LIBRO SECONDO - Parte Seconda
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LIBRO SECONDO - Parte Seconda ECOMOMIA POLITICA In altra parte di queste note (v/ Pitigliano), dissi di essere nato da genitori comunisti, o meglio antifascisti, ed in ambiente rosso. Durante le scuole superiori, poi intorno ai 16/17 anni, allorché ho cominciato a leggere dei libri d’economia, di politica e vari saggi, mi convinsi che il comunismo non poteva essere quello per il quale la gente cantava Bandiera Rossa ed inneggiava “a da venì Baffone” (Stalin). Eravamo a metà degli anni ’50 ed ancora questa filosofia carpiva la buonafede delle masse (orribile espressione per indicare gli esseri umani); io mi convinsi invece che fosse contraria all’istinto naturale stesso dell’essere umano, quindi improponibile, inattuabile, utopica e falsa sin dalle sue fondamenta. Ho sempre affermato che se un giovane di 16/17 anni riuscì ad intuire il fenomeno del comunismo ed a prevederne la caduta, quaranta anni prima che ciò effettivamente avvenisse, come poteva la classe politica italiana, ancora negli anni settanta, continuare ad inneggiare e far credere alla sua bontà ? Tutti abbiamo sempre parlato del comunismo, pochi invece dei comunisti. Personalmente li divisi in tre categorie: 1. I Filosofi: essi sono avulsi dalla realtà (lo sono quasi sempre stati), tuttavia, spero almeno in buonafede, credevano in ciò che essi dicevano o scrivevano, quindi occorreva accettarli. Hanno riempito le biblioteche di mezzo mondo predicando l’uguaglianza, il governo del proletariato, laicità ecc; ebbi l’impressione che, a parte la laicità, dicessero quasi le stesse cose dei preti che per duemila anni ci hanno ammannito gli stessi concetti, con una sola differenza che alla fine della favola il prete prometteva il Paradiso, il comunismo ateo solo l’Inferno. Il comunismo toglieva all’uomo persino la speranza dell’aldilà, cosa può essere la vita terrena senza speranza di un futuro dopo la morte?? 2. Quelli in Malafede: non mi si venga a dire che quando i nostri politici, negli anni ’60, ’70 e 80’, andavano in URSS e quivi vivevano anche per lunghi periodi, non avessero la capacità di vedere la realtà del comunismo. O erano tutti filosofi oppure erano in perfetta mala fede. Nel 1978 mi recai con la famiglia a Miskoc!, città dell’Ungheria Orientale, nella zona del Tocai, quasi al confine con la Russia, ed ebbi l’occasione di constatare di persona la vita ed i progressi reali in un paese comunista, ne fui rabbrividito. Tra l’altro incontrai Libro II – Parte II, pagina 2 un certo Pista Seifert, padre del secondo marito di mia suocera. Era un vecchio molto avanti con gli anni. Parlava abbastanza bene l’italiano avendo fatto la prima guerra mondiale nella marina dell’Impero Asburgico, vicino Venezia; ne riportai un’impressione triste in quanto questo povero vecchio mi disse che la sola sua speranza era, ascoltando tutte le mattine alle ore 06:00 la radio, di poter udire, prima della morte che sentiva vicina, la notizia della caduta del comunismo in Ungheria! Tragico. Purtroppo non ne ebbe l’occasione, morì prima che il suo sogno si avverasse. Nel 1985 mi recai in Russia a Samara, vecchia Kuibisheck, ad un’ora di mezza di volo da Mosca verso sud-ovest, non troppo lontano da Odessa e vicino a Togliattigrad (ove la FIAT fornì i materiali e l’assistenza per produrre la Lada); vi passai molti giorni trattando, con degli armatori ucraini il noleggio di alcune loro navi. Questo soggiorno mi fece constatare la correttezza delle mie previsioni sul comunismo fatte trenta anni prima. Miseria e povertà erano presenti ovunque. Nessuno prendeva decisioni, nessuno voleva correre i rischi per ciò che faceva, nei magazzini, poveri di merci, il servizio delle commesse, pur se in genere belle, era nullo. Mi convinsi che trenta anni prima avevo visto giusto. Ma i nostri Grandi Politici e Sindacalisti Comunisti possibile non abbiano mai visto né intuito nulla? Confermo la mia teoria: o sono dei filosofi oppure sono in malafede. 3. Gli Illusi: Questa espressione la trovo io stesso molto dura, soprattutto per le persone cui è destinata che non la meritano. Trattasi dei Lavoratori. A questi, che sono sicuramente in buona fede, è stata venduta la luna; uguaglianza e protezione economica per tutti. Tutte utopie per carpirne la buona fede. Essi vi hanno ingenuamente creduto, in molti casi per convenienza immediata, e sono, secondo me, quelli che più hanno sofferto ed ancor oggi (anno 2004) ne pagano le conseguenze. Nelle democrazie occidentali il progresso l’ha portato la libertà, il liberismo economico, la democrazia, certo non il comunismo. che ha creato ad ogni latitudine povertà, totalitarismo e mancanza di libertà. Ho letto molto sul comunismo, tra l’altro un pallosissimo libro dal titolo Nomenklatura scritto da Michael S. Voslensky, edizione Longanesi, stampato nel 1980 che spiega, tra l’altro, come, durante gli anni ’30, allorché si discuteva in URSS sul “Governo delle Masse” gli ideologi precisarono che quando ci sarebbe stato il Libro II – Parte II, pagina 3 Governo delle Masse” lo Stato non avrebbe più avuto ragion d’essere ponendosi il quesito “ allora cosa farà lo Stato” e dando quale risposta “Farà il Controllo del Governo delle Masse”. Capito! Sin dagli albori era previsto che lo Stato dovesse controllare l’azione delle Masse; cosa che poi fece veramente in ogni parte del mondo comunista nel modo che tutti sappiamo. Figuriamoci se le Masse possono governare. L’egoismo umano fa sì che ognuno cerchi la propria convenienza personale fregandosene altamente del prossimo; inutile proporre degli stereotipi, leggi Stakanov, che debbano servire da insegnamento, le Masse non lo accettano. Nella gente vige il principio “ognuno per sé, Dio per tutti”. La storia del comunismo c’insegna che nemmeno col bastone si riesce a far lavorare la gente, se questa può sbolognare il proprio lavoro avendo, soprattutto, dei benefici di quello altrui. Marx scrisse: “ad ognuno secondo le sue capacità e necessità”. Balle! Tutti siamo d’accordo sulla prima parte della frase <secondo capacità >, nessuno lo è sulla seconda parte < necessità > poiché ognuno pensa per se stesso. D’altra parte dico: perché dare secondo necessità anche a coloro che sono dei profittatori della società e sfruttano il lavoro altrui non facendo nulla o quasi, non partecipando allo sforzo nel lavoro comune, o, peggio ancora, sono dei ladri? Il comunismo è la negazione della produzione, escluso Stakanov, nessuno lavora né prende iniziative che gli si possono torcere contro; tutto è teoricamente programmato, l’uomo diventa un numero mentre Dio gli ha creato un cervello pensante dotandolo di libero arbitrio. Negli anni sessanta, vivevo a Roma, avevo vent’anni, leggevo il Messaggero e Paese Sera, due quotidiani di area della sinistra, e mi sbellicavo dalle risa leggendo dei famosi Piani Quinquennali dell’URSS; sapevo, avendolo intuito dieci anni prima, che si trattava di fumo in faccia all’umanità. Così accadde e soltanto l’intervento degli USA, che durante quei decenni inviarono milioni di tonnellate di grano, evitò la fame al popolo russo. La produzione era insufficiente, perché? L’ho già detto e non mi ripeto. Verso Samara, siamo vicini all’Ucraina, ho osservato distese infinite di ottima terra nera. Perché non producevano grano? Persino Roma antica inviava soldati da quelle parti per approvvigionarsi in grano, i mercanti locali lo portavano sul Mar Nero e le navi lo imbarcavano per Roma. Nell’industria pesante qualche buon risultato fu raggiunto, dovuto sopratuttto agli sforzi economici insostenibili che lo Stato fece in questo settore, ciò andò contro gli altri settori economici, quindi non fu vera gloria. Un po’ come la nostra IRI che, a mezzo di ricapitalizzazioni durate decenni, ha succhiato dalle casse dello Stato miliardi e miliardi contribuendo a far gravare sullo stesso un Debito Pubblico che Libro II – Parte II, pagina 4 oggi è di circa il 105%, (era circa il 120% ad inizio dell’era Euro, mentre gli altri grandi Paesi Europei sono alla metà circa, Belgio escluso. Possiamo salvare qualcosa del comunismo. NO, io dico, nemmeno la moralità che un sistema equo di distribuzione aveva promesso. Dico NO poiché il nostro mondo occidentale non aveva bisogno di una dottrina nuova inventata da Marx, Egels ecc poiché già il Cattolicesimo ci dettava il principio di amare il prossimo, di aiutarlo, sostenere i deboli ed in più, egoisticamente, come già detto, il Cattolicesimo ci prometteva il Paradiso mentre il comunismo, ateo, ci mandava all’Inferno. Come può considerarsi morale il sistema comunista che ha prodotto nel mondo 85 milioni di morti? Non credo possibile parlare di moralità allorché, per raggiungere il bene dell’Uomo, si debba agire in modo immorale; è come se io uccidessi dieci prostitute o dieci ladri dicendo poi che l’ho fatto per moralizzare la società. Siamo nel mese di maggio del 2005, vedo un altro pericolo che il capitalismo ed il comunismo, che oggi chiamiamo socialismo o semplicemente Sinistra, ci presentano. Su scala mondiale abbiamo accettato, in economia, la Globalizzazione / Liberalizzazione / Privatizzazione etc. Lo scopo, sempre ottimo del Capitalismo Socialismo - Comunismo, è quello di trasferire ai Paesi più poveri alcune attività anche industriali creando un certo sviluppo in quelle economie. Chiaramente sui tempi lunghi il concetto economico si potrà rivelare corretto, creando un migliore potere d’acquisto in questi poveri Paesi e quindi uno sviluppo mondiale più equilibrato; meno ricchi e meno poveri allo stesso momento. Non desidero qui mettere in discussione il principio che può essere sano. Desidero soltanto, far notare che lo stesso, come già fu l’idea comunista, è contrario all’istinto ed egoismo umani. Ciò creerà delle fortissime tensioni economiche e sociali tra Paesi e nello stesso Paese, tra classi. Stiamo già osservando l’Europa che cerca di difendersi dai prodotti cinesi, stiamo assistendo ad un chiaro trasferimento di ricchezza dall’Europa alla Cina, India, Egitto ecc. Al di la del Principio sono i nostri cittadini preparati a diventare più poveri? Chiediamolo ai Sindacati ed avremo una sola risposta, NO. Per nostra fortuna in Italia già abbiamo il colpevole, Berlusconi ed il suo Governo; calma, la strada verso l’impoverimento dell’Italia, che cominciò col fare enormi debiti negli anni ’70 e ’80, non è ancora terminata. Il nostro popolo dovrà ridurre il proprio tenore di vita di almeno un 15%; siamo pronti? Libro II – Parte II, pagina 5 Per mia fortuna non sono un politico vedo tuttavia che nessuna classe sociale, in Italia, è pronta a fare sacrifici, né a lavorare di più, né a rischiare in proprio. Stiamo trasformandoci in una nazione di assistiti ove nessuno desidera lavorare, ma pretende che gli altri (principalmente i privati) lo facciano. In fondo anche in questa situazione è l’istinto umano che entra in gioco; cosa gliene frega oggi ad un italiano medio di fare rinunce a favore di cinesi, indiani o sud americani? La prova? Il Rinnovo del Contratto degli Statali (siamo nel 2005). Chiedono un aumento superiore all’8%, mentre l’economia italiana non può permetterselo. Calma ragazzi, l’economia privata sposta le proprie industrie in India. Non siamo più capaci di produrre nemmeno i preservativi; gente della mia età ha conosciuto gli Hatù, prodotti vicino a Bologna, poi l’attività di produzione è andata in Spagna, quindi sono spariti dal mercato. La Good Year, fabbrica di gomme per auto, ha chiuso inviando a spasso circa 1.300 dipendenti; la Yale, fabbrica di lucchetti ecc, se ne va in Cina, tutti a spasso. Se andate ad acquistare delle foglie di menta nel bellissimo Mercato Orientale di Genova, troverete foglie prodotte in Francia; idem con le noci le trovate francesi, bulgare o californiane; le nostre buonissime noci di Sorrento a Natale sono già finite, la produzione è limitata. Questo è l’andazzo italico, lavorare NO, investire SIAMO MATTI; mi viene in mente un’espressione toscana di quando ero ragazzo, subito dopo la guerra, che diceva < povera Italia come sei ridotta, senza mutande con la camicia rotta > Sono certo che le capacità degli italiani siano enormi, ma occorre piantarla con la solfa del socialismo e della Chiesa, altrimenti ci ritroviamo in < braghe di tela> La Cicala Italiana Fine decennio 1970 ebbi una crisi. Vivevo in Africa con la famiglia. Pensai di aver sbagliato la strategia totale lavorativa della mia vita. Ma come , mi dicevo, me ne sto in Africa sudando le fatidiche sette camicie, lontano da casa, guadagno sì un buon stipendio, ma corro anche dei rischi immensi (mi sono trovato in mezzo a più rivoluzioni), ho abbandonato un lavoro sicuro al Comune di Roma e debbo ammettere che l’Italia è il vero Paese di Bengodi; credevo di aver sbagliato tutto. Libro II – Parte II, pagina 6 Si, così era l’Italia! O almeno così appariva, negli anni ‘70. Mia sorella Vilma, che lavorava alle assicurazioni sino alle ore 14.00, oltre alle normali ferie per contratto godeva, tutti gli anni, di una decina di giorni di ferie extra per malattia; ella doveva fare le cure termali ad Ischia, inoltre aveva anche l’albergo parzialmente pagato dall’INAM (penso allora così si chiamasse). Mio cugino Angelo, all’età di 45 anni, aveva lavorato 25 anni nell’aviazione, congedato col grado di Maresciallo andò in pensione con 2.500.000 lire / mese. Moltissimi miei conoscenti ed amici, quasi tutti insegnati, se ne andarono in pensione con i famosi 15 anni e mezzo di servizio; avevano circa 40/45 anni e si misero ad operare nel privato godendo, in base alla vita media che aumentava, per almeno altri 30 anni, di una pensione di circa 1.000.000 lire / mese. Conoscenti della Italsider o Finsider di Genova, addetti alle riparazioni minute degli altiforni, allorché erano chiamati per piccoli interventi si preoccupavano d’ingrandire il foro di uscita della colata trasformando il piccolo intervento in grande; in tal modo doveva intervenire una ditta / equipe specializzata per grandi interventi ed essi non dovevano lavorare, avevano inoltre una regalia dalla Ditta di manutenzione. A Pomigliano d’Arco gli operai dell’Alfa Romeo raggiungevano un assenteismo del 20% circa e l’accordo Alfa Romeo/Nissan è finito dove doveva finire. I camalli del porto di Genova godevano di stipendio garantito di 900.000 lire mese ed erano chiamati a tre turni mensili (le navi le avevano fatte sparire da Genova); da Milano intanto treni block, carichi di contenitori delle industrie italiane, partivano per Anversa ove i contenitori erano imbarcati per le varie destinazioni. Si costruì in porto a Genova un bacino enorme, per accogliere le grandi navi, e una volta terminato fu ceduto, mai utilizzato, ai turchi per quattro baiocchi. BOT e CCT producevano anche il 18% d’interesse annuo. S’investivano migliaia di miliardi nel progetto siderurgico di Gioia Tauro quando anche i bambini avevano capito che la grande industria avrebbe lasciato l’Europa. Oggi il complesso di Gioia Tauro è stato trasformato in porto per contenitori, ecc. ecc. è inutile continuare tutti gli italiani sono oggi al corrente di questo stato di cose. Quello che mi sorprende e non finirà mai di angosciarmi è che moltissimi politici oggi al Parlamento sono gli stessi che ci governarono negli anni ’70 e ’80. Gli italiani hanno il prosciutto sugli occhi. Libro II – Parte II, pagina 7 Per almeno 20 anni l’Italia ha consumato molto più di quanto prodotto; parte in operazioni sballate che la politica ha imposto e parte a beneficio dei cittadini i quali ultimi, come al tempo degli antichi romani, poterono avere il loro <panem et circenses> quindi tutti felici. La grande differenza sta nel fatto che i debiti sono rimasti e rappresentano circa 25.000 euro per ogni cittadino, tenete presente che gli italiani sono oltre 58.000.000, quindi vi sarà facile fare il calcolo. Io ci rinuncio non ho la cultura a raggiungere queste alte cifre. Nonostante ciò i nostri politici di allora sono ancora in Parlamento!!!. Andrebbe anche bene se ci fosse la volontà di uno sforzo collettivo a sanare la situazione, purtroppo non è così. Lo scarica barili tra gruppi economici non ha termine; i politici, che hanno creato questo buco, non ne hanno la volontà. Meno male che l’Europa c’impone dei parametri di bilancio, altrimenti oggi saremmo nella identica situazione dell’Argentina, al fallimento ossia. Illusione e Morale del Comunismo camaleontico Allorché nel XIX secolo i filosofi comunisti/socialisti dettarono le loro idee si verificò un fenomeno importante che era basato sulla promessa fatta alle classi economicamente più bisognose di un miglior benessere per le stesse. Questa promessa dette vigore allo sviluppo del comunismo/socialismo che, sin dagli albori, si presentò come movimento filosofico di protezione delle masse. La Morale divenne prerogativa del comunismo. Tutto ciò che esso proponeva doveva essere accettato senza discussione, in quanto destinato ad elevare l’Uomo dalla povertà. Personalmente ritengo che il comunismo/socialismo non meriti questo alto riconoscimento morale in quanto è notorio che le democrazie liberali in USA ed Inghilterra abbiamo ottenuto in favore delle “masse” (se io fossi un operaio comunista mi rifiuterei di essere considerato parte delle “masse” termine di una volgarità e bruttezza unico ed esplicativo della considerazione in cui il comunismo tiene l’Uomo), dei risultati ben più importanti ed apprezzabili senza, inoltre, chiamarlo “Masse” Libro II – Parte II, pagina 8 Ebbene dobbiamo fare attenzione perché tutt’oggi la nostra sinistra ritiene di essere la depositaria della Moralità in politica e tutto ciò che essa propone deve essere accettato in quanto è moralmente buono per le “Masse” Questa usurpazione del termine Morale da parte della sinistra tende a confondere l’Uomo ed ad attrarlo verso la su parte. I Politici Italiani Per circa 30 anni non sono andato a votare e tutti mi dicevano che era sbagliato. Non credo sia sbagliato il rifiuto ad essere corresponsabile della confusione che regna nella nostra politica e di conseguenza nel Paese. Come posso io, Franco Bernardini, elettore, accettar di mandare un politico in Parlamento, al quale ho dato il voto sulla base di un progetto presentatomi dallo stesso e da me condiviso col voto e subito dopo il mio eletto lascia il gruppo da me sostenuto e passa ad altro gruppo politico, spesso opposto, o che manifesta una nuova posizione politica non sostenuta dal sottoscritto? La Costituzione autorizza l’eletto non essendo vincolato al mio mandato; ebbene cambiamo la Costituzione in quanto è inaccettabile che il cittadino voti per un sentimento comunista e dopo, il proprio eletto, passi con i fascisti (questo è permesso dalla Costituzione, non dal sottoscritto). Sappiamo che la dignità non esiste in politica né la concretezza, tanto meno il rispetto per gli elettori, tutte prerogative assenti nel nostro mondo politico. Ho ripreso, dagli anni ’90, a votare in quanto spero che il suddetto aspetto sia forse, nella pratica, superato. Il famoso bipolarismo almeno lo promette, me lo auguro. Nonostante quanto ci ha fatto vedere il comunismo reale nei decenni passati oggi, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, ci ritroviamo ancora in Italia due partiti neo comunisti, il Partito della Rifondazione Comunista (Bertinotti) ed il Partito dei Comunisti Italiani (Cossutta / Diliberto). Cosa possiamo sperare in un Paese con simili politici? Recentemente in TV una signora della CGIL (sindacato di estrema sinistra) ha detto testualmente che la CGIL desidera controllare le Imprese affinché i benefici e la ricchezza prodotta siano ripartiti a beneficio del lavoratore. Principio sanissimo su cui credo tutti siano d’accordo, ha soltanto dimenticato di aggiungere che anche gli altri fattori della produzione meritino una remunerazione (il capitale investito per esempio). Il problema invece che la CGIL non si pone è quello di come aiutare le Imprese a produrre ricchezza. Libro II – Parte II, pagina 9 In Italia le Imprese hanno un costo del lavoro tra i più alti in Europa, imposte altissime, importanti costi dovuti alla burocrazia statale (che solo recentemente si cerca di migliorare); in fondo sostengono dei costi che le mettono fuori competizione sul mercato globale. Un’impresa decotta, quale è quella che sempre più vediamo in Italia, quali benefici o remunerazioni può pagare al lavoratore? E’ inutile che lo stesso, spinto dai sindacati, faccia degli scioperi, non è con questo strumento che l’Impresa acquista competitività. Può ottenere soltanto il fallimento dell’Impresa. Occorre invece molta serietà ed impegno nel lavoro. Ho sempre paragonato la Ricchezza prodotta dalle Imprese ad un rio di montagna la cui acqua fresca scende impetuosa a valle. Tutti gli animali vi si abbeverano e trovano soddisfazione alla loro sete, la pecora, il serpente e l’uomo. Proviamo a chiudere, a monte, la sorgente del rio e ci accorgiamo che la ricchezza, rappresentata dall’acqua, sparisce e tutti soffrono la sete. I costi impropri a carico delle nostre Imprese italiane rappresentano il tappo con cui si chiude il rio di montagna, la ricchezza non viene più prodotta, cosa distribuiamo? Restano le chiacchiere dei sindacati con i loro diritti acquisiti ( a proposito avete mai sentito un qualunque sindacalista parlare di DOVERI del lavoratore?). Occorre iniziar a produrre ricchezza in Italia, se vogliamo uscire dall’impasse economico in cui ci troviamo, dovuto a quanto suddetto, e se vogliamo restituire economicità alle Imprese occorre lavorare, lavorare, lavorare. Non dimentichiamo mai di aver, per ogni cittadino, un debito di euro 25.000 circa da rimborsare. Il tenore di vita degli italiani deve rapportarsi alla ricchezza prodotta e non più sognare di vivere oltre le nostre possibilità; ciò ci è anche vietato dagli accordi di bilancio in essere in Europa. Il Paese di Bengodi deve finire. Organizzazioni Internazionali: FAO/ONU/BANCA MONDIALE/ F.M.I./O.M.S. Le ritengo indispensabili, sarà anzi necessario fortificarne l’organizzazione ed i compiti – incluso, per l’ONU, quello di portare la pace su terra, con mezzi politici o, in certi casi, con la guerra. Il costo di queste strutture è tuttavia esorbitante. Ho visto, in giro per il mondo, parecchi rappresentanti locali di dette Organizzazioni vivere da pascià ed ho la netta impressione che il personale sia trattato troppo bene per ciò che fa senza avere rischi di sorta per il suo operato. La cosa non mi sorprende in quanto tutto quanto dipende dalla politica, nel mondo, riceve un trattamento economico particolare, anche allorché si compiono operazioni poco feconde. Libro II – Parte II, pagina 10 Globalizzazione / Liberalizzazione / Privatizzazione A partire dagli anni ’80, la Banca Mondiale, ha iniziato un’opera di smantellamento, delle strutture economiche statali nel mondo. Il presupposto fu che il privato gestisce meglio le risorse che non lo Stato; verità lapalissiana quest’ultima, ma non sempre applicabile e soprattutto non in tutto il mondo. Per il capitalismo dei Paesi sviluppati ciò fu una manna. Gli stati dovettero far marcia indietro e lasciare ai privati la conduzione di molte attività. In Italia venne facilitata la privatizzazione delle attività industriali dell’IRI. Forse queste decisioni contribuirono, anche se in forma indiretta, al fallimento economico del comunismo e quindi dell’URSS (il muro di Berlino cadde nel ’89); i più importanti motivi che causarono la fine del comunismo reale nella Unione Sovietica furono sicuramente la mancanza di positivi risultati economici. Per i Paesi in via di Sviluppo (eufemismo per dire Paesi Sottosviluppati) ciò fu e lo è tuttora una tragedia economica. Tali Paesi, nel settore privato, mancano di tutti i fattori necessari alla produzione di beni e servizi; non hanno personale specializzato, non posseggono strutture finanziarie né tecniche adeguate. Le attività economiche valide quindi stanno finendo dove era logico finissero, ossia in mano al grande capitale. Nella pratica la privatizzazione, nei Pesi sottosviluppati, si è limitata all’acquisizione, da parte di grandi gruppi Euro/Americani/Giapponesi, di attività della new economy, quali la telefonia fissa e mobile, l’elettricità, l’acqua, le attività marittime. Per motivi di lavoro sono uno specialista e profondo conoscitore delle attività marittime del West Africa. Sin dal 1971 opero in questa regione nel range Senegal / Angola. Ho diretto più società in vari Paesi africani ed ho rappresentato, ciò accade anche oggi in Italia, parecchi Conseils des Chargeurs Africani. Gli Stati Africani applicando le regole previste nel Codice UNCTAD, approvato dalle Nazioni Unite a Ginevra nel 1974, avevano sviluppato una buona flotta commerciale potendo gestire in diretta il 40% dei traffici marittimi da / per il loro Paese. Il Codice UNCTAD fu ratificato da moltissimi Paesi, Italia inclusa. L’Africa aveva quindi creato delle forti strutture para statali (Conseils des Chargeurs) alle quali venne Libro II – Parte II, pagina 11 demandato il controllo della corretta applicazione delle regole del Codice Marittimo che consistevano, come accennato, a ripartire il traffico in/out nel modo seguente: • 40% da imbarcare su navi/polizze di Armatori del Paese Importatore. • 40% a favore del Paese Esportatore. • 20% a favore di Paesi terzi, chiamati Outsiders: L’attività Amatoriale sviluppata dagli Africani, con dei limiti ben immaginabili di cui ogni attività economica soffre in Africa, come sopra già indicato, crearono un insieme di posti di lavoro e circa 250.000 lavoratori (marinai / agenti marittimi, ecc.) trovarono impiego nel settore marittimo in tutto il range compreso tra il Senegal e l’Angola. Negli anni ’80 poi le Istituzioni Internazionali hanno imposto la privatizzazione e liberalizzazione del settore marittimo e la debolezza politica dei Governi non lo ha potuto evitare. Chiaro che il lettore desideri sapere come oggi, nel 2005, stanno le faccende. Ebbene vi dico che hanno chiuso, per fallimento, tutti gli Armamenti Africani: Sitram/Sivomar (Costa d’Avorio), Black Star Line (Ghana), Comaf (Burkina Faso), Sonam (Mali), Angonavi (Angola), Sonatram (Gabon)… basta, mi occorrerebbe un’altra pagina per completare l’elenco. Dove sono finiti i 250.000 lavoratori del settore? Quasi tutti a spasso. Quale è oggi il livello del costo dei noli che grava sulle economie africane? Negli anni ’80 si asseriva che la libera concorrenza avrebbe portato alla riduzione dei costi con vantaggi per l’Africa. Balle!! Oggi possiamo osservare che il costo dei noli è imposto dalle poche grandi società multinazionali che operano in questa regione e vi posso assicurare che sono aumentati a dei livelli insostenibili. Credete voi che le grandi compagnie si facciano la concorrenza? Balle anche queste. Esse non fanno che proteggere i loro alti profitti con Cartelli vari, così vengono indicati in economia, ed azioni che tendono ad occupare tutti gli spazi vitali disponibili. Cosa abbiamo lasciato all’Africa con queste innovazioni (Globalizzazione / Liberalizzazione / Privatizzazione ecc., ma è elementare e lo avrete senz’altro capito, la FAME. Libro II – Parte II, pagina 12 Felix Huphuet Boigny: Fu il grande presidente della Costa d’Avorio dall’Indipendenza (1964) sino alla morte (anni ’90). Egli aveva intuito che il capitalismo egoista tendeva ad erodere la economia del suo Paese, impoverendolo. Egli diceva di applicare un socialismo liberale ed era vero. I risultati ottenuti confermarono le sue asserzioni. Un giorno, fine anni ’70) fece un memorabile discorso alla TV sulla <<Détérioration des taux d’échange >> La semplicità e chiarezza del suo dire, destinato ai suoi concittadini Ivoriani, mi colpì. Egli indicò semplicemente una grossa verità economica. La Costa d’Avorio, com’è noto, è un grosso Paese agricolo ed esportatore di prodotti della terra (caffècacao ecc). In dieci anni di Presidenza “Le Vieux” (così veniva chiamato), aveva notato un degrado, a danno dell’Africa, dei prezzi all’export dei loro prodotti agricoli. Portò l’esempio del cacao precisando che nel 1965 per una tonnellata di cacao esportato il suo Paese veniva remunerato: 100 unità. Se invece importava, sempre nel 1965, una vettura o altro bene industriale pagava: 100 unità. Dopo dieci anni, la stessa tonnellata del suo cacao veniva pagata: 110 mentre l’importazione dall’Europa della stessa unità industriale gli costava: 180; ciò si chiama trasferimento di ricchezza dai paesi poveri a quelli ricchi (i prezzi del caffè e cacao, come noto, sono trattati sul mercato finanziario di Londra). E’ vero che anche in Europa i prezzi dei prodotti agricoli non hanno mai seguito gli aumenti dei prodotti industriali, fatti salvi dei momenti specifici e brevi dovuti in genere a cattive condizioni climatiche, ma le nostre economie, che sono polivalenti, trovano compensazione ed un giusto equilibrio tra i prezzi dei prodotti agricoli e quelli industriali. Cosa può fare l’Africa per non morire di fame? L’Europa porta via i suoi prodotti agricoli a quattro soldi; i prodotti del sottosuolo poi quali manganese, rame, nichel per l’alluminio ecc sono pagati a prezzi irrisori. Ho già detto, parlando della Globalizzazione, che alcune attività economicamente valide sono state già rilevate dall’uomo bianco. Come risolviamo il problema? Io vedo due modi (sono limitato e non ho grandi intuizioni come i nostri politici): Libro II – Parte II, pagina 13 Primo Modo: Fare una vera politica sociale per l’Africa trasferendo vera ricchezza o meglio lasciando ad essi almeno parte della loro naturale ricchezza. Ci sono mille modi, ma non sta a me elencarli. Posso solo dire che le economie di questi Paesi debbo essere parzialmente protette. Quindi via la Globalizzazione, via la Liberalizzazione ed il capitalismo selvaggio in economia, lasciare soltanto una parziale Privatizzazione controllata poi, principalmente, pagare un prezzo adeguato per le loro produzioni. Non esportare in Africa soltanto beni, ma produrli in parte anche localmente. Capisco che ciò che dico tocca più il sociale che l’economico; ma alla base di una sana economia credo esista un sociale giusto. Solo creando reale potere di acquisto in Africa possiamo sperare nello sviluppo di questi popoli e, contestualmente, nel nostro. Chi è disposto a fare quanto sopra? Io ne conosco pochissimi che ci provano a proprie spese, non vi dico cosa hanno fatto, sarebbe inutile in quanto la nostra società, a parole, è prontissima ad aiutare l’Africa, nei fatti invece non muove un dito. Chiacchiere e stasi, sono queste le sole due parole che mi vengono in mente; la presunta SOLIDARIETA è solo una parola. Dicevo sopra di avere una seconda proposta per ovviare al problema, molto più provocatoria e certamente non augurabile. Desidero esporla dopo aver un po’ disquisito e riflettuto su un certo personaggio. Thomas Robert Malthus (1766-1834) Nell’anno 1960 frequentavo il primo anno a Fontanella Borghese in Roma ed assistei ad una lezione del mio professore di Economia Politica su un certo Malthus. Questo economista nato a Dorkink, un sobborgo a sud di Londra, ebbe per padre Daniel; questi era un vero giacobino e teneva una fitta corrispondenza con Voltaire e Rousseau. In seno alla sua famiglia Thomas crebbe con spirito illuminista e di conseguenza libero da remore morali o religiose. Contemporaneo di Adam Smith noto per il suo liberismo e Keynes pubblicò, nel 1803, la seconda edizione di un suo libro intitolato <An essay on the Principle of Population>. Si trattava in fondo di risposte che egli volle dare ad altri economisti contemporanei quali i due suddetti e Godwin i quali avevano scritto di nutrire fiducia nelle capacità del genere umano a risolvere i futuri problemi economici col liberismo. Thomas Malthus dettò invece una teoria terribile che per fortuna, sino ad oggi, si è rivelata errata. Libro II – Parte II, pagina 14 Egli fece alcune osservazione scrivendo che l’Uomo è mosso da due istinti naturali: quello sessuale e quello del mangiare. Osservò poi che mentre la popolazione nel mondo cresceva in proporzione geometrica, la produzione di generi alimentari cresceva solamente in proporzione aritmetica, quindi saremmo giunti ad una grave carenza di alimenti. Giustificò, di conseguenza, guerre e pestilenze, vaiolo incluso, quali unici valori positivi per riportare l’equilibrio su terra altrimenti il genere umano si sarebbe auto distrutto; indicò, allo stesso scopo, che i matrimoni dovevano essere riportati ad età matura, sempre per evitare sovra popolazione. Il povero Malthus non poteva certo immaginare, all’enunciazione della sua teoria che avvenne agli inizi del XIX secolo, che l’era industriale avrebbe messo a disposizione dell’Uomo dei mezzi tecnici così imponenti da permettere che la produzione di generi alimentari aumentasse a dismisura e comunque oltre la progressione matematica con cui egli misurava il prevedibile aumento della popolazione. Attenzione Malthus parlava solo di beni alimentari, non ha mai parlato di beni voluttuari e di consumo, ed indicava soltanto le zone di produzione del mais, del riso ed i pascoli. Egli non ha mai previsto date per il verificarsi delle condizioni che potranno rendere attuale la sua teoria. Dopo due secoli dalla enunciazione della teoria maltusiana io noto tre elementi che mi fanno rabbrividire, essi sono: 1) La popolazione su terra ha superato i sei miliardi d’individui. 2) Non si può oggi dire che il genere umano, almeno quello occidentale, ha bisogno soltanto di viveri. A questi occorre aggiungere una gran parte di altri beni di cui l’uomo moderno non può più fare a meno. 3) I matrimoni avvengono realmente in età matura. Le nascite sono anch’esse fortemente diminuite (in Cina addirittura controllate). 4) Malattie strane si presentano sull’orizzonte umano Ebola, AIDS, influenza Aviaria. Non ci stiamo forse avvicinando alla realizzazione della teoria maltusiana? Desertificazione in Africa, uragani in centro America, tsunami in Asia, scioglimento dei ghiacciai ai due poli, estremismo religioso (è anch’esso un importante elemento d’instabilità non solo politica, ma anche economica) non sono forse tutti eventi negativi che stanno incidendo sull’economia del globo terrestre . Sin quando potremo Libro II – Parte II, pagina 15 produrre il <necessario >, inclusi i beni voluttuari di cui non possiamo più fare a meno? Tra la posizione della Chiesa e la morale dei benpensanti, entrambi sostengono la procreazione senza controllo, mi sembra che Malthus sia vicino. Oppure: Secondo Modo: Alla pagina precedente stavo dicendo che la popolazione in Africa cresce a dismisura. I prodotti alimentari scarseggiano, inclusi quelli imposti dal consumismo che non possono più oggi essere considerati secondari, la desertificazione avanza nel Sahel in quanto l’allevamento di ovini, animali che strappano anche le radici quando brucano l’erba, ha raggiunto limiti intollerabili per i rari pascoli a disposizione. La morte di bimbi per sotto alimentazione è imponente. Non vedete anche voi che l’applicazione silenziosa della teoria maltusiana sia vicina? Oggi è necessaria una vera rivoluzione oppure occorre procedere come da me indicato nel suddetto Primo Modo; non mi sembra di vedere, nel mondo attuale, la possibilità di applicazione del Primo Modo ciò a causa dell’egoismo dell’Uomo. Non vogliamo, a parole, che Malthus trionfi? In tal caso: < sospendiamo l’invio di medicine e viveri alimentari gratuiti, onde riportare il giusto equilibrio tra le nascite e le morti > in tal modo si ristabilisce l’equilibrio nella popolazione. E’ evidente che il secondo modo di procedere è una provocazione (non tutti lo capiranno), è altresì chiaro che mi auguro ciò non si verifichi, tuttavia non vedo altre soluzioni. O si agisce oppure la natura fa il suo corso, anche contro la volontà dei benpensanti, le chiacchiere del socialismo mondiale e del capitalismo selvaggio. L’Uomo del XXI secolo è pronto a rinunciare a parte dei suoi privilegi e vantaggi, ossia diventare più povero e <usare meno per se stesso ed i propri figli>, per trasferirlo alle popolazioni povere dell’Africa? La risposta sta nei bilanci degli Stati ricchi che ove essi prevedono risorse minime (tutti) per alleviare le pene dei popoli poveri. I loro cittadini (ricchi) rifiutano di fare sacrifici. Ciò è umano, non giusto. Libro II – Parte II, pagina 16 Notare inoltre che ritengo inutile inviare viveri che servono soltanto ad alleviare la fame di oggi, non quella del domani. Nel Far West americano nel XIX ad un cavallo zoppicante si dava una fucilata in testa provocandone la morte per non farlo soffrire. Perché non facciamo la stessa cosa con l’uomo africano. Saremmo forse degli assassini, ma almeno mostreremmo dignità, non lasciandoli languire, sino alla morte, nella miseria e desolazione più assoluti. Visione Pessimista Se non vi siete ancora stancati di leggere le mie fantasticherie vorrei assicurarvi che la visione del futuro dell’Uomo, da me prospettata nelle pagine precedenti, che può apparire pessimista, non risponde affatto al mio carattere. Sono sempre stato un ottimista ed ho scavalcato i fossi che la vita mi ha messo davanti con grande slancio. E’ vero che sto forse invecchiando, oggi ho 65 anni, ed è anche vero che l’essere umano, con l’avanzare degli anni, tende a non più far progetti per il futuro. Non è il mio caso. Sono sempre spinto da una gran voglia di < andare avanti > e non mi sento minimamente toccato da un certo pessimismo di leopardiana memoria. Le mie esperienze di vita, le mie osservazioni in giro per il mondo, l’egoismo umano ( a proposito sapete tutti molto bene che l’Uomo è il più cattivo degli animali; tutti gli altri infatti uccidono solo per mangiare se hanno fame, l’Uomo invece uccide spessissimo per prevaricazione sull’altro senza motivo primario), il deterioramento palese delle riserve del globo terrestre e tutti gli altri elementi già descritti nelle pagine precedenti mi fanno tornare alla mente l’espressione dei miei avi etruschi, sortita dal latino < mala tempora currunt > La Caritas della Chiesa, la Solidarietà del Socialismo saranno essi capaci di convincere l’Uomo ad una vita e comportamento conseguente ed evitare che Malthus abbia, dopo due secoli, a gridare vittoria? Il Manzoni, scrivendo la bella poesia il V Maggio su Napoleone, disse < ai posteri l’ardua sentenza > Libro II – Parte II, pagina 17 Solidarietà: parole ……. Sviluppare: a) il carattere degli italiani b) Carlo UK c) Tutto il resto Africa