toscana - Corriere Fiorentino

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Lunedì, 19 Ottobre 2015
Bruxelles
Locomotive
Distretti
Dalla Corte Europea
un altro stop
al Made in Italy
La cucina è un lusso,
fatto su misura
(anche per Beckham)
L’olio fa brillare Lucca
Tante eccellenze,
ma in ordine sparso
2
5
7
IMPRESE
TOSCANA
UOMINI, AZIENDE, TERRITORI
Legge di stabilità
Quello che
la politica
non può fare
di Carlo Nicotra
Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera
N
elle trentadue slide
con cui Matteo Renzi
ha presentato la
nuova Legge di
stabilità, oltre
all’annunciato taglio delle
tasse che ha subito innescato
dibattiti e polemiche —
alcune certamente plausibili,
altre di seconda mano in stile
«che cos’è la destra che cos’è
la sinistra» — ci sono una
serie di misure orientate al
sostegno dell’economia e delle
imprese. I terreni agricoli di
coltivatori diretti, imprenditori
e società non dovranno più
pagare l’Imu; viene azzerata
l’Irap per l’agricoltura e la
pesca; viene incentivato il
ricambio delle linee
produttive, insomma l’acquisto
da parte delle imprese di
nuovi e più moderni
macchinari: chi investirà in
questo senso dal 15 ottobre
fino al 31 dicembre del
prossimo anno otterrà un
«super ammortamento», ossia
una deduzione ai fini Ires e
Irpef del 140 per cento; la
stessa Ires, imposta sui redditi
societari, scenderà di 3,5
punti a partire dal prossimo
anno (una misura che
potrebbe essere anticipata se
l’Europa ci accorderà la
clausola legata all’accoglienza
dei migranti); infine le
imprese che assumeranno
entro il 2015 si vedranno
ridotti i contributi del 100 per
cento per due anni, chi lo
farà entro il 2016 invece del
40 per cento.
Al netto degli annunci di
Renzi — che ha la tendenza a
mostrare come brillanti anche
pietre comuni, ancorché
solide — questi provvedimenti
sembrano in grado di offrire
una sponda importante allo
sviluppo di un tessuto
economico con una fortissima
vocazione manifatturiera come
quello toscano.
Una cura che funziona
Firenze guida le esportazioni, Siena l’innovazione. È la nostra pharmavalley,
un settore in espansione che si candida a diventare il traino dell’economia regionale
Anche grazie agli investimenti esteri: Glaxo Smith Kline ha pronto un miliardo
E Toscana Life Sciences prova a scommettere sulla formazione
a pagina 3 Ognibene
continua a pagina 7
Sguardi
CHI HA PAURA
DEL FRAPPUCCINO?
di David Allegranti
G
randi proteste ci sono state a Firenze
quando Apple ha aperto in piazza
della Repubblica il suo negozio. Colpa
del simbolo della mela morsicata che spunta dai portici e giù dissertazioni sulla fiorentinità tradita, a tutela di una piazza che
però, fra giostre e dehors, pare uscita da
Disneyland. Tutto uno strepitare contro le
multinazionali gaglioffe che espropriano
spazi ai commercianti fiorentini, tutto un
incipriarsi il naso contro l’America che ci
colonizza. Ora pare che in Italia — ha
scritto il Corriere — potrebbe arrivare per-
sino Starbucks, catena Usa di caffetteria. C’è
una trattativa in corso, che va avanti da un
anno, con il fondatore Howard Schultz. In
questo caso, sono già partite le proteste
preventive. «Eh, ma in quel posto fanno
una brodaglia scura, altro che i caffè dei
nostri bei bar dietro l’angolo»; «eh, ma
vuoi mettere quei muffin ammuffiti con le
nostre briosce?»; «Ma poi costa un botto!».
Comunque, se dovesse sbarcare pure a Firenze, c’è sempre la solita piazza della Repubblica, dove c’è già l’Hard Rock Cafè.
Esploderanno i soliti lamenti, ma il mercato per fortuna offre libertà di scelta. Facciamo una domanda (preventiva): perché berciare contro Starbucks? Se il Frappuccino fa
schifo, continueremo ad andare da Gilli.
@davidallegranti
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2
Lunedì 19 Ottobre 2015
Corriere Imprese
FI
IL PUNTO
di Marzio Fatucchi
QUANDO È MEGLIO CAMBIARE STRADA
A
ffrontare la reindustrializzazione quando il terreno
ormai è bruciato, «brownfield», quando la crisi è irreversibile, oppure cercare di
anticiparla cambiando strada
anche radicalmente. La vicenda dello stabilimento
Kme a Fornaci di Barga, cioè
la chiusura della produzione
di rame con una proposta
già sul campo di una nuova
attività — cultura idroponica
— è qualcosa di nuovo per
FIRENZE-LIMA
UN’OCCASIONE
SULLE ANDE
(NON SOLO TURISTI)
N
E
W
S
Piazza Affari
Piaggio & C. S.p.A.
Dada S.p.A.
Rosss S.p.A.
2,54
2,19
2,182
40
39,01
El.En. S.p.A.
41,9
SOSPESA
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.
1,657 1,627 1,632
1,64
Eukedos
Sesa
1,157 1,141 1,141 1,141 1,141
5,41
Borgosesia
26,63
26,1
26,06 25,13
23,75
14,53
14,6
14,6 14,65 14,65
Snai S.p.A.
1,125 1,125
Intek Spa
SOSPESA
0,28 0,2785 0,2818 0,2828 0,2836
Toscana Aeroporti S.p.A.
15,6
«La Banca Popolare di Vicenza punta a valorizzare la
Toscana come uno dei quattro territori chiave della propria
attività e chiede agli azionisti, seppur scottati dal recente
deprezzamento dei titoli, di avere fiducia e partecipare all’aumento di capitale che l’istituto varerà dal prossimo
aprile». Parola dell’Ad Francesco Iorio, alla guida della
banca che nel 2002 ha acquisito la Cariprato. Dura da di-
1,117 1,115
SOSPESA
0,6945 0,695 0,688 0,6745 0,6775
5,4
1,12
Softec S.p.A.
FrendyEnergy
5,385 5,485
1,041 1,041 1,041 1,037 1,04
0,0883 0,0875 0,0851 0,0872 0,0889
SOSPESA
BioDue Spa
40
15,63
15,7
16
15,86
gerire per gli azionisti che, oltre alle batoste già prese,
hanno davanti prospettive poco rosee: entro aprile Pop
Vicenza dovrà varare un aumento di capitale fino a 1,5 miliardi e poi quotarsi in Borsa. Chi ha comprato le azioni a
62,5 euro adesso se le ritrova a 48 euro e, secondo alcuni
analisti, l’ulteriore sconto in vista dell’Ipo potrebbe far precipitare il valore del titolo attorno a 10 euro.
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MINORI
LA PRIMA VOLTA
DEI CYBER
SOMMELIER
L’ASCESA DI VIPER
ORA MUOVE
ANCHE ROLEX
USCIRNE FUORI
LAVORANDO
A UNA MARMELLATA
Q
C’
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La bussola della settimana
INTERNET
Briefing
VINO
ui Milano, che ne pensate di questo Chianti a
Nuova Delhi? Sul tavolo calici
e bottiglie, occhi concentrati,
narici dilatate, palati riflessivi. E fin qui è una tipica
degustazione. Se non fosse
che, quella avvenuta a Milano, è stata la prima degustazione verticale globale di
vini. Sì, perché l’assaggio di
tutte le etichette di Dcc-Domini Castellare di Castellina
si è tenuta nel Customer
Innovation Showcase di British Telecom,
uno degli
spazi che il
colosso delle
telecomunicazioni ha in
giro per il
globo per
eventi in viICONE
deoconferenze hi-tech.
Faccia a faccia, o per meglio
dire schermo a schermo vista la tecnologia broadcast,
appassionati di vino e professionisti si sono confrontati a Milano, Madrid, Monaco,
Londra, New York, Shanghai,
Hong Kong, Johannesburg e
Nuova Delhi.
Edoardo Lusena
è Internet. E poi c’è l’Internet «delle cose», che
le fa funzionare e le coordina sfruttando le relazioni
della Rete. Viper è una startup fondata lo scorso anno
da un team di ingegneri dell’Università di Pisa, che ha
ottenuto un grande successo
alla World Maker Faire di
New York, la fiera internazionale della tecnologia innovativa che si è tenuta a
fine settembre. «Negli Usa il
nostro stand è stato letteralmente preso d’assalto — ha
raccontato Gabriele Montelisciani, business developer
della start up — e questo fa
ben sperare anche per il
lancio della versione professionale di Viper in uscita a
novembre». Un’ascesa cominciata a luglio quando, a Parigi, nel negozio Rolex era
apparso il primo prodotto
con Viper «a bordo»: espositori girevoli sincronizzati
wireless per mettere in mostra gli orologi del famoso
brand svizzero. Comandati
dalla «ViperApp», gli espositori ruotano in maniera sincrona e possono essere fermati a piacere.
Giorgio Bernardini
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RICERCA
editori del Corriere Fiorentino) è la capacità di visione;
vedremo se funzionerà, ma
in un Paese in cui si parla
tanto di start-up forse sarebbe il caso scommettere subito risorse ed energie per
immaginare un futuro diverso per le industrie in difficoltà, sfruttando la creatività
che c’è e magari sostenendola con gli investimenti che
invece mancano.
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TUTELA
2,366 2,346 2,376 2,328 2,28
Salvatore Ferragamo S.p.A.
40,91
Ergy Capital
1,6
Banca Etruria
va strada «dopo» — dopo la
chiusura, dopo che gli imprenditori sono andati via,
dopo che il progetto industriale è ormai decotto — fa
perdere tempo, risorse e posti di lavoro. Ma non sempre
basta anticipare i tempi: dal
rame alle coltivazioni idroponiche, a Fornaci di Barga si
perderanno circa 200 posti
di lavoro. L’aspetto positivo
del caso Kme (impresa guidata da Enzo Manes, tra gli
CHL S.p.A.
2,256 2,276
B & C Speakers S.p.A.
5,57
briche chiuse e che con fatica cercano una nuova vita lo
dimostrano: dall’ex Electrolux
di Scandicci, rinata solo dopo anni grazie ad una impresa di ricostruzioni pneumatici, fino al caso ben più
grande e anche più problematico delle ex acciaierie
Lucchini con Cevital, passando dall’area ex Eaton di Massa-Carrara fino ai destini
incerti di stabilimenti come
la ex Trw. Cercare una nuo-
0,0382 0,038 0,0385 0,0385 0,0387
Settimana
dal 12 al 16
ottobre
I
l mondo guarda alla Toscana, la Toscana guarda al
mondo. Anche a Paesi ritenuti nel «senso comune»
poco sviluppati ma che invece stanno crescendo ed offrono buone opportunità.
Come il Perù, che negli ultimi 10 anni ha avuto una
crescita media del Pil del
5,8% e che punta anche al
turismo di
qualità. Così
Camera di
Commercio,
Comune di
Firenze, Consolato Generale del Perù
a Firenze e
MERCATI
PromoFirenze hanno
organizzato una giornata di
incontri per le aziende e la
stessa azienda di promozione
sta preparando una missione
in Perù (e Cile). Obiettivo :
dopo la maxi commessa della ex AnsaldoBreda per la
metropolitana di Lima, con a
Pistoia la costruzione di 42
treni — permettere alle imprese medio-piccole di essere presenti nella nazione
andina.
Mauro Bonciani
l’economia Toscana. Certo,
resta un evento traumatico,
la cesura con una storia che
ha legato l’allora Smi di Orlando con quel territorio,
tanto che — come successo
altrove — la fabbrica rappresentava quasi lo Stato prima
dello Stato. Ma è anche il
segnale che forse il cambiamento in atto nel sistema
industriale va aggredito, se
non si vuole esserne travolti.
Le altre storie di grandi fab-
I
eri bulli, oggi produttori di
marmellate. È il percorso
intrapreso da sette minori
rom italiani, messi alla prova
nell’area penale esterna di
Firenze per episodi di microcriminalità, soprattutto piccoli furti e reati legati alla
tossicodipendenza. Grazie
all’istituto di formazione
Apab e alla Regione (che
finanzia il progetto), questi
adolescenti stanno intraprendendo un percorso di reinserimento sociale attraverso la
raccolta delle susine nell’area
verde della comunità Il Pellegrino di via Bolognese. Dopo
averle raccolte, i ragazzi trasformano le susine in marmellata attraverso il laboratoriodi Poggio Valicaia, in collaborazione con il Comune
di Scandicci. La marmellata,
ora in vendita al Bar Silvana
in via de’ Neri, sarà presto
anche in altri punti vendita
con il marchio Il Pellegrino.
Inoltre, nei prossimi mesi
verranno organizzate delle
cene di beneficenza per raccogliere fondi che serviranno
a dare continuità alle attività
progettuali nei quali sono
coinvolti questi minori.
Jacopo Storni
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SOCIALE
7
Minori
che stanno
seguendo
il percorso di
reinserimento
al Pellegrino
MADE IN ITALY,
DALL’EUROPA
UN ALTRO STOP
L
a Corte di giustizia europea ha respinto la richiesta dell’Unione italiana conciatori di bloccare la vendita
di scarpe ingannevoli. Dopo
aver visto nella vetrina di
alcuni grandi magazzini nella
zona di Pisa scarpe in vendita a poco prezzo, fabbricate
all’estero ma con la dicitura
in italiano «vera pelle» e
senza l’indicazione del Paese
di produzione, i conciatori si
erano rivolti al tribunale di
Milano chiedendo un provvedimento di urgenza per ritirarle dal mercato. L’Unione
conciatori aveva richiamato
la legge italiana (8/2013) sul
Made in che impone l’obbligo di dichiarare dove è stata
fatta la scarpa. I giudici hanno chiamato in causa la Corte di giustizia
europea per
un chiarimento sull’eventuale
contrasto fra
il diritto nazionale e
quello comu- BRUXELLES
nitario. E dal
Lussemburgo
è arrivata la
doccia fredda: siccome
in Europa
Il peso della
non sono
pelletteria
riusciti a rimade in Italy
formare la
sul totale
disciplina del mondiale delle
Made in, vale esportazioni
la direttiva
94/2011 secondo la quale un
oggetto può essere prodotto
ovunque nel mondo, ma
quando varca il confine di
uno Stato membro è come
se vi fosse stato fabbricato.
In poche parole, la legge
italiana sulla tutela del Made
in non vale. Secondo le norme europee, l’unico obbligo
da rispettare è l’etichetta
che, con un poco chiaro sistema di quadratini, indica
quali sono i materiali delle
diverse parti che compongono la scarpa. Non si possono
porre altre indicazioni che
costituirebbero addirittura un
limite alla libera circolazione
delle merci all’interno dell’Unione. Il pronunciamento
della Corte di giustizia verrà
adesso trasmesso al Tribunale di Milano che respingerà
il ricorso dei conciatori. A
ulteriore dimostrazione del
fatto che per risolvere il problema del Made in e tutelare
chi produce davvero in Italia
serve una soluzione politica.
Fin quando l’Europa non si
deciderà a riformare le sue
leggi, a ben poco varranno
gli sforzi dei singoli stati
membri.
S.O.
14%
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere Imprese
Lunedì 19 Ottobre 2015
3
FI
PRIMO PIANO
La pharmavalley cresce
«Il futuro passa da qui»
Dopo l’affare Novartis, Glaxo Smith Kline pronta a investire un altro miliardo di euro
È l’ultimo tassello in un settore in espansione, che oggi dà più lavoro di Banca Mps
Lucia Aleotti (Farmindustria): «Possiamo diventare la punta della nuova economia»
di Silvia Ognibene
Il gruppo
Glaxo Smith
Kline (GSK) è
una azienda
multinazionale
farmaceutica,
basata sulla
ricerca, nata
nel dicembre
multinazionale sta cercando
terreni da acquistare per edificare nuovi stabilimenti nell’area di Rosia, con l’obiettivo
di potenziare ancora un settore che ha già sorpassato il
Monte dei Paschi come primo
datore di lavoro nell’area (oggi
la banca impiega 3 mila dipendenti, il settore delle
U
n miliardo per Siena.
È quanto Glaxo Smith
Kline si preparerebbe
ad investire nella città toscana dove si trovano gli stabilimenti di produzione dei vaccini che il colos-
I numeri
AZIENDE FARMACEUTICHE TOSCANE
30 Firenze
(1˚ posto)
ESPORTAZIONI DI FARMACI
RICERCA E SVILUPPO
Italia
3˚Toscana
20,7 mld pari al 5,4% del totale
(dietro a Lombardia e Lazio)
Toscana
9 Pisa (2˚)
1 mld pari al 4,8% del totale
3 Siena (3˚)
Mercati principali (%)
NUMERO DI ADDETTI
1˚Lombardia
Germania
44.600
10.400
3˚Toscana
Francia
Brasile
24,4
15,7
10,4
13,2%
del totale
del settore
farmaco
Investimenti
230 milioni di euro
Dati 2014 - Fonte Farmindustria
2000 con una
fusione. Oggi
conta oltre
100.000
dipendenti, un
fatturato di
oltre 34
miliardi di euro
e una quota di
mercato del 6
per cento
so ha rilevato da Novartis. Una
cifra enorme (di poco inferiore, per capirci, a quanto il governo stima di recuperare dall’emersione dei capitali dall’estero nel 2015) verrà riversata nei prossimi anni a Siena
che diventa così il cuore del
progetto di GSK, che ha pagato oltre 6 miliardi per l’acquisto degli asset di Novartis. La
IMPRESE
A cura della redazione
del Corriere Fiorentino
Direttore responsabile:
Paolo Ermini
Vicedirettore:
Eugenio Tassini
Caporedattore centrale:
Carlo Nicotra
Editoriale Fiorentina s.r.l.
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50122 Firenze
Reg. Trib. di Firenze n. 5642
del 22/02/2008
Responsabile del trattamento dei dati
(D.Lgs. 196/2003): Paolo Ermini
scienze della vita 3.500). Un
tassello importante nelle strategie di crescita di un comparto che si sta candidando a trasformare l’Italia nell’hub farmaceutico d’Europa, assegnando un ruolo centrale alla
Toscana che è fra le cinque
regioni dove si concentra il
90% della produzione. L’Italia
nel 2014 ha compiuto il giro di
boa segnando il maggior incremento mondiale nelle
esportazioni di farmaci, grazie
ad una crescita costante che
dura dal 2010: l’anno scorso
l’export italiano ha superato
gli 8 miliardi di dollari mentre, ad esempio, quello della
Gran Bretagna segnava un calo di 2,7. E la Toscana nel 2014
ha esportato farmaci per 820
milioni di euro, portandosi
sul massimo storico. Il primo
semestre del 2015 (secondo i
dati elaborati dalla direzione
studi e ricerche di Intesa San
Paolo) è andato ancora meglio, con una crescita delle
esportazioni del 10,5% mentre
il manifatturiero cresceva appena dell’1%. A trainare le
esportazioni sono stati i mercati maturi, verso i quali le
esportazioni sono cresciute
del 18,4%, con la Germania
che ha messo a segno un
+26,4% e la Spagna addirittura
+74,2%. Mitigando così la contrazione dei mercati emergenti che hanno ridotto le importazioni dell’8,5%. Se Firenze
guida le esportazioni, Siena è
regina in fatto di innovazione:
a partire dal 2000 i brevetti
depositati all’European Patent
Office sono stati 195, pari al
70% di quelli registrati dall’intero polo toscano. «Le industrie farmaceutiche sono
un’autentica eccellenza e pos-
COMITATO SCIENTIFICO
Paolo Barberis
fondatore di Nana Bianca e Dada,
consigliere per l’ innovazione della
Presidenza del Consiglio
Fabio Pammolli
Professore di Economia
e Management IMT Alti Studi
Lucca
Fabio Filocamo
Presidente Harvard Alumni Italia,
CEO Dynamo Venture, Member of
Board Principia SGR
Alessandro Petretto
Professore Ordinario di Economia
Pubblica Università degli Studi
di Firenze
sono diventare il comparto di
punta dell’economia italiana
che si sta trasformando — dice la vicepresidente di Farmindustria e presidente del
Gruppo Menarini, Lucia Aleotti — Bruxelles argomenta che
l’Italia ha un’economia con
basso valore aggiunto, mentre
la farmaceutica dimostra esattamente il contrario: altissima
tecnologia, investimenti enormi, risorse umane altamente
qualificate. Produciamo valore
e diamo valore all’economia».
«Il governo si sta muovendo
bene, ha garantito una stabilità che abbiamo molto apprezzato — prosegue Aleotti —
Alle Regioni chiediamo di non
essere schizofreniche: non
possiamo andare bene quando mostriamo i risultati in ter-

Toscana Life Sciences
Landi: a Firenze e Siena
stiamo per attivare
un istituto superiore
che formerà tecnici
già specializzati nella
produzione farmaceutica
mini di investimenti, produzione e occupazione e poi diventare i cattivi da punire
quando si cambia tavolo e si
chiedono tagli pesantissimi
alla spesa». Al tavolo voluto
dalla presidenza della Regione
per dare le gambe alla cosiddetta Pharmavalley, dove siedono aziende, università e
istituzioni «guardiamo con
grande interesse, auspicando
che sottenda un cambio di
passo delle autorità per riconoscere nella farmaceutica il
vero volano dell’economia regionale e non solo una voce di
spesa», conclude Aleotti.
Secondo il presidente della
Regione Enrico Rossi, il lavoro
affidato al tavolo sulla Pharmavalley «potrà superare l’apparente contrapposizione fra
la necessità di attirare investimenti nella nostra regione,
avere una presenza qualificata
di un’industria così importante, creare fatturato e posti di
lavoro e, dall’altro il dover fare
costantemente i conti con il
necessario contenimento della
spesa farmaceutica. Un modello di intervento — prosegue il governatore — che sarà
utile nel confronto con le politiche nazionali sul farmaco e
la sanità in generale, regalando un ruolo forte alla Toscana
attraverso i punti in comune
concordati tra pubblico e privato».
In particolare, come spiega
il presidente di Toscana Life
Sciences Fabrizio Landi, «sta
per essere attivato un Istituto
tecnico superiore con sedi a
Firenze e Siena che offrirà alle
aziende tecnici già specializzati per la produzione farmaceutica e lavoriamo anche alla
creazione di una biobanca toscana, fondamentale per la
medicina del futuro che sarà
personalizzata e fondata sostanzialmente sulla genomica». A proposito di logistica,
capitolo su cui la Regione è
pronta a investire in modo significativo, una delle ipotesi
allo studio è la creazione di
un unico polo che potrebbe
nascere nell’ambito dello sviluppo del porto di Livorno,
garantendo alle aziende risparmi di scala. Infine, dice
ancora Enrico Rossi, serve «un
lavoro comune sui brevetti per
far fruttare la ricerca avanzata
e trattenerne i benefici sul territorio». Gli ingredienti per fare della farmaceutica e della
diagnostica la vera, nuova, locomotiva toscana sembrano
esserci tutti.
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4
FI
Lunedì 19 Ottobre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 19 Ottobre 2015
5
FI
LOCOMOTIVE
Beckham ai fornelli, di Pitti Palace
(una cucina fatta in sartoria)
L’export di lusso in continua crescita, il nuovo stabilimento in arrivo tra Impruneta e Greve
Le Officine Gullo da «bottega» a industria, puntando su suggestioni made in Florence
Frontiere
10
L’help desk
per le imprese
ora è pubblico
Milioni di euro
il giro d’affari
delle Officine
Gullo nel 2014
80%
U
na cosa normale,
altrove. Ad esempio
succede per molti servizi
delle big companies
online. Quando devi
presentare domande
ufficiali o seguire
procedure burocratiche,
c’è la pagina delle FAQ
(frequently asked
questions, le domande
più richieste) con le
risposte. Si chiede se si è
trovato quello che si
cercava, se non ci siamo
riusciti ci si
può
rivolgere
all’help
desk online
o via
telefono. La
novità è
che a farlo è una
pubblica amministrazione.
La Camera di commercio
di Firenze, prima in
Italia, ha fatto nascere
questa attività di «front
office», d’intesa con
Infocamere, per il suo
Registro imprese.
Aziende, professionisti o
associazioni di categoria
che devono presentare
documenti o fare
richieste online, ora
hanno in mano questo
strumento, mutuato dalle
aziende private, e non
solo è possibile
contattare via mail
l’amministrazione, ma
anche «prenotare» la
chiamata: a telefonare
però è il call center della
Camera di commercio.
(Marzio Fatucchi)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La percentuale
di export
delle cucine
prodotte
nell’azienda
dell’Antella
500
Mila euro
il prezzo a cui
può arrivare
una cucina
Gullo costruita
su misura
C
osa hanno in comune
David Beckham, l’oligarca Uzbeko Alysher
Usmanov (patron dell’Arsenal), il regista
George Lucas e Carolina di
Monaco? La cucina. Per la precisione una cucina di Officine
Gullo, che ripropone in chiave
hi-tech gli spunti delle ville
patrizie toscane: i modelli si
chiamano «Signoria Palace»,
«Pitti Palace», «Artimino Palace» e così via. È all’Antella
questa piccola azienda a conduzione familiare che con i
suoi 40 dipendenti è riuscita
ad affermarsi sui mercati di
tutto il mondo, dove oggi realizza l’80% del fatturato. Cinque anni fa, nel cuore della
crisi, l’export era pari al 50%,
come dire che mentre in tanti
David
Beckham
Carolina
di Monaco
crollavano Officine Gullo ha
incrementato le vendite all’estero del 30%. Il giro d’affari
della società nel 2014 è stato
di circa 10 milioni di euro, e
negli ultimi anni sono stati
aperti showroom monomarca
in Italia, Usa, Israele, Russia,
Cina, Indonesia e Svezia. Ma si
stanno investendo energie anche nel Medio e nel lontano
Oriente. «Il nostro obiettivo è
trasformare questa azienda a
vo ca z i o n e a r t i g i a n a i n
un’azienda industriale, ma
senza perdere le caratteristiche che ci contraddistinguono
— spiega Pietro Gullo, responsabile marketing — Il
made in Florence è sicuramente un biglietto da visita
che attrae, ed è per questo che
non abbiamo alcuna intenzio-
ne di lasciare il nostro luogo
di origine. Ma anzi ci stiamo
espandendo nella zona di Meleto (fra Impruneta e Greve in
Chianti, ndr). Con questo territorio abbiamo un legame
fortissimo».
Per il nuovo stabilimento si
prevede un investimento di 5
milioni di euro: nessuna ri-
Una cucina
Officine Gullo
in un ristorante
di New York
Sopra,
un momento
della
lavorazione
chiesta di prestito alle banche,
«con cui lavoriamo poco. Noi
ci finanziamo da soli». E per
rafforzare l’azienda si procederà a riorganizzare la produzione. «I risultati del nostro team
sono il frutto di una commistione fra ciò che era la nostra
visione e l’incontro con clienti
di un target molto alto ed esigente — continua Gullo —
Per soddisfare le loro richieste, talvolta stravaganti, il livello della qualità e dell’innovazione si è dovuto alzare ogni
volta. Questo ci ha permesso
però di crescere e raggiungere
quei livelli di eccellenza che
sono la chiave del nostro successo». I prezzi non sono per
tutti (si arriva fino ai 500 mila
euro a cucina) ma il prodotto
finale è una sorta di abito sartoriale, pensato per le esigenze più particolari, che si fa interprete dei desideri e delle
abitudini del futuro proprietario. C’è chi chiede le proprie
iniziali su manopole e pomelli
e chi, come una facoltosa
cliente russa, ha voluto un
piano cottura dello stesso colore della sua sciarpa preferita. «Quando iniziammo ad
immaginare la nostra collezione eravamo sicuri che avremmo realizzato una cucina con
delle caratteristiche fuori dal
comune — prosegue il responsabile marketing di Gullo
— Parlavamo dei nostri apparecchi con un linguaggio diverso dal solito. Ne parlavamo
come si parla di automobili:
macchine di cottura, più precisamente».
Tutto ha inizio 30 anni fa
con il capofamiglia Carmelo,
docente di costruzioni e meccanica di professione e inventore di marchingegni per passione. Poi sono arrivati anche
i figli, Pietro, Andrea e Matteo, «ma il vero collante della
famiglia è mia madre Grazia,
che ci ha sempre incoraggiati». I 40 artigiani che lavorano
nella «bottega» Gullo utilizzano solo materiali nobili: acciaio inossidabile ad alto spessore, rame brunito, ghisa e metallo forgiato. Per arrivare alla
tecnologia che caratterizza invece gli accessori di cottura
professionali che vanno ad
equipaggiare i piani di cottura
ad incasso e le macchine di
cottura: barbecue a pietra lavica, fry-top in acciaio, cuocipasta/vaporiera, friggitrice,
coup de feu in ghisa e piani di
cottura ad induzione.
Antonio Passanese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 19 Ottobre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 19 Ottobre 2015
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FI
DISTRETTI
L’olio corre, in ordine sparso
Lucca, gli Usa trainano l’export di un settore diviso tra Salov e i piccoli dop: «Serve il marchio unico»
La Strada
La Strada del
Vino e dell’Olio
di Lucca,
Montecarlo e
Versilia è nata
nel 2001 come
Strada del Vino
Colline
Lucchesi e
Montecarlo, le
due Doc della
zona. Soci
fondatori,
Provincia,
Camera di
Commercio di
Lucca, i
Comuni di
Altopascio,
Capannori,
Lucca,
Montecarlo e
Porcari, e i due
consorzi. Nel
2004 è arrivata
la Dop all’Olio
di Lucca, e la
Strada è
diventata del
Vino e dell’Olio.
Oggi conta
circa cento
soci e permette
visite a cantine
e frantoi.
Segretario della
«Strada» è
Fabio Tognetti
(nella foto)
di Mauro Bonciani
Legge di stabilità
Quello che
la politica
non può fare
C
orre ancora il distretto dell’olio lucchese,
spinto dal mercato
Usa. Un distretto che
ha due anime: Salov,
il colosso del settore, e i piccoli produttori del Consorzio
Olio di Lucca Dop e della Strada del vino e dell’olio di Lucca, Montecarlo e Versilia. E
che, anche quando non esporta, sfrutta l’effetto della globalizzazione, cioè l’arrivo a Lucca
dei croceristi provenienti da
Livorno, e non solo.
In attesa della raccolta —
che, dopo il disastro dello
scorso anno, preannuncia un
ottimo olio — il distretto ha
festeggiato nel secondo semestre un più 25% nell’export,
quasi tutto frutto dei consumatori statunitensi, con un
fatturato di circa 50 milioni;
l’exploit è targato quasi interamente Salov. L’azienda, una
delle più grandi del settore a
livello mondiale, vanta quasi
un secolo di storia e se la casa
madre si trova a Massarosa, in
provincia di Lucca, la proprietà dal 2014 è controllata dal
colosso cinese Yimin Foods di
Shanghai. Salov, che ha circa
200 dipendenti e 250 milioni
di fatturato,è presente in oltre
70 Paesi, con posizioni di leadership negli Stati Uniti, con
una quota di mercato del 19%,
dove il marchio Filippo Berio
(dal nome dell’omonimo imprenditore di origine ligure
che lo fece nascere a Lucca nel
1867) va fortissimo. Il passaggio del controllo dell’azienda
dalla famiglia Fontana ai cinesi è arrivato sei anni dopo il
passaggio della Bertolli dalla
Unilever al gruppo spagnolo
Deoleo S.A, che possiede anche i marchi Carapelli e Sasso,
e per molti ha segnato la fine
del legame degli storici marchi lucchesi con il territorio,
di certo — polemiche a parte
— è un altro pezzo di made in
Italy in mani straniere.
Ora la situazione è divisa in
due: da una parte Salov che
confeziona ogni anno 100 milioni di litri di olio, il 60% olio
di oliva e il 40% olio di semi,
dall’altra i piccoli produttori
che hanno voluto il marchio
SEGUE DALLA PRIMA
Due agricoltori
tendono le reti
per la raccolta
delle olive
in Lucchesia.
Il raccolto 2015
dovrebbe
segnare
la rinascita
dopo il disastro
dello scorso
anno
Dop, nato nel 2004, dopo oltre
dieci anni di sforzi. «L’olio di
Lucca è sempre stato storicamente forte sui mercati mondiali grazie a marchi come
Bertolli e Berio — spiega Fabio Tognetti, segretario della
Strada dell’Olio e del Vino di
Lucca — E anche i piccoli produttori del consorzio sfruttano i flussi turistici di Lucca e
la elevata domanda di olio
lucchese sia da parte dei croceristi che sbarcano a Livorno
sia dei turisti in arrivo col volo
New York-Pisa. Negli ultimi
anni è anche aumentato il recupero di olivete abbandonate
e ogni produttore fa innovazione nel segno della qualità,
anche perché quasi tutte le
aziende sono dirette da under
45, che ovviamente curano anche la parte web e l’immagine
della loro impresa».
Uno degli under 45 è Marco
Corsini, della Fattoria di Fubbiano, circondata da 45 ettari
di tenuta, tra vigneti, oliveti e
boschi, sulle colline lucchesi,
e che ha nell’olio Dop uno dei
suoi prodotti di punta, con
anche degustazioni «guidate».
«Abbiamo cambiato nel momento giusto, quando il frantoio tradizionale stava per essere superato, puntando sulla
qualità e capendo che non si
poteva fare più tutto in “casa”
— racconta Corsini — Oggi
esportiamo l’80% della nostra
produzione in Norvegia e il
nostro olio è posizionato nella
fascia alta dei prezzi, da 45 a
90 euro il litro, cosa che ci
crea qualche difficoltà negli
Usa, dove sono
abituati a spender meno, e in
Italia: il toscano
e il lucchese ancora è abituato a
spendere poco
per l’olio, non capisce la differenza tra oli industriali e di
qualità. Cosa che invece i ricchi croceristi che arrivano qui
in taxi da Livorno fanno, ordi-
60
Milioni l’export dell’olio lucchese
nel secondo trimestre dell’anno,
con un netto aumento rispetto allo
stesso periodo del 2014
20
Comuni della provincia lucchese
che compongono la zona
di produzione dell’olio
extravergine di oliva Lucca Dop
nando spesso intere casse olio
da mandare negli Usa». Il
Frantoio Lenzi a Capannori,
fondato negli anni ‘30 dello
scorso secolo, e dove lavorano
Fulvio e la quarta generazione
della famiglia, è uno dei più
moderni della zona e della Toscana, punto di riferimento
per la Dop. «Due anni fa abbiamo investito in frantoi dell’utima generazione, tecnologici e computerizzati, che consentono una completa tracciab i l i t à . U n i n ve s t i m e n t o
importante per noi che siamo
una piccola azienda privata —
afferma Fulvio Lenzi, nel laboratorio dove si “testano” le olive — In pochi anni è cambiato
tutto nel mondo dell’olivicoltura e se prima si inseguiva la
quantità, adesso si punta sulla
qualità, sul marchio, sulle certificazione dal Igp, alla Dop, al
biologico». Per Lenzi però
l’olio lucchese potrebbe essere
molto più conosciuto: «Qui
nessuno si vuole aggregare,
invece servirebbe un marchio
unico, come il Laudemio, o
quello delle Colline Lucchesi
nel vino, con il nome del produttore sul retro dell’etichetta,
per aggredire meglio i mercati, avere più forza e visibilità.
Ma ognuno preferisce andare
per contro proprio...».
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Ma ci sono varie incognite e
non riguardano solo il nodo
non proprio secondario delle
coperture economiche: per
sfruttare le occasioni
annunciate dalla Legge di
stabilità serve un ruolo
attivo delle imprese, quelle
toscane sapranno fare la
loro parte? I numeri dicono
che non è affatto scontato.
Dei 5 miliardi che la Legge
Sabatini (nella Legge di
stabilità 2015) ha messo a
disposizione delle Pmi per
rinnovarsi e svecchiare la
produzione attraverso
l’acquisto di macchinari, 2,8
miliardi di euro sono rimasti
inutilizzati. Il rischio
insomma è che riemerga la
vecchia difficoltà di una
parte del nostro tessuto
economico, diffidente,
ancorata a schemi
consolidati che però
funzionano sempre meno,
soprattutto nel mercato
senza confini molto più
simile a un mare in
tempesta che a un
rassicurante paesaggio
collina-e-cipresso. Il governo
può mettere in campo tutte
le misure che servono al
sostegno delle imprese, la
Regione e i Comuni possono
percorrere (e sembrano
intenzionati a farlo) la via
della semplificazione, della
certezza dei tempi e delle
regole per facilitare gli
investimenti, ma c’è un’altra
leva da muovere, senza la
quale agganciare la ripresa
economica è una missione
impossibile: quella della
cultura d’impresa. Serve
capacità di immaginare un
futuro diverso, il coraggio di
percorrere strade nuove o di
percorrere in modo nuovo
quelle già battute. E qui la
politica non può farci nulla.
Carlo Nicotra
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Lunedì 19 Ottobre 2015
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