I METODI DELLA RICERCA EDUCATIVA (ROBERTO TRINCHERO)

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I METODI DELLA RICERCA EDUCATIVA (ROBERTO TRINCHERO)
I METODI DELLA RICERCA
EDUCATIVA
(ROBERTO TRINCHERO)
Introduzione
Educatori e insegnanti costruiscono rappresentazioni dell'altro e degli eventi che
avvengono nella relazione con l'altro.
Una buona rappresentazione deve basarsi sul proprio punto di vista ma anche su
quello dell'altro e deve essere in grado di scombinarsi e ricombinarsi con
flessibilità.
Una rappresentazione si crea con l'attività conoscitiva dell'operatore attraverso
l'interazione sul campo. Spesso l'attività conoscitiva è condotta con una scarsa
sistematizzazione.
Un operatore deve porsi continuamente delle domande alle quali trova risposte
attraverso una buona competenza metodologica, ovvero il saper dove cercare le
proprie risposte.
L'attività conoscitiva degli operatori deve saper abbandonare la superficialità per
creare competenze dall'esperienza, mettersi in gioco continuamente, alla ricerca di
procedure sempre migliori. La procedura migliore è quella tipica dell'attività
scientifica.
La ricerca educativa è utile per rispondere alle esigenze che intervengono nei
processi educativi e formativi, serve a sostituire le situazioni di emergenza
continua con un ottica di strategia e valutazione.
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La ricerca empirica in educazione
La ricerca in educazione può essere svolta secondo molteplici prospettive:
– Ricerca teoretica: utilizzando metodi riflessivi si definiscono e analizzano
concetti nell'ambito della riflessione pedagogica, è questo l'approccio adottato
dalla filosofia
dell'educazione e la pedagogia generale.
– Ricerca storica e comparativa: lo studio si svolge attraverso il confronto
sistematico in senso diacronico (stesso spazio, tempi diversi) o in senso sincronico
(stesso tempo, spazi diversi), è questo l'approccio adottato dalla storia
dell'educazione e dall'educazione comparata.
– Ricerca empirica e sperimentale: il dato empirico in questo approccio assume
un ruolo fondamentale, esso è tipico della pedagogia sperimentale, pedagogia
scientifica, metodologia della ricerca pedagogica e della metodologia della ricerca
educativa.
La ricerca empirica sperimentale può perseguire 2 finalità:
– Ricerca idiografica, se l'obiettivo del ricercatore è chiarire un data realtà
educativa per averne una comprensione più approfondita.
– Ricerca nomotetica, se l'obiettivo è quello di produrre regole generali
trasportabili da una situazione all'altra.
Una ricerca è scientifica se produce un sapere controllabile, ovvero avente
determinate caratteristiche (es. riproducibile da altri ricercatori, premesse teoriche
esplicitate chiaramente, coerenza nei passaggi e scelte, ecc.).
Le scelte fatte da ricercatore sono importanti e lo coinvolgono a livelli differenti:
– Livello ontologico: come considerare la realtà? Come una cosa che esiste
davvero o come una rappresentazione creata dalla percezione?
Ontologia realista nel caso della realtà oggettiva esterna al soggetto, essa però si
suddivide in realismo ingenuo (la realtà è conoscibile attraverso modi
deterministici) e realismo critico (realtà conoscibile solo in parte e in modo
imperfetto).
Ontologia costruttivista nel caso in cui la realtà sia subordinata alla nostra
percezione, si ha in questo caso il filone interpretativista.
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– Livello epistemologico: scelta che porta a formulare una vera conoscenza.
Realismo ingenuo; la realtà è un oggetto e gli esiti della ricerca saranno sempre
veri indipendentemente dal contesto, il ricercatore potrà quindi formulare leggi
generali ed universali.
Realismo critico; vi è un impossibilità di trovare leggi universali, si ricercano
piuttosto fattori e regolarità nei contesti osservati. In questo caso molto peso
hanno i diversi contesti che possono far accadere oppure no il fenomeno.
Costruttivismo; non è possibile separare l'oggetto dal ricercatore, le realtà costruite
cambiano in base agli individui e i contesti. In questo caso si può solo interpretare
il fenomeno con il fine di comprendere i significati che attribuiscono gli attori,
ricercatore compreso, a quel fenomeno. Con questa interpretazione si procede
attraverso possibilità e tipi ideali, assolutamente no leggi!
– Livello metodologico: scelta degli approcci e dei metodi con cui conoscere la
realtà.
Realismo ingenuo; farà ricerche per esperimenti o per inchieste, per capire le leggi
che
governano quella realtà utilizzando l'osservazione distaccata.
Realismo critico; formulerà prima un quadro teorico poi un ipotesi ed infine
cercherà di spiegare le regolarità riscontrate tra i fattori, non si limita ad un
esperimento ma svolge una ricerca interpretativa.
Costruttivismo; si interpreterà la realtà sotto esame con lo scopo di comprendere
le motivazioni alla base dei soggetti, si farà perciò una ricerca interpretativa o uno
studio del caso.
– Livello tecnico: le scelte di rilevazione e analisi dei dati raccolti che formeranno
poi la conoscenza.
Realismo ingenuo; usa un modello logico-matematico che lo aiuta a descrivere,
spiegare e prevedere la realtà sotto esame.
Realismo critico; non farà solo un analisi quantitativa ma la accompagnerà ad
alcuni aspetti qualitativi come il contesto che può variare il verificarsi o meno di un
fenomeno.
Costruttivismo; baserà la sua analisi sui singoli soggetti e sui legami che li legano
con lo scopo di capire il quadro che ha comportato una determinata situazione.
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– Livello assiologico: riflettere su come dovrebbero essere le cose e non solo
come sono in questo momento, facendo ricerca educativa non bisogna mai
dimenticare che i destinatari della ricerca sono degli essere umani e lo scopo della
ricerca è migliorare qualcosa nella loro vita.
La corrente di pensiero del realismo ingenuo oggi è scomparsa, poiché è
impossibile trovare leggi certe ed universali dalla ricerca in educazione, inoltre i
dati raccolti sono indizi che vanno sempre interpretati.
Oggi si tende ad usare un multi -metodo, ovvero non è conveniente utilizzare solo
un metodo qualitativo oppure solo quantitativo.
Ogni ricerca empirica parte da un problema di ricerca, ovvero una domanda
formulata alla realtà che ci consenta di fornire risposte valide a proposito di un
tema. In seguito il ricercatore in base al problema di ricerca deciderà gli obiettivi di
ricerca. In base agli obiettivi scelti il ricercatore attuerà un'adeguata strategia di
ricerca.
- Ricerca basata sulla matrice dei dati. Si cerca di individuare le relazioni tra 2
fattori, attraverso tecniche di rilevazione che producono dati altamente strutturati.
Ovviamente i dati raccolti devono essere interpretati da tutti i soggetti coinvolti
nella ricerca allo stesso modo.
Le tecniche usate in queste ricerche sono per la maggior parte di tipo quantitativo
e fanno riferimento alla statistica.
- Ricerca per esperimento. Capire se esistono relazioni causali tra fattori, si
utilizzano per lo più tecniche che raccolgono dati altamente strutturati.
- Ricerca interpretativa. Comprendere il quadro situazionale e la motivazione che
guida le persone nelle scelte e nelle azioni, si useranno perciò tecniche che
raccolgono dati a bassa strutturazione, tecniche qualitative che si basano su testi.
- Ricerca azione. Delineare linee di azione specifiche per risolvere un problema in
un preciso contesto, le tecniche di raccolta dati sono sia qualitative che
quantitative.
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- Studio di caso. Avere una conoscenza approfondita di un determinato oggetto di
studio tenendo conto di più punti di vista, i dati saranno sia qualitativi che
quantitativi.
In base agli obiettivi di ricerca si individueranno dunque le strategie di ricerca,
ovvero l'uso combinato di più metodi e tecniche di raccoglimento dei dati.
Una volta scelte le strategie si procederà con il rapporto di ricerca, dove si farà il
reso conto delle scelte fatte e si esporranno: il tema, il problema e l'obiettivo di
ricerca, il quadro teorico di riferimento, le ipotesi da cui si parte, i fattori coinvolti, il
campione scelto, le tecniche di raccolta e di analisi dei dati e le possibili
interpretazioni dei risultati.
La ricerca basata sulla matrice dei dati.
1. Dal quadro teorico alle definizioni operative.
Ricerca basata su una visione ontologica di tipo realista che prova a trovare
relazioni tra fattori che possono essere dipendenti e indipendenti.
Si basa su procedure di raccolta e analisi statistica dei dati volte a descrivere una
realtà o a spiegare le relazioni tra fattori.
I dati devono essere riconducibili a schemi prodotti dal ricercatore.
La ricerca si basa su ipotesi sempre formulate dal ricercatore sulla base del suo
background teorico e sulle ricerche svolte dagli altri ricercatori, tutto questo andrà
a formare il quadro teorico della ricerca.
Le ipotesi sono asserti ovvero frasi che possono essere vere o false, i dati
possono confutare l'ipotesi oppure confermarla, in quest'ultimo caso l'ipotesi è
corroborata dai dati.
I fattori presenti nelle ipotesi però vanno definiti precisamente in modo da non
incappare in situazioni indefinite; perciò vengono usati gli indicatori, ovvero
elementi che presi tutti insieme ci danno una definizione operativa del concetto
astratto.
Costrutto = concetto astratto che si riferisce ad un aspetto psicologico di un
soggetto; essi non possono essere rilevati empiricamente se non attraverso una
descrizione operativa.
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2. La scelta del campione.
Il ricercatore svolge la sua ricerca su un campione, ovvero un estratto della
popolazione che vuole analizzare. Il campione dovrà essere rappresentativo,
ovvero deve riprodurre la popolazione nelle caratteristiche che interessano la
ricerca, quest'operazione è comunque solo in parte fattibile poiché non
conosciamo tutte la caratteristiche di una popolazione.
La numerosità del campione dipende dalla diversità dei soggetti e dal numero di
fattori presi in considerazione.
Per creare un campione ci si può basare su 2 metodologie:
– Estrazione casuale: per evitare distorsioni sistematiche allora si ricorre ad una
lista dei soggetti da cui il computer estrarrà una serie di nominativi casuali. In
questo caso si avrà un campione probabilistico, ognuno ha la stessa possibilità di
un altro di essere estratto. Esempi di campionamento probabilistico sono il
campione casuale semplice, il campione
sistematico, il campione stratificato e il campione a grappoli.
– Campionamento ragionato: dato dall'esigenza di avere soggetti con determinate
caratteristiche senza dispendio di denaro e tempo, si ha così un campionamento
non probabilistico. Esempi di questo campionamento sono il campione
accidentale, il campione per quote, il campione a valanga, il campione per
dimensione, il campione a elementi rappresentativi, il campione per panel e il
campione ciclico istituzionale ricorrente.
3. La rivelazione dei dati.
I dati, che corrispondono agli indicatori, vengono rilevati con tecniche strutturate e
portano a dati appartenenti a 3 aree:
– Caratteri specifici del soggetto, come i dati anagrafici, i comportamenti (tutto ciò
che il soggetto fa), le opinioni ( o intenzioni o preferenze; ovvero la scelta del
soggetto davanti a delle alternative di cui conosce il significato) e gli atteggiamenti
(ciò che il soggetto pensa di qualcosa sia materiale che immateriale).
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– Competenze del soggetto, ciò che il soggetto conosce (fa parte del suo bagaglio
conoscitivo, almeno teorico) e sa fare, le sue abilità (saper applicare la teoria) e
anche le sue metacompetenze (saper riflettere e modificare il proprio modo di
agire).
– Tratti cognitivi e di personalità, dove si trovano i costrutti psicologici.
4. Questionario autocompilato e intervista rigidamente strutturata.
Il questionario autocompilato è formato da un insieme di domande strutturate dove
il soggetto lavora in autonomia. Le domande possono essere aperte o chiuse,
quest'ultime fanno uso di scale di risposta che possono essere di tipo qualitativo, si
avranno perciò variabili categoriali, oppure quantitativo, con conseguenti variabili
cardinali.
Le interviste completamente strutturate sono date dagli episodi in cui è il
ricercatore a leggere e annotare le risposte del soggetto sul questionario. È un
caso utile poiché l'intervistatore può dare dei chiarimenti in caso non si comprenda
la domanda.
5. Test (o reattivi) cognitivi e di personalità.
Questi test sono pensati per valutare costrutti cognitivi o di personalità di un
soggetto, la differenza dal questionario è data dal fatto che tutte le domande sono
a proposito di uno stesso indicatore. Il test può essere oggettivo se pone domande
dirette o al contrario proiettivo. Può presentarsi però il fenomeno del response test,
ovvero il soggetto falsa le risposte per dare un immagine migliore di sé.
6. Test o prove oggettive di profitto.
Sono test che consentono di rilevare conoscenze e abilità, composti di una serie di
domande strutturate in cui la risposta corretta evidenzia la conoscenza di un
sapere.
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Nelle domande poste come vero o falso è necessario chiedere di motivare la
propria risposta; le domande invece che richiedono la soluzione di un problema
servono a valutare come il soggetto usi la sua conoscenza.
7. Osservazione strutturata.
Serve a rilevare in modo sistematico e intenzionale una serie di comportamenti
scelti in una data situazione. È importante che l'osservazione sia delimitata
temporalmente e in un contesto spaziale, quindi nulla di casuale.
Gli strumenti utilizzati possono essere delle liste di controllo (check list) se
l'osservatore si limita a segnare si vi è stato o no un comportamento; scala di
valutazione se l'osservatore deve anche annotare l'intensità di quel
comportamento;griglia di osservazione invece se l'osservatore non ha domande
chiuse a cui rispondere ma solo una spazio su cui prendere appunti, in questo
caso però si ha un osservazione semistrutturata. Si hanno poi anche gli schemi di
codifica, nel caso in cui l'osservatore ha a disposizione una serie di comportamenti
associati a dei codici e il suo compito è di annotarli ogni qualvolta si presentino.
8. L'analisi dei dati e l'interpretazione dei risultati.
Con i dati raccolti dal questionario bisogna costruire matrice dei dati, ovvero una
tabella in cui: ogni riga, detta report, corrisponde ad un caso, un questionario
raccolto con il suo codice; e ogni colonna rappresenta una variabile, cioè una
domanda del questionario.
I dati raccolti nella matrice sono i codici relativi alle possibili risposte di una
determinata domanda, tali codici sono anche riportati sul questionario.
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9. Descrivere i fattori nella matrice: analisi monovariata.
L'analisi monovariata serve a descrivere l'andamento di un fattore considerato
all'interno della matrice. Esistono diverse modalità che sono poi associate ognuna
ad una tecnica di rappresentazione grafica:
– Distribuzione di frequenza semplice: calcolare come si distribuiscono i
soggetti nelle categorie presenti, rappresentabile attraverso grafici a barre o
diagramma a linea.
– Percentuale semplice: si esprimono i dati della distribuzione di frequenza
semplice in percentuali, rappresentabile attraverso grafici a torta.
– Frequenza cumulata: (si può fare solo con variabili cardinali o categoriali
ordinate) si sommano le frequenze semplici dall'inizio della scala fino ad un punto
scelto, rappresentabile attraverso l'ogiva di frequenza.
– Percentuale cumulata: esprime la frequenza cumulata in percentuale,
rappresentabile attraverso l'ogiva di frequenza.
Attraverso calcoli statistici è possibile poi calcolare il punto centrale di distribuzione
in base alla tipologia di variabili:
– Media aritmetica: per le variabili cardinali, è la somma delle variabili divisa per il
numero dei casi.
– Mediana: per le variabili categoriali ordinate e per le cardinali, è il punto che
divide la serie di dati in 2 parti uguali.
– Moda: va bene per tutte le variabili, è la categoria con la frequenza più alta. Per
le variabili cardinali è possibile calcolare la dispersione dei dati rispetto ad un
punto centrale attraverso diversi metodi.
– Campo di variazione : è la parte di scala compresa tra il valore massimo e
quello minimo che si ottiene sottraendo al valore massimo quello minimo, in
questo modo più è alto il campo di variazione più vi sarà dispersione.
– Oppure c'è un metodo più efficace che si divide in diverse fasi:
1. Devianza: si sottrae ad ogni singolo caso il valore della media, elevando ogni
calcolo alla seconda, infine tutti i risultati verranno poi sommati.
2. Varianza: si divide il numero ottenuto con la devianza per il numero di casi
presenti.
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3. Scarto tipo: si rende la varianza con la stessa unità di misura dei dati di
partenza perciò si fa la radice quadrata della varianza.
Per le variabili categoriali ordinate nel caso in cui la media di due gruppi è uguale
ma la dispersione no si può procedere con la differenza interquantilica. Si dividono
i casi in 4 gruppi uguali (detti quartili), quanto più è grande la differenza tra il quarto
quantile e il primo tanto più sarà grande la dispersione.
Per le variabili categoriali non ordinate un indice di dispersione è il numero di
categorie in cui sono divisi i dati.
10. Spiegare le variazioni di un fattore sulla base delle variazioni di un altro
fattore: analisi bivariata.
Quando si vuole spiegare la variazione di un fattore sulla base delle variazioni di
un altro fattore, la prima cosa da fare con variabili categoriali è una tabella a
doppia entrata. In essa troviamo la frequenza osservata, il numero di soggetti che
hanno quella combinazione di variabili, e i marginali di riga e di colonna, che è la
somma delle frequenze di una riga o di una colonna.
Per sapere se c'è una relazione bisogna trovare un punto di assenza di relazione
per poi calcolare la distanza dai dati raccolti nel nostro campione.
– Frequenza attesa: è la frequenza più probabile perché nel campione non vi siano
relazioni, risponde alla proporzione:
marginale di colonna : numero totale dei casi
frequenza attesa : marginale di riga
perciò si può dire che basta fare:
marginale di riga×marginale di
colonna =
n ° totale dei casi
Per calcolare la distanza tra frequenza attesa e osservata:
frequenza osservata− frequenza attesa
Frequenza attesa della cella osservata
Più si trova un numero alto e più è grande la distanza tra le 2 frequenze.
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Per avere un indice che rappresenta le distanze tra frequenze osservate e attese
di tutta la tabella bisogna fare l'X quadro.
– X quadro: si sommano tutti i risultati ottenuti calcolando la distanza tra frequenza
attesa ed osservata per ogni singola cella, più l'X quadro è alto e più la distanza tra
le due frequenze è grande, dunque distante dalla condizione di non relazione, il
valore di X quadro non è il valore della probabilità ad esso associata.
La probabilità che esiste la relazione in questione viene calcolata attraverso il
valore di X quadro e il grado di libertà della tabella a doppia entrata.
– Grado di libertà: (numero di righe -1) per (numero di colonne -1)
Il valore di probabilità è anche detto di significatività, tanto più è piccolo tanto è
più probabile la relazione. Quando la probabilità associata all'X quadro è inferiore
a 0,05 si considera esistente la relazione.
Questa tecnica di analisi bivariata si può applicare anche alle variabili cardinali a
patto che esse non abbiano troppe variabili, altrimenti è anche possibile
incorporarle in categorie più grandi.
11. Validità e attendibilità della ricerca basata sulla matrice dei dati.
Validità dei risultati di una ricerca = significa che vi è un accordo oggettivo tra i
ricercatori su quanto si è evidenziato dalla ricerca.
Validità esterna = possibilità di trasportare i risultati della ricerca su tutta la
popolazione di riferimento.
I risultati della ricerca basata sulla matrice dei dati sono validi se sono validi i
singoli passaggi, valide le definizioni operative dei fattori e vera la loro rivelazione
e analisi.
Attendibilità = una ricerca che porta agli stessi risultati in presenza delle stesse
condizioni iniziali. Il concetto di attendibilità è legato a quello di validità, infatti se
una ricerca non è valida non sarà allo stesso tempo attendibile.
Per gli strumenti di rilevazione si possono distinguere 4 tipi di validità:
– Validità di facciata o validità apparente: validità che si basa sull'adeguatezza
dello strumento nei confronti del soggetto.
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– Validità di contenuto: riguarda la coerenza degli indicatori con gli obiettivi da
indagare.
– Validità in base a un criterio: i risultati ottenuti dagli indicatori devono essere
concordi con un secondo gruppo di indicatori (o un'altra ricerca) che si
suppongono già validi.
– Validità di costrutto: si ha questa validità quando le rilevazioni ottenute sono
coerenti con quello che si era predetto nella riflessione teorica. Si parla di validità
convergente quando le rilevazioni coincidono ricorrendo a tecniche di rilevazione
diverse.
Anche l'analisi dei dati ha delle sue validità:
– Validità relativa alle conclusioni statistiche: ovvero una relazione che è molto
probabile che ci sia indipendentemente dal campione scelto.
– Validità relativa all'interpretazione dei dati: quando il ricercatore si approccia
ai dati con un buon quadro teorico, prende in esame tutti i fattori e le loro possibili
relazioni.
La ricerca per esperimento
Nella ricerca per esperimento si modificano alcuni fattori per verificare gli effetti sul
sistema, si vuole quindi studiare un rapporto di causa-effetto.
1. Logica della sperimentazione
Si tratta di trovare una relazione causale tra un fattore dipendente e uno
indipendente tenendo però sotto controllo tutti gli altri fattori che potrebbero
interferire.
Nella sperimentazione la strategia da adottare è quella realista e serve a dare una
spiegazione causale in senso stretto, perciò non da nessuna spiegazione dei
comportamenti.
La sperimentazione avviene nella maggior parte dei casi in un luogo controllato
che non è da confondere con un ambiente artificiale.
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Si ha una sperimentazione nel momento in cui si aggiunge ad una situazione un
fattore sperimentale, qualcosa di nuovo che si contrappone al fattore ordinario che
equivale alla normalità, ne si controllano gli effetti e si analizzano i risultati.
La riuscita della ricerca esperimento dipende dalla capacità del ricercatore di
controllare tutti i fattori che possono intervenire\interferire.
2. I piani sperimentali.
– Piano sperimentale a due gruppi. Si selezionano due gruppi il più possibile
equivalenti per quelle caratteristiche che interessano o possono influire per la
nostra ricerca. Si testa il livello del fattore dipendente nei due gruppi prima
dell'inserimento del fattore sperimentale, inseguito si sottopone il primo gruppo
(gruppo sperimentale) al fattore sperimentale
mentre il secondo (gruppo di controllo) continua con il trattamento ordinario. Al
termine del trattamento si rivaluta il livello del fattore dipendente in entrambi i
gruppi e ne si valutano le differenze attraverso analisi quantitative e qualitative.
– Piano sperimentale a quattro gruppi. In questo caso i primi due gruppi hanno
lo stesso trattamento che nel piano sperimentale a due gruppi, mentre gli altri due
non hanno la prova iniziale ed accedono in modo diretto rispettivamente al fattore
sperimentale e al fattore ordinario. In questo modo è possibile controllare
l'influenza dei test iniziali.
– Piano sperimentale a gruppo unico. Nel caso in cui non si ha la possibilità di
reperire gruppi diversi si può svolgere l'esperimento in un gruppo unico. Nella
prima fase si testa la condizione iniziale, si sottopone poi il fattore ordinario perciò
si fa un test intermedio, poi si somministra il fattore sperimentale ed infine si fa un
test finale.
Esistono però degli effetti di distorsione che intervengono nella riuscita della
ricerca per esperimento:
1- effetto selezione: spesso le persone che compongono i gruppi vengono scelte
arbitrariamente oppure sono le più motivate e quindi disposte a far parte di una
ricerca, questo però può portare ad una falsificazione dei risultati.
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2- effetto storia: bisogna assicurarsi che nel corso dell'esperimento non accadano
situazioni in uno dei due gruppi che modifichino i comportamenti dei partecipanti.
3- effetto perdita: qualcuno potrebbe essere soggetto nel corso dell'esperimento
ad abbandono del gruppo preso in considerazione.
4- effetto Hawthorne: già solo il fatto di intervenire in un contesto porta dei
cambiamenti che potrebbero alterare i risultati, i soggetti si potrebbero comportare
come hanno intuito che il ricercatore vuole.
5- effetto novità: un apporto di tecnologia nuova porta ad una maggiore
motivazione e dunque ad un miglioramento che non è imputabile al nostro
esperimento.
6- effetto testing: il test iniziale è indispensabile ma rischia di svelare l'obiettivo
dell'esperimento e quindi di far concentrare maggiormente i soggetti sugli
argomenti che ci interessano, inoltre la prova iniziale facilita la compilazione della
prova finale.
7- effetto maturazione: tipico del piano sperimentale a gruppo unico,
l'applicazione dei due fattori avviene in tempi differenti rispetto alla maturazione
degli individui del gruppo così che il miglioramento potrebbe essere ricondotto ad
una maggiore esperienze al posto che al fattore sperimentale.
3. Il problema del controllo dei fattori.
Per una maggiore validità in questo tipo di ricerca è opportuno tenere un diario
della sperimentazione in cui descrivere tutti gli interventi messi in atto, gli eventi
successi, le strategie utilizzate e tutte le informazioni che possono essere utili per
ricostruire l'accaduto.
La stesura del diario della sperimentazione aggiunge elementi interpretativi.
Un disegno quasi sperimentale equivale a quelle situazioni dove il ricercatore non
può tenere sotto controllo tutti i fattori che intervengono nel corso della ricerca e
perciò si limita ad analizzare due situazioni a posteriori in cui è presente o no il
fattore sperimentale.
I dati delle ricerche per esperimento vengono elaborati attraverso analisi
statistiche, come nella ricerca standard.
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La ricerca interpretativa
1. Logica della ricerca interpretativa.
Ciò che interessa nella ricerca interpretativa sono le intenzioni che muovono i
soggetti, le ragioni, gli scopi e i significati che attribuiscono ai comportamenti; in
aggiunta ai contesti, gli ambiti sociali e culturali.
Il ricercatore ha il compito di rilevare una grande quantità di dati apparentemente
slegati e trasformarli in un sapere a proposito di una realtà; il tutto senza
dimenticarsi del substrato di conoscenza che ognuno di noi ha.
La comprensione è alla base di questo tipo di ricerca, una comprensione empatica
che consente di interpretare il mondo esattamente come lo interpreta il soggetto
studiato. Si tratta perciò di capire le rappresentazioni mentali che il soggetto si fa e
di conseguenza i suoi modelli mentali, costruiti attraverso le sue esperienze
oppure dalla trasmissione culturale del suo gruppo di riferimento.
Comprendere realmente l'altro vuol dire abbandonare completamente le proprie
rappresentazioni per applicare quelle dell'altro.
Questo tipo di ricerca ha come base un'impostazione ontologica costruttivista; il
quadro teorico in questo caso non avanzerà per ipotesi ma si perseguono finalità
esplorative. Il quadro teorico non è fisso ma può essere variato nel corso della
ricerca in base alle scoperte fatte.
Nella ricerca interpretativa non vi sono indicatori si usa la definizione concettuale
per esprimere il significato che il soggetto da a quel dato concetto.
Non vengono usati rilevazioni rigidamente guidate ma è il soggetto stesso a fornire
le informazioni più importanti per la ricerca.
Solitamente si usano campioni non probabilistici in modo da studiare casi strategici
non molto numerosi perché il ricercatore in questo tipo di ricerca deve
approfondire molto di più la conoscenza dei soggetti.
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2. L'intervista e il colloquio.
Intervista = scambio verbale tra un esperto che pone domande più o meno
prefissate ad un soggetto a proposito di un tema. Essa mira ad avere informazioni
personali, comportamenti e opinioni. Si pone l'accento sui contenuti raccolti.
Colloquio = più usato per ricerche psicologiche, tende ad indagare in profondità a
proposito della propria personalità e dei propri atteggiamenti. Si pone l'accento sui
processi. In questo caso vi è una volontà intrinseca ad entrambi i soggetti per la
comunicazione (si pensi al colloquio psicologico).
L'intervista può essere più o meno strutturata:
– Intervista libera o non direttiva: si definisce solo il tema su cui verteranno le
domande.
– Intervista semistrutturata: si prepara una scaletta di intervista con il tema e i
punti da toccare nell'intervista.
– Intervista completamente strutturata: si hanno domande chiuse da porre al
soggetto.
3. Tipi di interviste utilizzate nella ricerca interpretativa.
-Intervista non direttiva o in profondità: l'intervistatore enuncia il tema e lascia
libero l'intervistato di parlarne a proposito dicendo tutto ciò che gli viene in mente,
anche le sue esperienze personali; questa tipologia permette al soggetto di
riflettere sul tema proposto e esprimere le sue opinioni senza fermarsi in
superficie.
- Intervista biografica: al soggetto è chiesto di raccontare la propria storia di vita,
l'insieme delle sue esperienze e di eventi chiave; essa permette innanzitutto di
ricostruire l'ambiente di riferimento del soggetto e il suo punto di vista quindi come
le motivazioni si siano create e come si modifichino nel tempo. Inoltre permette di
ricavare conoscenze approfondite sull'insorgere di comportamenti devianti. Questa
intervista può avvalersi di tecniche ausiliarie come la linea di vita, si chiede al
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soggetto di raccontare il suo percorso di vita su una linea immaginaria graduata in
anni, oppure la bioscopia, si chiede al soggetto di
esprimere attraverso i colori freddi o caldi gli stati d'animo che ha avuto in
determinate circostanze in cui si è trovato.
- Intervista ermeneutica: si incentra sul mondo della vita quotidiana e punta a
ricostruire il contesto in cui il soggetto prende le sue decisioni, la parte
interessante di questa tipologia è che la quotidianità viene sempre vista come
scontata, mentre è formata da un sapere di sfondo. Il sapere di sfondo è creato
attraverso processi di categorizzazione (la complessità
del reale è ridotta ragionando su semplificazioni, risparmio di risorse cognitive) e
reificazione (i propri pensieri sono percepiti sempre come oggettivi). Il sapere di
sfondo solitamente è un qualcosa costruito insieme agli altri e da essi condivisi.
Questo tipo di intervista punta a consapevolizzare il soggetto del suo sapere di
sfondo, qui le opinioni
nascono e si modificano nel corso dell'intervista. In questo caso è cruciale
l'esperienza e la preparazione del ricercatore.
-Colloquio clinico piagetiano: si tratta di capire la visione e la percezione che i
soggetti hanno degli oggetti e dei concetti del mondo reale, questa tipologia parte
da uno scopo e da delle ipotesi di partenza alle quali segue uno stimolo ovvero
situazioni in cui il soggetto esegue operazioni concrete in modo da osservare
l'attività mentre la compie. Nel dialogo che segue il ricercatore cerca di penetrare
nel pensiero del soggetto chiedendo più volte le stesse cose riformulando la
domanda. La traccia di questo colloquio non è predefinita ma dipende dalle
risposte del soggetto. La possibilità che si producano risposte non valide è
possibile dato che le domande possono essere ripetute fino a risultare insistenti,
compito del ricercatore è quello di intervistare senza annoiare.
- Riflessione parlata: utile per rilevare le operazioni intellettive svolte da un
soggetto durante la risoluzione di un problema, all'intervistato viene proposto un
problema e gli si chiede di esprimere ad alta voce i suoi ragionamenti. Il ricercatore
parte dando un attività stimolo e le eventuali ipotesi da controllare. Si può chiedere
al soggetto di dire tutto ciò che gli passa per la mente, utilizzando così il metodo
thinking aloud. L'intervento del ricercatore in questo tipo di intervista deve essere
limitato al minimo indispensabile.
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- Focus group: intervista di gruppo in cui l'intervistatore è detto moderatore, scopo
dell'intervista è di far discutere i partecipanti su un dato argomento. La scaletta di
questa intervista è un po' rigida e contiene gli argomenti da trattare e le domande
sonda. I focus group sono svolti in ambienti artificiali e sono usati sia per ricerche
esplorative che
confermative, è un metodo utile per rilevare opinioni piuttosto che comportamenti o
atteggiamenti.
-Brainstorming: è simile al focus group ma l'intervistatore non ha ruolo direttivo, la
scaletta contiene solo l'argomento da trattare. I partecipanti sono chiamati ad
esprimere liberamente il loro pensiero. L'obiettivo in questo caso è di creare un
gran numero di idee, è un metodo con una strategia divergente poiché punta a
stimolare la creatività. Si possono utilizzare delle tecniche ausiliarie come per
esempio il diagramma di affinità (serie di idee poste a gruppi per affinità), il
diagramma causa-effetto (ci si pone per ogni evento la sua causa scatenante) e
l'analisi del campo di forze (tabellone con i pro e i contro di una situazione).
- Gruppo nominale: ciascun membro esprime la propria opinione a proposito
dell'argomento trattato davanti al gruppo e dopo aver ascoltato anche le opinioni
dell'altro gli viene chiesto di esprimere la sua opinione una seconda volta. Esiste
per questo tipo di intervista la variante Delphi dove i partecipanti esprimono la loro
previsione a proposito di un tema e la inviano al moderatore che le riassume
facendo anche delle statistiche.
4. Condurre un'intervista.
Per ottenere una buona intervista l'intervistatore deve possedere determinate
caratteristiche, innanzitutto egli deve essere sempre disponibile all'ascolto, per fare
ciò l'intervistatore deve mettere in atto un processo di accettazione positiva
incondizionata, ovvero l'accettazione incondizionata dell'intervistato nella sua
unicità. Inoltre l'intervistatore deve essere preparato a situazioni di diffidenza o,
come spesso accade con bambini, nel rifugio nella fantasia. Bisogna inoltre
rassicurare l'intervistato sugli scopi della ricerca, soprattutto se essa verte su
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argomenti sensibili è necessario assicurare che i risultati verranno utilizzati e
divulgati in maniera anonima.
Altro aspetto molto importante è quello di far sentire a proprio agio l'intervistato,
quindi usando un linguaggio appropriato che servirà anche per codificare le
informazioni date. All'intervista viene spesso associata la tecnica dell'osservazione
poiché anche la comunicazione non verbale da informazioni. L'intervistatore deve
immedesimarsi nell'intervistato ma non facendo propri i suoi problemi, bensì
inserirsi nel sistema di categorie dell'intervistato essendo però sempre in grado di
tornare nel proprio sistema personale.
5. L'osservazione esperienziale.
Osservare = attività sistematica e intenzionale, cioè è diverso sia dall'azione di
vedere che di guardare. Osservare perciò vuol dire avere già obiettivi ben precisi,
sapere già quali elementi si vogliono cogliere, senza dimenticare che i
comportamenti dei soggetti dipendono dall'ambiente e dal contesto in cui si
trovano.
Nella ricerca interpretativa l'osservazione è esperienziale, ovvero si osserva il
soggetto, si fanno interviste e non si produce una serie di dati ma una narrazione
che riporta descrizioni e interpretazioni. L'osservazione in questo caso può essere
diretta, se fatta direttamente sul campo, oppure indiretta, se si usano strumenti di
registrazione.
Dato che i dati devono essere sempre interpretati è utile esprimere
anticipatamente il proprio background \ quadro teorico, in modo da non far
ordinare i dati secondo numerosi modelli impliciti incontrollabili.
L'osservazione opera su due livelli: molecolare, si registrano i fatti direttamente
osservabili; molare, si interpretano i fatti descritti; i due livelli devono essere il più
distinti possibile, per fare ciò si usano categorie molto strette per il primo livello e
categorie più ampie per il secondo.
L'osservatore può essere partecipante, egli condivide con i soggetti studiati la
situazione; oppure non partecipante, se egli è esterno alla realtà in esame. In più
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l'osservatore può essere palese o non palese a seconda se esplicita i propri intenti
ai soggetti studiati.
L'osservazione è un buon metodo per la ricerca educativa, innanzitutto per la sua
funzione conoscitiva, poi perché essa è un buon strumento di controllo, per questo
è importante che l'educatore abbiano una sensibilità all'osservazione, per
controllare i feedback.
La ricerca azione.
La ricerca azione parte da una visione dell'apprendimento per cui esso passa
attraverso l'interazione attiva con il contesto e in cui tutti gli operatori e i soggetti
devono essere protagonisti. Perciò gli operatori possono usare i risultati di una
ricerca solo se l'hanno svolta in prima persona. Per questo motivo è una tipologia
di ricerca molto legata ai problemi quotidiani.
“Gruppo” e “campo” sono concetti fondamentali per questo tipo di ricerca.
1. Logica della ricerca azione.
Forma di ricerca di gruppo compiuta da persone coinvolte per risolvere una
precisa problematica, in questo modo il momento di azione e di ricerca sono
simultanei.
Condizione fondamentale per questo tipo di ricerca è il fatto che i partecipanti
abbiano potere decisionale nella propria struttura in modo da poter veramente
applicare delle modifiche.
La ricerca azione non ha un iter rigido, può partire da ipotesi che vengono
continuamente modificate lungo il percorso. Si può dire che questa segue un iter
circolare su dei punti cardine (identificazione problema, creare un gruppo,
pianificare un intervento, metterlo in atto, rilevare i risultati, riflettere sui risultati e
magari su un altro tipo di intervento...).
Il ricercatore interno permette di raggiungere una reale comprensione della
situazione e di solito ha come scopo il miglioramento della realtà educativa.
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La ricerca è svolta attraverso la partecipazione di tutti i membri ovvero con una
continua negoziazione tra loro, sui concetti, problemi e modalità risolutive.
Questa ricerca mira a creare consapevolezza in tutti i partecipanti a proposito dei
propri metodi e non porta ad una conoscenza o soluzione definitiva, ma ad un
continuo punto di partenza per miglioramenti.
Il gruppo è opportuno che sia seguito da un consulente esterno in modo da
guidare i componenti nella risoluzione della problematica e con la possibilità di
promuovere modelli di intervento alternativi. Il conduttore in più deve favorire e
mantenere un clima di serenità e collaborazione nel gruppo, equilibrare gli
interventi e rendere tutti partecipi e disposti a mettersi in gioco. La figura del
conduttore con il proseguire della ricerca deve farsi più da parte ed intervenire solo
nel caso si presentino delle dinamiche inattese, in modo da lasciare liberi gli
operatori di “crescere”.
La ricerca azione è un momento di apprendimento e formazione sia per gli
operatori che per il ricercatore.
Le tecniche e i metodi usati in questo tipo di ricerca sono gli stessi delle alte
ricerche ma con la finalità di risolvere un problema concreto.
2. Autenticità dei risultati della ricerca azione.
Ciò che rende questa ricerca scientifica è il grado di coinvolgimento e la
partecipazione degli operatori unita ai risultati ottenuti. In questo caso non si parla
di validità esterna della ricerca ma di trasferibilità dei risultati che comunque
prevede un momento di riflessione a proposito delle differenze tra i contesti.
Come per la ricerca interpretativa è molto importante la descrizione dei luoghi in
cui avviene la ricerca azione.
Lo studio di caso
Lo studio di caso è un approccio olistico per lo studio di eventi reali. Come
l’indagine storiografica e l’esperimento, lo studio di caso è una strategia adatta per
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“spiegare” i fenomeni; il “come” e il “perché” delle cose. Mentre non è adatta per
capire le frequenze e le incidenze dei fenomeni (il “dove” e il “quanto” delle cose).
Infatti lo studio di caso consente di osservare / ripercorrere i meccanismi e i
processi o, più in generale, la parte dinamica di un fenomeno. Come
l’esperimento, lo studio di caso serve per fare analisi delle cause.
Tuttavia, rispetto all’esperimento, manca qualsiasi possibilità di manipolazione
delle variabili di interesse.
In linea generale uno studio di caso può basarsi sullo stesso genere di materiale
empirico di cui si avvalgono le indagini storiografiche, cioè i documenti segnici e
non segnici, intenzionali e non intenzionali.
Tuttavia lo studio di caso può avvalersi di fonti di informazioni diverse:
osservazione (partecipante e non) e interviste.
Esperimento La funzione del “laboratorio” è isolare il fenomeno indagato dal
contesto esterno, creando un ambiente artificiale che dovrebbe garantire l’assenza
di interferenze.
Studi di caso il fenomeno è indagato mentre accade, la demarcazione tra il
fenomeno e il suo contesto non è data.
Generalizzabilità statistica I risultati di un’indagine possono essere generalizzati
a un collettivo diverso o più ampio rispetto a quello su cui è stata condotta
l’indagine.
Generalizzabilità analitica / teorica I risultati di un’indagine confermano,
arricchiscono (o più in generale sono compatibili con) conoscenze teoriche
precedentemente acquisite.
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