, permette di inserire una scheda
Canbus di qualsiasi produttore. Lo sviluppo del programma applicativo di acquisizione
dati da Canbus e la sincronizzazione con i dati video sono lasciate all’integratore, che ha
comunque a disposizione librerie ed API per la realizzazione di queste funzionalità.
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2.2
Specifiche
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3.
SISTEMA DEWETRON DEWE-4010
3.1 Caratteristiche Salienti
I data loggers prodotti dalla compagnia Dewetron sono strumenti professionali di data
jogging di elevata qualità e costo. Pur non essendo specificamente rivolti al mercato
delle soluzioni video digitali, la vasta scelta di opzioni disponibili mette a disposizione
anche una connessione IEEE1394, a cui collegare una (al massimo) telecamera
firewire.. Il sistema Dewetron DEWE-410 è costituito da un completo sistema basato su
PC industriale che supporta la registrazione nativa e la sincronizzazione di dati
eterogenei, inclusi due canali Canbus. La piattaforma aperta basata su PC x86
semplifica lo sviluppo e l’integrazione, eventualmente, di applicativi software
specializzati, che non sono comunque necessari per l’impiego del data logger. Vengono
presentate di seguito solo alcune delle caratteristiche salienti di questo data logger. Per
un approfondimento delle caratteristiche e delle specifiche relative si rimanda al
manuale d’uso dello strumento.
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3.2 Specifiche
Specifiche di base del sistema DEWE-4010
Computer:
Pentium 4 2.8 GHz (AC and DC versions)
250 GB internal IDE hard drive
Optional SATA and SCSI internal and removable hard drive(s) (on side panel)
1 GB RAM (expandable to 2 GB)
DVD-CD-RW drive standard
4 x USB 2.0 interfaces
1 x Firewire (IEEE-1394) interface (6-pin)
RS232 com port interface
1 GB Ethernet LAN interface
Keyboard and trackball included
17" bright TFT display 1280x1024 px resolution
Optional resistive touchscreen
Sistema operativo:
Microsoft®Windows®XP Professional
Specifiche meccaniche:
Size: 440 x 221 x 398 mm (17.3 x 8.7 x 15.7 in.)
Weight: typ. 16 kg (35 Ib.) (data acquisition versions)
Operating Temp: -5 to +50 °C, down to -20 °C with prewarmed unit
Non-operating Temp: -20 to +70 °C
Humidity: 10 to 80 % non cond., 5 to 95 % rel. humidity
Vibration: MIL-STD 810F 514.5, procedure I
Shock: MIL-STD 810F 514.5, procedure I
Alimentazione:
90 to 260 VAC, 40-440 Hz
Optional DC power supplies: 4010-DC-12V = 9-18 VDC; 4010-DC-24 = 18-36 VDC
Specifiche di acquisizione dati:
Data throughput - standard system: 40 MB/s
Data throughput - optional: 50 MB/s
DAQ, PAD, and MDAQ slots/positions: see model chart below
PCI slots: see model chart below
EPAD connector: standard on all data acquisition versions
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Here is a basic list of the modules available. See each system above for how many of
each type that unit can hold. Note that EPAD and CPAD modules are external and do
not require any slots or positions inside the main unit to be connected! All Dewetron data
acquisition systems have a standard connector for EPAD modules, which may be daisychained. The CPAD requires a CAN-BUS interface, which can be added as a separate
PCI card, or incorporated into a DEWE-ORION-1616 and DEWE-ORION-3216 A/D card,
so that it does not require a separate PCI slot.
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4. CONCLUSIONI
Sono stati presentati due sistemi di data jogging, disponibili presso i laboratori del
Centro Ricerche FIAT, che verranno impiegati nel corso del proseguimento delle attività
di ricerca afferenti al progetto VICAST. Il primo sistema (Advantech) ha il vantaggio di
permettere di registrare un numero significativo di ingressi video (fino a 16). Gli
svantaggi sono costituiti dal fatto che tali ingressi sono tutti analogici, che la risoluzione
è limitata al CIF e che il framerate di registrazione complessivo, seppure rilevante (240
fps) viene condiviso tra tutte le telecamere. Inoltre lo sviluppo di programmi applicativi
per la registrazione di dati da Canbus è a carico dello sperimentatore. Il sistema
Dewetron è un sistema di data logging professionale e sofisticato. La registrazione dati
da Canbus (configurando opportunamente un adeguato sottoinsieme del traffico da
loggare) è già disponibile come feature del sistema. L’unico svantaggio significativo
(oltre all’ingombro ed alla complessità del sistema) è costituito dal fatto che il canale
video disponibile è uno solo, basato su una singola telecamera digitale IEEE1394.
Risoluzione e data rate sono adeguati (datavate superiore ai 30fps e risoluzione
superiore alla VGA).
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