Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e

Transcript

Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e
INTRODUZIONE AL REGISTRO XVI
Come è ovvio, anche in questo registro vari sono gli argomenti trattati, come
varie e difformi sono le situazioni prospettate al duca. È la naturale e intuitiva
caratteristica delle missive che dà loro il pregio di un aggiornamento sulle
vicende del tempo cui si riferiscono, pur nel non sempre ordinato susseguirsi dei
documenti.
Pur dando in altra parte di questa introduzione una fugacissima elencazione dei
soggetti menzionati nel presente registro, si fa un solo richiamo a un problema
che per il duca ha un non indifferente interesse: quello del carreggio, riguardi
esso il suo uso per il castello di porta Giovia di Milano o per il campo di
battaglia.
Si tratta di un richiamo fatto al referendario e ai presidenti agli affari della
comunità di Pavia. “Havemo aspectato fin ad questo dì”, dice lo Sforza (16.
2.1453) “che vuy havesti facto qualche provisione al facto delli denari del
caregio per questi sey mesi, et per fin a qui...non s’é facto niente”. A questa sua
desolante costatazione il duca fa seguire il conseguente comandamento “che
questi dinari se possono havere de presenti”. Vi fossero dei renitenti, il
referendario, Bartolomeo, provvederà che quattro dei principali presidenti
“vegnino qua da nuy perché se deliberamo che non si partino finché non
habiano misso modo ad questa cosa”. Collegato al soggetto del “cariagio” sta il
comportamento dei bifolchi, che, a caso (ma é speculare per tutti i bifolchi che
così agiscono), sono quelli piacentini che, inviati in campo per la conduzione dei
carri, se ne fuggono. Il duca fa sapere (4. 11.1453) al capitano della cittadella di
Piacenza di volere “per ogniuno che fugi et parte senza licentia et lo boletino de
Bartholomeo da Cremona che in scambio de quelli ne siano mandati duy pagati
per duy mesi”.
Il tema dei bifolchi, di uomini, cioè, con consuetudine a passare la giornata con i
buoi, offre il pretesto per un richiamo dello spaccato dell’immagine dello Sforza
quando, dismessi gli affanni e gli indumenti guerreschi si abbandona a pensieri,
si oserebbe dire, bucolici e si rifugia in preoccupazioni più umane e più simili a
quelle che angustiano i comuni mortali quando si crucciano per le bestie della
loro stalla.
Scrive dapprima (15.12.1453) al referendario di Piacenza di aver mandato 100
suoi buoi da carreggio a Lodi “per refarsi”, per cui vuole che si mandino “pesi
xxiv del nostro sale di Salso” da consegnare al famiglio ducale Fiorentino. A
questi scriverà egli lo stesso giorno per dirgli che gli manda detti buoi perché
”sonno desfacti”. Gli raccomanda di metterli “nella stalla nostra grande et gli fati
dare de quello nostro feno habiamo là del migliore”. Siccome il Testa,
accompagnatore dei buoi a Lodi, deve far ritorno a Cremona, il duca non ristà
da replicargli di osservare i modi e gli ordini che gli ha dato il Testa “li quali”,
aggiunge affannoso, “exequiray con ogni diligentia et advertentia...perché dicti
bovi meglio habino restarse”.Gli farà avere 1000 staia di remola, che riporrà in
qualche “loco secho, che non se possi guastare”. Dal referendario di Piacenza
otterrà 24 pesi di sale, “li quali, per duy pesi per septimana, bastaranno per duy
mesi”. Vuole che abbia cura del sale in modo che “non ne sia venduto nè
trabalzata unza”.
Ripresi i consueti abiti mentali di supremo condottiero, dice, lo stesso giorno, ad
Angelo Simonetta di essere disposto ad assecondare il marchese di Mantova ad
accingersi all’impresa della conquista di Asola, “la quale porterà ogni buon
fructo”.
La sua realizzazione richiederà 11000 ducati e, perciò, invia dal Simonetta il suo
cancelliere Giacomo Filippo Malombra per tentare “con ogni modo et via ... de
recatare, computati li 5000 ducati del zudei e li 2700 de Mathio da Pesaro”, gli
11000 ducati che il duca vuole avere “subito de presenti ” come indispensabili
per aggredire gli Asolani, che Simonetta, nella Storia di Francesco Sforza
(xxiv,664) 1 definirà “homines infidi et protervi.”
Sarà, però, una impresa nata “a negligentia et imprudentia”, ma che verrà,
scriverà ancora il Simonetta, presto abbandonata anche “quod dies hiberni sic
ferebant”.
Questa missiva, che si apre con la prospettiva di un attacco bellico di conquista
di una terra mantovana, si conclude con un dono – omaggio di addio a un re, re
Renato, calato con la fallace prospettiva angioina di rinnovare l’impresa di
riconquista di Napoli, cancellando gli insuccessi che costrinsero quel medesimo
sovrano a far ritorno in Provenza nel giugno 1442. Arrivato in Italia dopo una
travagliata spedizione fu festosamente accolto a Firenze e a Milano, fiduciose
entrambe nell’apporto del suo esercito.
L’una per sconfiggere l’Aragonese che con il figlio Ferdinando si era
tenacemente fissato sul suolo toscano; l’altra fidente in un valido apporto per
sconfiggere i nemici che su vari fronti la insidiavano. Per Francesco Sforza
l’arrivo di re Renato non fu del tutto vano: gli propiziò un compromesso con il
marchese Giovanni IV del Monferrato e con il fratello Guglielmo. Non immemore
del vantaggio acquisito su un fronte occidentale, a re Renato, “cum repetere
Galliam subito quodam motu statuisset” (xxiv,662) 2 gli fa dono, come viatico per
il trasferimento di ritorno in patria del suo esercito, di 30 carri di fieno, di 10 carri
di vino e di 40 some di biada per cavalli.
Ovviamente la partenza di re Renato non era nelle aspettative sforzesche.
Infatti, rileggendo le missive sforzesche del registro si apprende che il 20
settembre 1453 il duca scriveva al luogotenente di Lodi:”siando seguito lo
accordio del marchese di Monferrato e signore Guilielmo e nuy, la maestà del re
Renato, el magnifico Colione con tute le gente che erano a quella impresa de
presente vengono in qua per unirse con nuy et haverano far transito per
Lodesana”. Ben sapendo quale gente di razziatori sia la soldataglia in
(supposta) marcia verso il fronte veneziano, il duca mette in sull’avviso il
luogotenente perchè si salvino la vendemmia e il bestiame.
Lo stesso giorno, dopo aver ricordato al fratellastro Corrado da Fogliano
l’accordo con i signori di Monferrato “per mezanitate dela mayestà del re
Renato”, gli raccomanda che tutti i suoi uomini siano “in puncto” e lui sia
“apparechiato con li cariagy et ogni cosa” perchè il re si porterà “ad Pizghitone”.
Pochi giorni dopo (26.9.1453) lo Sforza avvertirà Giovanni de Christianis,
castellano di Melegnano, che, in occasione della venuta di re Renato, “per
acquistare reputatione”, i nemici hanno intenzione di “venire a fate una ponta lì”.
1
2
L.A.MURATORI, Rerum Italicarum scriptores, vol. II, Rist. anast. Bologna 1976.
L.A.MURATORI, Rerum….
E, abbandonandosi a uno di quei sogni, con cui tenta di illudere i suoi
corrispondenti, chiude lo scritto certificandogli che, “giuncto che sarano esse
gente qua in campo con la...mayestà del re, faremo tali progressi che esse
inimici se smenticarano le cose de là.”
Re Renato, però, tentenna, per cui lo Sforza non può trattenersi dallo sfogarsi
(1.10.1453) con l’oratore fiorentino Angelo Acciaioli. Lo sollecita ad andare dal
re “et li dicati che parendoli anchora de tardare uno, duy o tri dì el suo passare
de qua tuti li suoy ... pò fare como li pare e piace, nonobstante che ale cose
s‘ànno da fare de qua et ali subditi nostri de Lodesana daghi, dicto tardare,
desconzo grandissimo”. Lo invogli “ad expedirse presto, perchè, venendo
presto, la victoria de qua é apparechiata et l’honore serà suo.”
Quando pare che re Renato intenda (4.10.1453) muoversi, gli viene un intoppo
dal cielo: “per la combustione dela luna” ritarda d’un giorno il suo cavalcare.
Il suo lento andare si tramuterà poi in un inaspettato muoversi a ritroso dal
fronte, consentendo ad Angelo Simonetta le amare riflessioni: “sunt faciles ad
suscipienda bella Gallorum mentes, et parum ad incommoda, laboresque
perferendos resistentes, satiati trimestri Italica militia, quae eis durissima visa
est, excedere Italia maximopere cupiebant.” (xxiv,662) 3
Un’altra figura contende, in queste pagine, il primo piano a re Renato:
Bartolomeo Colleoni.
Una lettera ducale (7.8.1453) a Pietro da Lonate palesa quanta remissività vi sia
nei rapporti dello Sforza con il Colleoni al punto di sottoporre ad atteggiamenti di
famulato un suo ufficiale intaccando quella stessa dignità che il duca vuole sia
riservata a chi lo rappresenta. Il povero Pietro viene catechizzato: “verso el
magnifico Bartholomeo et tuti li suoi te debbi portare in ogni caso humanamente
et domesticamente, et quando scandalo o errore o damni segueno per casone
deli soi, non volere fare contra loro da per ti, ma haverà recorso dala soa”
(magnificentia). Non ha poi mai da scordare di averlo “in reverentia et honore,
facendoli tuti quelli aconzi et cortesie te siano possibili”. Non sazio di umiliare un
suo ufficiale, gli dà un impensabile suggerimento che sfigura la stessa dignità
dell’ispiratore. Pietro deve pellegrinare a cavallo per placare il grande
condottiero, cui deve attestare che fa tutto questo perchè così ha “in
comissione” dal duca.
Avviene poi che tre gioni dopo lo sventurato Pietro incappi in una ulteriore
disavventura con il condottiero bergamasco. Lo Sforza ha ricevuto la lettera di
Pietro con le “cride ... per li soldati se sonno trovati guastare li zardini,ecc.
dando arbitrio ali homini che li destengano,ecc.” Il proclama petrino non garba
affatto allo Sforza, anzi ha fatto a lui “cosa molto molesta e che ne dispiace
molto perché ... sarà uno far credere il magnifico Bartholomeo che questo habii
facto con nostra voluntà ... el che poderia generare qualche sdegno ... cosa che
ne despiace grandamente”. Per togliere al duca tanto affanno e rasserenare il
grande Bergamasco deve protestargli che tutto é successo senza il
“consentimento” sforzesco e gli rinnova l’ordine di portarsi dal Colleoni cercando
di “mollificarlo” e fargli capire che la cosa era apparsa anche al duca “molesta,
revocando dappoi sopra ciò hay facto.”
Pietro, dando a divedere di essere un po’ tonto e di non aver compreso quale
intima soggezione di spirito animava lo Sforza nei riguardi del Colleoni, ha la
dabbenaggine di far presente, lo stesso giorno, al duca di aver ricevuto delle
lamentele dal Colleone.
3
L.A.MURATORI, Rerum….
Si propizia, così, un altro rabbuffo ducale: “luy ha una grande rasone contra de
ti, como per un’ altra nostra più largamente intenderay”.
Ovviamente i rapporti Sforza – Colleoni non si concretizzano unicamente in
simili atteggiamenti. Il 21.12.1453 il duca loda la decisione del Colleoni di
portarsi nella Valle di San Martino per por fine ai contrasti che vi sono fra gli
uomini di là. Approva la sua cavalcata a Brivio, verso la bastia e la rocca di
Vercurago e la rocca di Baido. Si dice certo del suo ricupero di Brivio e della sua
rocca oltre che delle “parte dellà”. Gli dà atto di avere efficacemente agito “ad
restringere che non vadano biade ad Bergamo”. Per contro lo Sforza assicura il
Colleoni di aver provveduto alle “tracte de biade” per sostentare gli uomini del
paese segnalatogli dal condottiero tramite i membri del Consiglio segreto, ai
quali il Colleoni potrà rivolgersi perchè, lo accerta, “exequirano tuto quello
rechiederiti”.
Il Colleoni sarà informato dallo Sforza (12.1.1454) che degli uomini di Lovere gli
hanno manifestato il senso di insicurezza di cui soffrono e dubitano di essere
abbandonati dal Colleoni.
Sebbene con altre lettere gli abbia richiesto di mandare dei suoi soldati “al
obsidio della rocha de Bre”, vuole che provveda “ala dicta terra de Luere”
lasciandogliene degli altri “ala difexa loro, siché non possano recevere
mancamento e damno alcuno”. Gli comunica di aver scritto al Consiglio segreto
di designare il castellano della rocca di Vercurago conquistata da lui, Colleoni.
Nello stesso girno il di duca risponde ad Antonello de Campania, podestà di
Lovere, per tranquillizzare sia lui che Gentile della Molara circa la permanenza lì
di cavalli e di fanti e ha ricordato loro che il Colleoni, cui aveva dato “el caricho
et governo de quelle ... cose del canto dellà, … circha la deffensione e guardia
de dicta valle gli doveva fare la debita provisione gli parerà necessaria”.
Agli uomini di Lovere faranno seguito, il giorno dopo, quelli della valle Camonica
che si lagneranno dei danni patiti dai nemici, ma pure dalle genti “ che sonno
state là ala defexa loro”.Non resta che far ritornare quella soldataglia in hiberna.
E’ cio che lo Sforza farà e al Colleoni ordinerà premettendo circuenti parole:
“considerato che a questi tempi se conviene acarezare dicti homini et non
exasperarli”.
Proseguendo la scorsa di documenti riguardanti il Colleoni si ha notizia (il
23.2.1454) che il provisionato ducale Zuca aveva derubato Manfredo, uomo
della Val Brembana, cui il Colleone aveva concesso licenza e salvacondotto per
portar fuori della merce dalla Val Trombia. Questo fatto dà motivo al duca di
attestare che le lettere e i salvocondotti dati dal Colleoni “siano observati non
altramente che le nostre proprie”.
Ulteriore affermazione dei poteri concessi al Colleoni viene rilasciata (27.3.1454)
dallo Sforza quando avverte il capitano della cittadella di Piacenza che il
condottiero “pò commandare ali nostri como nuy stessi”.
Non passerà una quindicina di giorni e, allusivamente, farà sapere a Giuliano
Calvisano, vicario di Caleppio, di avere bene inteso quanto gli ha scritto del
“facto” del Colleoni: restiamo “ad compimento advisati” e, come al solito
rassicurante aggiunge “nuy acconzaremo et adaptaremo il facto nostro per uno
modo o per un altro che starà bene”.
A queste parole di colore oscuro, altre più esplicite esprimerà lo stesso giorno
(8.4.1454) al podestà castellano, al comune e uomini di Castell’Arquato. Inizierà
con il dire di aver “concesso ad Bartolomeo Coglione” (va notato che al nome
non viene premesso l’appellativo di distinzione “magnifico” e il nome non è più
“Colione”, ma storpiato offensivamente) “el dominio di quella terra di
Castellarquata perchè lui perseverasse fidelmente in li servicii nostri et fare
verso nuy et lo stato nostro quello che degno fare li valenthomini. Adeso
havendo luy preso altra via, como ingrato d’ogni beneficio et alienatose da nuy
non senza grande desfavore et manchamento dele cose nostre, maxime non
haveno alcuna casone né rasone de così fare” lui, duca, gli toglie quel territorio
e manda a riprendere, in nome suo, quella terra e fortezza il consigliere ducale
Sceva de Curte, cui tutti gli abitanti presteranno “el debito iuramento de fidelità
et obedientia”.
Angelo Simonetta, consigliere dello stesso Sforza, informa che l’infedeltà
colleonesca era stata preannunciata tempo addietro allo Sforza. L’aveva messo
sull’avviso (“Collionem cum Venetis conspirantem retineret”) il marchese di
Mantova, Luigi (Ludovico) III Gonzaga.
La stessa cosa gli aveva insinuato “priusquam in hiberna mitteretur, in eum
animadvertendum suadens” il conte e condottiero Gaspare da Vimercate.
Nonostante tanti validi e autorevoli, oltre che amichevoli avvertimenti, “his
conflictatus Franciscus...nihil statuendum fore putavit quod hominem multis sibi
devictum beneficiis et qui praeterea a Venetis multis magnis pollicitationibus
sollicitaturus in officio mansisset” (xxiv,662) 4. E neppure l’aveva scosso nella
fiducia nel Colleone l’insolito suo dilazionare nella richiesta del rinnovo
dell’ingaggio, il cui tempo scadeva alle calende di aprile. Mentre nei precedenti
anni vi si affrettava affermando “Mediolanensium ducem nequaquam dum
vixisse deferturum”, quest’anno proclamava (quantunque si fosse già vincolato
con Venezia) “se liberum esse et decrevisse nemini obstringi” (xxiv, 667) 5.
Tutto questo avveniva, si potrebbe dire, alla vigilia della pace di Lodi (9.4.1454)
e di quell’evento, che dava un periodo di relativa quiete bellica all’Italia fino alla
calata nella Penisola di Carlo VIII (1494-95).
Nelle pagine delle missive si fa una accidentale menzione di colui che fu il
tessitore degli accordi fra i contendenti, l’agostiniano Simone da Camerino.
Fa di lui fuggevolmente parola lo Sforza scrivendo a Luchina dal Verme per
perorare (6.6.1454) il rilascio di Antonio da Varese. “El venerabile frate Simone
da Camerino, qual molto fo operato per la conclusione della presente pace, ne
ha pregato et facto grandissima instantia che vogliamo operare con vuy la
liberatione de Antonio da Varese”.
Neppure viene dato risalto nel testo a chi tanto prestò fatica e intelligenza per
una conclusione a un conflitto che di sua natura si portava a esaurimento. Il
personaggio è Paolo Barbo, oratore di Venezia. Angelo Simonetta nella citata
sua Storia lo ritrae “patricium, iureconsultum et magnae auctoritatis virum,
legatum primum Cremam deinde ad Franciscum”. Ed é proprio lo Sforza che a
lui si rivolge (19.4.1454) per sapere se le terre che il Colleoni teneva sia
obbligato, per i capitoli di pace, restituirle a Venezia. Infatti, nella lettera che lo
Sforza ha inviato il 16 aprile 1454 al suo cancelliere Giovanni da Milano aveva
confermato di essere stato da lui informato di quello che il giorno precedente
aveva “exequito in consignare ali magnifici Rectori da Bergamo quelle terre,
vallate e forteze”. Gli aveva scritto, invece, “vogli retornare da nuy senza stare
ad aspectare la resposta de Venetia delle terre che tene Bartholomeo Colione,
perché ad quelle se gli provederà opportunamente, como se intenderà la
voluntà d’essa illustrissima signoria de Venetia”. Nella missiva del 19.4.1454
lo Sorza comunicava al Barbo che il Colleoni, con poco garbo e in arretrato sul
saputo, gli aveva mandato a dire, tramite il suo famiglio Ferazino, di essere
passato ai servizi di Venezia. La notizia non presenta grande interesse se non
per il bizzarro corollario che vi appone lo Sforza. “la qual cosa ad nuy piace
quando sia in benefitio d’essa illustre signoria”. L’ulteriore aggiunta: ”ne manda
4
5
L.A.MURATORI, Rerum….
L.A.MURATORI, Rerum….
(il Colleoni) ancora a dire ... come la prefata signoria (de Venetia) se tene per
ricevute le terre quale luy (Colleoni) tene” è quella che giustifica la richiesta di
delucidazione fatta al Barbo, volendo, come egli afferma “provedere ad quanto
siamo obligati”.
Pare aberrante che lo Sforza, dopo aver premessa una spudorata menzogna,
solo politicamente corretta: “nuy havemo bona sincera et intrinseca benivolentia
et amicitia con la...signoria” (de Venetia)”, si azzardi ad affermare (1.7.1454):
“siamo certi che non solamente non richiederà una minima terra delle nostre,
ma più tosto ne daria delle sue”.
Ben sa che Venezia ristabilirà ad oriente pressochè i confini che lo stato
milanese aveva ai tempi di Filippo Maria Visconti. A Francesco Sforza era ben
chiaro che “quicquid bello in Bergomensium, Brixiensium finibus cepisse,
Venetis restitueret”.(xxiv, 669) 6
Si omette, a questo punto, quanto nel registro si ripete, mutatis mutandis, sulle
tasse dei cavalli (riportando d’aver qui appreso che la tassa del singolo cavallo é
di lire quattro mensili); le competenze del podestà; l’accennato tumulto degli
scolari citramontani per l’elezione del rettore degli ultramontani, menzionato per
riprendere l’inerzia dell’intervento del podestà di Pavia; la menzione degli Ebrei
che Francesco richiama sempre con dovuto rispetto; la deplorazione dei furti e
degli assassini, che in queste pagine assegna un primato a Pavia, ove non si
ardisce uscire alla sera dopo l’Ave Maria; l’immancabile richiamo di donna
Luchina dal Verme del cui staterello si stigmatizza il dispotico governo; i
consueti ritardi nei pagamenti delle tasse dei cavalli, del sale e delle altre
gravezze di cui il governo sforzesco mostra di avvedersene senza avere
intenzione di mutare alcunchè bello saeviente et favente,ecc.
A sollevare lo spirito dall’inseguire il consueto, lo scriba annota l’avventura del
furto di una “cagnola” delle grazie alunna di una gentildonna inglese arrivata a
Pavia.
La notizia perviene (4.7.1454) al duca, che ne ha preso “summo despiacere” e
del “apto molto deshonesto et alieno da ogni humanità” avvisa il conte
Bolognino de Attendolis e Gracino da Pescarolo e vuole ”sì per il debito, si per
honore (ducale) che se debia usare ogni industria et rigore” per il ritrovamento
della bestiola. Si allarmi del fattaccio tutta la comunità cittadina facendo dei
pubblici bandi nei quali si ordina di denunciare chi ha preso la bestiolina, pena,
in caso di connivente silenzio, della multa di 100 ducati da versarsi alla Camera
ducale o di “dece strepate de corda” se si fosse inabili a pagare.
Se la gentildonna inglese intendesse vedere i duchi a Milano, lo Sforza ordina a
Gracino di fornire i cavalli per lei e il suo seguito.
Non è la prima volta che i registri in questione accennano allo Sforza pronubo,
ma, in questo suo intervento a favore dei nubendi assume una nota
rimarchevole,per cui pare doveroso brevemente soffermarvisi
Oltre che dominus soli, egli si ritiene un paterfamilias i cui sudditi sono in suo
mancipio.
Quando propone (14.4.1454) a Orio de Ricardis di maritare una sua figliuola al
suo famiglio Niccolò da Fabriano rimane sorpreso delle titubanze della giovane
e proclama:”nuy non siamo tanto appetitosi de dare mogliere ad uno nostro
famiglio”. E, perchè si sappia di quale levatura egli è in materia matrimoniale,
aggiunge: “nuy non intendemo nè volimo sforzare alcuno in questo né in altro” e,
a preteso supporto di tanta sua liberalità precisa di avere” per divina gratia el
dominio di questo paese, possiamo usare della autorità del comandare ali nostri
citadini e subditi” e, da questa premessa di investitura divina, mentre i re
francesi traevano il potere di guarire gli scrofolosi, egli, meno taumaturgico, trae
6
L.A.MURATORI, Rerum….
la semplice illazione che Orio “non debia maritare la figliola soa quoquomodo
senza nostra licentia, etiam se nuy stessemo cinquanta anni a darglila”.
In un altro caso si rivolge (30.4.1454) direttamente alla supposta nubenda,
Giovanna de Capellis, non nuova alle vicende matrimoniali “relicta”, o vedova di
Alessandro da Sannazzaro. Per smuoverla dai suoi rifiuti di sposare il
conestabile Achille Corso si avvale in questo caso (8.5.1454) del soccorso
divino rappresentato da un religioso, fra’ Pedro da Piasenza che le “chiarirà
l’animo nostro”. Giovannina (il diminutivo è sforzesco) é tetragona, non saepe,
sed semel tantum. Le parole del religioso non l’hanno convinta?
Il duca passerà allora (5.7.1454) alle parole forti. “Ve dicemo et commandiamo
che, se extimati la gratia nostra non presumati maritarve in secreto nè in paleso
ad persona del mondo, sia che se voglia,, senza nostra speciale licentia in
scripto, certificandove che quando intendessemo facesti contra questa nostra
voluntà, ve mostraremo non facisti may pezore consigliata, perchè deliberamo a
casa nostra essere obediti”.
Così parlava di accordi matrimoniali chi diquelli legittimi e non aveva avuto una
prosperosa consuetudine che gli aveva consentito d’avere una discreta
figliolanza, ben 35 di cui 11 legittimi e 24 no. 7
Alessandro Visconti nella sua Storia di Milano 8 non si avventura a precisare
numeri, ma si azzarda a dire che i suoi figli illegittimi sono “sterminati” e che i
genealogisti ne trovano sempre qualcuno di nuovo. Delle frequentazioni extra
matrimoniali del marito se ne stufò, un giorno, la consorte Bianca Maria, al punto
da ricorrere a papa Barbo, Paolo II perchè mandasse al duca un commissario
apostolico. Non è detto quando questi venne a Milano, ma dalla elezione a papa
di Pietro Barbo (30, 8. 1464) alla sua fine (8,3.1466) allo Sforza rimanevano
meno di due anni di vita. Con il commissario romano lo Sforza fu sincero, non
negò i suoi traffici amorosi e candidamente confessò pure di avere in corso una
tresca con una donna Isabeta, ma precisò: “non tenemo publicamente ... sta in
casa sua ... con oto o dece boche et lo marito, che va in qua e in là per li offici
suoy et sue facende; quando torna in Milano va a casa de ley...et noy non
facemo cosa con ley se non com bona volontà di luy et di ley”. Per essere
onesto e chiaro spiattella che donna Bianca Maria “ha sentuto della sua venuta
ley ancora et za ce ne ha parlato et dicto, cume sapeti, che dicono le done a li
mariti. “
Carlo Paganini.
7
8
C. SANTORO, Gli Sforza, Varese 1968, p. 101.
A. VISCONTI, Storia di Milano, Milano 1952, p.378.
NOTE AL XVI REGISTRO DELLE MISSIVE SFORZESCHE
Si tratta di un registro cartaceo di cc. 1 - 491 formato da 30 fascicoli di cc. 8 per
2, numerate sul recto secondo l’antico sistema di cartolazione.
Il volume reca due numerazioni: la prima, coeva, è posta in alto a destra; la
seconda, successiva, è stampata e posta a centro pagina in basso.
Le due numerazioni non corrispondono, in quanto la seconda, numerata fino a
930, non tiene conto delle carte mancanti.
All’inizio registro sulla c.2 in alto accanto alla numerazione, di mano coeva si
legge: “Francisco Sacho”; a centro pagina, a firma Osio, si legge “N.B. Questo
registro tratta quasi esclusivamente di affari politici.”
In fondo al registro, alla c. 490r in matita rossa compare la sigla di Osio.
Alla carta 390r si trova un allegato segnato: “all.1 a pag.739” (il numero di
pagina indicato corrisponde a quello della numerazione moderna a stampa,
come pure le pagine indicate di seguito).
In fondo al volume ci sono due documenti allegati;
il primo riporta la seguente dicitura “trovato tra pagg. 36 - 37”.
Il secondo “trovato tra pagg. 832 – 833”
La numerazione, coeva in alto a destra, inizia da carta 3 e prosegue fino a carta
491 con un salto nella numerazione da c. 89 a c 100; e da c. 476 a c. 478.
Si segnalano:
-
carte bianche 117v – 121r; 326r, 490v - 491r.
carte mancanti 44, 73, 146, 179, 189, 214, 246, 272, 329, 337, 463, 465,
475, 484, 489.
Sulla costa: A.S.M. – Archivio Ducale Sforzesco – Reg. Missivarum 1453-1454.
Alba Osimo
1
Francesco Sforza ordina a Corrado di far cessare qualsiasi furto in terra bergamasca, di
restituire, senza spese, il maltolto e di liberare i prigionieri. Non tollera che altri ambasciatori
abbiano motivo di ricorrere a lui per simili angherie.
1453 agosto 1, ”ex nostris felicibus castris apud Gaydum”.
3r MCCCCLIII die primo augusti.
Magnifico Conrado, tu sai quanto nuy havemo havuto ad grandissimo despiacere la
robbaria et mancamento facto in Pergamascha, et quante volte te havemo scripto et
mandato a dire che provedesti ala relaxatione de quelli che sonno prexoni et ala
restitutione dele robbe tolte, et non lo fay; del che asai ne maravigliamo, et perhò te
avisamo che le cose non passano così de qua como tu credi, perché ogni dì ne
vengano qua da nuy ambassiatori da Bergamo et più messi et più lettere dal campo
inimico, la qual cosa non passa se non con grande nostro mancamento et vergogna. Et
perché nuy deliberamo de non substenere simile mancamento ad posta de qualunque
homo d’arme se voglia, te replicamo et dicemo, como per l’altre nostre te havemo
scripto, che debii subito far relaxare quelli che sonno prexoni et fargli restituire ogni
robba et cose a loro tolte, et non pensare de farli pagare spese né altra cosa, perché
non te lo comportarimo, perché non è puncto honesto che siano stati presi et robbati
indebitamente, et puoi gli sia facto pagare l’expese. Et se alcuni havessero dato
securtate, como havemo inteso, volemo che le faci cancellare et annullare et liberare
caduno che havesse promesso, facendo questo con tale diligentia, cura et sollicitudine
che nuy più non ne habiamo ad sentire lamente; et che non habiano ad retornare qua
da nuy più ambassatori né messi per dicta casone. Et circha ciò ne venirà là da ti el tuo
cancellero pienamente informato del tuto, al qual crederay como a nuy medesmi. Ex
nostris felicibus castris apud Gaydum, die suprascripto.
Bonifacius.
Cichus.
2
Francesco Sforza ordina nuovamente al podestà di Pavia di procedere contro coloro che
trescavano per dar via Gerola e, in particolare contro Giacomino Garzo, detenuto nel castello.
Ha ordinato a Bolognino di dare libero accesso nel castello al podestà o a un suo vicario per
esaminare i prigionieri e ha pure scritto al referendario che
“dovesse consignare el processo” al podestà.
1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Spectabili dilecto potestati nostro Papie.
Como per altre nostre Iittere date xxviiii del passato te havemo scripto, 3v volimo che tu
procedi a far ragione contra quelIi menavano eI tractato de dare via Ia Girola, et
maxime contra lacomino Garzo sustenuto lì in lo nostro castello. Et proinde scripsemo
aI referendario lì che te dovesse consignare el processo, et similiter scripsemo al
Bolognino che facesse comodità a te o altro vicario de intrare in castello per fare ogni
debito examine. Et quamvisdio crediamo che ala receputa de questa haverai facto
ragione et anche iustitia secundo che rechiede el debito, pur te l’havemo voluto
recordare, acioché non l'havendo facta, tu la facii subito senza dimora alcuna perché
simili homini non sonno da lassare fra Ii viventi. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
3
Francesco Sforza dice a ser Andrea de Fulgineo d’essere stupito per la mancata sua andata da
lui e, ripetendogliene l’ordine, gli comanda di passare da Pavia per incontrarsi con Bianca Maria
in modo d’arrivare da lui “de tuto informatissimo”
1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Ser Andree de Fulgineo.
Per un'altra te habiamo scripto che dovessi vignire da nuy; maravigliamone che non si
venuto né habbi may da poi rescripto cosa alcuna. De che de novo per questa te
replicamo che, siando stato proceduto in quello te comettessemo con pocha
advertencia et sollicitudine et sagacità, voIimo che retorni, recevuta questa, informato
de quanto haverai seguito per fino in quest’hora. Et vogli far la via de Pavia, dove vogli
essere con la illustre magnifica Biancha, advisandola del tuo ritornare, ad ciò che,
volendo dirte cosa alcuna venghi de tuto informatissimo. Data in castris nostris felicibus
apud Gaydum, die primo agusti 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
4
Francesco Sforza scrive a Gracino da Pescarolo e al cancelliere ducale Zanino di meravigliarsi
che si lascino abbindolare dalle parole. Egli credeva che Zanino, considerata “la importantia dela
cosa” fosse “in camino con la expeditione”. Vuole sapere il perchè di tanto ritardo.
(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
4r Gracino de Piscarolo et Zanino, cancellario nostro, dilectis.
Maravigliamone grandemente che ve lassiati menare per parole et tignire in tempo, et
che non dati expeditione ad quanto haviti a fare, attenta la importantia dela cosa; nuy
credevamo, secundo el scrivere vostro, che tu Zanino fosse mò in camino con la
expeditione et parne che siati adesso ad quello eravati el primo dì, et parne siate
menati con parole como se menano Ii buffali per el naso. Pertanto dicemo che ti,
Zanino, overo te ne retorna con la expeditione, recevuta questa, overo ne advisati della
cosa chiaro in che termini se trova, et perché mancha et da che viene, adciò
intendiamo el facto nostro chiaramente et che Ii possiamo provedere. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
5
Francesco Sforza comanda al capitano di Casteggio di consentire che il suocero del familiare
ducale Becalino possa condurre le biade e i suoi frutti da Campospinoso a Broni, ov’egli abita, e
che sia pure consentito al massaro di portare la sua parte da Campospinoso a Stradella.
(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Capitaneo Clastigii.
Ne ha rechiesto el strenuo Bechalino, nostro famiglio, vogliamo concedere Iicentia al
Baylo suo socero, habitatore nel loco de Brone, che’l possa far condure le biade et
fructi suoi dal luoco di Campospinoso al dicto loco de Brone; et così che’l massaro
anchora possa condure la sua parte dal dicto loco de Campospinoso ala Stradella. Per
la qual cosa, volendo compiacere ad esso Bechalino, siamo contenti et volimo che al
dicto Baylo lassi liberamente condure dicti suoi fructi et biade dal dicto luoco de
Campospinoso al dicto loco de Brone, et similiter quelIi del massaro ala Stradella,
aIiquibus ordinibus in contrarium disponendo nequaquam attentis. Et in signo de ciò
havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Data ut supra.
Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
6
Francesco Sforza fa sapere alla moglie di non potere assecondare l’ordine da lei dato al priore
e al collegio dei medici di Pavia di accettare maestro Antonio da Bernareggio come numerario,
come già era al tempo di Filippo Maria Visconti. Ciò glielo impediscono i capitoli che lui, duca, ha
con detta città, nonostante che, per i suoi meriti, ben altro e di più spetti a maestro Antonio che
ha anche in cura l’infermità dell figlio Galeazzo.
1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Illustrissime domine ducisse.
Inteso quanto la signoria vostra ne scrive per soe lettere de dì xxiiii del mese proximo
passato del comandamento facto per essa al priore et collegio 4v deli medici de quella
nostra cità che debiano acceptare et reponere maestro Antonio de Bernaregio per
numerario, como era al tempo del’illustrissimo quondam signore passato nostro socero,
et della rechiesta ne fati che vogliamo scrivere lì, et cetera, dicimo che voriamo fare
maiore cosa de questa per maestro Antonio per Ii meriti et virtute soe verso nuy et li
nostri, et maxime in questa infirmitate de Galeazo, nostro figliolo, et anche sapiamo
quanto l’è affectionato a nuy et al stato nostro, ma perché dubitamo che de ciò
haveriamo querella, considerato Ii capitoli havemo con quella nostra comunità de
Pavia, non ne pare de potere satisfare con honestà ala rechiesta dela signoria vostra,
anci più tosto ne pare debia remettere el dicto comandamento, perché in altre cose del
nostro poterimo molto bene remeritare dicto maestro Antonio. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
7
Francesco Sforza dice a Bolognino de Attendolis, conte di Sant’Angelo e castellano del castello
di Pavia di darsi da fare per catturare i fratelli Beltramino e Filippo, nonchè Marco da Landriano.
(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Magnifico affini nostro carissimo Bolognino de Attendolis, comiti Sancti Angeli et
castellano arcis nostre Papie.
Per certo bono respecto volimo che, con bona diligentia et cautamente, aponi tal ordine
che, capitando a Sanctangelo o altrove dove possi far pigliare Beltramino e Filippo,
frateIli, et etiamdio Marcho de Landriano, che tu gli faci pigliare e mettere in locho che
non possano far fuga, da non essere relaxati senza nostra speciale licentia. Et a questo
mette la mente, se tu hai volia farne cosa qual ne piaza. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
8
Francesco Sforza scrive a Bartolomeo da Correggio, referendario di Pavia, di apprezzare gli
ordini dati per la salvaguardia della Gerola, ma ciò non gli consente di astenersi dal
rimproverargli la negligenza dimostrata per non aver provveduto alla conservazione dei beni dei
ribelli, beni che dovevano essere inventariati e affidati a uomini del posto, evitandone così, il
saccheggio fatto, tanto più perchè vi erano cose di valore, che vuole siano ricuperate.
Lo informi, su quanto si potrebbe ricavare dalla vendita del mulino che ha fatto condurre lì.
Intendendo che i colpevoli del trattato siano perseguiti,
gli ordina di affidarne il processo al podestà.
(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
5r Egregio militi domino Bartholomeo de Corrigia, dilecto referendario nostro Papie.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale restiamo avisati dela vostra retornata
dala Girola del'ordini posti per voi a conservatione de quella terra; et de quanto haviti
facto et exequito ve comendiamo. Ma bene ne rencresce che le robbe e beni di quelli
traditori e rebelli, debitamente spectanti ala Camera nostra, debbano essere posti a
saccomano, como scriviti, che, certo, non pò essere stato senza vostra negligentia, che
primo ante omnia dovevati far recogliere et descrivere et deponere apresso qualche
homini de quella terra per bello inventario Ii beni d’essi rabelli et traditori, aciò non
andasseno in sinistro. Ma non siando facto fin a mò, volimo che’l se facia con tale
diligentia che de quello se troverà, niente se perda, avisandove che siamo pur informati
essergli dele cose de bona valuta, e molte ne sonno trafugati e transportate in casa de
diverse persone d’essa terra, le quale volimo siano sutilmente recerchate. Et così facite.
Volimo insuper che ne avisati quanto se potria havere de quello molino haviti facto
condurre lì, volendolo vendere. Postremo siamo certi che ala receputa de questa
haverite inteso per nostre Iettere a vuy scripte quanto volimo se facia circha la iusticia
deIi colpevoli del tractato; siché consignariti el processo al nostro podestà lì, non ge
l’havendo consignato. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
9
Francesco Sforza biasima il podestà di Pavia per non aver ancora provveduto a fare giustizia a
Giacomino Gazo di Gerola, come conveniva per le trattative da lui avute per “dare via la dicta
terra dele Gerole”. Comunque, se ha aspettato finora, attenda ancora un suo scritto.
1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Potestati nostro Papie.
Non obstante che per altre nostre Iittere te habiamo scripto che facii iusticia de
lacomino Garzo dele Gerole, sustenuto là in quello nostro castello, segondo che
rechiede el demerito suo et lo tractato menava de dare via la dicta terra dele Gerole,
nondimeno siamo contenti et volemo che, non l'havendo fin a mò facto iusticiare, tu
suprasedi fin a tanto che te scriveremo altro, facendolo perhò tenere sotto tale guardia
che’l non possa fugire. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, die ii augusti
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
10
Francesco Sforza apprezza il provvedimento preso da Pietro da Lonate, commissario di Tortona,
per la conservazione delle fortezze cittadine in conformità all’avviso avutone da Andrea da
Birago. Provveda, come gli ha detto Andrea, di catturare coloro che hanno quella pratica
(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
5v Petro de Lonate, comissario Terdone.
Inteso del provedimento ne scrive havere facto per la guardia et conservatione dele
forteze de quella nostra cità per l'aviso hai havuto da Andrea da Birago, dicemo che hai
facto bene, et così vogli per l'avenire intenderti con luy dele cose occurerano. Et sforzati
secretamente, como dicto Andrea te scrive, de havere in le mano quelIi menavano
quella praticha et intendere da loro el tuto, et poi avisarne. Data ut supra.
Marcus.
Iohannes.
11
Francesco Sforza ordina al fratello Corrado da Fogliano di mandargli, con i loro carriaggi, due
squadre che stanno a Melzo avvertendole, quando saranno giunte a Pizzighettone,di portarsi
oltre Adda e, da là, lo contattino, perchè dirà loro ciò che dovranno fare, ma, già al passaggio da
Lodi, lo avvisino del giorno del loro arrivo a Pizzighettone.
(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Magnifico fratri nostro carissimo Conrado de Foliano.
Perché havemo ad operare in certi nostri bisogni dele zente che se retrovano in
Milanese, volimo che subito ne mandi quelIi doi squadre che sonno a Melzo con tuti Ii
carriazi loro, dandoli ordine et comissione che quando sarano a Pizguitone se debiano
demorare dellà da Adda et darne adviso a nuy, perché gli scriveremo quello che
haveranno a fare; e quando passarano a Lode, vogline avisare del dì che potrano
zonzere a Pizguitone. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
12
Francesco Sforza riscrive a Gracino da Pescarolo, dei Maestri delle entrate, di consegnare a
Cremona i sandoni, di cui si è fatto parola, e di consegnarli all’ingegnere Giovanni da Lodi
per metterli in opera.
(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Nobili viro Gracino de Piscarolo, ex Magistris intratarum nostrarum dilecto nostro.
Benché altre volte habiamo ordinato et scrito che quelIi sandoni, deIi quali tu ne scrive,
fossero mandati a Cremona, pur non gli sono mandati; siché tu hai facto bene ad
recordarcelo. Volimo adoncha che tu gli facii conducere a Cremona, e farali consignare
a maystro lohanne da Lodi, inzignero, perché gli voremo far mettere in opera. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
13
Francesco Sforza scrive a Bartolomeo Colleoni che, già molti dì fa, si è portato da lui un inviato
di Giaomo Pio, chiamato Enoch, con una sua (del Colleoni) lettera con cui lo si sollecitava a dar
corso al pagamento della prestanza dovuta a Giacomo per consentirgli di unirsi al Colleoni, che
non era, allora, in grado di aiutarlo. Avendogli Giacomo scritto di mandargli 300 ducati d’oro, lui
(duca) decise di sovvenirlo. Ma il proposito ducale se n’è andato fallito per le accresciute
esigenze delle sue genti. Siccome ha, ora, saputo da Milano del buon pagamento fatto a lui,
Colleoni, il duca gli invia Enoch, perchè soddisfi Giacomo di quanto gli abbisogna.
(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
6r Bartholomeo Coleono.
Sono più et più dì che uno messo del spectabile lacomo da Pigli [alias, de Piis] ,
chiamato Enoch, vene qua da nuy cum una vostra Iettera de dì viii del passato, per la
quale ne confortavate a dare expedicione al pagamento dela prestanza del dicto
lacomo, acioché se potesse mettere in puncto et condurse con vuy, secundo le
promesse a luy facte, attento che vuy anchora non havevate el modo de poterlo
expedire, et cetera; et ne scrive deinde el predicto lacomo che volessemo mandarli ccc
ducati d'oro per alcuni soi bisogni. Et desiderando nuy et volendo far cosa fosse grata
ala magnificentia vostra et al dicto lacomo, deliberassemo de subvenirlo deIi dicti ccc
ducati, credendo de haverli presto qui. Et siandone venuto eI pensiero fallito, et
cresciuto el bisogno de queste nostre gente, como potrite intendere dal dicto Enoch,
non havemo infine potuto darli questi ccc ducati. Et perché da Milano semo stati avisati
che al spazamento vostro è stata facta bona provisione per modo che, a compimento,
haveriti lo intento vostro et, nondimeno, perché così con effecto, et presto, se faza,
havimo opportunamente de novo scripto et repplicato ch'el non se attenda ad altro, non
ma al facto vostro, ne è parso el meglio, per non tenere più in tempo questo Enoch,
derizarlo ala magnificentia vostra, perché Ii proveda de quello ha da nuy, como porà et
Ii parerà bisognare. Et così ve confortiamo ve piaza de voler fare, perché’l dicto lacomo
è pur gentilhomo et homo da bene. Data ut supra.
Iohannes.
14
Francesco Sforza informa il condottiero ducale Giacomo Pio che, non essendo nella possibilità
di fargli avere 300 ducati, ha inviato, perchè venga soddisfatto, il suo messo Enoch dal Colleoni
che, “ha havuto el modo dela sua prestanza”.
In data 3 agosto Zanetto ha fatto presente alla duchessa quanto qui bisogna far fronte.
(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Spectabili et strenuo amico nostro carissimo Iacomo de Piis, armorum ductori.
Più et più dì sonno vene qua da nuy cum vostra Iettera Enoch, vostro messo, per
casone del vostro expedimento, el quale havemo retenuto qui alcuni dì credendone
poterlo expedire deIi CCC ducati. Ma in fine el non è stato possibile per Ii gran bisogni
ne sonno occorsi per lo mancamento de questo nostro felice exercito, como da luy più
a pieno potrite intendere, havemolo remesso al magnifico Bartholomeo Coglione, el
quale da nuy ha havuto el modo dela sua prestanza, et non dubitamo 6v ve farà el
debito vostro. Recrescene non havemo possuto far verso vuy quello era la nostra
intentione, ma la impossibilità ne I'ha facto fare, et non altro. Data ut supra.
Iohannes.
Die iii augusti.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus istis in
partibus. Cabalarius est Viglevanus.
Cichus.
15
Francesco Sforza informa il luogotenente di Lodi che un famiglio del suo cameriere, Giovanni
Visconti, se n’è fuggito da lui asportandogli roba anche di valore.
Detto famiglio abita a Lodi in contrada San Lorenzo, ov’egli ha sua moglie. Procuri di arrestarlo,
non rilasciandolo fino alla completa restituzione di quanto ha sottratto a Giovanni che, a sua
volta, lo ragguaglierà del furto subito.
1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Se è fugito tristamente uno fameglio a messer lohanne Vesconte, nostro camerero, et
hali exportato la robba soa de asai bono pretio. Ha nome dicto fameglio Laurentio,
habita lì a Lodi in la contrata de Sancto Laurentio, et hagli mogliere, quale se domanda
deIi galeti. Volimo adunche che subito debiate circhare haverlo nele mane et farlo
sustenire da non essere relaxato fina tanto ch'el non habia restituito quella robba, qual
ha exportata, et dela quale serite informato per Iettere del dicto messer Iohanne. Et in
questo usate tal diligentia che messer Iohanne sia satisfacto senza dillatione de tempo.
Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, die iii augusti 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
16
Francesco Sforza precisa a Corrado da Fogliano che le due squadre di genti d’arme, che gli
ordinò di mandargli da Melzo, le vuole senza carriaggi, ma con quante più genti “da pedi et da
cavallo” sia possibile e che facciano sosta a Pizzighettone.
(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud ydum”).
Magnifico Conrado de Foliano.
Non obstante quello te scripsemo heri che ne devessi mandare quelle doe squadre de
zente d’arme che sonno a Melzo con tuti li loro cariazi, adesso te comandiamo che
omnino ne debii mandare dicte doe squadre cum quante più zente et da pede te sarrà
possibile, lassando tuti li carriazi a Melzo, con ordine et commissione che se demoreno
a Pizguitone et faciano quello che te scripsemo heri, facendoli menare seco tute le
persone da pedi et da cavallo, ita che non gli ne remangha alcuna. Data ut supra.
Duplicata die suprascripta.
Irius.
Cichus.
17
Francesco Sforza informa Luchina dal Verme che Leone degli Arceli si è lamentato perdei fanti
inviati a chiedergli la decima del vino degli scorsi quattro anni e a pretendere la decima delle
biade di quest’anno, nonostante che la vertenza, non ancora risolta, su tale decima sia stata da
lei affidata a Filippo Confalonieri e presentata all’auditore ducale Angelo da Rieti.
Il duca ritiene ragionevole che, senza dare ulteriori noie a Leone di fanti e spese,
Luchina si rivolga per soddisfazione delle sue pretese
ad Angelo da Rieti o a un altro giudice competente.
(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
7r Magnifice affini nostre carissime domine Luchine de Verme, comittisse, et cetera.
Se è agravato con nuy Leone degli ArceIi che gli habiate mandato fanti a casa, al luogo
dela Salla ad agravarlo e darli spexa per domandarli la decima del vino de quatro anni
passati, oltra che gli habiate facto tolere la decima dela biava de questo anno presente,
allegando che altre volte, siando differentia fra vuy et luy per cagione de tale decima fo
cometuta la causa per messer Filippo Confanonero in nome dela vostra magnificentia,
et luy a messer Angelo da Reate, nostro auditore, la quale non ha fin a mò potuto
diffinire per non essere sollicitata. Per la qual cosa a nuy pare cosa ragionevole e
conveniente che gli debiate far relevare la spexa e molestie de dicti fanti, et anche farli
ogni novitate revocare quale gli fusse superinde facta; et pretendose la vostra
magnificentia havere ragione in Ii beni de dicto Leone farla domandare denanti a dicto
messer Angelo, a cui se dice essere commettuta de consensu partium aut dena(n)te ad
altro iudice competente. E più honesto parirà a ogni homo che farve ragione da voi
estessa. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
18
Francesco Sforza comunica al lodigiano Antonio Vistarino che gli fa avere la licenza da lui e da
Giorgio richiestagli.
(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Antonio Vistarino, civi Laudensi.
Inteso quanto ne haveti scripto per vostre Iettere con la inclusa in esse de domino
Georgio, et cetera, ve mandiamo el salvoconducto, vel potius Iicentia per voi rechesta a
noi; siché a vostro piacere potriti col nome de Dio aut andare aut mandare. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Iohannes.
19
Francesco Sforza scrive a Bianca Maria che Diotesalvi desidera avere per moglie di suo figlio la
giovane che Manno Donati, podestà di Pavia, aveva scelto per un suo figlio, ora defunto. La
giovane ora abita con la madre in casa di Manno, cui il duca ha scritto per favorire il desiderio di
Diotesalvi. Siccome, però, si è inteso che madre e figlia intendono andarsene via, anzichè
bloccarle, come vorrebbe Diotesalvi, lui, duca, vuole che Bianca Maria si intenda con Antonio
degli Eustachi perchè ordini che nessuna barca conduca via le due donne.
Sollecita poi la consorte a voler dare pieno credito, perchè è del tutto informato di questa
faccenda, a quanto le dirà Angelo Acciaioli, di passaggio per andare da re Renato e a non
parlarne a sproposito con altri.
(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Illustri domine Blanche Marie.
Perché lo spectabile nostro compare Diotesalve desidera molto de havere per el figliolo
una puta, quale el spectabile Manno Donati, podestà de quella nostra cità de Pavia,
havea data ad uno suo figliolo, quale è passato de questa vita, et la qual puta una con
la matre è in casa del dicto Manno. Per adiutare el desiderio del dicto nostro 7v
compare Diotesalvi, nuy havemo scripto al dicto Manno che se vogIia adoperare circha
zò, in modo che’l dicto nostro compare habia suo intento. Et perché dicto nostro
compare haveria voluto che la matre dela dicta puta et la puta fossero retenute
volendose partire, non ne è parso de farlo, per non volere desconzare la cosa. Ma
perché non voria che loro se partissero prima che la cosa fosse acconza, pertanto
ordini la signoria vostra cum messer Antonio de Eustachio che vogIia ordinare che
nissuna barcha Ia conducha senza sua saputa, et che proveda in modo che
honestissimamente sia retenuta et non sia lassata andare per fina che la cosa non è
facta et saldata. Et circha ad questa tale materia lo spectabile cavalero domino Angelo
Azayolo, nostro compare, quale passerà dellì per andare dala maestà del re Renato, ne
conferrirà più ad pieno a bocha, al quale gli voglia credere et fare quanto luy dirà con la
signoria vostra, dandogli ogni adiuto et favore in dicta cosa, como faria per Galeaz
Maria, con quella più honesta et accunza via gli parerà, in modo che dicto Diotesalve
intenda che nissuno nostro favore dal canto nostro non gli sia mancato. Ma non voglia
Ia signoria vostra farne paroIa né pur demonstratione alcuna quando non bisognasse, e
che la puta et la madre volessero pur andare via, como dicto messer Angelo più a
pieno dirà ala signoria vostra. Ex castris, ut supra
Ser Iohannes.
Cichus.
20
Francesco Sforza scrive ad Antonio da Fabriano di aver preso atto della resistenza deglii uomini
del vescovo a pagare le 500 lire che ancora devono. Gli ordina di piegarli in ogni modo al pronto
pagamento dovuto, rilasciando loro, come suppone che vogliono, “la confessione del numerato
che fanno”, assicurandoli di quella immunità dalle tasse “servata ali altri nostri homini”.
(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Antonio da Fabriano.
Havemo inteso per la toa Iittera de dì xxviii del passato la renitentia fanno quelli homini
de monsignore el vesco ad pagare quelle altre cinquecento livre, dele quale tu scrive
restano debitori, secundo la conventione facta con loro. Supponendo che vogliono
confessione de tuti li loro debiti, et che da mò inanti non gli sarà dato più 8r molestia
per casone de taxe, et cetera, del che non pocho se maravigliamo, per la qual cosa,
atteso il bixogno nostro, te dicimo, et per questa nostra te commettemo che servi ogni
expediente modo et via perché dicti homini pagano li dicti dinari che restino dare et con
ogni celeritate, ali quali siamo ben contenti se facia la confessione del numerato che
fanno; et cossì se commettiamo, secundo Ii bixogni nostri, fare servare quella
inmunitate et gratia a loro nel facto delle dicte taxe, che sia servata aIi altri nostri
homini. Siché circha la executione de dinari predicti non gli perderai tempo alcuno. Data
ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
21
Francesco Sforza avverte magistro Giuseppe de Cortona, castellano di San Colombano, che
Nicola Bruffa si è portato da lui per chiedere remissione della pena dei sei bifolchi fuggiti dal
campo. Il duca ha mantenuta la condanna loro inflitta, cioè che ognuno di loro deve provvedere
per due mesi al pagamento di due altri bifolchi in sua vece, e se qualcuno di loro è
impossibilitato a fare ciò, vi provvederanno gli altri, perchè ognuno di loro è solidalmente
obbligato per gli altri, “essendo fugiti tuti insieme”.
1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Prudenti viro magistro Ioseph de Cortonio, castellano nostro Sancti Columbani.
Da puoi te scripsemo che devessi astrenzere quelIi sei bovulci de San Columbano fugiti
de campo a mandare in campo duy bovulci per caduno de loro pagati per duy mesi, l’è
venuto da nuy Nicolò Bruffa et pregatone che, considerata la povertà loro, non gli
vogliamo dare questa graveza. Nuy gli havemo resposto che non lo volemo fare, immo
che desponemo che sia exempio ad altri de non fugire. Pertanto te ne havemo vogliuto
avisare et volemo che debii astrenzere Ii dicti sei omnino a mandare duy bovulci per
caduno de loro, pagati per duy mesi a sue spese. Et se forse alcuno de loro fosse
impotente ala dicta spesa, volimo che provedi che Ii altri paghino, et che caduno de loro
in solidum sia obligato per l'altri, perchè essendo fugiti tuti insieme ne pare debito et
raxonevele che faciano como è dicto.Data in castris nostris felicibus (a) apud Gaydum,
die iiii augusti 1453.
Irius.
Cichus.
(a)Segue nostris depennato.
22
Francesco Sforza scrive al commissario di Tortona di non avere in nessun modo promesso nè
all’inviato del vescovo nè al vescovo stesso di esentare gli uomini del vescovo dall’onere del
carriaggio e delle tasse dei cavalli. La loro renitenza al saldo delle rimanenti 500 lire, oltre a
quelle già date a Graziolo da Vicenza, è immotivata e, perciò, faccia di tutto per far avere
a Graziolo la rimanenza dovutagli.
1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
8v Comissario Terdone.
Havemo recevuto una toa de dì xxx del passato nella quale se conteneno più parte, et
respondendo solamente ad quella dove dice che li homini del vescovato hanno pagato
cinquecento livre, quale hai numerati ad Gratiolo da Vincentia et dele altre libre 500 che
restano ad dare, quale non voleno paghare se non sonno chiariti et liberati per nuy et
dal carrezo et delle taxe da cavalli, et cetera, restamo advisati et dicemo che de questo
ne maravigliamo perchè nuy sapemo che may non promettessemo al messo de domino
lo veschovo, neanche ad esso domino lo vescovo, nè per lettere nè a bocha che nuy
fossemo contenti de lassar dicto carrezo et taxe ali dicti homini per casone de dicta
compositione; anze queste sonno le prime parolle havimo sentito de questo fatto.
Pertanto volemo et te comandiamo che te sforzi per qualunche megliore via et modo te
parerà de rescotere lo dicto resto per dare ad esso Gratiolo, dicendo per questo ad
esso monsignore como te parerà, per modo che senza fallo alcuno se rescotino dicti
dinari con ogni celerità. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, die iiii augusti
1453.
Nicolaus
Iohannes.
23
Francesco Sforza ordina a Giuseppe da Cortona, castellano di San Colombano, di rendere
giustizia a Bianchino da Norcia e a Bernardo da Pantiano in lite fra loro.
Nello stesso giorno Zanetto ha scritto alla duchessa su quanto avvenuto in questi gioirni.
(1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Magistro Ioseph de Cortonio, castellano nostro Sancti Columbani.
Pare che vertissa una differentia tra Bianchino da Norsa et Bernardo da Pantiano.
Pertanto te commettiamo che vogli intendere una parte et l'altra et fa rasone ad che l’à
summariamente, senza littigio, constringendo qualunque debitore ad instantia dela
parte, sichè possa conseguire el debito suo. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
Die suprascripto.
Scriptum fuit illustrissime domine ducisse Mediolani de occurrentibus istis in partibus
per Zanetum.
Signata Cichus.
Cabalarius est Parpaglensis.
24
Francesco Sforza si dice sorpreso che Graziolo da Vicenza, conestabile ducale,non intenda
saldare il debito che ha con il conestabile Giovanni Galante, che ha più volte per ciò mandato
un suo messo, costringendolo, invano, a più spese all’osteria. Il duca gli impone di attenersi alle
sue promesse come uno “Barricho de liale mercadante”, perchè altrimenti interverrà lui.
(1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
9r Gratiolo de Vincentia, conestabili nostro dilecto.
Se grava alquanto de te Iohanne Galante, nostro conestabile, che per conseguire uno
certo suo credito qual ha con te: più volte ha mandato uno suo messo da te e may non
ha potuto havere el dovere, anci ha facto de molte spexe in sul'hostaria senza veruno
fructo. La qual cosa, se cosi è, non ne pare ragionevole nè honesta e de pocho honore
a ti, che dovereste attendere le promesse como uno Barricho de liale mercadante. Per
la qual cosa te caricamo quanto più possemo ad farli suo debito senza più dillatione de
tempo, avisandote che altramente, domandandone luy ragione, non poteressemo fare
con nostro honore che non gli provedessemo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
25
Francesco Sforza scrive al commissario e al podestà di Tortona di essere assai dispiaciuto per
lo scontro avvenuto tra gli uomini di Casalnoceto e Carlo da Novara con alcuni uomini d’arme e
balestrieri provenienti dal Monferrato e diretti da lui in campo. Detti uomini d’arme asseriscono
che, immotivatamente, sono stati “feriti et toltoli li lor cavalli et carriagii et robbe”. Il duca vuole
che si accertino di tali furti e ne impongano la restituzione. Se detti uomini d’arme “se graverano
de questo”, li mandino dall’auditore ducale Angelo da Rieti per ragguagliarlo delle loro lagnanze
perchè “gli sarà ministrato ragione”.
(1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Comissario et potestati nostris Terdone.
Siamo certi ala receputa dele presente serite avisati d'una differentia et questione
seguita e facta fra l’homini de Casale Noxeto et Carlo da Novara et alcuni homini
d’arme et balestreri, quali venevano de Monferato qua in campo ad atrovarci, dela
quale ne rendemo molto mal contenti e rencrescene ultramodo et, segondo dicono essi
homini d’arme volere aprovare per alcuni zentilhomini et più altri che se trovavano lì,
non gli hanno colpa nè defecto, et niente de mancho sonno stati feriti et toltoli li lor
cavalli et carriagii e robbe per quelli da Casale. Per la qual cosa volemo e ve
commettemo che subito, et primo et ante omnia, debbiati far fare subtile inquisitione
deli cavalli e cose tolte a dicti homini d’arme et farli restituire senza mancamento
alcuno, et, se deinde li homini d’arme se graverano de questo, admoniteli che mandano
qua da messer Angelo da Reate, nostro auditore, ad docendum del suo gravamento et
gli sarà ministrato ragione. Et pigliarati ogni meliore informatione poterite de questo;
dela quale subsequenter ne avisarite per vostre lettere. Data ut supra.
26
Francesco Sforza comunica alla duchessa che i gentiluomini da Fontana, cittadini di Piacenza,
l’hanno informato di una causa che si trascina da tempo fra loro e i gentiluomini della Somaglia,
causa dalla duchessa affidata a Sceva de Curte su istanza degli stessi della Somaglia. Di detta
costosa causa “non resta altro nisi dare la sententia,” ma, siccome i della Somaglia temono di
uscirne perdenti, hanno supplicato il duca per un rinvio della causa fino alla sua venuta a Milano,
rinvio, che egli ha loro concesso in considerazione del fatto che Sanguinetto è al campo. Per un
medesimo rinvio si sono rivolti alla duchessa, ottenendone “lettere di comissione ali Maestri...
delle intrate straordinarie”. Tanto comportamento disonesto dei della Somaglia induce il duca a
informare la duchessa della sua deteminzione di far portare a termine la causa da Sceva, che sa
essere uomo che in questa faccenda non vuole che giustizia..
1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
9v Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Nomine deli zentilhomini da Fontana, nostri citadini de Piasenza, n'è stato significato
con gravissima querella che, essendo vertita già longo tempo differentia fra essi e li
zentilhomini dala Somalia, la quale causa la vostra signoria alias la commisse al
spectabile messer Sceva da Corte ad instantia d’essi zentilhomini dala Somalia e con
grandissimo affanno e spese, processo in causa in modo che non resta altro nisi dare
la sententia, li dicti zentilhomini dala Somalia, dubitandosi succumbere in causa, per
dedure la cosa in longho e fugire el iudicio, hanno ad uno trato havuto da uno tanto
recorso da nuy et supplicato suspendessemo la causa fine ala venuta nostra a Milano,
et ge la havemo concessa ad nostro beneplacito, considerato che Sanguinolo sta
occupato qui in campo. Dal'altro canto hanno supplicato ala signoria vostra e da quella
obtenute lettere de comissione ali Maestri nostri dell’intrate extraordinarie. Dela qual
cosa, non parendo honesta, nè che sia stata vostra intentione, ne havemo voluto
avvisare la signoria vostra et carrichare che in questo facto, voglia havere debita
consideratione ed advertentia et provedere che, essendo proceduto in causa fin al
proferrire dela sententia, como se dice, la cosa vengha ad essere terminata per il
prefato messer Sceva, el quale l’à examinata, ut asseritur, et bene intesa; et quello
homo che è che non si de’ stimare che facesse altro in questo che quello che vole
iustitia. E questo ne pare se habia a scrivere per la signoria vostra al dicto messer
Sceva e sarà utile ale parte non havere a principiare altro litigio novo. Data in castris
nostris felicibus apud Gaydum, die v augusti 1453.
Thomaxius de Angeli.
Cichus.
27
Francesco Sforza, riallacciandosi alla lettera in cui ha parlato solo delle 500 lire che ancora
devono gli uomini del vescovo di Tortona, risponde alle altre situazioni prospettategli dal
commissario di Tortona con la sua lettera del 30 luglio scorso. Lo loda per aver spronato Paolo
Pizamata a muoversi per riscuotere i denari dei soldati; altrettanto vuole che, per tale scopo,
faccia con qualunque altro. Si congratula ancora con il commissario per aver mandato tre dei
suoi uomini all’abbazia di San Alberto, argomento su cui più diffusamente gli farà parola in
un’altra lettera. Gli garba pure quanto gli ha detto di quei di Castelnuovo, cui, alla loro andata da
lui, risponderà secondo il suo parere. Si dice dispiaciuto che Mangiavillano, castellano di quella
fortezza, non abbia voluto accogliere, per i sospetti che corrono, i sei uomini che gli ha mandato,
anche se non del tutto a torto il castellano si è comportato così per “certo desdegno et
differentia haveva” di detti suoi uomini Gli scriverà di voler accettare tutti gli uomini che gli
invierà, ma lui procuri di mandargli “homini fidati”.
(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Comissario Terdone.
Heri, respondendo ad una parte della toa lettera de xxx del passato circha le libre 500
restano ad dare quelli homini del vescovato, te avisassimo della intentione nostra; et ad
questa parte non dicemo altro se non che servi modo de mandare ad executione
quanto sopra ciò te habiamo scripto.
10r Ala parte che hai ordinato che Paulo Pizamata debia cavalcare per casone de
rescotere li denari deli soldati, et cetera, non dicemo altro se non che te commendiamo
dela diligentia toa et te carricamo più che possemo che solliciti dicto Paulo et qualunche
altro che te parerà per modo che dicti dinari se rescotino senza perdere uno attimo de
tempo, aciò se possa satisfare ad chi li debbi havere.
Ala parte de quelli tri deli toi che hai mandato ad la abbadia de Sancto Alberto, et
cetera, ne piace quanto hai facto et te ne comendiamo et non dicemo altro, perchè per
un'altra nostra restarai ad compimento avvisato della dicta mente nostra circha lo facto
della dicta abbadia de Sancto Alberto.
Ala parte de quelli da Castelnovo et del recordo che ne dai, asai ne piace el tuo avviso
et, venendo essi da Castelnovo, gli responderemo secondo el parere tuo.
Ala parte de Mangiavillano, castellano de quella nostra forteza, quale non ha voluto
receptare quelli toi sei homini per li suspecti che al presente correno, dicemo che asai
n'è despiazuto et ha facto male ad non acceptarli, perchè nostra intentione era, et è.
che debia acceptare, ogni volta che bisognasse, tute quelle persone che vorai mettere
in quella forteza. Et cosi gli scrivemo che debia fare, benchè avisamo che siamo
informati che la casone che ha mosso dicto castellano ad non acceptare i dicti toi
homini è stato per certo desdegno et differentia haveva esso castellano che dicti toi
homini; et siando così, non haveva forse in tuto torto. Sichè vogli havere advertentia in
simile cose et non volere mandare in la dicta forteza se non homini fidati et grati al
castellano, occorrendo el bisogno. Data ut supra.
Nicolaus.
Iohannes.
28
Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera di Gentile della Molara in cui gli parla della sua
andata a Castelnuovo e del suo incontro con il duca di Modena. Gradisce che si porti, con il
cancelliere, dal Colleoni, che solleciterà a risarcire, nel limite dell’onesto, i danni fatti a quei di
Castenuovo. Ha intesa la risposta avuta da Otto da Mandello, cui lui, duca, ha scritto il dovuto
per il suo menefreghismo per i denari delle tasse.
(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Gentili dela Molara.
Havemo recevuto la toa lettera de dì xxviii del passato, per la quale restamo avvisati
della andata toa a Castelnovo, et con il parlamento hai facto con il illustre duca de
Modena et delli damni dicono quelli homini da Castelnovo esserli facto.Respondendo,
dicemo che siamo certi li dicti homini dicano dele cose asai, ma se loro manderano da
noi savimo bene quello che respondergli. Ne piace l'andata toa insieme col dicto
cancellero dal magnifico Bartholomeo Coglione con il quale faria ogni instantia perchè
siano pagati dicti damni, quando li dicti homini richiedano cosa 10v honesta; et de
quanto seguirai vogli avvisarne per toe lettere. Nuy havemo inteso la resposta te ha
facto messer Otto da Mandello, al quale nuy havemo scripto quello che ne è parso,
perchè luy in ogni cosa sempre se è facto beffe delli facti nostri, cioè nel facto delli
dinari dele taxe. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
29
Francesco Sforza rimprovera Mangiavillano, castellano di Tortona, per aver ricusati gli uomini
mandatigli da Pietro da Lonate, commissario di quella città. L’invio di nuovi uomini non è
originato da sfiducia in lui, ma dai bisogni che gli ufficiali ducali meglio percepiscono
“che non ...intendemo nuy”.
La duchessa è stata informata da Zanetto di quanto occorso in quelle parti.
(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Mangiavillano, castellano Terdone.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrive delli fanti te ha voluto mettere
nella rocha Petro da Lonate, nostro commissario de quella cità, et la ragione perchè
non l'hai acceptati, cioè per la differentia nata fra li toi compagni et quelli homini de
Petro da Lonate, et cetera. Te dicemo che non hai facto bene ad non receptarli,
havendote nuy scripto che dovesti aceptarli ad ogni soa rechiesta, como hai veduto;
pur, havendolo tu facto ad bono fine, non diciamo altro, ma da mò inanzi, quando luy gli
volesse mettargli più uno cha un altro fin a cinque o sei persone, siamo contenti et
volemo li recepti. Questo non facimo già perchè de ti non habiamo quella fede havemo
già longo tempo exprimentata in ti, ma per li casi et bisogni possono occorrere quali
intendino meglio li officiali nostri che non poi (a) intendemo nuy.Data ut supra
Zanetus
Iohannes.
(a) poi in interlinea.
Die suprascripto.
Scriptum fuit illustrissime domine ducisse per Zanetum de occurrentibus istis in
partibus.
Cabalarius fuit Marcus Iohannes, Thodescus.
30
Francesco Sforza scrive al Colleoni di aver appreso dalla sua lettera della sua intenzione di
intrappolare Guglielmo di Monferrato nel bosco nel quale egli si era avventurato. Quanto non è
stato allora fatto, procuri che avvenga con tutte le genti che ha a disposizione per danneggiare i
nemici “al più che se possa”. Circa il ritardo per il suo pagamento, saprà direttamente da Orfeo,
famiglio ducale, di aver provveduto alla sua soddisfazione “per la via de Angelo Simoneta” e,
comunque, sappia che tale ritardo non è imputabile “che ala impossibilitate”.
1453 agosto 6, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
11r Magnifico et strenuo Bartholomeo Coleono, nostro armorum capitaneo dilectissimo.
Havimo recevuto la vostra lettera del’ultimo del passato per la quale remanemo avisati
del cavalchare che fece signore Guglielmo dentro dal bosco, e del pensiero vostro facto
per andare ad fare demonstratione de serrarlo dentro; el che perhò diceti non podeva
reusire, et cetera. Al che non accade dire altro se non che quello che mò non è poduto
per facto, un'altra volta accaderà ad essere facto, sichè attendite pur con la vostra
usata diligentia ad unirve con tute quelle gente sonno dellà, et ad cavalchare ali damni
del'inimici nostri et ad fare quanto ve sarà possibile ad fare perchè remanghano
damnegiati al più che se possa, benchè se rendiamo certissimi che circha ciò non gli
perdiati tempo alcuno. Ala parte del vostro spazamento, del quale scriveti non esservi
anchora stato provvisto, et cetera, ve dicemo che se rendemo certi quando ne scrivesti
quella lettera che Orpheo, nostro fameglio, anche non fosse venuto da vuy; ma mò ve
avisamo como nuy havemo opportunamente provvisto del dicto vostro spazamento per
la via de Angelo Simoneta, al quale ne havemo scripto et per altra via; sichè presto
sarete spazato, como intendereti dal dicto Orpheo, quale mò credemo debbia essere
agiuncto là. Et se alquanto dicto vostro spazamento fosse prorogato più che non seria
stato el volere nostro et vostro, non l'haveti ad imputare ad nyuna altra cosa che ala
impossibilitate, perchè, se havessemo possuto più tosto, per certo l'haveressemo facto;
ma mò ve havemo proviso in modo che se rendemo certi ve havereti ad contentare.
Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, die vii augusti 1453.
Bonifacius.
Iohannes.
31
Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme di far avere a Taddeo 400 ducati, perchè
è “in summa necessità et bisogno” per potersi mantenere in campo con i suoi uomini.
(1453 agosto 7, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Per più nostre littere habiamo scripto ala magnificentia vostra confortandola et
caricandola che volesse fare qualche provedimento al facto de meser Thadeo, et così
fu contenta de farlo et ordinogli quatrocento ducati de provvisione l'anno. Et perchè
dicto messer Tadeo è in summa necessità et bisogno al presente per potere provedere
et mantenere li soi, pertanto confortiamo la magnificentia vostra che li voglia far
respondere de quatrocento ducati de questo presente anno, aciochè se possa valere et
adiutare in questo suo bisogno et mantenerse in campo con li soi et che ne possa
servire; et de questo ne farà singulare apiacere. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
32
Francesco Sforza avverte Morello da Parma che i nemici intendono passare l’Adda fra
Pizzighettone e Lodi per una cavalcata nel Lodigiano.Per intralciare le intenzioni nemiche vuole
che si accordi con suo fratello Corrado mettendo die noctuque guardie per acqua, terra e per
tutta la sponda dell’Adda in modo da interdire ogni ostile passaggio.
In simile forma, con le debite variazioni, il duca ha scritto a Giovanni Caymo, commissario di
Pizzighettone, al conestabile dei fanti Gapare da Suessa e al fratello del duca, Corrado.
(1453 agosto 7, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
11v Domino Morello de Parma.
Perchè havemo adviso certo che l'inimici denno fare una cavalcata in Lodesana et
denno passare Adda in le barche, ma non sapemo dove passerano, ma fra Pizguitone
et Lodi è certo che passeranno dovendo passare, pertanto, aciochè a l'inimici non
rescha el pensiero, vogliati intenderve con Conrado, nostro fratello, et fate tal
provedimento de sentite guardie e scolte, et per acqua et per terra et per tuta la rivera
d’Adda, da Pizguitone perfino ad Lodi, per tuto, per modo che in loco nessuno, nè de
dì, nè de nocte, possano passare che non siano sentiti et che non possano fare damno
né correria in quelle parte. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit Iohani Caymo, commissario Pizleonis, Gasparri de Suessa,
peditum conestabili et magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro carissimo, mutatis
mutandis.
33
Francesco Sforza conferma a Gracino da Pescarolo e a Zanino de Barbatis di aver saputo dalla
loro lettera delle difficoltà per avere le 8000 lire e delle garanzie richieste da quella comunità.
Procurino di ricuperare detti denari: pagheranno con loro i conestabili Francesco Corso, il
Padovano, Antonello da Lagna. Così verseranno ad Antonio Treco le 780 lire, date al
conestabile Giovanni Galante, dal campo in modo che in tutto assommano a lire 1850, lasciando
a quella comunità di completare la somma di 8000 con lire 6150.
Ordina che Zanino porti subito a Milano ad Angelo “per parte de ducati cinquemilia ne ha
mandato qui in campo, quali bisogna restituire”. Ciò fatto, Zanino se n’andrà via e dirà ad Angelo
che il resto dei 5000 ducati verranno inviati ad Antonio Treco e che si procurerà di restituirgli
sollecitamente il resto dei 1000 ducati imprestati .
1453 agosto 7, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Gracino de Piscarolo et Zanino de Barbatis.
Havemo recevuto la vostra de dì iii del presente, et inteso quello ne scrivete de quanto
havete sequito fina al presente circha li dinari rechiesti ad quelli nostri citadini et delle
difficultate gli sono state, cosi dela conclusione presa de retrovare le octomillia libre
suso l'addizione da fir facte suso li denarii del’anno advenire; et delle lettere et cautione
domanda quella nostra comunità, quale haveti mandato ad Angelo, restamo de tuto
avvisati. Ad che non facemo altra resposta se non che attendati con ogni diligentia ad
havere dicti dinari, delli quali provedeti siano subito spazati, se non l’haveti facto,
Francesco Corso, il Paduano, et Antonello da Lagna, nostri conestabili, secundo ve
havemo scripto. Cosi rendeti ad Antonio Trecho le libre settecento ottanta date ad
Iohanne Galante, pur nostro conestabile che, secundo scriveti, montano in tuto libre
milleoctocentocinquanta; il resto, che sarà circha libre sey milliacentocinquanta fino ala
summa dele octomillia libre, ne dona quella comunità. Volimo che tu, Zanino, porti
subito ad Mediolano ad Angelo 12r per parte de ducati cinquemillia ne ha mandato qui
in campo, quali bisogna restituire, advisandone continuamente de quanto farete; et
facto questo tu, Zanino, te ne (a) vene via da nuy senza demora et dirai ad Angelo ch’el
resto de questi dinari ne mandò, fino ala somma de ducati 5000, subito gli manderemo
lì ad Milano ad Antonio Trecho; dirai ch’el resto delli mille ducati ne ha prestati,
procuraremo prestissimo restituirgli. Et de questo staghi de bona voglia et non facia
dubio alcuno. Ex campo nostro apud Gaydum, die vii augusti 1453, hora xx, die lune.
Triplicata die suprascripto.
Zanetus.
Cichus.
(a) te ne in interlinea.
34
Francesco Sforza ricorda al podestà di Mortara di avergli ordinato di dire al cremonese
Guglielmo Ripparo, già podestà di Quinzano, di portarsi subito da lui per rivendicare i suoi diritti,
se ne ha, sulle robe (da tenersi sotto sequestro, non procedendo oltre nella causa), portate lì da
Cristoforo Marcellino, fratello del trombettiere del conte Giacomo. Comanda al podestà di
Mortara di ripetere a Guglielmo di portarsi dal duca,
ammonendolo che, non presentandosi, egli non potrà evitare il rilascio di Cristoforo.
1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Nobili viro potestati Mortarii, nostro dilecto.
Como tu sai per una nostra te scripsemo che dovesti dire a Guglielmo Ripparo, nostro
citadino Cremonese, quale fo potestate a Quinzano, trovandose lì, che subito venisse
qua da nuy per defendere, se raxone ha in le robbe portate lì per Christoforo
Mercellino, fratello de uno trombeta del conte Iacomo, tenendo le dicte robbe in
sequestro, sive non procedendo più oltra contra esso Christoforo ad instantia del dicto
Guglielmo, finchè nuy non te scrivessemo altro in contrario; et may non è venuto. Per la
qual cosa de novo te repplicamo che, essendo lì, gli dichi ch’el venga via subito non
procedendo più oltra, como per le dicte nostre te scripsemo, avisandolo che non
venendo non poderemo denegare che non sia relexato al predicto Christoforo ogni
robba sua. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, die v augusti MCCCCLIII.
Bonifacius.
Cichus.
35
Francesco Sforza scrive al capitano della Lomellina di dire a Guglielmo Ripparo, già podestà di
Quinzano, di portarsi dal duca per la rivendicazione degli eventuali suoi diritti sulle robe portate a
Mortara da Cristoforo Marcellino, fratello del trombettiere del conte Giacomo.
(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Capitaneo Lumelline.
Trovandose in quelle parte Guglielmo Ripparo, nostro citadino de Cremona, quale per
nuy fo potestate a Quinzano, 12v volimo che tu gli comandi per parte nostra che subito
se ne vengha qua da nuy senza demora alcuna per defendere la rasone soa, se alcuna
n'ha, in le robbe portate lì ad Mortara per Christoforo Marcellino, fratello de uno
trombeta del conte Iacomo; aliter non venendo, nuy non poderemo denegare al
predicto Christoforo che non gli siano liberamente relaxate le dicte robbe. Data ut
supra.
Bonifacius.
Cichus.
36
Francesco Sforza fa sapere al cremonese Matteo Rippario di aver scritto a suo figlio Guglielmo
di portarsi da lui per tutelare i suoi eventuali diritti sulle robe che asseriva essergli state sottratte
a Quinzano. Non presentandosi in tempo,
il duca non può non assegnare le robe alla parte avversa.
(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Matheo de Rippariis, civi Cremonensis.
Fin l'altro dì scripsemo che Guglielmo, tuo figliolo, venisse qua da nuy per defendere la
raxone soa dele robbe che luy dice gli foreno tolte ad Quinzano, et mai non è venuto;
del che se maravigliamo. Et perchè horamai non possiamo denegare ala parte contraria
che non gli sia licentiata et liberata la soa robba, dicemo che, recevuta questa, lo faciati
subito venire qua da nuy, avisandone che, non venendo fra tempo congruo da poi la
presentatione de questa, nuy faremo licentiare la robba ala dicta soa parte contraria.
Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
37
Francesco Sforza vuole che il referendario di Tortona mandi l’elenco, fattogli avere delle spese
sostenute da Bartolomeo Colleoni per la fortezza di Pozzolo, ad Andrea da Birgo perchè esegua
quanto gli ha ordinato e il Colleoni sia soddisfatto ad Alessandria.
1453 agosto 7, “apud Gaydum”.
13r Referendario Terdone.
Perchè havimo ordinato che al magnifico Bartholomeo Coleone che dele spese ha facte
in la forteza de Pozolo sia satisfacto ad Alexandria per mano del spectabile Andrea da
Birago, secundo la lista ne mandaste de dicte spese, volimo che al prefato Andrea
mandi dicta lista, aciò ch’el possa fare quanto li havemo commesso et mandargli dicta
lista netta et impuncto, in modo ch’el dicto Bartholomeo intenda et sappia quello debbe
havere. Ex campo nostro apud Gaidum, die vii augusti 1453.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
38
Francesco Sforza comanda all’ufficiale delle munizioni di Pavia di inviare subito al suo omologo
di Cremona due casse di verrettoni da banco.
1453 agosto 6, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Offitiale munitionum Papie.
Volimo che subito, recevuta la presente, ne mandi a Cremona in mano del nostro
offitiale dele monitione casse doe de veretoni da bancho. Et questo vale essere presto.
Data ut supra, die vi augusti 1453.
Marcus.
Cichus.
39
Francesco Sforza comanda a Ludovico da Bologna di ricercare al di là del Po Odino da Milano,
famiglio di tal Giacomo da Castello di Milano, che ha il padre a Milano chiamato Filippo da
Castello, daziere. Trovandolo, lo prenda, se possibile, “de requeto” segretamente e lo
custodisca accuratamente essendo la sua cattura di grandissima importanza
per lo stato e la stessa famiglia ducale.
1453 agosto 7, “apud Gaydum”.
Lodovicho de Bononia
Volemo, et per la presente expressamente te comettemo et comandiamo, che subito,
recevuta questa nostra lettera, tu te sforzi et ingegni de circhare con somma
solicitudine et diligentia per tute quelle parte nostre dellà de Po uno Odino da Milano,
quale intendemo è deventato famiglio de Iacomo da Castello da Milano, quale Iacomo
ha el padre a Milano, chiamato Filippo da Castello, daciero; et trovandolo in qualuncha
loco voglia se sia, el prenderai siandote possibile de requeto, et secretamente et lo
metterai in loco dove non possa fugire, facendolo custodire per la vita. Et caso tu non lo
podesse havere in le mano de requeto, faraylo pigliare como meglio porrai, monstrando
la nostra lettera patente quale te mandiamo qui alligata per 13v dicta caxone,
advisandote, Lodovicho, che nuy facemo pigliare costui per cosa de grandissima
importantia al stato nostro et è sì granda ed importantissima che gli va in uno tratto lo
stato, la robba, mogliere, figlioli et persona nostra. Ex campo nostro apud Gaydum, die
vii augusti 1453.
Iohannes.
40
Francesco Sforza comunica a Pietro de Linate di aver incaricato Ludovico da Bologna di riferirgli
dei modi che si devono tenere per soddisfare il Colleoni della tassa dei mesi di luglio e agosto
per i cavalli che toccano alla comunità di Tortona.
Lo stesso giorno Zanetto ha informato la duchessa di quanto occorso in quelle parti.
1453 agosto 6, (“in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Petro de Lonate.
Ultra quello, per quest’altra te havemo scripto più pienamente havemo comesso ad
Lodovicho da Bologna te debia referire, per nostra parte, apresso tì, havemo comesso
te debia referire deli modi se haverano ad servare circa la satisfactione del magnifico
Bartholomeo dela taxa del mese de luglio et augusto per li cavalli che tochino ad quella
nostra comunità de Terdona, sichè crederagli et exequirai si como te lo dicesse et
ordinasse la persona nostra propria. Data ut supra, die vi augusti 1453.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus ipsis in
partibus, die vi augusti 1453.
Cabalarius Lantelmus.
Iohannes.
41
Francesco Sforza scrive ai conestabili Francesco Corso, Paduano e Antonello de Alavio che,
appena pagati del soldo, si portino subito da lui in campo.
1453 agosto 6, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Francisco Corsio, Paduano, et Antonello de Alavio, conestabilibus nostris.
Credemo vuy debiati essere spazati del dinaro havete ad recevere lì per lo adviso
havimo dellà, et non essendo spazati, siamo certi sereti spazati subito. Pertanto ve
scrivemo 14r et volemo che subito, havuta questa, ve spazati dellà, et venuti qui da nuy
per potere essere insieme con li altri qui in campo ad fare quanto bisogna. Ma se
havete caro el stato et bene nostro, non perdete tempo ad venire via perchè nuy
havemo ad fare dele cose in breve dove desideramo ve retrovate. Data ut supra.
Zanetus.
Iohannes.
42
Francesco Sforza raccomanda al vescovo di Tortona di far osservare ai suoi uomini quanto egli
ha ordinato al suo famiglio Ludovico da Bologna circa il pagamento delle tasse.
1453 agosto 7, “apud Gaydum”.
Reverendo domino episcopo Terdone.
Nuy havimo dicto ad Lodovicho da Bologna, nostro famiglio, et commessoli quanto è la
dispositione nostra circha lo paghamento dele taxe ne hanno ad fare quelli vostri
homini. Pertanto piaza ala reverentia vostra crederli quanto ad nuy proprii et curare che
se manda ad executione con effecto quanto gli havemo ordinato; perhò che così siamo
deliberati se exequischa senza exceptione alcuna. Data in campo nostro, apud
Gaydum, die vii augusti 1453.
Nicolaus.
Iohannes.
43
Francesco Sforza sollecita il conte Pietro Torelli a voler prestare attenzione a quanto gli riferirà il
suo famiglio Orfeo, dando a tutto ciò che gli riporterà pronta esecuzione.
Il medesimo giorno Zanetto riferisce alla duchessa quanto avviene da quelle parti.
(1453 agosto 7, “apud Gaydum”).
Magnifico et strenuo dilectissimo nostro comiti Petro Torello.
Dal nobile Orfeo, nostro famiglio, presente exhibitore, siamo avvisati dela perfectissima
intentione et dispositione vostra verso et il stato bene et cose nostre, del che, benchè
ad nuy non sia puncto cosa nova, ve rengratiamo cordialmente pregandove vogliati al
prefato Orpheo, quale remandiamo da vuy informato dela intentione nostra per alcune
cose ve ha ad referire et exponere, dare piena fede como se nuy proprii ad bocha
parlassemo con vuy et dargli quella expeditione se rendemo certi farete, certificandove
che per una volta non poresti fare cosa ne fosse più singularmente accepta. Data ut
supra.
14v Apud Gaydum, die vii augusti, hore 4 noctis.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse Mediolani de occurrentibus in
castris.
Ser Andreas Fulgineus.
Iohannes.
44
Francesco Sforza riecheggia a Pietro de Linate le lamentele che il Colleoni fa verso di lui per il
comportamento che ha con i suoi soldati quando bruscamente li richiama per i danni recati alle
persone del luogo. Gli raccomanda di agire sempre “humanamente et domesticamente” con il
Colleone, i suoi ufficiali e militari.
Se avesse motivi di rimproveri, ne faccia direttamente parola con il Colleoni stesso, in modo che
egli comprenda il trattamento di riguardo che si usa con lui e le sue truppe.
Il giono dopo Zanetto informa la duchessa di quanto avviene da quelle parti.
(1453 agosto 7, “apud Gaydum”).
Petro de Lonate.
El magnifico Bartholomeo ha mandato a dolerse con nuy deli mali tractamenti sonno
facti ali suoi allogiano in Tertonese et deli rebuffi che fai anchora ti dal canto tuo,
amenazandoli de fargli tagliare a peze dali vilani quando fanno deli danni et
rencrescimenti, et cetera, per modo che deli facti toi se chiama asai malcontento; dela
qual cosa anchora ne havemo admiratione et spiacere perchè tu sai bene che la mente
et voluntà nostra è ch’el predicto Bartholomeo et li suoi officiali et homini nostri per ogni
respecto debiano essere ben veduti et ben tractati, et maxime la persona de
Bartholomeo. Sichè, se tu hai servati li modi ch’el dice, tu hai facto male et te si’ portato
non punto prudentemente. Il perchè volemo et te comettiamo per questa per sempre
che verso el magnifico Bartholomeo et tuti li suoi te debbi portare in ogni caso
humanamente et domesticamente, et quando scandalo o errore o damni segueno per
casone deli soi, non volere fare contra loro da per ti, ma haverà recorso dala soa, ma
narrandoli li casi perchè semo certi sempre luy li remediarà et la persona soa haverai in
reverentia et honore, facendoli tute quelli aconzi et cortesie te siano possibili et non te
rencrescha cavalchare ala fiata fin da luy per acconzare delle differentie et remediare
ali inconvenienti, dicendo che cosi hai in comissione da nuy, imo più de obedirlo in
qualunche cosa concernente el stato nostro che luy te commettesse, cossì come la
persona nostra propria. Sichè 15r vedi mo de supplire a tutti li manchamenti passati,
facendo anchora opera che li suoi siano ben tractati dele loro taxe finchè haverano ad
stare in quelle stantie, como te dirà più a pieno Lodovicho da Bologna, deportandoti in
ogni cosa per forma verso luy che habia casone de contentarse deli facti toy. Data ut
supra.
Iohannes.
Die viii augusti.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domina ducisse de occurrentibus in castris et
portamentis causa.
Ser Andreas de Fuligneus.
45
Francesco Sforza ordina al podestà di Glarola di consentire al famiglio ducale Corso di servirsi di
tutte le masserizie e cose che si trovano nell’abitazione della casa di Zannino ov’egli sta con
licenza del duca e, perciò, gli restituisca tutto quello che gli ha fatto togliere.
1453 agosto 8, (“apud Gaydum”).
Potestati Glarolarum.
Il Corso, nostro fameglio, se è doluto con nuy che pare che tu li habbi tolto, o facto
torre, dela casa de Zanino, dove luy stava con nostra licentia et voluntà, alcune
massaritie et cose; del chè assai ne maravigliamo. Et perchè è nostra intentione ch’el
dicto Corso possa godere dicta casa con tute l'altre cose gli erano dentro, volimo che
subito li restituischa ogni cosa senza diminutione alcuna, facendo perhò l'inventario de
tuto, quale ce mandaray, recevuta questa. Data ut supra, die viii augusti 1453.
Ser Andreas de Fulgineus.
46
Francesco Sforza scrive a donna Luchina di mandare, via Piacenza, i suoi cavalli, anzichè a
Parma, a Cremona, ove faranno quanto verrà ordinato dal luogotenente ducale e Sagramoro
Visconti, per poi portarsi, come s’era convenuto prima, a Parma.
1453 agosto 8, “apud Gaydum”.
Magnifice domine Luchine.
Non obstante quello ve havemo scripto de mandare li vostri cavalli a Parma, adesso
havemo mutata opinione et ve confortiamo et caricamo vogliate mandare li dicti cavalli
ad Cremona per la via de Piasenza con commissione et ordine che debiano exequire et
fare interamente quanto ordenarano el nostro locoten(en)te de Cremona et messer
Segramoro Visconte in favore dele cose delà, avisandove che, spazate le dicte cose,
nostra intentione (è) che vadino a Parma, como era ordinato prima. Ex nostris felicibus
castris apud Gaydum, die viii augusti 1453.
Irius.
Cichus.
47
Francesco Sforza vuole che Giuseppe da Cortona, podestà e castellano di San Colombano,
faccia presente alla figlia del defunto Pezino Bosono e ai parenti, cui spetta di maritarla, che
non può accasarsi senza la licenza del duca.
1453 agosto 8, “in castris apud Gaydum”.
15v Magistro Iosep de Cortonio, potestati et castellano nostro Sancti Columbani.
Per alcuni boni respecti volemo tu ordine et comandi ala figliola del quondam Pezino
Bosono de quella terra et ali soi parenti, ali quali specta maritarla, che senza nostra
licentia non se debia maritare, nè loro consentire che toglia persona alcuna per marito
senza nostro consentimento, como è dicto. Data in castris apud Gaydum, die viii
augusti 1453.
Iohannes.
48
Francesco Sforza vuole che si dia da fare perchè i parenti di questa puta aderiscano a che essa
si mariti con Bergamasco, famiglio d’arme ducale, del cui parentato “se retrovarano contenti”
Il giorno successivo Zanetto ha scritto alla duchesse su quanto accaduto.
(1453 agosto 8, “in castris apud Gaydum”).
Poliza.
Seressemo contenti che tu operassi con boni et honesti modi con li parenti de questa
pucta che se contentaseno darla per mogliere a Bergamascho, nostro fameglio d’arme,
quale tu deve cognoscere, del quale parentato se retrovarano ben contenti. Data ut in
letteris.
Iohannes.
Die viiii augusti.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus in castris.
Iohannes de Terzago.
Iohannes.
49
Francesco Sforza ribadisce a Pietro de Lonate di non avere gradito per nulla le gride da lui fatte
per i danni causati dai soldati ai beni della gente del posto. Ciò ha potuto far credere al Colleoni
che tutto sia accaduto d’intesa con il duca, “el che poderia generare qualche sdegno”. Gli
comanda, perciò, di portarsi dal Colleoni per scusarsi, cercando di “mollificarlo” facendogli
intendere che tutto è avvenuto a insaputa del duca, che ha preso la cosa per “molesta”.
1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”.
Petro de Lonate.
Havimo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrive della proclamatione et cride
hai facto far per li soldati, quali si sonno trovati guastare li zardini, et cetera, dando
arbitrio ali homini che li destengano, et cetera. Al che respondendo te dicemo che a nuy
hayi facto cosa molto molesta et che ne despiace molto perché sarà uno commovere li
populi contra essi soldati, et anche sarà uno far credere il magnifico Bartholomeo che
questo habii facto con nostra voluntà et consentimento, el che poderia generare
qualche sdegno. Sichè hay molto malfacto et cosa che ne despiace grandamente et
aciò ch’el prefato magnifico Bartholomeo intenda et sapia che questo l'hai facto senza
nostro consentimento, volimo che subito vadi da luy et faci la scusa toa con mollificarlo
et farlo intendere che tu hai facto cosa a nuy molesta, revocando dappoi quanto sopra
ciò hay facto. Data ut supra, die x augusti 1453.
Bonifacius.
Iohannes.
50
Francesco Sforza rimbrotta Ludovico da Bologna per la sua lentezza nel riscuotere i denari
delle tasse che spettano a Graziolo da Vicenza, riducendolo al rischio di perdere tutta la sua
compagnia. Si impegni, quindi, per avere, da chiunque sia, tutti i denari delle tasse che deve in
modo che nè Graziolo nè altri rimangano privi di danaro e procuri pure che alle genti del
Colleoni, alloggiate nel Tortonese, non manchino i denari delle tasse loro spettanti.
(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).
16r Lodovicho de Bononia.
Nuy non possiamo fare che grandamente non ne maravigliamo et dogliamo de questa
tua tanta lenteza et tardità che hay usata et usi tutavia in retrare li denari dela taxa che
tochano al strenuo Gratiolo da Vincenza et alli altri, secondo appare per le assignatione
facte; et non è manchato per ti che Gratiolo non habia persa in tuto la compagnia per
non havere havuto el suo dinaro. Il perchè volemo, et per questa de novo te comettemo
et dicemo che tu vogli con summa presteza et celerità, non guardando in volto ad homo
del mondo, nè havendo riguardo, nè respecto a persona alcuna, et sia che se voglia,
fare ogni executione ad retrare li dicti (a) dinari delle taxe da quelli che debitamente
restano pagatori, tanto della cità quanto del destricto et iurisdictione de Terdona,
secondo l'ordine et le taxe per ti facte et imposte, facendo pagare ogniuno quella
summa et numero de dinari che più volte a bocha hai havuto in commissione da nuy; et
cura per modo fare che più non habiamo a scriverte per simile materia, nè che nuy
habiamo più querella dal dicto Gratiolo, nè dali altri che restino ad essere pagati delli
dinari delle dicte taxe, servando anchora modo che le gente del magnifico Bartholomeo,
allogiati in Terdonese, habianole lor taxe fina tanto che nuy non te scriveremo altro in
contrario. Data apud Gaydum,x augusti 1453.
Iohannes.
(a) ad retrare li dicti scritto su rasura.
51
Francesco Sforza loda il referendario di Lodi per quanto ha fatto “in la materia del trattato dale
Gerole”, ma lo rimprovera per la risonanza fatta allo “examine” che, anzichè passarlo quasi sotto
silenzio, “sia stato facto quodammodo sono tube” e, soprattutto, lo redarguisce per essersi
surrogato al podestà fin nei primi atti del procedimento, non consegnandogli neppure
l’incriminato Gazo. Eppure, il duca aveva scritto al podestà di lì “che facesse de Iacomino Gazo
quanto voleva iusticia”. Da ciò la sferzata dello Sforza al referendario prevaricatore nelle sue
attribuzioni : “il vostro proprio officio è de provedere el facto de l’intrate nostre, et non saria bene
che vuy faceste l’officio del podestà”. Da ciò l’ammonizione: “così in questo caso come in quello
accaderanno per l’advenire...guardateve de presumere l’officio del nostro podestà”, perchè
sarebbe pronta la sanzione: “ve faressemo sentire che non faresti bene”.
(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).
Egregio referendario nostro Laude.
Molto comendiamo la vostra diligentia et sollicitudine haviti usata così in laudare ale
Gerola, como in fare l’altre cose havite facte et exequite in la materia del tractato dale
Gerole, e de tuto rimanevamo molti satisfacti de voi; ma per certo ne siamo tropo
meravigliati et anche ne dolemo che, havendo nuy ordinato che lo examine fosse facto
sotto più silentio che sia possibile, sia stato facto quondammodo 16v sono tube et in tal
modo che non lo sa se non Dio et tuta la zente del mondo, che è stato tuto contra la
mente nostra, et che molto più ne dole, havendo nuy scrito al nostro podestà de lì che
facesse de Iacomino Garzo quanto voleva iusticia, tenessero modo, con volere che
prima se promectesseno xv ducati a Castelletto, nostro provixionato, et tra uno et un
altro, ch’el non fo consignato nele mane del dicto nostro podestà nel termine havevamo
ordinato; et più doveresti sapere che tale administratione non tocha a voi et il vostro
proprio officio è de provedere el facto del’intrate nostre et non saria bene che voy
faceste l’officio del podestà. Sichè lassate l’officio suo a luy, così in questo caso como
in quelli accaderano per l’advenire, et guardateve inante de presumere de impedire
l’officio del nostro podestà, perché ve faressemo sentire che non faresti bene. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
52
Francesco Sforza si lamenta con il referendario di Pavia e con Gracino da Pescarolo
per non avere ancora provveduto a far corrispondere a Giacomo Scrovegno la provvisione
assegnatagli e di cui abbisogna, siccome vive fuori casa sua e non ha molte altre entrate
per sostentare la sua famiglia.
(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).
Referendario Papie et Gracino de Piscarolo.
Per più altre nostre littere ve havemo scripto e caldamente cometuto che dovesti far
respondere al nobile Iacomo Scrovigno dela provixione qual gli havemo assignata, e
pur non l'havita facto, segondo siamo informati. La qual cosa invero ne rencresce assay
perché, como dovete anchora voi pensare siando el bon zentilhomo fora da casa soa e
non havendo molte altre intrate per vivere dela soa fameglia, gli è bisogno omnino dela
dicta previsione. Sichè, se haveti voglia farne cosa che ne sia grata, fateli respondere
dela dicta sua provisione senza altra repplicatione da nostre lettere, che ben dovete
essere certi, havendoglila assegnata, volimo che l'habia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
53
Francesco Sforza scrive al podestà di Pavia dicendosi dispiaciuto perchè il referendario non gli
ha consegnato Giacomino. Vuole che, nonostante l’opposta disposizione datagli il 2 del corrente
mese, faccia di Giacomino “quanto vole iustitia”. In merito agli altri quattro imputati gli comanda
che, sebbene “habiano purgati gli indici”, li faccia di nuovo esaminare per eventualmente cavare
qualcos’altro da loro e ancora, siccome ha saputo che i banditi “per lo tractato havevano qualche
cosa”, desidera sapere come è stata trattata la Camera ducale circa ciò.
1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).
17r Potestati Papie.
Havemo recevute due vostre lettere ale quale, respondendo, ve comendiamo de
quanto haviti facto circha la materia del tractato dele Gerole e restiamo satisfacti da voi,
benchè le nostre lettere non siano mandate ad executione como volevamo circha la
iustitia da fir facta, che non imputamo a voi, ma alo referendario, al quale scrivemo
proinde quanto ne pare et in modo et forma ch’el cognoscerà haverne grandamente
despiazuto, non ve havendo facto assignare nele mane de Iacomino, como gli
scrivevamo. Ma, sia como se voglia, volemo e ve commettemo che subito, non
havendo respecto ad alcuna cosa, et non obstante lettere, date ii presentis, de che
dovesti soprasedere de farlo iustitiare fina tanto ve scrivessemo altro, faciate de luy
quanto vole iustitia. Quantum autem ala parte de quelli quatro imputati e sustenuti lì in
castello, volimo che, non obstante che, como scriviti, habiano purgati gli indicii, de novo
gli faciate examinare e vediate se altro se pò cavare da loro. Ceterum, perchè pur
siamo informati che li banditi per lo dicto tractato havevano qualche cosa et che ne ha
strazato in qua et chi in là, volimo che ve inzignati sapere como è stata tractata la
Camera nostra circha ciò, e qual descriptione è facta, e de tuto darietene aviso. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
54
Francesco Sforza prende atto dell’andata di Gentile della Molara a Castelnuovo Tortonese con il
cancelliere del duca di Modena e dell’incontro ivi avuto con il luogotenente e gli uomini del
posto. Gli fa presente che come i locali vogliono essere risarciti dei danni subiti dai soldati del
Colleoni, altrettanto vale l’opposto, perchè lo Sforza intende che i suoi uomini “non siano da
mancho et pegio tractati che li dicti uomini di Castelnovo”.
Lo informa di aver scritto ad Orfeo di portarsi dal conte Pietro Torelli per domandargli i 2000 e
più ducati dovuti e, avutili, saranno destinati al Colleoni.
(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).
Gentili dela Molara
A questi di passati recevessemo la toa lettera de di cinque presente per la quale
restiamo a compimento advisati dela andata toa a Castelnovo del Tertonese et de
quanto hay facto con lo cancellero del’illustre ducha et con il locotenente et homini
d'essa terra; al che respondendo, dicemo ne piace quanto hai facto et te ne
comendiamo; bene te recordiamo et volemo che, così como li dicti homini voleno, che
gli siano satisfacti li damni facti a loro per li soldati del magnifico Bartholomeo Coleone,
che tu fazi con effecto che anchora ali dicti soldati siano integramente satisfacti tuti li
damni quali loro habiano recevuti per casone deli dicti homini, como è iusto et
raxoneveole et debito, perchè nostra intentione è che li nostri non siano da mancho et
pegio tractati che li dicti homini de Castelnovo; et così intendemo de quelli altri homini
17v nostri del paese, quali intendemo hanno recevuto molti damni per casone d’essi
homini de Castelnovo.
Ala parte delli ducati doa millia del conte Petro Torello, nuy havemo scripto ad Orfeo
che lo debia andare ad trovare et domandargli li dicti ducati doa millia e più. Et
possendogli (a) havere gli havemo scripto che siamo contenti siano dati al magnifico
Bartholomeo: prende atto del che, ne porrai avvisare la sua magnificentia. Data ut
supra
Leonardus.
Iohannes.
(a) et possendogli ripeuto.
55
Francesco Sforza fa sapere al luogotenente di Lodi che un suo uomo d’arme, Ruggero de
Diano, s’era preso per famiglio tal Martino, nipote del Manza, cui aveva imprestato quattro ducati
e fattogli un paio di calze; detto Martino ora è passato dai nemici e ha lasciato la moglie a Lodi.
Il duca vuole che il luogotenente costringa la moglie a risarcire Ruggero
con la roba di detto Martino.
1453 agosto 11, (“in castris apud Gaydum”).
Locutenenti Laude.
Rugero de Diano, nostro homo d’arme, ne dice che, havendo luy al’uscire in campo
tolto uno famiglio de quella cità, nominato Martino, nipote del Manza, per mano de
Bartholomeo da Muzano, al quale haviva imprestati ducati 4 et factogli uno paro de
calce: al presente s’è fugito da luy et andato dal canto de inimici, il quale ha mogliere in
quella nostra cità. Pertanto volemo che, havuta questa, debiate provedere astringendo
la mogliere, o facendo dare dela robba del dicto Martino al dicto Rogero o ad qualunche
suo messo presente exhibitori, tanto che esso Rogero sia satisfacto, così destructo il
dicto Martino, siando venuto lì; et provedeti ch’el presente famiglio d’esso Rogcero sia
spazato subito, remossa ogni casone. Data ut supra, die xi augusti 1453.
Zanetus
Cichus.
56
Francesco Sforza risponde circa il fatto denunciatogli da Pietro de Lonate che il famiglio ducale
Gentile dalla Molara ha provveduto a far trattenere con i cavalli il figlio di uno dei gentiluomini di
Godliasse (Godiasco) con il pretesto che gli furono rubati dagli uomini di detti gentiluomini 32
ducati. Il duca non crede alla sventura di Gentite e se, come hanno scritto di voler fare, detti
gentiluomini gli danno garanzia di “stare a rasone con Gentile”, il duca ordina a Pietro di liberare
il menzionato figliolo. Circa il lamento di Pietro nei riguardi del Colleoni, il duca gli risponde
secco: “luy ha una grande rasone contra de ti”.
1453 agosto 10, (“in castris apud Gaydum”).
Petro de Lonate.
Havemo recevute doe toe lettere de dì v et vi del presente, alle quale respondendo,
primo, ala parte del figliolo de uno de quelli gentilhomini da Godliasse, quale Gentile
dala Molara, nostro famiglio, ha facto sequestrare con li cavalli suoi in quella cità,
dicendo che a luy foreno tolti ducati xxxii dalli homini delli dicti gentilhomini, dicemo che
ne rencressce ch’el dicto gentilhomo sia destenuto lì, como ne scrive, perché 18r siamo
certi ch’el dicto Gentile non dica el vero che habia perduto dicti dinari; anze faza più
presto questo per cavarne qualche cosa. Pertanto volimo che dagandote li dicti
gentilhomini segurtade de stare a rasone col dicto Gentile, como te hanno scripto voler
fare, che tu debii relaxare liberamente al dicto suo figliolo; et facendo in questa forma
non ne pare ch’el dicto Gentile se possa lamentare ch’el gli sia facto torto. Ala parte
dela lamenta te ha mandato a fare el magnifico Bartholomeo Coglione, non dicemo
altro se non che luy ha una grande rasone contra de ti, como per un'altra nostra più
largamente intenderay. Data ut supra, die x augusti 1453.
Leonardus.
Iohannes.
57
Francesco Sforza risponde al suo cancelliere Alessandro Ubertario di aver ricevuto le sue lettere
circa la consultazione sul fatto di Barbiano. Ha pure appreso delle lettere inviategli da Agostino
Baraco in merito al parere dei dottori del Collegio. Gli fa sapere che non ha tempo per cercare di
avere il breve apostolico, l’investiture e le altre cose cui accenna Agostino;
col tempo si avrà tutto.
1453 agosto 11, (“in castris apud Gaydum”).
Alexandro Ubertario cancellario nostro.
Havemo recevuto doe toe lettere dupplicate circha'l facto del consultare su el facto de
Barbiano; et inteso quanto tu scrive et così intesa la copia della lettera, quale te ha
scripta meser Augustino Baracho circha al parere delli doctori et del Colegio, et cetera,
dicemo che non havemo tempo de circhare de havere el breve apostolico et la
investitura, et le altre cose contene la lettera del dicto meser Augustino, ma col tempo
non dubitamo ch’el se haverà quanto bisognerà, ma vogliono a consigliare li doctori
facendo firmo presuposito che se habia dicto breve et investitura et tute quelle cose che
contene la lettera del dicto meser Augustino. Et non se possendo havere, saremoli
inganati nuy. Data ut supra, die xi augusti 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
58
Francesco Sforza comunica al luogotenente di Lodi che Niccolò da Rezzo, uomo d’arme ducale,
gli ha fatto sapere che il lodigiano Paolo Bianco (cui il duca ha donato i beni confiscati a Pietro
Cagamosto e famiglia) non intende lasciargli la possesssione che ha avuto in affitto per 100
fiorini annui da Pedro, possessione per la cui riparazione ha speso 600 lire.
Il duca vuole che a Niccolò rimanga tale possesso per tutto il tempo contemplato nell’investitura
e, dovendola lasciare, gli siano rifuse le spese da lui sopportate per la detta riparazione.
Al di là di ciò, Niccolò gli ha fatto sapere che ha dei debitori morosi.
Siccome Niccolò deve rimanere in campo per servizi ducali e non può, quindi, “attendere a
piedezare”, il duca impone al luogotenente di ricorrere al rito sommario con l’avvertenza, però,
che di “quelle cose specta ala rasone lasci la cura al podestà”.
1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”.
Locuntenenti Laude.
Nicolò da Rezo, nostro homo d’arme, ne ha significato che Paulo Bianchus, citadino de
quella nostra cità, al quale havemo 18v donato li beni de Pedro Cagamosto, mogliera et
fameglia soa, confiscati ala Camera nostra per li loro demeriti, non intende lassargli una
possessione, quale tolse a ficto dal dicto Pedro per fiorini cento l’anno, in la quale per
repararla ha speso circha seicento libre, secundo per la soa supplicatione vederai,
quale te mandiamo qui inclusa. Et perchè ne pare honesto che dicto Nicolò tengha la
possessione per lo tempo se contenne in la investitura soa, o dovendola relaxare, gli
siano restituite le spese, quale se trovarà che l'habia facte in dicta possesione, volimo
che, havute ambe le parte da ti, curi intendere dicte spese, et trovato el vero, havendo
Nicolò a relaxare la possesione, gli fazi restituire le spese soe, facendo però in questo
rasone a l’una parte et l'altra, ita et taliter che veruna dele parte iustamente se possa
lamentare. Ne ha anchora exposto dicto Nicolò per dicta inclusa supplicatione havere
più debitori per diverse casone dali quali non pò conseguire el dovere suo, et perchè
bisogni luy staghi in campo in li nostri servicii et non pò attendere ad piadezare, volimo
che contra dicti soi debitori fazi rasone summaria senza strepito et figura de iudicio,
sichè presto conguisca el dovere suo senza litigio. Intendemo perhò et volimo che de
quelle cose specta ala rasone lassi la cura al podestà. Ex felicibus castris apud
Gaydum, die x augusti MCCCCLIII.
Marcus.
Cichus.
59
Francesco Sforza risponde alla consorte che per quel che riguarda la Gerola e quanto a
proposito le scrivono Sceva de Curte e il podestà per la libertà di quei tre uomini, il duca le
raccomanda di “intendere bene la condictione” loro e di non consentire che “gli zoghi passione”
e risponda secondo le informazioni che avrà. Circa la fortezza della Gerola, a lui non pare
questo ne sia il momento e, anche passando di là re Renato, assicuri Sceva che le cose si
aggiusteranno per modo anche senza una fortezza alla Gerola. Per la rocca di Pallavicino, di
cui ha scritto a lei la olim moglie di Lionello Spinola e figlia di Barnabeo Adorno e a lui ha scritto
lo stesso Barnabeo, il duca è del parere di non dare alcuna illusione scritta, ma se proprio lei
vuole rispondere, scriva “dandogli bone parole”.
1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.
Illustrissime domine ducisse Mediolani, et cetera.
Havemo recevute le lettere della signoria vostra et inteso quanto per esse ne scrive; ale
quale rispondendo, primo, ala parte della Gerola, havemo veduto quello scriveno ala
signoria vostra domino Sceva et il podestà de quelli tre homini gli pareria da cavare
fora, et così della forteza dicono da farse lì. Ad che ve dicemo che la signoria vostra
voglia intendere bene la condictione de questi tre et attendere che non gli (a) zoghi
passione; poi secondo la informatione se haverà, la signoria vostra proveda como gli
pare. Alla parte della forteza ad noi non pare che per adesso sia tempo de fare questa
forteza; sichè la signoria vostra responda ad domino Sceva como gli pare 19r perché,
venendo la mayestà del re Renato dal canto de qua, non dubitamo se acconzaranno le
cose de là in breve per modo non bisognerà altra forteza alla Gerola. Havemo veduto la
supplicatione ha posto alla signoria vostra la figliola di Barnabeo Adorno, olim mogliere
de Lionello Spinola, per la restitutione della rocha de Palavixino, di che anche
Barnabeo ha scripto ad nuy domandandone anche salvoconducto de voler menare la
famiglia sua nelle terre nostre. Delle quale cose nè l’una nè l'altra ad nuy non pare de
fare de presente, neanche per lectera gli ne volimo dare speranza alcuna, aciochè non
la possano mustrare, ma la signoria vostra gli poterà respondere honestamente como
gli parerà, dandogli bone parole como anche scrivemo ad Angelo. Ex castris apud
Gaydum, die xii augusti 1453.
Zanetus.
Cichus.
(a) Segue hochi depennato.
60
Francesco Sforza avverte il famulo lodigiano Fiorentino che, siccome i nemici hanno fatto
scorrerie a Castelleone prendendo assai uomini e bestie, di indirizzare i carri di fieno verso
Cavenago in modo che non cadano in mano dei nemici.
Nel medesimo giorno si sono scritte le novità alla duchessa.
(1453 agosto 12), “in castris apud Gaydum”.
Florentino, famulo in Laude.
Perchè l’inimici, como haverai inteso sonno, questi di corsi ad Castellione quale haviva
salvoconducto amplissimo quanto dire se possa, et preso gram parte delli homini et soi
bestiame, volimo che tu habbi advertentia ad non mandare li carri nostri de qua de
Adda per feno socto fedanza de salvoconducto, ma li manderai verso Cavenagho per
modo l'inimici non li possano havere ad sua discretione, perchè non hanno fede nè
exstimano honore da verghogna. Ex castris ut supra.
Zanetus.
Cichus.
Die xii augusti 1453.
Scriptum fuit illustrissime domine Bianche Marie de novis.
Zanetus.
Cichus.
61
Istruzione di Marco Conco.
(1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”).
19v Instructio facta Marci Conci apud bandum, xii augusti 1453.
De essere con Iohanne Caymo et fare che redeguardi siano fatti o barbota, come parrà
meglio che vada in suxo et giuxo et da Pizigitone fare tutte quelle provixione siano
necessarie ala guarda d'Adda.
Item d’essere a Castiglione con meser Morello et homini et fare tutte quelle cose siano
necessarie per dicta cagione.
Il simile ad Camayrago et Cavenagho.
Item andare a Cerreto da Gasparre da Sessa et fare quigli provedimenti siano
necessarie.
Item de fare fare la pallatta ala Torre d'Adda.
Item fare stare lì il piatto et nave che passare si possa a cavallo et a piedi.
Item d’essere col signore Conrado et fare tutti quigli provedimenti siano necessarii et
retroguardi et altre cosse necessarie.
Item mettere imponto il balcone et mandare dal Consilio per bombardelle facendossile
dare da meser Felipho Vesconti et scopetti per guardia de Cerreto, et cetera.
Item dire a Domenichino de Somma servi benne quella de Cerreto.
Item della preda fatta in Cremascho dal signor Conrado.
Item de salvicondocti di Bergamo et Crema siano rotti.
Item al fatto di Cassano et dele Torrette.
62
Lettere credenziali fatte a Marco Corio per i sottoindicati
Lo stesso giorno Zanetto ha scritto alla duchessa su quanto avvenuto in campo.
(1453) agosto 12, “in castris apud Gaydum”.
20r Die xii augusti, apud Gaydum.
Facte fuerunt littere credenciales in personam Marchi Coiri infrascriptis vedelicet:
domino Morello de Parma;
locumtenebti et potestati Laude;
magnifico domino Conrado;
domino Sagramoro Vicecomiti;
domino Thadeo de Verme et ceteris armigeris equorum, seu pedestrium, nunc in
Pizleone;
Iohanni Caymo et
Gasparri de Suessa.
Signate Cichus.
Die suprascripto.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse Mediolani, et cetera de
occurrentibus in castris.
Cabalarius Antonius Astensis.
Signata Iohannes.
63
Francesco Sforza scrive di aver ricevuto tramite il messo della sua donna notizie del fallimento
della cavalcata non bene organizzata, nonchè della sua determinazione di rimettersi insieme per
attaccare i nemici, cosa che assai gli piace specie ora che è sopraggiunto re Renato
1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.
Bartholomeo Coleono.
Magnifice et cetera, hersera per lo messo dela domna vostra recevessemo le vostre
lettere de dì viiii del presente per le quale a compimento restamo advisati dela
cavalcata facta per la magnificentia vostra et non essere reussita per non essere stata
ben proveduta, et cetera, et dela deliberatione presa fra quattro di de remettervi
insieme per attendere a far qualche cosa contra quelli nostri nemici. Il che tutto ad nuy
sommamente piace et cossì (a) confortiamo (b) la magnificentia vostra voglia
proseguire per venire (c) hormay a qualche fine de quella impresa, mò che la mayestà
del Re è venuta de qua et approximata alli favori nostri. Altro al presente non ne accade. Per lo dicto messo, quale hersera andò dal canto dellà per andare a Brixa con
intentione, secondo luy dice, de retornare qui a venire poy ala magnificentia vostra, ve
farimo al’altra lettera resposta. Data in castris apud Gaydum, die xii augusti 1453.
Iohannes.
(a) Segue ve depennato.
(b) Segue piaza depennato.
(c) Segue affine depennato.
64
Francesco Sforza comanda al podestà di Pavia di por fine alla negligenza di fare a Giacomino
Gazo quanto giustizia reclama.
(1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”).
Potestati Papie
Così, como per altre lettere date x del presente, così per queste te repplicamo che non
havendo fina al presente dì che seria stata negligentia, facto de Iacomino Garzo quanto
vuole iustitia, subito lo debbi fare, non obstante lettere, ambassiate o verun’altra cosa in
contrario; et a questo non aspectare altre lettere che non poriano essere senza tuo
mancamento. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
65
Francesco Sforza scrive al conestabile dei fanti Bartolomeo da Bologna che, in seguito alle sue
recriminazioni per non essere stato ancora soddisfatto dei denari assegnatigli a Tortona e nel
Tortonese, ha scritto tutte le lettere da lui richieste di modo che ora non ha che sollecitarne la
esecuzione. Pagato che egli sia, si congiunga presto con la sua compagnia alle altre genti che
sono in quelle parti.
1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.
20v Bartholomeo de Bononia, peditum conestabili nostro.
Havemo recevuto la toa lettera de dì vi del presente, data in Pontecurone, per la qual
restiamo avvisati della toa andata lì et della lamenta ne fai che non habbi anchora
potuto havere el spazamento tuo delli dinari te seranno assignati in Terdona et in
Terdonese; al che, respondendo, te dicemo che molto ne maravigliamo che anchora
non habbi havuto el dicto spazamento et ne rencresce et dole grandemente che tu sii
stato menato così ala longa. Per la qual cosa havemo facto fare tute quelle lettere che
tu ne rechiede le quale stanno in bona forma, et scrivemo in modo che faranno bono
fructo et che non te sarà mancato de rasone et favore; sichè sollicitarai mò el dicto tuo
spazamento et sforzati con ogni diligentia et sollicitudine de spazarte presto per andare
poi con la compagnia toa ad fare quanto è da fare insieme con quelle altre nostre gente
sonno in quelle parte. Ex castris nostris felicibus apud Gaydum, die xii augusti 1453.
Leonardus.
Iohannes.
66
Francesco Sforza comunica a Biagio Assereto Visconti che il conestabile Bartolomeo da
Bologna si è lamentato perchè l’invio del suo cancelliere per avere i denari a lui assegnati
dall’abbazia di San Alberto è stato vano. Lo sollecita vivamente perchè in ogni modo “sia facto
rasone contra li dictii debitori finchè luy sarà integramente satisfacto”.
(1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”).
Spectabili militi domino Blaxio Axereto de Vicecomitibus, dilectissimo nostro.
Bartholomeo da Bologna, nostro conestabile, ne scrive per soe lettere et ne fa lamenta
dicendo che, havendo mandato el suo canzellero ala terra vostra de Saravalle a
domandare che li fosse facta rasone contra alcuni debitori della abbadia de Sancto
Alberto per certi denari, quali gli havemo facti assignare per lo suo spazamento, esso
non ha potuto havere rasone alcuna; del che se ne maravigliamo et non credemo perhò
sia de vostra intentione, ma che più presto sia manchamento del vostro officiale.
Pertanto ve confortiamo, caricamo et stringemo quanto più possiamo che vogliate
ordinare et fare con effecto che al dicto Bartholomeo, o ad qualunche suo messo sia
facto rasone contra li dicti debitori finchè luy sarà integramente satisfacto de tuti quelli
dinari gli sonno assignati sopra la dicta abbadia; et in questo vogliateli dare ogni favore,
aciochè sia spazato presto et possa andare con la compagnia soa ad unirse con quelle
altre nostre gente et fare quanto gli sia da fare. Data ut supra.
Leonardus.
In simili forma scriptum fuit magnifice domine Luchine de Verme.
Iohannes.
67
Francesco Sforza scrive a Ludovico da Bologna che è stato da lui Scaboyno da Busseto,
ambasciatore della comunità di Pontecurone, per perorare uno sgravio della tassa dei cavalli.
Attualmente la comunità contribuisce secondo il parere di Pietro de Linate, commissario di
Tortona, cui lo Sforza ha imposto di attenersi alla tassa riportata nel libretto fatto, al tempo di
Filippo Maria Visconti, dal consigliere Niccolò Arcimboldi. L’ambasciatore di Pontecurone ha,
però, obiettato che tale base di tassazione è stata rivista e ridotta da altri commissari e in
particolare, da Giovanni Galeazzo di Ligurni per ordine dello stesso duca Visconti, come è
dimostrato “per scripture autentice”.
La conclusione sforzesca è che “dicta reductione gli sia observata”.
1453 agosto 11, “in castris apud Gaydum”.
21r Lodovicho de Bononia.
Scaboyno da Boxeto, ambaxatore dela comunità de Pontecurono, como tu sii ben
informato, è stato qui da nuy più dì sonno per impetrare da nuy che quella comunità
fosse alezerita dela taxa delli cavalli, ala quale del presente contribuisse secondo el
parere che n'ha mandato Petro da Lonate, comissario de quella nostra cità de Terdona,
al quale più et più volte, havendo respuosto et facto dire che nostra intentione è che la
dicta comunità contribuisca et paghi quella parte de tasse de cavalli che se contene nel
quaterneto delle taxe di cavalli, facto et ordinato nel tempo dela bona memoria del
quondam illustrissimo ducha de Milano, Filippo Maria, per el spectabile consigliero
domino Nicolò Arcimboldo et li altri sopra ciò deputati, como manifestamente appare. Et
perchè el dicto ambaxatore allega ch’el compartito de dicta taxa facto per esso domino
Nicolò fo da poi limitato et reducto ad minore somma de cavalli per altri comissarii, et
maxime per Iohanane Galeaz di Ligurni per comissione del prelibato illustrissimo duca
passato, offerendo luy monstrarlo con effecto et per scriptura autentica, volemo che
subito, recevuta la presente, tu debii diligentemente havere matura (a) informatione de
questa tale reductione (b) et trovando tu in verità et per scripture autentice et valide
questa tale reductione et essere stata observata nel tempo che viveva el prelibato
quondam ducha, semo contenti dicta reductione gli sia observata in quello grado et
forma medesma che li era observata nel predicto tempo d'esso signor ducha.
Data in castris nostris apud Gaydum, die xi augusti 1453.
Iohannes.
Iohannes.
(a) Da volemo a reductione scritto su testo non totalmente abraso.
(b) Segue observata nel tempo che viveva el prelibato quondam duca testo non abraso
e parte dell’altro invece abraso e riportato subito dopo nella missiva.
68
Francesco Sforza avverte il podestà, il comune e gli uomini di Pontecurone che, nonostante la
commissione fatta per lettere al famiglio ducale Ludovico da Bologna e portate dal loro
ambasciatore Scaboyno da Busseto, permane il loro dovere di pagare integramente la somma
già assegnata al conestabile Graziolo da Vicenza.
Li rassicura che userà per “li carichi futuri..clementia et humanità”
1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”.
Potestati, communi et hominibus Pontiscuroni.
Dilecti nostri, non obsante la commissione facta per le nostre lettere a Ludovico da
Bologna, nostro famiglio, mò novamente portate per Scaboyno da Busseto, vostro
oratore, ve advisamo et chiaremo per questa nostra lettera che la intentione nostra fo et
è che voy integramente debiate satisfare al pagamento de Gratiolo da Vicenza, nostro
conestabile, per quella somma de denari che vuy restati debitori, secondo la taxa (a)
deli cavalli a voy assignata et taxata per lo predicto Ludovico da Bologna, perchè
intendemo che li denari ch’el dicto Gratiolo resta havere in Terdonese, tanto dala
comunità de Terdona, quanto da voy et dali altri comuni, se debiano senza reserve, nè
contradictione alcuna pagare tucti integramente, strengendovi et expressamente
comandandovi per questa che non vogliati più per questa caxone mandare da nuy a far
scusa, nì defesa alcuna, perchè non sarete exauditi, et deinde ne porresti tal punitione
che ve ne pentireste. Semo ben contenti che in li carrichi futuri usarvi clementia et
humanità, maxime secondo chiarirà esso Lodovico per la commissione a luy facta. Data
ut supra, xiii augusti 1453.
Iohannes.
(a) la taxa in interlinea.
69
Francesco Sforza nuovamente stimola Ludovico da Bologna a indurre coloro, che ancora vi
sono tenuti, al pagamento di Graziolo da Vicenza in modo che, alla venuta di re Renato,
Graziolo sia in grado di dare con gli altri quella dimostrazione di forza e potenza che consentirà
di far uscire la gente ducale dalle gravezze “che patescono ogni zorno per caxone de questa
guerra”. Da ciò l’insistito suo comando a Ludovico di costringere tutti “quelli communi, homini et
persone”, che vi sono obbligati, non ignorando quelli del vescovato che ancora devono 500 lire,
puntando su quei di Vighizzolo e, in particolare, su gli uomini di Pontecurone, riottosi ad
assolvere i loro obblighi della tassa dei cavalli appigliandosi a ogni pretesto che ritardi o riduca
l’assolvimento dei loro obblighi.
(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).
21v Ludovico de Bononia.
Ludovico, perché da Gratiolo da Vincenza havemo continuamente grave querele et
lamente per lo spazamento che non pò conseguire, et cognescemo ha gran raxone, et
ultra questo, ogni maltrattamento che gli fa (a) in questi soy pagamenti et ogni longheza
da tempo che se li (b) mette torna in nostro grave damno et detrimento per non potere
operare el predicto Gratiolo in li nostri bisogni, et maxime al presente in la venuta dela
sacra mayestà del re Renato, et disponendo far a questa volta, con ogni nostro ingegno
et possanza, far ultimum de potentia per vencere et ussire da questi affanni et levare li
nostri popoli da tanti dispendii et graveze che patescono ogni zorno per caxone de
questa guerra. Volemo, et per questa te comandiamo che tu astrenghi con ogni
solicitudine, industria et executione reale et personale tucti quelli communi, homini et
persone, quali restano debitori del dicto Gratiolo per le taxe, non reservando persona
alcuna, et sopratucto quelli del vescovato, quali restano a dare le v cento libre quelli de
Pontecurono et Vighezolo, quali intendemo sonno molto renitenti et usano molte
cavillatione et subtili subterfugii per dilhactare et fugare el pagamento, recordandoti et
advisandoti che per la commissione che novamente te havemo facta per una nostra
lettera per li homini de Pontecuro, come in essa lettera se contene, non intendemo, nè
volemo ch’el pagamento del dicto Gratiolo se retardi, nè gli sia facta diminutione et
defalcatione per quello che specta ali dicti homini de Pontecurone, secondo la taxa de
cavalli per te alloro assignata. Ma la dicta commissione in le cose et carrichi futuri, cura
aduncha far per forma che nuy non habiamo più querela dal dicto Gratiolo, ma che
intendiamo el sia pagato et contentato. Data ut supra.
Iohannes.
(a) che gli fa in interlinea.
(b) li in interlinea.
70
Francesco Sforza fa presente al commissario, al podestà e agli altri ufficiali ducali di Tortona la
necessità di intervenire per por fine alle lamentele di Graziolo da Vicenza per la beffa dei
mancati pagamenti e per l’irriguardoso comportamento verso i suoi uomini. Il duca ridice loro di
volere che Graziolo “sia de presente expedito de tucto el suo resto”,in modo che sia disponibile
con gli altri a essere insieme con il re Renato. Sollecitino soprattutto quelli del vescovato a
versare a Graziolo le 500 lire spettantegli e impongano agli uomini di Vighizzolo e di
Pontecurone di bandire ogni remora “per dillactare et fugire el pagamento”.
1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”.
Commissario, potestati et ceteris officialibus nostris Terdone.
Dilecti nostri, se dole et grava sommamente Gratiolo da Vincenza, nostro conestabile,
ch’el è menato ala longa in li soy pagamenti, quali deve havere in quella cità et nel
distrecto et che da vuy non sonno li soy favoriti, nè adiutati como se non fusse facto
nostro, nè che may ne habiati havuto commissione da nuy, dela qual cosa, siando
cossi, molto ne dolemo et meravigliamo de vuy, perchè dovete comprendere ch’el male
de Gratiolo è pur nostro. Et perchè nuy intendemo ch’el sia de presente expedito de
tucto el suo resto, aciochè se possa remettere imponcto 22r et essere insieme cum le
altre nosre gente d’arme che sonno dal canto de là et cum la mayestà del Re, volemo
et per questa ve comandiamo che vuy astringati con ogni sollicitutine, industria et
executione reale et personale tutti quelli comuni, homini et persone quali restano
debitori del dicto Gratiolo per le taxe, non resrvando persona alcuna, et sopratucto
quelli del vescovato, quali restano dare le v cento libre, quelli de Pontecurono et
Vighozolo, quali intendemo sonno molto renitenti et usano molte cavillatione et
subterfugii per dillactare et fugire el pagamento. Curati adoncha far per forma che nuy
non habiamo più querella dal dicto Gratiolo, ma che intendiamo el sia pagato et
contentato. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum. die xiii augusti 1453.
Iohannes.
71
Francesco Sforza avverte il fratello Corrado che per la violazione nemica di scritture e
salvacondotti, egli, per reazione, ha revocati i suoi, come apprenderà dalla lettera ai Rettori di
Bergamo, che Corrado procurerà di far pervenire a destinazione con l’obbligo al suo messo di
aspettarne la risposta per legittimità di rappresaglia. Trascorso un giorno al di là del
contramando, egli potrà muoversi a danneggiare i nemici. Gli aggiunge d’aver scritto al conte
Giacomo e al Governatore per il tradimento perpetrato contro la gente ducale di Castelleone
“sotto loro salvoconducto”, informandoli della revoca (ma vieta ogni reazione da parte fraterna)
dei suoi salvacondotti di Pandino e Agnadello. Vuole che Corrado avvisi la gente ducale di qua
dell’Adda di ben guardarsi dei salvacondotti avuti in contraccambio di quelli delle terre del
Cremasco e di Geradadda.
(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).
Magnifico Conrado fratri nostro.
Per le perfidia et tradimenti delli inimici nostri, ali quali, nè a lor scripture, nè
salviconducti se pò prestare fede alcuna, ce siamo mossi iustissimamente et con quella
honestate che non hanno facta loro ad revocare li salviconducti, delli quali haveray
informatione per la introclusa copia d'una lettera, quale scrivemo ali Rectori de
Pergamo, et la qual lettera volimo subito la mandi ali dicti Rectori per messo, el quale
reporta la respuosta loro. Et passati che seranno li dì de contramando et anche uno dì
più, per meglio iustificarse apresso Dio et il mondo, tu gli potrai correre et farli
damnezare. Ma ben volemo che prima tu aspecti la resposta loro et apre le lettere sue
per meglio intendere como tu te doveray regere, perchè non voressemo per modo alcuno in alcuna minima cosa mancare del’honore nostro. Havemo etiamdio scripto in
campo inimico al conte Iacomo e Governatori agravandose del tradimento hanno commesso contra l'homini et terra nostra de Castellione sotto loro salvoconducto, et
avvisatoli che revocamo li salviconducti de Pandino et Agnadello per nuy comessi in
contracambio del vescovato de sopra; ma non volimo perhò che tu facii, nè lassi
offendere li dicti da Pandino, nè d'Agnadello fina tanto che te scriveremo altro. Ma ben
volimo che tu avisi li nostri del dicto vescovato de sopra che se guardeno aciò non li
intervenga quello è intervenuto a Castellione. Et similiter avisarai quelli altri nostri de
qua da Adda che se hanno salvoconducto in contracambio dele terre de Cremasca et
Giaradada et che se habiano a guardare perché, havendo nuy revocati li contracambii,
vengono etiamdio ad essere revocati li salviconducti delli dicti nostri. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
72
Francesco Sforza informa il conestabile Graziolo da Vicenza che due dei quattro bifolchi
mandatigli non sono che soldati e, perciò, inadatti a condurre buoi. Ne completi, quindi, il
numero, e paghi i bifolchi, come ordinatogli, per due mesi, e non già per dieci giorni, come ha
fatto con i predetti quattro.
(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).
22v Gratiolo de Vincentia conestabili nostro.
Inteso quanto per toe lettere ne hai scripto delli quatro bebolci ne mandi per lo
compimento delli dodece te scripsemo, respondemo che sonno venuti et deli quatro ne
sonno boni duy; l'altri duy dicono sonno soldati che non se à fa’ per lo facto nostro,
perchè li soldati non sanno menazare bovi. Pertanto vedi de mandarne altri duy,
avisandote che questi n'hai mandati dicono non havere havuti dinari più cha per dece dì
et che non gli porranno stare, del che ne maravigliamo perchè tu sai te scrissemo che
gli mandasti pagati per duy mesi. Pertanto vogli per ogni modo subito, recevuta questa
nostra, dargli tanti dinari che siano pagati per duy mesi et cosi mandaray l'altri duy
como per l'altre nostre te havimo scripto, perchè ad mandargli qui senza dinari
haveriano casone de fugirsene, che saria molto pegio che la prima volta. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
73
Francesco Sforza scrive al vescovo di Tortona perchè convinca i suoi uomini a pagare, senza
ulteriori tergiversazioni, i denari spettanti a Graziolo da Vicenza e metterlo, così, nella possibilità,
alla venuta di re Renato, di andare dove occorre per “finire totalmente quella guerra de là”.
(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).
Reverendo domino episcopo Terdonensi.
Como la vostra paternità debbe sapere restano li homini vostri del vescovato debitori de
livre cinquecento de imperiali, secundo la conventione havuta con nuy; et per la
renitentia et negligentia che usano in pagarli non pò fir spazato Gratiolo da Vincenza,
nostro conestabile, al quale sonno assignati dicti dinari. Per el che a nuy ne segue
damno asay, et n’è per seguire asay maiore, perchè in la venuta dela mayestà del re
Renato è mò necessario che tute le gente nostre che sonno de là se retrovano in
poncto de potere andare dove sia il bisogno per ultimare et finire totalmente quella
guerra de là, et non havendo dicto Gratiolo dicti dinari non se porrà condure, che a nuy
serà grande mancamento et damno. Per la qual cosa vogliamo per questa nostra
pregarve et confortarvne che se haveti cara la gratia nostra et l'honore et bene nostro,
vogliati fare che dicti homini subito paghino dicti dinari con ogni celerità et senza
exceptione alcuna aciò se possiamo valere d’esso Gratiolo, et non vogliati fare
exusatione alcuna, perchè faremo tractare in l'avenire dicti vostri homini così bene che
se haveranno ad laudare et contentarse molto bene. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
74
Francesco Sforza rassicura il conestabile dei fanti, Graziolo da Vicenza, di avere sollecitato
direttamente Ludovico da Bologna per indurre i morosi al suo pagamento, non solo, ma di avere
scritto “lettere molto efficace, mordente et minatorie” a tutti gli ufficiali di Tortona, a Ludovico da
Bologna, al vescovo e a Pontecurone per cui crede di fargli ottenere quanto gli è dovuto. Prepari
nel frattempo la sua gente all’arrivo di re Renato.
Zanetto h informato la duchessa di quanto avviene in campo.
(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).
23r Strenuo viro Gratiolo de Vincentia, peditum conestabili nostro dilecto.
Respondendo a doe toe lettere continente in somma che non poi havere effecto alcuno
del pagamento tuo, et cetera, dicemo, como per altre nostre più volte te habiamo
scripto, ch’el ne rencressce et dole de questa tardità d’esso spazamento, et
retrovandose qui Lodovicho da Bologna gli ne fesseno strictissima commissione, et non
dubitamo nela sua retornata la harà facto bon fructo. Pur non di mancho, perchè non
altramente desideramo questa tua expeditione che te medesmo, scrivemo de novo
lettere molto efficace, mordente et minatorie a tutti li officiali nostri de Tertona, a
Ludovicho da Bologna, al vescovo et a Pontecurono, per modo non dubitamo a questa
volta se ne caverano li pedi, sichè tu te porray valere delli toy dinari. Attende pur tu ad
havere la tua compagnia insieme che in questa venuta dela mayestà del Re possi far
honore et utile a te et ad nuy. Del facto dele spese facte per li toy, commessemo al
dicto Lodovicho quello ne parse honesto dovesse seguire circha ciò. Data ut supra.
Iohanns.
Cichus.
Die xii augusti.
Per Zanetum scriptum illustrissime domine ducisse Mediolani de occurrentibus in
castris.
Cabalarius est Paolinus.
75
Francesco Sforza conferma a Bartoluccio da Gubbio, famigliare ducale, quanto già sa da
Giacometto da Vailate che, in seguito a lettere ducali, il capitano di Gesezo aveva imprigionato
un uomo di donna Luchina per il debito che detti uomini hanno della tassa dei cavalli con detto
Giacometto e la sua squadra. Il prigioniero fu, però, liberato annullando, così, ogni garanzia di
pagamento. Ordina a Bertoluccio di intervenire per evitare che ciò sia definitivo e di fare in modo
che Giacometto sia soddisfatto.
1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”.
Nobili Bartholucio de Eugobio, familiari nostri.
Segondo che tu sarai informato per lo messo del strenuo Iacometto da Vaylate et sua
squadra, per vigore de nostre lettere el capitaneo de Gesezo haveva sustenuto uno deli
homini della magnifica madona Luchina per lo debito delle taxe di cavalli hanno li
homini dela prefata magnifica madona Luchina con dicto Iacometto et sua squadra, et
l'haveva facto dare segurtade, aut de comparire, aut de pagare una certa quantità de
dinari; deinde vero siamo avisati che l'è stato licentiato et anche annullate le segurtade
che seria uno fare che nè Iacometto, nè quelli della sua squadra fossero may pagati,
che non volimo patire. Pertanto volemo che tu habii la dicta segurtate et la stringhi
denuo ad fare el debito, segondo la promissione fata. Et a questo usa ogni dilligentia,
qua mediante, dicto Iacometto et sua squadra vengano hormay essere satisfacti. Ex
felicibus castris apud Gaydum, die xiiii augusti 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
76
Francesco Sforza informa la consorte dell’inganno operato dai nemici che sono penetrati in
Castelleone, indifesa perchè fiduciosa degli ampi salvacondotti concessi agli abitanti, che se ne
stavano “fora dela terra” e che, intenti alle faccende loro, furono presi con il loro bestiame. A
tanta disonorevole azione i nemici sono stati spinti dalla constatazione che ”li facti soi sonno per
andare male et in ruyna per respecto della venuta del re Renato et li nostri apparati”. Per
reazione a tanta vergogna nemica, lui (duca) ha annullati tutti i salvacondotti dati nel Cremasco,
nella Geradadda, nel Bergamasco, nel Cremonese e nel Bresciano, e ha fatto avere notizia della
sua ritorsione ai Rettori di Bergamo, al governatore e al provveditore del campo veneziano. Per
tranquillizzarla, fa sapere alla consorte che Donato è penetrato con dei suoi uomini in
Castelleone e altri ancora vi sono entrati in nottata, mentre a Pizzighettone si trovano Corrado,
Taddeo dal Verme e Sagramoro con otto squadre di gente d’arme e di fanteria, come le riporterà
la lettera tasmessale e che lei farà avere al Consiglio segreto perchè mettano in guardia
chiunque ha salvacondotto dai nemici.
1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”.
23v Illustrissime domine ducisse.
Perchè ala signoria vostra sia noto quanto corre de zà, la advisamo, como per altra gli
havemo scripto, che zobia passato, a dì viiii del presente vencturo, mandarono ad
Castellione alcune squadre de gente d’arme et così fantarie et guastatore et cervede
per torre quella nostra terra de Castellione, non havendo alcuno respecto, nè alcuno
reguardo che quella terra havesse salvoconducto da loro per lo contracambio che nuy
havevamo facto ad alcuni lochi de Cremascha, lo quale salvoconducto era così largo et
amplo quanto fusse facto may nissuno salvoconducto, como la signoria vostra vederà
per la copia inclusa, sich’el momento et progresso hanno facto contra la dicta terra non
l'hanno possuto fare se non con grande ingano et tradimento, rompendo la fede et
promesse loro facte con tanta efficatia et solemnità como sonno, cogliendo et serrando
li homini fora dela terra, quali stavano tuti ad fare le facende loro sotto la fede et
promessa et secureza d'esso salvoconducto, et pigliandoli con tuti li loro bestiami et
robba soa gli trovavano. Et volendo astringere li dicti homini che gli volesseno (a) dare
la terra, essendogli resposto per li homini erano de fora et dentro che la terra non
volevano, nè possevano dargli, perchè era la nostra, tandem se sonno firmati intorno
quella nostra terra, la quale hanno trovata sproveduta senza alcuno forastero et
soldato, perchè nuy se fidavamo anchora socto dicto salvoconducto et non ne paria
necessario tenergli soldati; et benchè per el passato l’habiano pur malosservato le loro
promesse, tamen non credevamo che dovessero prorumpere in tanto expresso
tradimento et ingano como è questo. Ma, veduto loro che li facti soi sonno per andare
male et in ruyna per respecto della venuta della mayestà del re Renato, et li nostri
apparati, et attendute le loro male conditione in le quale se trovano acomodati ad
dovere perdere, seguitano li modi de quelli che sonno presso al ponto della morte, cioè
fare ogni soa possanza per ogni via et modo, credendo de possere scampare; et cosi
fanno loro, perché, vedendose malparati, como è dicto, postponeno la fede et l’honore
credendo per questa via salvarse possa che si (b) vedeno la forza, l'inzegno, nè la
facultà et virtù gli basta ad defenderse per la via honesta, licita et iusta, como deveriano
circhare de fare, ma questo speramo non gli haverà ad giovare, procedendo loro con
tanta iniquità, inganno et falsità, como fanno, et che in ogni modo haverano ad ruynare
et fare male li facti soi in questo anno. Quanto al facto de Castellione advisamo la
signoria vostra che Donato gli è intrato dentro con alcuni 24r et credemo, questa nocte
passata et anche per questa proxima, gli siano intrato et intrararanno delle altre gente
secundo l’ordine havemo dato, et ad Pizguitone se trova Conrado, domino Tadeo del
Verme et messer Segramoro con circa otto squadre de gente d’arme et fantarie, quale
faranno quelle provisione siano necessarie per salveza de quello locho. Sichè la
signoria vostra staghi de bona voglia, et per evitare in futurum simile inconveniente per
la (c) inobservantia della fede et promesse loro, per non stare nuy et li subditi nostri in
questo pericolo nel’advenire, havimo revocato tutti li salviconducti per nuy concessi,
cosi in Cremascha, Gera d’Ada, et Bergamasca, como in Cremonese, Bressana et in
ogni altro locho, secundo la signoria vostra vedrà per la inclusa copia della lettera
havemo hogi scripta al governatore et proveditore del campo dela Signoria, etiam alli
rectori de Bergamo, con deliberatione de non concederne più veruno et che li subditi
nostri non ne acceptano alcuno. Piacia ala signoria vostra, letta questa nostra lettera,
mandarla al nostro Consiglio secreto ad ciò la vedano et provedano in advisare
ogniuno, cosi quelli hanno salvoconducto da inimici, como li altri non l'hanno, perchè
stiano advisati et non receveno damno, et ad questo fare tute le provisione gli parerano
necessarie. Data in castris apud Gaydum, die xiii augusti 1453.
Zanetus.
Cichus.
(a) volesseno scritto su rasura.
(b) si in interlinea.
(c) la in interlinea.
77
Francesco Sforza conferma al referendario di Lodi di avere saputo della vertenza tra i dazieri
lodigiani e gli uomini di Castelleone a proposito di esenzioni. Il momento consiglia di lasciar
correre, e così ha pur detto al daziere della scannatura che attualmente si trova presso di lui.
1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”.
Referendario nostro Laude.
Havemo recevuto le vostre lettere circha la differentia vertente tra li daciarii de quella
nostra cità et li homini da Casteione per cagione dela exemptione, quale prentendano
havere da nuy, ale quale, respondendo, dicemo che, andando le condictione de tempi
como vano de presente, a nuy pare e volemo, con quella prudentia e bono modo
saperiti ben fare, debiate tenere la cosa in colo e non procedere più ultra per alcuni dì,
non intendendo per questo preiudicare ad alcuna ragione dele parte. Et così havemo
facto dire al daciero dela scanatura, qual se trova qui, che habia patientia per uno pezo.
Ex felicibus castris apud Gaydum, die xiiii augusti 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
78
Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini di San Colombano di stare a
quanto richiedono suo fratello Corrado e il luogotenente di Lodi, cosa che, data la situazione
dello stato, dovrebbero fare spontaneamente per la salvaguardia di quelle parti.
(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Potestati, comuni et hominibus terre nostre Sancti Columbani.
Per le cose occorreno de presente et che importano al stato nostro volimo, et exprese
ve commandiamo che debiati obedire et exeguire quanto ve comandarano et
rechiederano Conrado, nostro fratello, et il locotenente de Lodi; la qual cosa doveresti
voi fare, eciam se may non ve ne scrivessimo nuy, perchè in le cose concernente el
stato nostro et la conservatione de quelle parte gli doveti essere prompti et caldi più che
l'altri, maxime perchè non intendemo per contributione de guastatori, né per altro
preiudicare ala vostra exemptione. E tu, podestà, fa exeguire quanto havemo sopra
dicto. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
79
Francesco Sforza si compiace con il referendario di Lodi per tutto quello che ha comandato
(“piatti”, maestri e guastatori mandati a Cerreto) e per il proposito di riparare la torretta presso
Cerreto. Lo avvisa che scriverà al referendario di lì di provvedere alle spese per Cerreto e per le
altre cose. Sicuro che i nemici faranno di tutto per captare le disposizioni per la ripresa di
Castelleone, vuole che per quattro o cinque giorni i locali non vadano oltre Adda, nè alcuno ne
venga di qua.
(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
24v Locutementi Laude.
Havendo recevute le vostre lettere date xi del presente per le quale restiamo avvisati de
più cose de le quale tute ve comendiamo e molto ne piace, cosi deli piatti, quanto deli
maystri e guastatori havete mandato a Cerreto et anche ne piace el proponimento haviti
facto per la reparatione dela torreta apresso Cerreto con quelle colompne le quale
farete tagliare in li buschi de quelli da Muzano, li quali sarano contentissimi per quello
che gli scrivemo per le alligate, quale gli farite presentare. Scrivemo etiamdio per vostro
recordo al referendario lì per lettere sottoscripte de nostra propria mano che proveda
ale spese necessarie, cosi per Cerreto como per altro caso importante al stato nostro;
provederiti adoncha a quanto bisognarà con bona diligentia. Ceterum perchè siamo
certi che l’inimici se inzignarano de spiare et sentire che ordine pigliarano le nostre
gente circha la ripresa de Castellione, volimo che ordinati, almancho per questi quatro o
cinque dì, che nè li villani che debbano essere reducti dellà da Adda per la rotura delli
salviconducti, nè veruno altro possa passare de qua da Adda, et a questo metite bono
ordine. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
80
Francesco Sforza chiede a Giacomo e a Giovanni Francesco de Muzano di Lodi di consentire
che si prenda del legname dei loro boschi per riparare le fortezze di Cerreto.
(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Iacobo et Iohanifrancisco de Muzano de Laude.
Accadendo de presente necessariamente fare alcune reparatione ale nostre forteze de
Cerreto ne è di bisogno una quantità de legname, qual habelmente non se pò havere
se non dali vostri buschi. Per bene adoncha del stato nostro e conservatione de quella
nostra parte, ve confortiamo ad havere pacientia et essere contenti che se habiano dicti
lignami neli vostri buschi; la qual cosa siamo certi fariti voluntera per l'amore et fede
portati a nuy et al stato nostro. Data ut supra.
Ser Iacobus
Cichus.
81
Francesco Sforza scrive al conestabile Gaspare de Suessa di essere certo che gli siano già stati
mandati i “piati” , i maestri e i guastatori richiesti per la sicurezza delle fortezze. Lo avverte che i
nemici sono intenti a spiare quanto si fa per la ripresa di Castelnuovo. Gli ordina che, per quattro
o cinque giorni, non lasci passare in là, nè in qua dall’Adda e neppur in su e in giù del fiume
persona alcuna che possa dare informazioni al nemico.
(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Gasparri de Suessa, conestabili nostro peditum.
Siamo certi che ala receputa de questa saranno mandati lì quelli piati e quelli maystri et
guastatori per ti rechesti al locotenente de Lode, et similiter se faranno l'altre provisione
necessarie. Sichè attende pur ala bona 25r et ala salveza de quelle nostre forteze.
Ceterum aciochè l'inimici nostri non possano spiare et intendere quanto farano et
ordinarano le nostre gente che sonno al'impresa de Castelleone, volimo che con bona
dilligentia, almanco per questi quatro o cinque dì, che provedi de non lassare passare
alcuno per lì, nè praticare con li toi, havendo bona diligentia che de là da Adda, nè su,
nè zoso passi alcuno che possa dare adviso al'inimici, rendendoce certi che cercarano
per ogni modo et via sapere quanto se farà et ordinarà. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
82
Francesco Sforza ordina al luogotenente di Lodi di mandare in campo da Bartolomeo da
Cremona il bombardiere maestro Tarda.
(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Locutenenti Laude.
Volimo che recevuta questa comandati da nostra parte ad maestro Tarda, bombardero,
che subito se ne vengha qui in campo et se presenta da Bartholomeo da Cremona, al
quale havemo commesso quanto haverà ad fare. Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
83
Francesco Sforza scrive a Pietro da Norcia, luogotenente, a Giacomo da Castiglione, podestà,
a Bongiovanni Zerbo, referendario, e ai presidenti agli affari di Lodi di non condividere la loro
delibera di rifiutare l’abitazione lì all’ebreo Emanuele che voleva venire a tenere un banco in
sostituzione di un ebreo fattosi cristiano. Ritiene che “quanto più zudei gli fosseno, tanto
megliore et più avantazo seria ali citadini” per la concorrenza che si farebbero nel concedere
interessi. Esorta il luogotenente e gli altri “a più maturamente consutare la cosa”
per una nuova deliberazione.
(1453 agosto 14), “ex felicibus castris (apud Gaydum)”.
Domino Petro de Nursia, locutenenti, Iacobo de Casteliono, potestati, domino
Boniohanni Zerbo, referendario, necnon presidentibus negociis civitatis nostre Laude.
Havemo recevuta vostra lettera de duy deputati responsiva ad una nostra circha’l facto
de uno ebreo, (a) quale voleva venire ad habitare in Lodi et tenire bancho et potere
usare li capitoli che usano li altri zudei, quale ebreo ha bono nome et volevà venire in
scambio et luoco de Hemanuello, quale è deventato christiano, de che pare che ad vuy
deputati non satisfaza cum dire che ne sonno troppo di quelli (b) gli sonno. Et perchè
nuy siamo d'altro parere, perchè quanto più zudei gli fosseno tanto megliore et più
avantazo seria ali citadini che l'uno per l'altro per havere el suo bancho più aviato
fariano più avantagio del interese del dinaro prestassero, et così etiamdio fariano più
l'intrada megliore della citade et seguiriane assai più acconze et beneficii alli cittadini,
essendo ebrei assay cha essendone pochi: Sichè ne pare che debiate de novo più
maturamente consultare la cosa et poi vogliati per un’altra vostra deliberatione
responderne del parere vostro circha zò. Ex felicibus castris, ut supra.
Duplicata die xvii augusti 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) Da responsiva a ebreo scritto su rasura.
(b) Da cum a quelli scritto su rasura.
84
Francesco Sforza comanda nuovamente al luogotenente di Lodi di non dare alcuna molestia a
Regalia, padre del suo famiglio Babor, per qualsiasi imputazione passata ascrittagli, perchè lo
ha perdonato. Se in futuro facesse cosa indebita, si avvisi il duca che interverrà.
1453 agosto 14, “in castris apud Gaydum”.
25v Locumtenenti Laude.
Sì como altre volte ve ordinassemo, così per queste ve replicamo che a Regalia, patre
de Babor, nostro famiglio, non debiate gravare nè dare molestia alcuna per imputacione
gli fusse data, o per mancamento, o delicto havesse cometuto da qui in dreto, perchè
gli havemo remisso et perdonato. Sichè, havenoli facta novitate alcuna proinde,
revocatela, et accadendoli per l'avenire far cosa indebita, che da fare non sia,
avisaritene per vostre lettere, perchè non intendemo nuy ch’el, se parte dala honestà e
ben vivere, gli faremo debita provisione. Data in castris nostris apud Gaydum, die xiiii
augusti 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
85
Francesco Sforza ordina a Bolognino de Attendolis di affidare al messo del capitano di giustizia
quei suoi uomini che hanno partecipato all’omicidio del podestà.
1453 agosto 16, “ex castris apud Gaydum”.
Magnifico Bolognino de Attendolis.
Alli di passati per alcuni da Landriano è stato commessso l'omicidio nella persona del
podestà, delli quali intendemo alchuni sonno nelle forze vostre. Pertanto volimo li
debiati far mettere nelle mano de qualunche messo del nostro capitaneo de iustitia,
presente exhibitore, quale gli ministrarà iustitia secundo ha comissione da nuy. Ex
castris nostris felicibus apud Gaydum, die xvi augusti 1453.
Zanetus.
Cichus.
86
Francesco Sforza richiama a Corrado l’atto disonesto commesso dai nemici che hanno preso gli
uomini di Castelleone pur muniti del suo salvacondotto. Siccome ritiene che i nemici possono
ripetersi altrove, vuole che ammonisca chiunque nel Lodigiano, di qua o di là dell’Adda, di non
fidarsi dei salvacondotti loro rilasciati . Di ciò avverta anche Gaspare da Sessa a Cerreto e
altrove per fare buona guardia
1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.
Magnifico domino Conrado.
Siamo certi tu havere inteso el tradimento hanno usato verso nuy l’inimici in mandare
ad pigliare li homini nostri de Castellione, quali havevano salvoconducto amplissimo
dali suoi per havere quella terra, benchè non gli sia reuscito el pensiero. Pertanto,
vedendo nuy per questo, et anche per molte altre experientie, che costoro non hanno
fede et non extimano honore nè vergogna, aciochè sotto fidanza de salviconducti non
possino fare altrove como hanno facto ad Castellione, volimo debbe avisare ogniuno
deli nostri havessero salvoconducto, così de qua come dellà da Adda in Lodesana, che
staghino da mò inanti attenti, vigili et solliciti et non se fideno de loro salviconducti per
modo non recevano damno; così advisarai Gasparro da Sessa ad Cerreto et altrove,
dove te parerà necessario che se attendi ad bona guardia, 26r perchè siamo certissimi,
como hanno facto questo vedendosela bella, fariano ogni gran male como quelli che
non hanno fede et non extimano honore da vergogna. Data in castris nostris apud
Gaydum, die xii augusti 1453.
Zanetus.
Cichus.
87
Francesco Sforza manifesta a Corrado la sua soddisfazione per la vittoria sui nemici accampati
a Castelleone, ma si dice preoccupato per la ferita avuta alla testa. Gli manda maestro Giacomo,
eccellente chirurgo, medico del marchese di Mantova (che però non gradisce che sosti a
Castelleone), da Milano gli fa avere un altro medico, e ha anche scritto a maestro Luigi da Burda
di andare da lui. Siccome la via di Castelleone è disagevole, lo consiglia di portarsi a Lodi o, non
potendo ciò fare, a Pizzighettone.
1453 agosto 16, “ex castris apud Gaydum”.
Suprascripto magnifico Conrado.
Della victoria obtenuta contra li nostri nemici, quali erano acampati contra Castellione,
et maxime per lo tuo bono ordine, ne havemo preso grandissimo piacere et
contentamento. Dal'altra parte dal tuo cancellero semo advisati como tu sii stato ferito
nella testa, dela qual cosa havemo preso despiacere assay. Et perchè altramente non
desideramo la salute toa che la nostra, te mandiamo maestro Iacomo, medico
del’illustre signore marchese de Mantua, quale in cerrosica è sufficientissimo et
solemnissimo medico. Scrivemo anchora a Milano ch’el te ne sia mandato un altro, et
similiter scrivemo a maestro Luyse da Burda che li vengha anchora luy, sichè speramo
per adiuto de medici non te sarrà manchato in cosa veruna. Et perchè la tua stantia a
Castellione non è bona per respecto al suspecto de la peste et del camino mal securo,
ne pare per ogni modo te fazi portare a Lode; et non possendo andare fin a Lodi, te fazi
portare a Pizguitone, attento maxime che al signor marchexe non piace ch’el suo
medico venghi a Castellione, ad ciò che senza suspecto possa fra octo dì retornare da
luy, perchè continuo là adoprera. Ex castris nostris apud Gaydum, die xvi augusti 1453.
Iohannes.
88
Francesco Sforza conferma a Giovanni Stefano da Casate , capitano della Lomellina, di aver
saputo dello scorretto comportamento degli uomini del Cairo e di Gambarana che non hanno
consentito, in disobbedienza alla duchessa e a lui stesso, di dare alloggio ai compagni del
Colleoni, per cui furono privati dai nemici dei loro cavalli. Il duca impone che quei del Cairo e di
Gambarana risarciscano detti compagni delle loro perdite.
1453 agosto 16, “ex felicibus castris apud Gaydum”.
26v Egregio militi domino Iohanni Stefano de Casate, dilecto capitaneo nostro
Lumelline.
Per vostre lettere scripte al magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitano d'arme,
havemo inteso che per proprio defecto et mancamento delli homini nostri da Cayro et
Gambarana, li quali, non havendo voluto nè per lettere dela illustrisima madona
Biancha, nostra consorte, nè per vostro comandamento, allogiare alcuni compagni del
predicto magnifico Bartholomeo, è seguito che l'inimici gli hanno sachezati e toltoli li
cavalli, del che non solamente ne segue grande incomodo ali dicti compagni, ma
etiamdio a nuy, et non intendemo patere la temerità, insolentia et inobedientia da dicti
da Cayro et Gambarana. Per dare exemplo de obedientia alli altri, et expresse ve
commettemo che debiati stringere li dicti da Cayro e Gambarana a pagare li suoi cavalli
a quelli compagni et ogni altra robba a loro tolta per non essere stati allogiati como
dovevano, et questo sumariamente et senza veruna exceptione, non aspectando altre
replicatione de nostre lettere superinde, ma exequito quanto havemo sopradicto. Ex
felicibus castris apud Gaydum, die xvi augusti 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
89
Francesco Sforza in merito a quanto gli ha scritto il commissario di Tortona, gli risponde che la
pretesa di quelli del vesvovato di avere da lui una dichiarazione ducale prima di pagare le 500
lire è assurda. Gli ordina che con ogni mezzo li costringa al pagamento dovuto, perchè, se ciò
non avvenisse, ne ricadrebbe su di lui la colpa.
Quanto al pagamento di Baldassare da Vicenza, provveda a fare quanto circa ciò deve fare.
Circa quei di Pontecurone e di Vighizzolo, gliene ha parlato a sufficienza in un’altra lettera.
(1453 agosto 16, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Petro de Lonate, comissario Terdone
Havemo recevuto doe toe lettere de dì vii et viii del presente per le quale restiamo
avisati de quanto tu ne scrive, et, respondendo alle parte necessarie, primo, alla parte
delle livre cinquecento, quale non voleno pagare l’homini del vescovato se prima non
hanno la declaratione, et cetera, dicemo che loro non hebbeno may compositione con
nuy alcuna che gli dovessemo fare la dicta declaratione domandano, sichè se
maravegliamo de questo. Pertanto volemo che debbi astringerli al pagamento delle
diete livre 500 et chiarire molto bene al vescovo et alli dicti homini che l’intentione
nostra è 27r che fazano per l'avenire como hanno facto per lo passato et como fanno et
farano li altri homini nostri del Terdonese; et quando vogliano essere renitenti a questa
nostra voluntà e dispositione, te comettiamo et volemo che, per qualunque via et modo
te parerà meglio et più expediente, li debbi astringere a fare el debito, como è rasone.
Et circa ciò cura che non gli vengha mancamento alcuno dal canto tuo, como credemo
farai con diligentia; e quando pur non lo facessero non se doleressemo se non delli facti
toy.
Ala parte del spazamento de Baldesarro da Vincensa, havemo inteso quanto ne scrive,
et non dicemo altro se non che vogli attendere ad fare quanto circa ciò hai da fare; et
de questo facto non ne scriverai più niente a nuy.
Ala parte de quelli da Pontecurono et Viguzolo non dicemo altro, perchè per un'altra
nostra te havemo avisato a compimento di quello hai a fare; sichè cura de exequire
quanto per essa te havemo scripto. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
90
Francesco Sforza risponde alla duchessa, intervenuta a favore di Giacomino Garzo dalle
Gerola per il buon comportamento di suo fratello Antonio, che “lassi far ragione”, anche perchè
crede che “già sarà spazato”.
(1453 agosto 16, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Illustrissme domine ducisse.
Respondendo ale lettere della vostra excelentia, per la quale ne recomanda Iacominio
Garzo dale Gerole per li boni deportamenti de Antonio, suo fratello, dicemo che,
havendo già nuy scrito ch’el se facesse ragione e iusticia de luy secundo rechiede el
suo delicto et mancamento, non ne potria seguire honore alcuno a perdonarli, benchè
credemo già sarà spazato, avisando la signoria vostra che da più zentilhomini e che
hanno voglia de ben vivere, siamo instati ch’el se facia iustitia per dare exemplo ad altri
che non comettere simile tradimento. Sichè ad nuy pare che la signoria vostra lassi far
ragione. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
91
Francesco Sforza scrive all’ufficiale delle munizioni, che gli ha elogiato maestro Cristoforo da
Lanza in fare ponti e scale, di mandarlo, per conoscerlo, da lui, possibilmente con “qualche cosa
de sua industria”.
(1453 agosto 16 “ex felicibus castris apud Gaydum”).
27v Officiali munitionum Papie.
Havemo recevuto le toe lettere per le quale remanemo avisati dela virtute et industria
de maestro Christoforo da Lanta in fare ponti et scale con molto inzegno, e te
comendiamo de tale aviso; et anche volimo che tu ne lo mandi qua subito, perchè lo
volemo vedere e conoscere. Et siandoli possibile, fa’ che’l porti qualche cosa de sua
industria et inzegno, che’l possiamo vedere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
92
Francesco Sforza scrive all’ingegnere magistro Giovanni di Salle e ai suo affini, di consentire
che la contessina, loro parente, si mariti, come vorrebbe il Colleoni, con un suo uomo d’arme,
“valoroso e da bene”. Il duca conferma tali pregi.
(1453 agosto 16, “ex felicibus castris apud Gaydum”).
Magistro Iohanni, ingeniario de terra Sallarum, necnon eius affinibus.
El magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo d’arme, ne ha facto dire e
pregare cum instantia che, a sua singulare complacentia, vogliamo operare e fare che
contesina vostra parente sia maritata ad uno suo homo d’arme e squadrero valoroso e
da bene et a luy carissimo. Per la qualcosa così per compiacere ala sua magnificentia,
como etiamdio per le virtute del dicto squadrero, el quale, segondo siamo informati, è
tale che ve ne contentariti, a noi pare e ve confortiamo e ve carichamo a compiacere e
farre quanto vorà el dicto magnifico Bartholomeo. E questo non obsante che’l ve fusse
facto comandamento alcuno per parte nostra o d'altri che non la dovesti maritare senza
nostra licentia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
93
Francesco Sforza comanda al luogotenente di Lodi di imprigionare il suo famiglio d’arme Giorgio
da lodi
1453 agosto 17, “in castris apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude
Volimo che, recevuta questa, vediati de havere nelle mane Zorzo da Lodi, nostro
fameglio d'arme, quale è venuto ad Lodi, et fatilo mettere in presone et che sia ancora
presone ben cativa per modo non possa fugire. Et che non sia lassato senza nostra
licentia. Data apud Gaydum, die xvii augusti 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
94
Francesco Sforza risponde alla lettera di Bartolomeo Colleoni su quanto ha saputo tramite il suo
cameriere Fracino e soprattutto su quanto disonestamente Andrea da Birago ha scritto al
condottiero. Lo rassicura di convenire con quello che lui, Colleoni, ha risposto ad Andrea e gli
accerta che lui è “el capitaneo, governatore, capo et guida di quella impresa” e vuole che tutte le
genti che sono di là gli obbediscano, come al duca stesso, pur non tralasciando di soggiungere
di volere che tutti, Colleoni compreso, sottostiano ai comandi di re Renato.
Allegata polizza.
Il duca suggerisce al Colleoni di mandare uno dei suoi uomini a far atto di omaggio a re Renato,
manifestandogli la sua disponibilità a essere ossequiente ai suoi comandi ed esortando il
sovrano “a far qualche cosa contra li..nemici” per piegarli a un accordo. Il duca gli rende noto di
aver preso atto del contenuto della lettera inviata al Colleoni dalla moglie per dirgli che i
Veneziani erano contenti di “contrabiarla” con Giovanni Conte. Il duca gli fa presente di tener al
“comodo et bene” suo, come al proprio.
(1453 agosto 17, “in castris apud Gaydum”).
28r Magnifico Bartholomeo Cogliono.
Havemo recevuto una vostra lettera de dì xiiii presente, et inteso quanto ne haveti
scripto et anche quanto per parte vostra ne ha dicto Fracino vostro camerero, et anche
havemo veduto la lettera che ve ha scripto Andrea da Birago, al che, respondendo, ve
dicemo che grandamente ne è despiaciuto el scrivere d'esso Andrea in quella forma,
perchè è stato molto deshonesto. Et non ha facto bene, imo ha facto a nuy cosa
molestissima, perchè nostra intentione che vuy siati el capitaneo, governatore, capo et
guida de quella impresa et de tutte quelle nostre (a) facende dellà; et volemo che tute
quelle nostre gente che sonno dellà, cosi da cavallo como da pede, ve siano obediente
como ad nuy medesmi et fazano tuto quello per vuy gli serà dicto, ordinato et
comandato non altramente che per nuy, como del tuto havemo resposto al dicto
Frazino, al quale potrite credere como a nuy. Et dicemo che la resposta haviti facta ad
esso Andrea ne è piaciuta. Et non voressemo anche che vuy gli aveste facta altra
resposta, perchè quello medesmo per nostre lettere gli habiamo resposto nuy, cioè che
non intendemo che li salviconducti facti per nuy siano violati (b), quantunche quelli de
Monteferrato habiano rotti et violati li suoi; ma gli havemo ben scripto che de quello ha
facto luy, faza como gli pare et piace. Et perchè nostra intentione che vuy siati
governatore et capo, como havemo dicto, ve avisamo che de novo scrivemo a tuti quelli
nostri conducteri et gente, benchè per altre nostre gli sia stato scripto che ve
obediscano in tute le cose como a nuy medesmi. Ma ben ve dicemo che vuy poi vogliati
essere con tute quelle nostre gente obediente ala mayestate del re Renato, como a nuy
proprii, et così fare et exequire quanto per luy ve serà ordinato et commesso, non
altramente che se fossemo nuy proprii. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
(a) nostre in interlinea.
(b) violati su rasura.
Poliza.
Ad nuy pare che mandiati uno delli vostri ad offerirve ala maestà del Re dicando como
sete apparechiato con le nostre et vostre gente insieme ad obedire li comandamenti et
pareri suoi molto più che li nostri, confortando la maestà soa a mettere mano a far
qualche cosa contra li nostri nemici, perchè monstrandosegli el volto del'arme più
humelmente inclinarano al’acordio con quelle altre parolle 28v che ve pareranno
bisognare. Apresso, l'altro dì, la magnificentia vostra ne mandò una lettera dela dona
vostra, quale faceva mentione como Venetiani sonno contenti contrabiarla con Zohane
Conte, al che brevemente respondendove dicemo che nuy semo ale mano tucta volta
in questa materia et siati certissimo che non altramente haveremo a niente el vostro
comodo et bene como el nostro medesmo, et dela deliberatione se pigliarà, subito ve
ne advisaremo. Data ut in litteris.
Iohannes.
95
Francesco Sforza triplica a Francesco Maletta l’ordine di portarsi da lui.
1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”.
Francisco Malette.
Havendo nuy a conferire con te per cose de bona importantia te havemo scrito per due
nostre lettere che vegni a nuy e pur non è venuto, del che ne maravigliamo asay; et
denuo te dicemo che subito, ala receputa de questa, debbi venire da noy senza altra
replicatione de nostre lettere. Ex castris nostris apud Gaydum, xvii augusti 1453.
Ser Iacobus
Cichus.
96
Francesco Sforza ripete alla consorte la notizia della sconfitta del nemico a Castelleone,
sconfitta che si abbina a quella dagli stessi subita nel Veronese, il che fa arditamente presagire
al duca che: “gli romperemo presto generalmente in tuto”.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Domine ducisse.
Heri matina scrissemo ala vostra signoria de quanto ce occurreva et simelmente heri da
mezo dì, e ben ne rendemo certi che per altra via havevati havuto noticia dela rotta (a)
delli nemici nostri a Castellione, pur ve avisamo como, per propria divina iustitia, era
seguito el lor fracasso como meritamente rechiedeva tanto suo expresso et evidente
ingano e tradimento, sperando nuy in Deo, in la iustitia e la virtute et animosità delle
nostre gente, che siando lor rotti due fiate dali nostri fin a mò, cioè l'altro dì in Veronese
e mò a Castellione, gli romperemo presto generalmente in tuto, e faremo vedere a tuto
el mundo quanto male è far guerra e combatere contra ragione. E de quanto seguirà
avisaremo la vostra excellentia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) rotta su rasura.
97
Francesco Sforza chiede alla duchessa di fargli avere, con celerità, le “quatro stambechine con li
loro carcassi et molinelli” che ha Albertino.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
29r Illustrissime domine ducisse.
Perchè al presente havemo bisogno de alcune stambechine, confortiamo et pregamo la
signoria vostra ne voglia mandare quelle nostre quatro stambechine con li loro carcassi
et molinelli che sonno in le mano de Albertino vostro. Et questo, quanto più presto,
tanto l'haveremo più caro. Et vedeti fare l’habiamo a salvamento. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
98
Francesco Sforza scrive alla moglie di dire a Paganino, relegato ad Alessandria, di pazientare
un poco perchè presto potrà andarsene a casa.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Suprascripte domine ducisse.
Respondendo a quanto ne scrive l’excellentia vostra in recomandatione de Paganino
Invitiato d’Alexandria, relegato in quella nostra cità, a nuy pare che la vostra signoria
facia dire a dicto Paganino et confortarlo poichè gli è stato tanto ad havere uno pocho
de pacientia anchora che presto se conzarano le cose dellà et potrà deinde liberamente
andare a casa soa. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
99
Francesco Sforza comanda al referendario di Pavia che, accertato il vero dell’affermazione di
Ambaldo da Castelnuovo, marescalco ducale, di aver dato in soccida a Giacomino Garzo dalle
Gerola alcune bestie, gli siano ora restituite con i relativi frutti e, in aggiunta, il duca vuole che
Ambaldo abbia quanto di dette bestie toccava alla Camera ducale.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Referendario Papie.
Ne ha facto significare Ambaldo da Castelnovo, nostro mareschalcho, che già alcuni
anni passati haveva dato a soceda alcune bestie bovine a Iacomino Garzo dale Gerole,
imputato et trovato in colpa di tradimento, como voi siti informato, e domanda dicte sue
bestie con li proventi e fructi insiti d'esse; per la qual cosa volemo che ve informati de
ciò e, trovando essere così como luy dice, faritegele restituire, como è ragionevele.
Volimo insuper che tuta quella parte, cossì de dicte bestie, como del provento insito
d'esse, qual tochava a dicto Iacomino, et per consequens ala Camera nostra, la faciate
dare et assignare al predicto Ambaldo, perchè gli l'havemo concessa. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
100
Francesco Sforza dice a Gentile della Molara di essere d’accordo con lui per come è intervenuto
nella vertenza fra quelli di Castelnuovo e la gente di Bartolomeo e di volere che stia con detto
Bartolomeo e con Andrea da Birago aiutandoli in tutto quanto giova allo stato ducale, ma si
attenga in particolar modo a quanto dispone Bartolomeo
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Gentili dela Molara.
Havemo havuto la toa lettera de dì xiii del presente, data a Pozolo, et inteso quanto ne
hai scripto, restamo avisati et te comendiamo del’aviso ne hai dato, et non dicemo altro
se non che a nuy pare et volemo como tu haby dato expedimento ala differentia che
vertisse fra quelli da Castelnovo et le gente de Bartholomeo 29v che tu sii con lo
prefato magnifico BartholoIeo et con Andrea da Birago et gli aiuti in tuto quello saperai
et porrai ale cose occorrerano da fare per lo bene del Stato nostro. Et maxime volimo
che fazi quanto per lo prefato magnifico Bartholomeo te sarà dicto et comandato, tanto
como se nuy proprii te lo dicessemo. Data ut supra.
Nicolaus.
Iohannes.
101
Francesco Sforza ribadisce al commissario e al podestà di Tortona di costringere coloro che
sono debitori del Colleoni per i lavori da lui fatti fare per la fortezza di Pozolo
a saldargli quanto gli si deve.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Commissario et potestati Terdone.
Per fin a dì vii de luglio ve scripsemo per una nostra che dovesti astringere quella
comunità essendo debiture, overo quelli che se trovassero essere debitori ad pagare
(a) et satisfare al magnifico Bartholomeo Coleone l'opere che luy haveva facto fare in la
forteza de Pozolo, et non l’haveti facto, del che assai se ne maravigliamo. Et perchè de
novo el prefato magnifico Bartholomeo de ciò ne fa lamenta, de novo ve scrivemo,
comandandove che subito lo fazati satisfare et pagare, stringendo qualunque si voglia
che sia debitore, si che subito venga satisfacto et senza exceptione. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) pagare su rasura.
102
Francesco Sforza loda il podestà di Pavia per aver fatto giustizia di Giacomino Gazo per il suo
tradimento e per la descrizione imposta dei beni dei ribelli. Quanto alla ribellione nata in città, gli
impone di punire “iuridice et animosamente, et tam realiter quam personaliter” i rivoltosi “senza
reguardo nè respecto alcuno”, e se avesse remore di qualsiasi tipo a fare ciò, gli concede tutta
quella “auctorità et possanza”che ha lui per punirli, non intendendo che tale eccesso passi
impunito.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Potestati Papie.
Havemo recevuto le vostre lettere, date xiiii del presente, per le quale restiamo avisati
dela iusticia facta, supplicio sumpto et subito dela persona de Iacomino Garzo,
segondo el suo demerito et mancamento, et così del’ordine preso per vuy perchè li beni
de quelli rebelli siano descritti et non vadano in sinistro, et de tuto ve comendiamo.
Quantum autem ala parte de quello tumulto e questione fata in quella nostra cità, ne
rincresce et dole ultra modo che quelli giotti siano saltati in tanta presumptione e
temerità quanto hanno facto. E non deliberando per modo alcuno de comportargelo, nè
remetterli tale e tanto errore e scandaloso atto, volemo, et expresse ve commettemo
che, senza reguardo nè respecto alcuno, non attese parole ve fossero state dicte o
firano dite, per che se voglia, debbiati procedere iuridice et 30r animosamente, et tam
realiter quam personaliter contra tuti et singuli principali, partecipi et sequaci dela dicta
questione, nemine reservato, et sia che se voglia et habia nome come (a) se volia,
perchè non volemo niuno altro signore in quella cità che nuy, nè volemo parte, ma el
tuto, sichè non habiati respecto ad persona del mondo in far ragione. Et se forse per
natura del vostro officio non havessevo auctorità de così fare, aut per qualche ordine,
statuto o decreto non potessevo exequire tal processo, aciochè ghiaramente inte(n)diati
e comprendiati nostra intentione essere che questo excesso non transisa impunito, per
tenore dele presente, quanto in questo caso tanto ve concedimo et diamo tuta quella
auctorità et possanza havemo nuy, sichè exequiriti omnino questa nostra mente,
aliquibus in contrarium facientibus nequaquam attentis, e senza altra repplicatione de
nostre lettere, perchè tanto havemo a core questa cosa quanto verun’altra del mondo,
non perdendo tempo alcuno ale cose perdite et avisandone de quanto haveriti facto et
exequito. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) come su rasura.
103
Francesco Sforza ringrazia la suocera Agnese del Maino Visconti per la notizia del
miglioramento del figlio Galeazzo. Quantunque sia superfluo, la sollecita a curarlo perchè
guarisca del tutto e, soprattutto, perchè obbedisca ai medici.
(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).
Magnifice matri nostre carissime domine Agneti Vicecomiti, et cetera.
Havemo recevuto le vostre littere circha’l melioramento del conte Galiaz, nostro figliolo,
per le quale ne siamo molto consolati, confortandove, benchè siamo certi non bisognare, ad haverli tanta diligentia che presto venga ad essere liberato. Et se voliti fare
cosa che ne piaqua sforzative farlo ben obediente ali medici, conoscendo nuy che
niuna megliore via gli è a farlo presto liberare. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
104
Francesco Sforza ripete al fratello il suo dispiacere per il suo malanno. Perchè la sua compagnia
abbia a mantenersi unita, gli chiede di indicare (e darne notizia pure a lui) uno o due nomi, cui
affidarne interinalmente il comando. Lui, duca, ha scritto a Ventura da Parma e a Grifone e agli
altri perchè si intendano bene fra loro.
(1453 agosto 17, “ex castris apud nostris Gaydum”).
Magnifico Conrado.
Siamo avisati del tuo male, del quale Dio sa havemo tanto affanno et despiacere
quanto se lo havessemo nuy proprio. Et perchè, fino sii guarito, la compagnia toa sia
più unita et sapiano chi obedire, et nuy et tu sapiamo ad chi scrivere 30v et comandare,
ne pare che tu gli ordini, havuta questa, uno o doi, quali parerano a ti, li quali habiano
ad regere et governare li altri perchè ubi non est ordo, ibi non est confusio (a). Et de
quelli havereti ellecti et deputati ne voglie advisare, ad ciò nuy sapiamo ad chi scrivere
in quello ne accaderà. Nuy havemo perhò scripto ad Ventura da Parma et ad Griffone
opportunamente, così ali altri toe, che attendeno ad fare bona guerra et se intendano
ben insieme ed obediscano quelli gli ordinaray. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
(a) Così A.
105
Francesco Sforza raccomanda a Ventura da Parma, a Grifone e agli armigeri della compagnia di
Corrado di vivere in buona armonia e fare tutto quello che torna a giovamento dello stato
sforzesco.
(1453 agosto 17, “ex castris apud Gaydum”).
30v Strenuis dilectissimis nostris Venture de Parma et Griffono, ac ceteris armigeris de
comtiva Conradi, fratris nostri.
Quanto affanno et dolore habiamo havuto del caso de Conrado, nostro fratello, non
porriamo scriverlo che certo, se lo havessemo nuy proprii non ne doleria più; speriamo
nella divina clementia sarà in breve guarito, Pertanto ve confortiamo ad stare de bona
voglia et intenderve ben insieme como haviti facte fino al presente et attendere ad fare
bona guerra et ad fare tute quelle cose siano in bene, utile et augumencto del stato
nostro con quello amore, fede et diligentia haviti facto nel passato, et siamo certissimi
fareti nel advenire; et ad qualunche ordinarà Conrado, fina luy sia guarito, dati obedientia et credito como faresti ad Conrado o ad nuy proprii. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
106
Francesco Sforza ricorda al luogotenente di Lodi che sono stati annullati dall’una e dall’altra
parte i salvacondotti, tranne per gli annotati nell’accluso elenco.
In simile forma si è scritto a Gaspare da Suessa.
1453 agosto 18, “in castris nosris felicibus apud Gaydum”.
Locutenenti Laude.
Como per altre nostre doveti essere avisato, sonno revocati tuti li salviconduoti fati
utrinque, cioè dal canto nostro e dal canto del’inimici, exepto tuti li annotati in la cedula
31r introclusa, li quali volemo inviolabelmente siano observati; del che ve havemo
voluto avisare aciò possiati avisare li nostri che, offendendo l’altri, reservano et reguardino li dicti annotati per observantia dela fede nostra. Data in castris nostris
felicibus apud Gaydum, die xviii augusti 1453.
Ser Iacobus.
In simili forma scriptum fuit Gasparri de Suessa, die suprascripto.
Cichus.
107
Francesco Sforza conferma a Ettore Valnera, governatore dell’abbazia di Cerreto, che l’abbazia
è stata esclusa dall’annullamento dei salvacondotti, come pure gli diranno il luogotenente di Lodi
e Gaspare da Suessa.
(1453 agosto 18, “in castris nostris felicibus apud Gaydum).
Prudenti viro Hectori Vallisnere, gubernatori abbatie Cerreti, carissimo nostro.
Inteso quanto ne scriveti dela reservatione de salvoconducto del'abbatia de Cerreto, ve
avisamo che per reverentia del reverendissimo monsignore, per la signoria del quale
farissemo molto maiore cosa, l'havemo facto reservare fora dela revocatione generale
del'altri salviconducti; et così ve diranno li nostri locotenente de Lodi et Gasparro de
Suessa, ali quali ne havemo scripto et data noticia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
108
Francesco Sforza assicura i maestri Antonio da Bernareggio e Luigi Mediis di aver preso atto di
quanto gli scrivono sulla malattia di Galeazzo, della cui guarigione hanno buona speranza.
Raccomanda, anche se superfluo, la massima cura perchè possa rimettersi.
(1453 agosto 18, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Magistris Antonio de Bernarigio et Aluysio Medicis.
Havemo recevuto vostra lettera de dì xv del presente et inteso quanto ne scriveti del
termine in che se trova la egritudine de Galeazo, nostro figliolo, et ad che è riducta et la
bona speranza che havete della liberatione soa, et cetera: Dicemo che del tuto restamo
advisati. Et quantuncha crediamo che non manchati dela diligentia et fede, tamen, ad
satisfactione nostra, ve confortiamo ala diligentissima et assidua cura ad non obmettere
cosa che possa et habia riportare pristina convalescentia, como speramo debiati fare,
perchè non porresti fare cosa che ad nuy più grata ne sia che operare in modo con le
vostre consuete virtude che habbia ad seguitare la liberatione del dicto nostro figliolo.
Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
109
Francesco Sforza esprime a Luchina dal Verme il suo stupore per non avere ancora provveduto,
dopo le replicate sue richieste, mandare la sua gente a Cremona.
L’avverte che manda lì il suo famiglio Alberto Santo per condurre detta gente a Cremona od
oltrove per servirsene nel Parmense, oppure nel Cremonese o dove meglio crederà.
(1453 agosto 18, “in castris nosris felicibus apud Gaydum”).
31v Magnifice domine Luchine de Verme.
Per altre nostre duplicate lettere ve havemo scripto che dovesti mandare quelle vostre
gente verso Cremona per adiutare a fare delle cose che importavano per lo stato
nostro, e credendo già gli fossero gioncte, trovamo non gle essere venute, nè
comparse, del che ne siamo maravigliati, nè possemo pensare (a) donde proceda tanta
tepeditate in le cose de importantia como questa. E pertanto mandiamo là Alberto
Sancto, nostro fameglio, per levare et condure dicte gente a Cremona, o de lì oltra per
poterli operare, aut in Parmesana, aut in Cremonese o dove meglio ne parirà; fariteli
adoncha levare et venire con sé, credendo a luy in questa materia quanto farestì a nuy
proprii. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) pensare in interlinea.
110
Francesco Sforza comunica al Colleoni che manda da lui Antonio Cavallo da Soncino perchè lo
prenda alle sue dipendenze, certo, com’è, che ne sarà ben servito.
1453 agosto 19, “apud Gaydum”.
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Antonio Cavallo da Soncino, presente exhibitore, vene là a voi per condurse alli servicii
vostri. Et perchè siamo certi vuy cognoscete bene le sue virtute, non dicemo altro per
questa, se non che ve lo racomandiamo, dal quale ne rendiamo certi ne havereti bene
servitio. Data apud Gaydum, die xviiii augusti 1453.
Zaninus
Cichus.
111
Francesco Sforza comanda al milite Morello da Parma di mettere agli arresti Cattabriga e
Tartalia, uomini d’arme, attualmente a Codogno, e Gabriele da Codogno, pure presentemente a
Codogno,
e di non rilasciarli senza sua licenza.
(1453 agosto 19, “apud Gaydum”)
Spectabili militi domino Morello de Parma, comissario nostro dilecto.
Per certo digno respecto volimo che subito faciate destenire Catabriga e Tartalia, nostri
homini d’arme, che se trovano de presente a Casale, et così Gabrielo da Codogno,
qual se trova de presente a Codogno, e fariteli mettere in luogo che non possano far
fuga, nè essere relaxati senza nostra licentia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
112
Francesco Sforza vuole che il conestabile ducale Gaspare da Sessa provveda all’opera da lui
segnalatagli di togliere il ponte in mezzo alla strada della Torreta, perchè otturerebbe l’acqua e
provocherebbe una palude impedendo ogni accampamento. Loda la decisione di Gaspare di
farsi sostituire da suo figlio nell’impresa di Castelleone, in modo che Gaspare rimanga “ala
guardia di quello loco”. Lo informa della buona opinione che ha di suo figlio per cui penserebbe
“de farlo valenthomo”. Si dice pure soddisfatto del lavoro dei “torrecini” e aggiunge che
vedrà di restaurare i “piati” e mandare altri guastatori.
1453 agosto 19, “apud Gaydum”.
32r
Gasparri de Suessa, conestabili nostro.
Havemo recevuto e veduto voluntera le tue lettere per le quale ne recordi et avisi che al
tuo parere seria bene tollere via quello ponte è in mezo la strada dela Torreta, perchè,
stopandolo e oturandolo l'aqua, se spazaria et faria uno padule in modo et forma che
da quella forma banda non potria acamparse gente alcune, el quale parire ne pare
bono e comendiamolo molto. Et cosi te confortiamo et caricamo a farlo fare che credemo se potrà fare facilmente con quelli guastatori sonno lì, perchè non gli vanno molte
opere a guastarlo et stoparlo.
Ala parte del consiglio et partito per te preso de mandare piutosto tuo figliolo al'impresa
de Castorlione che andarli tu, dicemo che tu facesti bene et, a nostro modo, è meglio fo
che tu restasse ala guardia de quello luoco, avisandote che havemo bona et optima
opinione et relatione delli soi deportamenti in quella rotta data a l' inimici, e tale è cosi
fata, che tu te poi lectare de tale figliolo et nuy ne recevemo piacere asai, e vorimo
pigliare cura de farlo valenthomo. Ceteris, ne piace de quello lavorerio fato di quelli
torrecini lì e vederemo de provedere al reconzare de quelli piati e far mandare qualche
altri guastatori, ma sopratuto in questo mezo far tolere via quello ponte con quelli che
sonno lì de presente. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
113
Francesco Sforza risponde alla sua consorte che i fatti di Parma non corrispondono a come glieli
ha segnalati Pietro Ardizone. La informa che lui ha affidato la cura della città a Oldrado, per cui
potrà
intendersi con Oldrado, che provvederà a quello cui Pietro non è in grado di fare.
Le precisa che Melio Segafeno, quest’anno, non ha fatto altro che andare avanti e indietro da
Cremona nei territori cremonesi occupati dai Veneziani e da lì al campo veneziano, “et per
questo (lo) havemo fatto descrivere”.
Ha, però, dato ordine a Cremona che se vuole andare da lui, glielo concedano.
453 agosto 19, “apud Gaydum”.
Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Respondendo ad doe lettere della signoria vostra, primo, ala parte de quello ve scrive
domino Pedro Ardizono di facti de Parma, advisamo la signoria vostra che puncto non è
como luy scrive. Nuy scrivemo che quello ve accade ad domino Oldrado, como è
rasonevole, al quale lassiamo la cura de quella nostra cità, ma luy vorria essere
locotenente et officiale delle bollete et fare como paresse a luy; sichè la signoria vostra
gli porrà respondere se intenda con domino Oldrado in ogni cosa, quale provederà ad
quello bisognerà, ad che non potesse provedere luy.
Ala parte de Melio Segafeno advisamo che la signoria vostra che esso Melio tuto
questo anno non ha facto altro che andare inanze indreto da Cremona alle terre de
Cremonese tengono li Venetiani, et da quelle terre in campo de inimici et mandare et
far mandare 32v biave in Bressana nelle terre de Venetian. Et per questo havemo facto
descrivere; tamen havemo scripto ad Cremona ch’el sia lassato venire qui da nuy,
quale intenderemo. De qua non è altro de novo fin in questa hora. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
114
Francesco Sforza scrive a Filippo de Landulfis, abbate di Acqualonga, d’aver bene inteso che lui
è disposto a qualsiasi confronto, ma quel che lui,duca, vuole è che lui, abbate, si porti da lui.
(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).
Reverendo domino Filippo de Landulfis, abbati Aquelonghe.
Havemo recevuto vostra lettera de dì xiiii del presente et inteso quanto scriveti che per
verificare et apparangonare el dicto vostro sete apparechiato farne ogni parangone et
de mantenere a zascuno denante ala soa presentia el dicto vostro. Dicemo che,
quantunque ad nuy non sia dubio alcuno in questo, ma solo per dilucidare et chiarire
talmente questa cosa che habbia fine, ve dicemo che vogliate, recevuta questa, venire
qua da nuy et non vole mancare. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
115
Francesco Sforza replica al condottiero Giannuzzo de Letio che deve unirsi agli altri a Cremona.
(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).
Ianutio de Letio, armorum et cetera.
Havendote scrito per altre nostre che tu venisse in qua ne siamo maravigliati che tu non
è venuto. Et pertanto de novo te repplicamo che senza più dillatione tu debbi venirte
con li altri che sonno a Cremona. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
116
Francesco Sforza vuole che Luchina dal Verme faccia prendere tal Girardo di Grilli e i suoi figli,
già abitanti a Travaglino, poi a Fortunago e ora nelle sue terre e catturatili,
li consegni al podestà di Pavia.
(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Per certo digno respecto ve confortiamo et caricamo che vogliate, con bono modo et
ordine, far pigliare uno Girardo di Grilli et soi figlioli, li quali altre volte habitaveno a
Travaglino et mò sonno reducti ad habitare a Fortinago, e de lì oltra in le vostre terre. Et
pigliati che siano, fateli consignare in mano et forza del nostro podesta de Pavia; et a
questo metete uno pocho de pensiero, se havete voglia farne cosa che ne piacia. Data
ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
117
Francesco Sforza scrive ai deputati e ai presidenti agli affari di Pavia di ritenere la loro richiesta
di punizione dei rivoltosi una dimostrazione di quanto abbiano a cuore lui e il suo stato e li
riassicura che sua “total dispositione è ch’el se facia ragione” contro chiunque ha sbagliato.
(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).
33r Spectabilibus et sapientibus viris deputatis, presidentibus negociis communitatis
civitatis Papie, nostris dilectis.
Per quanto ne haveti scrito e nuntiato del tumulto facto in quella nostra cità, el quale è
stato non senza periculo de grande scandalo, comprehendimo asay, benchè a nuy non
sia cosa nova, quanto amati nuy et el stato nostro, maxime ubi suadetis, et ne
rechiedete che faciamo far ragione contra tali temerarii e scandalosi homini, pocho
amici del ben vivere; dela qual cosa molto ve comandiamo et ringratiamo et non
reputaressemo nostro amico et benivolo che ne consiliasse altramente, avisandone che
nostra intentione e total dispositione è ch’el se facia ragione e sia puneto che haverà
falito senza remissione alcuna, e sia che se voglia, etiam s’el fusse el conte Galiazo,
nostro figliolo. Et così havemo scripto al nostro podestà lì in piena forma. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
118
Francesco Sforza rispondendo al vescovo di Pavia gli dice che non intende aggiungere altro a
quello che gli ha espresso il conte Gaspare da Vimercate circa il fatto dell’abbate di Lardirago e
del protonotario Buttigella. Gli fa sapere che ha scritto all’abbate di Acqualonga e a Francesco
Maletta perchè vadano da lui con il famiglio dell’abbate di Lardirago, abbate che è già in campo
con lui.
1453 agosto 20, “apud Gaydum”.
Reverendo domino episcopo Papiensi.
Habbiamo recevuto la lettera dalla vostra paternità et inteso quanto quella ne scrive
cira’l facto del’abbate da Lardirago et del prothonotario de Buttigielli; circa el che non se
extenderemo più oltra in farve resposta, perch’el spectabile et strenuo conte Gasparro
da Vimercato ve scrive per una soa ad pieno. Ma ben avisamo como havemo scripto
al’abbate d'Aqualonga et ha (a) Francisco Malletta che vengano da nuy et che menano
secho insieme quello fameglio del’abbate de Lardirago, el quale abbate ve avisamo che
mò se retrova qua da nuy in campo.
Data apud Gaydum, die xx augusti 1453.
Bologninus
Cichus.
(a) Così in A.
119
Francesco Sforza risponde al Colleoni sollecitandolo a mandare gli undici cavalli richiesti dal
doge di Genova scusandosi con lui per il tardato invio. Quanto al fatto che da Milano non abbia
avuto che 10.000 lire, gli fa sapere che”sonno stati delivrati li altri dacii” e che, dai denari che si
riscuoteranno, si darà quanto ancora gli spetta. Lo tranquillizza circa il ricupero della roba
sottratta ai suoi uomini in Lomellina, perchè ha scritto in proposito al capitano di là e lo esorta ad
attenersi a quanto gli esporrà Facino in merito al comportamento che deve avere con re Renato.
(1453 agosto 20, “apud Gaydum”).
33v Magnifico Bartholomeo Coleono.
Respondendo brevemente ale vostre lettere de dì xviii del presente, havendo prima
inteso quanto in essa se contene et quello che lo illustre signore duxe de Zenoa per
sua lettera ve ha scripto delli xl cavalli ve ha rechiesto et quelli che li haveti resposto, et
cetera, dicemo ch’el ne pare et così siamo molto contenti et ve confortiamo et caricamo
quanto più possemo che li mandati dicti cavalli xl et meglio impuncto che sia possibile,
usandogli et demonstarndogli tuto quello bono amore et grate accoglientie che ve sia
possibile, et como sapereti fare; et in questo nostro gli perdeti tempo nissuno, et semo
certi la signoria (a) soa servarà tal bono ordine che questi cavalli passeranno et
andarano securi fino a Zenoa; et parve faciate la scusa vostra dela tardata ad non
havergli mandato così presto como l’à rechiesto. Ala parte che a Milano non haveti
havuto altro cha dece milia libre de assignamento, dicemo che nuy havimo adviso che
sonno stati delivrati li altri dacii, et quelli dinari se ne cavarano serano poi assignati a
vuy fin al supplemento vostro. Alla parte della robba tolta a quelli vostri homini d’arme in
Lomellina, nuy scrivemo opportunamente al capitaneo nostro de quello paese che li faci
restituire ad essi homini d’arme. Confortiamo la magnificientia vostra ad fare qualche
cosa dal canto dellà, como per Facino, vostro camerero, ve havemo mandato a dire, el
qual, a compimento, ve haverà informare delli modi che havereti a servare con la
mayestà del Re. Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
(a) Segue vostra depennato.
120
Francesco Sforza ordina al capitano di Casteggio di intervenire perchè i due uomini d’arme
Bernabò e Pietro, fratelli Marconi, restituiscano i 160 ducati avuti dal condottiero Evangelista
Savello senza essere, poi, passati al suo servizio.
(1453 agosto 20, “apud Gaydum”).
Capitaneo nostro Castigii.
Evangelista Savello, nostro conductero, haveva tolti per soi homini d’arme Bernabò et
Pedro, fratelli di Marconi, et datoli ducati cento sexanta; da puoi essi fratelli non sonno
vogliuti andare a servirlo. Et perchè non è degna cosa che habiano havuti dicti dinari
senza meritarli, te comettiamo et volemo che debbii astringere dicti duy homini d’arme
ad restituire li dicti dinari ad esso Evangelista, overo ad qualunque suo messo, aciò gli
possa dare ad altri et remettere altri in suo loco. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
121
Francesco Sforza invia al capitano della Lomellina la lettera del Colleoni in cui si lamenta per le
cose lì tolte ad alcuni suoi uomini d’arme.
Gli comanda di imporre una pronta restituzione del maltolto.
1453 agosto 21, “in castris nostris apud Gaydum”.
34r Capitaneo Lumeline.
Vuy vedereti quanto el magnifico Bartholomeo Coglione ne scrive per soe lettere, quale
ve mandamo qui incluse, del danno facto ad alcuni soy homini d’arme. Et perchè la
domanda soa ne pare honestissima, volimo che subito, receuta la presente, provediati
che omnino ali soy homeni d’arme sia restituito, o pagato, le cosse soe segondo in
dicta soa lettera se contenne. Ex nostris castris apud Gaydum, die xxi augusti 1453.
Marchus.
Iohannes.
122
Bartolomeo Colleoni narra allo Sforza la vicenda dei quattro uomini d’arme da lui tolti ai nemici e
sistemati in Lomellina, come disposto dalla duchessa, cui fu, poi, falsamente detto che detti
uomini volevano fuggire. A quel che lui ha inteso, fu ordinato a Francesco Giorgio di sequestrare
loro le loro robe, cosa che Francesco fece con l’aiuto di alcuni villani. Gli uomini d’arme fecero,
però, capire alla duchessa che non intendevano fuggire, anche perchè dal Colleoni non avevano
avuto niente. Ne seguì, così un ordine ducale della restituzione della roba presa, ma obbedito
solo parzialmente,da ciò la richiesta del Colleoni per un intervento dello Sforza presso il capitano
della Lomellina per la completa soddisfazione di detti uomini d’arme.
1453 agosto 18, “Pozolo”.
Illustrissimo domino duci Mediolani.
Havendo io tolto più dì sonno quatro homni d’arme, che fece venire dal canto de inimici,
et alogiati in Lomelina per comissione dela illustrissima madona, vostra consorte, la soa
illustrissima signoria fu informata che se ne volevano fuzire, che non era vero, como da
poy s'è trovato pur ala fine. Secondo intendo commisso a Francescho Zorzo, che
dovesse solicitare dicti homini d’arme et seguestrargli la roba soa; et luy andò addurne,
et mise insieme quelli vilani, et cossì de alcuni altri lochi et andò a metere a sachomano
dicti homini d’arme, et gli fo tolto (o)gnia cossa loro. Andonno dala prefacta illustre
madona, la quale ben intese questo facto et cognobe per effecto che non erano
colpevelli de quelo erano stati incolpati, che non era verisimile, nè consonante
dovesseno volere fuzire, perchè non havevano anchora hauto cossa alcuna da mi. El
perché la so(a) illustre signoria commisse da poy gli fosse restituito ogni cossa, et gli
n'è stato restituito in parte, el resto che gli mancha non ponno havere, el perchè prego
la illustre signoria vostra che se degni scrivere al suo capitaneo de Lomellinna che cum
lo sacramento d’esi homeni d’arme gli facia restituire ogni cossa hanno perduto
oneramente pagare da queli gli la tolseno et che questo se facia subito aciò se
possanno mettere imponto. Recomando ala vostra illustre signoria. Pozoli, die decimo
octavo augusti.
Illustris dominationis vestre, fidelissimus servitor Bartholame(u)s Coglionus.
123
Francesco Sforza scrive alla consorte di concordare con lei la restituzione nei tempi richiesti
(primi tre mesi del prossimo anno) dei 1000 ducati che il conte Pietro Torelli ha liberamente
prestati e ha ordinato ad Angelo Simonetta e ai Maestri delle entrate che gliene facciano
l’assegnazione sulle entrate di Milano, in modo che il conte Pietro sia rimborsato del prestito nei
tempi stabiliti e il Colleone benefici dei denari prestati.
1453 agosto 18, “in castris”.
34v Illustrissime domine ducisse Mediolani, et cetera
Respondendo ala lettera dela signoria vostra per la quale remanemo avisati delli mille
ducati ch’el spectabile et strenuo conte Petro Torello ne vole liberamente imprestarci in
questi nostri presenti bisogni, facendogli far nuy assignatione perchè li possa rehavere
in li primi tri mesi del’anno proximo a venire, per li quali scrive la vostra signoria havergli
così facto promissione, dicemo che è molto ragionevole, volendone luy servire
liberamente, nedum sia facto tanto da nuy de la restitutione, imo sia remunerato. Per la
qual cosa perchè se contentiamo de acceptare esso servitio da luy et de farlo cauto
dela restitutione, ve avisamo, como per l'alligata nostra sottoscripta de nostra propria
mano, scrivemo ad Angelo Simoneta et ali Maestri dele intrate nostre che gli faciano
assignamento delli dicti milla ducati suso l'intrate nostre de Milano, sichè li possa
rehavere neli primi tri mesi del’anno proximo a venire senza exceptione alcuna, como
luy rechiede. Et scrivemo che dicti dinari siano numerati al dicto Bartholomeo aciò ch’el
se possa mettere in puncto. Data in castris ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
124
Francesco Sforza ripete a Morello da Parma l’avvertimento della intenzione dei nemici di
costruire un ponte sull’Adda. Ne consegue che deve dare ordini e imporre tanta vigilanza per
stornare tale proposito. Gli raccomanda, inoltre, la massima attenzione per quelli che con
“naveti”se ne vanno sull’’Adda e contattano i nemici e “menano pratiche con essi”.
In simile forma ha scritto a Giovanni Caymo, cancelliere e commissario di Pizzighettone
e luogotenente di Lodi.
(1453 agosto 21, “in castris apud Gaydum”).
Domino Morello de Parma.
Segondo che per più altre nostre littere ve havendo avisato, siamo advisati che l'inimici
cerchano pur ogni modo et via de fare uno ponte sopra Adda. Pertanto volemo et ve
carricamo quanto più possemo che debiati far sia ponere tali ordini e far fare tante et
così bone guardie ch’el pensiero non gli possa reusire. Ulterius provedati como ve pare
che non sia alcuno che praticha per Adda con li naveti, perchè siamo informati sonno
alcuni, quali, andando con li naveti per Adda, parlano con l'inimici e menano delle
pratiche con essi; sichè habiateli bona advertentia. Data ut supra
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit Iohanni Caymo, canzellario et comissario nostro Pizghitoni
et locumtenenti Laude.
Data ut supra.
125
Francesco Sforza scrive al familiare Bartolomeo da Gubbio, commissario sopra gli alloggiamenti
dei cavalli nell’Oltrepo, di procurare che gli squadrieri Alberto Visconti e Pupo da Pisa non siano
ulteriormente gabbati da donna Luchina nella loro apettativa di avere quanto loro dovuto.
1453 agosto 20, “apud Gaydum”.
35r Bartholutio de Eugobio, famigliari et comissario super allogiamentum equorum ultra
Padum.
Se lamentano et dogliano gravemente Alberto Vesconte et Pupo da Pisa, nostri
squadreri, et li homini d’arme dela loro squatra che, restando loro giossamente havere
delli dinari delle taxe soe dali subditi della magnifica madona Luchina, non posseno
conseguirne cosa alcuna. Et perchè ad nuy seria molto caro et accepto che havesseno
quello loro resto per potersene valere ali loro bisogni, volemo et te comettiamo che tu
debbe fare opera con diligentia et executione che li dicti squatreri et homini d’arme
habiano il debito loro de presenti, secondo che tu say te commettessemo a bocha
quando fusse qui da nuy. Data in campo apud Gaydum, die xx augusti 14530
Iohannes.
126
Francesco Sforza raccomanda a Ventura, a Bartolomeo Scaramuzia e agli altri armigeri della
compagnia del fratello Corrado di pazientare e di prestar fede a quel che dirà loro Roberto circa
il pagamento che si aspettano.
1453 agosto 22, “apud Gaydum”.
Venture, Bartholomeo Scaramutie et ceteris armigeris de squadra magnifici Conradi,
germani nostri.
Roberto, exhibitore de questa, è stato qua da nuy, et inteso quanto ne ha dicto per
vostra parte, dicemo che habbiati alquanto pacientia che, havendo nuy anchora ad
spazare certe altre squatre, nuy spazaremo vuy insieme con quelle, et prestissimo,
sichè ve dati de bona voglia. Dicto Roberto circa zò ve responderà a bocha più a pieno
per nostra parte, al quale crederite como ad nuy proprii in tuto quello ve referirà in
nome nostro. Data apud Gaydum, die xxii augusti 1453.
Ser Iohanes.
Iohannes.
127
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi di intervenire per la salvaguardia della roba
sequestrata dal pizzighettonese Bassano Gatto a Niccolò Matto che gli ha tolto un paio di buoi,
che farà restituire al loro padrone senza ulteriori resistenze.
(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).
Locutenenti Laude.
Bassano Gatto, habitatore nella terra nostra de Pizghitone, ne ha dicto con lamenta
essergli stato tolto uno paro de bovi per Nicolò Matto, nostro homo d’arme, li quali, licet
gli li habia rechiesto più volte, tamen dice mai non haverli poduto rehavere; per il che
dice havere fatto mettere in sequestro alcuna robba d'esso Nicolò. Per la qual cosa aciò
ch’el dicto poverhomo non remangha damnificato, ve comandiamo et volemo che la
dicta robba iam sequestrata non debiati per alcuno modo lassarla licentiare, nè trare de
sequestro donec dicto Nicolò non habia restituito dicti bovi ad esso Bassano, overo
pagato il valore d'essi, servando circa ciò tuti quelli modi ve parerano perchè dicto
poverhomo rehabia dicti suoi bovi. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
128
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi di sapere per certo che i nemici intendono
prendere la bastita o il luogo di Cavenago. Siccome il luogo può rimanere sguarnito da difensori,
perchè i villani se ne vanno per i fatti loro e potrebbero essere facilmente chiusi fuori da dei fanti
o presi per il piccolo loro numero, vuole che si faccia di quel posto tale guardia di giorno e notte
in modo da non venirne mai sorpresi, nè per terra nè per acqua.
Se teme che scarseggino uomini per la difesa, si rivolga per aiuto ai luoghi vicini
(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).
35v Locumtenenti Laude.
Nuy siamo avisati, et questo l'havemo per certo, che l'inimici intendeno de mandare ad
prendere la bastita, sive el loco de Cavanago o per dirrecto o per indirrecto, o de dì o
de nocte, como meglio gli poderà venire facto per podere poi damnificare a loro posta
el paese nostro dellà. El che ne pare assay factibile ad loro non essendoli provisto
altramente, perchè credemo che li villani vadano qua et là ad fare li facti loro; et per più
delle volte credemo che dicto loco remanga abandonato, dove facilmente poderiano
venire qualchi fanti, quali, ho li serrarebeno de fora, o li haberebano per forza per
retrovarsi dicti homini in pocho numero, siché non poderiano deffendere esso loco. Per
la qual cosa ve ne havemo voluto per questa nostra darvine noticia, et volemo
provediate talmente a quello loco che questo non possa reussire al'inimici, facendo fare
tal (a) guardia de dì et de nocte che fanti di inimic,i o in pocho, o in assay numero non
possano venire a quello loco nè per terra nè per aqua che non siano scoperti. Et venendoli anchora in tale numero che potesseno per uno pezo combatere dicto loco che
essi homini se trovano talmente provisti che se possano deffendere, benchè crediamo
che l’inimici non se meteriano ad questo acto, pur nondimeno è meglio essere ziloso
cha chegoza. Et se li dicti homini non fusseno sufficienti per sì ad fare le dicte guardie,
volemo che li faciati adiutare dali lochi lì circumvicini tanto de dì quanto de nocte. Et
circa ciò mettetili ogni studio et diligentia vostra che non occorra scandalo, aciò non
dicati poi non essere stato avisato da nuy. Data ut supra.
Bonifacius
Cichus.
(a) fare tal su rasura.
129
Francesco Sforza ringrazia Antonio Vestarino, cittadino di Lodi, per l’informazione del ritorno di
suo nipote con l’ambasciata fattagli fare dal marchese di Monferrato; gli fa sapere che non
occorre che nè lui, nè suo nipote si portino da lui, perchè è arrivato re Renato e con lui Angiolo
Acciaioli e ha mandata Angelo Simonetta, suo consigliere, “con piena possanza de conzare
quelle cose de là”.
(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).
Antonio Vastarino, civi Laudensi.
Havemo recevute le toe lettere, date 16 del presente, per le quale restiamo avisati dela
tornata de tuo nepote e dela imbassiata ce ha facta fare el marchexe de Monferrà del
tuo venire qua in campo, et cetera, ale quale respondendo te comendiamo e
rengratiamo de quanto hay facto, e molto ne piace la risposta qual saviamente gli hay
facta fare. Ma perchè como tu debbe mò sapere è venuta la maestà del 36r
serenissimo re Renato, e trovandose con sì el spectabile domino Angelo Azayolo, et
anche havendoli novamente mandato Angelo Simoneta, nostro consiliero, con mandato
et piena possanza de conzare quelle cose de là, non ne pare nè volimo che nè voi nè
vostro nepote piliate altra faticha de venire qua, nè de fare altro per questa cagione. Et
non siando bisogno non ne pare ne debiate pigliare altro affanno, perchè la cosa
haverà a passare per le mane dela maestà del prefato Re et deli predicti. Data ut supra
Ser Iacobus.
Cichus.
130
Francesco Sforza, in risposta alla lettera del 16 agosto, fa sapere a Gentile della Molara di aver
scritto a sua moglie di accettare il prestito di 1000 ducati offerto dal conte Pietro Torelli e di farne
l’assegnazione a Milano, devolvendoli poi al Colleoni.
Gli ordina di procurare, non potendo avvalersi di suo nipote Roberto che è ai bagni, di risolvere
lui con Pietro da Lonate la vertenza di quei di Castelnuovo,
imponendo il pagamento a chi spetta.
Si dice stupito che quelli di Godiasco gli abbiano presi dei denari. Se, comunque, lo può provare,
si intenda con il commissario di Tortona e con lui induca i Godiaschesi a soddisfarlo.
Gli comanda, infine, di eseguire ciò che gli ordinano il Colleoni e Andrea da Birago e in più
cerchi qualche volta di andare ad Alessandria per constatare come vanno le cose.
(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).
Havemo recevuto una toa lettera, data adì xvi del presente et inteso quello ne scrive,
respondendote alle parte necessarie, dicemo: primo, alla parte delli milli ducati che ha
proferto el conte Petro Torello volere prestare alla illustrissima madona Biancha, nostra
consorte, che essa madona Biancha ne ha scripto de ciò, et gli havemo resposto che li
debbia acceptare et che gli ne facia fare bona assignatione ad Milano et poi che facia
numerare dicti milli ducati al magnifico Bartholomeo Coglione.
Ala parte dela differentia de quelli da Castelnovo, dicemo che al presente non havemo
el modo de mandarli altra persona per conciare dicta differentia, perchè domino
Roberto, nostro nepote, è andato ali bagni, ma vede, insieme con Petro da Lonate
decidere questa differentia et darle fine per qualunque megliore modo ve parerà,
facendo pagare ad chi debitamente specta et raxonevelmente deve pagare.
Delli toi dinari, quali dice te sonno stati tolti per quelli da Godiasco, dicemo per certo
che ne maravigliamo che dicti da Godiasco habiano presuncto de torrete dicti dinari;
pur, sia la cosa como se voglia, vedi se de questo poi far prova alcuna per qualunche
via, et possendone fare prova, te intenderai con lo comissario de Terdona et insieme
con luy astrenzereti dicti da Godiasco per modo che sii pagato, deportandote perhò
honestamente per modo che non habiamo lamenta sia facto torto a persona veruna.
Ceterum, volimo, como per altre te havemo scripto, che exequischi et faci quanto per lo
magnifico Bartholomeo et Andrea da Birago te sarà ordinato et comandato, siando
sollicito in ogni cosa segondo te parerà rechieda el bisogno, et vogli andare qualche
volta verso Alexandria per vedere como passeno le cose, et avisane ala zornata como
succedeno le cose. Data ut supra
Nicolaus
Iohannes.
131
Francesco Sforza ordina a Gracino da Pescarolo di convocare da lui tal Giovanni de
Gotardo,speziale di lì, e di sapere, dietro giuramento, se ha una giornea e altra roba di un
quondam fratello di Matteo da Celano, uomo d’arme, costui, della compagnia di Giovanni da
Tolentino, che se n’è fuggito presso i nemici.
Accertato che Giovanni ha tali cose di Matteo, gliele sequestri in modo che non ne disponga se
non come imporrà Tolentino che è creditore di Matteo.
(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).
36v Gracino de Piscarolo.
Havemo informatione che uno Iohanne de Gotardo, speciaro de quella nostra cità,
debbe havere una zorneia et altra roba de quondam fratello de Matheo de Celano,
nostro homo d’arme dela conducta de domino Iohanne da Tollentino, el quale Matheo
novamente è fugito et andato dal canto del'inimici; per la qual cosa volemo, e te
comettimo che habii a ti dicto Iohanne et per via de sacramento o per altra prova circa
de sapere la robba ha apresso de sè de quella del dicto Matheo, sequestrandogila
apresso e comandandoli che’l non ne debba disponere nè fare se non quanto gli
ordinarà el prefato domino Iohanne da Tollentino o cui specta per lo debito ha dicto
Matheo cum luy. Et a questo mete ogni bona diligentia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Iohannes
132
Francesco Sforza dissuade la consorte di mandare ad avvisare re Renato da parte sua fino a
quando non si saprà dove il sovrano si fermerà e allora le farà sapere il parere ducale.
(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).
Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Havemo recevuto la lettera dela signoria vostra et inteso quello ne scrive de mandare
avisare la maestà del re Renato per parte soa, et cetera; unde respondendo ve dicemo
che ad nuy non pare la signoria vostra gli mandi fino non se sapia dove la maestà soa
sia firmata, et quando sia el tempo, ne avisaremo la signoria vostra del parere nostro.
De qua non è altro de novo. Data ut supra.
Zanetus
Iohannes.
133
Francesco Sforza si dice contento che il parmense Paolo de Archeris abbia avuto, in seguito a
rinuncia di Valeriano Borocardo, il possesso dell’ospedale dei Santi Enrico e Rocco di Voghera e
pure la rettoria del medesimo. Ciò gli è assai gradito per la fedeltà di suo padre Paolo verso di
lui e lo stato, nonchè per la confermatagli rettitudine di Paolo.
Il duca chede al vescovo di Tortona di convalidare tale passaggio di rettoria.
1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Reverendo in Christo patri domino episcopo Terdonensi.
Intelleximus Paulum de Archeris, Parmensem, per renuntiam Valerani Borocardi
assecutum fuisse iamdudum possessionem et tenutam Hospitalis Sanctorum Henrici et
Rochi de Viqueria, diocesis Terdonensis, et rectoriam eiusdem per renuntiam
huiusmodi obtinuisse, quod, non modo gratum nobis, imo gratissimum supervenit ob
singularem fidem, quam erga nos statumque nostrum habet indefessam strenuus vir
Parmesanus de Parma noster armiger, eius Pauli genitor, et ob virtutes et animi
rectitudinem quibus valere ipsum Paulum simus informati et desiderosi. Itaque nos
rectoriam prenominatus ipse Paulus in futurum liberius possideat, 37r requirimus
vestram reverendam paternitatem quatenus velit renuntiam pretactam, ut premittitur, in
eundem factam confirmare et validare. Erit quidem id nobis gratissimum, pro ea
paternitate vestra suis in beneplacitis libere paratis. Data in castris nostris felicibus apud
Gaydum, die xxiii augusti 1453.
Bonifacius.
Cichus.
134
Francesco Sforza taccia di bugiardo il castellano di San Colombano che gli ha scritto di
mandargli, in sostituzione dei dodici che gli toccano, due bifolchi pagati per due mesi, mentre
essi non sono pagati neppure per un mese.
Provveda a fare come ha scritto e a punire quelli che se ne sono andati.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Castellano Sancti Columbani.
Tu ne scrivi che tu mandi qua duy bovulci pagati per duy mesi per supplemento delli
dodeci che tochano alli homini dela tua iurisdictione, e trovammo non essere vero che
siano pagati nè per duy nè per uno mese, como potray informarte dal presente
portatore, e ben ne maravigliamo che tu ne sc(r)ive busie. Pertanto provedi che siano
pagati, acioché non siano constricti fugere un’altra fiata, et provede che quelli hanno
fallito patiscano (a) la pena. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) patiscano su patistano parzialmente eraso.
135
Francesco Sforza scrive a Giacomo e a Giovanni Francesco de Muzano di aver preso atto di
quel che scrivono dei loro boschi. Li assicura che non intende danneggiarli e che si è servito del
loro legname per Cerreto per “più habilità et presteza”.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Iacobo et Iohanni Francisco de Muzano.
Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto diceti deli vostri buschi. Dicemo
doveti essere certi che non vorissemo alcuno vostro damno possendo nuy fare altramente, ma, considerata la importantia de quello loco de Cereto, scrisemo per più
habilità et presteza che tolleseno el ligname in li vostri buschi. Nunc vero, inteso quanto
ne scrivete, havemo scrito al nostro locotenente de Lodi quanto bisogna in questa
materia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
136
Francesco Sforza esprime al luogotenente di Lodi il suo stupore per quanto gli ha scritto per il
pagamento dei “navaroli delli piati stano a Cereto”. Egli ha inviate al referendario di lì delle
lettere da lui sottoscritte per il saldo delle spese necessarie a Cerreto. Il medesimo referendario
ha fatto sapere che i gentiluomini di Muzano si lamentano che i loro boschi paghino lo scotto di
tutti i lavori, perchè sono “comodi, et apti e apropinqui a Cereto”, si tratti del lavoro di Zurlesco,
del ponte di Lodi o di altro. Il duca comanda al luogotenente di provvedere che “le graveze
passino equalmente” quando vi siano altri boschi “così apti et commodi”, altrimenti si proceda
nel modo usato.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Locumtenenti Laude.
Respondendo alle vostre lettere, cioè ala parte del pagamento delli navaroli delli piati
stano a Cereto, ne maravigliamo de questo perchè, como ve scrisemo a questi dì
passati, e como ve potiti informare, nuy scrisemo al nostro referendario lì per lettere
sotoscripte de nostra propria mano che proveda ale spese necessarie a Cerreto, sichè
(a) rechede dicto referendario li zentilhomini da Muzano se gravano che siando molti
altri boschi così comodi et 37v (b) apti e apropinqui a Cereto como li soi, sempre se
corra ali suoi, li quali in queste novitate sonno posti a fracasso quando per lo lavorero
da Zurlesco, quando per lo ponte de Lodi e quando per altro. Per la qual cosa, acioché
le graveze passino equalmente, volimo faciati provedere se’l ce n’è deli altri, como loro
dicono, et fare supportano la rata sua del carigo; ma quando non gli fossero altri buschi
così apti et commodi quanto li loro, fate tagliare el ligname in essi senza exceptione
alcuna atesa l’importantia del lavorerio. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) Segue reche non depennato.
(b) La carta inizia con die xxiii augusti.
137
Francesco Sforza si compiace con Pietro da Linate sia per la sua andata dal Colleoni e per
quanto ha fatto per lui, come anche per il pagamento del conestabile Bartolomeo da Bologna.
Procuri che i beni dell’abbazia di Sant’Alberto non abbiano ad aver danni.
Lo assicura di aver scritto al castellano della rocca di Tortona di non tenere continuamente
aperto il portello di soccorso.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Petro de Lonate.
Havemo recevuto doe toe lettere de dì xv e xvii del presente per le quale restiamo
avisati del’andata toa al magnifico Bartholomeo Coglione et de quanto hay facto per
luy, et del spazamento de Bartholomeo da Bologna, nostro conestabile, al che non
accade dire altro se non che ne piace quanto hay facto et te ne comendiamo molto. Alla
parte delli beni del’abbadia de Sancto Alberto, te confortiamo et caricamo vogli fare
como ne scrive faray et usare ogni diligentia dal canto tuo, perchè dicti beni se
retroveno et non vadano in sinistro. Alla parte del castellano dela rocha de quella nostra
cità che tene aperto continuamente el portello del succorso et che se fida tropo, nuy gli
scrivemo in modo che siamo certi per l’avenire non el tenerà più aperto et se guardarà
più inanze che non ha facto fin al presente. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
138
Francesco Sforza comanda al castellano della rocca di Tortona di non tenere continuamente
aperto il portello di soccorso, non avendo parenti da lasciare alla sua custodia. Solo in caso di
necessità, lo apra, ma con a guardia una persona di fiducia.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Castellano arcis nostre Terdone.
Nuy siamo advisati che tu tene continuamente aperto el portello del soccorso de quella
nostra rocha et che tu te fide troppo, et benchè nuy non dubitamo puncto, imo siamo
certissimi della toa fidelità, te advisamo che a nuy non piace puncto nè volimo che tu
debbi tenere aperto dicto portello continuamente, perchè tu non hai miga lì nè parenti
nè fratelli nè figlioli delli quali tu te possi fidare libe 38r ramente et lassarli el dicto
portello liberamente securamente in guardia. Siamo ben contenti che in caso de
necessità per li facti toy tu possa aperire esso portello, lassandoli ala guardia perhò
persona che ne habia bona cura et che sia fidata, altramente non volemo per niente
che tu lo aperi, et così te lo comandiamo expressamente. Et a questa nostra voluntà
non contrafaray per quanto tu hai cara la gratia nostra. Data ut supra
Leonardus.
Iohannes.
139
Francesco Sforza precisa a Luchina che al presente con quelli di Correggio vi è una tregua, ma
non un accordo. Quando questo verrà raggiunto, il duca assicura Luchina (che ha chiesto, in tal
caso, la restituzione di Poviglio) che avrà cura di farle restituire le cose sue. La ringrazia per aver
mandato della sua gente nel Cremonese, anche se finora non ne ha avuto notizia.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Magnifice domine Luchine de Verme.
Havemo recevute le vostre littere per le quale ne recordati che, accadendo acordio fra
noy et quelli da Correzo, voliamo provedere ve sia restituito Puvilio, ale quale,
respondendo, dicemo che gli è bene pratica de treugua, ma (non) d’acordio fin al
presente, certificandove che accadendone far accordio alcuno non menore cura
haveremo de farve restituire le cose vostre che dele nostre proprie.
Ala parte dele gente vostre quale scrivite havere mandate in Cremonese, ve ne
comendiamo e molto ne piace, benchè fin a qui non ne sentemo novella alcuna. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
140
Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano di sentirsi sollevato nell’intendere dai suoi e dai
medici che migliora. Lo assicura che, aderendo alla sua richiesta, scriverà direttamente a lui.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.
Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.
Havemo voluto intendere continuamente el caso tuo, così de quelli da casa tua, como
dali medici et altri, et in effecto con singularissimo piacere et contenteza siano avisati
ch’el male tuo è molto legerito e talmente meliorato che in brevi serai liberato
adiutandote con bono animo; sichè, date de bona voglia e non apigliare affano de cosa
alcuna, non attendendo ad altro che a guarire.
Ala parte de scrivere pur a ti et non ali tuoi, te dicemo che nuy scrissemo ali tuoy non
per altro respecto se non per dare affanno a te, considerato el caso tuo, ma inteso
quanto ne scrive, restiamo più contenti de scrivere a te che ad altri, e così faremo. Data
ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
141
Francesco Sforza assicura il conte Ottone de Mandello, che desidera gli si mandi una persona
fidata con cui conferire, d’aver detto a Gentile della Molara che dal Tortonese si porti da lui.
Aggiunge, poi, di essere disponibile a riceverlo quando lui vorrà.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
38v Spectabili militi domino Ottoni de Mandello, comiti, et cetera, nostro dilectissimo.
Visto quanto per una vostra ne rechiedeti che ve vogliamo mandare là uno delli nostri
fidati con chi possiati conferire, dicimo, respondendove, che per una nostra havemo
scripto ad Gentile dela Molara, nostro fameglio, quale de presente se retrova in
Terdonese, che subbito venga da vuy; sichè ve ne avisamo, et con esso poderite dire
et conferire liberamente quanto ve parera et piacerà, non altramente cha con nuy. Et
appresso anchora, perchè per un’altra vostra ne rechiedeti de venire qua da nuy,
dicemo che, volendo vuy venire, siamo contenti vegniati al vostro piacere. Data ut
supra.
Bonifacius.
Iohannes.
142
Francesco Sforza scrive a Gentile della Molara di portarsi dal conte Ottone da Mandello. Se
quello che gli dirà è cosa importante, si porti poi a conferire con lui. Se così non fosse, gliene
scriva.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Gentile dela Molara.
Per una soa ne ha pregato el spectabile cavalere et conte messer Otto da Mandello
che vogliamo mandare ad luy uno nostro fidato con chi possa liberamente conferire; per
la qual cosa volemo che, recevuta questa, subito vadi da luy per intendere quanto luy te
vorra dire. Et essendo quello che luy te dirà cosa importante, ita che merita la toa
venuta qua da nuy, siamo contenti che venghi; si vero non fosse troppo importante, tu
ne haveray ad avisare per una toa del tuto. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
143
Francesco Sforza manifesta a donna Luchina il suo desiderio che il parmense Paolo de
Archeriis, figlio di un valoroso suo armigero, abbia il possesso dell’ospedale dei Santi Enrico e
Rocco di Voghera in seguito alla rinuncia di Valerano Brocardo. Perchè Paolo ottenga ciò più
agevolmente, ha scritto al vescovo di Tortona lodando Paolo e chiedendo al vescovo che, per
suo riguardo, avvalli la detta rinuncia e confermi Paolo nel possesso. Siccome in simile faccenda
importa il suo aiuto, chiede a donna Luchina di supportare la richiesta della rettoria di detto
ospedale per Paolo.
(1453 agosto 23, “in castris nosyris felicibus apud Gaydum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Volentes et desiderosi nimium quod Paulus de Archeriis de Parma, filius strenui
Parmesani nostri armigeri dilecti, consequatur et habeat tenutam et possessionem
hospitalis Sanctorum Henrici et Rochi illius terre Viquerie et ut liberius hospitale ipsum
per renuntiam in se factam per Valeranum Brocardum obtineat, scripsimus per litteras
nostras reverendo domino episcopo Terdonensi in commendationem ipsius Pauli, eum
requirentes quatenus velit, intuitu 39r nostro, renunciam ipsam confirmare et in dictum
Paulum validare, quod quidem credimus libenti animo se facturum ; verum, cum hac in
re eciam vostro adiumento opus sit, hortamur vos atque requirimus quatenus volitis ipso
Paulo favori esse, ita ut rectoriam ipsius hospitalis libere consequatur et habeat. Quod
profecto nobis gratum ascribemus. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
144
Francesco Sforza nulla ha di nuovo da segnalare alla consorte, cui chiede della salute sua e dei
figlioli.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Illustrissime domine ducisse.
Altro de novo non è de qua; nuy, Dei gratia, stamo bene, desiderosi sentire
continuamente il simile dela signoria vostra et de quelli nostri figlioli. De quello sequirà
la signoria vostra ne sarà advisata. Data ut supra, hora 4 noctis.
Zanetus.
Cabalarius Antonius de Capriolis.
Iohannes.
145
Francesco Sforza scrive al capitano di Casteggio perchè, per via sommaria, faccia ottenere a
Schirinzio, famiglio di un suo uomo d’arme, gli accertati crediti che ha lì.
(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Capitaneo Clastigii.
Schirincio da Milano, famiglio d’uno nostro homo d’arme, ne ha facto significare et
rechiedere che, havendo molti debitori in la iurisdictione a ti commessa, dalli quali non
pò conseguire el dovere, vogliamo provedere opportune ch’el sia satisfacto senza
strepito, de piado, con ciò sia cosa che habeat agere causam in alio foro. Volemo
aduncha e te comettemo che, ad instantia et requisitione d’esso Schirincio, debbe
procedere contra tuti et singuli suoi debitori summarie simpliciter et de plano sine
strepitu et figura iudicii, cavillationibus et frivolis exceptionibus quibuscumque reiectis.
Et postquam a te constarà del vero debito, procederai contra d’essi, et etiam per ogni
via de ragione costringerali ad farli el pagamento de tuto quello se trovarà dovere
havere de ragione, non lo tenendo in tempo, perchè ha ad exercirse qua in campo con
el suo patrone. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
146
Francesco Sforza ordina al capitano di Casteggio di dare alloggio ai cavalli di Francesco della
Serra da Napoli fino al suo ritorno da re Renato.
1453 agosto 24, “in castris nostris apud Gaydum”.
39v Capitaneo Clastigii Papiensi.
Per certo bono et digno rispeto volemo che tu faci dare logiamento per sey cavali ad
messer Francesco dela Serra da Napolli per alcuni dì fina tanto ch’el retorni dala
magnificentia del re Renato; et questo non manchi per cossa dal mondo, facendoli dare
stancia et strame tanto.
Data in castris nostris apud Gaydum, die xxiiii augusti 1443.
Ser Iacobus.
147
Francesco Sforza dà atto a Gentile della Molara di aver ricevuta la sua lettera da Pozolo con
accluse le copie di quelle di re Renato e di Angelo Acciaioli per il Colleoni: si compiace per
.quanto comunicatogli. Non è del parere di concedere al conte Pietro (Torelli) una licenza di 15
o 20 giorni per andare a Guastalla per ritirare 1000 ducati: può arrangiarsi diversamente per
averli e, quindi, ha ragione il Colleoni di non volergli dare tale permesso per aver “bisogno del
facto suo”. Il duca si dice sorpreso della volontà del Colleoni di imporre ai Tortonesi di trovare
alloggio per 200 fanti, quando gli è ben noto che il duca non ha “my dato logiamento in taxe a
fanti a pedi,”
Zanetto ha scritto alla duchessa di Milano su quanto avviene in campo.
1453 agosto 24. in campo apud Gaydum”
Gentili de Molaria.
Dilecte noster, per l’altra littera de di xviiii del presente, fatta (a) a Pozolo, et recevuta
heri da sera cum Ie copie incluse dele lettere dela mayesta del Re et de domino Angelo
Azayoli, directine al magnifico Bartholomeo, restamo advisato de quanto in esse se
contene, il che tucto ad nuy è piaciuto et te ne commendiamo,
carricandoti vogli cossì etiamdio fare per lo advenire. Circa la parte dela licentia
domanda el conte Piero per andare a Guastalla per tuore Ii mille ducati per xv o xx dì,
te dicemo ch’el magnifico Bartholomeo ne pare habia raxone a non concedergli dicta
licentia al presente, perchè pur al presente haverà bisogno del facto suo; per respecto
aIe cose seranno da fare de presenti parne ch’el possa mandare uno deli suoy a tuore
dicti denari senza andarli luy, o trovarli per qualche altra via, como habilmente pò fare,
et poy renderli, niente de mancho del’andare o restare suo ne lassiamo la cura et
pensiero al predicto Bartholomeo che faza quello sia meglio. (b) Appresso nuy
intendiamo ch’el predicto Bartholomeo vole far dare carico al Tortonese de presenti de
logiamento per fanti cc, che non credemo, però, sia de sua intentione, perchè sa bene
nuy non havemo may dato logiamento in taxe a fant(i) a pedi, sichè vogli dirgline et far
che quelle poveri homini del Tortonese non se desperino. Data in campo apud
Gaydum, die xxiiii augusti 1453.
Iohannes.
(a) Segue hers depennato.
(b) Segue data depennato.
Die suprascripto.
Scriptum fuit per Zanetum illustrissime domine ducisse Mediolani et cetera de
occurrentibus in castris.
Cabalarius Iacobus de Fara.
Signata Cichus.
148
Francesco Sforza informa il fratello Corrado che, nonostante i plurimi solleciti fattigli di rispettare
i salvacondotti da lui, duca, accordati ha ancora ricevuto richieste, sia dal conte Giacomo che
dai rettori di Bergamo, di far riavere agli uomini di Osio i denari loro presi.
Circa il bestiame tolto in Crema quando capitò il caso di Castiglione, gli ordina di distribuirlo
come gli pare. Lascia ad Antonio, cancelliere di Corrado, di informarlo delle altre cose.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
40r Magnifico Conrado, fratri nostro.
Segondo che per più altre lettere te havemo scripto e replicato, volimo per la
conservatione deli salviconducti e fede nostra che ogni robba, pregoni et dinari fosseno
tolti per li toi in Bergamascha sotto el nostro salvoconducto siano restituiti integre senza
mancamento d’uno pontale de stringha. Et havendo novamente lettere et dal conte
Iacomo et dali rectori de Bergamo per le quale ne rechiedeno instantissimamente la
restitutione delli denari tolti al’homini da Oxio, volimo che subito facii restituire li dicti
dinari senza mancamento alcuno; et se tu hay voglia de fare cosa che ne piaza, fallo
senza piu replicatione de nostre lettere.
De quello bestiamo fo tolto per li toi, fu quello de Crema, quando intervene el caso de
Castiglione, siamo contenti che per lo mancamento che feceno loro tu ne facii et lo
distribuischa come te pare. Del’altre cose Antonio, tuo cancellero, vene informato al
quale prestaray quella fede che faresti a nuy proprii. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
149
Francesco Sforza risponde a Gentile della Molara che in merito ai 40 cavalli richiesti al Colleoni
dal doge di Genova e da Pietro Cotta si è già convenuto sul da farsi. Quanto al pagamento del
Colleoni, si è già risposto adeguatamente e altrettanto si farà a un suo nuovo inviato. La
vertenza di quei di Castelnuovo è affidata al Colleoni, cui è stato dato di tutto “aviso et
plenissima notitia”. La sua (di Gentile) richiesta di danari l’ha spinto a richiedere ai Maestri
delle entrate di fargli avere 20 o 25 ducati d’oro.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
Gentili dela Molaria.
Here et hogi havemo recevuto doe toe lettere de dì xviii et xxii del presente per le quale
restamo advisati de quanto ne scrive; al che, respondendo, et primo, ala parte delli
cavalli xl, quali hanno mandati a rechiedere al magnifico Bartholomeo Coleone lo
illustre signore meser lo duxe de Zenova et Petro Cotta, dicemo ch’el magnifico
Bartholomeo dette aviso a nuy della dicta rechiesta, et così gli respondessemo a
compimento; sichè circha ciò non accade dire altro. Ala parte de messo vole mandare
da nuy el dicto Bartholomeo per intendere el suo spazamento, dicimo che d’esso
spazamento gli ne havimo dato aviso et plenissima notizia, pur mandandolo, lo
arediremo et gli farimo resposta al tuto. Ala parte della differentia de quelli da
Castelnovo non dicemo altro, se non che ne lassamo la cura al prefato Bartholomeo,
como a quello che è informato dela cosa et che se ritrova sul facto, che gli proveda
como parerà a luy. Ala parte del tuo bisogno che te vogliamo provedere de qualchi
dinari per il vivere tuo, dicimo che siamo certissimi el bisogno tuo sia grande; et così
havemo ordinato ch’el te sia provisto al presente de xx o xxv ducati (a) d’oro, como
haverai per le lettere nostre directive alli 40v Maestri nostri del’entrate, le quale de novo
havemo facto replicare, et te mandiamole alligate con questa. Nuy voluntera te
haveressemo proveduto per altra via, ma invero non gli havemo el modo al presente;
siamo perhò certi che li dicti Maestri te provederano presto delli dicti dinari, perché gli
scrivemo in bona forma, la quale è soctoscripta de nostra propria mano. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
(a) ducati in interlinea su pezi depennato.
150
Francesco Sforza esprime al podestà di Viguzzolo il suo sconcerto per il rifiuto da lui opposto,
disobbedendo a un suo ordine (che ribadisce), a concedere al castellano e capitano della
cittadella di Tortona una certa quantità di biade necessaria per “munitione” di quelle fortezze.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
Potestati Vigozoli.
Havendo nuy concesso lettere patente sottoscripte de nostra propria mane al
castellano et capitaneo della cittadella de Terdona de posser cavare fora de quella terra
certa quantità de biave per munitione d’esse fortezze, ne hanno scritto non gli hai
voluto lassare trarre fora; della qual cosa cosa per certo ne meravigliamo, né possemo
pensare donde proceda tanta presumptione che non vogli obbedire le nostre lettere.
Pertanto te comandiamo che, senza pur una minima contradicione, gli lassi cavare
quella quantità de biava che se contenne in dicte nostre lettere patente; altramente te
certificamo che te faremo intendere quanto ne despiace a non essere obediti. Data ut
supra.
Marcus.
In simili forma scriptum fuit potestati Pontiscuroni, die suprascripto.
151
Francesco Sforza rinnova a Bonifacio, a Bataglerio e a Bernabò, marchesi Malaspina di Varzi,
nonchè agli uomini e ai consoli tutti del marchesato varzese di recedere dal rifiuto che
oppongono alla concessione dei denari della tassa da loro dovuta al condottiero Colella da
Napoli. Comanda a Bonifacio e a Bataglerio di portarsi da lui.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
Spectabilibus dilectis nostris Bonifatio, Bataglerio et Bernabovi, marchionibus
Malaspinis Varcii, necnon prudentibus viris, consulibus, comitibus et hominibus toti
eiusdem Varcii marchionatus.
El spectabile Colella de Neapoli, nostro conductero, se condole non essere may stato
satisfacto da vuy deli denari dele soe taxe, secundo che ve sete convenuti con luy altre
volte, et come per più altre nostre ve havemo scripto; dela qual cosa molto se
maravigliamo, maxime 41r essendoli stato promesso per vuy marchesi. Pertanto volimo
et stringemo et carichemo che, veduta la presente, habbiati satisfacto el dicto Colella, o
qualunque suo messo ch’el mandarà, integramente de tuto quello deve havere da vuy
per casone de dicte taxe, e non manchate. E vuy, Bonifatio et Batagliero, perchè
havemo ad conferire con vuy, recevuta la presente, venite da nuy. Data ut supra.
Cichus.
152
Francesco Sforza ingiunge a Ianuzio de Lezio di smettere ogni indugio e di portartarsi, come più
volte gli ha scritto, con i suoi uomini in campo, ma siccome il suo famiglio Giulio di Costanza si
lagna per essergli stata “robbata la stantia sua lì a Cognolo” e di ciò sono sospettati i suoi
uomini, vuole che gli venga restituita la roba.
Se, invece, fossero innocenti, indaghi per scovare i colpevoli.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
Ianutio de Letio, armorum, et cetera.
Non possemo fare che non se maravigliamo asay che, havendote scrito più fiate che tu
dovese venire con tuti li tuoi verso Cremona, e may non sii venuto, nè sapemo pensare
donde proceda tanta lenteza e tardità; pertanto de novo te replicamo che subito, senza
più tardare, debbe venire via qua in campo da nuy con tuti li toi. Ma perchè Iulio de
Constantia, nostro famiglio, molto se grava che gli è stata robbata la stantia sua lì a
Cognolo, et li toy sonno alegati suspecti, volimo inante che tu vegni, tu gli facii restituire
la robba soa integramente, s’el se trovarà Ii toi haverla havuta, ma non se trovando che
l’habiano havuta, farane fare tal chiareza ch’el se conosca li toi non essere culpevoli
delIa imputatione a loro facta. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
153
Francesco Sforza ringrazia il luogotenente di Lodi per la cura avuta di suo fratrello Corrado, cui
farà avere 100 ducati d’oro per far fronte alle spese.
In simile forma è stato scritto al lodigiano Paolo Braco
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
Locuntenenti Laude.
Inteso quanta ne scriveti de Conrado, nostro fratello, e della diligentia et cura havute
della sua salute, ve ne rengratiamo; e respondendo a quanto ne recordati dela
provisione del dinaro dal firle facta, scrivemo a Milano in modo et forma e cosl
fatamente che subito gli serano portati cento ducati d’oro per supplire aIle spese gli
occoreno. Siche studiati de confortarlo ch’el non se dia affanno, ma attende a guarire,
postpositis omnibus. Data ut supra.
In simili forma scriptum fuit Paulo Bracho, civi Laude.
Ser Iacobus.
Cichus.
154
Francesco Sforza vuole che il podestà di Pavia, se trova in città o nel contado, l’uomo d’arme
Giovanni da Pavia, lo imprigioni.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
41v Potestati Papie.
Volemo che tu faci vedere se in quella nostra cità, aut nel contado, se retrova Iohanne
da Pavia, nostro homo d’arme; e trovandoseli faralo sostenere da non essere relaxato
senza nostra licentia; e questo non manchi. Data ut supra.
155
Francesco Sforza risponde a donna Luchina dal Verme che con Puvilio si è stipulata una tregua
e quando si addiverrà a un accordo si tratterà lei e il conte Pietro alla pari di lui. Precisa che non
l’avrebbe importunata con lettere se lei si fosse decisa a mandare (richiesta che le rinnova) un
suo uomo con la documentazione relativa alle tasse reclamate dagli uomini sforzeschi .
Il duca si dice soddisfatto per l’arrivo a Cremona degli uomini di donna Luchina.
(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Respondendo a due vostre lettere, et primo, a quella fa mentione de Puvilio, accadendo
accordio, ve replicamo quanto per altre nostre ve havemo scripto che de acordio non è
anchora mentione alcuna, ma de tregua si, et quando accadesse accordio, non mancho
farimo per vuy et il conte Petro quanto per nuy proprii. Quanto al’altra vostra lettera,
quale fa mentiome deIe lettere concesse ale nostre gente per fare sostenire Ii vostri
homini debitori dele taxe, ve avisamo che per importunità delle nostre gente et per la
necessità Ioro, havemo concesse dicte lettere; e perchè voi dicete et alligate che Ii
vostri hanno facto el dovere et più ve havemo scripto per triplicate Iittere che
mandasseno qua uno delli vostri con le scripture e ragione et informatione delle dicte
tasse aciò che, intese Ie rasone, se gli metese fine e cesseno la gravetione alli vostri
homini e l’homini d’arme sapesseno se debbeno havere o non; ma non havendo vuy
may mandato alcuno, sono corse dicte lettere. E pertanto ve repplicamo che hozi may
vogliati mandare per mettere uno fino a questo.
In questa hora havemo inteso che le vostre gente sono armate a Cremona; del che
restamo molto contenti et gli mandiamo ad allogiare a Seniga per guardia de quella
nostra terra. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
156
Francesco Sforza scrive al fratello Corrado circa l’intenzione dei nemici di fare un ponte in
mezzo a Casteione e di “andare a campo a Cerreto”, cose di cui può essere del tutto informato
dal luogotenente ducale. Presti, perciò, ogni aiuto che Gaspare da Suessa gli richiederà per la
sicurezza di quella fortezza.
1453 agosto 27, “apud Gaydum”.
42r Magnifico Conrado, fratri nostro.
Havendo nuy chiara informatione che l’inimici haveano facto pensiero de butare uno
ponte sopra Adda per mezo Casteione et anche che fra loro inimici se rasona de
andare a campo a Cerreto, havemo scripto al nostro locotenente lì quanto potray
intendere et farte monstrare da luy. Sichè per questa non te replicamo altro se non che,
bisognando a Gasparro da Suessa succorso de gente, manda lì qualchi deli tuoi homini
d’arme con li loro coraze, sacomani a pede et anche deli homini dela terra, fidati et
sufficienti, ita che quella forteza remanga secura. Data apud Gaydum, die xxvii augusti
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
157
Francesco Sforza ha scritto al luogotenente di Lodi circa il ponte “versus Castrorum”, così come
si è fatto con Giovanni Caymo ed egualmente con Morello da Parma con la seguente aggiunta:
siccome corre voce fra i nemici della volontà di mettere campo a Cerreto, lui, duca, ha scritto a
Gaspare da Sessa di richiedere uomini locali e forestieri, purchè fidati, così come ha ordinato a
suo fratello Corrado di inviare uomini d’arme con corazze. Vuole che Morello risponda alle
richieste di Gaspare, provveda che non gli manchino vettovaglie e gli mandi un maestro con
circa 50 gavette per aggiustare delle balestre guaste. Gli impone di arrestare qualsiasi soldato
che lasci il campo senza bollettino.
Egualmente con duplice lettera si è scritto a Gaspare de Suessa:
Dato che dai nemici si continua a parlare del campo a Cerreto, gli comanda, se già non lo
avesse fatto, di guastare quel ponte in modo che si formi un palude che inibisca la sistemazione
di un campo. Se sa di nemici in moto, mandi per aiuti a Lodi, sia da Corrado, suo fratello, che
dal luogotnente che gli manderanno un maestro per aggiustare le balestre, oltre a gente locale
e forestiera. Se si imbatte in soldati che hanno lasciato il campo senza bollettino, li imprigioni.
1453 agosto 27, “apud Gaydum”.
Nota quod die xx sexta per duplicatas litteras scriptum fuit
locumtenenti et referendario Laude circa factum pontis versus Castrorum in ea forma
qua scriptum fuit Iohanni Caymo;
et similiter domino Morello de Parma cum hac additione videlicet:
ulterius perché pur ancora se raxona fra loro inimici de andare ad campo ad Cerreto,
havimo scripto ad Gasparro da Sessa che attendi ad bona guardia, et sentendo luy
altro, ch’el mandi lì per qualche homini, cossì terrei como forestari, sichè, mandateli a
rechiedere, proveditili et mandatili gente fidata, dicendo anchora ad Corrado, nostro
fratello, benchè nuy gli scrivemo che, bisognando, li mandi qualchi homini d’arme con le
loro coraze. Volimo insuper che vuy gli mandati subito uno magistro con qualche
cinquanta gavette per conzare alcune balestre guaste che sonno là, et fatili ultra ciò
digna provisione de victualia ultra quella che gli è, sichè, adveniente casu, non
intervenga sinistro per mancamento alcuno. Ulterius perché siamo informati che molti
deli nostri, così homini d’arme como sacomani e fanti a pede, se partino de qua del
campo senza buletino et ordini nostri, volemo che, capitandove alcuno ale mane, qual
non habia buletino in simili forma de questo ve mandiamo qui incluso, vuy lo faciati
destenire, sia homo d’arme, sacomano o fante a pede, non lo relaxando senza nostra
licentia. Data apud Gaydum, die xxvii augusti 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
Item per duplicatas litteras ut supra
Gasparri de Suessa cum hac adiuncta, videlicet:ulterius perchè pur ancora se rasona
fra loro de venire a campo a Cerreto, te caricamo a stare attento e far bona guardia e
stare proveduto e fare li preparamenti necessarii et opportuni per Ia defesa; e non
havendo facto guastare quello ponte, del quale altre fiate te havemo scripto, faralo
subito guastare et stopare aciochè spazandose per l’aqua, facia uno padule 42v ato ad
obviare da quella banda non se le potesseno acampare, segondo etiamdio che tu ne
avisasse. Et sentendo tu che pur fusseno per venire lì, manda a Lodi da Conrado,
nostro fratello, et al locotenente per gente cosi forasteri, como terreri, perchè gli
havemo scripto che te ne mandino; et simelmente, bisognandote piu una cosa che
un’altra, rechedetela, avisandoti che gli havemo scripto che te mandino Iì uno maestro
con alcune gente per reconzare Ie balestre, se’l serà bisogno. Ulterius perchè siamo
informati che molti delli nostri, così homini d’arme, como sacomani et fanti a pede, se
partino de qua dal campo senza licentia, buletino et ordini nostri, volimo che,
capitandotene alcuno in Ie mane, qual non habia buletino in simili forma de questo
mandiamo qui incluso, vuy lo faciate destenire, sia homo d’arme, sacomano o fante a
pede, non lo relaxando senza nostra licentia. Data supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
158
Francesco Sforza espime a Gracino da Pescarolo la sua soddisfazione per come da lui e da
Zanino sono state distribuite le 8000 lire avute da Pavia.
Gli fa sapere che si possono concedere licenze di estrarre da quel territorio fino a 50 moggia di
biade, ma oltre necessita una licenza sottoscritta dal duca.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Gracino de Piscarolo.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrivi delle libre octomillia recevute
da quella nostra comunita de Pavia et como sonno state destribuite per ti et per Zanino,
restamo de tucto contenti. Ala parte delle licentie de condure biave fora de quello
nostro territorio et dela citade, te dicemo che ad quelli volesseno condurne xxv fino in
xl, o in l moza, se gli porria concedere; ma che ne volesse condure ad centenara et
farne mercantia, non volimo lo fazano senza nostra licentia inscripta per non defornire
quella nostra cità de victualie, et volemo sapere chi la deve condure. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
159
Francesco Sforza vuole che il commissario di Tortona intervenga perchè Carlo da Novara, uomo
d’arme di Taddeo del Verme, riabbia la roba toltagli dai Casalnocetesi per la vertenza che essi
hanno con gli uomini d’arme di Taddeo. Ai medesimi Casalnocetesi imponga il pagamento del
medico e delle medicine del ragazzo di Carlo da loro ferito.
1453 agosto 27, “apud Gaydum”.
Comissario Terdone.
Carolo da Novara, homo d’arme de Thadeo del Verme, è stato qui da nuy et ne ha dicto
ch’el non pò coseguire quella soa robba gli fo tolta per l’homini de Casale dala Noseta,
districto de quella cità, per la questione fra loro et homini d’arme de dicto Thadeo. Et
perchè havemo chiara informatione che dicta questione non fo facta per colpa d’esso
43r Carolo, ma de alcuni balestreri che se ne fugireno, et non parendone honesto che
Iuy debbia portare la pena de quello non ha colpa, volimo che tu vede tuta la robba soa,
delIa soa che gli mancha, et gli la fazi restituire integramente, et cosi pagare Ie
medicine et medico del suo regazo gli fo ferito per dicti homini in dicta questione, como
tu sei informato. Data apud Gaydum, die xxvii augusti 1453.
Marcus.
Iohannes.
160
Francesco Sforza ordina a Giovanni de Angelellis, capitano di giustizia, e al podestà di Pavia di
accordarsi e intervenire a far giustizia, senza alcun riguardo a persona alcuna, contro gli autori
dell’eccesso commesso a Pavia.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Egregis viris domino Iohanni de Angellelis, capitaneo iustitie et potestati Papie.
Vuy siti informato del’excesso commisso in quella nostra cita de Pavia. Pertanto volemo
che, intendendove tuti duy insieme et non guardando in faza ad alcuna persona, sia
che se voglia, et remonit(a) ogni passione, debbiati ministrare rasone ad caduna delle
parte indeferentemente et non favorezare più una parte como l’altra per modo alcuno,
certificandove che così facendo, fariti I’honore vostro et a nuy cosa gratissima, unde
che facendo vuy altramente, seressemo de vuy malcontenti et non lo patiressemo per
modo alcuno. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
161
Francesco Sforza scrive a Pietro Beccaria e ad Antonio da Lonate di essere stato informato dal
conte Gaspare da Vimercate della rivolta fatta a Pavia. Li rassicura di aver dato disposizione al
podestà e al capitano di giustizia della città di procedere senza riguardo alcuno contro i
colpevoli.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Egregis doctoribus nostris domino Petro de Becharia et Antonio de Lonate.
El spectabile conte Gasparro da Vimercato ne ha avisato de quello gli haveti scripto
circa lo excesso comisso in quella nostra cità, el che havemo molto beninteso. Et
quantunche habiamo resposto a luy l’animo et dispositione nostra, nondimeno ve ne
avisamo ancora nuy et dicemo che nostra intentione non è che alcuna persona, sia che
se voglia, habia più favore de vuy in questa facto, et che non se gli usa passione
alcuna, immo che indeferenter rasone habia loco. Et cosi havemo ordinato et comisso
al podestà de Pavia et al capitaneo nostro de iustitia che in questo habiano bonissima
advertentia, et cossì siamo certi farano perché, quando facesseno altramente,
seressemo malcontenti di facti soi, sichè state de bona voglia et non prendeti
dispiacere alcuno de questo facto. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
162
Francesco Sforza scrive a Giuseppe da Cortona, castellano di San Colombano, di aver ordinato
al podestà di “Cottogno” di mandargli la moglie e i figli di Bartolomeo da Vailate, attualmente a
Cottogno, perchè lui li detenga in modo che non possano fuggire.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
43v Magnifico Iosep de Cortonio, castellano nostro Sancti Columbani.
Havemo scripto al potestà de Cottogno che te mandi lì in Ie mane toe la mogliere et
figlioli de Bartholomeo da Vaylà, quale mò se retrova in essa terra (a) de Cottogno. Per
la qual cosa volemo che tu li debii recevere et destenirli, et in tal modo farli guardare
che non se ne possano fugire. Et in questo gli metterai tale cura et diligentia che non se
ne possano andarsene, per quanto ha cara la gratia nostra. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) in essa terra ripetuto.
163
Francesco Sforza comanda al podestà di Cotogno di prendere la moglie e i figli di Bartolomeo
da Vailate, che si trovano lì, e sotto scorta li mandi a Sant’Angelo per consegnarli a Giuseppe da
Cortona, castellano del luogo. Faccia poi inventariare e sequestrare tutta la loro roba.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Potestati Cotognii, nostro dilecto.
Volemo che subito, recevuta questa, prendi personalmente la mogliere et li figlioli de
Bartholomeo da Vaylà, la quale è lì, et puoi, bene compagnati, mandarayli ad Sancto
Angelo ad consignarli in mane de Ioseph de Cortona, nostro castellano lì, al quale
scrivemo per una nostra che Ii receva et faza bene guardare in modo che non possano
fugire. Apresso farai descrivere tuta la robba soa che trovaray lì et farayla tenere in
sequestro, sechè alcuna cosa non possa fir sinistrata, rescrivendone dela receptione de
questa. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
164
Francesco Sforza informa la consorte d’aver avuto da Sanete da Bentivoglio, bolognese, la
copia di una lettera scrittagli da tal Colla, suo cancelliere, con la notizia del saccheggio subito da
Alessandro a Fogliano.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Illustrissima domine ducisse.
In questa sira havemo recevuto da messer Sanete de Bentvolii Bolognese, la copia
d’una Iettera che gli ha scripto uno Colla, suo cancellero, da Firenza, continente como
Alexandro ha havuto Foliano a sacomano. Pertanto la mandiamo ala signoria vostra qui
inclusa aciò intenda el tuto, benchè speramo domane haverne maior certeza. Data ut
supra
Irius.
Cichus.
165
Lo Sforza dà notizia della caccia data dall’armata cristiana al resto delle fuste tuche nella
speranza di catturarle. Informa che Ungari, Valacchi e altri signori di quelle parti si sono mossi
per fronteggiare i Turchi, per cui il sultano si è portato ad Adrianopoli. Il duca dispone che con
scampanii, fuochi e processioni si renda grazia a Dio.
In simile forma si è scritto al podestà e ai presidenti agli affari di Pavia.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
45r (a) zentilhomo ienovese preso in Constantinopoli cum alcuni altri; et deinde, levata
de lì l’armata di Christiani e andata per trovare lo resto delle fuste deli Turchi seperate
dalli dicte xvii, et speravese che Ie travarebeno et pigliarebeno tute; et ulterius havimo
giareza che molti Ungari, Valachi et altri signori de quelle parte potentemente se sonno
mossi contra Turchi; per la qual cosa el Gran Turcho se è partito da Constantinopoli et
gli ha lassa(to) per guardia Turchi et luy è andato in Andrinopoli, il perchè se spera
obviare ale sforce et machinatione del prefato Turcho, adiutore Deo. Pertanto a laude e
gloria del’omnipotente Dio et exaltatione dela Christianità, rendendo gratie infinite ad
esso Dio, volimo debiati fare processione tri dì continui con falodii et ameni soniti de
campane. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Die suprascripto.
In simili forma scriptum fuit potestati et presidentibus negociis comunitatis civitatis
Papie.
Cichus.
(a) Così, mancando la carta precedente, inizia la missiva.
166
Francesco Sforza conferma al pavese Giacomo de Zasiis, il ricordo che gli ha fatto del proposito
ducale di voler essere unico signore della città e di volerne tale amministrazione che “nè bacaleti
nè capelaci lì habiano loco”. Quanto al disordine avvenuto, gli conferma che interverrà in modo
che a tutti sarà chiaro che non tollera sollevazioni e dirà ai temerari autori del disordine che non
intende che Pavia passi per “spelunca de latroni”.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Iacobo de Zaziis, civi Papiensi.
Havemo recevuto Ie toe lettere per Ie quale tu ne ricordi el proposto qual havimo facto
de volere nuy essere signore de quella cità senza compagno et volere tale regimento in
essa che nè bacaleti nè capelaci li (a) habiano loco; et così è la opinione nostra.
Quanto vero al rumore e tumulto facto in quella cità, tanto I’havemo exoso et molesto
quanto se potesse dire o scrivere, e ben te comendiamo de tal ricordo et aviso a noi
facto con molta fede per bene de noi e stato nostro, certificandote che omninamente
siamo disposti et deliberati de farne tale demonstratione che tuta la cità comprehenderà
che questo caso ne è grandemente rencresuto, et darimo a vedere alIi grotti et temerari
che non haveranno facto bene e, siano che se vogliano et habiano nome como
vogliano, non intendendo per mado alcuno che quella nostra cità de gloria e fama sopra
l’altra muta nome in speluncha de latroni. E de questo vederiti experientia ad
consolatione de quelli de voglia de ben vivere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) li in interlinea.
167
Francesco Sforza scrive a Giovanni Gamba da Lodi di indurre il suo nipote, venuto
temporaneamente a casa con un ronzino e della roba dello squadrero Ottaviano Visconti
ritornare da Ottaviano. Se non volesse far ritorno, provveda a restituire quanto ha portato via.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
45v Magnifico Iohanni Gambe de Laude.
Octaviano Vesconte, nostro squatrero, ne dice como, havendo luy tolto così uno vostro
nepote al quale haviva prestato dinari et dato la robba soa, essendo venuto con soa
licentia dicto vostro parente ad casa et menato uno suo ronzino con promissione de
retornare, al presente recusa volere retornare con luy, como anche dice havere scripto
a voi. E perchè esso Octaviano è molto vostro, parendogli esservi obligato, haverà più
caro che vuy operasti el tornasse, che de havere ad pigliarli altro partito. Pertanto ve
confortiamo ad volere provedere et operare ch’el dicto vostro nepote retorni ad servire
esso Octaviano, overo gli satisfaza il cavallo et robba soa, como è debito et rasonevele,
altramente gli bisognerà pigliare altro partito per non supportare questo danno. Data ut
supra
Zanetus.
Cichus.
168
Francesco Sforza si compiace con Pietro da Linate, commissario di Tortona, per aver dato a
Baldasarre, figlio di Graziolo da Vicenza, lire 330 delle 500 che gli spettano, ma lo sollecita a
completare la somma dovutagli in modo che si metta in ordine. Si dice dispiaciuto per le
rappresaglie di uomini e bestiame compiute dagli uomini del Colleoni contro quelli del vescovato.
Ritenendo che ciò è avvenuto a insaputa del condottiero, vuole che lo avverta di tale
comportamento, perchè intervenga con le necessarie punizioni. Gli ricorda di aver scritto più
volte a lui, Pietro, e agli ufficiali di Tortona perchè provvedano a piegare la resistenza della
gente di Pontecurone e di Viguzzolo a obbedire a lui e agli ufficiali. Nulla ha da aggiungere a
quel che già gli ha scritto circa la restituzione ai suoi uomini della loro roba, che Pietro ha
imposta agli uomini di Casale. Non crede che la richiesta delle tasse di settembre sia partita dal
Colleoni, perchè sia lui che i suoi, sono stati “spazati in modo che porano cavalchare et non
haverano più a stare lì”. Vuole, infine, che faccia capire al Colleoni che il duca non intende
assolutamente introdurre la consuetudine di accordare alloggiamento e tasse a favore dei “fanti
da pede” e, perciò, non insinui fasulle aspettative in Tommaso da Parma e nei suoi fanti.
Se Pietro glielo avesse chiesto prima, avrebbe accordato a suo figlio l’ospedale di San Enrico,
ma lo ha già concesso al figlio del Parmesano, compagno del condottiero Cristoforo Torelli.
(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).
Petro de Lonate, commissario Terdone.
Havemo recevuto tre toe lettere de dì xvii, xviii et xx del presente per Ie quale restamo
pienamente avisati de quanto ne scrivi; al che respondendoti, et primo, alIa parte delle
livre 330 hai facto numerare a Baldesarro, figliolo de Gratiolo de Vincenza, per parte
delle 500 resta ad havere luy, dicemo ne piace et te ne comendiamo summamente.
Bene ne rencresce et dole grandamente delIa represaglia de homini e bestiame, quali
hanno facta li homini d’arme del magnifico Bartholomeo Coglione contra quelli del
vescovato, el che credemo sia contra l’intentione et mente d’esso Bartholomeo.
Pertanto volimo che tu debii scrivergli Ii dicti modi usano dicti homini d’arme suoi contra
Ii subditi nostri, certificandolo como a nuy è rencrescuto et rincresce non pocho, et
pregarlo gli voglia provedere et castigare Ii dicti homini d’arme che commettano simili
mancamenti quali tractano li subditi nostri, non altramente che fariano li inimici nostri.
Confortiamote apresso che usi ogni diligentia et sollicitudine aciò ch’el dicto Baldesarro
habia el compimento delle dicte libre 500 et che se possa mettere impuncto et in
ordine, como siamo certi faray. Ala parte de quelli da Pontecurone e Vigozolo che
sonno retrogradi e non vogliono obedire, 46r dicemo che più volte havemogli scripto
che debiano obedire a ti et a tuti quelli nostri officiali de Tertona, et simelmente scripto a
ti et ad essi officiali che dovesti usare contra Ii dicti da Pontecurone et Viguzolo tuti
quelli modi ve parisseno necessarii per fare che fosseno obedienti; sichè a questo non
dicemo altro, se non che tu et Ii dicti officiali vogliati exequire quanto per le dicte nostre
lettere ve scripsemo. AlIa parte della robba hai facta restituire a quelli nostri homini
d’arme, che gli era stata tolta per Ii hominii de Casale, per questa non te dicemo altro,
perchè per un’altra nostra te havimo scripta tuta ciò a compimento. Alla parte delle taxe
del meso de septembre te ha mandato a dire el magnifico Bartholomeo che debbi
provedere ch’el possa havere per sè et Ii suoi, dicimo che non credemo puncto che
questa rechiesta proceda dalla mente et sentimento d’esso Bartholomeo (a), anze
piutosto da quelli soi mandati sono lì, et non volimo che per niente luy, nè Ii soi habiano
Ie dicte tasse de septembre, perché credemo loro sonno spazati in modo che porano
cavalchare et non haverano più ad stare lì. AlIa parte delle taxe ha mandato a dire dicto
Bartholomeo che se debbiano apparechiare per quelle terre et loci lì circostanti per
Thomaso da Parma con ducento paghe, dicimo che tu debii scrivere ad esso
Bartholomeo che may non fu usanza nostra dare taxe, nè logiamento ai fanti da pede;
sichè anchora non volemo adesso acomenzare, et che per niente non volemo che
siano date dicte taxe al dicto Thomaso, et de questa nostra voluntà lo chiariray molto
bene, perchè non volemo metere questa usanza fra li nostri fanti a pede.
Lo Hospitale de Sancto Henricho, quale ne domandi per uno tuo figliolo, te advisamo
che già più dì fa I’havemo dato ad uno figliolo del Parmesano, compagno del conte
Christoforo Torello, nostro conductero de gente d’arme. Se prima tu n(e) l’havesse
domandato, voluntieri ti ne haveressemo compiaciuto. Data ut supra.
Leornadus.
Iohannes.
(a) d’esso Bartholomeo su rasura.
169
Francesco Sforza sollecita Luchina dal Verme a far restituire la roba di Giovanni da Pinarolo
che gli tolsero alcuni suoi uomini, così come ha fatto Taddeo dal Verme dopo che Giovanni è
ritornato da lui. Zanetto ha informato la duchessa sugli avvenimenti del campo.
Furono fatte lettere credenziali a Tommaso di Arezzo per:Corrado, Pietro da Norcia,
luogotenente a Lodi Morello da Parma,membri del Consiglio segreto,
Maestri delle entrate a Milano.
1453 agosto 28, “in castris nostris apud Gaydum”.
46v Magnifice Luchine de Verme.
Perchè Iohanne da Pinarolo, quale altre volte se partite dal strenuo nostro dilecto
Tadeo del Verme, adesso retorna da luy, et esso Tadeo gli restituisse quella robba,
quale gli havia tolta, pur intendemo che per alcuni homini vostri gli fu tolta altra soa
robba, como intenderiti da esso Zohanne, o da suo messo. Il perchè aciochè luy se
possa mettere impuncto et servire esso Tadeo, como faceva de prima, ve confortiamo,
stringemo et caricamo che vogliati per ogni modo fare restituire dicta robba al dicto
Zohanne, retrovandose apresso a chi voglia se sia; et in questo non vogliati far
exceptione. Data in castris nostris apud Gaydum, die xxviii augusti 1453.
Iohannes Antonius.
Cichus.
Die suprascripto.
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse Mediolani et cetera de
occurrentibus in castris.
Signata Iohannes.
Facte fuerunt littere credentiales in personam domini Thomasii de Ariete infrascriptis
videlicet:
magnifico domino Conrado,
domino Petro de Nursia, locumtenenti Laude,
domino Morello de Parma,
dominis de Consilio secreto et
Magistis intratarum nostrarum Mediolani.
Zanetus.
Cichus.
170
Francesco Sforza ordina al podestà di Pavia di riconsegnare a Tommaso, o a un suo inviato, un
suo barbiere che se n’è fuggito da lui ed è riparato lì.
(1453 agosto 28, “in castris nostris apud Gaydum”).
Potestati Papie.
AlIi dì passati s’è fugite dal spectabile meser Thomaso da Riete uno suo barbero che
se domanda Bartholomeo de quella nostra cità, qual è capitato lì. Pertanto 47r volemo
che lo astringate, sia lo consignate in Ie mano d’esso meser Thomaso, o ad qualuncha
suo messo, ulla absque exceptione. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
171
Francesco Sforza, in risposta a quanto gli hanno scritto e fatto anche sapere tramite il nunzio e
oratore ducale Pietro da Erba, comunica ai consoli, al comune e agli uomini di Salle di essere
dispiaciuto per tanto loro carico, ma fa loro presente che altrettante gravezze sopportano gli altri
sudditi. Li esorta, comunque, a sperare in un migliore avvenire di prosperità e pace. Non
capendo bene quanto essi gli scrivono in merito alla tassa del sale da pagarsi nel mese in corso,
li avverte che scriverà al Consiglio segreto in merito al loro aumento e, comunque, vi mandino
un loro uomo. Circa la esenzione degli eredi di Urbano de Santolox, li assicura che da parte sua
non v’è nessuna intenzione di concedere esenzioni di sorta ad alcuno.
(1453 agosto 28, “in castrum apud Gaydum”).
Consulibus, comuni et homi(ni)bus terre nostre Sallarum.
Inteso quanto ne scrivite e quanto ne ha facto dire Petro da Herba, nostro nuntio et
oratore, ve respondemo, quanto ala parte delle graveze, quale recordate havere
supportate questo presente anno, che a noy dole et rincresce de ogni vostre graveze,
recordandove che Ii altri nostri fideli subditi hanno facto el simile per Ie conditione di
tempi, né se è potuto fare altramente, co(n)fortandove a stare de bona voglia, perchè Ie
cose nostre passeno così fatamente e con tale prosperità che per l’avenire ve
restaurarimo d’ogni danno e faremove gode(re) in pace. Quantum vero ala parte dela
tassa del sale da essere pagata questo mese presente, ve dicemo che non intendemo
bene questa facenda, siando nuy qua occupato in altro, ma scrivemo al nostro
Conseglio secreto che intenda la cagione del vostro agravemente e Ii provedano como
se convenne; sichè mandariti a loro. Ala parte de non fare exempti Ii heredi de
quondam Urbano de Sanctolox, nè altri, perchè seria contra Ii capituli per nuy a vuy
concessi, ve dicemo che I’è molto bene ragione et anche ne pare convenevole che
qualunque supporta la rata sua delli carichi. Et cosi ve promettimo che per quello
specta a nuy non faremo exempto alcuno. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
172
Francesco Sforza ordina al referendario di Pavia di dare a maestro Cristoforo da Lanta,
ingegnere, tre o quattro lire perchè possa portarsi in campo da lui.
1453 agosto 28, “apud Gaydum”.
47v Referendario Papie.
Aciochè maestro Christoforo da Lanta, inzignero, possa venire qua in campo da nuy,
como havimo ordinato, volimo che gli facii dare, o numerare, tre o quatro Iibre imperiali;
et non sia faIIo. Data apud Gaydum, die xxviii augusti 1443.
Ser Iacobus.
Cichus.
173
Francesco Sforza, inteso quanto Giacomo da Crema, ufficiale delle munizioni di Pavia, gli dice di
Cristoforo da Lanta lo sollecita di mandarglielo e, per questo, ha scritto al referendario di dare a
Cristoforo del danaro.
(1453 agosto 28, “apud Gaydum”).
Iacobo de Crema, officiali munitionii Papie.
Inteso quanto tu ne scrivi de Christoforo da Lanta, siamo molto contenti che quanto più
presto se pò tu ce lo mandi con qualche cosa de suo inzegno. Et perchè habia donde
farse Ie spexe per Ia via, scrivimo al nostro referendario Iì che gli facia dare tre o quatro
libre imperiali; sichè faragele dare et mandalo qua. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
174
Francesco Sforza conviene con il luogotenente di Lodi per come ha agito in reazione allo
sgraziato comportamento del fattore di Fioravante, cui, incontrandolo, darà un’adeguata
risposta.
(1453 agosto 28, “apud Gaydum”).
Locuntenenti Laude.
Inteso quanto ne scriviti delle parole e stranieze usate per lo factore de Fioravante et
delli modi per voi servati contra luy ve ne comendiamo, confortandove sempre ad
exequire quanto ve comettemo, non havendo respecto ad homo del mondo, e sia che
se voglia, avisandove che, accadendo luy venire qua da nuy, como scriviti, gli
responderemo quello che ne parirà. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
175
Francesco Sforza avverte l’abbate di Santa Cristina di volere che i cento fiorini, che deve dare
per l’onoranza del bue, li versi, sia quest’anno che in futuro, al famiglio ducale Taliano di
Borgomanero, benemerito per i tanti servizi che gli presta.
1453 agosto 29, “apud Gaydum”.
Venerabile domino abbati Sancte Christine.
Per li meriti quali ha apresso nuy Taliano da Borgomaynero, nostro fameglio, el quale
infatigabelmente se adopera in Ii servicii nostri, nuy gli havemo assignati li cento fiorini,
quali ne dovete dare ogni anno per la honoranza del bove. Pertanto siamo contenti et
volemo che per questo anno et per li altri avenire, finchè non ve scriveremo altro in
contrario, debbiati respondere al dicto Taliano et satisfargli integrarnente delli dicti
cento fiorini ad nome nostro et senza exceptione alcuna. Et cosi havemo ordinato con
Francesco Maleta, nostro secretario, ch’el facia Ie opportune scripture. Data apud
Gaydum, die xxviiii augusti 1453.
Christoforo de Cambiago.
Iohannes.
176
Francesco Sforza sollecita il Colleoni a mandargli un suo messo che gli dica quello che vuole
“se faza della donna et figliola “sua, avendo convenuto con Venezia lo scambio di prigionieri,
e lui non attende altro che di sapere quel che lui vuole per potere poi far rilasciare Giovanni
Conte e gli altri.
(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).
48r Magnifico Bartholomeo Coleono.
Per doe nostre lettere ve havemo scripto che volessevo mandare qua uno da nuy
informato delIa mente vostra de quello voleti se faza delIa donna et figliola vostra,
perché s’è facto conventione tra la signoria de Venesia et nuy de lassare Ii presoni
dal’uno canto et dal’altro; et perché non aspectamo altro, per fare relaxare Iohanne
Conte et Ii altri, che dicto vostro messo predicto, perchè non deliberamo de relaxarne
veruno finché dicta dona vostra et figliola sia in libertà, ve confortiamo a mandare
presto dicto messo acioché non para che per nuy resti de observare dicta conventione.
Data ut supra.
Marcus.
Iohannes.
177
Francesco Sforza scrive al podestà di Pavia di essere contento che, obbedendo al comando
della duchessa, abbia rilasciato dal carcere quelli delle Gerole. Quanto al suo parere di lasciarli
andare a casa con l’obbligo di presentarsi a ogni suo richiamo, il duca contrappone la vincolante
disposizione di impiegarli in città con l’impegno di presentarsi alla sera da lui.
(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).
Potestati Papie.
Inteso quanto tu ne scrive dele Gerole, quale, per impositione delIa nostra illustrissima
nostra consorte, haviti facto relaxare del carcere con segurtà de presentarse a te,
restiamo contenti de quanto hai facto; ma quanto ala parte delIa bona informatione,
quale dice havere de loro et che, parendo a nuy, gli lassaray andare a casa con bona
segurtà de presentarse totiens quotiens volueris, dicemo che ne piace dela bona
informatione hai de loro. Pur, per certo bono respecto, a nuy pare e volemo che
habiano pacientia anchora per qualche dì et, se fossero inhabili a vivere senza
exercicio et opere manuale, gle potray dare licentia che vadano lavorando per la cità,
aut de fora propinquo ad essa cità, dummodo la sera se presentano a ti. E questa è la
nostra intentione, la quale volemo sia servata. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
178
Francesco Sforza nuovamente ricorda a donna Luchina dal Verme le lamentele degli uomini
sforzeschi per la morosità dei suoi nel pagare le tasse loro dovute, e ciò nonostante i molteplici
solleciti dal duca fatti. Stanco di attendere, il duca ha diposto il fermo di alcuni debitori
provocando la protesta di donna Luchina, la quale sostiene che a tutto si era soddisfatto, A ciò il
duca le contrappone l’invito a mandare uno dei suoi sudditi “a monstrare le ragione della
satisfatione”.
(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Havendo nuy ogni dì lamente daIi nostri che non pono conseguire dalli vostri homini el
debito deIe lore taxe, et havendo non una né due volte ala vostra magnificentia che gli
volesse provedere e scrito e mandato a dire, e non providendoli quella per continue
importunitate delli nostri, non havemo potuto fare che non gli havemo concesso alcune
lettere de sustenire quelli delle vostre terre che sonno debitori; del che, siandose
agravata la vostra magnificentia e scrito che Ii vostri havevano facto el dovere, ve
scrisemo piu fiate 48v che volisseno mandare uno delli vostri informato e bene instructo
delle ragione delle dicte tasse, acioché’l se gli mettesse uno fino, nè may l’haviti
mandato; e pur scriviti che Ii vostri hanno satisfacto, nè mandate alcuno delli vostri a
monstrare Ie ragione delIa satisfatione. Pertanto de novo ve replicamo che’l vogliati
mandare, altramente e voy e noy ogni dì ne haveremo mille rencrescimenti. Data ut
supra.
Cichus.
179
Francesco Sforza, siccome i membri del Consiglio segreto hanno fatto arrestare il conestabile di
Porta Nuova, sollecita la duchessa a mettervi una persona”fidata e sufficiente”. Le dice di far
sapere a Giacomo Scrovigno che il fatto di quell’abbate non è nei termini da lui esposti.
(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).
Illustrissime domine ducisse.
Li nostri del Consiglio hanno facto destinire el Conestabile de Portanova de Milano per
certo suspecto dove bisogna provedere d’uno altro. Pertanto voglia la signoria vostra
mettergli qualche persona fidata et sufficiente ad ciò quella porta non resti senza
guardia fino nuy gli provederemo altramente. Al facto de lacomo Scrovigno la signoria
vostra gli porrà respondere che el facto de quello abbate ne scrive non è anche in Ii
termini che Iuy dice, ma nuy ne sforzaremo col tempo fare cosa gli piaza. De qua non è
altro de novo. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
180
Francesco Sforza risponde a Ludovico da Bologna che Odino è stato, come dovrebbe sapere,
arrestato. Lo invita a interporre ogni sollecito perchè Graziolo sia accontentato in modo che lui e
la sua gente possano “campegiare o dellà o de qua” e aggiunge, sempre a proposito della spesa
per la gente di Graziolo, di concordare con Ludovico che essa ”sia satisfacta..per cavalli cinque
e fanti dece lo dì”. Vuole che Ludovico procuri che ogni soldato abbia il danaro che gli spetta.
Faccia sapere a Pietro da Lonate lo stupore del duca per la tolleranza della morosità dei suoi
uomini a fare i pagamenti dovuti. Non occorre che più gli parli degli uomini di Pontecurone, di
Viguzzolo e di Antonio da Cassano. Si rivolga ad altre terre che devono denari ai soldati,
procurando che assolvano al loro dovere.
1453 agosto 30, “apud Gaydum”.
Lodovicho de Bononia.
A questi dì passati havemo recevuto più toe lettere per Ie quale restiamo ad
compimento avisato de quanto n’hay scripto. Et respondendoti, primo, ala parte de
Odino dicemo che, retrovandose a Milano, l’havemo facto destinire, como credemo
haverai inteso, siché circa ciò non bisogna che tu fazi altro. AlIa parte de quello resta
havere Gratiolo, dicimo che tu soliciti, con ogni via e modo più expediente che te
parerà, siché luy senza piu dimora habia el dicto suo resto, perché intendemo omnino
che Iuy et tute quelle nostre gente che sonno dal canto dellà debiano campegiare o
delIà o de qua; et così como dicimo de Gratiolo. Intendemo ancora de ogni nostro
soldato, che resti ad havere dinaro alcuno per la mane tue, che fazi tuti habiano
integramente restano ad havere, senza che de ciò scriva a nuy più 49r cosa alcuna; et
fa’ che piutosto se habiano a lamentare Ii homini nostri che Ii dicti soldati. AlIa parte
delIa spesa del dicto Gratiolo, ne pare che tu diche bene, cioè che Ie sia satisfacta la
spesa per cavalli cinque e fanti dece lo dì, la quale distribueray per Ie terre sonno state
renitente al pagamento suo. AlIa parte delli homini de Petro da Lonate che sonno
renitenti al pagamento loro, dicemo che tu debbi dire al dicto Petro che proveda
omnino, et fazi con effecto che subito et senza piu dilatione de tempo, che essi homini
paghano integramente el debito loro, certificandolo che se’l non farà ne scorozaremo in
modo con luy che’l conoscerà ne sia rencresciuto. Et se maravigliamo bene che luy
habia comportato tanto a dicti suoi homini che siano stati renitenti fino a questo dì,
perchè Iuy per dare bono exemplo alIi altri doveva fare che loro fosseno li primi a fare el
debito suo. AlIa parte de quelli da Pontecurono e Viguzolo et de Antonio da Cassano,
dicimo che senza ne scrivi più a nuy cosa alcuna debbe providere e fare che ciascuna
altra terra e lochi che restano dare dinari alcuni ali dicti nostri soldati fazano el debito
subito subito integramente per Ii dicti respecti. Et circa ciò voglili mettere ogni tua
sollicitudine, diligentia et ingegnio, perchè qui consiste el bene et salute del stato nostro
a fare che se possiamo valere de presenti delle dicte nostre gente. Data in castris
nostris apud Gaydum, die xxx augusti 1453.
Leonardus.
Iohannes.
181
Francesco Sforza esprime il suo rammarico nel constatare la “lenteza et negligentia” dei
presidenti agli affari di Pavia nel pagamento del carriaggio per il castello di Milano e,
conseguentemente, li incita a saldarne gli arretrati e a mostrare”diligentia per l’avenire”.
(1453 agosto 30, “apud Gaydum”).
Spectabilibus viris presidentibus negociis comunitatis civitatis nostre Papie, nostris
dilectis.
Considerando nuy quanto importa el pagamento del nostro carezo del nostro castello
de Porta Zobia de Milano, non possemo fare che non se maravigliamo, et anche
dogliamo dela lenteza et negligentia haviti usata al dicto pagamento. Pertanto, ultra
quello che ve havemo scripto per lo passato, ve caricamo et stringemo, per quanto haviti caro el stato nostro, quale doveti reputare vostro, che subito debiati havere pagato
quanto restate a pagare per lo passato et usare tale diligentia per l’avenire in li
pagamenti che cognoseramo voi non essere mancho avidi del nostro bene che nuy
siamo del vostro. Et circa ciò portateve talmente che non habiamo ogni dì stimularve
per nostre lettere. Data ut supra
Ser Iacobus.
Cichus.
182
Francesco Sforza informa il podestà di Mortara di essere riuscito a comporre la vertenza tra il
cremonese Guglielmo Riparo e Ambrogio Trumbeta, uomo del conte Giacomo Picinino. Vuole
che sia annullata qualsiasi scrittura relativa a tale vertenza in modo che mai, nè Trumbeta nè
alcuno dei suoi parenti ne vengano più molestati.
(1453 agosto 30, “apud Gaydum”).
49v Potestati Mortarii.
Havendo nuy facto componere et accordare Guiglielmo Riparo, nostro citadino
Cremonese, et Ambroxo Trumbeta del magnifico conte Iacomo Picinino per la
differentia havevano insieme, dela quale te scrissemo per nostre lettere, date apud
Senigam die xxviii iunii proxime decursi, siamo contenti e volemo et anche te
comettemo che tu debbii canzellare, irritare et anullare ogni segurtà et promissione et
obligatione quale havesse dato o facto el padre o fradello o parente del dicto Ambroxo
Trumbeta per casone dela dicta differentia, ita et taliter che per el presente, nì per
l’avenire dicto Ambroxo, nè alcuno per luy may possa essere inquietato, molestato nè
dannezato per dicta differentia, nè per cosa che dependa da quella. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
183
Francesco Sforza vuole che il luogotenente di Lodi risolva spicciamente con rito sommario la
vertenza che il suo uomo d’arme Guido da Faenza ha con un sarto lodigiano per un
“paviglione”. Come ben sa, egli non vuole che i suoi soldati “siano menati in longo”, perchè ne
ha bisogno in campo, così come è spiacevole vi sia carenza di tende.
1453 agosto 31, “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Guido da Favenza, nostro homo d’arme, ha una differentia cum uno sartore de quella
cità per casone d’uno paviglione, et per questa casone è venuto più fiate inanze et
indreto. Et perché nostra intentione non è che li nostri soldati (a) siano menati in longo,
perchè ne havemo bisogno in campo, et anche non gli è bono essere senza tenda,
como doveti sapere, ve comettiamo et volemo che gli debiati ministrare rasone
summaria et expedita et spazarlo nedum presto, ma prestissimo, de quello debbe
havere dal dicto sartore, et in modo ch’el possa retornare subito da nuy et non
retornare più de là per questa casone. Ex castris nostris felicibus apud Gaydum, die
ultimo augusti 1453.
Irius.
Cichus.
(a) Segue non depennato.
184
Francesco Sforza fa sapere al capitano di Casteggio che i sottoelencati uomini d’arme del
condottiero Fioravante, anzichè portarsi a Parma con gli altri, se ne sono andati, anche senza
esere stati pagati, a casa loro nel Pavese con armi e cavalli. Comandi loro di rientrare a Parma
e, ricusando, tolga loro armi e cavalli assegnandoli a ciascun inviato di Fioravante. Rinfacci a
Todeschino di aver insegnato agli altri la via.
1453 settembre 1, “apud Gaydum”.
Capitaneo Clastigii.
Havemo inteso che li infrascripti homini d’arme del strenuo Fioravante da Perosa,
nostro conductero, non sono intrati in Parma con luy et insieme con li altri suoi, et sono
venuti là in Pavese a casa loro con sue arme et cavalli, del che se maravigliamo, se
bene non havesseno havuto el loro spazamento, considerato che Fioravante non ha
havuto el suo intero, quale gli facemo dare al presente. Pertanto volemo che, vedute le
presente, tu comandi per nostra parte ali 50r dicti homini d’arme vadano con loro arme
et cavalli a Parma dove è Fioravanti, et fare quanto li comandarà ch’elli spazarà loro
como li altri et, recusando loro de volere andare a Parma, togli l’arme et cavalli ad ogni
rechiesta del dicto Fioravanti et assignali a ciascuno suo messo; et diray al
Thodeschino che non ha facto bene a monstrare la via ali altri. Ex castris nostris
felicibus apud Gaydum, die primo septembris 1453.
Thodeschino,
Preposito da Versa,
Valentino da San Zeno,
Brazo da Pavia.
Cichus.
185
Francesco Sforza sollecita il vescovo di Pavia a intervenire perchè i parenti ed eredi del defunto
predecessore dell’attuale preposito di San Romano di Pavia non abbiano (come lamenta il
nuovo preposito) a irregolarmente occupare “alcuni beni et cose che debitamente spectano ad
quella chiesa.
(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).
Reverendo in Christo patri domino episcopo Papiensi.
El c’è stato significato con lamenta per parte de miser lo preposto de Sancto Romano
de quella nostra cità che per alcuni, quali se fanno heredi quondam del’altro preposto
suo precessore, funo occupati et retenuti alcuni beni et cose che debitamente spectano
ad quella ecclesia, quantumque dicto precessore, como se dice, gli habia legati et
indicati ad essi suoi heredi, il che non ha potuto fare iuridicamente. Per la qual cosa
confortiamo et caricamo la reverenda vostra paternità che la voglia molto bene
intendere questa cosa, et se dicte cose et beni sonno alienati contra el debito in
detrimento della dicta ecclesia, provedere siano restituiti et che la ecclesia sia satisfacta
et non sia inganata né fraudata. Et quello ordinarà la reverentia vostra circha questo, lo
inconomo nostro li exequirà. Data ut supra.
Cristoforus de Cambiago.
Cichus.
186
Francesco Sforza risponde a Pietro da Lonate, commissario di Tortona, nonchè a Ludovico da
Bologna e ad Antonio da Fabriano, familiari ducali. Rivolgendosi innanzitutto a Pietro gli dice di
interpretare quanto gli hanno scritto la duchessa e quei del Consiglio segreto come dovuto a
null’altro che a “importunità gli è stata facta”, perchè la sua volontà è che ognuno, non importa
chi egli sia, paghi la tassa dei cavalli e quella del carriaggio.
Circa poi agli uomini dei Ratti di Antonio da Cassano e di altri gentiluomini, “quali essi
gentilhomini non vogliono astringere a pagare el debito loro”, li inducano con ogni mezzo a fare il
loro dovere in modo che i soldati non ancora del tutto soddisfatti vengano accontentati.
Rivolgendosi nuovamente a Pietro, imputa alla indolenza sua e dei suoi consorti il non aver
ancora riscosso quel che è dovuto ai soldati, quasi non avessero inteso che nel loro
“spazamento”, ribadisce il duca,”consiste el bene de nuy et del stato nostro”.
La risposta ducale si chiude concedento “plena, libera e larga licentia” di agire “realmente et
personalmente” contro qualsiasi debitore della tassa dei cavalli e del carriaggio.
(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).
50v Petro de Lonate, comissario Terdone, necnon Lodovicho de Bononia et Antonio de
Fabriano, familiaribus nostris dilectis.
Havemo recevute le vostre lettere et inteso quanto ne haveti scripto seperatamente,
alle quale, respondendovi, dicimo: primo, ala parte che tu Petro ne scrivi delle lettere
scripte per la illustrissima madona nostra consorte et per lo Conseglio nostro secreto
che siano servate le exemptione lì ad alcuni, et cetera, dicemo che credemo le lettere
quale loro hanno scripto piutosto l’habiano facto per importunità gli è stata facta che per
altra casone; ma nostra intentione è, et così volemo che niuno, sia che voglia, sia
preservato exempto de taxe de cavalli nì dal carrezo, sichè, senza che tu habii più altre
lettere da nuy, constringeray ogniuno ad contribuire ala dicta spesa. Alla parte delli
homini de quelli delli Rati de domino Antonio da Cassano et de più altri gentilhomini,
quali essi gentilhomini non vogliono astringere a pagare el debito loro, ne rencresce
asay et dole, il perché volimo, et così ve comandiamo che contra loro debiati procedere
per tucte quelle vie e modi a vuy parerano meglio et con ogni industria, sollicitudine et
ingenio, sichè gli vengha voglia de fare el debito loro, et che li soldati nostri, che
restano ad havere, siano integramente satisfacti del tuto. Et questo volemo ve sforzati
de exequirlo con ogni presteza, celerità a vuy possibile. Apresso havemo inteso che tu
Petro, insieme con li toy consorti, anchora non haveti constrecti li homini vostri a fare et
pagare el debito loro, né pare ve ne curate, del che asay ne maravigliamo et doliamo
non pocho de tuti vuy, perchè, como quelli che a nuy monstrate essere piu affectionati
delli altri, dovevati essere Ii primi a fare (a) che Ii dicti homini vostri facesseno el debito
loro per dare exemplo alIi altri (b) de fare el simile, ma haveti facto tuto el contrario.
Pertanto nuy te dicemo così e te comandiamo che una con Ii dicti toi consorti debiati
fare tal opera che cum effecto (c) li dicti vostri habiano casone de fare integramente el
debito loro et presto presto, aciochè se possa dare integramente el spazamento alIi
dicti nostri soldati perchè qui consiste el bene de nuy et del stato nostro: a fare che de
presenti se possiamo valere d’essi nostri soldati, certificandoti, se vuy fareti altramente,
nuy ve 51r farimo tale demostratione che con effecto conosceriti quanto ne sarà stata
molesta questa vostra retrogratione et inobedientia.
Ceterum volemo, et per questa ve concediamo plena, libera e larga licentia che contra
qualunque debitore delle taxe (d) delli cavalli et carrezo nostro possiate e debiate
procedere contra loro realmente et personalmente, finchè haverano integramente
satisfacto a quello che debitamente deverano pagare. Sichè mò haveti l’intentione
nostra, curate con ogni diligentia, sollicitudine e presteza che presto ogniuno faza el
debito loro. Et da puoi che haveti l’intentione nostra non ne vogliati dare più molestia de
ciò. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
Dupplicata die xii septembris 1453.
(a) a fare in interlinea
(b) segue che depennato
(c) segue che depennato
(d) segue delle taxe depennato
187
Francesco Sforza esprime a Gentile della Molara il gradimento per quanto gli ha scrtitto. Lo
assicura che provvederà a che l’andata da lui di Ferracino torni gradita a Bartolomeo e
egualmente gli conferma che le lettere a lui dirette saranno mandate al referendario di Tortona.
Lo informi di tutto quello che farà l’amico.
(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).
Gentili dela Molara.
Havemo recevuto la toa lettera de dì xxviii del passato, per la quale restamo advisati de
quanto ne scrive, che tuto ne è piaciuto, et tene comendiamo. AlIa parte delIa casone
(a) perchè è venuto qua Ferracino da nuy, gli provederimo in modo ch’el magnifico
Bartholomeo restarà bene contento. AlIa parte delle lettere che te scrivemo ordinaremo
che serano mandate in mano del referendario delIa cità nostra de Tertona como n’hai
avisato; de tuto quello che farà et dirà l’amico che sia degno de notitia, vogli stare
attento et continuamente avisarne del tuto. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
(a) casone scritto su rasura
188
Francesco Sforza risponde alle lettere di egual tenore di Ludovico da Bologna e di Antonio da
Fabriano. Si compiace per il fatto che sia stato accontentato Graziolo da Vicenza, ma su di ciò
rimette a un’altra lettera diretta a Pietro da Lonate e a loro di soffermarsi più a lungo incitandoli
ad attuare quanto in essa dirà. Esprime la sua soddisfazione per quello che Filippo di Ancona ha
fatto fare a Moreto, secondo quel che narra Antonio, cui il duca rivolge l’invito di “expedirlo
presto”, mentre, d’altro canto conferma allo stesso Antonio che gli indicherà poi come
comportarsi con gli uomini del vescovo.
(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).
Lodovicho de Bononia et Antonio de Fabriano.
Havemo recevuto doe vostre lettere de uno medesmo tenore scripte a nuy
separatamente per Ie quale restamo advisati de quanto ne scriveti et delli modi haveti
tenuto in spazare Gratiolo da Vincentia; eI che tuto a nuy è piaciuto e ve ne
comendiamo. Et per questa non se extenderemo più in replicatione, perchè per un’altra
nostra directiva a Petro da Lonate et a vuy insieme ve scrivemo a compimento;
confortiamovi et stringemovi quanto più possiamo che vogliati circare de exequire con
effecto quanto in essa se contene, perchè per una cosa a nuy non porresti fare maiore
piacere. Alla parte delIa assignatione che tu, Antonio, dice ha facta fare Filippo
d’Ancona ad domino Moreto, restiamo contenti de quanto Iuy ha facto, el quale vogli
sforzarte 51v de expedirlo presto, como ne scrive che faray. AlIa parte delIa differentia
che tu hay con l’homini del vescovo, per un’altra te responderemo quanto haveray a
fare. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
189
Francesco Sforza fa sapere al podestà di Pavia che non ha gradito la liberazione del conte
Ludovico. Lo avverta che se Ludovico non andrà presto da lui, avrà di che pentirsi.
1453 settembre 2, “apud Gaydum”.
Potestati Papie.
Havemo recevute Ie vostre lettere, quale ne scriveti delIa relaxatione del conte
Lodovico. Ve respondemo che ne rencresce dela soa relaxatione, ma poi che l’hai facto
non se pò più retornare indrieto. Ve certificamo che se presto non se retrova quà da
nuy, se ne porria pentire. Et così el posseti avisare. Apud Gaydum, die ii septembris
MCCCCLIII.
Marcus.
Cichus.
190
Francesco Sforza ordina al conte Pietro Torelli di far restituire a maestro Annibaldo, marescalco
ducale, due suoi buoi e una cavalla, che gli ha razziato quando ha fatto la rappresaglia contro gli
uomini di Castelnuovo. Annibaldo è sempre stato ai suoi servizi e, quindi, non ha a che fare con
i malfattori.
(1453 settembre 2, “apud Gaydum”).
Spectabili et strenuo comiti Petro Torello, nostro dilectissimo.
Havemo inteso per querella de maestro Anibaldo, nostro menescalcho, che nela
presaglia tu hai facto contra I’homini de Castelnovo sono stati presi duy suoi bovi et una
cavalla; et perché esso maestro Anibaldo non è nel numero delli malfactori, imo sta qui
apresso a nuy da che recevemo accontio et servitio, ne pare ragionevole che anche Ie
soe cose non debiano fir tractate equalmente como gle altre. Per la qualcosa ve
confortiamo et carichamo che ti piaza fare rendere a luy le soe bestie, da puoi che luy
non è nel numero deli homini d’essa terra. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
191
Francesco Sforza scrive al governatore, al conte e agli uomini di Castronuovo Tortonese di aver
preso atto della vertenza che hanno con gli uomini di Caseli e del furto di bestiame subito,
perchè da quei di Caseli si pretende che essi contribuiscano ai loro carichi per i beni che hanno
sul loro territorio. Ne ha parlato con il conte Cristoforo e gli ha ordinato di mandare da lui un
uomo di quella terra informato della cosa. Eguale disposizione dà a loro, in modo che, sentite
ambo le parti, si decida secondo “la raxone”.
1453 settembre 1, “apud Gaydum”.
52r Gubernatori ac comiti et hominibus Castrinovi prope Terdonam.
Havemo recevuto una vostra et inteso quanto ne scriveti dela differentia è fra vuy et Ii
homini de Caseli, et Ie bestie ve hanno tolte dicti homini, perchè dicono doveti (a)
contribuire et pagare con Ioro Ii carichi per li beni vostri haveti suI territorio de dicta terra
de Caseli, al che, respondendo, ve dicemo perchè volemo che né l’una parte nè l’altra
se habia ad dolerse Ii sia facto torto. Havemo parlato col magnifico conte Christoforo de
questo facto et ordinato ch’el fazi venire qua da nuy uno homo de dicta terra informato
dela cosa. Ne pareria che ancora voy ne mandasse un’altro delli vostri insieme con
quello de Caseli per intendere el facto del’una parte et l’altra; et deinde serà proveduto
opportunamente a quanto rechiderà lo dovere et la raxone. Data apud Gaydum die
primo septembris 1453.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
(a) doveti in interlinea.
192
Francesco Sforza scrive a Morello da Parma d’aver fatto bene a condurre il luogotenente di Lodi
Giovanni Caymo e Gaspare da Suessa a visionare il luogo più pericoloso per il passaggio dei
nemici. Si dice anch’egli convinto che darebbe grande sicurezza il poter disporre di 25 o 30
balestrieri e schioppettieri oppure di gente forestiera a guardia dell’Adda, ma non essendo ciò
possibile, ha proposto che a ciò provvedano gli uomini del paese, certo che i nemici, saputo di
tale guardia, di sicuro si guarderebbero dal passare l’Adda.
1453 settembre 3, “apud Gaydum”.
Domino Morello de Parma.
Havemo recevute Ie vostre lettere et inteso quanto ne scriveti del’havere menato el
locotenente de Lodi Iohanne Caymo et Gasparro da Suessa su lo loco più periculoso
per lo passare delli inimici o dela provisione, quale gli havevati facta etiandio inanze la
receputa dele nostre lettere. Ve ne comendiamo singularmente, e quanto ala parte de
mandare xxv o xxx balestreri e schiopeteri per la guardia d’Ada, comprehendimo seria
bene, et siamo certi che, quando gli potissemo e volissemo mandarli gente forastere
remanerissemo securissimi del passare d’essi inimici, ma non gli possendo mandarli
gente forastere, havemo scrito et sollicitato voi et Ii altri nostri che, con industria,
vigilantia et sollicitudine e per la fede havemo in vuy, che con Ii homini del payse
vogliati guardare Adda in modo che non habiamo a dubitare che passino l’inimici,
rendendoce certissimi che, sentendo essi inimici la guardia in l’aqua, may non se
meterano a passare: Sichè pigliatine quella cura et sollicitudine como haviti facto per lo
passato e che speramo in voi, dalli avisi che recordati havere dato a domino Iohanne
de Amelia, ve intendemo asay et ve ne rengratiamo. Apud Gaydum, die iii septembris
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
193
Francesco Sforza comunica a Giuseppe da Cortona, podestà e castellano di San Colombano,
che dal suo uomo d’arme Perusino è fuggito il famiglio Giovanni da Molla,
abitante a Borghetto, con otto ducati e dell’altra roba del Perusino, e ha convinto due altri famigli
ad andarsene via. Il duca vuole che Giuseppe cerchi di arrestarlo, non rilasciandolo fino a
quando non si sarà accordato con Perusino e non trovandolo,
gli sarà concesso di rifarsi su quanto Giovanni ha del suo.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
52v Magnifico Ioseph de Cortonio, potestati et castellano Sancti Columbani.
Ne ha significato el Perusino, nostro homo d’arme, che, havendo luy conducto per suo
fameglio Iohani da Molla, habitatore del Burgheto, in lo iusire in campo gli prestò octo
ducati con intentione che lo devesse bene e fidelmente servire, como gli promisse, et
ha facto tuto lo contrario, perché, non solamente è fugito Iuy tristamente e portatili via Ii
denari et altra robba, ma gli ha anchora sviato et facto fugire duy altri suoi famigli in suo
grande detrimento et danno, et etiandio nostro in questi tempi. Pertanto, aciochè simili
conoscano che non fano bene, volimo che cirche per ogni modo et via de haverlo in Ie
mane, non lo relaxando fina tanto ch’el non remangha d’accordio col dicto Perusino, et
non trovandose luy, farali tolire tanto del suo, se’l se trovarà ch’esso Perusino vengha
satisfacto.Data ut supra
Ser Iacobus.
Cichus.
194
Francesco Sforza informa il luogotenente di Lodi di aver disposto con Gaspare da Suessa,che,
se il nemico dovesse (ma non lo crede) andare a Cerreto, debba, trattenendo un solo uomo
d’arme, concordare con Gaspare il numero di cavalli da mandare a Lodi, provvedendo poi alla
loro sistemazione.
1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Havemo ordinato asieme con Gasparro da Suessa che, accadendo pur ch’el campo
inimico andasse a Cerreto, che non credemo, perhò debia mandare Ii cavalli a Lodi,
retenendoite solo uno homo d’arme. Sichè mandandoli, volemo che, intendendove con
luy del numero havesse a mandare, gli debiati fare dare alogiamento. Data in castris
nostris felicibus apud Gaydum, die iii septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
195
Francesco Sforza informa il suo familiare lodigiano Giovanni de Gariboldis di aver dato ordine al
referendario di Lodi di dargli venti fiorini (che manderà a prendere) per fare quanto s’ha da fare a
Cerreto.
(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Iohanni de Gariboldis de Laude, familiari nostro.
Aciochè tu possi meglio attendere a fare a quanto è da fare Iì a Cerreto, scrivemo per
Ie alligate Iettere a nostro referendario da Lodi che te debba far dare e numerare vinti
fiorini; sichè mandarali a torre, e date de bona voglia; et attende ad fare bene, como tu
è usato, rendendote certo che per l’avenire te farimo tal tractamento che tu conosceray
che havemo caro el tuo ben scrivere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
196
Francesco Sforza rispode a Gaspare da Suessa lodandolo per essersi portato con Morello da
Parma, luogotenente di Lodi, e con Giovanni Caymo a visionare l’Adda nel luogo di più facile
accesso per i nemici, certo che la sorveglianza sull’acqua e sulla riva renderà più arduo il loro
passaggio. Circa la richiesta di riscatto per la liberazione dei suoi uomini detenuti a Crema,
approva il suo intendimento, come il duca lo invoglia, di rifarsi “ali pegio che tu saperai” con le
donne cremasche. Lo accerta che compenserà Giovanni Garimboldo, suo “fedelissimo e solicito
servitore” com’egli si merita e, al momento, scrive al referendario di Lodi di dargli 20 fiorini. Gli
va il proposito di mandare a Lodi i cavalli nel caso che il nemici arrivi a Cerreto.
(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
53r Gasparro da Suessa.
Havemo recevute Ie toe Iettere, aIe quale, respondendo, et primo, ala parte del’essere
andato con el locotenente de Lodi, messer Morello da Parma, et Iohanne Caymo a
sopravedere Adda a quello loco più periculoso per lo passare dell’inimici, e delle
provisione ordinate, a noi molto piace, rendendoce certissimi cha chi attende a bona
guardia, così in l’aqua con Ii retroguardi, como per terra sula rippa, may non se
meterano a passare. Ala parte delli tuoi, li quali sonno sostenuti a Crema e vogliono
essere rescossi contra ogni debito de ragione, et che per questo tu intende de pigliare
tante delle lora fememe, dicemo che faray bene a farli ali pegio che tu saperay per non
lassare rescotere li tuoi. Ala parte de Iohanne Garimboldo, nuy lo conoscemo per
nostro fidelissimo e solicito servitore et gli faremo tal tractamento che meritamente se
contenterà de nuy, et al presente nuy scrivemo al nostro referendario de Lodi che li
facia dare 20 fiorini, sichè confortalo ad stare de bona voglia. Ala parte del ponte che
hay facto guastare, molto ne piace, e così del’altre provisione per te facte te ne
comendiamo. Ala parte de mandare Ii cavalli a Lodi, accadendo el caso che tu ne
scrive, molto ne piace el tuo pensiero e ricordo, et così scrivimo per Ie alligate al nostro
locotenente de Lodi che in quello caso mandandoli, tu gli debba provedere de
allogiamenti. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
197
Francesco Sforza ordina al referendario di Lodi di trovare in ogni modo 20 fiorini per darli al
lodigiano Giovanni Gariboldo.
(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Referendario Laude.
Aciochè Iohanne Gariboldo de quella nostra cità possa meglio perseverare in Ii nostri
servicii a Cereto, volimo che, per ogni modo et via, debiate recatare vinti, cioè 20, fiorini
a ragione de soldi 32 per fiorino et fargli numerare, omni prorsus exceptione remota.
Data ut supra.
Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.
Ser Iacobus.
Cichus.
198
Francesco Sforza dice al luogotenente di Lodi di aderire all’istanza dei medici, che hanno in cura
suo fratello Corrado, di liberare il balestrero Barbeta, ormai conscio dei suoi errori, purchè dia
garanzia di portarsi in campo da lui e non andarsene senza licenza ducale.
(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quello ne scriveti del Barbeta, nostro
balestrero, et dela instantia ve hanno facta Ii medici sonno ala cura de Conrado, nostro
fratello, dela liberatione soa, et cetera; ala quale respondendo, ve dicemo per
complacentia d’essi medici et anche perchè credemo dicto Barbeta hormay sia
recognosciuto delli 53v suoi errori, siamo contenti, dando dicto Barbeta securitade
idonea de venire in campo et presentarse ad nuy, nè partirse senza nosta licentia de
campo. lo faciati liberare. Data ut supra
Zanetus.
Iohannes.
199
Francesco Sforza risponde a Virgilio de Crivellis, che gli ha chiesto dei beni di S(ceva) di non
credere che in lui vi sia dolo, ma lo assicura di non aver dimenticato ciò che gli promise quando
gli fece dare Nicolosa e, capitando, gli farà avere cosa a lui conveniente.
(1453 settembre 3), “ex castris”.
Virgilio de Crivellis.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrivi della rechiesta ne fay delli beni
de domino S(ceva) e de uno delli compagni; unde, respondendete, te dicemo che ell’è
vero nuy fossemo quello te fecemo dare la Nicolosa, et ne recordamo haverti promesso
de provedere a ti et ad ley per modo havesti da vivere honorevelemente como scrive;
così de novo te dicemo che lo volimo fare de bona voglia, ma al facto de domino
S(ceva) nuy non possemo credere in luy sia dolo. Sichè vogli stare de bona che,
accadendo cosa conveniente per ti, ne recordaremo del facto tuo per modo haverai ad
remanere ben contento de nuy. Ex castris ut supra.
Zanetus.
Iohannes.
200
Francesco Sforza chiede ad Antonio del Valperga di provvedere che Frasco riabbia tutta la roba
sua, che ha perso quando il suo mulattiere Antonio, di ritorno da Cremona con quattro “muli
charigi”, arrivato a Isolella, abbandonò il tutto e se ne scappò via, giungendo ora a Montagliere,
località della sua (Valperga) giurisdizione. Trattenga il detto mulattiere fino a che non abbia del
tutto soddisfatto Frasco.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Domino Antonio del Valperga.
Havendo Frasco, nostro conductero, mandato Antonio, suo mulatero, ad Cremona per
sue facende, quale menava quatro muli, e retornando indreto con Ii dicti muli charigi,
essendo zonto ad Isolella, lassò Ii muli et andosene con Dio, dove l’inimici
guadagnareno Ii dicti muli, quali è stato bisogno che dicto Frascho Ii habia comprati per
ducati octanta d’oro; et havendo presentito dicto Frasco che Antonio, so mulatero, è
venutoli a Montagliere sotto el vostro governo, Ii manda Bartholommo da Crema, so
famiglio, presente portatore, per rehavere la robba soa, como la raxone vole. Pertanto
vogliati subito provedere che tuto el danno ha recevuto Frasco per la (a) fuga del dicto
Antonio sia satisfacto et punito secundo el delicto per luy commesso, ad ciò che
un’altra volta (b) se guarda de comettere simili errori, facendolo sostenire et metterlo in
locho non se ne possa fugire finchè dicto Frasco non sia integramente satisfacto; et
crediti sopra ciò tuto quello ve dirà dicto Bartholomeo como ala persona nostra propria.
Data ut supra.
Iohannes Bonus.
Iohannes.
(a) Segue sua depennato.
(b) adciò che un’altra volta ripetuto.
201
Francesco Sforza scrive a Francesco Biscessa e agli altri cancellieri di Corrado di decidere fra
loro come (Francesco ne aveva chiesto l’assegnazione a Piacenza) deve avvenire la futura
fornitura del panno, della cui mancanza i loro uomini d’arme si lamentano, oppure di fargli
sapere del perchè fino al presente non l’hanno avuto.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
54r Nobilibus viris Francisco Biscesse et ceteris cancellariis magnifici Conradi de
Foliano, et cetera.
Hanno mandato a nuy I’homini d’arme de Conrado, nostro fratello, ad agravarse che
non hanno hauto la rata sua del pano como l’altri, de che ne siamo maravigliati, non
sapendo donde proceda questo mancamento, nè intendemo quanto tu, Francesco, ne
scrive de fare assignatione in Piasenza in l’anno avenire. Pertanto, fati como voliti fra
voi che li dicti homini d’arme habiano el panno, como hanno havuto li altri, aut ne
avisate clare dela cagione perché fin a mò non l’hanno havuto. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
202
Francesco Sforza dice al milite Ftlippo Confalonieri di non capire perchè non può concedere
lettere patenti ai suoi soldati per arrestare gli uomini di donna Luchina dei quali sono creditori.
Ha spesso (e insista pur lui) fatto presente a donna Luchina l’opportunità di inviare una persona
informata di ogni cosa (e quella potrebbe essere lui), in modo che si venga a un chiarimento
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Spectabili militi domino Filippo de Confaloneriis, dilecto nostro.
Non vedemo modo a potere denegare Iettere patente ali nostri soldati che sonno
creditori delli homini delIa magnifica madona Luchina de potere fare sostenire deli dicti
homini se’l non se giarisse Ie ragione delle taxe, como più volte havemo scripto ala
prefata madona Luchina, et caricatola che voglia mandare uno deIi suoi con le ragione
et plene informato del tuto, aciò ch’el se gli meta fine, e mai non Iha mandato. Pertanto
ve confortiamo ad atrovarve et intenderve con la prefata magnifica madona Luchina, et
deinde venire qua con dicte ragione, como quello che ne doveti essere informato
meglio che veruno altro. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
203
Francesco Sforza fa sapere a donna Luchina dal Verme che non ritiene necessario affidare a
Milano o a Pavia la soluzione della controversia tra i suoi uomini e i soldati sforzeschi, cui egli
non revoca le lettere fino alla soluzione della faccenda dei loro crediti.
Ripropone che tutto si risolva, e con minor spesa, inviando un suo uomo, forse Filippo stesso,
bene informato di tutto.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Havimo recevute Ie vostre littere ale quale, respondendo, et primo, ala parte de
comettere la causa et differentia, vertente fra Ii nostri soldati et homini vostri per
cagione delle taxe, a Milano, aut a Pavia, dicemo che questa causa non è da fir
comettuta in simili lochi, ma piutosto da essere diffinita mediante la venuta qua d’uno
delli vostri, informato delle dicte taxe per più presto diffinirla, et per menor spesa e
disturbio dela parte, avisandove che non vedemo modo de potere revocare quelle
lettere havemo concesse ali nostri soldati contra li vostri 54v homini se prima non se
diffenisse la differentia. Sichè iterum ve confortiamo a mandare uno, e piutosto domino
Filippo, como quello che debbe essere informato meglio che veruno altro, aciò che
ozimai se gli metta fine. Al’altra parte de vostre Iettere de presente non accade altra
resposta. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
A margine: Duplicata die iiii.
204
Francesco Sforza dice al commissario di Tortona di non credere che il fallimento della scorreria
che il Colleoni doveva fare in territorio nemico sia dovuto alla soffiata di alcuno dei nostri.
Circa il timore che lo stesso Colleoni si porti in città a razziare, l’avverte che tutto può evitarsi se
si provvede (come già congiuntamente scrisse a lui, a Ludovico da Bologna e ad Antonio da
Fabriano), a soddifare i suoi soldati di quanto loro spetta per settembre e per gli arretrati.
Quanto ai 600 sacchi di frumento che lui e i suoi devono avere a Garbagna, gli ordina di non
fare alcuna ricevuta.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Comissario Terdone.
Respondendo ala toa Iettera de dì penultimo del passato, et primo, delIa scoreria
doveva fare el magnifico Bartholomeo, quale è stata saputa dal’inimici, ne rencresce,
ma siamo certi che loro non l’habbiano puncto saputa da veruno delli nostri; imo
piutosto per altra via. Ala parte delli seycento sachi de furmento che tu et Ii toi dovete
havere in lo locho de Garbagna, dicemo che per adesso non ne pare, nè volimo che
fazate ricevuta alcuna. Ala parte delIa coreria dubiti che faza el dicto Bartholomeo uno
dì a quella cità, et cetera, dicemo che tu vogli provedere che luy et Ii suoi siano
satisfacti delli dinari restano havere delle lore taxe de kalende de septembre in dreto, et
circa ciò fare quanto per un’altra dirrectiva comunamente a ti, a Ludovicho da Bologna
et Antonio da Fabriano havemo scripto che, così facendo, non dubitamo puncto che
cesserano tuti Ii scandali et manchamenti potesseno seguire per dicta casone. Et de
questa non ne vogliati darne più molestia, nè affano alcuno, ma exequire virilmente
quanto ve havemo scripto. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
205
Francesco Sforza, informato da Ludovico da Bologna dell’insulto ricevuto e del diniego dato da
quei di Viguzzolo a fare il debito loro, gli dice di attenersi a quanto gli ha scritto nella lettera
mandata congiuntamente a lui, a Pietro da Lonate e ad Antonio da Fabriano per come devono
agire per ottenere quello che ognuno è tenuto a dare. Cerchi, o tramite suo fratello Corrado, o
per il modo che gli parrà più opportuno di costringere i Viguzzolesi a fare il loro dovere.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Lodovicho de Bononia.
Havemo recevuto la toa lettera de dì xxviii del passato et inteso quanto ne scrive
del’insulto te è stato facto a Viguzolo e dela respuosta simelmente te è stata facta, et
quanto sono retrogradi quelli homini a fare el debito loro. Al che respondendo, te
dicemo che per un’altra 55r nostra comunamente directiva a Petro da Lonate, a ti et
Antonio da Fabriano, pienamente ve havemo scripta la voluntà e parere nostro circha Ii
modi haveti a tenere in fare che ogniuno faza el debito suo; sichè per questa non se
extenderemo in dire altro, se non che te caricamo et stringemo quanto possiamo che
con ogni toa industria, solicitudine et presteza te sforzi de exequire quanto in essa se
contene; et de questo facto, per Dio, non ne daray a nuy più molestia veruna poychè
hay la intentione nostra. Circha Ii dicti da Viguzolo, o per la via de Conrado, nostro
fratello, o per qualunque altro modo meglio te parerà, vogli fare che ad ogni modo
fazano el debito loro. Data ut supra
Leonardus.
Iohannes.
206
Francesco Sforza concede al commissario di Tortona, che gli ha segnalato l’insufficienza in
quella posta dei cavallari, di assumerne uno e, presolo, gliene segnali i dati e il giorno della sua
presa di servizio per poterne fare la iscrizione. Gli raccomanda una maggiore velocità di
trasmissione sia delle lettere dirette ad Alessandria che quelle trasmesse da Alessandria,
avvertendo che queste devono passare direttamente da Piacenza.
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Referendario Terdone.
Havemo recevuto la toa lettera per la quale ne advisi che li cavalari nostri sonno lì non
possino supplire a quella posta et che bisogneria gli fosseno più, al che, respondendo,
te dicemo che siamo contenti gli ne acresse un altro el quale, acresciuto gli lo haveray,
volimo ne debbe mandare el debito suo et lo di l’haveray tolto ali nostri servicii, aciochè
possiamo far fare la littera della scriptione sua. Apresso volemo che curi con ogni
diligentia et sollicitudine che tanto Ie lettere nostre scrivemo in Alexandria, quanto
quelle de Alexandria che sonno scrite a nuy, vadino et venghano presto; et questo
dicemo perchè fin in quest’hora Ie dicte lettere sonno andate et venute tarde, et quello
venghino a nuy, volimo Ie mande drito per la posta de Piasenza. Et fa che Ii sia havuta
per l’avenire altra cura (a) in mandarle subito e senza dimora che non e stato facto da
qui indreto.Data ut supra.
(a) cura in interlinea su via depennato.
207
Francesco Sforza avverte Giovanni Todeschini che se a Ianucio da Lecio e ad alcuni uomini
d’arme occorrerà di lasciare dei cavalli, vi si provveda per l’alloggiamento.
1453 settembre 4, “ex castris nostris felicibus apud Gaydum”.
55v Iohanni Todeschini.
Perchè pur serà necessario al strenuo Ianucio da Lecio et alcuni altri homini d’arme
lasare Iì alcuni cavali, volimo servi modo cum quelli homini che gli provedano de
allogiamento; e questo non manchi se tu hay volia far cosa che ne piaqua. Ex castris
apud Gaydum, iiii septembris 1453
Iacobus.
Cichus.
Francesco Sforza risponde alla moglie che i dubbi del doge di Genova e del suo cancelliere
Leonardo da Pietrasanta non hanno più ragione di essere perchè il Delfino se n’è andato via.
Non ha nulla da dirle in merito alla lettera di Lanzalotto.
Ai confinati ad Alessandria e a Castellazzo promette il ritorno a casa dopo che re Renato se ne
sarà andato da Alessandria e la sua gente avrà lasciato Castellazzo.
Faccia intendere ai marchesi di Varzi che devono pagare il castellano.
Saprà direttamente dalle lettere di maestro Benedetto quello che lei sperava di intendere tramite
il cancelliere. Lui, duca, sta bene e altrettanto spera di lei e dei figlioli.
(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).
Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Havemo recevuto doe lettere delIa signoria vostra et inteso quello per esse ne scrive;
ale quale, respondendo, primo, ala parte delIa lettera ne ha mandata la signoria vostra,
quale scrive lo illustre signore duca de Zenova ad ser Leonardo de Pedrasancta, suo
cancellero, del dubio haviva per la venuta del Dalfino, nuy l’havemo intesa, quale
remandiamo ala signoria vostra, et non dicemo altro, perché, como la signoria vostra
haverà inteso, et como nuy havemo scripto (a) al prefato illustre signore duxe per modo
siamo certi la signoria sua sarà (b) restata ben contenta, esso signore Dalfino è tornato
indreto. Dela lettera de domino Lanzaloto, restamo ben advisati et non dicemo altro, se
non ch’el ne piace haverla inteso.
Ala parte della supplicatione delli confinati da Alexandria et dal Castelazo, quali
rechiedevano de retornare a casa, mò che la mayestà del re Renato è in Alexandria et
le gente soe sonno al Castellazo, dicimo che ad nuy non pare de lassarli retornare de
presente; ma la vostra signoria gli porà respondere che, acconze Ie cose, delIa quale
speramo se acconzerano presto, gli darimo poi licentia.
Ala parte del castellano de Varci, quale se grava non essere pagato, dicemo ne pare
che la signoria vostra mandi per quelli marchexi de Varci et gli parli in modo che
satisfaciano dicto castellano senza piu replicatione.
De quello reportarà el nostro cancelero da maestro Benedicto, la signoria vostra sarà
stata avisata per Ie lettere d’esso magnifico Benedicto quale ve havemo mandate. De
novo altro non è de qua al presente. Nuy, Dei gratia, stamo bene, desiderosi de sentire
de continuo il simile delIa signoria vostra et de nostri figlioli. Per altra de nostra mano la
signoria vostra è stata avisata del tuto. Data apud Gaydum, die iiii septembris 1453,
hora 14 noctis.
Zanetus.
Cichus.
(a) scripto su rasura.
(b) sarà ininterlinea.
208
Francesco Sforza comanda al capitano di Casteggio di non togliere ogni volta il formaggio al
bergamino dell’uomo d’arme Bonifacio da Pavia, ma anzi di restituirgli quanto già gli ha preso.
(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).
56r Capitanio Clastigii.
Bonifacio da Pavia, nostro homo d’arme, ne dice che tuta volta il suo bergamino va
inanti et indreto per suoi bisogni con Ii suoi formagi, tu el fai robare, del che asai se ne
grava, et a nuy ancora ne pare deshonesto che tu gli fazi fare tal mancamento. Per la
qual cosa te dicemo, comandandoti, che debii lassare stare il dicto suo bergamino et
non gli fazi veruna molestia da qui inanti, facendogli resituire integramente el formagio
suo et ogni altra robba soa a luy tolta, ita che nuy non habiamo piu ad sentire tale
lamenta. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
209
Francesco Sforza, quantunque lo creda già informato, avverte il luogotenente di Lodi di avere
sicura notizia dell’esistenza lì di “tractato” e che il 29 scorso tre lodigiani si portarono a Treviglio
dal provveditore, che poi li fece uscire incapucciati. Cerchi di individuare i tre suddetti tramite
l’ufficiale delle bollette o in qualsiasi altro modo.
(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
Quavisdio siamo certi che da Milano haveriti havuto simile aviso, pur, attesa la
importantia del facto, ve notificamo che da persona fidedigna siamo avisati che I’è uno
tractato in quella nostra cità, et siamo acertati che mercorì, che fo xxviiii del passato, tri
Lodesani andoreno a Trivilio de Giaradada et lì, a grande secreto, foreno col
proveditore; il qual proveditore deinde gli fece andare fora delIa terra imcapuzati aciò
non fossero cognosuti. State con l’ochii aperti et vedete, aut per la via del’officiale daIe
bulete, aut per ogni altra via, intendere quelli che foreno, andoreno là; et in reliquis
usate tale diligentia e vigilantia che sinistro non intervenga. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
210
Francesco Sforza avvisa Morello da Parma che dal campo nemico ne esce gente “da pede” e
“da cavallo” per passare di lì. Faccia vigilare per terra e per acqua per evitare guai.
In simile forma si è scritto al luogotenente di Lodi.
(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).
Domino Morello de Parma.
Siamo avisati che del campo inimico se partino genti, così da pede como da cavallo,
per venire in là; sichè volimo faciati avisare ogni homo et attendere a bone guardie,
così per aqua como per terra, in modo che sinistro non intervenga. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit locumtenenti Laude.
211
Francesco Sforza informa la moglie di avere, in seguito all’avvenuto eccesso, rimandato a Pavia
il capitano di giustizia, che lei, abrogando l’invio fattone dal Consiglio segreto, aveva richiamato
per rispetto della commissione ducale fatta al podestà. Lui, duca, ha dato piena facoltà di
intervento sia al capitano che al podestà, cui la duchessa oralmente imporrà di intervenire contro
i malfattori, senza riguardo per persona alcuna.
1453 agosto 25, “apud Gaydum”.
56v Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Havemo recevuto la lettera delIa signoria vostra circa lo excesso commesso in quella
nostra cità de Pavia; così anche siamo avisati dal nostro Conseglio secreto de quanto
la signoria vostra gli haveva mandato a dire per domino Andrioto, il perchè loro
havivano deliberato a de mandare e mandato Iì ad Pavia il capitaneo nostro de iustitia
per intendre et provedere ad dicto excesso et, siando venuto là el dicto capitaneo, l’aviti
facto retornare indrieto per respecto delIa comissione per nuy facta al potestà. Unde,
respondendo, ve dicemo che nuy havemo havuto tanto despiacere de questo excesso
et tanto l’havemo a cuore che non poriamo scriverlo; il perchè havimo scripto al
Conseglio che remandino lì ad Pavia il predicto capitaneo nostro de iustitia con piena
commissione a luy et al potestà nostro, conforme ad quella gli havemo facta nuy de
qua, de intendere questa excesso, et procede(re) virilmente et farne tal demonstratione
et punitione che siano puniti Ii cativi et altruy sia exemplo, et che no(n) sentiamo
novelle. Sichè voglia la signoria vostra circa ciò fargli ad tuti doi strictissima comissione
b ad bocha che non guardino in volto ad persona del mondo, et in questo dargli quello
favore et adiuto sia necessario per modo si ne fazi tale executione che un’altra volta
siano più savii e siamo contenti gli sia el capitaneo, perchè ogniuno intenda quanto ne
sia de spiacere questo et che intendemo non sia nisuno tanto ardito che presuma farlo
per l’avenire. Data apud Gaydum, die xxv augusti 1453.
Zanetus.
Cichus.
a deliberato su rasura.
b comis su rasura.
212
Francesco Sforza sollecita il Colleoni a prendere (come aveva suggerito al suo Fratacino di
intermediare presso di lui) ai suoi servizi Giovanni Battista degli Attendoli,”persona et homo da
bene” e, inoltre, cugino del duca.
1453 settembre 4, “apud Gaydum”.
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Nuy havevamo dicto a Fratacino vostro che ve volesse confortare per nostra parte e
persuadere et torre ali vostri servicii domino Iohanne Baptista deli Attendoli, nostro
cosino; poi è parso a Iuy de volere venire in persona dala magnificentia vostra, e nuy gli
l’avemo confortato. E considerato che I’è persona et homo da bene e apta ali facti
vostri, e d’averne bon servitio, et a nuy è parente e cosino, como havemo dicto, (a)
confortiamo la magnificentia vostra prefata a doverlo 57r torre et acceptare, perchè el
se adaptarà e reducerà a tute quelIe cose che siano honeste e raxonevole.
Data apud Gaydum, die iiii septembris 1453.
Ser Alexandro.
Iohannes.
(a) dicto in interlinea.
213
Francesco Sforza fa sapere al luogotennte di Lodi di aver scritto ad Angelo Simonetta e ai
Maestri delle entrate di dare un mese e mezzo delle paghe dei “retrovardi” e alle guardie dei
galeoni perchè continuino il loro compito di guardia.
(1453 settembre 4), “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto Ie vostre lettere circa el spazamento delle paghe delli retrovardi;
unde, aciochè possano perseverare ala loro guardia, scrivemo a Milano ad Angelo
Simoneta et Maistri delle intrate nostre che gli debbeno dare uno mese et mezo, et
similiter ale guardie del galeone; sichè solicitatili ad servire bene et sollicitamente,
siando ben tractati, como sono. Data apud Gaydum, ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
214
Francesco Sforza esprime al luogotenente di Lodi il suo dispiacere per il trattamento che,
secondo il condottiero Fioravante da Perugia, egli serba ai suoi uominini di Ospitaletto: li tratti
più umanamente e non li gravi più del giusto.
(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
EI spectabile et strenuo Fioravante da Perosa, nostro conductero, ne ha facto fare
querella che voi tractati I’homini soi dal’Hospitaleto più rigidamente che non doveti in
ogni cosa che accade, et che non haveti respecto veruno ad gravarli più del dovere, la
qual cosa a voi è pocho honore et a nuy spiace, perchè ad nuy seria grato che dicto
Fioravante et li soi fossero bene tractati. Per il che vogliati de cetero usarli più
humanamente et in Ie graveze tractarli como Ii altri, non gravandoli più ch’al dovere,
aciò non habiano ad farne piu lamenta. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
215
Francesco Sforza comanda al vicario di Belgioioso di osservare la esenzione dai carichi
straordinari da lui concessa al famiglio ducale Farina di Belgioioso per il servizio che
quotidianamente lui presta “in l’arte del soldo”.
1453 settembre 5, “apud Gaydum”.
Vicario Belzoyosi.
El Farina de Belzoyoso, nostro fameglio, ne ha dicto che, non obstante la exemptione
gli havemo concessa delli carichi extraordinarii, lo voy astrengere a pagare focolari et
altri carichi, quali dice sonno extraordinarii; che è contra el tenore de dicta exemptione,
quale gli havemo concessa per Ii servicii havemo da Iuy ogni dì in l’arte del soldo con
intentione che gli sia observata, como se fa per tuto el nostro dominio aIi nostri soldati.
Pertanto volemo al dicto Farina gli observi la exemptione gli havemo concessa
integramente et fa in modo non habia piu casone de farne lamenta per questo. Data
apud Gaydum, die v septembris 1453.
Marcus.
Cichus.
216
Francesco Sforza impone al podestà, al comune e agli uomini di Glarola di non alloggiare alcun
soldato in casa di Rainaldo da Corte, uomo d’arme della compagnia dei Sanscurineschi e,se ve
ne fosse già qualcuno, lo facciano sloggiare.
(1453 settembre 5, “apud Gaydum”).
57v Potestati, comuni et hominibus Glarolarum.
Lamentasse Raynaldo da Corte, homo d’arme in la compagnia de Sanscurineschi, che
in la casa soa che ha Iì gli vogliono essere allogiati altri soldati, che ne pare fuora d’ogni
honestade et ragione che l’uno soldato debbia allogiare in casa del’altro. Pertanto ve
comendiamo et volemo che de cetero non debiati presumere de allogiarli nisuno in
casa soa; et se nisuno gli fosse allogiato, fazitelo levare, perchè non deliberamo
comportare che ali nostri soldati se facia tale iniuria.
Data ut supra.
Iohanni Chiapanus.
Iohannes.
217
Francesco Sforza scrive a Moretto di Sannazzaro quello che oralmente ha comunicato a suo
cognato, il conte Bartolomeo, e cioè di aver scritto ad Andrea da Birago perchè esortasse i suoi
(di Moretto) uomini a essere paghi del temporaneo comando di Filippo Visconti, considerata la
malattia di Moretto e il “tristo regimento che era et è fra loro” con nessuna soddifazione del
duca. Siccome ora la compagnia è guidata da persone scelte da Moretto, il duca vuole che
costui ordini ai suoi uomini d’arme di stare insieme e di eseguire ciò che sarà loro comandato,
evitandi di bighellonare per la Lomellina per evitare di essere carcerati con la perdita delle armi e
dei cavalli. Li accerti, poi, che avranno i denari che loro spettano .
(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).
Domino Moreto de Sancto Nazario.
Havemo inteso quanta per vostra parte et compagnia vostra ne ha referito el conte
Bartholomeo, vostro cognato; et quantumque a luy a bocha habiamo resposto quanto
bisogna, pur ve diremo queste poche parole. Nuy scripsemo l’altro dì ad Andrea da
Birago che volesse confortare Ii vostri homini d’arme ad restare contenti del governo
del domino Filippo Vesconte, attento la vostra infirmità et lo malo et tristo regimento che
era et è fra loro per modo che de dicta compagnia havemo havuto pocho servitio fin a
tanto che vuy fosti libero et habile al cavalcare; mò, veduto vuy non contentarve de
dicto governo, restamo anchora nuy contenti che la dicta vostra compagnia sia
governata et regulata per quelle persone che vuy li deputarite. Ben volemo et ve
caricamo et stringemo che vogliati far tale commandamento ali vostri homini d’arme et
darli tal ordine che habiano ad stare uniti insieme et obedire et exequire quello Ii serà
commesso et ordinato per Ii nostri sonno in Alexandria et per Ii capi Ii deputariti, sichè
ogni dì non vadino et venghino in Lomellina, como hanno facto per lo passato,
advisando voi et Ii dicti vostri homini d’arme che nuy serveremo tal modo da qui inanzi
che quanti de loro venarano senza licentia de qua da Po, tucti serano carcerati et toltoli
Ie arme et cavalli et tractati pegio che inimici; et largamente monstrateli questa Iettera
perchè senza niuno fallo faremo observare quanto havemo dicto. Et se vuy et loro
dicesti che anchora non hanno hauto Ii loro dinari, de questo non dicemo el contrario;
58r ma vuy posseti essere certissimi che tuto quello restati ad havere el conseguiriti et
senza mancamento alcuno; et nuy del canto nostro non Iasserimo mancarli cosa
veruna finchè haveriti el compito pagamento. Data ut supra.
Facinus.
Iohannes.
218
Francesco Sforza ricorda al luogotenente di Lodi, autore della tassa per pagare le guardie
dell’Adda, che Morello da Parma non ha avuto nulla del quid tassato, per cui il duca sollecita il
luogotenente a soddisfarlo dell’ “unun certum quid...per lo vivere suo”.
1453 settembre 6, “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Como vuy sapete, perche fosti I’autore nel mettere la tassa per pagare Ie guardie
d’Ada, fo tassado unum certum quid a domino Morello da Parma per lo vivere suo; la
qual cosa ne parve molto ragionevole, ma ben ne rincresce che non I’habia havuto,
segondo che Iuy ne ha scrito. Pertanto volemo che omnino provediati ch’el habia, et per
così piccola cosa non ne voliate dare materia de scriverve più, perchè ancora luy gli
potria mal stare se’l non gli fosse provisto de qualche cosa.
Apud Gaydum, die vi septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
219
Francesco Sforza assicura Morello da Parma che anche lui è rattristato per le gravezze che
soffrono gli uomini di Castelleone, ma, purtroppo, “le conditione de tempi” le impongono anche
agli altri sudditi e non resta che sperare che tutto si migliorerà e arriverà la pace. Lo informa di
non intendere che i dieci uomini d’arme mandati là per la guardia dell’Adda e la tutela di quelle
contrade debbano alloggiare nel borgo e vivere alle spalle degli uomini del posto o sistemarsi
nelle osterie, che sono destinate ai forestietri e ai viandanti, pur ammettendo che vi sia
predisposto per loro uno spazio interno al borgo in caso di bisogno. Per la provvisione
spettantegli al vivere suo ha scritto al luogotenente di Lodi.
(1453 settembre 6, “apud Gaydum”).
Domino Morello de Parma.
Inteso quanto ne scriveti delli homini de Castelione, a noi ne rencresce asai dele
graveze loro, ma non se è potuto fare altramente fina mò per le conditione de tempi
occorsi, et cosi hanno ancora facto li altri nostri subditi; ma diciteli che se diano de bona
voglia che, per la Dio gratia, le cose nostre passano talmente che in brevi se
restaurarano de ogni loro dano e li faremo godere in pace. Quanto ala parte de quelli
dece homini d’arme mandati là, cosi per secureza de quelli nostri homini d’arme, como
etiandio per guardia dela riva d’Ada et de quelle contrade, dicimo che nostra intentione
non è che li dicti homini d’arme vivano ale spese delli homini, ma ale sue proprie, e così
volemo che allogiano de fora nel borgo, ma non in le hostarie, Ie quale volimo che
siano expedite per lo alogiare deli viandanti et forasteri. Con questo, perhò, che stia
apparechiato de dentro in modo che, in caso de bisogno, dicti homini d’arme se
possano redure dentro per salvatione loro; la qual cosa non debbe rencrescere ali dicti
homini, como gli havemo facto dire. Ala parte dela provisione a vuy ordinata per lo
vostro vivere fina a tanto che ve provederemo altramente, dicemo che credevamo che
I’havesseno havuta ali tempi ordinati; il perchè scrivemo per Ie alligate al locotenente
de Lodi quanto ne pare sopra ciò, sichè mandatile Ie aligate. Attendeti bene ala
conservatione de quelle parte como seti usato, et como speremo in la vostra prudentia
et solicitudine. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
220
Francesco Sforza scrive alla moglie che a causa della collusione avuta cadendo gli è rimasta
“una cicatrice alquanto rubiconda, con eminentia de carne”.
Maestro Gaspare ha tentato di togliergli tale prominenza, ma non è riuscito a eliminargli quella
“superfluità die carne et pelle”. Le chiede di interpellare i medici che ha vicino o altri e sentire se
v’è rimedio di eliminare tale “superfluità” con unguento o liquore e, tra i due, meglio questo
dell’altro per “non ... portar peza nel volto”.
1453 settembre 5, “apud Gaydum”.
58v Illustrissime domine ducisse Mediolani.
In la consolidatura delIa collisione che havessemo socto l’ochio quando cascassemo Iì
è remasta una cicatrice alquanto rubiconda, con eminentia de carne, et per tuorla via
maestro Gasparo gIi ha usato diligentia asai, credendose et dandone speranza che la
restaria piana et necta; pur non dimancho, la cosa non è reusita segondo el suo iudicio
perchè è restata con questa eminentia. Il perchè haveressemo caro la signoria vostra
ne parlassi con quelli medici sonno de presente apresso essa vostra signoria, et con
che altri ve paresse et che fra loro discutesseno et se industriasseno de trovare
qualche remedio de far andare via questa predicta superfluità de carne et pelle che la
se sia; et trovandosegli modo alcuno che bono sia, piaza ala signoria vostra darcene
aviso. Et se Ii medici ordinasseno unguento o liquore alcuno per metere suso questa
cicatrice per assotigliare et minuire questa superfluità de carne, piaza ala signoria
vostra mandarnelo subito, ma piutosto sia liquore che uguento, per non havere casone
de portar peza nel volto. Data apud Gaydum, die v septembris 1453.
Iohannes.
221
Francesco Sforza srive a donna Luchina dal Verme di avere accolti quei compagni, uomini
d’arme di Taddeo dal Verme che sono ritornati e li ha riconcigliati con Taddeo, oltre a ordinare
che venissero reintegrati in tutti i loro beni. Faccia pur lei altrettanto.
1453 settembre 6, “apud Gaydum”.
Domine Luchine de Verme.
Siando retornati quelli compagni, homini d’arme del strenuo Thadeo dal Verme, quali
erano fugiti, gli havemo acceptati ala gratia nostra reconzatoli con dicto Thadeo, e fatoli
restituire ogni cosa del suo e liberamente fato relaxare Ii beni et robbe gli havevamo
facto descrivere nele terre nostre; e per questo a noi pare, e volimo che vuy simelmente
faciati restituire e libere relaxare le robbe e bene tolti, o descriti, in le vostre terre al
vilano da Pivarolo et a qualunche altro delli dicti compagni quali erano fugiti, e mò sono
retornati, confortandove a farli bono tractamento e vederli voluntera como prima. Data
apud Gaydum, die vi septembris 1453
Ser Iacobus.
Cichus.
222
Francesco Sforza ad Antonio Vistarino, che gli ha fatto sapere della meraviglia del marchese di
Monferrato perchè non è andato nè ha mandato il nipote per quella pratica, risponde di non
prendersi nè lui nè il nipote la briga di muoversi.
Zanetto ha informato la duchesssa di quel che avviene in campo
(1453 settembre 6, “apud Gaydum”)
59r Antonio Vistarino.
Havemo recevuto le tue lettere per le quale tu ne scrive che lo illustre marchexe de
Monferrà te ha mandato a dire che se maraviglia che tu non è andato, nè hay mandato
tuo nepote per quella pratica, et cetera; ale quale non facemo altra resposta, se non
che quello te scrisemo a questi dì, è la nostra intentione, cioè che tu non pilii faticha de
andare, nè mandare per quella cagione che te scripsemo alhora. Data ut supra
Ser Iacobus.
Die suprascrito
Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus in castris.
Iohannes.
223
Francesco Sforza sollecita Scipione, rettore e gestore degli affari dell’ospedale per Fioravante
da Perugia, a portarsi subito da lui.
(1453 settembre 6, “apud Gaydum”).
Prudenti viro Scipioni, rectori et negotiorum gestori possessionis Hospitaleti per strenuo
Floravanti de Perusio, dilecto nostro.
Per alcune cose, quale havemo a conferire con ti, volimo che subito, ala receputa de
questa, tu debbi venire qua da nuy.
Ser Iacobus.
Iohannes.
224
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi che non aggiunge nulla in merito al “tractato”,
certo che lui ha preso tutte le precauzioni necessarie. Lo assicura di aver sistemati i navaroli dei
retroguardi. Gli fa sapere che non tollera le villanie che il fattore di Fioravante ha avute con lui e
per questo lo ha convocato .
(1453 settembre 6, “apud Gaydu)
Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto una vostra lettera de molte parte per la quale restiamo avisati del
tractato, et cetera; al che non facemo altra respuosta, rendendoce certissimi che gli
haveriti facte e farite tute Ie provisione opportune perchè l’ingani non reiscano ali
inimici. Ala parte delli navaroli delli retrouardi, nuy gli havemo provisto, como haveriti
inteso. ala receputa de questa. Ala parte de quello temerario factore de Fioravante non
intendemo ch’el debia usare tale insolentie contra voi, qual volimo siate honorato et
reverito nel’offictio quanto la persona nostra; e così, como ve havemo altre volte scripto,
così ve replicamo che non guardati in fronte ad homo del mondo a far el facto nostro, e
per dire et giarire la mente nostra al dicto factore, nuy gli scrivemo per Ie alligate ch’el
vegna subito a nuy; sichè fariteli presentare Ie littere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Iohannes.
225
Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme la collaborazione sua, dei suoi ufficiali e
uomini perchè Teseo, cancelliere e commissario ducale sopra le tasse del Piacentino, possa
incassare dette tasse.
Per ottenere ciò le chiede di mandare uno dei suoi da Teseo per intendere che cosa si debba
fare per tale riscossione con cui si soddisfaranno poi le genti d’arme ducali.
1453 settembre 7, “apud Gaydum”.
59v Magnifice domine Luchine del Verme.
Perchè Theseo, nostro cancellero et comissario sopra le taxe del Piasentino, e non le
pò scodere senza vostro favore et de vostri officiali et homini, pertanto vogliati ordinare
a singuIi vostri officiali et subditi che in questa materia gli prestano tuti quelIi favori et
obedientia gle rechiederà. Et aciochè vuy et Iuy sapiatiti que fare, vogliati mandare uno
delli vostri dal dicto Theseo col quale se habia ad intendere in tute quelle cose et ordine
serà necessario de fare per scodere dicte taxe, perché altramente non se scoderano
may, et non se porriano expedire Ie nostre gente alle quale sono assignati; el che,
quanto disturbasse el facto nostro, el lassiamo iudicare a vuy. Sichè vogliati provedere
che dal canto vostro non manchi che se possano scodere dicte taxe. Data apud
Gaydum, die vii septembris 1453.
Marcus.
Cichus.
226
Francesco Sforza vuole che Gentile della Molara intervenga presso Bartolomeo o altri, se
necessario, perchè la podestaria di Fregarolo non sia data ad altri se non a Ubertino Trotto dal
Castellazzo.
.
(1453 settembre 7, “apud Gaydum”).
Gentili dela Molaria.
Perchè havemo promesso ad Ubertino Trotto dal Castellazo la podestaria dal
Fragarolo, et Iuy dubita che, havendose dicta terra, o per el magnifico Bartholomeo, o
per altro, non gli sia tolta, volimo che staghi attento; et havendose dicta terra, provedi
con esso magnifico Bartholomeo et con che altro che bisognerà che dicto offitio non sia
dato a veruno perchè l’havemo promesso al dicto Ubertino; et così volimo sia el suo,
perchè gli I’havemo promesso fin l’ano passato. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
227
Francesco Sforza esprime al podestà di Pavia il suo disappunto per non aver data alcuna
risposta alla sua lettera, nè fattogli cenno dei provvedimenti presi, essendo venuto lì il capitano
di giustizia di Milano per cooperare a fare giustizia contro i colpevoli della ribellione, non
importando chi essi siano, siccome il duca vuole che lui solo sia il padrone di quella città. Faccia,
perciò, quanto gli ha scritto e dia un resoconto di quello che finora ha eseguito.
1453 settembre 8, “apud Gaydum”.
Potestati Papie.
Ne siamo maravigliati che, havendove già più dì passati con tanta vehementia scrito Ie
lettere, la copia delle quale ve mandiamo inclusa aIe presente, may non ne habiati facto
resposta alcuna, nè avisati qualiter feceritis in premissis; et maxime, dovendo per
nostra ordinatione essere venuto Iì el capitaneio 60r de iustitia da Milano per essere
con voi ad fare animosamente contra Ii colpevoli del scandalo, non guardando in fronte
ad homo del mondo, avisandove novamente che nostra intentione è et volimo e
disponimose per ogni modo che Ii colpevoli siano puniti, nemine exceptato, e sia che se
vogliano, certificandove che non volimo bechaleti in quella cità, nè compagni, ma
volimo nuy essere el patrone. Procediti adoncha a quanta ve havemo scripto, non
attendendo a parole de che ve dicesse in contra questo, dandone etiamdio resposta de
quanto fina mò haveriti exequito in questa materia, la quale havemo tanto a core
quanta dire se possa. Apud Gaydum, die vii septembris 1453.
Ser Iacobus
Cichus.
228
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi che, in merito all’avviso datogli dal cancelliere
ducale Andrea circa i propositi di Bartolomeo da Dovara di attentare allo stato penetrando nella
rocchetta tramite Rizardo dalla Chiesa,lui, duca, vuole che ordini a Galeazzo e a Gabriele, fratelli
castellani, di non lasciare la rocca, d’aver “l’ogio al panello, e, inoltre, comanda al luogotenente
di provvedere da capo a ponte al revellino. Il duca lo assicura di avere accontentate le guardie
del galeone e dei retroguardi. Fioravante ha scritto molte cose circa il suo fattore e imputa al
luogotenente il saccheggio della sua casa. Quanto al fattore, il duca gli ha ordinato di andare da
lui, così come vuole che il luogotenente mandi uno informato di tutta la faccenda.
1453 settembre 8, “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Respondendo a quanta ne scriveti del’aviso a voy dato per ser Andrea, nostro
cancellero, de quello Bartholomeo da Dovara, qual praticava contra el stato et
speravese mandare a executione Ii suoi tristi pensieri per lo intrare in la rocheta per
mezanità de Rizardo dala Chiesa, dicemo che a nuy pare, e volemo provediate che
dicto Bartholomeo per modo alcuno non possa havere addito in la dicta rocheta, anze
ordinati nè Galeaz, nè Gabrielo, fratelli castellani, non ius(c)ano la dicta rocha, non
obstante che ciascuno de loro havesse licentia de iusire, remanendo l’altro; et ditili ve
habiano l‘ogio al panello e guardino bene a non lassarse inganare; ultra ciò fate
provisione al revelino da capo a ponte. Quantum autem ala parte delIa provisione da fir
facta ale guardie del galeone, già haveriti inteso per nostre lettere, che gli havemo
proveduto et così a quelli del galeone, como etiamdio a quelli delli retroguardi. Post hec
havemo recevute vostre altre lettere per Ie quale ne date più ampla informatione de
Galeaz et Gabriele soprascripti, et item del factore de Fioravante; ala quale
respondendo, dicemo che nostra intentione è de provedere como ne recordate, ma, in
questo mezo, provedite como ve pare, et super omnia che veruno non iuso fora d’essi
fratelli dela rocheta, ut supra diximus. Ala parte del factore, dicemo che Fioravante ha
scrito qua molte cose, agravandose et facendone demandare licentia perchè dice gli
haviti mandato per asaccomanare la casa et multa alia, et, nichilminus, havemo
mandato per dicto factore che vengha qua; et così a noy pare debiati voy mandare qua
uno informato de tale materia, aciochè, eI volendo Iuy denegare la verità, se gli possa
deprovare dele provisioni fate. Ala rippa d’Ada verso Castione, restiamo avisati et ve ne
commendiamo. Data apud Gaydum, die viii septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
229
Francesco Sforza ricorda al podestà di Mortara di avergli inviato il trenta agosto delle lettere in
cui gli ordinava di liberare Ambrogio Trombetta, uomo del conte Giacomo, oppure suo padre o il
fratello ovvero qualunque in sua vece per la vertenza tra il cremonese Guglielmo Ripparo e il
predetto Ambrogio, credendo nell’accordo delle parti. Siccome Ambrogio contravvenne alle
promesse fatte a Guglielmo e ripetute a lui, , il duca comanda al podestà di rimettere Guglielmo
nello stato in cui era prima della concessione delle dette lettere.
1453 settembre 7, “in castris apud Gaydum”.
60v Potestati Mortarie.
Per nostre letere, date apud Gaydum a trenta di del mese de augusto proximo passato,
ve scripsemo che dovessevo liberare Ambroxo Trumbeta del magnifico conte Iacomo,
aut suo patre o fratello e qualunque altro per Iuy, per cagione dela differentia quale se
vertisse tra Gulielmo Ripparo, nostro citadino Cremonese, et il prenominato Ambroxo,
credendo nuy che Ie parte dovesseno remanere de accordio, como più largamente se
contene in esse nostre lettere date ut supra, ale quale se referemo. Ma perchè dicto
Ambroxo non ha atteso Ie promesse al dicto Guglielmo, como etiamdio dixe et affirmò a
nuy volere fare, volemo, et ve comettemo, et expresse ve comandiamo, aciò ch’esso
Guglielmo non vengha essere captato et per vigore de dicte nostre lettere privato dele
sue ragione, che voi debbiate penitus revocare, anullare et irritare esse lettere et
admettere Ie ragione de dicto Guiglielmo et metterlo in quello grado et stato che l’era
inanti la concessione de dicte lettere, le quale, etiamdio nuy, revocamo et anullamo per
Ie presente, facendo publica noticia de tale revocatione, et avisandone delIa receptione
delle presente et quo feceris in premissis. Data in castris apud Gaydum, die vii
septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
230
Francesco Sforza ingiunge a Giovanni da Parma e agli altri provisionati in Cassano di dare al
messo, che Zampone appositamente manda da loro, i denari per il vino dato.
1453 settembre 8, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Iohani de Parma et ceteris provisionatis existentibus in Cassano.
Zampono ne dice che may non ha conseguito Ii suoi dinari ch’el debbe havere da vuy
tuti per casone del vino a vuy dato per el suo famiglio. Et perchè ragionevole cosa è
che gli faciate el pagamento de quello haviti hauto del suo, volimo, et così ve
comadiamo che debiati provedere de fargli el debito suo, dandoli dinari a questo suo
messo portatore de questa, el quale manda là solo per questa casone. Data in castris
nostris felicibus apud Gaydum, die viii septembris 1453.
Bonifacius.
Cichus.
231
Francesco Sforza esprime al luogotenente di Tortona la sua meraviglia per la mancata
restituzione delle armi ai soldati di donna Luchina. Non sa se imputare a lui o agli altri ufficiali
tutto ciò, comunque, si aspetta di capire una buona volta se intendono obbedire alle sue lettere.
(1453 settembre 8, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
61r Locuntenenti Terdone.
Non possemo fare che non se maravigliamo de che, havendo nuy tante fiate scrito là
che fossero restituite Ie sue arme ali soldati dela magnifica madona Luchina, may non
siano restituite; del che non sapemo imputare se non vuy e l’altri officiali, quali hanno
ad exequire quanto gli scrivemo. E deliberando nuy una fiata intendere se volite obedire
le nostre lettere, denuo ve replicamo che omnino debiate restitituire Ie dicte arme ala
prefata magnifica madona Luchina senza altra repplicatione de nostre lettere. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
232
Francesco Sforza fa sapere al podestà di Gerola che il suo famiglio Corsio, cui aveva donato i
locali beni di Raynino, passati alla Camera ducale, che gli mancano 19 ducati veneziani e 13
fiorini del Reno, che erano in un cassone di Raynino. Il duca vuole che il podestà ricuperi detti
denari per Corsio.
(1453 settembre 8, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).
Potestati Glarolarum.
Ne dice Corsio, nostro fameglio, al quale, como per altre t’havemo scripto, haveamo
donati Ii beni de Raynino de quella nostra terra, spectante ad la Camera nostra, ch’el
resta havere ducati xviiii Venetiani et florini xiii de Reni, quali pare non se trovino; del
che se maravigliamo, perchè intendemo che Ii dicti dinari erano in uno cassone d’esso
Raynino. Sichè, pertanto, volemo et te comandamo servi ogni modo expediente perchè
se retrovano essi dinari et siano dati ad Corsio predicto. Fa per modo che per questa
casone non expediat replicare altre leittere, nè de ciò receviamo veruna querella; e non
manchi se facia presto.Data ut supra.
Thomaxius.
Cichus.
233
Francesco Sforza comanda a Galeazzo e a Gaspare, fratelli de Bossis, castellani della rocchetta
della porta dell’Adda di Lodi, di attenersi a quanto, per suo mandato, diranno loro Tommaso de
Arezzo, consigliere ducale, e Pietro da Norcia, luogotenente di Lodi.
1453 settembre 9, “apud Gaydum”.
Galiaz et Gabrieli, fratribus de Bossis, castellanis rochete porte Abdue Laude.
Havemo comettuto alcune cose ali spectabili cavaleri messer Thomaso de Ariete,
nostro consiliero, et misser Petro da Nursia, nostro locotenente de quella cità, quale ve
dirano per nostra parte. Pertanto volemo che ali predicti crediati et exequate e faciate
quanto ve dirano per nostra parte, non altramente che faressevo a noy proprii se
personaliter ve parlassemo. Data apud Gaydum, die viiii septembris 1453.
Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.
Ser Iacobus.
Cichus.
234
Francesco Sforza comanda al familiare ducale Antonello de Campanea di costringere gli uomini
di Portalbera a restituire i duecento sacchi di frumento del vescovo che, contro la volontà del
podestà, hanno rubato, non solo, ma faccia loro sapere che saranno puniti dal duca.
1453 settembre 10, “apud Gaydum”.
61v Antonello de Campanea, familari nostro.
Como credemo haverai inteso, Ii homini de Portalbara hanno sachegiato contra la
volunta del potestà de quella terra sachi ducento de frumento di quello de monsignore
lo veschovo; il perchè vogli servare modo che fazi che Ii dicti homini resituiscano il dicto
frumento, advisandoli però, per nostra parte, che noi non staremo contenti a questo,
anzi, Ii faremo punire del fallo loro et non gli lo perdoneremo como facessimo un’ altra
volta, perchè ogni dì fariano de male in pegio, ma Ii daremo ad intendere che hanno
facto male et che ad noi despiace simile cose. Et perché credino che questo sia la
nostra intentione, volimo Ii mostri questa nostra lettera. Data apud Gaydum, die x
septembris 1453
Clerichinus.
Cichus.
235
Francesco Sforza scrive a Gracino da Pescarolo che quanto gli disse il 13 scorso era solo per
chiarirsi le idee intorno alla causa di Giacomino della Chiesa. In seguito a quello che Gracino gli
ha fatto ora sapere, decide che Gracino dia corso alla causa in modo che Giacomino sia, “prout
iuri conveniet”, sia assolto o condannato.
(1453 settembre 10, “apud Gaydum”).
Gracino de Piscarolo.
Havemo recevute Ie toe lettere con la supplicatione de Iacomino delIa Chiesa,
habitatore delIa bastita, ale quale, respondendo, te dicemo che tuto quello te scripsemo
per nostre lettere date xiii del passato in la causa d’esso Iacomino fo solamente per
giarirse dela verità, non ne siando nuy altramente avisati, informati. Nunc autem, inteso
quanto tu ne scrive dela informatione havuta superinde, volemo et te commettemo che
procedi, o facii procedere in dicta causa secundo che vole la ragione, absolvendolo, o
condenandolo prout iuri conveniet; et questa è la mente et intentione nostra. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
236
Francesco Sforza fa osservare a Venturino Brambilla, castellano del castello di Lodi che
avrebbe potuto acquistare del frumento per scorta della fortezza a più buon mercato molto più
vicino a lui, anzichè andarlo a cercare di là dal Po. Lo assicura che nessun taglio verrà fatto alla
sua paga in modo che possa aiutare nel nuovo acquisto di frumento.
(1453 settembre 10, “apud Gaydum”).
Venturino de Brambilla, castellano castri nostri Laude.
Havemo recevuto Ie toe lettere ale quale, respondendo, quanto ala parte del frumento
qual dice havere comprato delIà da Po per munitione de quella nostra forteza, dicemo
che non ne 62r pare che tu te intendi bene de mercantia, nè sapiamo che te habia
inducto ad mandare a comprare frumento delIà da Po, possendone havere megliore
mercato delIà da Po. e più e più apresso. Ala parte dela retentione dela paga del mese
de augosto proximo passato, nuy scrivemo per Ie alligate che non te sia re(te)nuto, anzi
te sia dato, aciochè tu bene possi adiutare in questa nova compra de frumento; sichè
farali presentare la lettera. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
237
Francesco Sforza ordina al referendario di Tortona di dare (alla pari di quanto fa per lo stesso
tragitto il suo omologo di Piacenza), 24 soldi ai cavallari che si oppongono ad andare a Piacenza
se prima non vengono pagati.
1453 settembre 11, “apud Gaydum”.
Referendario Terdone.
Havemo inteso quanto tu ne hay scripto de quelli cavalari nostri, quali dicono non
volere andare da lì ad Piasenza se non sonno pagati; ala quale, respondendo, te
dicemo siamo contenti et volemo che ad essi cavalari per andare da lì ad Piasenza gli
daghi soldi xxiiii, como dà el nostro referendario da Piasenza ad quelli vengono fin lì.
Data apud Gaydum, die xi septembris 1453.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
238
Francesco Sforza ordina a Gaspare da Suessa di costringere i suoi fanti a pagare ai frati
agostiniani di Crema le due bestie, che alcuni di loro hanno ammazzato.
(1453 settembre 11, “apud Gaydum”).
Gasparo de Suessa.
Son venuti qui da nuy li fratri del ordine de Sancto Augustino da Crema, quali hanno
salvoconducto amplo et bono da nuy, et se sono doluti et lamentati grandemente che
per alcuni di tuoy fanti gli è stato amazato doe sue bestie, quale bisogna che loro li
pagano ali suoy patroni, o a quelli de chi erano; la qual cosa non è nostra intentione et
molto se ne maravigliamo. Il perché, benchè siamo certi non sia proceduto de mente
toa, voliamo che piglii ogni modo et via che ali dicti fratri gli sia pagato le sue bestie et
provedere per l’avenire che per li tuoy siano observati li nostri salviconducti, et fare per
modo che nè dali dicti fratri, nè da altri non habiamo più lamenta, nè rechiamo. Data ut
supra.
Iohannes Andreas.
Iohannes.
239
Francesco Sforza, in merito al dubbio espostogli dal luogotenente di Lodi (ritorsione per quel che
ha fatto Gaspare da Suessa con le donne di Crema) di aderire alla richiesta degli uomini di là
dall’Adda di inviare donne per la raccolta dell’uva, il duca è del parere di lasciarle andare. Gli
conferma di aver ordinato al fattore di Fioravante di portarsi da lui per un confronto con uno degli
uomini inviato dallo stesso luogotenente.
1453 settembre 11, “apud Gaydum”
62v Locuntenenti Laude.
Havemo recevuto Ie vostre Iettere ale quale, respondendo, et primo, ala parte dela
rechiesta et instantia qual ve fano quelli nostri homini delIà d’Ada de potere mandare le
femine per ricolire el vino e meglio, non obstante ch’el ce sia dubio per quelle femine da
Crema ha prese Gasparo da Suessa, et cetera, dicimo che, postquam gli haviti mitiato
el dubio, che vuy le debiate lassare andare per fare el facto loro e ricolire Ii fructi.
Del’altre parte de vostre lettere restiamo avisati, e non accade altra respuosta se non
che, como per altre ve havemo scripto, habiamo mandato (a) per lo factore de
Fioravante che vengha qua, et similiter scripta a voy che mandiati uno deli vostri
informato dela materia, aciochè, vogliando negare dicto factore quello ne scriveti de luy,
se gli possa provare. Data apud Gaydum, die xi septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) habiamo su rasura.
240
Francesco Sforza, benchè sia convinto che abbiano ricevuto la lettera che inviò loro
congiuntamente, tuttavia la fa replicare a Pietro da Lonate,a Ludovico da Bologna e ad Antonio
da Fabriano sottolineando l’importanza per lo stato che gli uomini d’arme di là siano pagati. Ad
Antonio attesta che il chiarimento con gli uomini del vescovato di quella città è consistito nella
precisazione con gli ambasciatori da loro inviati che sono tenuti a versare lire mille sia per la
tassa dei cavalli che per il cariaggio per tutto il periodo fino al primo agosto scorso: tanto deve
da loro richiedersi.
1453 settembre 12, “apud Gaydum”.
Petro de Lonate, Lodovicho de Bononia ac Antonio de Fabriano.
Havemo inteso quanto ne haveti scripto per Ie vostre lettere seperatamente che non
havete havuto la nostra lettera a vuy dirrectiva comunamente, secundo che havemo
advisati; al che, respondendo, dicemo, benchè siamo certi che vuy l’haveriti havuta, pur
l’havemo facta repplicare et ve la mandiamo qui alligata. Sichè de novo ve caricamo,
stringemo et comandiamo che, totis viribus, ve sforzati exequire quanto in essa se
contene con ogni presteza a vuy possibile perchè vedete bene quanto importa al stato
nostro il spazamento de quelle nostre zente d’arme sonno del canto dellà, che non
porria importare più, como importa. Ala parte che ti, Antonio, ne rechiede essere
chiarito delIa compositione dicono Ii homini del veschovato de quella nostra cità havere
facta cum nuy, et cetera, dicemo che è vero che nelli dì passati mandarono da nuy Ii
loro ambassatori, quali remaseno in compositione con nuy de pagare livre mille de
imperiale, tanto d’ogni graveza et carrico tochase a loro per taxe de cavalli, quanto del
carrezo fino a calende del mese de augusto proximo passato indreto; et così
restassemo contenti. Sichè ne pare e volimo che aIi dicti homini non sia dato altro
impazo fin al dicto termino se non delle dicte livre mille; et 63r poi per l’avenire fare che
contribuiscano ale dicte graveze secundo fanno et faranno Ii altri nostri subditi in quelle
parte. Data apud Gaydum, die xii septembris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
241
Francesco Sforza, ignaro se lui è già partito, ripete al pavese Bernardo da Lonate il comando di
portarsi da lui.
(1453 settembre 12), “ex felicibus castris”.
Bernardo de Lonate, civi Papiensi.
El spectabile cavalere misser Thomaxe de Reate te debbe havere dicto per nostra
parte che subito vegni qua da noy; e, non sapendo se tu è partito anchora de là per
venire, te repplicamo che subito, ala receputa de questa, debbi venire; e non manchi
per quanta tu hay cara la gratia nostra. Ex felicibus castris, ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
242
Francesco Sforza ingiunge al luogotenente di Lodi di osservare la esenzione accordata a Lucio
Cotta per il possesso e i beni che ha nel Lodigiano.
(1453 settembre 12, “apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
Se è agravato con nuy Lucio Cotta ch’el non gli è observata una sua exemptione, quale
gli havemo concessa per la possessione et beni suoi in Lodesana; del che ne siamo
maravigliati che veruno ardisca tentare contra Ie nostre lettere. Et pertanto volimo e ve
comettemo che debiati provedere che per ogni modo dicte lettere siano observate,
omni prorsus exceptione remota. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
243
Francesco Sforza risponde a suo fratello Corrado da Fogliano di assicurare quella comunità e i
dazieri delle entrate degli ultimi cinque mesi che lui non ha mai fatto alcun divieto di condurre
frumento e biade da di là del Po in quella città: Se divieto alcuno esiste, questo può essere stato
posto dal Consiglio segreto o dai Maestri delle entrate, nel qual caso occorre ricorrere a uno di
loro.
(1453 settembre 12, “apud Gaydum”).
Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.
Havemo recevute le toe lettere con Ie supplicatione de quella nostra comunità e delli
dacieri del’intrate dele parte delli ultimi cinque mesi del’anno presente, continente che
vogliamo revocare la inhibitione de condure Ii frumenti e biave de là da Po a quella
nostra cità, così per utilità delli dicti dacieri, como dela universa comunità; ala quale,
respondendo, dicemo ch’el non bisogna fare tale revocatione; con ciò sia cosa che dela
inhibitione non havemo notitia alcuna, nè per nuy è facto, che ce recordiamo. Et così
poray far dire ala comunità et ali dicti dacierii, ad instantia delli quali tu ne hai scrito et
mandato la supplicatione, avisandoli che noy non havemo facta altra inhibitione che
fosse per lo passato. Ma forse potria essere ch’el nostro Consiglio, aut li Maystri
del’intrate l’haveranno facta; quo casu, se potrà recorrere a loro che gli provederano.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
244
Francesco Sforza ordina al capitano della Lomellina di liberare quei di Gambarana e del Cairo,
dopo aver dato garanzia di presentarsi a ogni convocazione davanti al Consiglio segreto, cui il
duca ha commesso la soluzione della vertenza che hanno con il Colleoni per il saccheggio da
loro subito per avergli rifiutato l’alloggio dei cavalli e dei compagni.
1453 settembre 12, “apud Gaydum”.
63v Capitaneo nostro Lumellina.
Havendo nuy per nostre lettere commettuta la causa et differentia fra el magnifico
Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo d’arme, et I’homini nostri de Gambarana e
Cayro al nostro Consiglio per cagione delli cavali e compagni del prefato magnifico
Bartholomeo Coglione, quali foreno sachezati per non haverli voluto alozare, como te
scripsemo per altre nostre lettere date xvi del passato, siamo contenti e volimo che tu
debbi relaxare quelli de Gambarana e Cayro sostenuti per questa differentia, dando
loro prima bona et idonea segurtà de presentarse denante al prefato nostro Consiglio
totiens quotiens serano rechiesti. Data apud Gaydum, die xii septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
245
Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini di Casteggio di attenersi a
quanto dirà loro l’economo di Piacenza per la faccenda dell’arcipretura e dei suoi frutti.
1453 settembre 13, “ex castris apud Gaydum”.
Potestati, comuni et hominibus terre Clastigii.
Havemo commesso alcune cose ad Iohampetro di Mombrecto, nostro iconomo de
Piasenza, quale luy ve explicarà per nostra parte circha al facto de quello arciprevedato
et de fructi d’esso. Pertanto vogliate prestarli piena fede in tucte quelle cose ch’el vi
refirirà per nostra parte, et exequire quanto ordinarà, non altramente che se nuy proprii
ve vossimo presenti. Ex castris apud Gaydum, die xiii septembris 1453. Christophorus
de Cambiagho.
Cichus.
246
Francesco Sforza raccomanda a Bolognino de Attendolis di ricevere con ogni onore e reverenza
re Renato che si porta a Pavia per incontrare la duchessa e visitare la citta. In castello, ove
potranno entrare tutti quelli che egli vorrà, gli faccia, com’è consuetudine, la consegna delle
chiavi.
1453 settembre 13, “ex castris nostris apud Gaydum”.
Magnifico Bolognino de Attendolis.
Perch’el venerà la mayestà del re Renato Iì ad Pavia per vedere la nostra illustrissima
consorte madonna duchessa et la cità et lo castello volimo, quocumque la mayestà soa
venerà, lo recevati in lo castello cum quelli et quanti vorà la mayestà soa, facendoli
molto più honore che ad nuy stesse et presetando ala mayestà soa Ia chiave del
castello, como è usanza et como è convenente, lassando ussire et intrare tucti quelli
delIa prefata mayestà ad suo piacere, faciandoli dal canto vostro tucto quello honore et
reverentia che se convene a uno serenissimo Re, como è questo et tanto pur che I’è
più nostro che non siamo nuy stessi. Ex castris nostris apud Gaydum, die xiii
septembris 1453.
Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.
Cichus.
247
Francesco Sforza ordina a Ludovico da Bologna che alla gente del Colleoni, che lui avrà ormai
portato in campo, dove si trova, non faccia avere più tasse di quante avute finora nel Tortonese.
In simile forma fu scritto a:Bartoluccio da Gubbio, capitano della Lomellina, Battista de Burgo.
(1453 settembre 13, “ex castris nostris apud Gaydum”).
64r Lodovicho de Bononia.
Perchè nuy semo certi ch’el magnifico Bartholomeo haverà hormay messo impuncto la
soa compagnia et l’haverà reducta o redurà tucta in campo, dove se retrova la persona
soa, et non parendone honesto che Ie dicte gente habino più tassa, così como non
hanno Ie altre nostre gente che sonno qui in campo con nuy et Ii altri nostri lochi, volimo
che de qui inanzi non debbi fare respondere ale dicte gente del prefato Bartholomeo più
dele loro tasse, quale hanno havute fin mò in Terdonese. Data ut supra.
Iohannes.
In simili forma scriptum fuit infrascriptis videlicet:
ser Bartholutio de Eugubio,
capitaneo Lumelline et
domino Baptiste de Burgo.
248
Francesco Sforza dice al conte Antonio de Clivielis d’aver inteso quello che gli ha scritto ed
egualmente quello che gli hanno fatto intendere il conte Gaspare da Vimercate e Cicco
circa il conferimento del vescovato di Pavia a suo fratello abbate. Egli si dice ben contento di
proporlo innanzi a tutti gli altri, per l’affezione che porta a lui, ai suoi fratelli e a tutta la sua casa,
per “la immensa devotione et fede immacolata” da essa mostrata verso lui e il suo stato.
(1453 settembre 13, “ex casris nostris apud Gaydum”).
Comiti Antonio de Clivielis.
Inteso quanto per vostre lettere ne havete scripto et quanto ne ha referito el vostro
messo, et similiter quello che el conte Gasparro de Vimercato et Cicho, nostro
secretario, ne hanno dicto circh’al facto de conferire el vescovato de Pavia ad domino
l’abbate, vostro fratello, dicemo che ad questo sonno condesesi de molti prelati di bona
casa et digni nostri cum intercessione de parechi nostri notabili subditi et affectionati
servitori. Niente de manco, per l’amore et caritate portiamo a vuy, domino l’abbate et
altri vostri fratelli e a tucta casa vostra per la immensa devotione et fede immaculata
quale havemo cognosciuta per experientia in vuy e tucta casa vostra verso nuy et el
stato nostro, siamo stati e semo contenti, preponendovi a tucti li altri, che domino
l’abate predicto, vostro fratello, habia dicto vescovato; et per questa non se extendemo
più ultra ale particularitate, perchè dal prefato conte Gasparro per sue lettere et dal
dicto vostro messo a bocha intenderiti quanta bisogna. Sichè curati se mandi presto ad
executione quanto da loro ne intenderite, perchè quanto più presto serà exequito, tanto
meglio per multi et infiniti respecti. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
249
Francesco Sforza asserisce a donna Luchina dal Verme che per poter porre fine alla
controversia delle tasse che contrappone i suoi uomini alle genti sforzesche non vale quanto lei
e Bartoluzio da Ugobio, commissario ducale, propongono, ma conviene che lei mandi da lui
Filippo che è a conoscenza di tutto.
1453 settembre 15, “apud Gaydum”.
64v Magnifice domine Luchine de Verme.
Havemo recevuto Ie vostre lettere circh’al facto dele tasse, le quaIe diceti havere facto
vedere per Ii vostri et per Bartholuzo di Ugobio, nostro commissario; ale quale,
respondendo, dicemo che’l non ne satisfa quanta scriveti; neanche per quello che ne
scrive dicto Bartholuzo possimo intendere Ie ragione de dicte tasse. Sichè a volere ben
intendere e mettere fine ale debbiti hanno Ie nostre gente d’arme con Ii vostri homini, è
necessario che mandiati qua messer Filippo informato del tuto, como etiamdio scrivemo
a luy che vegna. Mandatilo, adoncha, e quanto piu presto meglio è. Venendo lo
remanderemo con conclusione de ogni cosa. Data apud Gaydum, die xv septembris
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
250
Francesco Sforza dice a Filippo Confalonieri che non lo convincono “ le ragione delle tasse”
mostrate da alcuni di quelli di madonna Luchina e neppur quello che scrive il commissario
ducale Bartoluzo da Vugobio, per cui lui, duca, insiste nel volere che Filippo si porti da lui ad
esporgli “le ragione et ogni informatione sopra dicte tasse.”
Clerichino ha scritto a Manno e a suo cognato Giuseppe di andare in campo.
(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).
Spectabili militi domino Filippo de Confaloneriis, dilecto nostro.
Havemo recevuto Ie vostre lettere circha le ragione delle tasse, quale diceti havere
facte videre per alcuni de quelli delIa magnifica madona Luchina et Bartholuzo da
Vugobio, nostro commissario; ale quale, respondendo, dicemo che questo non ne
satisfa; neanche per quanto ne scriva el dicto Bartholuzo possimo intendere quelle
ragione. Siché necessario è, et volemo che vuy vegnati fin a qua, omni prorsus
exceptione remota, et faritene dare Ie ragione et ogni informatione sopra dicte tasse, Ie
quale portariti con voy. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
Die suprascripto.
Per Clerichinum scriptum fuit Manno et Ioseph, eius cognato, ut veniant in castris.
Cichus.
251
Francesco Sforza fa sapere a Franceso Biscossa, cancelliere di Corrado, che ha gradito assai la
notizia del miglioramento di suo fratello e vuole che lo conforti a stare tranquillo, assicurandolo
anche di aver scritto ai Maestri delle entrate perchè gli facciano avere dei denari.
(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).
65r Francisco Biscosse, cancellario magnifici Conradi.
Havemo recevuto le tue lettere, ale quale respondendo: et primo, al melioramento de
Conrado, nostro fratello, molto ne piace e non ne poresti nunciare cosa a nuy più grata
per tuo ricordo. Nuy scrivemo ad esso Conrado confortando ad stare de bona voglia e
non darse affano, non attendendo ad altro che al guarire, perchè non gli lassaremo
mancare niente. Et così scrivemo per Ie alligate ali Maystri del’intrate nostre che gli
provedano d’altri dinari non havendo havuto più de quelli che tu ne scrive. Attende bene
ala cura soa e tenelo confortato. Data ut supra.
Ser Iacobus.
252
Francesco Sforza fa sapere a suo fratello Corrado di essere informato dai medici e da quanti lo
curano che sta migliorando. Gli raccomanda di non avere altra preoccupazione che a guarire.
(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).
Magnifico fratri nostro carissimo, Conrado de Foliano, et cetera.
Havendo ordinato d’essere ogni dì avisati de l’essere tuo e como passa el caso tuo, el
quale havemo più a core che veruna altra cosa, siamo così daIi medici, como da ogni
homo che te rege et ha in cura, advisati che’l facto tuo passa benissimo et in modo et
forma che, dandote tu al’otio et riposo del’animo senza alcuna malanconia, non è dubio
che presto seray liberato; del che recevemo singularissimo piacere e consolatione.
Pertanto se tu ha(i) voglia de farne cosa che ne sia grata non te piliare affano de cosa
alcuna, non attendendo ad altro che a guarire, e così facendo non te mancaremo in
cosa alcuna. Data ut supra, et cura te ipsum.
Ser Iacobus.
Cichus.
253
Francesco Sforza attesta al podestà di Pavia e a Gracino da Pescarolo di aver gradito
l’attestazione di affetto e fede con cui vogliono che egli insista presso il papa per la promozione
all’episopato di suo fratello Gabriele. Li informa di avere già provveduto a quell’episcopato di un
idoneo e capace pastore.
In simile forma ha scritto ai presidenti agli affari di Pavia.
1453 settembre 15, “apud Gaydum”.
Potestati Papie et Gracino de Piscarolo.
Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso per quelle con quanto amore e fede ne
recordate e persuadeti che vogliamo instare apresso la sanctità del nostro Signore la
promotione de frate Gabriele, nostro fratello, a quello episcopato, comandandovelo de
virtute o sanctimonia. Havemo carissimo havere tale informatione d’esso nostro fratello
e ve rengratiamo del vostro ricordo, avisandove che già havemo provisto a quello
episcopato de idoneo e sufficiente pastore, del quale vuy e quella nostra comunità
merito se ne contenterà. Data ut supra.
Ser Iacobus.
In simili forma scriptum fuit spectabilibus et egregiis carissimis nostris presidentibus
negociis comunitatis nostre Papie.
Cichus.
254
Francesco Sforza risponde a Gaspare da Suessa di non “darsene troppo malanchonia” se suo
figlio è stato preso da Gurone da Capua e da altri uomini d‘arme: è usanza di guerra. Diverso
sarebbe il caso se fosse messo in prigione e ai ferri”. Lo assicura d’aver scritto al conte Giacomo
di intervenire presso Crema per la sua liberazione. Se ciò non accadesse, potrà sempre
ricorrere allo scambio dei prigionieri, avendone tanti dei loro. E’ sorpreso che donna Lisa, sua
sorella, non abbia liberato Gianpietro da Rabozo: le scriverà in modo che senza fallo lo rilascerà.
(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).
65v Gasparri de Suessa.
Havemo recevuto Ie tue lettere, ale quale respondendo: ,et primo, ala parte de tuo fiolo,
quale dice essere stato preso per Gurone da Capua e altri homini d’ arme, a nuy
rencresce asay, ma non è perhò da darsene troppo malanchonia non gli siando
intervenuto altro male, perchè è usanza de guerra essere presi ala fiata et ale fiate
pigliare altri; ma che l’habiano posto in pregione et in ferri, hanno facto contra la
honestate e contra la bona usanza del mestere del’arme. E per questo havemo scripto
al conte Iacomo che scriva a Crema in modo et forma che sia relaxato e credemo lo
farà relaxare; e quando pur non lo facesse relaxare avisarayne per tue Iettere, perchè
ne havemo tanti di loro neIe mane che, dovendoli relaxare, faranno relaxare tuo filiolo.
Ala parte de madona Lixa, nostra sorella, qual non ha facto relaxare Iohannepetro da
Rabozo, molto ne siamo maravigliati e credevamo fosse relaxato; ma gli scrivemo per
Ie alligate in modo che’l farà relaxare senza alcuna exceptione. Siché mandarali Ie
lettere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
255
Francesco Sforza esprime alla sorella Lisa de Attendolis il suo disappunto per l’insucesso delle
varie lettere scrittele per la liberazione di Gianpietro Rabozzo. Le riscrive sperando che non lo
costringa a mostrarle il suo scontento.
(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).
Magnifice sorori nostre carissime domine Lixe de Attendolis,et cetera.
Per più nostre lettere ve havemo scripto che dovesti relaxare Iohannepetro da Rabozo,
e credendo nuy per la instantia qual ve facessemo che l’havesti relaxato, trovamo che
non; del che ne siamo ultra modo maravigliati et anche ne dolimo, il perchè ne siamo
deliberati scriverve anchora questa fiata avisandove che non lo relaxando seremo
constreti monstrare che siamo mal contenti.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
256
Francesco Sforza ritorna a rimproverare la sorella Lisa, incaponita a non liberare Rabozo, dando
a divedere di sdegnarsi d’avere alcun riguardo per Gaspare da Suessa che si trova a Cerreto,
luogo tanto importante. La sollecita, perciò, a rilasciare Rabozo
(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).
Suprascripte domine Lixe.
Più volte ve havemo scripto che voliati relaxare 66r Iohannepetro da Rabozo et, fra
l’altre volte ve scrisemo a xxiii de iulio proximo passato in modo e forma che credevamo
I’havessevo facto relaxare, ma comprendemo, per quanto ne ha facto dire novamente
Gasparro da Suessa, che non I’haviti facto relaxare, che è ben signo che pocho
extimati Ie nostre lettere, né cosa che ve scrivamo e non considerati più ultra Ii respecti
che ne moveno a ciò; perché, sdignando Gasparro Cereto così importante, como doveti
sapere, non sapimo quanto sia stato bene a non relaxarlo. Pertanto fate che subito el
relaxate senza altra repplicatione de nostre lettere, e non sia fallo, perché non lo
relaxando ne seria necessario che’l ne rencresce; né anchora possemo credere che
non I’havesseno relaxato se conosceseno quanto importa el respecto del dicto
Gasparro. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
257
Francesco Sforza scrive al podestà del vicariato di Belgioioso d’‘aver compreso che lui delle
lettere ducali se ne stropiccia. Comunque, gli rinnova l’ordine di smetterla di dar fastidio alla
moglie del suo uomo d’arme Sansonetto, lasciandola in pace nella casa in cui è, oppure
trovandole una comoda come quella che ha.
1453 settembre 16, “apud Gaydum”.
Potestati vicariatus Belzoyosii.
Per altre nostre te havemo scripto et comandato che dovesse lassare stare la femina
de Sansoneto, nostro homo d’arme, in la casa dove la stava, overo provedergli de
fargline havere un’altra che sia apta et comoda como quella. Et pare che non
altramente habii obedito dicte nostre lettere como se non te havessemo scripto cosa
alcuna; dela qual cosa ne siamo asay maravigliati et non sapiamo per che casone tu
l’habii facto et che habii usato tanta presumptione ad non obedire dicte nostre lettere. Il
perchè habiamo vogliuto rescriverte quest’altra nostra lettera, comandandote che, per
quanto hay ad caro la gratia nostra debii, visis presentibus, remossa ogni casone et
senza altra repplicatione, provedere de un’altra stantia comoda per la femina del dicto
Sansoneto dentro quella (a) nostra terra delIa casa che lì possa stare et habitare
comodamente; et de questo facto fa’ che non ne habiamo più querella, et che non
bisogni te lo repplicamo più, perchè l’haveressemo molestissimo. Data apud Gaydum,
die xvi septembris 1453.
Zaninus.
Cichus.
(a) quella ripetuto.
258
Francesco Sforza ringrazia la suocera Agnese Visconti per le notizie del miglioramento della
salute di Galeazzo; se n’è pure compiaciuto il marchese di Mantova. Auspica che lei si faccia
“galiarda” e le chiede di fargli sapere di che abbisogna. La informa che, anche per sollecitazione
di Bianca, ha accordato al suo famiglio Bartolo dalla Croce le robe di Gazo che lui desiderava.
1453 settembre 18, “apud Gaydum”.
66v Magnifice matri carissime domine Agneti Vicecomiti, et cetera.
Respondendo ale lettere delIa vostra magnificentia circa el meglioramento et liberatione
del conte Galeaz, ne havemo recevuto singularissimo piacere e contenteza, perché
nyuna altra cosa de presente più ne gravava che la sua malatia. Referemo adoncha de
questo infinite gratie a Dio et anche ala sollicitudine et diligentia vostra. Simelmente ne
ha recevuto grande consolatione lo illustre signore marchexe de Mantua, el quale
havemo facto participe de ciò. Como ne scriveti, restamo che vuy ve faciate galiarda
avisandove se per la liberatione vostra bisogna più una cosa che un’altra, e la farimo
volunteri. Ceterum, avisamo la magnificentia vostra per suo contentamento che, a
suasione de madona Biancha, havemo compiaciuto a Bartholino dala Croce, vostro
fameglio, de quelli robbe (a) de Iacomino Gazo, quali luy ne ha domandati. Qua non
havemo altro de novo, ma ben speremo che giuncte che seranno qua et unite con noy
molte dele nostre gente per Ie quale havemo mandato che giungerano presto, ve
faremo sentire dele novelle che ve piacerano. Data apud Gaydum, die xviii septembris
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) robbe in interlinea su beni depennato.
259
Francesco Sforza rinnova l’ordine al podestà di Pavia e al capitano di giustizia di Milano di
intervenire contro gli autori dello scandaloso tumulto di Pavia punendoli esemplarmente senza
riguardo per nessuno.
(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).
Potestati Papie et capitaneo iusticie (a) Mediolani.
Benché credemo exequiriti con virilità quanta ve havemo commetuto ad opremere et
castigare quelli giotti, quali aIi dì passati foreno cagione di tanto tumulto e scandaloso
excesso in quella nostra cità de Pavia, pur havendo quella cosa tanto a core quanto gli
ne potessemo havere alcuna altra, de novo ve recordamo, et caricamo quanto più
possemo che, non guardando in fronte ad homo del mondo, debiati procedere contra
tuti Ii colpevoli con tal effecto che Ii cativi cognoscano quanto despiace a noy el male
vivere e Ii boni se confortano che la iusticia habia locho.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) iusticie ripetuto.
260
Francesco Sforza risponde al pavese Iacobo Zaso, che si lamenta per non avere ancora
proceduto con “quelle rigitade”, richieste dal criminale tumulto cittadino, che non si può far tutto
“in uno dì”, tuttavia apprezza il suo amore per lo stato.
Lo assicura che stimolerà di nuovo il podestà e il capitano di giustizia ad agire e dare una
punizione ai colpevoli di cui tutti prenderanno atto.
1453 settembre 18, “apud Gaydum”).
67r Iacobo Zazio, civi nostro Papiensi.
Havemo recevuto Ie tue littere per le quale intendemo che’l non se procede in el facto
de quello tumulto con quello modo se doveria, nè se gli servano quelle rigitade che
rechiede tale atto, e così scandaloso, como fo quello, el quale meritaria bona et severa
punitione; dele quale ve comendiamo e rengratiamo asay, comprendendo noy che ve
moveti con fervente amore e desiderio del nostro bene et de quella patria. Ma non
possimo credere che non se ne facia tale e tanta demonstratione con effecto che Ii
cativi remarano puniti del loro errore, et Ii boni vederano piliarse forma al ben vivere per
quello che havemo scripto et repplicato ali capitaneo de iusticia et podestà lì; e non
I’havendo facto fin a mò, non è troppo da maravigliare, perchè non se pò fare ogni cosa
in uno dì, ma novamente, per lo recordo vostro gle scrivemo e talmente gli scaldamo
circha ciò che siamo certi ne vederiti bonissimo effecto. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
261
Francesco Sforza informa il conestabile ducale Gaspare da Suessa che il conte Giacomo,
in risposta al suo sollecito per la liberazione di suo figlio, gli ha detto che ignorava la sua cattura
e che, comunque,farà del suo meglio perchè riabbia la libertà.
Se ciò non avvenisse, il duca ha sempre la possibilità di mercanteggiare con i nemici,
premettendo la liberazione di suo figlio a quella dei loro uomini. Ritiene, però, un’opportuna
mossa che egli proceda a rilasciare le donne che egli detiene: avrà sempre la possibilità di rifarsi
con dieci su una, dandone la giustificazione a ordini superiori.
(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).
Gasparri de Suessa, conestabili nostro.
Here respondessemo ale tue lettere circha la captione de tuo figliolo che scrivessemo
al conte Iacomo per la sua relaxatione; et così, havendoli scrito, ne ha respuosto ch’el
non era informato dela sua prexa et che farà opera a relaxarlo per conservatione deIe
bone usanze del mestere d’arme: e così credemo el farà con effecto. E quando pur non
lo facesse, nuy havimo tanti delle suoi in possanza nostra che, inanti gli relaxamo,
farimo relaxare tuo figliolo. Ma per accelerare più la sua liberatione ne pareria bene che
tu facesse liberare quelle femene sostenute per ti, perchè, dappuoi che fosse relaxato
tuo fiolo, sempre serà in tua possanza de piliarne per una dece, quando pur te parirà,
né questo partito te pò essere vergognoso, perché sempre te potray alegare essere
comandato per Ii toi superiori. Siché a noy pare che lo debbi fare. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
262
Francesco Sforza prende atto di quanto il milite Morello da Parma gli scrive del pericolo che
corre lo stato per le frequenti uscite dalle fortezze dei figli dei castellani. Lo ringrazia per il
pensiero del figlio di Gaspare da Suessa. Lo accerta di essere intervenuto e spera in una sua
prossima liberazione.
(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).
Spectabili militi domino Morello de Parma.
Havemo recevute Ie vostre lettere per Ie quale restamo avisati del periculo poria spesse
volte occorrere al stato nostro per lo usire dele forteze che fanno li filioli deli castellani,
et cetera. Et anche delIa presa del fiolo de Gasparro da Suessa, dele quale
summamente ve comendiamo et anche rengratiamo, conoscendo nuy con quanto
amore e fede ne facite tal recordo et aviso. Et così havemo proponuto provederli
opportunamente; et già havemo operato in modo che presto credemo serrà relaxato el
fiolo del dicto Gasparro. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
263
Franceso Sforza risponde al luogotenente di Lodi di essere curioso di sapere di più circa quello
che ha fatto Reciardo, nominato nella confessione di Bartolomeo. Si congratula con il
luogotenente per come si è comportato con Gaspare da Suessa e lo informa che, non appena
ebbe notizia della cattura di suo figlio, scrisse al conte Giacomo, che lo assicurò di contattare
Crema per averne la liberazione. Gli crede, perchè, quando ciò non avvenisse, egli,duca,
avrebbe sempre la possibilità di rivalersi con i prigionieri nemici. Per accelerare la liberazione del
figlio, Gaspare dovrebbe procedere subito alla liberazione delle donne da lui prese, non
mancandogli mai la opportunità di “pigliarne per una dece”, senza alcuna sua personale
ignominia perchè tutto addebiterebbe a ordini superiori. Ha presso di sè Fioravante, che si lagna
di lui, luogotenente, per la devastazione che ha fatto della sua casa, per aver legato i suoi
famigli, voluto impiccare sua moglie e per le tante villanie dettegli. Il duca a tutto crede fino a un
certo punto, comunque, vorrebbe sapere da lui cosa esattamente successe, avvalendosi anche
della testimonianza dei gentiluomini presenti.
67v Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto le vostre lettere de più parte con alligata confessione de Bartholomeo
sopra la imputacione a luy facta, ale qual, respondendo, et primo, circa la dicta
confessione havemo inteso quanto ha confessato fin a mò, ma molto siamo desiderosi
se Reciardo, nominato in la dicta confessione, gli ha defecto alcuno, volimo che vuy lo
examinate bene et diligentemente, e del suo dicto ne dariti aviso. Ala parte de Gasparro
da Suessa ne piace quanto haviti facto et dicto con luy, avisandove che, cum primum
havessemo noticia dela presa de suo fiolo, scrissemo al conte Iacomo opportunamente
per la sua relaxatione, el quale ne ha respuosto che’l scriverà a Crema per informarse
et deinde farà quanto gli pare suo debito per la conservatione delle bone usanze del
mestero d’arme, e credemo lo farà relaxare. Ma quando pur non lo facesse, nuy
havemo tanti deli loro in Ie mane che, inanti che gli relaxamo, faremo che relaxarano
luy; e de tuto questo avisamo per nostre lettere el prefato Gasparro, et anche gli
recordamo e confortiamo che per far più presto voglia relaxare Ie femene sostenute, e
poi relaxato sia el figliolo, sempre serà in sua possanza de pigliarne per una dece;
sichè, siando questa cosa de quella importantia che conosceti voy et ogni inducia potria
esser nociva e molto preiudicare al facto nostro, volimo che instate con persuasione et
ogni bono modo che facia relaxare Ie femene, che non gli farà vergogna alcuna
facendolo per coma(n)damento de suoi superiori. Et sforzative indurlo a questo quanto
più presto potriti. Ala parte de Fioravante, havemo inteso quanto ne scriviti, avisandove
che luy se retrova qua de presente, et havendoli facto opponere tante soe insolentie,
confutando, molto se grava, molto se grava luy de voi e dice che gli siti andato a casa
per saccomanarlo, rotoli le case, ligatili li fameglii e voluto impichare la sua femena et
multa alia, deli quale credemo perhò quanto ne pare. Pur nondimeno seremo molto
contenti che iterato ne avisati clare et distincte como passò el facto, et anche,
parendove, fatine scrivere da quelli zentilhomini che gle erano presente per più
evidentia. Preterea ha dicto molto più dicto Fioravante che gli haviti dicto traditore et
altre tante et tale generatione de vilanie, che non se potria dire né scrivere; sichè
vogliati tanto giarirne la cosa che’l non possa opponerli. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
264
Francesco Sforza ordina al referendario di Pavia di far avere, per assecondare sua moglie e sua
suocera, a Bartolomeo della Croce beni mobili (lino, bestiame e altro), già di Giaocomino Garzo
delle Gerole, per il valore di lire 125.
(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).
68r Referendario Papie.
A contemplatione dela illustrissima madona Biancha, nostra consorte, e dela magnifica
madona Agnesa, quali ne hanno recomandato Bartholomeo dela Croce e pregatone
che gli vogliamo compiacere de donare a dicto Bartholomeo una parte delli beni de
quondam Iacomino Garzo dele Gerole, quali spectano ala Camera nostra, siamo
contenti et voilmo che al prelibato Bartholomeo faciati dare et assignare ad esso tanti
deli beni (a) mobili foreno d’esso Iacomino tra lino, bestiame et altre cose che
ascendano al valore de cento vinticinque libre, cioè 125 lire de imperiali, et hoc sine
aliqua exceptione. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) Segue dele depennato.
265
Francesco Sforza comanda a Bertolucio di Gubbio, commissario sopra gli alloggiamenti
nell’Oltrepo, di non dare alcuna noia agli uomini di Stradella per le dieci cavalle assegnateli.
(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).
Ser Bartholutio de Eugubio, commissario supra allogiamentis ultra Padum.
Volimo che ali homini dela Stradella non debii dare molestia nè impazo alcuno per
casone della taxa delle deci cavalle che te havevamo assignata per lo vivere tuo; et in
questo non fare exceptione alcuna. Data apud Gaydum, die xxviiii septembris 1453.
Nicolaus.
Iohannes.
266
Francesco Sforza dispone che i membri del Capitolo della chiesa di Pavia eseguano quello che
nella missiva dice d’aver scritto ad Antonello de Campagna, e cioè, di consegnare l’inventario di
tutto quanto spetta al locale vescovato all’economo designato dall’abbate di Rivalta e a quello
indicato da loro, in modo che entrambi siano al governo del vescovato finchè detto abbate sarà
fatto vescovo, com’egli ha richiesto al papa. Vuole che l’economo, “che lui deputerà”, possa
disporre secondo la volontà dell’abbate, futuro vescovo, e tutti gli ufficiali stiano ai loro posti, così
come Agostino de Conago deve mantenere la podestaria di Stradella.
In simile forma si è scritto ad Antonello de Campagna.
(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).
Venerabilibus religiosis dominis de Capitulo ecclesie Papiensis.
Scrivemo ad Antonello de Campagna che’l consegni lo inventario et ogni cosa che
specta ad quello vescovato in Ie mane del’iconomo, qual deputarà el reverendo domino
abbate de Rivalta et quello haveti deputato vuy, Ii quali stiano ambiduy iconomi al
governo del dicto episcopato finché’l prefato domino l’abbate sarà promoso al dicto
vescovato como desideramo, et per luy havemo supplicato ad la Santità del nostro
Signore. Et esso iconomo, che Iuy deputarà, ne possi disponere et fare secundo la
voluntà del prefato domino l’abbate - futuro episcopo, denique che tuti Ii officiali posti
per voy stiano firmi, ma che Augustino de Conago resti ala potestaria dela Stradella;
sichè vogliati retrovarve insieme et dare ordine et forma ad tute queste cose che se
exequiscano secundo la ordinatione predicta. Data ut supra.
Cristoforus de Cambiago.
In simili forma scriptum fuit Antonello de Campanea.
Cichus.
267
Francesco Sforza assicura il condottiero Moretto di Sannazzaro di non aver avuto alcuna
intenzione di dargli “alcun mancamento” circa “quelli dinari de Tercha” che gli aveva assegnato
delle tasse, anzi ordinò che egli fosse pienamente soddisfatto. Le lettere, cui Moretto allude,
furono motivate dalla necessità di sostituire Battista del Borgo, che attendeva “pigramente” alla
esazione delle tasse del Novarese, con Carlo Cipella, anche se poi entrambi ne furono
incaricati.
(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).
68v Spectabili et strenuo militi domino Moreto de Sancto Nazario, armorum, et cetera.
Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso quanto ne scrivete circa’l facto de quelli
dinari de Tercha, quali ve assignassemo delle taxe, et cetera. Dicemo che nostra
intentione è de tractarvi bene per Ii meriti vostri et la fede che ce portate, et che non
supportate danno alcuno, anzi habiati integramente Ii vostri dinari. Et aciò non crediate
che quelle nostre lettere siano passate per darvi alcuno mancamento, ve avisamo che
fuoreno scritte perchè levassemo l’exactione de quelli dinari dele taxe del Novarese ad
domino Baptista del Borgo, perché Ii attendeva molto pigramente, et comettessemo
questa impresa ad Carlo Cipello che Ii attendesse con più sollicitudine, benchè dopoi
l’havemo deputati ambidui: donde nuy gli scrivemo opportunamente per le allegate et
comandiamo expressamente che ve faciano satisfare dali dicti homini de Tercha delli
vostri delIa dicta vostra assignatione per ogni modo, et così sollicitareti de haverli. Sichè
stati de bona voglia, perchè la dispositione nostra verso vuy è de farve bene, et non
altramente. Data ut supra.
Cristoforus de Cambiago.
Cichus.
268
Francesco Sforza impone al referendario di Lodi di far presto avere al suo provisionato Giorgio
Schiavo, o a un suo messo, tre some di frumento.
1453 settembre 20, “apud Gaydum”.
Referendario Laude.
Volimo che ad Georgio Schiavo, nostro provisionato, o a qualunque suo messo
presente portatore, faciati dare some tre de frumento, senza exceptione alcuna; et
fatelo expedire presto. Data apud Gaydum, die xx septembris 1453.
Marcus.
Cichus.
269
Francesco Sforza avverte Bartolomeo da Gubbio che transiteranno per il Pavese di là dal Po, il
Colleoni e le altre genti d’arme che fa andare da lui da Alessandria. Occorre che s’intenda con
Colleoni per la sistemazione sua e degli altri con il minor inconveniente possibile per i residenti.
1453 settembre 20, “apud Gaydum”.
69r Ser Bartholutio de Eugubio.
Perché el magnifico Bartholomeo Coleono et quelle altre nostre gente, quale facemo
venire de presente da Alexandria qua, hanno ad fare transito per el Pavese delà da Po,
volimo che tu te retrovi col prefato Bartholomeo et ad Iuy et sue gente et altre che
passeranno per Iì provedi de allozamenti per quelli luoghi, terre et ville che parirà più
commodo et necessario, per modo stiano bene et con mancho damno et desconzo de
quelli nostri homini che se poterà. Data apud Gaydum, die xx septembris 1453.
Cristoforus de Cambiago.
Iohannes.
270
Francesco Sforza ordina a Francesco Giorgio, commissario sopra gli alloggiamenti dei cavalli
nel Pavese, di trovarsi con re Renato che passerà per la campagna pavese nell’andare da lui da
Alessandria con le genti sue e quelle sforzesche, cui provvederà di opportuni alloggiamenti
intendendosi con Angelo Acciaioli e Angelo Simonetta, oltre che con Americo da Sanseverino,
che manda incontro al re.
(1453 settembre 20, “apud Gaydum”).
Francisco Georgio, commissario super allogiamentis equorum in Papiensi.
Perché la serenissima mayestà del re Renato ha ad fare transito per quella campagna
de Pavia al venire in qua con Ie sue et nostre gente, quale venghono de Alexandrina,
volimo che tu te retrovi cum la prelibata mayestà et ad quella et sue gente et nostre
predicte provedi de allozamenti per quelli luoghi, terre et ville che te parirà più comodo
et necessario, per modo stiano bene et con mancho damno et disconzo de quelli nostri
homini che se pò, intendendote col magnifico Americho de Sancto Severino, quali
mandiamo incontra al prelibato Re, et con meser Angelo Azayolo et Angelo Simoneta.
Data ut supra.
Christoforus de Cambiago.
Iohannes.
271
Francesco Sforza comunica al luogotenente di Lodi che, siccome si è addivenuti a un accordo
con il marchese del Monferrato, suo fratello Guglielmo e lui, duca, le truppe che erano da quella
parte si spostano con re Renato e il Colleoni per unirsi a lui,duca, transitando per il Lodigiano.
Gli ordina, perciò, di sollecitare i cittadini che “afictano el vendemiare e recolire li loro fruti e
reducere el bestiame” per non averne danno.
In simile forma con le dovute variazioni si è scritto a:podestà di Castelnuovo Bocca D’Adda,
Comune e uominini di Corno Giovine, Castellano di San Colombano, Comune e uomini di
Cornovecchio, Comune e uomini di Ospitaletto, Commissario ducale di Castione, Podestà e
deputati di Maleo Magno, Onofrio di Bevilacqua, conte di Maccastorna, nonchè uomini del luogo,
Podestà di Casalpusterlengo, Commissario di Pizzighettone, Ser Giacomo.
1453 settembre 20, “apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
Perché siando seguito lo accordio dal marchexe de Monferrato e signore Guiglielmo e
nuy, la mayestà del re Renato, el magnifico Bartholomeo Colione con tute Ie gente che
erano a quella impresa de presente vengono in qua per unirse con nuy et haverano far
transito per quello nostro paese de Lodesana, volimo che vuy avisati quelli nostri
citadini che afictano el vendemiare e ricolire Ii loro fruti e reducere el bestiame, acioché
dai saccomani non recevano damno, facendo perhò bona compagnia ale dicte gente
nel transito, perchè anche esse la faranno a loro, como hanno in comandamento dala
prefata mayestà del Re. Data ut supra.
Ser Iacobus.
In simili forma scriptum fuit infrascriptis, mutatis mutandis, videlicet
potestati Castrinovi Buce Abdue.
69v comuni et hominibus Cornu Iuvenis,
castellano Sancti Columbani,
comuni et hominibus Cornu Veteris,
comuni et hominibus Hospitaleti,
commissario nostro Castioni,
potestati et deputatis terre nostre Malei Magni,
Honofrio de Bivelaquie comiti Machesturne,
necnon hominibus ibi,
potestati Casalis Pusterlenghorum
comissario Pizleonis.
Ser Iacobus.
Signata Cichus.
272
Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che in seguito all’accordo raggiunto, grazie alla
mediazione di re Renato, con i fratelli signori del Monferrato, il re si sposta da là con tutte le
genti d’arme per portarsi dove lui, duca, si trova. Si tenga pronto con uomini, carriaggi e ogni
cosa e lo stesso avviso trasmetta a Scipione, ad Andrea de Landriano e a Guglielmo de Rosano
perchè, quando il re passerà a Pizzighettone di qua dall’Adda, anche lui, Corrado, e gli altri
passino con detto sovrano.
In simile forma si è scritto agli squadreri Andrea de Landiano, Guglielmo de Bassano, al milite e
squadrero Scipione de Burgo e agli armigeri della squadra.
(1453 settembre 20, “apud Gaydum”).
Magnifico Conrado de Foliano.
Como hay inteso novamente, è seguito lo accordio fra nuy et li signori de Monferrato
per mezanitade dela mayestà del re Renato, unde nuy facemo venire de presente de
qua la prefata mayestà con tute quelle nostre gente sonno aI’impresa deIlà; pertanto
volimo che tu faci stare tucti Ii tuoi in puncto et apparechiato con li cariagii et ogni cosa
loro. Havuta questa, così scriveray ad domino Sipione et ad Andrea de Landriano et
Gullielmo de Rosano, ali quali scrivemo anche nuy per Ie alligate, che staghino in
ordine et apparachiati. Et staray advisato, perchè la prefata mayestà deve passare ad
Pizghitone de qua de Adda, che quello dì passarà la prefata mayestà, passino anchora
li tuoi et quelle doe squadre da Melzo; et de questo non aspecta altro da nuy. Data ut
supra.
Zanetus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit infrascriptis, videlicet:
Andree de Landriano et Guiglielmo de Bassano, squadreriis, et domino Scipioni de
Burgo, militi et squadrerio, ac ceteris armigeris de dicta squadra.
273
Furono fatte lettere credenziali ad Albertino da Cividale per Angelo Acciaioli e Angelo Simonetta
perchè detto Angelo provveda con i portuali al transito di Bartolomeo Colleoni e delle altre genti
già nelle parti di Alessandria.
(1453) settembre 20, (“apud Gaydum”).
Die xx septembris.
Facte fuerunt littere credentiales Albertino de Cividali in personam domini Angeli
Azayoli et Angeli Simonete, et quod ipse Angelus debeat providere cum portuariis de
transitu magnifici Bartholomei Coleoni et aliarum gentium in partibus Alexandrie
existentium.
Ser Iacobus.
Iohannes.
274
Francesco Sforza scrive ad Angelo Acciaioli e ad Ad Angelo Simonetta perchè intervengano
presso il re per la liberazione di maestro Dunino che, a differenza dei nobili Raffaele Adorno e
compagni, fatti prigionieri dal re, è uno di umili origini, ma è parente di Pietro di Val di Taro che
tanto valse per il duca. Oltre a ciò, raccomanda ad Acciaioli e a Simonetta di perorare “boni
trattamenti” per Raffaele e compagni.
(1453 settembre 20, “apud Gaydum”.)
70r Domino Angelo Azayolo et Angelo Simonete.
Perchè tra quelli generosi, zoè domino Rafaello Adorno et li compagni, quali foreno
presi per quelli delIa mayestà del Re, gli è uno maystro Dunino de Val de Tarro, quale
non è persona de tale auctorità nì condictione del qual sia da far stima, et perchè luy è
delli parenti de quondam maystro Piero de Val de Tarro, quale quanto fosse nostro tu,
Angelo, el say. Perhò vogliati operare con la prefata mayestà del Re che sia lassato
andare per li facti suoy, et che dicto domino Raphaello et li altri compagni li
recomandiati ala prefata mayestà che gli siano facti boni tractamenti, perché da molti
ne sonno stati recomandati. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
275
Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a voler rimborsare Giacometto da Vailate e
i suoi uomini delle spese ch’essi furono costretti più volte a fare per ottenere lo stentato
pagamento dei denari loro spettanti.
(1453 settembre 20, “apud Gaydum”.)
Magnifice domine Luchine de Verme.
L'homini dela squadra de Iacometto da Vaylate, et così esso Iacometto, ne hanno facto
grande lamenta che hanno pur stentato asay a dovere conseguire li dinari delle taxe
soe et che stentano anchora tuctavia, perchè, havendo mandato spesse volte inante et
indreto soi messi per sollicitare la executione delli dicti dinari, dove hanno facto de
molte spese, per la vostra magnificentia non gli fi provisto che gli siano pagate dicte (a)
spese. Et perché a nuy pare mancho cha honesto che non gli sia provisto deIe dicte
spese, perché altramente seria più el damno che l’utile, confortiamo et caricamo essa
vostra magnificentia voglia provedere che per Ie dicte spese siano contentati Ii dicti
homini d’arme, como ne pare ragionevele, adciò che non venghono ad havere più
spesa che non habiano havuta l’intrata. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) Segue tasse depennato.
276
Francesco Sforza comanda a Bartolomeo da Gubbio di intervenire nel caso che donna Luchina
persistesse nel rifiuto di pagare le spese sostenute da Giacometto e dagli uomini di Vailate per
ottenere i denari delle loro tasse.
(1453 settembre 20, “apud Gaydum”.)
Ser Bartholutio de Eugubio.
Se dogliono molto li homini d’arme dela squadra de Iacometto da Vaylà et esso
Iacometto perchè non gli siano pagate Ie spese quale hanno patito in rescodere li dinari
deIe taxe soe delIa magnifica madona Luchina; nel che a nuy pare habiano raxone,
perché altramente venerano havere consumati dicti dinari dele taxe pur in Ie dicte
spexe. Per la qual cosa siamo contenti et volimo che, non essendoli provisto delle dicte
spexe per la prefata magnifica Luchina, tu gli provedi in forma che remangano contenti
et non habiano ad lamentarse più. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
277
Francesco Sforza risponde alla moglie di aver ricevuto la lettera con cui gli comunica di essersi
portata a Pavia con i membri del Consiglio e con altri cittadini milanesi per ricevere re Renato.
È in attesa di sapere come sono andate le cose. Ha pure avuto la lettera con l’inserto del
marchese di Monferrato che le chiedeva un salvacondotto per Marco Recaneto.
Risponda, come crede, al marchese.
1453 settembre 21, “apud Gaydum”.
70v Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Havemo recevuto doe littere dela signoria vostra, l'una facta ad Milano, per la quaIe ne
scrive del'andata soa ad Pavia per recevere la mayestà del re Renato et de quelli del
Conseglio et altri nostri citadini de Milano la signoria vostra ha menato con sì, et delle
altre provisione ha facto per recevere la mayestà del re Renato dignamente secondo il
parere d’essi nostri del Conseglio, et cetera; ad che non dicemo altro, se non che la
signoria vostra ha facto ad nostro modo, como haverà veduto per nostre littere, ala qual
aspectamo essere avisati delle cose como seranno passate. L'altra, facta ad Pavia, con
la inclusa del marchexe de Monferrato, per la quale domandava ala signoria vostra
salvoconducto per quello Marcho Recaneto, quale gli mandiamo alligato, porà mò la
signoria vostra respondergli como gli parerà. Data apud Gaydum, die xxi septembris
1453.
Zanetus.
Cichus.
278
Francesco Sforza vuole che il referendario di Pavia e Gracino da Pescarolo facciano avere a
Tommaso Azone tutto il quantitativo di biada che lui, in base ai suoi ordini, domanderà.
(1453 settembre 21, “apud Gaydum”).
Referendario Papie et Gracino de Piscarolo.
Havemo concesso ad Thomaso Azone che ne debia comprare certa quantità de biave
per li nostri cavalli; et perché farà capo da vuy, vogliamo gli dagati tucti quelli aiuti et
favore ve domandarà, perché possa trovare tucta quella quantità de biava che’l ha in
comissione da nuy. Data ut supra.
Marcus.
Iohannes.
279
Francesco Sforza comanda al castellano di San Colombano di essere vigilante e di fare
soprattutto la guardia dì e notte “el secorso de direto sottoterra”. perchè è informato di un certo
accordo di prendere quella rocca. Faccia anche stoppare Beccadie.
(1453 settembre 21, “apud Gaydum”).
Castellano Sancti Columbani.
Semo avisati da persone digne de fede che se fa certo tractato a quella nostra rocha de
furarla, o per via de tractato con scalarla o per altra via; pertanto volimo che staghi
attento et vigile, et fati bona guardia dì e nocte, et maxime del secorso de direto sotto
terra, et la guardia de Mirado fino ala terra de mezo facta a Bechadie, quale Beccadie,
volimo faci stopare. Et fa’ che faci così facta guardia che se veruno venerà per furare
quella forteza, non gli possa reusire el pensiero et non te ne possa seguire
mancamento nè inconveniente alcuno. Data ut supra.
Marcus.
Iohannes.
280
Francesco Sforza vuole che il referendario di Pavia e Gracino da Pescarolo trovino
un’abitazione “idonea et comoda” a Pavia per suo fratello Mansueto, abbate di San Lorenzo,
che si porta lì per studi. Egli ha a Cremona una bella abitazione, attualmente è deposito del
pane, che gli consentirebbe di prenderne a Pavia “una bella a pixone”.
1453 settembre 20, “apud Gaydum”.
71r Referendario Papie et Gracino de Piscarolo.
Lo reverendo domino frate Mansueto, abbate de San Lorenzo, nostro fratello, ha
deliberato venire Iì a fare residentia per studiare, ad lo quale è necessario havere
stantia lì idonea et comoda, (a) como doveti sapere. Sichè volemo debiati vedere de
meterlo in una de quelle nostre case da uno canto e como meglio ve parerà, sichè
comodamente lì possa stare; e tanto più quanto nuy gli tenemo occupata in Cremona
una soa grande et bella per la munitione nostra del pane, dala quale ne cavaria tanto
che’l ne poria tore una bela a pixone in quella nostra cità e molto piu: sichè non seria
ragionevole (b) che, occupandoli nuy la soa in Cremona e venendo luy lì per dicta
casone, recevesse nè incomodo nè damno. Data (c) apud Gaydum, die xx septembris
1453.
Ser Alexander.
Cichus.
(a) Segue aciò depennato.
(b) In A ragionenevole.
(c) Segue ut depennato.
281
Francesco Sforza vuole che il luogotenente di Lodi non insista oltre con Gaspare da Suessa per
rilasciare le donne per la libertà di suo figlio, mentre lui ritiene più decoroso che lo scambio
avvenga con i prigionieri di Crema. Lo lasci fare a suo modo. Non ritiene “laudabile” fargli
richiedere di essere rimosso da quella guardia, perchè lui, duca, ha un’ottima opinione di lui.
Assicura il luogotenente che se i mugnai, che hanno rifiutato il suo ordine di cambiare il miglio, si
portassero a lamentarsi da lui, egli avrebbe pronta la riposta da dar loro.
1453 settembre 21, “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Havemo recevute doe vostre lettere, l'una de 17, l'altra de 19 del presente, aIe quale,
respondend, et primo, ala parte de Gasparro da Suessa, il quale non se contenta
lassare Ie femene per cambio del fiolo e de quelli foreno presi con sì, alegando ch’el gli
serebbe vergogna, ma che bene è contento lassarle in cambio deli fanti foreno presi
per Ii vilani da Crema, dicemo che a nuy pare, né volemo che vuy agravate più dicto
Gasparo a relaxare dicte femene, perchè se habia cagione de alterare più, anzi
lassatelo fare a suo modo circa ciò, perché ad ogni modo nuy faremo relaxare suo fiolo
honorevelmente; e così gli facite dire. Ala parte de haverli facto persuadere con bono
modo a domandare luy medesmo d'essere remosto da quella guardia, dicemo che a
nuy non è parso ben laudabile, nè volimo che vuy gli ne faciati dire altre parole, per non
monstrare che nuy se diffidamo de luy, unde nuy havemo bonissima opinione de luy.
Ala parte de quelli Molinari, quali non hanno servati l'ordine e comandamento vostro per
cambiare lo milio, dicemo che se venerano a noy per lamentarse de ciò, gli faremo
conveniente respuosta. Data in castris felicibus apud Gaydum, die xxi septembris 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
282
Francesco Sforza ordina a Morello da Parma di far sì che Vidale da Lodi, daziero del transito del
Lodigiano, abbia il credito che lui vanta da Giovanni di Scalsi per la condanna avuta per aver
contraffatto detto dazio, come potrà anche intendere dal referendario di Lodi.
1453 settembre 18, “apud Gaydum”.
71v Domino Morello de Parma.
Simone Vidale da Lode, daciero del traverso de Lodesana, ne dice dovere havere certa
quantità de dinari da Iohanne di Scalsi de quella nostra terra per certa condemnatione a
luy debitamente facta, perchè haveva contrafacto el dicto dacio, como dal dicto Simone
intenderiti, et porreti informarvi dal referendario nostro de Lode. Pertanto ve comettiamo
et volimo debiati astringere el dicto Iohanne, havuta de ciò bona informatione, ad
satisfare il dicto Simone, et gli fati raxone summaria et expedita. Apud Gaydum, die xviii
septembris 1453.
Zanetus.
Angelus auditor.
283
Francesco Sforza ordina al referendario di Lodi di sentire sia Simone Vidale, daziere del dazio di
transito di quella città, che Luigi Tincto e constatato che costui “de (sua) voluntà et
consentimento” assunse detto dazio con Simone, lo costringa a contribuire per la quota
spettantegli al pagamento di detto dazio. Induca pure al pagamento coloro che risultano essere
debitori di Simone per ragione di detto dazio.
(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).
Referendario Laude.
Simone Vidale, de quella nostra cità daciero del dacio del traverso, è stato qui da nuy et
ne ha dicto, gravandose che luy tolse el dicto dacio ad compagnia con Aluyse Tincto
d’essa nostra cità de voluntà et consentimento del dicto Aluyse; et che esso Aluyse,
veduto ch’el dicto dacio perde, ha recusato et recusa volere pagare la parte soa d’esso
dacio. Pertanto volemo che vuy debiati intendere l'uno et l'altro, et trovando ch’el dicto
Simone tolese el dicto dacio ad compagnia con lo dicto Aluyse de sua voluntà et
consentimento, lo astringati ad contribuire per la parte a luy contingente al pagamento
d'esso dacio, como ne pare debito et rasonevele. Et in questo fati raxone non
guardando più al'uno como al'altro, constringendo similiter alcuni debitori, quali dicto
Simone dice havere per cagione de dicto dacio, como da luy intendereti, adciò luy
possa pagare el dacio nostro. Data ut supra.
Zanetus.
Angelus auditor.
284
Francesco Sforza informa il fratello Corrado da Fogliano che è giunto il momento in cui i suoi
uomini con carriaggi e tutte le cose loro passino di qua dall’Adda. Comandi ad Andrea da
Landriano, a Scipione e a Guglielmo da Rossano che facciano esattamente quanto ha ordinato
a lui e si portino tutti insieme sulla via di Pizzighettone in direzione di Cremona per raggiungere il
duca. Si faccia precedere da un suo uomo, cui lui, duca, segnalerà l’itinerario che devono
tenere.
1453 settembre 22, “apud Gaydum”.
72r Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.
Per una nostra data ali xx del presente, te scrivessemo che facesti stare aparechiati et
in poncto tuti li toi con li loro cariagii e cose, siché passando de qua da Adda a
Pizguitone la mayestà del Re in quello dì proprio li toi passassero insieme con la
prefata mayestà e così quelle due squadre da Melzo, Andrea da Landriano, domino
Scipione et Guiglielmo da Rossano con tuti li loro. Mò per questa te dicemo e volemo
che, subito recevuta questa nostra, faci armare tucti li toy che non ne remanga uno al
mondo con tuti li cariagii et ogni cosa loro, et che vegnano passare de qua de Adda per
la via de Pizguitone, et vegnano verso Cremona, et che tu mandi uno deli toy inanti da
nuy per intendere et sapere chiaramente la via che volemo che facino. Et queste tute
cose volemo che exequischi senza aspectare altra nostra lettera, et advisa per toe
lettere quelle altre nostre gente che sonno a Melzo, cioè Andrea da Landriano, domino
Scipione e Guiglielmo da Rosano, che simelmente vengono via con tuti Ii soi, che non
ne remanga uno minino, et con tuti Ii cariagii e cose loro. E inténdete con loro per modo
che Ii toy e loro vengono via tuti quanti insieme, ad Ii quali anchora nuy scrivemo per
queste nostre alligate simelmente, siché mandaragli dicte lettere con Ie toe, ordinando
che tanto Ii toy quanto quelle altre nostre gente da Melzo vengano tuti quanti insieme.
Data apud Gaydum, die xxii septembris 1453.
Alexander.
Iohannes.
285
Francesco Sforza ingiunge ad Angelo Simonetta di far avere, posponendo ogni altro pagamento,
a Bartolomeo Colleoni il resto di quanto ancora gli è dovuto in modo che non sia costretto,
com’egli afferma, a “lassare dereto homini d’arme xl deli soi”. Altrettanto faccia con gli altri in
modo che tutti si portino dov’è il duca. Solleciti re Renato ad avviarsi celermente verso lui e
prema con Bonifacio che si porti dal duca con il maggior numero possibile di gente di Guglielmo
Ad Angelo affida il compito di pungolare tutti perchè si muovano con la massima premura.
(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).
Angelo Simonete.
Tu haveray veduto quanto havemo scripto al Consiglio, aIi Maystri del'intrate, et ad te
per lo spazo del magnifico Bartholomeo Coglione; et perchè esso magnifico
Bartholomeo de presenti ne manda a dire che, non havendo luy el resto del spazo suo,
gli bisognarà lassare dereto homini d’arme XL deIi soi, benchè non possimo credere
che ala havuta de questa non gli habbi preso partito, pertanto de novo te dicemo,
stringemo et caricamo quanto più possimo che, havuta questa, postponendo ogni altro
dinaro et ogni altro pagamento fosse da fare, debbi provedere che d'ogni dinaro
Bartholomeo habia subito il resto del spazamento suo per modo possa condure tuti Ii
soi dal canto de qua. Così provede che Ii altri siano spazati, pagati delle assignatione
loro, usando in ciò 72v ogni diligentia et tuti quelli modi et vie te parerano, per modo
possano venire del canto de qua con tuti Ii soy. Et non habiano ad induciare o ad
lassare dreto la mitade de loro, che non fariano puncto el bisogno nostro. Così vogli
sollicitare con quelli boni modi te parerano la mayestà del Re che acconzi et ordine Iì Ie
soe gente, et se advii in qua ala più presto sia possibile, sollicitando con ogni diligentia
ch'el signore Bonifatio vegna via subito et senza longeza alcuna de tempo, et meni piu
gente de quelle del signore Guiglielmo sia possibile. Angelo, tu intendi quanto importi et
sia necessario el fare presto per lo pocho tempo che resta, sichè, per Dio, opera ogni
tuo ingegnio, cura et sollicitudine che possano venire qua subito, maxime che senza
alcuna demora el signore Bonifatio vegna dala mayestà del Re con Ie gente del signore
Guiglielmo. Data ut supra.
Zanetus.
Iohannes.
286
Francesco Sforza vuole che il referendario di Lodi e il tesoriere trovino il modo di dare sulle
entrate della città tre moggia di frumento al provisionato Colla da Rovato, sbrigandolo in fretta in
modo che torni subito in campo.
(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).
Referendario Laude et thexaurario, nostris dilectis.
Volimo che sopra I'intrate de quella nostra cità troviati moza tre de frumento et lo dagati
a Colla da Roviato, nostro provisionato; et lo spazati presto, acioché se ne possa
retornare in campo a fare li facti nostri. Data ut supra.
Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.
Marcus.
Iohannes.
287
Francesco Sforza, siccome i nemici hanno revocato tutti i salvacondotti concessi nel Bresciano,
ordina a suo fratello Corrado che pur lasciando i salvacondotti da lui concessi per volontà
ducale, revochi tutti gli altri da Corrado concessi a particolari persone.
s.d.
Magnifico Conrado, fratri nostro.
Aciò tu sii avisato l’inimici hanno revocato tuti Ii salvaconducti concessi qui in Bressana,
et essendo così non ne pare che li soy debiano essere in megliore condictione che li
nostri. Intendendo, aduncha, che tu hay concessi certi salviconducti a particulare
persone de Cremasca, volemo che, lassando fermo el salvonconducto per ti concesso
de volontà nostra, generalmente, in quelle parte, debii revocare tutti li altri per te
concessi a particulare persone et de tale….. (a)
(a) Così s’interrompe la missiva mancando la carta successiva.
288
Francesco Sforza concede ai familiari ducali Ludovico da Bologna e ad Antonio da Fabriano
“plena et libera licentia” di intervenire realmente e personalmente contro gli uomini delle terre di
Pietro da Lonate e consorti restii a pagare quanto dovuto per i cavalli e il carriaggio, attesa
anche la noncuranza di Pietro a indurli all’assolvimento del loro obbligo.
(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).
74r Lodovicho de Bononia et Antonio de Fabriano, familiaribus nostris dilectis.
Perché intendemo che I’homini delle terre de Petro da Lonà et delli soy consorti sonno
molto renitenti a pagare el debito loro sì delli cavalli como del carezo, et etiam ch’el
dicto Petro con Ii dicti soy consorti pocho se curano astringerli ad pagare dicto debito,
volemo, et per questa nostra presente lettera ve concediamo plena et libera licentia che
debiati procedere contra li dicti homini realmente et personalmente et per qualunque
megliore modo et via a vuy parerà più expediente, sichè essi homini pagano el debito
loro. Et circa ciò usaretegli ogni diligentia et solicitudine dal canto vostro, in modo che
questa nostra intentione e voluntà sia mandata ad executione con ogni presteza e
celerità, facendo in modo che de questo non ve habiamo piu replicare. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
289
Francesco Sforza avvisa Pietro da Lonate della licenza data a Ludovico da Bologna e ad
Antonio da Fabriano di costringere gli uomini delle terre sue e dei suoi consorti al pagamento
delle tasse dei cavalli e del carriaggio.
Lo sollecita a prestare a detti suoi familiari ogni aiuto per l’assolvimento del loro compito.
(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).
Petro de Lonate.
Perché intendemo che Ii homini deIe terre toe et delli toy consorti sonno molto renitenti
et non vogliono satisfare al debito loro delle taxe delli cavalli et del carezo, et pare che
anchora te, con Ii dicti toy consorti, pigliate pocha cura de astringerli a satisfare al dicto
loro debito, te avisamo como nuy havemo scripto et dato plena et libera licentia a
Ludovicho da Bologna et ad Antonio da Fabriano, nostri fameglii, che debiano
procedere contra dicti homini realmente et personalmente et per qualunque megliore
modo et via parerà a loro più expediente, sichè gli venga voglia fare el debito loro, el
che n’è bisognato far fare ad altri, poyché te né Ii dicti toy consorti haveti voluto fare. Li
quali Lodovicho et Antonio lassareti fare ogni executione contra dicti homini vostri,
finché haverano satisfacto el debito loro, et non gli dariti molestia nè impedimento
alcuno; immo volimo che gli dagati ogni favore certificandove, quando faceste
altramente, ve faressemo intendere che ne havereste facto cosa molesta, et che ne
seria rencresciuta. Data ut supra.
Leonardus
Iohannes.
290
Francesco Sforza scrive ad Antonio da Fabriano di attenersi ai modi segnalati nella lettera
cumulativamente inviata a lui e a Ludovico da Bologna per la realizzazione del compito loro dato
contro gli uomini delle terre di Pietro da Lonate. L’assicura che, se donna Luchina gli scriverà
per i due uomini di Pizcorno, non tralascerà di risponderle.
(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).
74v Antonio de Fabriano.
Havemo recevuto la toa lettera de dì xvi del presente et inteso quanto ne hay scripto;
ala quale non accade dire altro, perchè, como tu vederay per la lettera scrivemo
comunamente ad ti et ad Lodovicho da Bologna, ve advisamo a compimento delli modi
volemo habiati a servare contra li homini delle terre de Petro da Lunà et delli soi
consorti, sichè vedereti de exequire quanto per quella ve havemo scripto, et intenderve
bene insieme, in modo che costringate Ii dicti homini a fare el debito loro con ogni
celeritate possibile. Ala parte de quelli duy homini de Pizcorno, se madona Luchina ne
scriverà cosa alcuna, gle risponderemo quello ne parerà; sichè attendi pure a fare
quello hay ad fare. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
291
Francesco Sforza informa il luogotenente di Lodi di aver concesso a Bartolomeo da Robbiate,
conestabile dei balestieri del revellino, una dilazione di due mesi per il pagamento del bestiame
tolto a quei di Pandino. Durante tale periodo non vuole che gli siano date noie.
1453 settembre 23, “apud Gaydum”.
Locuntenenti Laude.
Perchè Bartholomeo da Robiate, conestabile delli balestrieri nel nostro revellino de
Lode, ne dice non essere potente al presente ad pagare questo bestiame tolto a quelli
da Pandino, è remasto in conventione con nuy che con termine pagarà dicto bestiame,
et pregatone gli faciamo qualche termine. Il perchè, volendolo torre per termino, gli
havemo assignati duy mesi, nel quale tempo ne ha promesso che pagarà dicto
bestiame, sichè fra il tempo predicto de duy mesi non gli fariti molestia né novità alcuna;
imo se alcuna ne fosse fatta, volemo gli la debbiate revocare.Data apud Gaydum, die
xxiii septembris 1453.
Bonifacius.
Iohannes.
292
Francesco Sforza, inteso da lui che inaspettatamente egli deve ancora ricevere circa 3000 lire
della sua prestanza, assicura il condottiero Moretto da Sannazzaro di aver scritto perchè presto
sia soddisfatto. Vuole, comunque, che tutti i suoi uomini si portino con le altre genti d’arme da
lui, duca, garantendoli che in ogni modo avranno i loro denari. Si compiace del suo
miglioramento, ma non gli fa premura per portarsi in campo.
1453 settembre 24, “apud Gaydum”.
Spectabili militi domino Moreto de Sancto Nazario, nostro armorum ductori.
Havemo recevuto la vostra lettera de dì xx del presente et inteso quanto ne scrivete
delle libre treamilia o circha che restate anchora ad havere delli dinari delIa vostra
prestanza, al che, respondendo, dicemo che molto se maravigliamo de questo, et
simelmente ne rencresce e dole grandemente, perché credevamo 75r fosti del tuto
expedito: per la qual cosa havemo scripto novamente in modo che siamo certi presto
havereti el spazamento vostro integramente. Sichè ve confortiamo, stringemo et
caricamo che vogliati ordinare e fare che tuti li vostri homini d’arme vengano de qua
insieme con l’altre nostre gente sonno del canto dellà, per modo che non gli resti
veruno, perchè ad ogni modo loro haveranno Ii dicti dinari; et nuy, venute che siano dal
canto de qua, provederemo altremente alIi altri nostri de dinari in modo che haverano a
restare contenti; sichè, como è dicto, curate ad ogni modo che dicti vostri homini d’arme
vengano via et che'l non ne resti veruno de drieto. Ne piace apresso el vostro
meglioramento, et como più presto serete in aptitudine a potere cavalcare, haveremo
caro vegnati qua da nuy, como ne advisati che fareti; ma non possendone vuy operare,
non ne curamo che durate desconzo per venire in campo. Data apud Gaydum, die xxiiii
septembris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
293
Francesco Sforza si compiace con Bolognino de Attendolis per la dignitosa accoglienza fatta a
Pavia e nel castello a re Renato e del regalo che lui, Bolognino, gli ha fatto
(1453 settembre 24, “apud Gaydum”).
Magnifico domino Bolognino de Attendolis.
Havemo recevuto la vostra lettera de dì xxi del presente, per la quale siamo avisati
del’honore solenne et grate acoglientie facte ala mayestà del re Renato in quella nostra
cità et delli modi servati per vuy, così dela dignità del cavalere cha ha dato la mayestà
soa, et del presente gli havete facto; ala quale, respondendo, ve dicemo che restamo
molto contenti dela liberalità havete monstrato ala mayestà soa de quello nostro
castello et del’honore et reverentia facta ala mayestà soa in quella nostra cità, et
havemo havuto molto più caro che se fosse stato facto ad la persona nostra. Data ut
supra.
Zanetus.
Iohannes.
294
Francesco Sforza prende atto con quanto buon animo il podestà, Gracino da Pescarolo, il
referendario e i presidenti agli affari di Pavia avrebbero gradito che a vescovo di quella città
fosse nominato suo fratello Gabriele. Li avverte che non devono imputare a malizia altrui il
ritardo della presentazione delle loro lettere, perchè queste, specie le prime due, furono
presentate tempestivamente. Per buoni motivi lui, duca, ha preferito l’abbate di Rivalta
Tortonese, e così Gabriele avrà ancora modo di studiare e farsi valente e atto a “maiore dignità.”
(1453 settembre 24, “apud Gaydum”).
Spectabilibus viris potestati domino Gracino de Piscarolo et Referendario militibus,
necnon presidentibus negociis comunitatis nostre Papie, dilectis nostris.
Havemo iterato recevuto lettere da vuy in comendatione de frate Gabriello, nostro
fratello, quale con molto desiderio haveresti voluto havessemo creato episcopo de
quella nostra cità, conoscendo voy expressamente che a tuto quello nostro populo
universalmente saria gratissimo così per le virtute et sanctimonia d’esso frate Gabriello,
como etiamdio 75v per altri digni respecti spirituali et temporali; ale qual, respondendo,
dicemo, como etiamdio per altre nostre ve scripsemo a questi proximi dì passati, che
havemo gratissimo tal vostro ricordo maxime cum laude de dicto nostro fratello, et
anche ve rengratiamo delo amore et carità verso luy; ma perché diciti le vostre lettere
non essere presentate in tempo et essere tenute in porto per propria fraude e malitia de
alcuni, li quali circaveno de proponere el parente e l’amico, ve avisamo che veramente
seti in errore, nè de questo doveti imputare alcuno, perchè le vostre lettere foreno pur
presentate in tempo, maxime le due prime. Ma per boni respecti et digne virtute
havemo ellecto lo abbate de Rivalta de Tertonese de bona e zentil casa, del qual siamo
certi la cità meritamente se contentarà. Poteriti aduncha dire et persuadere al prelibato
frate Gabrielo che attendi bene a studiare e farse valente, che quando sentiremo luy
essere bene docto lo promoveremo a maiore dignità. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Iohannes.
295
Francesco Sforza precisa a Bertoluccio che la disposizione ducale di non dare molestia agli
uomini di Stradella per la sua tassa gli è stata richiesta dal condottiero Fiasco, e gli scrisse cos’
perchè aveva inteso che era stato pagato da detti uomini fino alla data della lettera inviatagli.
1453 settembre 25, “apud Gaydum”.
Domino Bartholucio.
Intesa la lamenta ne fay per quello te havimo scripto che non debii dare impazo alcuno
al’homini dela Stratella per la tassa tua, respondendo te dicemo, havendone rechiesto
el spectabile Fiasco, nostro conductero, che non lassassemo dare impazo a dicti
homini, nuy li compiacessimo; et cossì te scripsimo, como hay veduto, intendendo che
dal dato d'essa littera indrieto tu fosti pagato da dicti homini et poy compartisti la parte
tocava ad essi homini fra li altri lochi. Apud Gaydum, xxv septembris 1453.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
296
Francesco Sforza scrive alla sorella Lisa che, essendo ora “pacificate ora le cose dellà”,
cessano i motivi di sospetto per i quali le aveva richiesta la garanzia da parte di Giampietro
Pietro da Rabozo prima di liberarlo.
(1453 settembre 25, “apud Gaydum”).
Magnifice sorori nostre carissime domine Lixe de Attendolis, et cetera.
Havemo recevuto Ie vostre lettere responsive aIe nostre circha la relaxatione de
Iohannepetro Petro (a) da Rabozo; ale qual respondendo dicemo che, cessando alcuni
respecti, per li quali già ve scrissemo, dovessevo tore segurtade da luy inanti che lo
relaxaseno, siamo mò contenti 76r et volemo per ogni modo che liberamente, senza
alcuna exceptione, el debiate relaxare non aspectando altre nostre lettere sopra ciò,
perché, siando mò pacificate Ie cose dellà et vivendose in pace, como se fa, cessa el
suspecto per lo quale rechiedevemo la segurtà.Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) Così in A.
297
Francesco Sforza scrive a Corrado e al luogotenente di Lodi di supporre che il nemico voglia
fare qualche azione là “non gli sentendo gente alcune”. Raccomanda, perciò, a loro grande e
incessante vigilanza fino a quando non avrà tutte le forze sforzesche in campo, perchè allora
impegnerà del tutto il nemico che dimenticherà le cose di là. A Corrado comanda di inviare ad
Angelo Simonetta le lettere che allega perchè, così, avrà i 300 ducati che aspetta.
In simile forma fu scritto a Morello pro custodia,
a Gaspare da Suessa pro custodia.
Furono mandate lettere a donna Lisa per la liberazione di Giovanni Pietro de Raboto.
1453 settembre 25, “apud Gaydum”.
Domino Corrado et locuntenenti Laude.
Perchè, como haveriti inteso per nostre dupplicate lettere, nuy revocamo tute quelle
nostre gente de là et Ie facimo venire qua in campo, forse l'inimici nostri per pigliare
reputatione tentarano de fare qualche novitade de là non gli sentendo gente alcune, ve
caricamo quanto più possimo a far fare die et nocte tale guardie che sinistro non possa
intervenire per alquanti dì, perchè poy, subito che tute Ie nostre gente serano de qua,
farimo tali progressi che gli farimo smenticare Ie cose de là. Ceterum tu, Conrade,
mandaray Ie aligate lettere ad Angelo Simoneta per Ii trecento ducati, el quale te gli
farà dare, et credimo mò l'haveria facto, se non fusse stata la sua absentia da Milano.
Apud Gaydum, die xxv septembris 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
In simili forma domino Morello pro custodia.
In simili forma Gaspari de Suessa pro custodia,
et misse fuerunt littere domine Lise pro liberatione Iohannis Petri de Raboto.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Iohannes.
298
Francesco Sforza comanda ad Antonio da Fabriano di trattare gli uomini renitenti a pagare la
tassa del carriaggio come si fa con i nemici e i ribelli. Quanto a Graziolo, che dice di non
muoversi fino a che non avrà il pagamento di quanto ancora gli è dovuto, spera che nel
frattempo si sia messo in marcia per raggiungerlo, ma se ciò non avesse fatto,, gli dica di levarsi
di lì, lasciando uno dei suoi a sollecitare il dovuto, perchè, lui, Antonio, lo accontenterà.
1453 settembre 25, “ex castris nostris felicibus apud Gaydum”.
Antonio de Fabriano.
Havimo recevuto la toa lettera de dì xviiii del presente et inteso quanto ne scrivi delIa
renitentia delli homini delle terre de molti de quelli gentilhomini, et maxime de quelli da
Lonate, quali non voleno pagare per niente el debito loro del carezo. Dicimo che per
molte altre nostre lettere a questi dì passati havemo scripto li modi se havevano a
tenire perchè dicti homini facesseno el debito loro. Unde mò, intentendo questa loro
renitentia, te commandiamo e volemo che debbi fare e far fare contra loro, como ad
inimici e rebelli nostri, per fin a tanto haverano facto el debito loro, et cossì è la totale
nostra intentione, dispositione e 76v volontà. Appresso tu ne scrive che Gratiolo dice
non poterse levare de Iì se prima non ha el suo spazamento del denaro che resta
havere, dicimo che nuy credimo serà partito de Iì anzi la recevuta de questa, et venuto
in qua cum quelle altre nostre gente erano dal canto de là; ma pur, se per caso luy
fosse restato Iì, volemo che gli debbi dire e confortare da nostra parte che omnino se
levi de Iì et venga cum tucti li suoy da cavallo et da pede de qua, como gli havemo
scripto, et como fanno dicte altre nostre gente, et che lassi pur uno delli suoy Iì a
solicitare, perchè lo expediray de quanto resta ad havere, et faray non altramente che
se gli fosse luy in persona. Ex nostris castris felicibus apud Gaydum, die xxv septembris
1453.
Leonardus.
Iohannes.
299
Francesco Sforza avverte Giovanni de Cristianis, castellano di Melegnano, dell’intenzione dei
nemici di fare loro dimostrazioni in occasione della venuta di re Renato e difatti ha saputo che
dal campo nemico sono partiti uomini a piede e a cavallo per portarsi dalle sue parti. Gli
raccomanda di non lasciare il castello e di fare continua guardia anche al borgo in modo che non
gli capiti alcun danno. Per sicurezza mandi uomini a Cassano, Melzo e Rossa per scoprire i
movimenti nemici. Avute tutte le sue truppe in campo, il duca farà tali progressi da togliere ai
nemici la volontà di fare simili cose.
In simile modo si è scritto a Morello di Parma, milite e commissario, Corrado da Fogliano e al
luogotenente di Lodi.
1453 settembre 26, “apud Gaydum”.
Iohanni de Christianis, castellano nostro Melegnani.
Volendose l’inimici per ogni modo havere a fare male li facti loro per la venuta dela
mayestà del re Renato con quelle altre gente tentarano fare qualche cosa per
acquistare reputatione, et così havemo havuto informatione che de presente se partì
dal loro campo una grande gente da pede et da cavallo per venire a fare una ponta lì.
Pertanto, aciochè non gli rius(c)a el pensiero, nè possano far danno alcuno, te
caricamo quanto più possemo a far fare bona guardia, non iusendo tu fora del castello,
e facendo fare dì e nocte tale provisione ***** guardie al borgo che sinistro non possa
intervenire; et così mandaray verso Casano e Melzo e Rossa a presentire Ii loro
movimenti, certificandote che, giuncte che sarano esse gente qua in campo con la
prefata mayestà del Re, faremo tali progressi che esse inimici se smenticaranno le cose
de là. Sichè in questo tempo attende a salvarte bene. Data apud Gaydum, die xxvi
septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit:
domino Morello de Parma militi et comissario et
Conrado de Foliano, germano nostro, et locuntenenti Laude.
300
Francesco Sforza raccomanda al fratello Corrado di curare la sua convalescenza, vivendo
allegramente e senza affanno per non poter essere in campo,
specie ora in occasione della venuta di re Renato.
(1453 settembre 26, “apud Gaydum”).
77r Magnifico Conrado, fratri nostro.
Nuy havemo per più vie inteso che, secundo el male tu hay havuto, adesso te retrovi a
stare asay bene et quasi libero et guarito, del che nuy ne havemo singulare piacere,
sperando che presto tu te reduray a perfecta salute, salvo se tu istesso non te fay male.
Et questo dicemo, perchè intendemo che da puoi è venuta in questa parte la mayestà
del re Renato, tu prendi affanno, perchè non sei bene libero adeo ch’el ti pare non
podere venire anchora tu con gli altri nostri contra li nostri inimici, el che sentemo te ha
facto nocimento asay et credemo che, perseverando in quello, te poderia senza fallo
fare grande male, che a nuy despiaceria e noceria molto. Et perché havemo nuy
desiderio cha tu guarischi liberamente et che non staghi per sempre infirmo, te
confortiamo ad attendere solamente a guarire et non havere altro pensiero nè affanno,
imo ad darti de bona voglia et vivere alegramente, perchè, dappuoy seray bene guarito,
poderay venire da nuy, et nuy poderemo recevere più servitio da ti, che se mò te volesti
affannare et remanesti poi per sempre infirmo. Sichè sforzate de vivere alegramente et
darti de bona voglia et attendere a guarire, che a nuy sarà più caro. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
301
Francesco Sforza scrive al medico Sebastiano de Bassinis, che ha in cura suo fratello Corrado,
d’essere contento per aver da lui inteso che Corrado sta meglio, ma che lo turba l’affanno che il
fratello ha di tornare presto in campo. Come gli ha suggerito, gli scrivere di vivere serenamente
e di attendere a rimettersi del tutto in salute.
(1453 settembre 26, “apud Gaydum”).
Egregio artium et medicine doctori domino Sebastiano de Bassinis, dilecto nostro.
Havemo recevuto la vostra lettera de dì xxiiii, per la quale ne scriveti del’essere et dela
conditione de Conrado, nostro fratello, et cetera; ala qual, respondendo, ve dicemo che
havemo avuto molto caro intendere per vostra lettera intendere (a) el stato suo, et ne
contentiamo ch’el staghi bene, et ne havemo piacere asay. Ma del suo affano et
fantasia ne prendemo senza fallo grande dispiacere, perché, como ne scriveti, gli poria
fare questo grande nocumento, ma confidiamose in la virtute vostra che gli attenderà
con tale diligentia che, quemadmodum lo ha cavato del maiore periculo, etiam lo caverà
de questo, et reduceralo ala pristina salute. Nuy gli scrivemo per l'aligata como vuy ne
ricordati, confortandolo a darse piacere et de bona voglia, perchè dappuoi serà ben
libero se poterà condurse con nuy ad queste imprese de qua, sichè per questa attenda
pure a guarire et ad darsi de bona voglia, como per quella vuy vederiti. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) Così in A.
302
Francesco Sforza esprime a Corrado da Fogliano la sua sorpresa per aver appreso da quanto
gli hanno scritto i soldati di Melzo che essi vogliono, prima di cavalcare, essere pagati, mentre
dovrebbero più degli altri essere diponibili in questo momento in cui crede di “fracassare” i
nemici. Sebbene abbia scritto ad altre truppe di mettersi subito in cammino e di passare l’Adda,
anche in assenza di re Renato, vuole che Corrado predisponga i suoi soldati e quelli di Melzo in
modo tale da potersi, al suo passaggio, affiancare il re.
1453 settembre 26, “In castris nostris apud Gaydum”.
77v Magnifico Conrado de Foliano.
Havemo recevuto la toa lettera con la inclusa lettera, quale te hanno scripto quelli nostri
soldati da Melzo, et inteso quanto tu et loro scriveti, dicemo che ne maravigliamo che Ii
tuoi soldati fazano difficultà nel cavalchare, como per Ie nostre havemo scripto, con dire
che vogliono dinari, et cetera, perchè loro doveriano essere più solliciti che Ii altri tuti,
maxime in questo tempo nel qual speramo fracassare Ii nostri inimici. Per la qual cosa
volemo che, recevuta questa, subito gli fazi mettere in ordine senza alcuna perditione
de tempo per venirsene via de tracta. Et non obstante che per l'altre nostre habiamo
scripto che venghono via subito et che passana de qua da Adda, etiam se la mayestà
del re Renato non havesse passato; ma volimo bene che metti tal ordine che dicti toy
soldati, et cossì quelIi nostri sonno a Melzo, ali quali scrivemo che stiano talmente in
puncto et apparechiati che, como (a) passarà il prefato serenissimo Re, loro anchora in
quelo dì medessimo possano passare. Et cerchi ciò metteli tale pensiero che non
segua veruno manchamento, avisandoti che a dicti soldati da Melzo scrivemo in simile
forma, sichè intenderaite cum loro et farali vegnire via insieme cum Ii dicti toy, acioché
possano tucti insieme passare Adda in quello proprio dì che paserà la mayestà del Re.
Data in castris nostris apud Gaydum, xxvi septembris 1453.
Bonifacius.
Dupplicata die sequenti.
Iohannes.
(a) Segue farà depennato.
303
Francesco Sforza scrive a Pietro da Norcia, luogotenente di Lodi, di aver inteso che da alcuni e,
in particolare, dal “prevedo da Paderno” si è messo mano ai beni concessi al suo famiglio
Scaramuccio. Il suo disappunto si rivolge in paticolare contro di lui, perchè non doveva
consentire che ciò avvenisse “senza...saputa e licentia” del duca. Comanda che tutto venga
puntualmente restituito e gliene si dia notizia nella prima lettera che Pietro gli manderà.
(1453) settembre 26, “apud Gaydum”.
78r Spectabili domino Petro de Nursia, locuntenenti nostro Laude.
Havemo intesso che per alcuni de quela nostra cità e, in spicialità, per lo prevedo da
Paderno è stata facta novità in alcuni deIi beni, quali havevamo concessi ad
Scharamuceto, nostro famiglio; dela qualcossa ne havimo pigliata grandissima
admiratione, maximamente de vuy, perchè, se alcuna persona gl’è che prettenda
raxone alcuna in dicti beni, doveva havere recorsso da nuy e rechiedere raxone, et non
andare de facto nè de soa autorità, nè voy gli lo dovevati consentire senza nostra
saputa e licentia. Il perchè volimo e ve comandiamo expresamente per quanto haveti
cara la gratia nostra che, subito receuta la presente, debiati fare revocare ogni novità
facta in Ii dicti beni et restituire tucte biave e feno tolte interamente e fino a una ponta
de stringa, che non li mancha niente, remettendo Ie cosse in quel grado e stato proprio
che erano in prima e innanti che fosse facta la dicta novità, remota ogni exceptione et
contradictione. E fa(r)eti per modo che la prima lettera che ne scrivereti ne certifica che
cossì habiati exequito, perchè altramente crederessemo che non haveti intencione de
obedire, nè de mettere ad exequcione Ie nostre lettere. Apud Gaydum, xxvi septembris
(1453).
Bonifacius.
Iohannes.
304
Francesco Sforza informa Galeazzo e Gabriele, fratelli de Bossi, che li sostituisce nella guardia
di quella rocchetta con i presenti portatori, che consegneranno loro il contrassegno che hanno
con il duca. I fratelli consegnino ai nuovi arrivati la fortezza con le munizioni e le cose che vi si
trovano, di cui consegneranno una copia dell’inventario, mentre un’altra se la tratterranno.
Sppiano che questa sostituzione non è dovuta a sfiducia in loro, anzi riceveranno un “migliore
avviamento che quello”.
1453 settembre 26, “apud Gaydum”.
Galeaz et Gabriel, fratribus de Bossis.
Havemo deliberato non per alcuno vostro manchamento nè differencia che havesemo
maxime de vuy, ma per certo altro digno rispecto, che tacimo al presente, de mettere in
vostro scontro ala guardia de quela nostra rocheta li presenti portatori, li quali ve
assignarano etiamdio lo contrasigno, quale haveti con nuy, sichè daritilli loco et
assignaritili la forteza cum Ie monitione et cosse nostre che sonno in essa per
inventario, del quale tenereti una copia apresso voy, et un’altra dariti a loro acioché, a
nostro piacere, possiamo vedere le monicione e cosse che sono in essa. Et de questa
mutacione non ne pigliati affanno, che non la facimo per nisuno captivo rispecto, né
perché non habiamo de voi bonissimo concepto; et che questo sia el vero, ve
certificamo 78v che infra pochi dì ve provederimo d'uno cossì bono et megliore
aviamento che quello, sichè dativi bona voglia che usanza è che se fa de simile
permutacione per li rispecti, quali sempre non se dicono. Data apud Gaydum, xxvi
septembris 1453.
Ser Iacobus.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.
Cichus.
305
Francesco Sforza avvisa Corrado da Fogliano e il luogotenente di Lodi che ha deliberato di
sostituire, ma non per demerito, Galeazzo e Gabriele, castellani della rocchetta dell’Adda. Ha
scritto a Foschino di mandare con lettere e contrassegni, fino a quando invierà il nuovo
castellano, dodici fanti dei più fidati di Porta Giovia, che Corrado e il luogotenente faranno
entrare nella rocchetta, mentre gli uomini d’armi che vi stanno potranno venir via quando
Corrado lo comanderà loro. Raccomanda al luogotenente di non far ricorso alla corda con il
detenuto Ficiarto, ma di alternare con lui buone parole e minacce per cavargli quanto si può.
(1453 settembre 26, “apud Gaydum”).
Magnifico Conrado de Fogliano et locuntenenti nostro Laude.
Deliberando nuy schambiare li castellani dela rocheta de Adda de quella nostra cità,
non perchè non habiamo per fidatissimi Galeaz e Gabriele, ali quali omninamente
farimo bona provisione d’altro aviamento, havimo scripto a Foschino che per alcuni dì,
mentre mandiamo el castelano novo, debbia mandare li dodici fanti deli nostri deli più
fidati del nostro castello de Porta Zobia, sichè, cum primum serano lì cum le lettere e
contrasigni, ordinariti che intrano in la dicta rocheta, et l'homini d’arme che stano dentro
poterano vegnire via cum l’altri quando tu, Conrado, gli lo comanderay. Ceterum,
respondendo ad una de voy, locotenente, circha el facto de Ficiarto substenuto, et
cetera, non intendimo né volimo che voy gli lassiati dare dela corda per adesso, ma che
pur con bone parole e cum menaze vediate de cavare da luy tucto quello che poteti; et
deinde havisatine dela confesione farà. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
306
Francesco Sforza esprime ad Angelo Simonetta la sua soddifazione per essere stato
ragguagliato dalla sua consorte e da altri del come lei abbia adeguatamente con molti onorato re
Renato. Si congratula con Angelo per i mille ducati e il messo mandati al signor Bonifacio
perchè si muova e auspica che esplichi la stessa diligenza con il re perchè presto si porti da lui
con i soldati che può, senza attendere che tutti abbiano il necessario armamento. Tralascia per
ora di dargli una risposta per quel che gli ha esposto Benedetto Doria: rinvia tutto a dopo aver
“maturamente”inteso quanto dice il vescovo di Marsiglia. Le 14000 lire mandategli sono giunte
tempestivamente, perchè con esse e con gli altri denari inviatigli l’altro giorno e dell’altro che ha
potrà per un poco contentare le truppe. Lo incita a mettersi alla ricerca di quant’altro occorre per
soddisfare del tutto il Colleoni e quelle fanterie che erano nell’ Alessandrino, senza scordare
quello che in giornata gli ha ancora richiesto per appianare il rimanente che spetta ad altri
condottieri, nella speranza che,così, non vi sia gente d’arme, come ha scritto Andrea da Birago,
che arresta la sua marcia verso il campo. Venendo presto il re e tutte le truppe non dubita di
fargli sentire delle “novelle” per cui in vita sua il Simonetta non fu mai più contento. Ritiene che
sia bene lasciar cadere l’offerta del Cassini. Quanto all’impresa della Geradadda, avrebbe avuto
un senso se quella gente si fosse mossa prima, ma, essendo, al presente, prossimi all’inverno, è
bene concentrare “qui ogni ... perforzo”.
Infine, non ritiene opportuno rilasciare attualmente i cittadini confinati ad Alessandria.
1453 settembre 25, “apud Gaydum”.
79r Angelo Simonete.
Hoze havemo recevuto piu toe lettere de dì xx, xxi, xxii et xxiiii del presente, date a
Pavia, per le quale restamo advisati copiosamente delle cose seguite fin alhora là
presso ala mayestà del Re; ale quale, respondendoti, dicemo che del’honore et grate
accoglientie facte ala prefata mayestà del Re et ali suoi per la illustrissima nostra
consorte et per vuy altri per lettere dela prefata nostra consorte ne semo stati a
compimento avisati, et tuto quanto è stato facto et dicto, ad nuy è stato summamente
grato et acepto et n'è piaciuto ogni cosa, et ne havemo senza fallo nel’animo nostro
preso contentamento asay, perchè tucti ala reale haveti facto como se conveneva ala
prefata mayestà del Re et al’honore nostro et como desiderava l’animo nostro. Ala
parte delli mille ducati et messo mandato al signor Bonifatio, per levarlo hay facto
benissimo, et così ne pare vogli usare ogni diligentia et sollecitudine possibile con el Re
et con chi bisogna, per modo che el dicto signore Bonifatio vegna presto et senza più
tardare. Cossì anchora honestamente solicitaray la mayestà del Re al venire presto, et
presto perchè non ne lassirimo più fugire questi pochi dì de bon tempo; et se ben
qualchuno delli suoi non fusse anchora armato per questo, non se debbe restare a
venire con l'avanzo, secundo tu prudentemente recordasti ala prefata soa mayestà. Ala
parte de quanto ha exposto domino Benedicto Doria non te diremo altro per questa, ma
per un'altra ad tuto te faremo respuosta, perché intenderemo maturamente questa cosa
con questo monsignore vescovo de Marsiglia, quale questa sira è giuncto qui et si gli
pigliarà qualche bon partito. Ala parte dele libre XIIII milia de imperiali ne hay mandate,
quale havemo facte portare qui, te dicemo che questi dinari sonno giuncti a tempo,
perchè con questi et quelli che mandasti l'altro dì et con ogni pocha altra quantità,
poremo refreschare per modo queste gente, che le poremo operare parechii dì et
farano con questo favore che ne giunge ogni cosa volentieri. Confortiamoti et
caricamoti quanto più possemo a prendere uno pocho de caricho dela expeditione del
resto del denaro del magnifico Bartolomeo Coglione et de quelle fantarie erano in
Alexandrina, secundo scripsemo l’altro dì, et de quelli altri conducteri che restano pur
havere denari asay dele loro assignatione, secundo hogi te havemo scripto per un'altra
nostra, Ie quale gente speramo venerano tute via 79v de qua secundo tu scrivi,
secondo ancora ne ha scripto Andrea da Birago, le quali anchora tu dal canto dellà
fara(i) sollecitare et aggregare che non se demorino per lo camino, et che de dreto non
ne resti veruno, secondo havemo ordinato, perchè venendo la dicta mayestà del Re et
Ie dicte (a) gente presto, non dubitamo, quantunque el tempo sia breve, farte sentire
presto tale novelle che ala vita tua non fusti may più contento, perché te parerà
habiamo vincto et seremo eusiti da questi tanti travaglii et affanni. Ala parte delIa offerta
te fu facta de Cassini, ad nuy non pare, como per l’altra nostra te scripsemo, movere al
presente tal pratica né venirli a particularità veruna. Ala parte ch'el te pareria che se
pigliasse la impresa de Ghiaradadda, te advisamo meglio che questa cosa l’havemo
molto bene fra nuy più fiate debatuta; et se queste gente fosseno venute al principio de
questo mese, quella impresa ne pareva se dovesse pigliare per assecurare Ie cose
delIà da Adda. Ma siando sotto al'inverno, como semo, ne pare sia el meglio a far qui
ogni nostro perforzo, perchè non dubitamo, con la gratia de Dio, far dele cose
favorevole, et là et qua, dove seremo con la persona. Ala parte che te pare de lassare
andare quelli citadini confinati ad Alexandria, et cetera, te dicemo che a nuy non ne
pare per niente per molti boni respecti che per adesso ne sia licentiato veruno. Sichè
poray dare ad ogniuno bone parole, como meglio te parerà, perchè, secundo Ie cose
passerano. così se porrà deliberare el facto suo. Data apud Gaydum, die xxv
septembris1453.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
(a) dicte in interlinea su altre depennato.
307
Francesco Sforza fa sapere al vescovo di Marsiglia di avere avute informazioni da Angelo
Simonetta dei movimenti del re da Pavia a Chiaravalle, a Lodi e a Pizzighettone, movimenti
confermatigli da Americo Sanseverino. Di ciò il duca ne ha avuto piacere, mentre l’ha turbato
non poco, la notizia data a Pavia da Antonello Staglione, messo di Guglielmo di Monferrato, che
Bonifacio sarebbe arrivato con 25 o 30 cavalli disarmati. Ciò gli è parsa un’offesa per il re,
essendosi divulgata per tutta Italia la voce della venuta di Bonifacio con”bono numero de gente”,
non solo, ma ciò ha diffuso nei sudditi sforzeschi timori per la “pocha seccureza delle cose
(ducali) dellà”. Occorre, quindi, che il vescovo convinca il re a far pressioni con i signori del
Monferrato perchè Bonifacio venga “con più numero de gente delle loro armate”. Ciò darà quiete
ai sudditi e anche al duca.
1453 settembre 27, “apud Gaydum”.
80r Reverendo domino episcopo Massiliensi.
Questa sera havemo recevuto lettere da Angelo Simoneta nostro consigliero per le
quale ne scrive como la serenissima mayestà del Re heri matina se partì da Pavia et
andò ad allogiare a Chiaravalle, et che domatina venerdi se levaria da lì et veniria ad
allogiare domane a sira a Lodi et sabba(to) a Pizguitone con Ie gente soe; et questo
medesmo ne ha affirma Americho da Sanseverino per soe lettere, dela qual cosa
restamo molto contenti et de bona voglia. Ma in la lettera de Angelo predicto se
contene anchora como a Pavia era arivato Antonello Staglione, messo del signore
Guiglielmo, et che fra l'altre cose Ii ha dicto como el signore Bonifatio veniva con
qualchi xxv o xxx cavalli desarmati, et che venendo in questa forma Ii pariva satisfare
ala mayestà del Re per quello l'ha promesso; dela qual cosa havemo preso despiacere
et malanconia grandissima: prima perchè questo suo venire senza gente d’arme darà
pocha reputatione ala mayestà soa, attento che hormay per tuta Italia è divulgato et
sparsa la fama dela venuta del signore Bonifatio con bono numero de gente; et poi
anchora dà pur anchora a nuy umbreza et pocha seccureza delle cose nostre dellà, et
farà stare Ii nostri subditi suspecti et dubiosi, per modo ne porria succedere al stato
nostro qualche scandalo che non seria utile ala mayestà del Re nè a nuy. Il perchè ve
vogliamo pregare et confortare che vogliati pregare et strengere la prefata mayestà del
Re che servi tute quelle persuasione, recordi, vie et modi che le parerano necessarie
con quelli illustri signori de Monferrato che Ie mandino ala sua mayestà el signore
Bonifatio con più numero de gente delle loro armate, et impuncto che Ii sia possibile,
maxime havendo havuto Ii nostri dinari como hanno, et non dubitamo che stringendoli
la mayestà soa con Ii modi ch'ella porrà et saperà, seguirà de questo facto quello che
nuy desideramo maxime per più secureza: quiete et reposo del’animo et mente nostra
et delli nostri subditi. Data apud Gaydum, die xxvii septembris 1453.
Iohannes.
308
Francesco Sforza dà atto ad Angelo Acciaioli e ad Angelo Simonetta d’aver inteso quanto lui,
Simonetta, gli ha scritto degli spostamenti del re. La sua attenzione, però, è ferma all’altra
comunicazione fatta da Antonello Staglione circa la venuta di Bonifacio con solo 25 o 30 cavalli
“desarmati”. Il duca vuole che entrambi facciano pressione presso il re perchè Bonifacio venga
con una buona scorta di gente armata, dissipando in tal modo i dubbi del duca e dei sudditi
sforzeschi circa possibili sconvolgimenti della recente quiete sul fronte occidentale.
(1453 settembre 25, “apud Gaydum”).
80v Domino Angelo Azayolo et Angelo Simonete.
Questa sera havemo recevute doe Iettere da ti, Angelo, l’una de dì 24 et l'altra de dì 26
del presente per Ie quale restamo advisati sì del'andata dela mayestà del Re a
Chiaravalle et del suo levarse venerdìi et seguire el camino dal canto de qua, come
dele altre particularitade, aIe quale non accade fare altra respuosta non, ma ala parte
de quello te ha dicto Antonello Staglione ch’el signore Bonifatio venerà senza gente et
che solo menerà xxv o xxx cavalli desarmati, et cetera, et ve dicemo che nuy de zò ne
trovamo, como posseti pensare, molto de mala voglia. II perchè volemo dicati ala
mayestà del Re che questa venuta del dicto signore Bonifatio in questa forma darà
pocha reputacione ala soa mayestà, attento che hormay per tuta Italia è divulgato et
sparsa la fama dela venuta del dicto signore Bonifatio con bono numero de gente; et
poi anchora dà pur a nuy umbreza et pocha secureza delle cose nostre dellà et farà
stare li nostri subditi suspecti et dubiosi per modo ne poria succedere al stato nostro
qualche scandalo, che non seria utile ala mayestà del Re, nè a nuy. II perchè ve
vogliamo confortare et pregare che vogliati pregare et strengere la prefata mayestà del
Re che servi tute quelle persuasione, accordi, vie et modi che Ii pareranno necessarie
con quello illustre signore de Monferrato che Ii mandino ala soa mayestà el dicto
signore Bonifatio con più numero de gente deIi loro armate et imponcto che Ii sia
possibile, allegandogli vuy quelle ragione che ve parerano. Data ut supra.
Iohannes.
309
Furono fatte lettere credenziali al cancelliere ducale Alessandro di San Nazzaro per Bartolomeo
Colleoni con quanto sottoriportato. Il duca conferma al Colleoni di aver ordinato “certi pochi
dinari” ai fanti rimasti ad Alessandria, ma lo accerta che anche i suoi soldati avranno la loro rata.
Quanto al dare alloggiamento ai cavalli e alle persone malate, il duca preferisce che essi, ma
nel minore numero possibile, siano lasciati a Calendasco e a San Iumento, avendo cura di
condurgli quanta più gente e cavalli può.
In simile forma ad Americo Sanseverino,
In simile forma a Giovanni Caymo, commissario di Pizzighettone.
(1453) settembre 27, s.l.
81r Die xxvii septembris.
Facte fuerunt littere credentiales ser Alexandro de Sancto Nazario, cancellario nostro,
in personam magnifici Bartholomei de Coleonibus cum infrascriptis partibus videlice:
respondendo ala vostra, data aIi 25, et primo, ala parte prima che haveti sentito che
havemo facto dare certi dinari a quelle fantarie nostre che erano in Alexandrina, dicemo
chi l'è vero che havemo ordinato che siano dati certi pochi dinari a dicti fanti et
recevendoli, serà ragionevole che anchora li vostri habiano la rata soa; e così
ordinaremo. Ala parte de farve dare allozamento per Ii cavalli et persona malate,
dicemo che siamo contenti che Ii lassati a Kalendasco e a San Iumento. Ben ve
confortiamo et caricamo che gli ne vogliati lassare mancho che possiati et che menati
più gente et cavalli che ve sarà possibile, perché intenditi la importantia del facto, ad li
quali scrivemo oportunamente sopra ciò.
Ser Alexander de Sancto Nazario.
In simili forma Americo de Sancto Severino et
Iohanni Caymo, comissario Pizleonis.
Iohannes.
310
Francesco Sforza scrive al lodigiano Paolo de Brachis di comprendere i sentimenti che lo
spingono a chiedere che i soldati di Corrado abbiano a rimanere lì. Ha disposto che vengano via
con gli altri e l’assicura che si faranno tali progressi da distogliere i nemici dal pensare alle cose
di lì. Sia, però, sempre vigilante su quanto avviene in quella città.
(1453 settembre 27, “apud Gaydum”).
Paulo de Brachis, civi Laudensi.
Havemo recevuto le vostre Iettere scrite con bono amore e fede, qual portate a nuy et
al stato nostro circha el far restare lì quelle gente del magnifico Conrado, nostro fratello,
dele quale ve comendiamo, ma nondimeno havemo omninamente proponuto de farle
levare e venire via con l'altri, certificandovi che faremo tali progressi che l'inimici nostri
se scorderano le cose de là. E dativene de bona voglia confortave bene a stare
vigilante, como siti usato a quanto fosse da provedere circha le occurrentie in quella
nostra cità. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
311
Francesco Sforza ripete a suo fratello Corrado,, quantunque crede che già l’abbia fatto, di tenere
pronti i suoi soldati a passare l’Adda nello stesso giorno che lo farà re Renato.
(1453 settembre 27, “apud Gaydum”).
Magnifico Conrado fratri nostro.
Sì como heri per altre nostre te scripsemo, così per questa te repplicamo, benchè
crediamo che l’haveray facto, (a) che talmente habii in puncto Ii toy che subito siano a
cavallo per passare Adda quello medesmo dì che passarà la serenissima mayiestà del
Re; et non gli intervenga fallo, nè dimora alcuna. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) facto in interlinea.
312
Francesco Sforza conferma ad Angelo Simonetta di aver preso atto di quanto Benedetto Doria
ha riferito a re Renato e del parere dato dal sovrano, che poi tutto gli ha fatto sapere per scritto e
a viva voce mediante il vescovo di Marsiglia, per il cui tramite il duca ha, a sua volta comunicato
quanto ha fatto e fa a beneficio del doge di Genova. Siccome vuole che Angelo sia aggiornato
della faccenda genovese, il duca gli rivela di aver chiesto a Giovanni Filippo, rinviandogli i suoi
messi Otto e Prospero e mandandogli Giovanni dalla Guardia, di metter fine alle offese che fa al
doge, dicendosi pronto ad attaccarlo se non la smettesse. Non solo, ma ha rimandato il messo
di Ludovico Campofregoso con la sollecitazione da parte ducale di abbandonare Giovanni
Filippo, come, peraltro, ha saputo che altrettanto vogliono i Fiorentini. Informato dal vescovo che
re Renato vuol mandare un suo messo a Giovanni Filippo, il duca ha deciso di farlo affiancare
da un suo inviato. A questo fine manda ad Angelo due fogli con la sottoscrizione ducale per “doe
lettere de credenza”, l’una al doge e l’altra a Giovanni Filippo con quanto (per evitare equivoci)
detto ai menzionati Otto, Prospero e dalla Guardia.
Il duca poi farà rimarcare al sovrano il vantaggio che ne deriverà dalla cessazione della guerra di
Giovanni Filippo: non dubita che allora i Genovesi “fariano anchora spesa delle decemilia ducati
che tochano ad loro et ad nuy”. Siccome non si può accontentare Benedetto Doria, lo Sforza
suggerisce al re di volerlo ora portare (“como da sì”) fin dal duca, nella speranza di rimandarlo
poi a Genova del tutto contento.
Il vescovo di Marsiglia fa forti insistenze da parte del re per contribuire alle spese di Guglielmo
di Monferrato che per cinque mesi ammontano a 3000 ducati, avendo il sovrano già scritto a
Genova e a Firenze per una quota di mille ducati mensili. Ad Angelo il duca affida il compito di
perorare l’esenzione di tale spesa, dicendosi, però, disposto, in caso di rifiuto, a versare 1000
ducati mensili, e non dimenticando di sottolineare d’aver già dato 1000 ducati al fratello di
Guglielmo, Bonifacio e, comunque, assicura che si troverà modo di trovare, a tempi debiti, i
restanti 4000. E, a proposito di Bonifacio, insiste perchè il Simonetta faccia osservare al re la
necessità che Bonifacio “meni più gente con sì del signor Guglielmo che sia possibile”, perchè
così “li dinari non se spenderano indarno”.
Altrimenti sarà sempre possibile un voltafaccia di Guglielmo per impadronirsi di Alessandria,
mentre a Bonifacio non sarà difficile passare dai Veneziani.
1453 settembre 27, “apud Gaydum”.
81v Angelo Simonete.
L'altro heri recevessemo la toa lettera de dì xxi del presente per la quale restamo
advisati de quanto haveva referito ala mayiestà del Re domino Benedicto Doria, et
cossì del parere et voluntà d'essa mayestà et toa; el quale Re ne ha scripto anchora
sopra ciò per soa lettera et mandato a dire a bocha per lo reverendo monsignore lo
veschovo de Marseglia assay largamente; et per esso monsignore mandiamo a dire al
prefato Re quello havemo facto et facemo de presente et quanto se pò fare in benefitio
delo illustre duxe de Zenoa perchè se mantenga in quello stato; et cerca ciò la resposta
che facesti al prefato Re n’è molto piaciuta. Et perchè intendi quello che de presenti
havemo operato et operiamo in adiuto del dicto duxe, te advisamo che, havendo
mandato qui Zohanne Filippo uno messer Otto et un altro Prospero, suoi messi, Ii
havemo mandato a dire largamente et per loro et per Zohanne dala Guardia
liberamente l'animo et l'ultima voluntà nostra che, se’l non se leva dale offese del
predicto duxe, nuy li faremo fare guerra mortale, se ben dovessemo lassare questa
impresa. Anchora havemo mandato a dire a domino Lodovicho da Campofregoso per
uno suo messo, quale mandò qui ad nuy, et etiamdio scripto caldamente per nostre
Iettere che omnino se levi dali favori del dicto Zohanni Filippo et se ne retorni ad casa,
et così anchora ne è stato scripto et mandato a dire per parte deli signori Fiorentini, el
qual non dubitamo ch'el se leverà subito dale offese del prefato duxe. Per le quale cose
se rendiamo certi che dicto Zohanne Filippo se destolerà da quella impresa et se
retrarà verso casa soa et se inclinerà a fare la tregua con esso duxe, et deinde con li
boni modi che se usarano, se condurà voluntera ad venire a bono asecto con esso
duxe. Et perchè el prefato monsignore ne ha rechiesto per parte del Re che, havendo
deliberato la mayestà soa, per più aconzo dele predicte cose, mandare 82r uno suo al
dicto Zohanne Filippo, vogliamo anchora mandare un altro per parte nostra con lo dicto
suo. Et havendoli nuy respuosto che nuy semo molto contenti de mandargelo, volimo
che tu trovi una persona sufficiente et intendente et, intendendote con la prefata
mayestà del Re de quello gli pare se mandi a dire al dicto Zohanne Filippo; et al duxe li
faray fare una instructione per nostra parte de quanto haverà a dire et fare. Et azò ch’el
sia creduto, te mandiamo qui alligati duy fogli sottoscripti de nostra mano in li quali
faray fare doe lettere de credenza directive ali dicti duxe et Iohanni Filippo in persona;
de che manderay referendo et confirmando la ambaxiata con quello li haverano per
nostra parte referito li predicti suoi messi et Iohanne dela Guardia, azò che non Ii segua
cosa alcuna contradictoria.
Apresso havemo dicto et recordato al prefato monsignore che per non potersi al
presente satisfare al dicto domino Benedicto circha le rechieste soe, ne pare ch’el sia
meglio ch’ella mayestà del Re, como da sì, lo induchi a menarlo con sì fin qui, che
lassarlo retornare a Zenoa non ben contento, perché, venendo qui per Ie cose
favorevole succederano sì in questa impresa, sì per la partita farà domino Lodovico
predicto dale offese del duxe, como è dicto, sì per Ie respuoste che facilmente
haveremo da Zoanne Filippo, che anchora luy (a) haverà mutato proposto, sì anchora
per quello che fra la mayestà del Re et nuy li daremo, speramo remandarlo ben
contento et satisfacto. Sichè, conferendo de questo et dele altre cose dicte de sopra
con lo magnifico domino Angelo, nostro compare, poray dire de questo nostro parere
ala prefata mayestà del Re, confortandola omnino che operi, con quelli megliori modi
che li parerà, ch'el conduchi de qua el dicto domino Bonifatio, non monstrando con
veruno altro che questo sia nostro motivo.
Ceterum el sopradicto monsignore ne ha molto astrecti per parte dela mayestà del Re
che nuy vogliamo per una parte contribuire ala spesa del signore Guiglielmo, quale è
per infino a ferraro, che sonno mesi cinque a iii milia ducati per mesi, et che luy ha
scripto a Zenoa et a Fiorenza che ancora loro contribuiscano per ducati mille per pasto
el mese, et che con effecto 82v vogliamo ordinare et scrivere che la rata nostra delli
mille ducati se paghi mese per mese. Et perché, Angelo, tu say quanto havemo el
podere de fare questa expesa, ne pare, et così vogliamo debbi servare modo con la
prefata mayestà del Re et per ogni altra via te parerà, che nuy non siamo strecti et
obligati a far dicta spesa, ma che se veda de adaptare quando el sia possibile che altri
la pagasseno, ma pur quando altro fare non se possa, nuy restamo contenti de pagarli,
et porai dire como già havemo comenzato a pagare li mille ducati dati al signore
Bonifatio, et lo resto, che seriano iiii milia ducati, se troverà el modo de pagarli aIi tempi,
ma che sapesse adaptare la cosa; et levandose via la guerra de Zohanne Filippo, non
dubitamo Zenoesi fariano anchora questa spesa delli x mila ducati che tochano ad loro
et ad nuy. Vogli sopra tute l'altre cose confortare la mayestà del Re che gli piaza
servare modo ch'el signore Bonifatio venga via presto et ch’el meni più gente con sì del
signore Guiglielmo che sia possibile, perchè, primo, ne caveremo qualche utilità, et li
dinari non se spenderano indarno, et poi ne parerà essere più securi del dicto signore
Guiglielmo, perchè, quando se vedesse debile de gente dellà, non li bastaria l’animo a
pigliare impresa alcuna contra nuy; ma quando el fratello fusse de qua in pochi et
volendo luy far male, faria fugire el dicto suo fratello dal canto de Venezia, et possendo
torre Alexandria, se la torria, et non guardaria ale roche de San Salvatore et Borgo San
Martino, quale seriano da per loro assidiate. Parne anchora che debbi indure la
mayestà del Re a vedere de havere in le mano la rocha et Cassine, attento ch’el ne fo
dato ad intendere che l’haveria in le mane doe altre forteze de quelle del marchexe,
ultra quelle de San Salvatore, perché vinceressemo de quelle cose dellà tanto più
securo. Data apud Gaydum, die xxvii septembris 1453.
Iohannes.
(a) Segue meterà depennato.
313
Francesco Sforza rispondendo ad Angelo de Acciaiolis si sofferma innanzitutto sull’andata da re
Renato di Benedetto Doria per conto del doge di Genova per sottolineare di essere stato
appieno informato, sia dal re che da Angelo Simonetta e dal vescovo di Marsiglia, di quel che
richiede il doge e della volontà del re di aiutarlo. Rinvia a quel che gli diranno Angelo e il
vescovo l’informazione di ciò che lui, duca, farà a favore del doge. Ha avuto da Firenze la notizia
che gli verrà rimandato suo fratello Alessandro con i figli di ser Michele, che gli si faranno avere
10000 ducati. Si dice impossibilitato a favorire il fratello di Abraam, per essersi già impegnato
con un altro per quel beneficio. Fa poi sapere all’Acciaioli di aver espresso, in conformità del suo
parere, al vescovo di Marsiglia quello che riteneva necessario circa l’invio di ambasciatori regi a
Venezia. Lo esorta, quantunque sia superfluo il dirglielo, a sollecitare il re a muoversi. Gli
ricorda, infine, che Guglielmo da Moliono lo aspetta in campo.
1453 settembre 27, “apud Gaydum”.
83r Domino Angelo de Azayolis.
L’altro heri recevessemo la vostra lettera de dì xxi del presente per la quale restamo
advisati de quello era occorso in quello dì presso la mayestà del Re; et perché ne
tochati nel principio de dicta lettera dela venuta de Benedicto Doria per parte del doxe
al prefato Re et che de quanto Ii haveva exposto per lettere de Angelo Simoneta
seressemo avisati, ve dicemo respondendove che, sì per Iettere dela mayestà del Re,
sì per Iettere del dicto Angelo, sì ancora per quello ne ha refferito monsignore lo
vescovo de Marsiglia, semo a compimencto restati advisati de quanto rechiede el
prefato doxe et dela voluntà dela mayestà del Re in adiutarlo, et cetera; et dandone
alcuni advisi de zò ad Angelo (a) de quanto in favore d'esso duxe de presente havemo
facto et de quanto ne pare se debbia fare per mantenere dicto duxe in quello stato et
nostro amico, non ne curamo darvene per questa lettera altro impazo, perchè et da
Angelo predicto et da esso vescovo intenderiti el tuto. Da Fiorenza hoge havemo lettere
daIi nostri sonno là de dì xx del presente, como tandem per quella comunità se è
deliberato de mandarne de qua Alexandro, nostro fratello, con li figlioli de messer
Michele et de subvenirne apresso de presenti de ducati x milia, et che le altre gente
andavano a campo a Soverano; Ie quale gente, se vengono anchora loro et presto
finchè havemo questo pocho tempo, non dubitamo faciano ale cose de qua optimo
fructo. Al fratello de Abraam al presente non possemo provedere de quello beneficio
che ne scriveti, perchè già ben dì sonno ne provedessemo ad altra persona per modo
non porressemo con nostro honore revocare quello è facto et promesso, ma non dubiti
che gli ne accaderano delli altri delli quali porremo habelmente provederli secundo
meritano la virtù et fede sua verso nuy. Ad quella parte de mandare ambaxiatori a
Venezia per parte del Re, et cetera, havemo respuosto quello ne è parso necessario al
prefato monsignore secondo el parere et recordo vostro. Confortiamove, quancunque
siamo certi non bisogni, ad sollicitare el prefato Re al venir via, et che non tardi più,
perchè non Ii avanza più tempo da perdere, como vedeti vuy medesmi. Domino
Guiglielmo da Moliono, como per altre ve havemo scripto, expecta la venuta vostra qui.
Data apud Gaydum, die xxvii septembris 1453.
Iohannes.
(a) Segue Simonetta depennato.
314
Francesco Sforza scrive a re Renato di essere informato sia dell’andata da lui di Benedetto
Doria per conto del doge e della comunità di Genova, come di aver saputo anche da Angelo
Acciaioli, Angelo Simonetta e dal vescovo di Marsiglia di quanto caldamente il re gli raccomandi
la sicurezza di quello stato minacciato dalla guerra di Giovanni Filippo Fieschi. Lascia al predetto
vescovo, informato da lui diffusamente degli interventi ducali per Genova, il compito di parlargli
di ciò.
Sono stati concessi otto giorni di congedo al luogotenente di Lodi.
1453 settembre 27, “apud Gaydum”.
83v Serenissimo regi Renato.
L'altro heri recevi la lettera dela serenità vostra de dì xx del presente continente la
venuta ad la mayestà vostra de Benedicto Doria per parte del’illustre duxe et magnifica
comunità de Zenoa, et ho inteso a pieno quanto strectamente et affectuosamente me
recomanda la salute de quello stato per lo extremo periculo in lo quale al presente se
retrova per rispecto dela guerra Iì fa Zohanne Filippo del Fiesco; et ho inteso quanto
circa dicta materia ne hanno scripto domino Angelo Azayolo et Angelo Simoneta per
commissione dela prefata mayestà, et ultimamente quanto a bocha diffusamente me ha
referito sopra dicta materia el reverendo monsignore vescovo de Marsiglia in nome
d’essa vostra mayestà. Et perchè a longo ho respuosto al prefato monsignore et
informatolo largamente deIe provisione che circa ciò sonno facte per mi et de quello se
pò fare, non curarò per questa mia lettera in scrivere altro ala mayestà in questa parte,
attento che dal prefato monsignore restarà informata a pieno, ala quale me recomando.
Data apud Gaydum, die xxvii septembris 1453.
Iohannes.
Die xxviiii septembris.
Concesse fuerunt Iittere locumtenenti Laude pro se absentando ab officio suo spatio
dierurn octo, pro suis negotiis et proficiendis.
Ser Iacobus.
Cichus.
315
Francesco Sforza ordina ad Ambrogio de Crivellis, podestà di Varese, di far avere con rito
sommario a Giacomo da Castronno i denari di cui constaterà essere creditore da Obizzo de
Castiglione e dagli eredi di Beltramolo in modo che, a sua volta, saldi i conti che ha con il duca.
1453 settembre 29, “apud Gaydum”.
84r Egregio doctori domino Ambroxio de Crivellis, dilecto potestati nostro Varexii.
Perchè nuy havemo de presente certa quantita de dinari da Iacomo da Castrono,
nostro podesta de Lodi, pertanto, constandove prius de debito, perchè esso Iacomo
dice dovere havere certa quantita de dinari da Obizo de Castiglione et daIi heredi de
Beltramolo, volimo gli faciati rasone summaria et expedita per modo esso Iacomo con
celerità consegua el debito per potere satisfare ad nuy. Data apud Gaydum, die xxviiii
septembris 1453.
Zanetus.
Cichus.
316
Francesco Sforza scrive a Bolognino de Attendolis di aver fatto di tutto per scoprire i colpevoli
del tumulto scoppiato a Pavia e, per ultimo, ha mandato il capitano di giustizia. Ha saputo che
questi non si muove affatto celermente, ma ha, anzi, intascato cento ducati. Il duca vuole che si
accerti di ciò e, cautelosamente sottoponga a stretto interrogatorio il vicario del podestà, che, da
quel che ha inteso, è informato di questa faccenda.
1453 settembre 29, “apud Gaydum”.
Comiti Bolognino e Attendolis.
Havemo fata quanta instantia sia possibile per sapere quali sonno stati li principali
colpevoli et incitatori de quello tumulto fato in quella nostra cità et li dì passati per la
giostra del rectore per farli punire, como rechiede tale e cossì fato scandaloso acto; e
como potete havere inteso nuy havemo facto celere e strecte comissione circha ciò e
facto venire lì el capitaneo de iusticia per questa casone. Ma perchè siamo avisati ch’el
dicto capitaneo non procede così virilmente et animosamente como gli havemo
comesso et como rechiede la cosa et anche che l’à recevuto tributo de cento ducati,
tanto siamo desiderosi de sapere se l’è vero o non, quanto may fussemo de veruna
altra cosa del mondo. E pertanto volimo e ve caricamo per quanto havesti may voglia
de farne cosa che ne sia grata che secretamente ve inzignati se è vero o non ch'el dicto
capitaneo habia receputo tributo veruno; et perchè sentemo ch’el vicario del nostro
potestà de quella nostra cità debbe essere informato de questo tale tributo delli cento
ducati, volimo che subito mandati per lo dicto vicario secretamente e tentate per ogni
via e modo e per ogni instantia, industria et inzegno de cavare da luy quanto ne sa,
admonendolo sopra ciò che per quanto haverà cara la gratia nostra, non ne parli con
persona alcuna se non con voy, avisandone subito de quello potriti trovare sopra ciò et
procedendo quanto più secretamente potriti perchè questa cosa non vada a no(ti)tia del
dicto capitaneo, nè d’altri. Data apud Gaydum, die xxviiii septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
317
Francesco Sforza scrive al capitano di giustizia di Milano di aver preso atto della notizia
dell’arresto fatto dell’abbate di Acqualunga. Dubita, però, che l’abbate abbia avuto parte nel
promuovere il tumulto di Pavia, perchè di lui non si sa altro se non che si presentò in castello ed
ebbe epressioni non troppo corrette per una persona suo pari e, comunque, ambigue e possibili
di contrastanti interpretazioni. Cerchi di avere informazioni da uomini degni di fede.
(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).
84v Capitaneo iustitie Mediolani.
Inteso quanto ne scriveti dela detentione del'abbate d’Aqualonga et la cagione et
rispecti per li quali l’haveti facto sostenire, restiamo contenti de quanto haviti facto fina
qui. Ma perchè in Ii principii de quello tumulto non intendessemo may che dicto abbate
fosse stato colpevole de quello, nè da puoy in qua may ne fo dato per suspecto, nè
altro havemo havuto da (a) luy in questa facto, se non ch’el se presentoe in castello e
usò quelle parole, quale ne scrivete, le quale, benchè fosseno non honeste, nè
conveniente ad uno suo paro, pur, perchè se potriano tore così in bona parte como in
cativa con dire che luy se offeriva per quella parte, et cetera, a fare quanto fosse a fare,
et anche, dubitando nuy che non ve sia data de luy tale sinistra informatione per odio et
malivolentia che li fi portata, a noy non pare nè volemo che pro nunc gli faciate altra
novità per mandarlo dove ne scriveti, nè altro. Ma ben volemo e ve comettemo che ve
debiate studiare de haverne ancora piu matura et chiara informatione e non malevoli,
nè suspecti, ma fidedegni homini non appassionati; et de quanto trovariti faritene avisati
per vostre lettere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) Segue vuy depennato.
318
Francesco Sforza dice al pavese Iacobo Zazio che nulla è più contrario alla volontà ducale di
quello che gli ha scritto a proposito del capitano di giustizia, di cui ha già pensato al sostituto, ma
gli chiede di fornirgli tutte le testimonianze necessarie per giustificare l’allontanamento del
precedente capitano.
(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).
Iacobo Zazio, civi Papiensi.
Havemo recevuto Ie vostre lettere apresso ad alcune altre vostre pur sula materia de
quelli excessi, Ii quali havemo tanto exosi, quanto havite potuto comprendere per Ie
lettere e comissione per noi superinde facte. Et perchè nyuna cosa potria essere più
periculosa nè pur contraria ala voluntà nostra da essere exequita circa, che quella, quaIe ne scriviti de nostro capitaneo de iustitia el quale, segondo el vostro scrivere, se ha
lassato corumpere, havemo deliberato de removerlo de quella comissione et anche
dal’offitio suo generale, perché, usandese luy a simili trabuti, potria in altre maiore cose
essere molto dannoso al stato nostro. Et già ne 85r va per la mente de metere un altro
valenthomo a quello offitio in suo loco el quale credemo, e siamo certi, se portarà
animosamente e rictamente, et in questa et in ogni altra cosa che gli serà da nuy
commissa. Ma ben serimo contenti, e cossì ve caricamo, che secretamente ce vogliate
fare tute quelIe giareze e dare quelle testimonianze che se potrano sopra ciò, perchè
para che non se moviamo a cassarlo senza qualche cagione; de quanto ne haveti
scripto ve commendiamo et rengratiamo. Quantum, vero, ala parte de mettere ordine al
regimento delIa cità per quella via che ne scriveti, nuy gli faremo pensiero sopra e se
sforzaremo de fare el tuto per el bene essere de quella nostra cità. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
319
Francesco Sforza fa sapere a donna Luchina dal Verme che, pur mandandogli lì il suo famiglio
Alberto Santo per altri motivi, gli ha affidato di parlarle di alcune lamentele del nobile piacentino
Paolo d’Arcelli.
1453 settembre 27, “apud Gaydum”.
Magnifice domine Luchine de Verme.
Mandando Iì de presente da vuy Alberto Sancto, nostro famiglio, per altre facende, gli
havemo commesso che ve dica alcune cose per parte nostra delle lamente se sonno
facte per el nobile Paulo d'Arcelli, nostro citadino de Placentia dilecto, al quale piacia de
darli piena fede in his come a nuy proprii. Data apud Gaydum, die xxvii septembris
1453.
Cichus.
320
Francesco Sforza, finite ormai le raccolte di uva, fieni, mele e altri frutti, vuole che il luogotenente
di Lodi proclami la revoca dei salvacondotti, per evitare che i suoi sudditi vengano danneggiati
dai loro salvacondotti, “che se observano como se sa”, e ne danno prova quelli di Castelnuovo.
1453 settembre 30, “apud Gaydum”.
Locuntenenti Laude.
Rendendoci certi che li homini nostri de qua d'Ada mò haverano recolti li loro vini, feni,
melii et altri fruti sotto el salvaconducto che se confirmò per l'una parte et per l'altra,
segondo che voy ne scriveti, volimo che debiati revocare ogni salvaconducto
pubblicamente ita che dela revocatione ogni homo resta advisato; et questo facimo per
non lassare Ii nostri sotto el periculo d’essere (a) presi e damnezati sotto Ii loro
salviaconducti che se observano, como se sa, e como porono testimoniare Ii homini
nostri de Casteliono. Mandate adoncha ad executione questa nostra mente,
rendendone subinde avisati de receptione presentium, et qualiter faceritis in premissis.
Data apud Gaydum, die ultimo septembris 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
(a) periculo essere scritto su rasura.
321
Francesco Sforza avverte suo fratello Corrado e il luogotenente di Lodi della possibilità che i
nemici abbiano a fare qualche azione non appena le truppe sforzesche si muoveranno di lì per
andare in campo. Raccomanda, percio, la massima vigilanza con gli uomini del paese e i
retrovardi per sventare ogni trama nemica.
1453 settembre 30, “apud Gaydum”.
85v Conrado, fratri nostro, et locuntenenti Laude.
Sì como per nostre dupplicate lettere ve havemo scripto, così per queste ve replicamo
che, partendose quelle nostre gente de là como farano per venire qui da nuy, como
havemo ordinato e scripto, l'inimici se metterano a fare qualche cosa da là per
aquistare qualche reputacione e per mostrare de fare qualche cosa. Sichè ve caricamo
quanto piu possemo a stare vigilanti e solliciti in fare guardare la rippa d'Ada e fare tute
Ie provixione possibile, e con Ii homini del paese, con Ii retrovardi et ogni altra cosa che
al'inimici non reiuscha el pensiero e noy, nè Ii nostri subditi non recevano danno,
avisandove che cum primum che quelle nostre gente serano qua, farimo tali progressi
che l’inimici se smenticarano le cose de là; sichè in questo tempo attendeti a salvarve.
Data apud Gaydum, die ultimo septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
322
Francesco Sforza comanda allo squadrero Rabotto di far restituire dagli uomini d’arme le
mucche prese a quelli della Bonissimsa per le tasse che da loro pretendevano, siccome il
patrono ha dato a Piacenza garanzia di pagamento, come hanno potuto constatare dalle lettere
del cavaliere ducale Teseo, da cui i soldati possono andare perchè “farapagare la sicurtà”.
1453 settembre30, “apud Gaydum”.
Rabotto, squatrerio nostro.
Siamo informati che haviti certe vache aIe vostre mano, Ie quali certi homini d’arme
dela vostra squadra hanno pigliate per cagione deIe taxe debono havere da quelli dala
Bonissima; et perchè el dicto patrone ha dato bona securtade in Piasenza, como haviti
veduto per lettere de Theseo, nostro cavallero, pertanto volemo che, veduta la
presente, gli faciati restuire le dicte vache al dicto patrone senza altra exceptione, et li
soldati vadano a Theseo el quale farà pagare la sicurtà, overo el principale quanto sarà
obligato. Et fate che de questo non habbiamo più ad scrivere. Data apud Gaydum, die
ultimo septembris 1453.
Cichus.
323
Francesco Sforza raccomanda all’ufficiale, al comune e agli uomini di Camairago di essere
vigilanti perchè i nemici tenteranno qualche azione sapendo che le genti d’arme del Lodigiano e
del Milanese sono andate in campo.
1453 ottobre 1, “apud Gaydum”.
86r Dilectis nostris officiali, comuni et hominibus Camayraghi.
Rendendoce certi che l'inimici nostri quando sentino quelle nostre genti de Lodesana e
de Milanese essere venute qua da nuy tentarano de passare Adda e fare qualche
assalto per acquistare qualche credito, volimo che siati vigili et attenti, dì e nocte, a
bona guardia, convocando et confortando etiamdio li vicini e circumstanti a fare el
simile, aciòche sinistro alcuno non possa occorrere et al'inimici non possa reusire el
pensiero, certificandove che, giuncte che serrano Ie dicte nostre gente con la
serenissima mayestà del re Renato, farimo tali et così fati progressi che l’inimici se
scorderano Ie cose de là; sichè in questo tempo attendete con bona guardia a salvarve.
Data apud Gaydum, die primo octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
324
Francesco Sforza fa presente a Morello da Parma la possibilità che i nemici tentino di fare
qualche assalto di là dall’Adda in seguito alla partenza per il campo delle truppe del Lodigiano e
del Milanese. Se trova nella sua giurisdizione soldati senza licenza e non “gravemente infirmi”, li
faccia cacciar via e ordini che nulla venga dato nè a loro nè ai loro cavalli.
In simile forma fu scritto a suo fratello Corrado e al luogotenente di Lodi,
a Giovanni Caimo , commissario di Pizzighettone
(1453 ottobre 1, “apud Gaydum”).
Domino Morello de Parma.
Como per altre nostre dupplicate lettere ve havemo scripto, così per queste ve dicemo
che, partendose quelle nostre gente de Lodesana e Milanesi per venire qua da noy,
credemo che I’inimici, per monstrare de fare qualche cosa, tenterano de passare o fare
qualche assalto de là d'Ada; siche volimo, se may facesti fare bone guardie, le faciate
fare adesso dì e nocte, convocando tuti Ii homini del paese a così fare, certificandove
che, giuncte che serano dicte nostre gente qua, farimo tali progressi che I’inimici se
smenticarano Ie cose de là; sichè in questo tempo attenditive a salvare. Preterea,
passata che serà la mayestà del re Renato pur con quelle gente per venire in qua,
como havimo dicto, alcuni delli nostri soldati, così da pede como da cavallo, restaseno
in la iurisdicione a voy commessa e non havesseno licentia da nuy e non fossero così
gravemente infirmi che non se potessero movere, volimo e strectamente ve comettemo
che gli faciati caciare via, ordinando che non Ii sia dato niente nè a loro, nè ali cavalli; et
a questo fate ogni diligentia e sutile investigatione. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit Conrado, fratri nostro
et locuntenenti Laude et
Iohanni Caymo, comissario Pizleonis.
Signata Cichus.
325
Francesco Sforza scrive al milite e oratore fiorentino Angelo Acciaioli di aver saputo da Americo
Sanseverino che re Renato è partito da Milano per Melegnano venerdì, per essere a Lodi sabato
e lunedì raggiungere Pizzighettone, ma che, non avendo pronti i suoi soldati, egli non ritiene di
osservare questo ruolo di marcia, per cui passeranno giorni prima che passi l’Adda.
Se alla ricevuta della posta, il re non s’è mosso, il duca vuole che Angelo vada dal re per dirgli
di far pure come vuole, nonostante il “desconzo grandissimo” dei sudditi sforzeschi. Gli faccia ad
ogni modo sapere che venendo presto, “la victoria de qua è apparecchiata et l’honore serà suo”,
mentre tardando “è dubbio che se possa fare quello male a l’inimici che speramo poterli fare”.
1453 ottobre 1, “apud Gaydum”.
86v Magnifico domino Angelo Azayolo, militi et oratori Florentino.
Per lettere de Americo da San Severino restamo avisati como la mayestà del Re s’è
partita venerdi da Milano et veniva a Melegnano, sabbato a Lodi, et hogi, lunedì,
veneria a Pizghetone et che, non havendo impuncto Ii suoy a suo modo, se rendeva
alquanto difficile a fare queste zornate, perché, per havere tuti Ii suoy insieme, Ii pareva
differire anchora alcuni dì più la venuta soa prima ch'el passasse Adda. Il perchè
volemo, non obstante quanto per Zohanne Bono, nostro fameglio, ve habiamo mandato
a dire delli modi havevati a servare nel passare dela mayestà prefata et delle altre
nostre gente de qua d'Ada, se ala recevuta de questa nostra letera, la mayestà soa et
voy altri anchora non fosti partiti per venire verso Cremona et cognoscesti che la
mayestà del Re non havesse Ii suoy con sì, et che mal voluntere venesse de qua senza
(a) tuti Ii suoy, siati con essa soa mayestà et Ii dicati che, parendoli anchora de tardare
uno, doy o tre dì più el suo passare de qua per unire tuti Ii suoy, che la pò fare como Ii
pare e piace, non obstante che aIe cose sonno da fare de qua et ali subditi nostri de
Lodesana daghi dicto tardare desconzo grandissimo, como è verissimo. Volemo bene
et ve confortamo ad usare ogni sollicitudine possibile con la dicta mayestà soa ad
expedirse presto perché, venendo presto, la victoria de qua è apparecchiata et l'honore
serà suo, et tardandose più è dubio che non se possa fare quello male a l'inimici che
speramo poterli fare. Data apud Gaydum, die primo octobris 1453.
Irius.
Iohannes.
(a) senza in interlinea su con depennato.
326
Francesco Sforza rimprovera il fratello Corrado per non avere annullati, come ordinatogli, i
salvacondotti. S’intenda per ciò con i soldati di Castelleone.
1453 ottobre 2, “apud Gaydum”.
87r Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.
Per altre nostre te scripsemo che devessi revocare li salviconducti per ti concessi ali
Cremaschi che erano per contracambii deli nostri, et havemo lamenta che non l’hay
facto; de che molto ce maravigliamo. Et perchè non è ben facto che li nostri possano
essere offesi et I’inimici non, te replicamo de novo et volemo debii revocare li dicti
salviconducti et fare per modo che non ne sentiamo più querela, perchè saria uno fare
sdegnare li nostri de Castellione. Et in questo non sia fallo nì exceptione alcuna,
intendendote de questo et de quanto faray in questa materia con li soldati nostri de
Castellione, aciò sapiano como se debeno governare. Data apud Gaydum, die ii a
octobris 1453.
Irius.
Cichus.
327
Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere del fratello Corrado in favore della liberazione di
quelli di Castelleone che, beneficiando di salvacondotto, non avrebbero potuto de iure “essere
pregione”. Consapevole di quanto essi fecero per portare Corrado a Pizzighettone, li
rilascerebbe, ma pensa a quanto sarebbe ben fatto imporre a Gaspare da Suessa la restituzione
di quelli di Moscazzano (assecondando anche la richiesta del provveditore di Crema), a meno
che lui riuscisse a convincere Gaspare.
Ciò, tranne se lui, Corrado, riuscisse a convincere Gaspare.
(1453 ottobre 2, “apud Gaydum”).
Magnifico Conrado de Foliano.
Havemo recevute le toe lettere in favore e per la liberazione de quelli da Castellione,
quali remasero in pregione quando te portoreno a Pizghetone e li quali non pono
essere pregione de iure, attento el salvaconducto, quale havevano, et cetera; et asieme
con dicte tue lettere havemo anchora recevute quelle del proveditore da Crema a te
scritte quale te remandiamo. E per respondere a quanto tu ne scrive, dicemo che
volunteri voressemo adiutare essi poverhomini per più respecti, et maxime per lo
beneficio fecero a te in portarte a Pizghectone; ma, pensando nuy quanto fusse ben
facto agravare Gasparro da Suessa a restituire quelli da Moscazano, como rechiede
esso proveditore, havendo nuy dato licentia a ti de retenire e restituire quelli foreno
presi per li tuoy quando occorse el caso de Castellione, perchè poria dire dicto
Gasparro che constringessemo luy a tale restitutione e l'altri no, che potria essere
cagione de sdignarlo, che a noy non pare, ma se tu gli havessi el modo de indurlo a
relaxarti con bono modo, serissemo contenti che nuy servivamo al conte Iacomo,
dicemo che l’è da credere se salvarà, dicendo che faciamo reIaxare li suoy, e serano
relaxati Ii nostri; che parerà ragionenele e conveniente. Sì per altra via te pare gli
possiamo giovare, avisace; nam per fare represaglia, se potriano gravare e
costringendo Gasparro ad restituire et non constringendo l'altri, haveria semper legitima
cagione de gravarse. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
328
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi che Morello da Parma ha risposto alle sue
richieste di vigilanza delle rive dell’Adda e di Castione affermando che, non essendo pagate, le
guardie e i navaroli dei retrovardi, non garantiscono nulla di certo. Morello ha in aggiunta
puntualizzato che il modo di reperire i fondi destinanti alla vigilanza per cui alcuni pagano e altri
no discordano da quello che si è sempre ordinato “de fare pagare ogniuno nemine exceptato”.
La conclusione del duca è che, tuttavia, non cessino le guardie.
(1453 ottobre 2, “apud Gaydum”).
87v Locuntenenti Laude.
Solicitando nuy continuamente meser Morello da Parma a bona e vigile guardia così
dela riva d'Ada, como etiamdio da Castione, semper ne responde ch’el farà quanto
potrà pro viribus suis, ma che, non siando pagate Ie guardie, nè Ii navaroIi deIi
retrovardi, como è ordinato, dubita molto che per tale mancamento non intervenga
qualche sinistro, del quale se habiamo postmodum a pentire; et segondo el suo
scrivere Ii denari deIe taxe ordinate per la dicta guardia non vanno bene, né se paghino
con li debiti modi, et che alchuni paghino et alchuni non, che non è quello che sempre
ve havemo ordinato et fatove commissione a bocha et in scriptis de fare pagare
ogniuno, nemine exceptato. Pertanto volimo provediate a questo in modo e forma che
per tali mancamenti non cessano Ie guardie più necessarie adesso che may, et habiati
intelligentia con dicto domino Morello e con chi ve pare meglio circa ciò, ita che sinistro
non intervenga. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
329
Francesco Sforza vuole che Gaspare da Suessa ammonisca i suoi soldati che passano l’Adda
per appropriarsi di fieno e di altro strame di cessare tale loro saccheggio che induce i
danneggiati a ricusare il pagamento della tassa per le guardie delle rive dell’Adda.
1453 ottobre 3, “apud Gaydum”.
Gasparri de Suessa.
Se gravano Ii nostri homini de là d'Ada che Ii tuoy passano e vanno a saccomano a
tolire el feno et altro strame, che non ne pare bene, maximamente perchè quando se
vedeno damnezate daIi nostri medesmi, recusano volere pagare la tassa che gli è
imposta per far fare Ie guardie ala riva d'Ada. Pertanto volemo che tu advisi Ii tuoy che
non passano più de lì per andare a saccomano, perchè non ne piace per molti respecti.
Data apud Gaydum, die iii octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
330
Francesco Sforza contesta a Morello da Parma che la tassa per le guardie per le rive dell’Adda
non sia equamente imposta. Siccome di ciò ha incaricato il luogotenente di Lodi, gli scrive
ancora e gli dice di concordare con Morello il servizio delle guardie. Ha scritto a Gaspare da
Suessa per ammonirlo dei saccheggi di fieno che fanno i suoi soldati. Si dice dispiaciuto che
quelli di Castelleone abbiano cacciato l’amico di Montodine e ha scritto a Donato perchè con
Francesco Corso si disponga, come Morello ordinerà, in modo che l’amico se ne stia lì.
(1453 ottobre 3, “apud Gaydum”).
88r Domino Morello de Parma.
Havemo recevuto due vostre lettere responsive aIe nostre circa la bona guardia da
essere facta, et inteso quanto scriveti del dubio haviti che non cessano Ie guardie per
mancamento del dinaro et anche perchè non se despensano con el debito modo, et
anche perchè sonno alcuni che paghino et alcuni che non; dicimo che de ciò remanimo
molto malcontenti, perché è tuto contra la opinione nostra e contra quello havemo
ordinato, cioè che ogni homo paghi, nemine exceptato; et così ne facessemo
comissione al nostro locotenente de Lode. Et perchè a luy ordinassemo quanto era da
fare perchè li pagamenti se facesseno equalmente, gli scrivemo novamente quanto ne
pare sopra ciò, et anche ch’el se intenda con voy per cagione dele dicte guardie le
quale, como voy saviamente scriviti, bisognano più adesso che may; sichè intenditeve
anchora voy con luy et fate como havemo speranza in voy e como haviti facto per lo
passato. Quanto ala parte de quelli de Gasparro da Suessa che vengo(no) a
saccomanno de là d' Ada e fano molestia ali homini nostri, haviti facto bene ad
avisarcene perchè non è nostra intentione che faciano così, e gli scrivemo quanto
bisogna per le alligate, le quale subito mandareti al dicto Gasparro. Ala parte de quelli
da Castellione, quali hanno caciato via quello amico de Montodene, ve avisamo che
non n’è stata nostra intentione, anze despiace a noy per li respecti che ne scriveti; e
così scrivemo a Donato per le alligate che facia et ordini con Francisco Corso che lassa
stare e praticare el dicto amico là al loco, segondo che voy gli ordinariti. Sichè mandatili
la lettera et ordinateli secretamente quanto voliti se facia, e lo farano.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
331
Francesco Sforza scrive ad Americo Sanseverino di essersi fatta l’opinione che re Renato faccia
squadre con 150 cavalli, ma siccome Americo sostiene che il sovrano pensa di fare squadre da
40 a 50 uomini d’arme, gli esprime il suo parere perchè lo comunichi al re. Gli osserva che in
Italia si fa “gran caso quando in un campo gli sonno gran numero di squadre” anche con pochi
cavalli (e porta l’esempio dell’ equiparazione che si fa di 12 squadre, indipendentemente dal
numero di uomini o di cavalli), per cui se il sovrano facesse squadre di 25 uomini d’arme, esse
apparirebbero tutte “belle et grosse squadre” e avrebbero la meglio su squadre con 240 - 250
cavalli. Se il re volesse seguire tale parere ducale, occorrebbe che le squadre fossero formate
prima di passare l’Oglio o Cremona.
(1453 ottobre 3, “apud Gaydum”).
Americo de Sancto Severino.
Heri et anchora questa matina, respondendo ale toe lettere te scripsemo ch’el ne
pareva che la mayestà del Re adaptasae et ordinasse le squadre soe a cavalli 150 de
conducta, et de questo medesmo parere semo anchora adesso. Ma perchè tu dice che
la predicta mayestà faceva pensiero de fare squadre de homini d’arme xl fin in l, te
replicaremo ancora per questa questo nostro parere, el quale tu porgerai ala prefata
mayestà del Re el più presto te sia possibile, persuadendoli che 88v li piaza farlo
mandare ad effecto, del quale è questo. Tu sai, Americo, che in queste nostre guerre
de Italia se fa uno gran caso quando in un campo gli sonno gran numero de squadre,
quando bene lì fosseno in esse pochi cavalli; et tanto se dirà de XII squadre de gente
d’arme, de L homini d’arme et de CC o CCC cavalli l’una, quanto se dirà de XII altre
squadre de XX o de XXV homini d’arme et de LXXX cavalli l’una o C. Il perché ne pare
che facendo la mayestà del Re le soe squadre de XXV homini d’arme l’una con la
conducta loro serano tute belle et grosse squadre, et forse comparerano più nela
campagna a numero de homini et cavalli che non farano le nostre che sarano dela
condocta de CCXL o CCL cavalli; et quando pur li parisseno de XXV homini d’arme troppe
povere, le porrà far fare de XXVIII o XXX al più; deli stambechineri et arceri la mayestà
soa porrà farle de C cavalli l’una et mancho ancora, secondo el parere de questi nostri
che sonno presso nuy. Cura de dire questi nostri pareri ala mayestà soa per modo non
para li vogliamo dare lege, perché nuy dicemo el parere nostro, et quello cognoscemo
serà reputatione et honore dela mayestà soa et ancora nostro; e dovendese fare
questo ordine conviene ch’el sia facto inanzi se passa Oglio o Cremona. Data ut supra.
Iohannes.
332
Francesco Sforza respinge la scusa di Pietro da Lonate per non aver mai potuto costringere i
suoi uomini a “ fare el debito loro”. La colpa è sua perchè unge la schiena dei suoi uomini,
mentre la dovrebbe pungere.
1453 ottobre 4, “apud Gaydum”.
Petro de Lonate.
Respondendo a una tua de dì xxvii del passato per la quale fay la scusa che may non
hay potuto constringere l'homini toy a fare el debito loro, dicemo che se ti et li toy
consorti havesti facto quello che debitamente dovevati fare, siamo certi che li dicti
homini haveriano facto el debito loro; ma vuy siti una brigata che così, como doveristi
artare per ogni via con ogni vostra diligentia, solicitudine et industria li vostri per fare
facesseno el debito suo como fanno l'altri nostri, li menati la mano sopra dela schena et
li ungeti dove che li doveresti pongere. Et questo procede perchè vuy haveti più caro li
dicti homini che nuy et il bene del stato nostro; sichè per niente non 89r habiamo
puncto per recepta la dicta toa scusa: fa mò como te pare perchè essi homini fazano el
debito loro. Data apud Gaydum, die iiii octobris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
333
Francesco Sforza comanda all’ufficiale di Pianello di catturare i due famigli (Giovanni Villano e
Rivoltino) che sono fuggiti dal suo famiglio Madona Gionana e sono ritornati a Pianello portando
via a Madona dei cavalli e della roba e di non rilasciarli fino a quando non abbiano risarcito in
tutto Madona. Se non si trovassero lì, vuole che l’ufficiale costringa il padre di Giovanni e i
familiari di Rivoltino a pagare detto Gionana.
(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).
Officiali Pianeli.
Da Madona Gionana, nostro famiglio, sono fugiti duy soy famigli, l'uno chiamato
Giovanne (a) Vilano et l’altro Rivoltino, quali sono capitati al Pianelo ale case loro et
hano menato via alcuni cavali et portato etiam dela roba d'esso Madona Gionana. Per
la qual cosa, volendo providere ale indemnitate d'eso Madona Gionana, vi comandiamo
et volemo che subito, receuta questa, faciati destenire dicti famigli et non li lassareti
donec habiano satisfacto integramente quelo che hanno portato via; et se per caso non
fossero capitati al Pianelo, volemo che astringi el Vilano, patre d'esso Giovane Vilano,
et cossì queli dela cassa d'esso Rivoltino ad pagare al dicto Madona Gionana la roba et
cavali soy predicti. Et questo non manchi. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) Giovane scritto su rasura.
334
Francesco Sforza chiede a madonna Luchina dal Verme di provvedere che Madona Gionana sia
risarcita dei due cavalli e della roba che gli hanno rubato due suoi famigli, Giovanni Villano e
Revoltino.
(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).
Domina Luchina de Verme.
Da Madona Gionana, nostro famiglio, sono fugiti doy soy famigli, chiamato l'uno
Giovane Vilano et l'altro Rivoltino et li hanno menato via doy soy cavali et portato certa
soa roba, et sono capitati al Pianelo dove hanno li loro parenti et case; et perché
volemo che essi provedano ala indemnitate d’esso Madona Gionana, confortiamove
vogliati scrivere et providere opportunamente che, essendo capitati al dicto loco, siano
retenuti et non essendo lì capitati sia dele robbe loro satisfacto al predicto Madona
Gionana integramente. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
335
Francesco Sforza comanda a Iacobo da Crema, ufficiale delle munizioni di Pavia, di mandare a
Cremona, in mano di Filippo degli Allegri, ufficiale delle munizioni, 12 pali di ferro da vigna con la
mazorola, avvisandone subito Bartolomeo da Cremona.
(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).
89v Iacobo de Crema, officiali munitionum Papie.
Volimo che subito, ala receputa de questa, tu debbi mandare a Cremona in mane de
Iohanne Filippo delli Allegri, officiale dele munitione, li dodeci, cioè 12, pali de ferro de
vegna che habiano la mazorola da capo. Et subito che l’haveray mandati, avisarane
Bartholomeo da Cremona.
Data ut supra.
Ser Iacous.
Cichus.
336
Francesco Sforza ordina a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia di garantire a
Francesco Zorzo che i 320 sacchi di biada da cavalli richiestigli dal lodigiano Tommaso Azzone,
famiglio ducale, sono per il duca e non già che Tommaso li voglia, come dicono il conte
Antonio e Pietro Beccaria, per farne mercanzia.
(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).
Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.
Nuy havemo mandato in quelle parte Thomaso Azone da Lode, nostro famiglio, con
denari dela borsa nostra per acomperare certa quantità de biade da cavalli per la
famiglia et cavalli dela persona nostra propria; il quale ne scrive como Francesco Zorzo
gli ne haveva promesso sachi a CCCXX de quella era del vescovo passato et che al
presente non la pò havere, perché el conte Antonio et domino Petro de Beccaria, suo
zenero, dicono che esso Thomaso non la vuole per nuy, ma che ne vole fare
mercanzia, como anche voy doveti essere informato. Pertanto volemo che vuy siati con
el conte Antonio et con che ve parà bisogno, et facendo fede como nuy volemo questa
biada per nuy, dati ogni favore, adiuto al dicto Thomaso che possa havere questa et
ogni altra quantità de biada da cavali, secondo gli havemo comeso per uso dela casa
nostra, pagandola, como è l’intentione et voluntà nostra.Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Cichus.
a sachi scritto su rasura.
337
Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme che per la venuta di re Renato
voglia imprestargli 2000 sacchi di frumento, dei quali, come le dirà a voce il suo famiglio
Alberto Santo, farà l’assegnazione il prossimo anno.
1453 ottobre 4, “apud Gaydum”.
100r Magnifice domine Luchine de Verme.
Per alcune cose ne accadeno de grandissima importantia per la venuta qua dela
mayestà del re Renato, pertanto preghamo la magnificientia vostra che ne voglia
prestare per fino in la summa de sachi doa millia de frumento, per la satisfactione del
quale ve faremo fare la assignatione nel’anno avenire in bona forma, como a bocha ve
dirà Alberto Sancto, nostro famiglio, exhibitore de questa, al quale, in tuto quello gli
referirà per nostra parte, voglia crederli la magnificienza vostra quanto ala nostra
propria persona. Data apud Gaydum, die iiii octobris 1453.
Ser Iohannes.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.
Cichus.
338
Francesco Sforza scrive a Rolando de Belcredo che gli manda il famiglio ducale Raffaele
Pugnello con la richiesta di 200 sacchi di frumento, certo della sua condiscendenza a
concederglieli per l’amore che ha per lui e lo stato sforzesco.
Segue l’elenco del comune e delle persone cui chiede 2000, 300,200,100 sacchi di frumento.
(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).
Domino Rolando de Belcredo.
Deliberando nuy in li bisogni, quali ne occoreno de presente, adiutare con quelli, quali
sempre havemo conosuti non mancho amare nuy e stato nostro che Ie cose sue
proprie, fra li quali ve reputiamo deli affectionati a noy, mandiamo a vuy Raphaelo
Pugnello, nostro fameglio, presente portatore, al quale havemo comesso alcune cose
ve dirà per parte nostra con alcuna rechiesta, ala quale siamo certi condescenderiti
volunteri per l'amore e fede quale ne portate. Crederite adoncha a luy quanto a nuy
proprii con quello bono effecto et executione che rechiede el bisogno nostro e che
speramo in voy. Data ut supra.
Suprascripto domino Rolando sachos 200 formenti.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit infrascriptis, videlicet:
domino Antonio de Lonate sachos 200,
Gaparri de Sanctonazario 100,
domino Laurentio Isimbardo 200,
nobilibus de Penarolo 200,
domino Petro et fratribus de Beccaria 200,
Iohanni Antonio de Sartirana 200,
Facino Ritio et fratri 300,
nobilibus de Candia 200,
Iacobo de Zaziis 100,
Manfredino et fratri de Beccaria 200,
Iacobo de Beccaria 100,
domino Nicole de Curte 200,
Antonio de Grumello 200,
Iohanni de Federicis et fratribus 200,
domino abbati Sancti Petri in Cello Aureo 200,
priori Sancti Maioli 100,
abbati Sancti Lanfranchi 100,
preceptori de Rubeis 100,
homines Iohannis Marci Fiamberti 200,
comuni et hominibus Sallarum 2000,
Olmo de Fornariis 100,
Simon de Fornariis 100,
domino Otto de Mandello 200,
Iohanni Antonio de Landriano 200,
magnifico Bolognino 100,
domino Gracino 100,
comiti Antonio Crivello 300,
domino Aluysio et fratribus de Beccaria 200,
Nicolao de Beccaria 100.
339
Francesco Sforza avverte donna Luchina dal Verme che le manda Alberto Sacco con la
richiesta di 60 uomini “fidati et apti” da mandare con un capo per 20 giorni a Seniga a sicurezza
del luogo, avendo convocato in campo tutte le genti d’arme del posto.
1453 ottobre 5, “apud Gaydum”.
100v Magnifice domine Luchine.
Oltra la quantità de formento, ve mandamo ad rechedere per Alberto Sancto, gli
havemo ancora commesso che debbia recercare dala magnificientia vostra sexanta
homini, quali siano fidati et apti, quali volemo mettere in Senigha per seccureza de
quello loco, et maxime havendo nuy ad removere tute Ie nostre gente delIà per unirle
con nuy et attendere aIe cose de qua. Pertanto pregamo la vostra magnificientia che ne
voglia mandare dicti sexanta homini, quali ne bisognano per vinti dì dal dì che serano
giunti, como la magnificientia vostra intenderà dal prefato Alberto al quale, in tuto circa
zò gli exponerà per nostra parte, gli piaza credere quanto ala nostra propria persona; et
voglia la magnificientia vostra dargli uno capo al quale habiano ad obedire. Data apud
Gaydum, die v octobris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
340
Francesco Sforza ordina al capitano di Casteggio di catturare l’uomo d’arme di donna Luchina
dal Verme Pietro Marcone, che si è rifugiato lì.
(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”).
Nobili viro capitaneo Clastigi.
Havemo noticia che uno Petro Marchone, homo d’arme delIa magnifica madona
Luchina dal Verme, è venuto lì ale stancie. Pertanto volemo che subito, havuta
(questa), debii retrovare dicto Petro e lo destineray, non relaxandolo senza licentia
nostra, o della prefata magnifica madona Luchina; et questo non manchi. Data ut supra.
Nicolaus.
Ser Iohannes.
341
Francesco Sforza comanda al luogotenente di Lodi di sottoporre Rizardo a ulteriori interrogatori
perchè riveli tutto ciò che sa. Ricordando che con il confronto con il capitano Bartolomeo è stato
meno silenzioso, il duca vuole che ora, anche con l’uso della corda, diventi più loquace.
(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”)
Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto Ie vostre lettere circa la confessione facta per Rizardo sostenuto,
dicemo che, comprehendendo, segondo el vostro scrivere e segondo Ia confessione
sua senza altro crutiato, che verisimilmente debbe sapere altro che quello ha
confessato, et deliberandoce sapere el fondamento de quella cosa, volimo che per
qualunque modo e via debbiati cavare da luy quanto ne sa; e volendo luy stare
indurato, como faceva prima inante che gli mettessemo Bartholomeo cap(i)taneo a
fronte a fronte, constrengitelo etiam con la corda a dire el vero, non gli havendo
respecto alcuno, e dela confessione farà, renderitece avisati. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
342
Francesco Sforza comanda al luogotenente di Lodi di mettere in libertà i due parenti, di Valera
Vecchia, del famiglio ducale Babor dal luogotenente ingiustamente imprigionati a richiesta di un
uomo d’arme, già della compagnia di Evangelista Savello, cui il duca accorda di ricorrere da lui
se pretende d’aver qualcosa dai due uomini.
(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”).
101r Locumtenenti Laude.
Barbor, nostro fameglio, ne ha facto lamenta che ad istantia de alcuno homo d’arme,
che fo delIa compagnia de Evangelista Savello, haveti facto mettere in proxone doy soy
parenti del loco de Valera Vechia indebitamente, allegando dicto Babor che la domanda
fa dicto homo d’arme non è vera, imo iniusta. Per la qual cosa, volendo nuy cognoscere
questa cosa ita che niuno se chiama iniuriato, volimo che subito, recevuta questa,
lassiati dicti homini liberamente, et se dicto homo d’arme se pretende de volere
domandare cosa alcuna ali dicti homini, comandaritili che vengha qua da nuy perchè gli
faremo ministrare raxone. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
343
Francesco Sforza comunica ad Angelo de Acciaiolis che Guglielmo da Moliono, dopo averlo
malvolentieri a lungo aspettato credendo nella promessa inviatagli di un suo prossimo arrivo,
alla fine, inquieto per la contrarietà del Delfino per la sua inconcludente permanenza lì, siccome
lo Sforza non ha voluto “venire a particolarità alcuna, maxime havendo el...Dalfino l’animo alle
cose de Zenoa”, ha deciso di ritornare percorrendo l’itinerario di re Renato e di Angelo. Se li
incontrasse a Cremona è disposto a ritornare con tre cavalli nella speranza di concludere
qualcosa. Il duca consiglia ad Angelo di trovarsi con il re e raccontargli tutto per evitare guai a lui
e al duca. Se il re vuole ritornare lì con Guglielmo, faccia quel che gli pare.
(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”).
Domino Angelo de Azaiolis.
Como per le altre nostre lettere ve scripsemo Gugliermo da Moliono deliberò pur de
expectarve qui, quantunche malvolunteri per la longa demora haveva facta qui prima
che se havesse la vostra respuosta; et credendosi che voi venisti presto, maxime per la
ultima vostra respuosta che ne festi che veneristi, et cetera, con grande affanno ha
aspectato fin qui dicendo ch'el dubita ch'el Dalfino non li faza despiacere per essere
tanto tempo demorato qui et infine non havere facto cosa alcuna, perché nuy, como
sapeti, non semo voluto venire a particularità alcuna, maxime havendo el dicto Dalfino
l'animo ale cose de Zenoa; et infine ha deliberato el dicto Guilielmo retornarsene
indreto e fare la via dela mayestà del Re et vostra; et se per caso ve trovasse a
Cremona, dice volere retornare qui con tri cavalli per vedere de venire a qualche effecto
dela soa commissione. Et perchè comprehendemo ch’el se ne va molto malcontento et
desdegnato et porrà fare deIe relatione al dicto Dalfino che non sariano utile nè a voy,
nè a noy, ne pare che vuy debiati trovare con la mayestà del Re et dirle de questo
facto; et che parendo ala soa mayestà ch'el sia bene de fare retornare de qua con sì el
dicto Guilielmo, che faza quello sia el meglio, et adaptati mò questa cosa voy, domino
Angelo, como meglio ve pare, sichè non habiamo retrarne adosso la malivolentia
d'esso Dalfino, nè ancora del dicto Guilielmo. Solicitati la mayestà del Re che, perdio,
non se perda più tempo nel camino; Guilielmo predicto se parte hogi de qui et vene via
verso Cremona. Data ut supra.
Iohannes.
344
Francesco Sforza fa sapere a Colleoni che Antonio da Landriano, condottiero ducale, si è molto
lamentato del furto fatto in casa sua da uomini della famiglia del Colleoni. ll duca lo sollecita a far
restituire tutta la refurtiva ad Antonio o a Giacomo da Landriano, parente di Antonio.
1453 ottobre 5, “apud Gaydum”.
101v Magnifico Bartholomeo Coleono.
Antonio da Landriano, nostro conductero, ne ha facto grande lamenta d'una robbaria
facta per la vostra fameglia in una soa casa de Cognolo de certe robe che intenderiti
per l'introclusa lettera, et ne ha mandato scripti in la dicta lettera el nome de alcuni de
loro. Et perchè non è da tollerare tale robaria et maxime, siando facto al dicto Antonio,
quale è con nuy quello che sapeti, ve confortamo, caricamo et stringemo debbiati
provedere che a Iuy, overo a Iacomo da Landriano, suo parente, quale gli scrive la dicta
lettera, sia restituito integramente tuto quello gli è stato tolto fora dela dicta casa senza
exceptione o contradictione alcuna. Data apud Gaydum, die v octobis 1453.
Irius.
Cichus.
345
Francesco Sforza comunica al Colleoni di aver ricevuto da Giovanni Conte, compagno di
Morretto, la lettera con cui lui gli conferma di aver avuto dal famiglio ducale Giovanni Bono il
suggerimento dei modi che deve osservare per alloggiare una notte a Cremona e dintorni con re
Renato e le altre genti d’arme, oltre al compito di provvedere un ricovero alle truppe regie che
non possono trovarlo a Cremona. il duca si dice certo che anche il Colleoni, mal sopporti la
“tardità” del re, anche se crede, nonostante i rinvii fatti anche a causa della combustione della
luna, che in serata sarà giunto a Pizzighettone. Considerato il fatto che nelle guerre in Italia si è
soliti “usare dele arte et fictione con parole et demonstratione”, egli ha divulgato che lui,
Collleoni, e il re erano ancora nell’Alessandrino e alcune altre genti stavano di là dell’Adda, nel
Cremonese e altrove e che arriveranno 40 e più squadre. Siccome da Americo Sanseverino è
stato informato che il re intendeva fare non più di 12 squadre con 50 uomini d’arme, il duca ha
suggerito ad Americo di consigliare il re di fare squadre con 25 - 30 uomini d’arme in modo da
avere da 18 a 20 squadre e gradirebbe che il Colleoni appoggiasse tale proposta e ne parlasse
con Americo. In più, chiede allo stesso Colleoni di voler fare otto squadre, mentre lui duca
esigerà dagli altri condottieri di formare squadre come si dice nella lettera, avendo l’avvertenza
che tutto sia fatto prima di passare l’Oglio.
Fu scritto in data 6 ottobre a Biagio da Civate, podestà di Giarola, di portarsi dal duca.
1453 ottobre 4, “apud Gaydum”.
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Questa sera per Zohanne Conte, compagno de domino Moreto, havemo recevuto la
vostra lettera de dì iii del presente per la quale restamo avisati de quanto per nostra
parte ve ha referito Zohanne Bono, nostro fameglio, delli modi ne pare debbiati servare
in allogiare una nocte a Cremona et lì d’intorno con la mayestà del Re et Ie altre gente;
al che non replicamo, nè movemo altro, non ma che da puoi havite inteso el nostro
parere lassiamo el carico et cura ala magnificentia vostra de allogiare tute quelle gente
per una nocte per modo staghino secure, et che I’avanzo delle gente delIa mayestà del
Re, che non porano stare in Cremona, Ie allogiate presso vuy per modo siano bene
tractate et allogiate, et che non recevano danno, come semo certi sapereti ben fare.
Apresso ne rendiamo certi ch’el ve rencresce ch’el se perda questo bon tempo per la
tardità ha facta la mayestà del Re, el quale non dubitamo, ala recevuta de questa, serà
giuncto a Pizghetone, perchè intendemo de certo debbi partirse heri che fo mercoridì
da Milano, non obstante ch’el deliberasse partirse martedì passato; 102r pur, per la
combustione dela luna retardò el suo cavalcare quello dì. Ulterius perchè vuy sapete
che in queste nostre guerre de Italia giova molto ad sbigottire el compagno ad usare
dele arte et fictione con parole et demonstratione et havemo per tuto devulgato, tanto
fra nuy quanto fra I’inimici che de presente fra la mayestà del Re et voy et l’altre nostre
gente, erano in Alexandrina et alcune altre gente tenevamo aIe frontere delIà d'Ada et
in Cremonese et altri lochi, ne giungerano XL squadre de gente d’ame et più, et havemo
facto el nostro designo che siano queste che se conteneno nella inclusa lista, como
vederiti. Et perchè per lettere de Americo de San Severino semo stati advisati che la
mayestà del Re deliberava fare XII squadre et non più, mettendo quaranta et L homini
d’arme per quadra, havemo scripto al dicto Americo che debia confortare la prefata
mayestà del Re a fare le squadre soe a XXV fino in XXX homini d’arme per squadra,
como vederiti per la copia delIa lettera scripta al dicto Americo, pur qui inclusa, che ne
porà fare fin al numero de XVIII o XX; il perchè ne pare che anchora Ia magnificentia
vostra voglia confortarla al simile, conferendone prima con el dicto Americho,
adiungendo ala mayestà soa che ogni volta che fossemo per fare facti d’arme con
I’inimici, Ie squadre se possono fare de doe, o de tre, una. Confortiamo etiamdio la
magnificentia vostra se’l è possibile, a fare VIII squadre perchè serà anchora vostro
honore et reputatione e simelmente a quelli nostri conducteri che fazano lo numero
deIe squadre che se contene nella dicta nostra lettera. Et questo ordine se vol fare
inanze se passi Oglio; et piazane advisarne como haverite facto. Data apud Gaydum,
die iiii octobris 1453.
Iohannes.
Die vi octobris 1453.
Scriptum fuit Blasio de Clivate, potestati Glarolarum quod veniat ad dominum.
Ser Iacobus.
Cichus.
346
Francesco Sforza scrive ad Americo Sanseverino di gradire l’andata di re Renato a Lodi e poi, il
cinque, a Pizzighettone, bramando che presto lo raggiunga. Non ha nulla da ridire circa il regale
alloggiare a Cremona, che dovrà essere oggetto di cura del Sanseverino e del Colleoni.
Provvederà, invece, il duca alla sistemazione del re di là dall’Oglio, ov’egli passerà, perchè la via
di qua dal fiume non è sicura.
In simile forma si è scritto a Giovanni Bono.
1453 ottobre 6, “apud Gaydum”.
102v Magnifico Americo de Sancto Severino.
Per la vostra de dì quatro del presente, data a Lode, remanemo avisati dela venuta
dela mayestà del Re Iì a Lodi, et successive del suo volere venire a Pizleone a dì
cinque, al che non accade dire altro, se non che summamente ne piace et ne
contentiamo grandemente aspectando Ia mayestà soa con grande affectione et desiderio che presto se retrovi de qua. Del’allozare suo et delli suoi a Cremona non dicemo
altro, perché se rendemo certi che trovandove con el magnifico Bartholomeo Coglione,
per vuy tuti insieme serà preso partito nel’alozare suo che serà bono; del’alozare suo
de qua da Oglio ne seriti avisato da nuy. Ma ben ve avisamo che serà necessario che
quello dì proprio che se partirà da Cremona la mayestà soa passa de qua da Oglio,
perchè remanendo delIà non remaneria ben secura. Data apud Gaydum, die vi octobris
1453.
Bonifacius.
Iohannes.
In simili forma scriptum fuit Iohanni Bono.
347
Francesco Sforza segnala al luogotenente di Lodi che, in seguito alla venuta di re Renato,
l’esercito era di parecchio aumentato per l’arrivo lì di truppe regie e di quelle sforzesche, già sul
fronte monferrino. Era necessario che facesse un bando che imponesse agli uomini della città e
del contado di fornire, secondo le loro possibilità, biada per i cavalli, vino, pane, carne salata e
altre vettovaglie, assicurandoli che oltre a non pagare dazio, “gli sarà facte bona compagnia e
se trovarano fare bono guadagno”.
In simile forma fu scritto a: podestà di Pavia, Oldrado, podestà, Anziani e capitano di Parma,
marchese Orlando Pallavicino, conte Stefano, marchese di Soragna, luogotenente, podestà,
referendario, Anziani e capitano del divieto di Piacenza,
Fu replicato, triplicato e quadruplicato al luogotenente di Lodi, al podestà di Pavia.
(1453 ottobre 6, “apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
Acioché’l nostro felice exercito, qual de presente molto e molto se ingrossò per la
venuta dela mayestà del re Renato con Ie sue e nostre gente, quali erano al'imprexa
del Monferrato sia abondevole de victualie, volimo che publice faciati bandire in quella
nostra cità et anche in Ie ville et terre del contado che qualunque, segondo la facultà
sua, debba far condure qua al dicto exercito nostro biava di cavalli, vino, pane, carne
salata e qualunque altra generatione de victualie, avisando e certificando ogniuno che,
ultra che non pagarano datio alcuno, gli serà facto bona compagnia e se trovarano fare
bono guadagno et a noy serà cosa gratissima. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum est potestati Papie,
domino Oldrado; potestati, Ancianis et capitaneo Parme,
domino Orlando, marchioni Palavicino,
comiti Stefano, marchioni Soranie;
locumtenenti, potestati, referendario, Ancianis et capitaneo devetus Placentie;
locumtenenti Laude et potestati Papie. Duplicata die viii octobris,
et triplicata, quatruplicata die.
Cichus.
348
Francesco Sforza assicura Francesco Biscossa, cancelliere di suo fratello Corrado, di aver
provveduto, aderendo alla sua richiesta, che i 300 ducati assegnati a Corrado fossero in oro.
1453 ottobre 6, “apud Gaydum”.
103r Francisco Biscosse, cancellario magnifici Conradi, germani nostri.
Inteso quanto ne scrive che per supplire ali bisogni de Conrado, nostro fratello, voliamo
essere contenti et ordinare che quelli trecento ducati, quali havemo scritto siano dati a
Conrado, nostro fratello, gli siano numerati a ragione d'oro, restamo contenti de farlo, et
così scrivemo per Ie alligate aIi Maystri del’intrate nostre che gli faciano numerare a
oro. Farali adoncha presentare le lettere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
349
Francesco Sforza ordina al luogotenente di Lodi che, anzichè essere cacciata di casa,abbia
“una camera con tanta habitatione” la donna del suo famiglio Galasso da Recanati, tanto più che
lui è con il duca al campo.
1453 ottobre 6, “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Se è gravato con nuy Galasso da Recanati, nostro fameglio, che gli vole essere cazata
de casa una sua femina, quale ha in quella nostra cità, che non ne pareria né honesto
né ragionevele, stanto luy qua in campo con nuy. Pertanto volemo che provediati
omnino che non sia cazata, anzi gli sia reservata una camera con tanta habitatione che
gli possa habitare. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
350
Francesco Sforza comanda a Morello da Parma di restituire, come già gli ha imposto, i denari
che lui aveva fatto pagare a una nave di Benedino del Mora da Cremona che conduceva
mercanzie a Crema sotto salvacondotto ducale
1453 ottobre 8, “ex castris apud Gaydum”.
Domino Morello de Parma.
Miser Morello, per un'altra nostra te havimo scripto che certi denari che ti havivi facto
pagare ad una nave de Benedino del Mora da Cremona, che conduceva certe
mercantie ad Crema socto nostro salvoconducto, che nostra intentione era che fussero
restituito et che volevamo gliIi restituissi (et fin qui non pare ne habbi facto cosa alcuna,
del che ne meravigliamo assay), pertanto volimo che senza exceptione alcuna ti dibbi
per omni modo restituire dicti denari al dicto Benedino del Mora, overo ad qualunqua lui
mandasse con la presente. Et questo volimo non sia fallo. Ex castris, viii octobris 1453,
apud Gaydum.
Iohannes.
351
Francesco Sforza scrive a Pietro da Lonate, che se dal primo giorno avesse imprigionato un suo
uomo e fatta la imposizione, di cui gli ha scritto, a tutti i suoi uomini e a quelli dei suoi consorti,
essi avrebbero “integramente facto,el debito suo”. Agisca, perciò, insieme con Ludovico da
Bologna e Antonio da Landriano in modo che tutti i debitori delle tasse dei cavalli e del
carriaggio paghino il dovuto. L’atteggiamento suo con i masnadieri è semplice: presone uno, lo
impicchi, come ragione vuole e non ne dia più molestia al duca.
1453 ottobre 8, “apud Gaydum”.
Petro de Lonate.
Havemo recevuto la toa lettera de dì ultimo del passato, per la quale restiamo avisati de
quanto ne scrive de quello tuo homo hay facto destenire, et del comandamento facto
generalmente aIi tuoy homini e delli tuoy consorti, al che, respondendo, te dicemo che
siamo certi che se tu havessi facto così fino al primo dì, che loro haveriano mò
integramente facto el debito suo. Sichè te confortiamo, caricamo et stringemo quanto
più possemo che contra li dicti tuoi homini, et cossì qualunque debitore delle 103v taxe
di cavalli e carezo nostro, una con Lodovico da Bologna et Antonio da Fabriano, vogli
procedere et fare ogni altra cosa in modo che ciascuno facia el debito suo; et facendo
così haveremo per accepta ogni toa scusa, et crederimo ami nuy et il stato nostro.
Ala parte delli strataroli che stano ala strata et robbano Ii subditi nostri, dicemo che,
pigliandone veruno tu lo debbi impicare per la gola secondo rechiede la ragione. et de
simile cose che passano per via de rasone, ne pare le poteresse fare senza scrivere né
darne molestia ad nuy. Data apud Gaydum, die viii octobris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
352
Francesco Sforza impone al podestà di Caselle di non tener conto del divieto fatto dal conte
Cristoforo, ma di consentire al lodigiano Tommaso Azzone di acquistare la maggior quantità di
biada possibile per i cavalli ducali: e di ciò gli avrebbe fatto scrivere dal conte Cristoforo se non
fosse andato a Guastalla.
(1453 ottobre 8, “apud Gaydum”).
Potestati Casellarum.
Perché havemo mandato in quelle nostre parte Thomaso Azone da Lodi per recatare et
comprare quella più quantità de biava sia possibile per uso delli nostri cavalli, et pare
che in quella terra non ne possa havere niente per certa ordinatione facta per lo
magnifico conte Christoforo; (a) pertanto volemo che subito, havuta questa, non
obstante deveto alcuno, lassi cavare et comprare in quella terra tuta quella quantità de
biava piacerà al dicto Thomaso; et a questo non faray exceptione né contradictione
alcuna. Te haveressemo facto scrivere dal prefato conte Christoforo, ma al presente
non se retrova in campo, perché è andato ad Guastalla.Data ut supra.
Nicolaus.
Cichus.
(a) Conte Chri scritto su Bartolomeo abraso.
353
Francesco Sforza si congratula con il luogotenente di Lodi per aver revocato il salvacondotto alle
ville del Cremasco. Esprime meraviglia per le lamentele dei balestrieri del revellino del ponte,
pur avendo scritto ai Maestri delle entrate di sborsare 30 ducati a Bartolomeo da Robia, che
ora, in seguito alla nuova lettera ducale ai Maestri, ne solleciterà il versamento. Si dice ancora
stupito della richiesta del luogotenente di munizioni per la rocchetta di Lodi verso l’Adda. Sa di
certo che i castellani ne avevano e, quindi, non li lasci partire, se prima non le restituiscono. Se
fossero già andati via, trattenga la roba loro.
(1453 ottobre 8), “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Ne piace, respondendo ala vostra, che habiati revocato el salvoconducto concesso aIe
ville de Cremasca, como ve havevamo scripto. A quelli balestreri del revellino del ponte
maravegliamoce non sia provisto, perché scripsemo I’altro dì ali Magistri deI’entrate,
per lettere sottoscripte de nostra mano, che dovesseno sborsare a Bartholomeo da
Robia ducati xxx, però gli 104r repplicamo de novo quello medesmo, siché vogliatili dire
che’l vada o mandi a sollicitare Ii dicti dinari. Et perché rechiedeti munitione da mettere
in la rocheta de Lode verso Adda, maravigliamone che in la dicta rocheta non siano Ie
dicte munitione, perché sapiamo pur nuy che Ii castellani ne havevano. Però volimo che
non debbiati lassare partire Ii dicti castellani finché habiano restituite et remetuto tute Ie
munitione nostre, quale havevano, como intenderiti per la lista d’esse munitione quale
debe essere Iì; et essendo loro partiti, reteniti la robba soa, non relaxandola fin a tanto
che le haverano integramente restituite. Et in questo non sia fallo alcuno. Data apud
Gaydum, ut supra.
Irius.
Cichus.
354
Francesco Sforza vuole che il luogotenente di Lodi rispetti i salvacondotti concessi al
provveditore di Crema, come lui farà con quelli sforzeschi e, anzi, ne concederà uno per altri
cinque carri.
1453 ottobre 9, “apud Gaydum”.
Locumtenenti Laude.
Benché li salviconducti per nuy concessi ale ville de Cremascha siano revocati como
intendeti, non volemo però che li salviconducti per nuy concessi al proveditore de
Crema s’intendano in questa revocatione; immo intendiamo stiano fermi como prima,
perché luy anchora tenerà fermi li nostri et ne concederà salvoconducto a cinque altre
carre. Vogliati aduncha provedere che li dicti salviconducti gli siano observati senza
exceptione et contradicione alcuna. Apud Gaydum, die viiii octobris 1453.
Irius.
Cichus.
355
Francesco Sforza assicura Andrea Dandolo, provveditore di Crema, che mantiene validi i
salvacondotti personalmente a lui concessi e gli chiede di accordarne uno per cinque carri.
(1453 ottobre 9, “apud Gaydum”).
Andree Dandulo, provisori Creme.
Quantunche habiamo revocati generalmente tuti Ii salviconducti per nuy concessi aIe
ville de Cremasca per scontro deIi concessi per vuy aIe ville de Lodesana, nondimeno
non intendiamo siano revocati Ii salviconducti concessi a vuy in specialità, immo volimo
siano validi et fermi como erano prima, de che ve ne havemo vogliuto avisare,
confortandove et pregandove che ultra el salvoconducto delle carre a nuy concesso, ve
piacia concederne un altro per cinque carre. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
356
Francesco Sforza si compiace con Giovanni de Angelellis, capitano di giustizia di Milano, per
quanto gli ha scritto sul suo comportamento con i malviventi e per quelli catturati a Gropello.
Non badi a quelli che hanno perorato perchè egli soprassieda dal colpire i malfattori: agisca
come giustizia esige e indaghi su correi e su quanti hanno comunque incitato a malfare, in modo
che di tutti e di tutto si sappia. Gli puntualizza di essere informato che non agisce
animosamente, che se la prende con i tristarelli e si lascia intimidire dalle preghiere e istanze dei
fautori degli atti criminali. Sappia che farà investigare su tutto il suo operato.
1453 ottobre 10, “apud Gaydum”.
104v Capitaneo iustitie Mediolani domino Iohanni de Angelellis.
Havemo recevuta vostra lettera de dì vii del presente et inteso quanto scriveti de
quanto haveti exequito et Ii modi haveti servato contra quelli delinquenti et de quelli
haveti facto pigliare ad Gropello, quali sonno in castello, et cetera; dicemo che de tuto
restamo advisati et piacene quanto haveti facto, et comendamove assay. Et perché
diceti che ve è stato comandato che debbiati soprasedere aIe executione et
procedimento contra Ii dicti delinquenti, dicemo che havemo havute lettere et
ambassate sopra ciò, aIe quale non volemo acquiescere; e però volimo che debbiati
procedere, et non vogliati havere respecto né reguardo ad persona alcuna ad
procedere contra de loro senza alcuna intermissione de tempo. Et fati contra delli dicti
delinquenti animosamente quanto vole et se extende la rasone, non guardando in faza
ad persona alcuna et sia che se voglia, perché intendemo che omnino sia facto rasone;
et che chi haverà fallato sia punito, secundo disponerà la rasone et iusticia,
examinando quelli sonno più cativi et tristi, et sapere la verità delli furti, delicti et altri
excessi per lo tempo passato, per modo che particularmente et seriosamente sappiamo
el tuto et intendiamo el nome de tuti quelli sonno stati commettitori de tali excessi et
delicti de dì et de nocte, et per ogni modo siano stati commessi; et così sapiamo Ii nomi
delli tutti quelli sonno stati consultori, fautori, persuasori et consentienti (a) et scienti
delle cose predicte, siché sappiamo quali sonno Ii boni et quali Ii cativi, advisandove
che nuy siamo informati per quelli che vengono dellà che non haviti proceduto
animosamente contra Ii grossi che sonno cativi, ma contra qualchi tristarelli, quali non
sonno quelli sonno stati cagione de queste cose (b). E questo procede perché attendeti
ad compiacere ad cittadini per preghere et instantie de loro, quali sonno stati et sonno
cagione delle predicte cose; siché, non attenduta alcuna altra cosa, procedeti virilmente
et animosamente et dritamente ad fare raxone et iusticia, perchè ve avisamo faremo
molto bene circhare et investigare da puoi el facto como ve seriti portato in questa cosa
dritamente, intendendove (c) de tuto insieme con lo podestà, secondo la comissione
haveti da nuy. Data apud Gaydum, die x octobris 1453. Duplicata.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) consultori, fautori, persuasori et conse scritto su rasura.
(b) de queste cose scritto su rasura.
(c) In A intendendendove.
357
Francesco Sforza fa sapere a Bolognino de Attendolis di aver scritto a Giovanni de Angelellis,
capitano di giustizia, attualmente lì per procedere, senza alcun riguardo per chi si sia, contro gli
autori dell’eccesso pavese. Vuole che Bolognino si faccia mostrare le lettere ducali e lo inciti a
procedere virilmente contro i delinquenti, perchè ne vuole una esemplare punizione.
1453 ottobre 10, “apud Gaydum”.
105r Magnifico Bolognino de Attendolis.
Novamente, per doe nostre lettere scrivemo al spectabile doctore domino Iohanni de
Angelellis, nostro capitaneo de iusticia, quale de presente se retrova Iì che debbia
procedere animosamente et secondo vole la rasone contra quelli tucti quali comisseno
quello excesso Iì in quella nostra cità, non guardando in faza ad persona del mondo;
siché volemo et ve commettemo ve debbiati trovare con dicto nostro capitaneo et farve
monstrare Ie dicte lettere, confortandolo et persuadendolo ad volere procedere
virilmente et animosamente contra Ii dicti delinquenti, non guardando in faza ad
persona alcuna, et sia che se voglia, perché volemo omnino siano puniti, ad ciò sia
exemplo ad altri de non comettere simili excessi. Data apud Gaydum, die x octobris
1453.
Filippus.
Cichus.
358
Francesco Sforza scrive a Raffaele Morbio, vicario di Belgioioso, che inteso ciò che gli dice del
salario dell’ufficiale del portinaio di Pissarello, vuole che si continui a osservare per il
pagamento del salario dell’ufficiale ciò che si praticava al tempo di Filippo Maria Visconti e, cioè,
che i portinai dessero ogni mese agli ufficiali, a nome del vescovo di Pavia, per salario 24
grossi oltre a cinque grossi e mezzo per la tassa dei loro cavalli.
1453 ottobre 12, “apud Gaydum”.
Nobili dilecto nostro Raphaeli Morbio, vicario Belzoyosi.
Havemo recevuto toa lettera de dì xvii del passato, et inteso quanto scrivi delIa
informatione hay havuta del salario del’officiale del portinaro del Pissarello, et cetera;
dicemo che, siando così, como tu scrive, zoè che Ii dicti portinari, ad instantia del
vescovo de Pavia, pagavano aIi officiali passati per il suo salario in zascuno mesi grossi
xxiiii ad nome del vescovo de Pavia, et per la taxa che pagaveno delli cavalli che
tenevano dicti officiali grossi cinque et mezo al mesi per nome et ad nome d’esso
vescovo, siamo contenti et volemo che, non obstante cosa alcuna in contrario, quale
havesse da noy o d'altri, debbi fare pagare dicto salario como se pagava al tempo del
prelibato quondam illustrissimo signore duca passato, perché così è Ia intentione
nostra, che sia servato et exequito. Data apud Gaydum, xii octobris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
359
Francesco Sforza dice al fratello Corrado di essere contento per la revoca dei salvacondotti di
qua dall’Adda e di voler sapere se altrettanto ha fatto per quelli da lui concessi con l’indicazione
della qualità e del numero.
(1453 ottobre 12, “apud Gaydum”).
Magnifico domino Conrado fratri nostro.
Havemo inteso quanto tu ne scrivi dela revocatione delli salviconducti de qua d’Ada, e
ne remanemo contenti. Ulterius volemo che tu ce avisi del numero e qualità delli
salviconducti concessi per ti pur de qua d'Ada et se tu gli hay revocati, como a questi dì
te scripsemo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
360
Francesco Sforza comanda a Iosep, castellano di San Colombano, di costringere i fuggitivi
Marco de Bordo da Laza e Martino de Bassano Fedele. mandati come bifolchi del carriaggio di
quella comunità, a indennizzare, ciascuno di loro,con la loro roba il duca mandando due altri
bifolchi per due mesi. Se la loro roba non bastasse vi provveda la comunità.
1453 ottobre 13, “apud Gaydum”.
105v Magnifico Iosep, castellano Sancti Columbani.
Sonno fugiti dal nostro carezo con nostro grande preiudicio Marcho de Bordo da Laza
et Martino de Bassano Fidele, quali erano mandati per bubulci de quelIa nostra
comunità. Per Ia qual cosa volemo et te commettemo che subito, per Ia indemnità
nostra, debbi costringere Ii dicti fugituti mediante la robba sua ad mandarne duy per
ciascuno de loro pagati per duy mesi e, non bastando la robba loro, constringeray
quella nostra comunità ad pagare Ii dicti bubulci como è sopra dicto. Et questo sia
presto senza veruna exceptione. Data apud Gaydum, xiii octobris 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
361
Francesco Sforza ordina a Gracino e al referendario di Pavia di mandare a Pavia e poi a
Cremona, oppure drettamente a Cremona, nelle mani nell’ufficiale delle munizioni, la polvere da
bombarda, inviata lo scorso anno nell’Alessandrino e che ora è in tredici barili a Pozolo e in altri
barili a Salle
1453 ottobre 13, “apud Gaydum”.
Domino Gracino et referendario Papie.
Intendemo che de quella polvere da bombarda che nuy mandassemo questo anno
passato in Ie parte de Alexandrina ne sonno tredeci barili in Pozolo, et così alcuni altri
in Salle. Pertanto volemo che vuy Ii fazati condure lì in Pavia et deinde a Cremona,
ordinando che siano consignati in mano del’officiale nostro delle munitione; et
parendone fosse meglio fargli condure de directura ad Cremona senza che fosseno
conducti lì, poreti fare como meglio ve parerà. Data apud Gaydum, die xiii octobris
1453.
Leonardus.
Iohannes.
362
Francesco Sforza ricorda al podestà di Mortara di avergli scritto, il sette scorso, che, nel caso di
mancato accordo di Ambrogio Trombetta, uomo del conte Giacomo Piccinino, con il cremonese
Guglielmo Finaro, si dovesse annullare una lettera ducale inviatagli il trenta agosto in favore di
Ambrogio e dei suoi. Ora gli scrive per l’annullamento di ogni scrittura o procedimento in favore
di Guglielmo. in modo che Ambrogio e i suoi siano lasciati in pace da ogni precedente vertenza.
1453 ottobre 13, “apud Gaydum”.
106r Potestati nostro Mortarie.
Per nostre lettere, date a vii del passato, te scripsemo che non siando rimasto d'acordo
Ambroxo Trombeta del magnifico conte Iacomo Picenino cum Guliermo Finaro, nostro
citadino Cremonese, como credevamo, dovesse annulare et casare et revocare un'altra
lettera per nuy a te scripta a trenta dì del mese de augusto proximo passato, in favore
d’esso Ambroxo et deIi suoy. Nunc non siando Ie parte rimaste d'acordio, volimo et te
cometimo che debi pur anulare et revocare ogni lettera, processo et scriptura quale
fusse facta in favore del dicto Guliermo et contra el dicto Ambroxo e Ii suoy, ita et taliter
che né mò né may dicto Ambroxo e Ii suoy possano né debiano essere molestati né
inquietati per defferentia, quale da qui indreto habia hauto esso Ambroxo cum dicto
Guliermo. Ex castris apud Gaydum, xiii octobris 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
363
Francesco Sforza comanda al capitano di giustizia di Milano di prestar fede a tutto quello che gli
dirà il suo famiglio Lorenzo Vitelesco.
In simile forma si è scritto a: Gabriele de Breva, dei giurisperiti del Collegio di Milano, podestà di
Pavia, Bolognino de Attendolis.
(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).
Capitaneo iusticie Mediolani.
Mandando Iì de presente il nobile Laurenzo Vitelesco, nostro fameglio, gli havemo
commesso ve dica alcune cose per nostra parte; siché volemo che a tuto quello ve
exponerà per parte nostra gli diati plena fede como a nuy proprii. Data ut supra.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit domino Gabrieli de Breva, ex iurisperitis Collegii nostre
civitatis Mediolani,
potestati Papie,
magnifico Bolognino de Attendolis.
Cichus.
364
Francesco Sforza scrive ai castellani di Cremona e al vicario del locale podestà di credere a
tutto quello che dirà loro Lorenzo Vitellesco circa la vertenza tra il conte Stefano da San Vitale e
Giovanni da Voghera.
(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).
Castellanis nostris Cremone et vicario potestatis nostri ibidem.
Per casone delIa differentia vertisse fra il spectabile conte Stefano da San Vitale e
Iohanne da Voghera, havemo commesso alcuna cosa al nobile Laurenzo Vitellesco al
quale volemo, in tute Ie cose ve exponerà circha questa materia, gli diati plena fede
como ad nuy proprii. Data ut supra.
Cichus.
365
Francesco Sforza vuole che Giovanni Caymo, cancelliere, e il commissario di Pizzighettone
nonchè il podestà di Maledo facciano realizzare, con rito sommario, a Faenza da Gino,
taverniere di Male, i crediti che vanta dai molti debitori renitenti a pagarlo.
(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).
106v Iohanni Caymo, cancellario et commissario Pizleonis, et potestati nostro Maledi.
El Faenza da Gino, tavernaro a Male, ne ha facto supplicare che, havendo luy de molti
debitori, quali se fanno difficili e retrogradi aIi pagamenti debiti, voliamo provedere de
opportuno iuris remedio quo mediante vegna ad conseguire el dovere, et parendone
iusto e ragionevele quanto luy rechiede, volemo e ve commettemo che, ad instantia
d'esso Faenza o de suo messo, debbiati procedere contra qualunque suo vero
debitore, et hoc summarie simpliciter et de plano sine strepitu et figura iudicii,
cavillationibus et frivolis exceptionibus quibuscumque reiectis, ita ch’el consequischa el
suo debito. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
366
Francesco Sforza ingiunge al luogotenente di Lodi di non consentire che alcuno alloggi nella
abitazione che ha lì o dove ha il suo fieno, eccezion fatta per chi ne avesse comunicazione da
Bianca Maria.
Con lo stesso contenuto si è scritto a Fiorentino di Firenze, familiare ducale.
(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).
Locumtenenti Laude.
Havemo inteso che molti, quali vano e vengono, se metteno ad allogiare lì dove è la
nostra habitatione quando venemo a Lodi, et ce consumano quello strame havemo
facto fare per nuy. Pertanto ve comettemo che, vada e venga che voglia, che habia
nome como se voglia, non gle lassati allozare alcuno né in la casa nostra né altroe
dove habiamo el feno nostro; et a questo non intervenga negligentia per quanto haveti
cara la gratia nostra, salvo se madona Biancha ve ne scrivesse obediriti ley, altramente
scriva et dica che voglia, non gli lassate logiare alcuno. Data ut supra.
Ser Iacobus.
In simili continentia scriptum est Florentino de Florentia, familiari nostro.
Cichus.
367
Francesco Sforza trasmette ad Andrea Dandolo, provisore di Crema, i nominativi delle persone
cui ha concesso salvacondotti “senza cambio de alcuni di vostri”. Di loro ha dato comunicazione
al luogotenente di Lodi, al podestà di Castelleone e a Gaspare da Sessa.
Vengono sottoriportati i nominativi di coloro che beneficiano degli accennati salvacondotti.
(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).
107r Spectabili (a) Andree Dandolo, provisori Creme.
Aciochè siati avisato deIi modi se hanno a servare circha la observantia delli
salviconducti per nuy concessi aIi Cremaschi senza cambio de alcuni di vostri
declaramo essere nostra intentione che se debiano observare tuti Ii salviconducti per
nuy concessi aIe infrascripte persone, de verbo ad verbum, como sono scripti; et de
questa nostra intentione ne havemo avisati el nostro locotenente de Lode, potestà de
Castellione et Gasparro da Sessa, aciochè non faciano contra la dispositione delli
d'essi salviconducti. Sichè ve ne havemo voluto avisare, et ve ne mandiamo alligate Ie
lettere, quale scrivemo in questa materia, avisandove che questo facemo a
complacentia vostra solamente. Data ut supra.
(a) Segue domino depennato.
Homines Cerreti,
Iohannes de Cavagheriis,
presbiter Thomas de Penariis et Iacobus Bocatius, eius nepos,
Iacobus Manara,
Antonius de Maraciis,
Nicolaus de Vicomercato,
Bartholomeus ex comittibus de Carvisano,
Iohannes Guarinus,
Iacobus de Robatis,
Iohannes de Rosetis,
sex famuli domini Andree Danduli pro venando,
Thomas et Lumbardus de Carionibus et Zanius de Papia,
Bartholomeus et fratres de Caravagio,
tres ex hominibus Zaramelle,
Iohannes et Franciscus, fratres de Placentia,
Augustinus et Iohannes, fratres de Castellis,
ecclesia Sancti Antonii,
monasterium Sancti Bernardini Creme,
fratres monasterii Sancti Bernardini extra muros Creme.
Irius.
Cichus.
368
Francesco Sforza comunica a Gaspare da Sessa di rispettare i salvacondotti concessi ai
Cremaschi, di cui invia il preciso elenco.
In simile forma fu scritto alluogotenente di Lodi e al podestà di Castelleone.
(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).
Gasparri de Suessa.
Aciò sapii la mente et dispositione nostra circha la observantia delli salviconducti per
nuy concessi a Cremaschi senza contracambio de alcuni di nostri, nostra intentione è et
107v (a) volemo che debiati observare tuti Ii salviconducti concessi aIe persone
ianfracripte, de verbo ad verbum como stano; et contra la dispositione d'essi non sia
innovato cosa alouna. Habiati aduncha advertentia ad observare questa nostra voluntà.
Data ut supra.
Irius.
Cichus.
In simili forma scriptum est :
Locumtenenti Laude et
potestati nostro Castrileonis.
(a) In testa alla carta: die xiii octobris.
369
Francesco Sforza risponde al figlio Galeazzo Maria che non può consentire alla sua richiesta di
liberazione di Pasquino Lombardo, uno dei principali capi del tumulto. Lo ammonisce che lui,
duca, è sempre stato convinto che in simili casi soprattutto “se facia ragione, così per l’onore
nostro, como..per dare exemplo ali nostri popoli de ben vivere”.
Ritiene che tale sua richiesta non parta da lui, Galeazzo, ma da chi guarda più agli interessi
propri, che al “bene et honore nostro”
1453 ottobre 16, “in castris nostris contra Pontevichum”.
Illustri filio nostro dilectissimo Galeazmarie Vicecomit,i comiti, et cetera.
Havemo recevuto toe lettere, date decimo presentis per Ie quale tu ne domandi de
gratia la liberatione de Pasquino Lombardo, sustenuto Iì in quello nostro castello, ale
quale fina mò non havemo potuto respondere per le molte nostre oocupatione et
perchè eravamo in levarse, como havemo facto hogi fa tri dì; ma mò te respondemo
che voluntera te compiaceressemo in ogni altra cosa, etiamdio se la forse molto
magiore che questa, maxime domandandonela con tanta instantia come tu fay. Ma
perchè siamo sempre stati, et siamo in proposito ch’el se facia ragione, così per
l’honore nostro, como etiamdio per dare exemplo ali nostri populi de ben vivere, siamo
deliberati ch’el se facia ragione, avisandoti che dicto Pasquino è uno deIi principali del
tumulto. Sichè per questa fiata tu haveray pacientia, benche nuy crediamo che questa
lettera, quale tu ne scrive non sia proceduta per mente toa, ma piutosto per consilio
d'altri, Ii quali fariano melio a consiliarte ch’el se facesse ragione, et non domandarte
simile gracie, como quelli che guardano ala specialità loro, che al bene et honore
nostro. Data in castris nostris contra Pontevichum, die xvi octobris 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.
370
Francesco Sforza informa la moglie di aver messo il campo a Pontevico e piazzerà le bombarde
e presto la prenderà per poi muoversi dove riterrà più conveniente.
1453 ottobre 17, “contra Pontevichum”.
108r Illustrissime domine ducisse Mediolani, et cetera.
Advisamo la signoria vostra che hieri venessemo ad campo a Pontevico et hogi
pianteremo Ie bombarde, et presto lo haveremo; poi ne drizaremo dove ne parerà sia
meglio. Voglia la signoria vostra stare de bona voglia che ala zornata Ii faremo,
sentiremo cose che Ie piacerano di progressi nostri. Data contra Pontevichum, die xvii
octobris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
371
Francesco Sforza comanda al suo conestabile Gaspare da Suessa di imporre ai suoi soldati di
far rilasciare due figli e di restituire il bestiame presi da loro a un suo amico, da lui fatto
sistemare con i figli e i beni a Montodine
1453 ottobre 16, “contra Pontevichum”.
Gasparri de Suessa, conestabili nostro.
Havendo nuy per certo digno e bono respcto facto asecurare uno nostro amico et certi
suoi fioli con sue robbe e beni e fatoli dare fede ch’el seria securo a Montodone, siamo
informati che certi delli toy gli preseno duy soi e toltoli el loro bestiame, del che molto ne
dole perchè oltra el mancamento del’honore nostro ne cederia anohora damno al stato
nostro. Pertanto volemo che subito tu gli facii relaxare senza spesa alcuna et similiter
gli faray restituire el loro bestiame senza mancamento alcuno, ordinando aIi tuoi che da
mò inanti el lassa stare liberamente Ii ad Montedone, perchè havemo nuy ordinato ch’el
ce possa stare per bona cagione, como havemo dicto. Data contra Pontevichum, die
xvi octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
372
Francesco Sforza conferma al milite Morello da Parma di aver preso atto di quanto
comunicatogli della cattura di due figli e del furto del bestiame di quel suo amico di cui ha
favorito la sitemazione a Montodine.
Si dice certo che Gaspare da Suessa imporrà alla sua gente la liberazione e restituzione
impostegli e ordinerà ai suoi uomini di non dare all’amico altre noie.
(1453 ottobre 16, “contra Pontevichum”).
Domino Morello de Parma, militi.
Havemo inteso quanto ne scriveti de quelli de Gasparro da Suessa, quali hano preso
quelli duy fioli de quello amico, quale de nostra consientia et voluntà havevati
assecurato che staesse a Montedena per quello respecto del quale ne scrivestivo, del
che molto ne rencresce; et per la loro liberatione et anche del bestiame gli hanno tolto
nuy scrivemo al dicto Gasparro che subito, senza exceptione alcuna, gli facia relaxare;
et ordine con Ii suoy che più non gli debbano molestare. Sichè relaxandoli, como siamo
certi farà, affidaritelo anohora ch’el gli possa stare liberamente e fare a modo usato.
DeI’altre parte di vostra lettera restamo avisati e non accade dire altro, se non che
attendiati a bona guardia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
373
Francesco Sforza comanda al familiare ducale Francesco Giorgio di imprigionare Mezzanotte e
Antonio dalla Gerola se alla ricevuta della missiva ancora ricuseranno di andate in campo, dove
farà anche andare Zacagnino se non è infermo.
(1453 ottobre 16, “contra Pontevichum”).
108v Francisco Georgio, familiari nostro.
Havemo inteso quanto tu ne scrive de Mezanocte et Antonio dala Gerola, homini
d’arme, quali recusano de volere venire in campo perchè piatisseno; al che,
respondendo, dicemo che per dare intendere a loro et al'altri che vogliamo essere
obediti, se non sarano partiti ala receputa de questa per venire via in campo, tu Ii debbi
fare mettere in pregione, da non essere relaxati senza nostra licentia. Et non manchi;
faray anchora venire via Zacagnino, se’l non è infirmo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
374
Francesco Sforza risponde al conte Bolognino de Attendolis di comprendere lo stato d’animo
che lo muove (indurre “con poca punitione l’homini...ala regula de ben vivere”) a sostenere la
richiesta di alcuni cittadini di annullare il processo fatto contro gli autori del tumulto pavese.
Gli fa, però, osservare di aver così proceduto perchè da parecchi mesi era stato informato dei
tristissimi modi usati da quei furfanti (furti e ogni mal costume) per cui ”passata l’Ave Maria quasi
dubitavano li boni andare per la cità”, ed era intervenuto a sollecitare, ma invano, che si vivesse
costumatamente. Tale costatazione l’ha convinto a non ascoltare neppure le parole della moglie
Bianca Maria, della suocera Agnese e del figlio Galeazzo Maria e ha imposto che giustizia si
faccia. Lo sprona a incitare il capitano di giustizia a eseguire la commissione ducale.
(1453 ottobre 16, “contra Pontevichum”).
Comiti Bolognino de Attendolis.
Havemo recevuto Ie vostre lettere per Ie quale, a suasione de alcuni boni citadini de
quella nostra cità, ne persuadeti ad remettere el fallimento et anullare el processo facto
de quelli che commisseno el tumulto, alegando voi alcuni respecti per Ii quali ve pare
che cosi debiamo fare; ale quale, respondendo, dicemo ch’el ne piace el vostro scrivere
et lo laudiamo, rendendoci certissimi che ve moviti a bona fine, como quello che siti
amorevele e voressevo che con poca punitione l'homini nostri se reducesseno ala
regula de ben vivere. Ma per avisarve dela dispositione nostra, habiando nuy già più
mesi passati informatione deli tristissimi modi, quali se servano in quella nostra cità,
robbarie et ogni mali costumi ita che, passata l’Avemaria, quasi dubitavano li boni
andare per la cità, mandassemo per nostri messi, scrisemo, confortassemo,
persuadessemo el ben vivere et costumatamente ad ogni homo Iì, che non è valso,
como haviti potuto comprehendere per lo dicto tumulto ali dì passati commetuto contra
tanto mancamento del’honore et stato nostro, volimo et intendemo omnino ch’el se
facia ragione et iustitia, segondo la comissione facta al capitaneo de iustitia, Ie quale
credemo haveriti vedute inanti la receputa de queste, avisandove che, considerando
nuy quanto bene è et quanto fructo sia per seguire in fare ragione et iustitia, non
havemo voluto ch'el se attendi, nè a parole de madona Biancha, nè de madona
Agnesa, né 109r Galeazmaria, quale havesseno impedire questa bona opera de
iustitia, dela quale quelli boni citadini, quali ve hanno a scriverve questo ogni dì, se ne
trovarano più contenti et leti, vedendo stirpare Ii mancamenti et errori et revivisere la
forma del ben vivere in la cità. Sichè, concludendo, ve confortiamo per bene delIa cità
ad animare piutosto el capitaneo de iustitia ad seguire la commissione nostra in questa
facenda, che fare altramente. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
375
Francesco Sforza risponde al podestà di Pavia che, richiestone da alcuni cittadini, ha cercato di
persuaderlo a liberare gli autori del tumulto, e gli fa sapere che andrà avanti dritto a far fare
giustizia per il bene della città e l’onore ducale. Lo sollecita, anzi, a trovarsi con il capitano di
giustizia perchè attui la commissione affidatagli.
(1453 ottobre 16, “contra Pontevichum”).
Potestati nostro Papie.
Havemo recevute Ie vostre lettere per Ie quale, a suasione de alcuni nostri boni citadini,
ne persuadeti la liberatione de quelli sustenuti, quali haunno commesso quello excesso
et tumulto et far anullare el processo loro facto per Ii respecti notati in esse vostre
lettere, aIe quale, respondendo, laudiamo et comendiamo el vostro scrivere,
rendendoci certissimi che tuto diceti a bona fine. Ma considerato quanto fructo e bene
sia per seguire, facendo fare ragione et iustitia per el bene essere de quella nostra cità
et etiamdio per I’honore nostro, siamo deliberati ch’el se prosegui a far iustitia segondo
Ie comissione nostre facte al capitaneo de iustitia cum vostra participatione; del che
ogni dì più se contentarano Ii boni citadini, quali hanno voglia de ben vivere, e niuno se
potrà lamentare, facendo ragione indeferenter; sichè trovariteve con el prefato
capitaneo et instariti ch'el se facia con prestanza. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
376
Francesco Sforza ai deputati agli affari della comunità di Pavia che lo incitano ad annullare il
processo contro i fautori del trambusto che sconvolse Pavia e gli ricordano di avergli consegnata
una città ben unita e che tale vogliono che si conservi, risponde che i suoi interventi mirano
appunto a tale unità. Richiama loro di avere precedentemente reagito alle informazioni dei
cittadini che deprecavano i malissimi costumi invalsi perchè tentassero di persuadere ogni uomo
a ben vivere. Tutto ciò non è invalso che a far dubitare, passata l’Avemaria i buoni cittadini ad
andare per la città, che pareva ridotta a “una speluncha da latroni con grandissimo
mancamento del honore” ducale e sconforto dei buoni cittadini. Li esorta, perciò, a consentire
che la giustizia faccia il suo corso “segondo la commissione fate al.. capitaneo iustitia e
podestà d’essa..cità”.
(1453 ottobre 16, “contra Pontevichum”).
Deputatis negociis comunitatis civitatis Papie.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale, como possemo comprehendere, mosti
de compassione et amorevoleza, ne persuadeti e domandati con instantia che vogliamo
remettere li errori e mancamenti a quelli comissero, aIi dì passati, tanto tumulto in
quella nostra cità et anullare et remettere ogni processo contra loro superinde facto; et
hoc per li respecti alegate in esse vostre lettere, deIe quale ve comendiamo e piacene
el vostro scrivere, rendendoci certissimi 109v che in tuto ve moviti a bona fine, et così
l'aceptamo in ogni bona parte. Et perchè ne recordati anchora che voy ne datisseno
quella cità ben unita et ne recordate il volerla conservare così, ve dicemo che, habiando
nuy, già più mesi (a) passato, informatione e daIi vostri vicini e consorti, quali hanno
voglia de ben vivere, delli tristissimi modi e malissimi costumi e cativarie se
commettevano in quella nostra cità in preiuditio delli boni, li quali quasi dubitavano,
passata l'Avemaria, andare per la cità, mandassemo per nostre lettere, scrissemo
humanamente et per ogni modo a noy possibile persuadessemo ad ogni homo de ben
vivere che nulla è valso, ymo tantum invaluerat el mal fare che hozi may pareva fosse
quella nostra cità una speluncha da latroni con grandissimo mancamento del'honore
nostro, desolatione de quelli boni citadini hanno voglia de ben vivere et, se’l ge
mancava altro, non ricordamo el tumulto commesso aIi dì passati, perchè ve è noto e
como credemo molesto sicut a noy, che non è puncto da comportare, siando nuy in
ferma opinione et proposito de tenere la cita unita come voy ne recordati havervela
data. Et perchè l'havemo carissima sopra l’altre et gli desideramo ogni bene, sianno
disposti ch’el se facia ragione et iustitia indeferenter segondo Ie commissione fate al
nostro capitaneo de iustitia e podestà d'essa nostra cità; dela qual cosa siamo certi che
ve trovariti ogni dì più contenti, nè veruno se potrà may lamentare, non gli facendo altro
cha ragione. Sichè ve confortiamo ad havere pacientia et lassare procedere con la
ragione contra quelli che se trovane in defecto perchè ne sentireti seguire tale fructo
che sempre ne remariti consolati. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) mesi in interlinea su tempo depennato.
377
Francesco Sforza vuole che Raffaele Zaccaria, podestà di Tortona, si porti da Giacomo Spinola,
quondam Caroci de Luculo, e intenda bene i pensieri e i progetti suoi circa i fatti di Genova e,
tornato a Tortona, lo informi puntualmente d’ogni cosa.
1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevichum”.
110r Raphaeli Zacharie, potestati nostro Terdone.
Iacomo Spinula quondam Carocii de Luchulo ne scrive de alcuni pensieri gli andavano
per la mente circa li facti de Zenova et che vogliamo mandare là uno nostro fidato, unde
nuy havemo deliberato tu vada ad trovarlo. Siché, havuta la presente, anderay ad
trovarlo con l'aligata, per la quale gli scrivemo debbia conferire largamente con techo
ogni cosa. Et sforzati intendere molto bene Ii pensieri et designi suoy et cavarne la
substantia a bocha o in scripto, como te parerà, et poy te ne torneray ad Tertona alo
officio tuo et ne avisaray punctualiter d’ogni cosa per modo intendiamo chiaramente el
tucto. Ex castris nostris contra Pontevicum, die xviii octobris 1453.
Zanetus.
Cichus.
378
Francesco Sforza scrive a Iacobo Spinola, quondam Caroci de Luculo, ringraziandolo per i
cordiali sentimenti espressigli. Si dice contento della punizione fatta a quel malandrino e
dell’accordo raggiunto con i compagni. Lo avvisa che gli manda Raffaele Zaccaria, podestà di
Tortona, al quale può tranquillamente parlare delle sue opinioni sui fatti di Genova e dei relativi
suoi progetti.
(1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevichum”).
Spectabili amico nostro carissimo Iacobo Spinule quondam Carocii de Luchulo.
Havemo recevuto quatro vostre lettere et bene inteso quanto ne scriveti, aIe quale non
havemo respuosto più presto per molte occupatione havemo havuto; respondemo mò
per questa: primo, ve rengratiamo dela affectione ce demonstrati, benchè ad nuy non
sia cosa nova, perchè sempre ve havemo havuto per bono amico et ad nuy
grandemente affectionato, nè may fossemo nè porriamo havere de vuy altro concepto.
Et remanemo tanto contenti et satisfacti della punitione per vuy data a quello robbatore
della strata, et del’accordio facto con Ii compagni che non poriamo scrivervelo. Circha li
facti de Zenova non dicemo altro per questa, se non che mandiamo lì Raphaele
Zacharia, potestà de Terdona, nostro fidelissimo, presente exhibitore, con lo qual
vogliati alargarvi et conferire tuti Ii pensieri et designi vostri, como faresti con nuy proprii
se parlassemo ad bocha con vuy, confortandove ad stare de bona voglia che Ie cose
nostre de qua, Dei gratia, passano benissimo et de dì in dì passaranno de bene in
meglio, per modo che vuy et li altri amici nostri ogni dì ve ne trovareti più contenti. Data
ut supra.
Zanetus.
Cichus.
379
Francesco Sforza al podestà di Pavia, che gli aveva narrato di avere, ex offitio, proceduto contro
Gerardo e Giorgio, fratelli Aliprandi, cavallari ducali, per porto di coltelli, osserva che non doveva
procedere contro i fratelli, perchè, a prescindere che non v’era stata nessuna effusio sanguinis,
essi, come cavallari, sono legittimati a portare tali armi. Nella fattispecie detti fratelli avevano
messo mano ai coltelli perchè il cittadino pavese s’era, per una vertenza, portato in casa loro
“per assaltare el dicto Zorzo”.
1453 ottobre 18, 2ex castris nostris contra Pontevicum”.
110v Potestati Papie
Havemo inteso che per vostro officio fi proceduto contra Girardo e Zorzo, fratelli delli
Aliprandi, nostri cavallarii, per casone che, havendo ad Ii dì passati differentia e debato
con uno altro nostro citadino de quella cità, quale era andato aIa casa delli dicti fratelli
per assaltare el dicto Zorzo, dicto Girardo et Zorzo misero mane ale cortelle et arme
che portano per defenderse a casa loro, benchè non ne seguisse altra offexa, nè
effusione alcuna de sangue, et che fi proceduto contra de loro per la portadura deIe
arme. Pertanto essendo così, considerato che Ii dicti fratelli hanno portato et portano Ie
dicte arme como nostri cavallarii et como è consueto et necesaario per l'officio suo, et
attento maxime che per dicta differentia non è seguuito effusione de sangue, dicemo
che a nuy pare non sia da procedere contra dicti nostri cavallarii per dicta casone, ma
da revocare et anullare ogni novità contra de loro facta; et cosi ve commettiamo per
questa nostra. Et trovando la cosa essere altramente, advisatene. Data ut supra.
Ser Alexander de Ubertariis.
Iohannes.
380
Francesco Sforza risponde alle lettere “circha rem furmentariam” del familiare ducale Raffaele
Pugnello, cui invia le richieste 25 lire di credenza, delle quali 20 sono per i laici e 5 per i religiosi.
Al Bolognino, che gli offre segale e miglio, dica che gli interessa solo il frumento.
Cerchi di trovare, e presto, persone che gli diano frumento da mandare a Cremona e si intenda
in tutto con ser Antonio.
Furono fatte lettere credenziali a Raffaele Pugnello per venti laici e cinque religiosi.
1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevicum”.
Raphaeli Pugnello, familiari nostro.
Havemo recevuto le toe lettere circha rem furmentariam, ale quali respondendo,
laudiamo quanto hay facto et exequito fina mò e mandiamote ligate aIe presente quelle
xxv libre de credenza, quale tu ne rechiede, cioè vinti a layci et cinque a religiosi, como
vederay, ale quale potray fare el soprascripto segondo el parere tuo. Ala parte del
magnifico Bolognino, quale proferisse voler dare segale e milio, nuy non rechiedemo,
nè havemo bisogno de sigale, nè milio, ma de formento, como è la rechiesta nostra;
sichè cercha de retrahere formento. Ala parte de scrivere et rengratiari per antifiesim
quelli amici, et cetera, a noy non pare de presente scriverli alcuna cosa, ma cercha tu
de stringere la cosa con quelli che te parerano più disposti ala materia, mandamote
etiamdio la patente. Procura 111r de far presto e manda a Cremona el formento sì
como tu el vay recupando, intendendote del tuto con ser Antonio. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
Die xviii octobris.
Facte fuerunt littere credentiales in personam Raphaelis Pugnelli viginti laycis et
quinque religiosis.
Ser Iacobus.
Cichus.
381
Francesco Sforza ordina a Pietro da Lonate, commissario di Tortona, di non darsi più pensiero,
vi provvederà altri, per il debitore dell’abbazia di San Alberto per i 150 ducati dovuti al duca.
In simile forma fu scritto a Gracino da Pescarolo.
1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevicum”.
Petro de Lonate, comissario Terdone.
Non obstante che per altre nostre habbiame scripto che voy dovesti far stringere quello
debitore del'abbadia de Sancto Alberto che ha presso de sì cento cinquanta ducati per
pagarli a noy, nondimeno mò per questa ve dicemo che non ve ne debbiati impazare,
nè gli fareti molestia alcuna, ma lassarati fare mò a chi tocha. Data ut supra.
Bonifacius.
In simili forma scriptum fuit domino Gracino de Piscarolo.
Cichus.
382
Francesco Sforza comanda nuovamente al capitano di Casteggio di costringere Pietro e
Bernardo di Marconi a restituire la prestanza avuta da Evangelista Savello. Sa che Ettore da
Doyono, cui Evangelista ha assegnato detti denari, non li ha ancora ricevuti, per cui gli ripete di
costringere Pietro e Bernardo a soddisfare Ettore in conformità all’ordine di Evangelista.
1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevicum”.
Capitaneo nostro Clastigi.
Per altre nostre te scripsemo più dì fa dovesse astrenzere Petro et Bernabò di Marconi,
quali havevano recevuto la prestanza da Evangelista Savello, et poi non sonno vogliuti
andare seco a restituirli Ii dinari delIa dicta prestanza, et intendiamo per querella de
Hector da Doyono, al quale esso Evangelista ha assignati dicti dinari, che non Ii ha
possuti conseguire fin al presente dì. Pertanto, maravigliandone de tanta tardità, te
comettiamo de novo et volemo debii astrenzere Ii dicti Petro et Bernabò a satisfare al
dicto Hectore d’essi dinari, segondo l'ordinatione d'esso Evangelista; et questo faray
senza exceptione et contradictione alcuna. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
383
Francesco Sforza scrive al commissario di Tortona Pietro da Lonate di concedere a Stefanino
Vacono di andare a cercare suo fratello Raffaele, che consente “lo lassi venire”. Gli conferma di
avergli fatto sapere che non accettava la sua scusa, ma ora, dato che permette ai suoi uomini di
fare il debito loro, l’accetta.
Ad evitare che le genti d’arme monferrine perpetuino i loro furti, vuole che scriva al marchese di
Monferrato perchè intimi di smettere detti atti sul territorio ducale.
1453 ottobre 18, contra Pontevichum”.
Petro de Lonate, comissario Terdone.
Respondendo a doe toe lettere de dì viiii et xi del presente, primo, ala parte dela licentia
te ha rechiesto Stefanino Vachono de andare a circare domino Raphaelo, suo fratello,
dicemo che siamo contenti gli concedi essa licentia; et così, volendo venire Ii dicto
domino Raphaello, siamo contenti che gli lo lassi venire, perchè non dubitamo puncto
che luy circha cosa alcuna contra del stato nostro. Ala parte che non havemo voluto
acceptare Ie scusa toa, dicemo che è vero, como tu hay veduto, che te scripsemo non
acceptavamo dicta toa scusa; mò te dicemo che, facendo che Ii homini toy 111v fazano
el debito loro, che l'acceptaremo et crederemo lo animo tuo sia verso nuy tale como tu
ne scrive, (a) et ulterius ne faray cosa gratissima. AlIa parte delle robbarie, quale fanno
quelle gente d’arme del marchexe de Monferrato, ne rencresce molto, iI perchè volemo
che de novo tu debbi scrivere al dicto marchexe et sollicitare che Ie dicte soe gente
d’arme desistano daIe dicte robbarie suI terreno nostro, et fare che ogniuno possa
andare et venire securamente. Data contra Pontevicum, die xviii octobris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
(a) como ne scrive ripetuto.
384
Francesco Sforza chiede al governatore di Valenza di intervenire perchè il maestro pavese
Giacomo Magnano ottenga dai valenzani Antonio Ungaresco e da suo fratello i denari dovutigli.
1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”.
Egregio amico nostro carissimo ducali gubernatori Valentie.
Lo egregio doctore maestro Iacomo Magnano, nostro cittadino Pavese dilectissimo,
debbe havere da Antonio Ungarisio et suo fratello, habitatore de quella terra, certa
quantità de dinari, como ve farà, o per suo mandato, fare bona prova et fede; et perchè
esso maestro Iacomo è persona dabene et virtuosa et a nuy affectionata et cara, ve lo
recommandiamo a rasone, pregandovi che per nostro respecto gli prestati, facendoli
rasone, tali honesti et iuridichi favori ita ch’el possa conseguire el dovere suo; in la
quale cosa, ultra che cosi rechieda l'honesto, a nuy compiaceriti asay. Data contra
Pontevicum, die xviiii octobris 1453.
Marcus.
Cichus.
385
Francesco Sforza impone nuovamente al podestà, al comune e agli uomini di Vigevano di
osservare, in conformità a quanto aveva loro comandato, cioè, “sicut iacet ad litteram”, la
esenzione concessa al vigevanese Giacomo degli Ardizi, anche se, a causa dei servizi ducali,
egli non ha ancora potuto consegnare le lettere del duca.
1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”.
Potestati, comuni et hominibus terre nostre Viglevani.
Iacomo deIi Arditii di quella nostra terra ne ha significato con querella che gli haviti
violata la exemptione quale gli havemo concessa et fatogli novità contra essa; del che
ne siamo maravigliati, maxime recordandoci nuy haverve altra volta scrito che ge la
dovessero observare sicuti iacet ad litteram. Pertanto iterato ve dicemo che ge la
debbiati observare senza mancamento alcuno, revocando ogni novità la quale gli
havessevo facta fare. Et hoc non 112r obstante alcuno termine, qual luy havesse tolto
da voy de portarve nostre lettere, perchè è stato occupato in Ii nostri servicii; et si per
l'avenire sentiamo che gli faciati alcuna altra novità, ne turbaremo con voy.Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
386
Francesco Sforza impone a Gaspare da Suessa di indurre i suoi uomini alla restituzione degli
uomini presi e del bestiame razziato di Cavragnadecca. Ciò è avvenuto nonostante che detti
abitanti fossero tutelati dal salvacondotto ducale, legittimando in tal modo la rappresaglia del
governatore di Crema che ha fatto fare altrettanto, incurante del salvacondotto governatoriale,
nelle ville ducali di Salvarolo e di Fiesco. Siccome in questo spregio del salvacondotto del duca
ne va anche di mezzo lo stesso suo onore, lo Sforza ribasce a Gaspare l’intimazione di far
restituire subito dai suoi soldati tutto quanto, di uomini e bestie, hanno catturato.
1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”).
Gaspari de Suessa.
Siamo informati como tu hay mandato ad torrere aIa villa de Cavragnadecha et pigliato
molto bestiame et presoni, la quale villa et loco havea da noy salvoconducto et
secureza ; et siamone molto maravegliati che tu haby consentito ad fare dicta correria,
perchè say bene ch’el nostro salvoconducto sia inviolabiliter observato; et per dicta
correria,che hay facta fare ad Cavragnadecha, il governatore de Crema ha mandato ad
fare
correre
et
pigliare
el
bestiame
et
homini
delli
lochi
et ville nostre de Salvarolo et del Fiesco, Ii quali lochi havevano da luy salvoconducto;
ma dice havere facto questo per represaglia del bestiame et homini che hanno pigliati Ii
toy al dicto loco de Cavragnadecha. Pertanto, considerato che qui gli pretende l'honor
nostro per observatione del nostro salvoconducto, volemo che omnino tu facii restituire
et relaxare tuto el bestiame et homini che hanno pigliato li toy ala dicta villa perché,
como tu haveray relaxato Ii homini et bestiame soy, luy poy farà relaxare Ii homini et
bestiame delli homini nostri. Sichè provedi che omnino siano relaxati Ii suoy homini et
bestiame che sonno stati pigliati socto el nostro salvoconducto ala dicta villa, sive loco
de Cavragnadecha; et de questo facto fa che non habbiamo ad replicatelo più. Data ut
supra.
Zanninus.
Iohannes.
387
Francesco Sforza scrive al lodigiano Paolo Braco che l’uomo d’arme ducale Nicola da Reggio si
è lamentato di lui per avergli preso del vino e delle biade della possessione di San Tommaso,
che fu di Pietro Cagamosto. Il duca ha scritto ai Maestri delle entrate straordinarie di far sì che
Nicola non abbia a subire torti e, perciò, comanda a Paolo di trovarsi con detti Maestri e di
eseguire quello che gli sarà ordinato.
1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”.
Paulo Braco, civi Laudensi.
Nicolao da Regio, nostro homo d’arme, se dole de te che tu gli hay tolto certo vino et
biade de quella possessione de Sancto Thoma, che fo de Petro Cagamosto et factoli
alcuni rencrescimenti indebitamente; per la qual cosa scrivemo ad Ii Maestri deIe nostre
intrate extraordinarie che debbano provedere che al dicto Nicolao non sia facto torto;
sichè volemo te retrovi con loro et faci quanto per loro sarà ordinato, et ti porti così
honestamente ch’el dicto Nicolao, nè altri habia iusta casone de dolerse de facti tuoy.
Data ut supra.
Christoforus de Cambiago.
Cichus.
388
Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo e il referendario di Pavia, mostratisi fino al
presente negligenti a trovare un’abitazione per suo fratello frate Mansueto, che si porta a Pavia
per studi, si impegnino subito ad assegnargli lì una parte della casa di madonna Agnese.
1453 ottobre 19, “apud Pontevicum”.
112v Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.
Havendo deliberato de consientia nostra el reverendo frate Mansueto nostro fratello
venire Iì a Pavia per studiare, scrisemo che gli fosse assegnata (a) una casa per
habitacione sua, che non è seguito fin a mò; unde, considerato che nuy havemo
occupate Ie sue stantie a benefitio nostro in Cremona, volemo e ve comettemo che
subito gli debbiati assignare una parte delIa casa de madona Agnesa, capace per
habitatione de sè et delIa sua famiglia. Et a questo non intervenga contradictione
alcuna. Data apud Pontevicum, die xviiii octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) assegnata in interlinea.
389
Francesco Sforza ordina a Raffaele Pugnello che, in ossequio alla promessa da lui fatta
all’abbate di San Pietro in Ciel d’oro, non gli dia molestia per il frumento.
1453 ottobre 20, “apud Pontemvicum”.
Rafaeli PugnelIo.
Perché el venerabile domino l'abbate de Sancto Pedro in Celo Aureo ha promissione
da nuy che non gli daremo impazo per questo anno, non volimo gli daghi più fatica del
facto de quello frumento gli hay richesto per nostra commissione. Apud Pontemvicum,
die xx otobris 1453.
Marchus.
Cichus.
390
Francesco Sforza comanda a Pietro da Linate, commissario di Tortona, a Ludovico da Bologna
e ad Antonio da Fabriano di costringere personalmente e realmente i debitori del conestabile
ducale Graziolo da Vicenza a fargli avere le 1400 lire che gli spettano per il suo assegnamento
oltre alle 960 lire, dovutegli per le sue spese, considerando che attualmente Graziolo è in
campo con la sua compagnia e ne ha grande bisogno.
Se non riuscissero, benchè ora siano sgravati dagli oneri per i soldati, provvedano di avere tali
somme con prestito o in altre maniere sapendo che Francesco da Roma, cancelliere di Graziolo,
si porta da loro per sollecitare il dovuto
1453 ottobre 23, “ apud Varolas Alghisiorum”.
Petro de Lonate commissario Terdone necnon Lodovico de Bononia et Antonio de
Fabriano, familiaribus nostris.
Gratiolo da Vincentia, nostro conestabile, ne dice che resta havere livre mille
quatrocento del suo assignamento et livre novecento sexanta delle spese, como pare
per rasone facta con voy, che è una bona summa de dinari; del che molto ne siamo
maravigliati, perché como sapeti per vostre lettere più volte ne haveti scripto che
restava havere pochi denari. Et perché luy se retrova qui in campo con tucta la
compagnia soa alli nostri servicii con grandissima spesa, ha grande necessitate de dicti
dinari, pertanto volemo et ve commettemo et strictamente comandiamo che, subbito ala
receputa de questa, debbiati constringere realmente et personalmente tucti li debitori
del dicto Gratiolo, sichè dicti dinari se habbino de presente, et che luy se ne possa
valere in questi suoy vigenti bisogni. Et quando pur vedesti che non se potesseno
havere così presto da dicti debitori, vogliate ad ogni modo - se may desiderati de farne
cosa che ne sia grata - vederli de retrovare o per via de prestito, o como meglio ve
parerà, purché se habbino de presente; et vuy poy li poriti rescotere da essi debitori, li
quali 113r siamo certi che mò tucti voluntera faranno el debito loro, attento che non
hanno più graveza alcuna de soldati a casa loro et che se vivano con bona et quieta
pace; et sopratucto sforzateve de fare che quelli da Lonate faciano el debito loro
integramente, li quali intendemo sonno li più retrogradi che li altri. Et che sotto la umbra
soa molti sonno che non fanno el debito loro, circha il che tu, Petro, vogli fare como per
più toe lettere ne hay scripto che faray, che a nuy per una cosa non poresti fare la più
grata nì la più accepta. Et per Dio a questa volta vogliati fare, como siamo certi fariti, et
che per questa cosa non ve habbiamo ad repplicare più né ad sentirne veruna molestia.
El dicto Gratiolo per recuperatione de dicti dinari manda Francesco da Roma suo
canzellero, presente portatore, el quale serà insieme con vuy a solicitare quello se
haverà a fare. Data apud Varolas Alghisiorum, die xxiii octobris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
391
Francesco Sforza conviene con il luogotenente di Lodi per l’ordine dato per far condurre le biade
in campo. L’avverte che Gabriele Bosso deve lasciare nella fortezza tutte le munizioni avute da
ser Ventura e da Cisniculo, ufficiale delle munizioni a Milano, o avute da qualunque posto, come
quelle trovate lì. Altrettanto deve avvenire per le assi.
Tutto ciò sia premessa perchè egli abbia quanto ancora gli si deve per il frumento. Si faccia
avere al duca l’elenco che gli consegnerà e lascerà detto Gabriele
(1453 ottobre 23, “apud Varolas Alghisiorum”).
Locumtenenti Laude.
Inteso quanto per vostre lettere ne haveti scripto, ve respondemo: primo, ala parte
del’ordine haveti posto in far condure delle biave in campo, che haviti facto bene et così
curati se exequisca. Ala parte delle monitione che debbe lassare Gabriello Bosso in la
forteza, dicemo che l’hebbe balestre et schiopeti da ser Ventura, et così volemo che
curati de sapere et trovare quello gli fa dare; et similiter mandati da Cisnisculo officiale
delle monitione ad Milano, che gli ne fece mettere anchora luy; et sapiati che monitione
li fece dare luy, et operati che tutte quelle balestre, schiopetti et altre monitione havesse
havute da qualunque loco dicto Gabriello overo trovate in dicta forteza, glile remetta
che non gli manchi cosa alcuna, et così quelle asse delle quale scriviti vuy, perché non
sonno soe. Del facto del frumento scriviti voria per pagamento de quello resta ad
havere, dicemo che volemo remetta el frumento et poi se debbe havere fattelo pagare,
ma che prima remetta tute le monitione; et così curate che facia, et presto. Data ut
supra.
Et mandatene la lista de tucte quelle monitione gli remetterà dicto Gabriello et quello gli
ha lassate. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
392
Francesco Sforza scrive al capitano di Casteggio che Bartolomeo da Gubbio, suo famiglio, deve
continuare ad avere la tassa di dieci cavalli che mensilmente soleva avere da quelle terre.
(1453 ottobre 23, “apud Varolas Alghisiorum”).
113v Capitaneo Clastigii.
Te commettiamo et volemo che non obstante alcune altre lettere havesti in contrario da
nuy, provedi che ad ser Bartholuzo de Eugubio, nostro famiglio et commissario sopra li
logiamenti in quelle parte, per quelli luochi et terre dale quale soleva havere la taxa sua
per dece cavalli, similiter li sia proveduto per l’advenire et pagato de mese in mese; et
in questo non manchi per niente. Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
393
Francesco Sforza manda al luogotenente di Lodi la informazione avuta per richiesta di
Iacomello, già uomo d’ame di Evangelista, che ha un vertenza per armi perdute. con il suo
famiglio Babor o gli uomini di Valera. Sebbene da quello che hanno dichiarato gli uomini di
Valera e da quanto ne risulta dalla predetta informazione paia verosimile che Iacomello abbia
perdute dette armi, tuttavia lascia a lui risolvere la vertenza ex iure.
(1453) ottobre 23, “apud Varolam Alghixiorum”.
Locumtenenti Laude.
Per la differentia quale vertisse tra Iacomello che fuo homo d’arme del strenuo
Evangelista per una parte, et Babor nostro famigl(i)o o siano li homini de Valera per
l’altra, ve mandiamo qui inclusa la informatione quale havemo facta tore qui a richiesta
del dicto Iacomello in la dicta differentia et per lo facto dele arme che’l domanda et dice
havere perdute; et lo dicto Babor dice volere provare el contrario. Licet per quello che
vuy ce scriveti havere havuto dali dicti homini de Valera cum la informatione predicta, a
nuy para verissimille che’l dicto Iacomello habia perducte et perdesse dicte arme;
nondimeno nuy remettimo questa cossa a vuy e volimo faciati in ciò quello vi pare
richieda, et vogli la rasone siché’l dicto Iacomello debitamente non se possa lamentare
et per modo non habia a perdere tempo né stare lì sula spexa et che questa cossa
habia fine. Apud Varolam Alghixiorum, xxiii octobris (1453).
Ser Alexander.
Cichus.
394
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi che intende scaricare da sè la spesa dei due
retrovardi, che carica su quelle comunità. Quanto al galeone non ha preso ancora alcuna
decisione. Ringrazia, accomiatandosi da loro, quelli che, a sue spese, hanno avuto a che fare
con i due retrovardi.
Nel medesimo giorno si è scritto a Iacobo da Crema di mandare 400 rocchette in due casse a
Cremona a Giovanni Filippo de Alegris, che poi le farà pervenire a Bartolomeo da Cremona.
(1453 ottobre 23, “apud Varolam Alghixiorum”).
Locumtenenti Laude.
Respondendo ale vostre lettere circ’al facto delli duy retrouardi et del galeone, li quali
fin a mò havemo facto pagare nuy di nostri dinari, dicemo che a nuy non pare né
volemo più la spexa delli dicti duy retrouardi; del galeone non havemo anchora facto
deliberatione, cioè che se debbia fare, ma presto deliberaremo et ve responderemo a
pieno. Ben ve confortiamo et caricamo a tenere sollicitati quelle comunitate che
mantengano quelli altri duy retrouardi como hanno facto per lo passato, avisandole,
confortandole 114r a stare de bona voglia, che in brevi metteremo in tale asseto le cose
nostre che veneranno a cessare quelle spese et anche delle altre et haveranno a
godere in pace et tranquilitate; fariti aduncha dare licentia a quelli hanno servito fin a
mò a nostre spexe quelli duy retrouardi ringraciandoli del bono servitio. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
Die suprascripto.
Scriptum fuit Iacobo de Crema quod mittat quatuor centum rochetas in duobus capsis
Cremonam in manibus Iohannis Filippi de Alegris et quod ordinet quod dictus Iohannes
Filippus mittat eas in manibus Bartholomei de Cremona.
Ser Iacobus.
Cichus.
395
Francesco Sforza vuole che Gaspare da Suessa faccia restituire a quelli di Crema il bestiame
loro rubato violando il salvacondotto di cui beneficiavano, perchè essi, a loro volta, ridiano quello
che hanno tolto agli uomini del Fiesso.
1453 ottobre 24, “apud Adellum”.
Gasparri de Suessa.
Li homini del Fiesso ne dicono che quelli de Crema gli hanno tolto certo bestiame,
quale sonno contenti restituirli se tu gli restituisse certo altro bestiamo, quale gli hai tolto
contra la dispositione del salvoconducto. Et perché le de’ havere consideratione a
questo facto, volemo, se così è, tu gli debbi restituire la dicta robaria ad ciò ch’essi
Cremaschi possano restituire ad essi del Fiesso quello bestiame gli hanno tolto. Data
apud Adellum, die xxiiii octobris 1453.
396
Francesco Sforza ordina a Bolognino degli Attendoli di far avere a Ravino, famiglio di Andrea da
Birago, quattro suoi fidati provvisionati per fare quello che loro dirà.
1453 ottobre 25, “apud Adellum”.
Magnifico Bolognino de Attendoli.
Per exequire una certa facenda volimo che debiati dare a Ravino, famiglio del
spectabile Andrea da Birago, quatro de vostri provixionati delli più fidati et obedienti,
quali habiano a fare quanto gli dirà dicto Ravino. Apud Adellum, xxv octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
397
Francesco Sforza assicura il lodigiano Paolo de Brachis che gli farà avere, come promesso, la
podestaria di Orzinuovi.
1453 ottobre 25, “apud Adellum”.
114v Paulo de Brachis, civi nostro Laudensi.
Havemo inteso quanto tu ne scrive dela podestaria delli Urcinovi, quale tu recordi nuy
haverte promettuta. Et, respondendo, dicemo che de bona voglia siamo contenti ch’el
sia tuo et usque nunc te lo concedemo, accadendo como speramo in brevi de obtenirlo.
Data apud Adellum, xxv octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
398
Francesco Sforza ringrazia il medico Sebastiano de Bassinis per aver rimesso in salute suo
fratello Corrado e gli assicura di avergli scritto che, per maggiore sua cura e comodità dei medici
deve portarsi a Pavia o a Milano.
(1453 ottobre 25, “apud Adellum”).
Egregio artium et medicine doctori domino magistro Sebastiano de Bassinis, dilecto civi
nostro Papiensi.
Havemo inteso quanto ne scriviti della liberatione del magnifico nostro fratello Conrado,
dela quale remanemo molto leti e contenti, e rengratiamove della dilligentia quale gli
havite usata. Quantum vero ala parte de scrivere a dicto Conrado che per lo megliore
de sì vada a Pavia aut a Milano per più commodità delli medici, nuy havemo in questa
per te scritto a dicto Conrado quanto bisogna. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
399
Francesco Sforza vuole che Antonio degli Eustachi metta sull’avviso tutti i luoghi di possibile
transito di non consentire che, via Po, i provveditori di Venezia possano raggiungere la
Serenissina in una “botta” fatta costruire in Monferrato.
1453 ottobre 26, “apud Adellum”.
Domino Antonio de Eustachio.
Siamo avisati che li proveditori de Venetia sonno in Monferrato hanno facto fare una
botta nova per farse mettere dentro et condurse a Venetia per Po. Pertanto vogliati
ordinare et far commandare a tuti li lochi che ve parerano bisognare per modo che dicta
botta non possa passare che la non sia presa. Data apud Adellum, die xxvi octobris
1453.
Marcus.
Cichus.
400
Francesco Sforza risponde a donna Luchina dal Verme di aver deciso che suo fratello
Alessandro si porti da lui , e non nel Parmense, con le sue genti, sicuro che sistemando le cose
sul fronte sforzesco, tutto andrà per il meglio anche sul suo. Tutto ciò vale anche in merito a
quanto lei accenna per la restituzione di Poviglio al conte Pietro.
1453 ottobre 27, “apud Adellum”.
Magnifice domine Luchine de Verme.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale ne rechiedeti vogliamo essere contenti
de mandare le vostre gente, quale sonno de qua con nuy, in Parmesana con Alexandro
nostro fratello, così per nostro como etiamdio per vostro bene; et etiam se vogliamo
dela restitutione di Puvilio al conte Petro, accadendo alcuno acordio, pace; unde
respondendo dicemo che 115r che per tuti li boni respecti havemo deliberato ch’el dicto
Alexandro venga qua da nuy con tute le gente, sichè per questo non accade mandarle
li vostri, ma doveti credere et essere certa che, conzando le cose de qua se vengono a
conzare quelle dellà, e conzandose, como siamo certi, stati de bona voglia che non
mancho haveremo cura del facto vostro che del nostro proprio. El simile dicemo
quando accadesse acordio. Data apud Adellum, die xxvii octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
401
Francesco Sforza scrive al conestabile Gaspare da Suessa che ha saputo dal commissario
ducale di Novara, Giorgio del Mayno, che il commissario di Vercelli intende fare rappresaglie
contro i Novaresi per i prigionieri, altre volte, fatti da Gaspare, che ora, accordatosi con il
commissario ducale, manderà a Vercelli a chiarire ogni cosa .
(1453 ottobre 27, “apud Adellum”).
Gasparri de Suessa, conestabili.
Siamo advisati da domino Zorzo del Mayno, nostro commissario in Novara, como lo
commissario de Vercelli delibera fare represaglia contra li (a) Novaresi per cagione de
quelli dellà, quali foreno facti presoni per ti altre volte. Pertanto, per evitare ogni
inconveniente, quale poria nascere per questa cagione, ne pare necessario, così te
dicemo che havuta questa, tu mandi ad Vercelli, intendendote col dicto nostro
commissario et chiarissi questo facto per modo il dicto commissario per questo non
habia ad fare represaglia alcuna, advisandone per toa lettera como gli haveray
mandato et de quello sequirà. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
(a) li in interlinea.
402
Francesco Sforza comanda al familiare ducale Fiorentino da Firenza di pagare le 80 lire che
ancora deve a Castello da Busnate per la calcina fornitagli per la costruzione della rocchetta.
(1453 ottobre 27, “apud Adellum”).
Florentino de Florentia, familiari nostro.
Tu te debbe recordare che te ordinassemo dovesse pagare quella calcina, qual te daria
Castelo da Busnate per la constructione della rocheta, et così credevamo ch’el fosse fin
a mò satisfacto da ti d’ogni quantità ch’el habia data. Et segondo che luy ne ha scrito e
mandato a dire resta ad havere da ti ottanta libre o più, del che ne siamo maravigliati.
Et pertanto te dicemo et comandiamo, senza contradictione alcuna et senza
repplicatione d’altre nostre lettere, che tu lo debbi far contento. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
403
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi che, dopo aver esaminato Riccardo con la
corda e inteso il capitano Bartolomeo, lo informerà della sua decisione. Per il galeone non vuole
più sopportarne la spesa: basta una guardia. La stessa cosa vale per il revellino per cui i quattro
fanti, alla fine della loro ferma, saranno licenziati: saranno sufficienti, ogni notte, otto o dieci fidati
cittadini di guardia, mentre, di giorno, ne avranno cura il conestabile del ponte e i suoi fanti, oltre
il suo intervento di controllo. Gli va quanto lui ha scritto circa le biade, che giornalmente
rincarano.
1453 ottobre 27, “apud Adellum”.
115v Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto le vostre lettere, ale quale, respondendo, quanto ala parte de
Ricardo, examinato con la corda, e de Bartholomeo, capitaneo, in brevi deliberaremo
quanto vorimo se facia et deinde ve ne avisaremo. Ala parte della spexa del galeone, a
nuy non pare né volemo più quella spexa, sichè ordinate che gli sia pure una guardia
et toliti via li paroni e lo conestabile,e bastarà una persona che l’habia a guardare con
bona diligentia. Similiter dicemo delli fanti del revelino, che a nuy non pare più
necessaria quella spexa; sichè, quando serano in capo del suo servito quelli quatro
fanti, gli potriti dare licentia e lassarli andare per li facti suoy, ordinando prima che ogni
note otto o dece guardie delli fidati dela cità gli faciano la guardia, et el giorno el
conestabile del ponte con li suoi fanti habia la cura d’esso, andandoli voy ancora a
sollicitarli et visitarle qualche fiate. Ala parte delle biave, quale dietim reincariscano
excessivamente, a noy piace el ricordo vostro, et così scrivemo per le alligate quanto
ne haveti scripto et avisato. Data apud Adellum, die xxvii 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
404
Francesco Sforza ordina al fratello Corrado, al luogotenente, al podestà e al presidente agli
affari di Lodi di imporre, per fronteggiare la spropositata crescita dei prezzi, sia in città che in
tutto il vescovado, un prezzo calmieratore del frumento e delle altre biade agganciato al valore
che avevano all’inizio del mese di ottobre.
Ogni violazione delle disposizioni sia punita con pene di loro arbitrio.
1453 ottobre 27, “ex castris nostris felicibus apud Adellum”.
Magnifico fratri Conrado de Foliano, armorum, et cetera, necnon spectabilibus et
egregiis locumtenenti et potestati ac presidenti negociis comunitatis Laude, nostris
dilectis.
Havemo inteso da più lati che in quella nostra cità è cresuto excessivamente el pretio
del fromento e d’ogni altre biave et dietim acresce più contra la oppinione delli homini,
che credevano meliorando le cose nostre, como fanno, dovesse decrescere et invilire,
como saria più (a) ragionevele; dela qual cosa quelli nostri citadini se dogliono et anche
a nuy rencresce asay. Volendo, aduncha, obviare a questo inconveniente havemo
deliberato, e volemo e ve comettemo che debbiati far fare una generale descriptione,
così nela citade, como nel vescovato per tute le terre de fuora del formento et altre
biave. Et questa descriptione sia facta a qualuncha, 116r nemine exceptato, deinde per
cride publiche et, sotto quelle penne ve parerà, ordinariti che formento e l’altre se
debbano vendere per quello precio che se vendevano al principio de questo presente
mese de octobre, e non più, provedendo, ultra ciò, como meglio ve parerà, perché
questa nostra deliberatione e mente sia mandata a executione, omni prorsus
exceptione remota. Ex castris nostris felicibus apud Adellum, xxvii octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) più in interlinea.
405
Francesco Sforza vuole che il luogotenente di Lodi convochi Ambrogio Dente, che lamenta il
ritrovamento della cavalla rubatagli, e Giovanni Passara, presso il quale fu trovata la cavalla.
Accertato ciò, ordini la restituzione dell’animale al padrone.
1453 ottobre 28, “apud Manerbium”.
Locumtenenti Laude.
Ambroso Dente, exhibitore de questa, dice che altre fiate gli fo furata una cavalla, quale
ha da puoi retrovata apresso uno Zohanne Passara, como intendereti da luy. Pertanto
volemo che, havuto da vuy li dicti Ambroso et Zohanne, se trovareti che la dicta cavalla
fo quella che gli fo furata, gli la debbiati fare restituire, como è iusto e rasonevele. Data
apud Manerbium, die xxviii octobris 1453.
Irius.
Cichus.
406
Francesco Sforza comanda al lodigiano Gabriele di Concorezzo di consegnare ad Ambrogio
Dente i denari depositati presso di lui. Da uno scritto rilasciato dallo stesso Gabriele e affidato al
commissario, risulta che Gabriele deve, a sentenza avvenuta, consegnare i denari a chi gli
consegna lo scritto, come intende fare detto Ambrogio.
(1453 ottobre 28, “apud Manerbium”).
Gabrieli de Concoretio, civi Laudensi.
Ambrosio Dente dice che per una differentia, quale haveva lì in Lode, forono deponuti lì
presso de ti certi dinari et tu fessi uno scripto, quale fo deponuto presso el commissario
lì con questa condicione che, data la sententia, tu restituirisse li dinari a qualunche te
presentasse lo dicto scripto. Mò dice essere data la sententia per luy et havere lo dicto
scripto. Essendo così siamo contenti et volemo che presentandote esso Ambroso lo
dicto scripto, tu gli debii assignare li dicti dinari liberamente et senza contradictione
alcuna, como è iusto et raxonevele. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
407
Francesco Sforza ordina al commissario ducale Morello da Parma di requisire e dare, a istanza
del famiglio ducale Americo di Forti, la roba di Lorenzo di Terra Nuova, famiglio di detto Americo
da cui Lorenzo se n’è fuggito, asportandogli cose del valore di cento ducati.
1453 ottobre 29, “apud Ognate”.
Domino Morello de Parma, militi, commissario nostro dilecto.
Americo di Forti, nostro fameglio, ne ha facto dire che s’è fugito da luy uno suo
fameglio, chiamato Lorenzo da Terra Nova, quale ha in quella terra certe soe cose et
robbe et gli ha portato via el valimento de più de cento ducati. Pertanto volemo che
tegniate ogni modo et via de havere dicta robba nelle mane de dicto Lorenzo et la
tegnati presso de vuy ad requisitione et nome del dicto Americo, al quale consignareti
ogni cosa ad ogni sua rechiesta; et questo non manchi. Data apud Ognate, die xxviiii
octobris 1453.
Nicolaus.
Iohannes.
408
Francesco Sforza scrive al referendario di Lodi di essere disponibile ad agevolare il pagamento
delle rimanenti duecento lire che il lodigiano Daniele de Amicolos ancora deve versare per la
“segurtà del daciero del pane biancho”, purchè ciò non osti all’adempimento dell’assegnazione
dei salariati e soprattutto dei Genovesi.
1453 ottobre 30, “apud castrum Coatorum”.
116v Referendario nostro Laude.
Lo egregio doctore domino Daniele de Amicolos, citadino de quella nostra cità, n’ha
significato che, siando luy stato segurtà del daciero del pane biancho de questo
presente anno, è simelmente stato el pagatore, et havendo già pagato una bona e
potissima parte del debito, resta debitore de ducento libre imperiali, et retrovandose
inhabile al pagamento ce rechede exeveleza de qualche termine a dovere pagare; ala
cui rechiesta voluntera compiacerissemo. Ma recordandoci che simili dinari sonno
assignati ali salariati et a Zenovesi non vorissemo, per questa tale complacentia e
soprastanza, derogare ale dicte assignatione, et maxime a quella di Zenoesi, che non
potria essere senza nostro grande mancamento. Pure nondimeno potendo vuy
adaptare la cosa in modo che non se derogi a dicte assignatione, seremo contenti
d’ogni exeveleza et piacere se gli possa fare, e molto ne piacerà. Data apud castrum
Coatorum, penultimo octobris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
409
Francesco Sforza vuole che il console, il comune e gli uomini diano sistemazione per la notte ai
condottieri Sagramoro Visconti e Antonio Seco, mandati lì per “reaquistare quello paese.”
1453 ottobre 31, “apud castrum Coatorum”.
Fidelibus dilectis nostris consuli, comuni et hominibus terre nostre Cologni.
Mandiamo lì li spectabili cavaleri e conducteri domino Sagramoro Vesconte et meser
Antonio Secho per vedere de reaquistare quello paese. Pertanto volemo che,
bisognandoli recepto per questa nocte, gle debiati dare et acceptarli dentro dela terra.
Data apud castrum Coatorum, die ultimo octobris 1453.
Iacobo de Rivoltella.
Iohannes.
410
Francesco Sforza scrive ai conestabili delle porte di Pavia, che lo hanno supplicato per il
pagamento “preter...ragione e bone usanze” di Cristoforo di Panicis di aver tutto rimesso ai
Maestri delle entrate, siccome non ha chiare idee di quel che si è praticato nel passato.
(1453 ottobre 31, “apud castrum Coatorum”).
Conestabilibus portarum civitatis nostre Papie.
Havemo inteso quanto ne supplicate del pagamento de Christoforo de Paniciis al quale
diceti essere astrecti preter et contra la ragione e bone usanze. Ve respondemo che,
non havendo nuy giara informatione de quanto sia observato per lo passato, scrivemo
per le alligate ali Maystri delle nostre Intrate che intendano la cosa et che provedano
per modo che non habiati cagione de lamentarve, sichè mandaritili la lettera e mandariti
a dicere lo facto vostro. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
411
Francesco Sforza scrive al luogotenente e al referendario di Lodi di dare quanto ancora
è dovuto al padrone del galeone, Rosino Faxolo, cui ha detto che non vuole più addossarsi
la spesa del galeone
(1453 ottobre 31, “apud castrum Coatorum”).
117r Locumtenenti et referendario nostris Laude.
É stato a noy Rosino Faxolo, parone de quello nostro galeone, per intendere quanto
habia a fare da mò inanti, an videlicet debba servire o non; el quale, havendo inteso la
nostra intentione non essere de volere più quella speza, como havemo scripto a voy
locotenente per altre nostre, ne ha rechiesto el resto del pagamento per lo servito
passato, qual dice essere pocha cosa. Et parendone la sua rechiesta honesta et
ragionevele, volemo che, facta la ragione del tempo ha servito, o delli dinari ha havuti e
de quello gli resta, provediate che con effecto resta interamente satisfacto. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
412
Francesco Sforza fa noto agli uomini di Val Gandino la sua aspirazione a che i popoli gli siano
devoti, preferendo “haverli per amore che per forza”. Si meraviglia perciò. che, contrariamente a
quello che hanno fatto gli altri, essi non si siano curati di presentarsi da lui. Da ciò il suo sollecito
perchè mandino quattro o sei dei loro “per pigliare intelligentia et accordio” con lui, ammonendoli
che, altrimenti, se capiteranno loro dei guai, lo imputino a loro stessi.
1453 novembre 2, “contra Roadum”.
Hominibus Vallisgandini.
Doveti hormay sapere quali et quanti siano li progressi nostri quali, per gratia
del’altissimo Dio, succedono felicemente, et speramo de hora in hora debbano
sucedere meglio, perché ogni rasone è del canto nostro. Nuy domandiamo tuti questi
populi ala devotione nostra, et più caro ne è (a) haverli per amore che per forza.
Pertanto meravigliandone che fin ad qui non siati venuti da nuy, como fanno li altri, per
le presente ve admoniscomo et rechiedemo che subito, recevute queste, debiate venire
o mandare qua de nuy quattro o sey de voy, ad li quali vogliamo che le presente nostre
lettere siano plenissimo salvoconducto de venire et retornare per pigliare intelligentia et
acordio con nuy, et da nuy sperate havere ogni bono tractamento con effecto;
altramente s’el ve interviene male, inputartilo ad voy stessi et non ad nuy. Data contra
Roadum, ii novembris 1453.
Christoforus de Cambiago.
Cichus.
(a) Segue per depennato.
413
Francesco Sforza informa Giovanni de Angellis, capitano di giustizia a Milano, che il pavese
Giacomo Secco sostiene di essere stato trovato, durante i tumulti cittadini, con le armi in mano
in seguito a un ordine avuto dal podestà. Se viene provato che ciò corrisponde al vero, vieta che
si faccia alcuna malestia a lui, ai suoi, nè contro la sua casa.
(1453 novembre 2, “contra Roadum”).
Domino Iohanni de Angellis, capitaneo iusticie Mediolani.
Iacomo Secco, nostro citadino Pavese, ne dice con querella che vuy procedeti contra
sè pro eo che se retrovò havere pigliato le arme in mano quando se fece quella novità lì
in Pavia, et luy dice haverli tolto de comandamento del potestate nostro de quella
nostra cità, et per questo ne pregha non vogliamo lassargli fare novitate alcuna. Per la
qual cosa ve comettiamo che de ciò ve debbiati informare con esso nostro potestate; et
trovandose essere così, alhora siamo contenti et volemo che non gli fazate
impedimento, né molestie alcune, né contra sé, né contra la casa soa, né veruno delli
suoy, imo fariteli libera licentia ch’el possa stare a casa soa senza alcuno impazo. Data
ut supra.
Bonifacio.
Cichus.
414
Francesco Sforza comanda al capitano del distretto di Piacenza di prestare ogni aiuto e
consiglio al suo famiglio Luigi da Romano che manda nel Piacentino per certi carichi di
vettovaglie per l’esercito
1453 novembre 1, “contra Rogadum”.
121v Capitaneo districto Plecentie.
Mandiamo lì in Piasentina Aluysio da Romano, nostro famiglio, presente portatore, per
casone de certi carigii da condure victualia a questo nostro felicissimo excercito,
segondo pienamente intenderay dal dicto Aluysio, al quale volemo sopra de ciò credi et
daghi piena fede tanto quanto faresti ala persona nostra propria, et gli presti tale adiuto,
consilio et favore ad exequire questa cosa che con buona expeditione possa da nuy
subito retornare. Data contra Rogadum, primo novembris 1453.
Aluysius.
Cichus.
415
Francesco Sforza vuole che il capitano e il podestà di Piacenza favoriscano con aiuti e consigli il
suo famiglio Luigi da Romano a trovare sia abbondanza di vettovaglie, specie di pane, per
l’esercito, che molti di quei carri, di cui, (il duca non tralascia di ricordare) molti luoghi piacentini
furono, all’inizio delle ostilità, restii alla concessione.
(1453 novembre 1, “contra Rogadum”).
Capitaneo et potestati nostris Placentie.
Perché non desideramo cosa veruna al presente con maiore affectione quanto che
questo nostro felicissimo exercito sia nedum abundante, ma copiosissimo d’ogni
victualia, et maxime de pane, senza el quale impossibile è l’homo potere vivere, et
perché ad deverlo condure ne sonno necessarie più et più carre, como doveti essere
certi, et recordandose che molti lochi de Piasentina non hanno satisfacto ala rechesta
gli fo facta delle carre fin al principio, quando venemo al’opposito del’inimici nostri,
como seti informati, remandemo Aluysio da Romano, nostro fameglio, presente
portatore, a solicitare questi tali carigii, al quale volemo et comandemovi prestati ogni
adiuto, consilio et favore ve rechiederà per parte nostra circha questa materia la quale,
quanto sia importante, non è necessario vi explicamo. Vogliati aduncha talmente
deportarve circha de ciò che per negligentia non intervenga mancamento alcuno, et con
ogni celeritate fare ch’esso Aluyso sia expedito. Data ut supra.
Aluysius de Romano.
Cichus.
416
Francesco Sforza esprime ai nobili de Nicolis e agli uomini di Valle Nure il suo disappunto per
non avere aderito alla sua richiesta di carri per il trasporto del pane all’esercito.
Li informa che rimanda nel Piacentino Luigi da Romano e li sollecita a non dargli motivo di
lamentarsi della loro negligenza.
(1453 novembre 1, “contra Rogadum”).
Nobilibus de Nicollis ac hominibus Vallisnurii.
Se maravegliamo grandemente de voy et dolemose asay che circa la rechiesta del
carrigio da condure el pane 122r al nostro felicissimo exercito non habiati facto una
minima satisfatione; la qual cosa credemo sia piutosto proceduta per negligentia de vuy
gentihomini che d’altra casone che, quando gli havisti havuto quella diligentia
debitamente se dovea havere ad cosa de tanta importantia, se rendemo certi seria
stato facto in altra forma. Pertanto remandemo de novo lì in Piasentina Aluysio da
Romano, nostro famiglio, per questa casone; voliati servare tal modo che presto sia
expedito per la rata ve tocha de questo carigio per forma non habiamo ad dolerse dela
vostra negligentia, anze possiamo comprehendere che in le cose pertinente alo stato
nostro siati soliciti et ben ferventi, como firmamente credemo fariti. Data ut supra.
Aluysius.
Cichus.
417
Francesco Sforza ordina al referendario di Piacenza di intervenire presso la comunità di
Piacenza perchè il famiglio ducale Ruggero da Romano, addetto alla guardia del Po,
abbia quanto gli è dovuto.
1453 ottobre 31, “apud castrum Cortorum”.
Referendario Placentie.
Se maravegliamo che Ruglerio da Romano, nostro famiglio, deputato ala guardia del
ponte da Po, habia casone de lamentarse non possa consequire el debito suo da quella
nostra comunità da Piasenza, habiando nuy tante fiate scripto per la satisfactione soa; il
perchè volemo et comandamote che circha el pagamento d’esso Ruglerio per quello gli
de’ fare quella nostra comunitate servi tal modo et via ch’el sia pagato in forma che più
non ne sentiamo lamenta. Data apud castrum Cortorum, ultimo octobris 1453.
Cichus.
Aluysius.
418
Francesco Sforza scrive al condottiero Giovanni de Angusolis che rinvia nel Piacentino il suo
famiglio Luigi da Romano per ottenere carri per il trasporto del pane in campo. Lo sollecita a
intervenire presso i suoi iuomini, che si sono mostrati in ciò “duri et renitenti”, perchè siano ora
esempio agli altri “de ben fare”.
1453 ottobre 31, “contra Rogadum”.
Domino Iohanni de Angusolis, armorum ductori nostro dilectissimo.
Remandemo Aluysio da Romano, nostro famiglio portatore della presente, lì in
Piasentina per conseguire el facto del carigio da condure el pane a questo nostro
felicissimo exercito, segondo già più fo ordinato et rechiesto. Et perchè li vostri homini
fra li altri molto sonno stati duri et renitenti, che non credemo già sia stato de vostra
voluntà, anze credemo ve debba essere stato molestissimo, et tanto più quanto più delli
altri voy (a) intenditi quanto importa la victualia ad lo exercito, ve confortemo adoncha,
stringemo et caricamo faciati tale opera verso li dicti vostri homini 122v che siano
exemplo ad li altri de ben fare, como se rendemo certissimi che fariti, perchè in questo
consisti nedum il facto nostro, ma etiam el vostro et de cadauno che ha animo et
desiderio de ben vivere. Data contra Rogatum, primo novembris 1453.
Aluysius.
Cichus.
(a) voy in interlinea.
419
Francesco Sforza ordina al podestà di Pavia di lasciare, per compiacere Angelo Acciaioli,
rimpatriare il reo Nigro, nonostante la disposizione ducale di colpire irremissibilmente i colpevoli
del tumulto.
1453 novembre 2, “contra Rogadum”.
Potestati nostro Papie.
Quamvisdio nostra firma intentione sia et habiamo proponuto che tutti quelli se trovano
culpevoli del tumulto siano puniti inrevirsibiliter, como più volte ve habiamo scripto, non
di meno, havendone domandato con molta instantia el magnifico cavalero domino
Angelo Azaiolo che, per sua complacentia, lassiamo venire a casa el Nigro, barbero
deli Camposani, siamo contenti et volemo, per compiacere al dicto Angelo, che lassati
venire, stare e repatriare el dicto Nigro, non obstante la imputatione a luy data del dicto
tumulto. Data contra Rogadum, die ii novembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
420
Francesco Sforza comanda a Galeazzo e a Gabriele, fratelli de Bossis, già castellani della
rocchetta di Lodi, di consegnare (perchè facciano parte della munizione della rocchetta) al
luogotenente di Lodi, Pietro da Norcia, la balestra e i due schioppetti ricevuti da ser Ventura, già
luogotenente di Lodi, che li aveva avuti da prete Bassano.
(1453 novembre 2, “contra Rogadum”).
Galeaz et Gabrieli, fratribus de Bossiis, olim castellanis rochete nostre Laude.
Volemo e ve comandiamo che debiati dare et assignare a domino Petro da Norsia,
nostro locotenente de Lodi, quella balestra e duy schiopeti, quali altre ve consignò a
voy ser Ventura, olim locotenente etiam de Lodi, quali havea hauto da prete Bassano,
perchè volemo che siano posti in la nostra rocheta per munitione; et a questo non
intervenga fallo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
421
Francesco Sforza vuole che il podestà, il referendario e i deputati agli affari di Pavia prestino
ogni aiuto al pavese Rampino e lo esonerino da qualsiasi dazio per quanto condurrà in campo.
(1453 novembre 2, “contra Rogadum”).
Potestati, referendario ac deputatis negociis communitatis civitatis nostre Placentie.
Havendo tolta la cura de carico de far condure pane al nostro felice exercito Rampino,
citadino de quella nostra cità, 123r che a noy è gratissima, volemo e ve comettemo che
per così fare gli debiati prestare ogni adiuto et honesto favore, ordinando insuper che
de quello condurà al’exercito non debia pagare datio alcuno, segondo l’ordini nostri facti
per cride pubblice et segondo ab antiquo è stato consueto. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
422
Francesco Sforza comanda al podestà delle Gerole di convocare Zanino de Perotto, famiglio
dell’uomo d’arme Nicola da Corte, da cui è fuggito, e di imporgli, o di ritornare da Nicola, oppure
di risarcirlo di quello che gli ha sottratto.
1453 novembre 3, “contra Rogadum”.
Potestati nostro Glarolarum.
Ne ha dicto Nicola da Corte, nostro homo d’arme, che novamente se gli è fugito uno
suo fameglio, nominato Zanino de Perotto de quella nostra terra de Gerole. Pertanto
volimo che, havuta questa, debii havere da ti dicto Zanino et fare, overo ch’el retorna a
stare con el dicto Nicola, overo ch’el satisfaza al predicto Nicola de quello gli ha portato
via, et presto non manchi. Data contra Rogadum, die iii novembris 1453.
Iohannes Andreas.
Iohannes.
423
Francesco Sforza, ad evitare che in assenza di Salomone si compia alcuna ingiustizia contro di
lui, ingiunge al podestà di Castell’Arquate di non dar luogo ad alcuna azione contro detto
Salomone, ebreo, fratello del correligionario maestro Iacob.
Una convocazione ducale della durata di 10 o 15 giorni lo terrà lontano da lì: al suo ritorno il
podestà potrà procedere contro di lui
1453 novembre 3, “contra Rogadum”.
Potestati terre nostre Castri Arquati.
Perché havemo facto venire qua Salamone, ebreo, fratello de maistro Iacob, ebreo, per
nostre facende, pertanto te dicemo che non vogli fare innovatione, né acto alcuno
contra de esso Salamone, né beni, né cose soe ad instantia et requisitione de persona,
et sia che voglia, per fino luy non è retornato ad Castello Arquà, che fra X o XV dì al più
longo luy sarà retornato, et poy fazasse ragione non obstante questa nostra lettera, et
questo adimanda dicto Salamone, ad ciò che in la sua absentia non gli fosse facta
iniustitia. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
424
Francesco Sforza vuole che gli ebrei, deputati all’estimo, Salomone Antiquo di Parma, Susinavo
di Monza e Iosep di Castell’Arquato si astengano, come già disse, tramite Cicco, a Manno e
compagni, di fare l’estimo dei denari di maestro Iacob e del Salomone, ebrei di Castell’Arquata,
ben sapendo quello che hanno pagato.
(1453 novembre 3, “contra Rogadum”).
Salamoni Antiquo de Parma, Susinavo de Modoetia et Iosep de Castro Arquati, ebreis,
deputati ad extimum.
Pare che cerchiati de mettere extimo ali dinari de maistro Iacob et de Salamone, suo
fratello, ebrei, quali dinari sonno apresso de Salamone et de Iosep da Castelarquà; de
che ve dicemo che, como facessimo dire ad Manno et ali compagni per Cicho, nostro
secretario, non volemo che li fazati fare dicto extimo, né che li fazati pagare a loro cosa
alcuna, perché sapeti quello che hanno pagato. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
425
Francesco Sforza vuole che il podestà, il capitano del distretto di Piacenza e Teseo de Puctanis
da Spoleto, cancelliere ducale, facciano, sopra armi e pegni, dare a creditoi del pane e del vino
per il loro sostentamento al parmense Bartolomeo da Parma, a Salvino da Parma, a
Scaramuccia da Fragarolo, ad Andrea da Salla e a Perino da Piacenza, tutti uomini d’armi
alloggiati nel Piacentino, che al presente non possono giovarsi del loro pagamento a Parma. Il
duca assicura i buoni uomini, che aiuteranno detti soldati, che dei loro crediti su pegni saranno
“integramente satisfacti et pagati”.
(1453 novembre 3, “contra Rogadum”).
123v Potestati, capitaneo districtus Placentie ac Theseo de Puctanis de Spoleto,
cancellario nostro.
Se ritrovano havere facto assignamento al Parmesano Bartholomeo da Parma, Salvino
da Parma, Scaramutia da Fragarolo, Andrea da Salla et ad Perino de Piasenza, tuti
nostri homini d’arme, alozati lì in Piasentina del spazamento suo in Parma del quale,
perchè così mò de presente non se possano valersene, aciochè possano vivere, siamo
contenti, et così volemo che gli fazate dare del pane et del vino per loro usu sopra Ie
soe cose, arme et pegni, certificando (a) Ii boni homini che deIe robbe gli darano
seranno integramente satisfacti et pagati adeo che non gli mancarà niente; sichè circha
ciò provedeti mò como ve parerà meglio, perche dicti homini d’arme possano havere
delle cose necessarie al vivere loro sopra Ii dicti soe cose et pegni. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) Segue che de depennato.
426
Francesco Sforza, siccome la maggioranza dei bifolchi che quotidianamente scappano è
piacentina, ingiunge al capitano della cittadella di Piacenza di sostituire ogni fuggitivo con due
bifolchi, trattenuti in campo a carico del fuggitivo per due mesi.
1453 novembre 4, “apud Rogadum”.
Capitaneo cittadelle civitatis nostre Placentie.
Perché ogni dì se fugono bivolc,i et più del Piasentino che da nisun altro loco et remane
lo carezo nostro abandonato, che quanto preiuditio n’è suguiti tu el poy pensare, il
perché te dicemo (a) che vogli mandare li scrambii de tuti li bivoli mandati in campo ad
ciò se possano scambiare li altri. Et perché non volemo che dicti bivolci se avezano ad
fugire, volemo che per ogniuno che fugi et parte senza licentia et lo boletino de
Bartholomeo da Cremona, che, in scambio de quelli, ne siano mandati duy pagati per
duy mesi; et questo sia senza alcuna exceptione per la fuga che faranno. Data apud
Rogadum, die iiii novembris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) te dicemo ripetuto.
427
Francesco Sforza scrive al podestà, al comune e agli uomini di Vigevano che, siccome Abraam
de Ardiciis, segretario e cancelliere ducale, si trova da più mesi utilmente per servizio ducale in
Francia e presso re Renato, vuole che, a riconoscimento dei suoi meriti, lo si esoneri, dal giorno
della sua partenza fino a quello del suo ritorno, da qualsiasi carico straordinario.
1453 novembre 3, “contra Rogadum”.
Potestati, comuni et hominibus Viglevani.
Perché, como sapeti, già più mesi sonno passati, che lo egregio Abraam de Ardiciis,
nostro secretario et cancellero, ene adoperato in li nostri servicii in le parte de Franza
et dappuoy continuamente apresso ala mayestà del re Renato, del’opera del quale ne
reportiamo satisfactione et contentamento, ve 124r comandiamo et volemo, parendone
ragionevole, che non sia equalmente artato ala contributione delli carrichi, como gli altri
che non sonno fatichati como luy, che dal dì primo che luy se partì per andare in essi
nostri servicii per fin al dì ch’el retornerà, non lo debiati molestare, nè fargli impazo
alcuno per qualunque carico se voglia extraordinario imposto et che se imponerà in
l'avenire; et questo per retributione delli meriti suoy et per dare exemplo ad Ii altri per
essere più prompti ali nostri servicii. Imo volemo, se alcuna molestia gli fosse facta, la
debiate liberamente revocare. Data apud Rogadum, die iii novembris 1453.
Bonifacius.
Cichus.
428
Francesco Sforza comanda al referendario di Lodi di far avere per ogni via la mensile
provvisione, assegnata sulle entrate ducali, a Sgraveto e a Galasso da Recanati, che si
lamentano di non aver nulla percepito di quanto accordato loro a sostentamento delle loro
famiglie.
1453 novembre 4, “apud et contra Rogadum”.
Referendario notro Laude.
Se sonno gravati con nuy el Sgraveto et Galasso da Rechanati, ali quali havemo
assignati la provisione fra quelle nostre intrate per sustentatione delle loro familie, che
non ponno consequire el debito suo, segondo è la nostra intentione. Per la qual cosa
volemo che, per ogni modo possibile, vediati de provedere che habiano la lor debita
mensuale provisione, perché tanto seria non haverli ordinata provisione alcuna, non la
potendo loro consequire; sichè fate non habiano più cagione de querelarse, né per lo
passato, nè per l’avenire. Data apud et contra Rogadum, iiii novembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
429
Francesco Sforza spera che il conestabile dei fanti Gaspare da Suessa abbia avuto notizia della
presa di Caravaggio, di Brignano e di Vailate, fatta da Sacramoro Visconti e da Francesco
Secco e come essi sperano di impossessarsi di Treviglio e di Rivolta. Vuole che, a questo
scopo, Gaspare si unisca a loro con tutti i cavalli, lasciando a Cerreto suo figlio con tutti i fanti,
oppure, invertendo i ruoli, mandi suo figlio e, comunque, abbia sempre l’avvertenza di
mantenere Cerreto ben guarnita.
1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”.
124v Gaspari de Suessa, peditum conestabili.
Credemo che tu debbi havere inteso como miser Sacramor Visconte e misser
Francesco Seccho sonno intrati dentro da Caravagio et lo hanno tolto ad nostro nome,
et similmente hanno havuto Brignano et Vaylà et hanno ferma speranza de havere
Triviglio et Rivolta. Pertanto vogliamo che tu vadi ad meterti insieme ad li predicti miser
Sacramor et miser Francesco per videre de havere Trivigli et Rivolta, zoè che tu vadi
cum tucti li toy cavalli, lassando quil loco fornito deli toy fanti insieme con tuo figliolo,
overo che tu porrai restare a Cerreto (a) con li toy fanti e mandare tuo figliolo con li
cavalli a mecterse insieme con li dicti miser Francesco et miser Sacramoro; et in questo
faray como parirà ad ti purchè, o l’uno o l’altro di vuy dui, vada como scrivemo de
sopra. Et questo non manchi, sopratucto haveray advertentia de fare che Cerreto (b)
sia secura et fornita per modo che tu ne sie securo. Ex castris contra Rovatum, die 4
novembris 1453.
Iohannes.
(a) Segue alla bastia depennato.
(b) Cerreto in interlinea su la bastia depennato.
430
Francesco Sforza manifesta a Sagramoro Visconti e a Francesco Secco e a suo fratello Antonio
la sua certezza che in giornata si impossesseranno di Treviglio. Si portino poi subito a Rivolta
con i cavalli che manderà loro Gaspare da Suessa, con i 200 schippettieri e i provisionati del
castello di Milano che invierà il Consiglio segreto e con Cristoforo da Cremona e i suoi fanti e
con gli uomini del paese sistemandosi nello spazio esistente tra il ponte e Rivolta. Prese le
bastite, le spianino del tutto, così come distruggeranno completamente il ponte, consegnando
tutto il materiale che ne ricaveranno a Rossino Piola, commissario di Cassano.
Se abbisogneranno di qualcosa, lo facciano sapere al Consiglio segreto.
Sicome il padre del conestabile di Rivolta si trova a Vailate, procurino di indurlo a convincere il
figlio ad arrendersi. Di tutto quello che riusciranno a concludere gli diano piena informazione.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
Domino Sacamoro Vicecomiti et domino Francisco de Sichis, militibus, ac Antonio eius
fratri.
Como per altre nostre, hoggi per lo vostro messo che ne mandassevo questa nocte ve
havemo scripto, così per questa replicando, ve dicemo che siamo certi, per quanto ne
haveti scripto, hoggi haveriti havuto Triviglio a nome nostro. Et perché havemo molto ad
cuore (a) il facto de Rivolta, del ponte et bastite, volemo debiati andare insieme con li
cavalli, che ve mandarà Gasparro da Sessa, con li 200 schiopeteri et provisionati del
castello nostro de Milano, quale ve mandarà il nostro Consiglio secreto, et cum
Christoforo de Cremona con li suoy fanti et con più homini del paese che serà possibile
ad metterve tra Rivolta et el ponte loro, che gli è uno bono spatio de terreno; il qual
ponte et così le bastite sonno la maiore parte in assiuta et in terra et de tracta, siamo
certi haveriti la bastita che è verso Rivolta, perché non è troppo forte; la quale havuta,
volemo faciati spianare et ruynare et così guastare lo ponte et tute le colomne et asse,
grodarie, ferramento et armadure delle bastite, ponte. Volemo faciati consignare 125r
ad Rossino Piola, commissario nostro de Cassano, al quale havemo ordinato quanto ne
habia ad exequire de dicte cose, et faritele spianare in modo che parà non li fosse may
bastite, né ponte, governandove in questa impresa maturamente et prudentemente et
con ogni diligentia et sollicitudine possibile, como ne confidiamo in voy et in modo che
ne reportati honore, laude et commendatione; et bisognandone più una cosa che
un’altra scriveti et mandati, recercando al nostro Consiglio secreto de Milano tutto
quello ve parerà necessario perché essi provederano a tutto quello che per vuy li sarà
rechiesto et dicto. Et perché intendemo ch’el conestabile, qual è dentro da Rivolta, ha el
padre in Vaylà, volemo vediati per ogni modo de far trovare el padre del dicto
conestabile, quale confortariti et pregariti et carichariti che voglia mandare a dire et
confortare e comandare al figliolo che ne voglia dare Rivolta aciò non bisogni mandarli
el campo; che, mandandoli poy noy el campo, haveremo Rivolta in ogni modo et a luy
non seremo obligato nulla. Et in questo usariteli tute quelle bone parole et persuasione
ve parerano expediente per fare de havere Rivolta omnino; et tutte quelle cosse haveti
fare, vogliateli expedire presto et con sollicitudine non gli perdendo tempo veruno; et de
tuto como seguiriti vogliati continue avisarcene. Mandariti subito le alligate a Cassano
et a Milano ad che se drizano, et così quella che se driza a Gasparro da Sessa,
sforzandove che vadano a salvamento. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) Segue Rivolta espunto.
431
Francesco Sforza vuole che il capitano della Lomellina, appurata la verità di quanto dice lo
squadrero ducale Giovanni di Albanesi, induca Giacomo da Landriano, abitante a San Nazzaro,
a restituire il fermaglio, avuto da Giovanni, che gli ha reso, secondo l’accordo,
il cavallo per mancato suo gradimento.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
Capitaneo nostro Lomelline.
El conte Zohanne di Albanesi, nostro squadrero, dice che, havendo comprato uno
cavallo a Iacomo da Landriano, habitatore de San Nazaro, et datoli uno fermaglio in
pegno con questa condictione che, non (a) piacendoli el cavallo, lo dovesse restituire et
esso Iacomo rendergli li dinari; et havendoli restituito lo dicto cavallo, perché non gle
piaque, el dicto Iacomo non gli vole restituire esso fermaglio; el che non è nì iusto, nì
conveniente. Peretanto te commettiamo et volemo che, intesa questa cosa, debii
astrenzere lo dicto Iacomo a restituire esso fermaglio, se le conventione havute tra loro
sonno tale, como è dicto de sopra. Data ut supra.
Iohannes.
(a) non in interlinea.
432
Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini di Maledo di non importunare
più per le tasse l’uomo d’arme delle lance spezzate Scalabrino ben sapendo che i soldati non
sono tenuti al pagamento delle tasse.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
125v Potestati, comuni et hominibus Maledi.
Scalabrino, nostro homo d’arme delle lanze spezate, ne ha facto lamenta che vuy lo
molestati per casone delle taxe, dela qualcosa ne maravegliamo, perché non è de
usanza che li soldati siano astrecti ad pagamento dele taxe, per il chè ve
commendiamo et volemo che da mò inanti non gli fazati molestia alcuna per dicta
casone, aciò non habia ad poterse lamentare più.
Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
433
Francesco Sforza scrive a Iosep de Cortonio, podestà e castellano di San Colombano che già
una volta Bernardo di Bernardo Sola se n’era scappato dal carriaggio e lui, podestà, non aveva
preso alcun provvedimento. Ora se n’è andato via ancora e gli ripete di costringerlo a pagare
due altri per due mesi; il duca lo minaccia di rifarsi con lui qualora anche questa volta non
prendesse alcun provvedimento.
Quanto sopra vale per Zano da Rigo di Molineli, che anche lui se n’è fuggito.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
Magistro Iosep de Cortonio, potestati et castellano Sancti Columbani.
Altre volte siandose fugito del nostro carezo Bernardo de Bernardo Sola, mandato per
quella comunità, te scripsemo ch’el dovesse castigare et costringerlo a mandarne dui
pagati per duy mesi, e non è facto nulla. Nunc autem se n’è fugito un’altra volta; sichè
iterato te scrivemo che lo debbi constrengere a mandare duy pagati per duy mesi,
altramento se scorzaremo con (a) ti in modo ch’el te ne rencrescerà. El simile dicemo
de Zano da Rigo di Molineli, qual etiam è fugito, e provedeti talmente che ne sentiamo
novella, ordinando che se presentano ad Bartholomeo da Cremona qua in campo. Data
ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) Segue voy depennato.
434
Francesco Sforza vuole che gli uomini di Vailate prestino rispetto e obbedienza al milanese
Antonio d’Alzate che invia come loro ufficiale. Ricorda loro, inoltre, di fargli avere, nei tempi
debiti, il salario spettantegli.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
Hominibus Vaylate.
Mandiamo lì Antonio d’Alzate, nostro carissimo citadino Milanese, per vostro officiale;
pertanto volemo lo acceptati et lo mettiati ala possessione del’officio et, prestatoli debita
reverentia, obediati, como è debito et soleti obedire et reverire li officiali vostri,
respondendoli etiamdio del salario consueto ali tempi debiti, perché luy è tale persona
siamo certissimi ve retrovariti ben contenti delli facti suoy. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
435
Francesco Sforza informa i nobili, il comune e gli uomini di Treviglio di aver designato a loro
podestà il milanese Mafeo Stampa. Gli mostrino rispetto e obbedienza e gli facciano avere, a
tempo opportuno, il suo salario.
Il duca nel medesimo giorno informa Bolognino de Attendolis del progresso fatto dall’esercito.
La stessa cosa ha scritto a sua suocera Agnese e a Corrado da Fogliano con in più che egli dia
ogni aiuto possibile per la presa del ponte di Ripalta.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
126r Nobilibus comuni et hominibus Trivilii.
Confidandose in le virtute, prudentia et fede che porta el nobile homo Mafeo Stampa,
nostro carissimo citadino Milanese, presente exhibitore, l’havemo ellecto et constituito,
et così per questa lo elligiamo et constituemo per vostro potestà et rectore. Pertanto
volemo lo acceptati et lo mettiati ala possessione d’esso officio, prestandoli quella
reverentia et obedientia che rechiede l’officio et como la nostra propria persona in
quello specta al dicto officio; et così li responderiti al debito tempo del salario consueto
et provisione. Siamo certi luy se portarà in modo che restareti ben contenti di facti suoi.
Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
Die suprascripto.
Scriptum fuit magnifico Bolognino de Attendolis, militi de processu exercitus nostri
contra inimicos nostros.
In simili forma scriptum fuit magnifice domine Agneti, matri nostre carissime, et
magnifico Conrado de Foliano cum hac clausula, quod prestat nobis omne illud
iuvamen quod poterit pro consecutione pontis Ripalte.
Ser Iacobus.
Cichus.
436
Francesco Sforza ordina al suo cancelliere Teseo da Spoleto che, con i denari avanzati per il
fieno degli uomini di Calvisano, paghi, come ha fatto con gli altri, il fieno dato dal canonico
piacentino Giovanni de Carlo. Similmente faccia con i massari di Antonio e Gabriele dei
marchesi de Malvitiis.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
Theseo de Spoleto, cancellario nostro.
Volimo che deli dinari, li quali tu hay retenuti per lo feno delli homini da Calvisano, fazi
pagare domino prete Iohanni de Carlo, canonico Piasentino, de tuto el feno che luy ha
dato ali dicti homini de Calvisano, secundo hay facto pagare alli altri, delli quali te
havemo scripto; et questo non manchi. Et el simile te dicemo de quello hanno dato li
massari de Antonio et Gabriele de Malvitiis marchesi, et cetera. Data ut supra.
Cichus.
437
Francesco Sforza scrive ai consoli, al comune e agli uomini delle Glarole che revoca, per
insufficiente informazione, la concessione di privilegi giurisdizionali e di dazi accordata ai
gentiluomini di lì, volendo ora, “avuta più matura informatione” che quanto ai dazi e all’alltro si
osservi quanto veniva praticato alla morte del defunto duca. Di ciò si intendano con Gracino da
Pescarolo e con il referendario di Pavia.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
Consulibus, comuni et hominibus Glarolarum.
Altre volte, non havendo nuy havuto quella vera informatione che se rechiedeva,
concedessemo alcuni privilegii ali zentilhomini de quella nostra terra circha la
iurisdictione et dacii de quella terra; li quali privilegii, havuta mò più matura
informatione, intendemo revocare, et per le presente revochemo, volendo et ex nunc
ordinando che quanto ali dacii et altre cose se observi el modo et stille qual se
observava al tempo della morte del’illustrissimo quondam bone memorie duca passato.
Et de questo intenditive con domino Gracino da Piscarolo,et referendario nostro de
Pavia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
438
Francesco Sforza comunica a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia la revoca dei
privilegi concessi, per incompleta informazione, ai gentiluomini delle Glarole, riportando tutto alla
situazione esistente al tempo della morte del precedente duca.
(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).
126v Domino Gracino de Piscarolo et referendario nostro Papie.
Altre volte, non havendo nuy havuto quella vera informatione che se rechiedeva,
concedessemo alcuni privilegii ali gentilhomini delle Gerole circa la iurisdictione et dacii
della terra; li quali, havuta mò più matura informatione intendemo revocare et per le
presente revocamo, volendo, et ex nunc ordinando che quanto ali dacii et altre cose se
observi el modo et stillo qual se observava al tempo della morte del’illustrissimo
quondam bone memorie duca passato. Sichè apponeti ordine perché così se facia.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
439
Francesco Sforza vuole che Iosep Salamono e gli estimati ebrei abbiano in considerazione, per
il pagamento dei 9000 ducati, il dissesto subito da Mosè, ebreo di Lodi.
Si è scritto al podestà delle Gerole di recarsi dal duca.
1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”.
Iosep Salamono et ebreis extimatis ebreorum.
Perchè, como sapeti, Moisè, ebreo de Lodi, ha havuti dispendii et graveze asay in
modo che luy è rimasto molto assitigliato de robba, pertanto, in questo pagamento delli
VIIII milia ducati, vogliati haverli consideratione et advertentia et non vogliati che in tucto
remanga desfacto. Data in castris contra Rogadum, v novembris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
Die suprascripto.
Scriptum fuit potestati Glarolarum quod veniat ad dominum.
440
Francesco Sforza scrive a Bertoluccio da Gubbio che intende occuparlo là in alcuni suoi servizi.
Vuole che si porti da lui, conscio che lì non farà più ritorno.
(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).
Bertholutio de Eugubio, commissario super allogiamentis ultra Padum.
Perché te volemo adoperare dal canto de qua in alcuni nostri servicii, vogli, havuta
questa, venire qua da nuy, advisandote che là tu non hay ad stare più. Sichè quanto più
tosto veneray tanto meglio. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
441
Francesco Sforza ordina a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza di fare
alloggiare nel comune di San Imento e di Calendasco (luoghi già prima, ma inutilmente, a ciò
destinati dallo stesso condottiero) alcuni uomini d’arme e cavalli presi dal Colleone ai suoi
servizi. Essi staranno lì fino a quando, “et sarà prestissimo”,
saranno pronti per mandarli in campo.
(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).
127r Benedicto de Curte, capitaneo citadelle civitatis nostre Placentie.
Altra volta nuy scripsemo, ad instantia del magnifico Bartholomeo Cogliono, ad li homini
et comune de Sancto Hymento et de Calendasco che dovessero allogiare certi cavalli
del prefato Bartholomeo; et perché dicto Bartholomeo ne dice che, quantunche fosse
stato scripto, che niente de mancho non gli mandò cavallo alcuno, hora luy gli manda
certi cavalli et alcuni homini d’arme, quali ha tolti de novo ali suoi servicii, li quali
haveranno a stare lì tanto che serano messi impuncto, et poi dicto Bartholomeo gli farà
venire in campo et sarà prestissimo. Sichè volemo che tu fazi allogiare dicti cavalli deli
dicti homini, et faray che li sia data stantia et strame. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Iohannes.
442
Francesco Sforza scrive al suo familiare Raffaele Pugnello di prendere atto del frumento da lui
ricuperato e lo invoglia a trovarne la maggior quantità possibile, farlo macinare e mandarne la
farina a Cremona. Se quelli di cui gli ha scritto andranno da lui, risponderà loro quel che crederà.
(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).
Raphaeli Pugnello, familiari nostro dilecto.
Havemo recevuto le tue lettere circha la recuperatione del fromento, ale quale
brevemente respondendo dicemo che per quanto hay voglia far cosa, quale ne piaza e
hay a caro el stato nostro, te sforzi de recuperarne più quantità sia possibile, facendolo
macinare et mandare la farina a Cremona. Del’altre cose restiamo avisati e non dicemo
altro se non che cerchi de far presto quello che tu poi fare. Si quelli che tu ne scrive
veniranno, gli responderemo quanto ne parerà. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
443
Francesco Sforza dice al Regolatore delle entrate Antonio de Minutis che è sorpreso della
disponibilità del conte Antonio Crivelli di dare frumento per 1000 ducati d’oro.
Procuri che lo dia e cerchi di trovare quanto più frumento può, lo faccia macinare e ne mandi la
farina a Cremona. Temendo che non riuscisse a ricuperare la quantità di frumento necessaria
per “tanto exercito”, lui, duca, ne ha preso in prestito 1000 moggia a Cremona, che restituirà
entro due mesi oppure ne farà un’assegnazione sul dazio della mercanzia del prossimo anno in
ragione di soldi 26 a staio.
(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).
Ser Antonio de Minutis, Regulatori intratarum nostrarum.
Havemo recevuto le toe lettere, date penultimo del passato, per le quale tu ne scrive
ch’el conte Antonio Crivello ad volerce dare tanto formento che monta 1000 ducati
d’oro, como haveti proferto de bona voglia; de che ne marevigliamo, perché luy
medesmo ne fece rechiedere de questo. Sichè vede per ogni modo che lo dia circha el
resto et procura ch’el se ne habia più quantità sia possibile per quello megliore modo,
industria et ingenio che te parirà, facendolo macinare e mandare la farina a Cremona;
et in questo metti tuto quanto el tuo sapere per quanto tu hay a caro el stato nostro,
avisandote che, parendone che non recuperate quella quantità de formento che
credevamo e che ce bisogna a tanto exercito, havemo tolto a Cremona in presto quelle
mille moza, de che te scrisemo a termine renderlo in duy mesi, aut farli assignatione
sulo dacio della mercantia del’anno a venire a ragione de soldi XXVI el staro. Sichè per
questo è da recuperarne più quantità per poterlo rendere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
444
Francesco Sforza esprime a Sagramoro Visconti e ad Antonop Sicco, commissario di
Geradadda, il suo compiacimento per la presa di Rivalta e per quanto si propongono di fare per
le bastite e come sperarno di “fornire” Treviglio. Nella lettera allegata, diretta a Rossino Piora,
commissario a Cassano, gli dice quel che vuole si faccia per le bastite e per il ponte di Rivalta..
1453 novembre 6, “contra Roadum”.
127v Domino Sagramori Vicecomiti et Antonio Sicho, comissario nostro Glaree Abdue.
Havemo veduto quanto ne scriveti per la vostra de dì v presente del’havuta de Rivalta
et delle provisione volevati fare per havere le bastite et como sperati fornire anchora
Trivilio, et cetera, ala quale, respondendovi, dicemo che havemo havuto tanto piacere
del’havuta de Rivalta quanto dire se potesse; sichè per questa non dicemo altro se non
che ve confortiamo e caricamo a fare tute quelle provisione ve pareranno necessarie
per la exaltatione et augumento del stato nostro. De quello deliberamo se facia del
ponte de Rivalta e dele bastite, et cetera, per l’alligata ne scrivemo opportunamente a
Rossino Piora, nostro commissario in Cassano, la quale li mandareti subito. Data contra
Roadum, die vi novembris 1453.
Iacobus de Rivoltella.
Iohannes.
445
Francesco Sforza scrive al capitano di Casteggio che, accertato il credito del bronese Ruzinone,
procuri che egli ottenga con rito sommario quanto dovutogli dai suoi conterranei.
Si è scritto al podestà di Maledo che restituisca o faccia restituire a Bertolin, armigero del
condottiero Tiberto Brandolini, il cavallo, che teneva a Maledo per conto del comune
(1453 novembre 6, “contra Roadum”).
Capitaneo Clastigii, nostro dilecto.
Have exposto Ruzinone della terra nostra de Brone che ha alcuni suoy debitori sotto la
tua iuridictione, dali quali per li loro subterfugii et dilatione non può conseguire el debito
suo; del che ne venne a patire grande damno et supplicato gli vogliamo provedere. Per
la qualcosa te comettemo et volemo che ad esso Ruzinone, contra qualunche suo
debitore, ministri rasone summaria et expedita senza littigio alcuno, li quali debitori
siano soctoposti ala toa iurisdictione, et constandoti del vero credito suo li constringi per
ogni via de rasone ad farli el debito suo integramente de quello debitamente deverà
havere; et questo senza dilatione alcuna de tempo. Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
Die suprascripto.
Scriptum fuit potestati Maledi quatenus restitueret seu restitui faceret Bartholino,
armigero magnifici Thiberti Brandolini, capitanei nostri, equum unum quem habebat in
dicta terra Maledi sibi acceptum nomine communis ipsius terre.
Iacobus.
Cichus.
446
Francesco Sforza ordina ad Antonio Secco , commissario generale di Geradadda e condottiero,
che faccia sequestrare tanti beni, mobili e immobili di Socino Secco equivalenti al prestito di
1200 ducati, non utilizzati, che ebbe dal marchese di Mantova.
(1453 novembre 6, “contra Roadum”).
128r Spectabili viro Antonio Sicco, comissario generali nostro Glareabdue ac armorum,
et cetera.
Constandone, per chiareza a nuy facta per lo illustre signore messer lo marchexe de
Mantoa, che Socino Secco è debitore della sua signoria de mille ducento ducati a luy
prestati per lo tempo se retrovò con la sua signoria, e non serviti, volimo per
satisfacione d’esso illustre signore domino lo marchexe, como la raxone et honestà
rechiede, che faciate aprehendere tanti delli beni del dicto Soncino, mobili aut immobili,
che siano equivalenti al debito, et gli faciate assignare a qualunche messo mandarà la
signoria sua. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Iohannes.
447
Francesco Sforza vuole che il referendario di Pavia intervenga presso il podestà della Gerola e
faccia in modo che sia pagato dagli uomini del posto unicamente per i fanti che realmente tenne.
1453 novembre 6, (“contra Roadum”).
Referandario Papie.
Intendemo ch’el potestà nostro dela Girola de quello nostro districto de Pavia se fa
pagare dalli homini d’essa terra per sey fanti, quali tamen non tenne, il perché non
parendone honesto, ve comettiamo et volemo habiati informatione de questo facto, et
trovando essere così, provediati che’l dicto potestà non sia pagati nisi per li fanti,
dumtaxat ch’el tiene, et non altramente, e secundo che l’è tenuto debitamente de fare
per forma che nyuno iustamente se possa dolere, como è la nostra intentione. Data vi
novembris 1453.
Thomaxus domini Angeli.
Cichus.
448
Francesco Sforza comanda ad Antonio Secco di prestare ogni aiuto a Giovanni de Pellegrino,
che si porta a Caravaggio per eseguire alcune incombenze affidategli.
1453 novembre 7, “apud Rovadum”.
Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.
Vene lì ad Caravagio Iohanne de Pelegrino, presente portatore, per exequire alcune
cose, quale gli havemo commesse; pertanto volemo che recercandote luy adiuto et
favore alcuno in quello haverà a fare, gli vogli dare ogni adiuto et favore te sarà
possibile ad ciò ché’l possa mandare ad executione quanto te habiamo commesso.
Data apud Rovadum, vii novembris 1453.
Advena.
Cichus.
449
Francesco Sforza fa presente al cancelliere ducale Teseo da Spoleto che Leonardo Scalino gli
rimprovera, anche a nome dei suoi compagni, la sua partenza senza averne dato, come
promesso, informazione. Non hanno, così, mandato con lui uno di loro per avere quanto loro
dovuto per le tasse. Procuri di non infinocchiare Leonardo e compagni con le sue ciance, ma
provveda che ottengano il loro pagamento.
(1453 novembre 7, “apud Rovadum”).
Thexeo de Spoleto, cancellario nostro.
É stato a nuy el strenuo Leonardo Scalino et s’è agravato per luy et li compagni che,
havendolo tu promettuto non te partire se prima non gli avisasse dela tua partita,
acioché mandasseno con ti uno deli suoy ad consequire el debito loro dele tasse, et te
sei partito senza farli moto alcuno, la qualcosa gli fa suspicare che’l resta per noy che
non consequiscano el suo pagamento; per la qualcosa 128v brevemente te avisamo se
tu non (a) faray che habiano el dovere suo, te ne faremo pocho honore, e volendo che
la imputatione sia la toa, e non la nostra, tu faray bene a farli fare el dovere, e non
menarli per zanze, como tu fay. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) non in interlinea.
450
Francesco Sforza accusa ricevuta di quanto segnalato da magistro Ferando, Giovanni Ferando,
Stefano e Iacobo Comello, nonchè Antonio Compagnono e Bartolomeo Bursella da Treviglio e
rimette la risposta a quanto gli diranno i loro ambasciatori.
(1453 novembre 7, “apud Rovadum”).
Magistro Beltramo Ferando, Iohanni Ferando, Stefano et Iacobo Comello, Antonio
Compagnono et Bartholomeo Burselle de Trivilio.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne haveti scripto, ala quale non facemo
altra resposta, salvo che intenderemo quanto ne diranno li vostri imbassadori, et li
audiremo de bono animo et li faremo tal tractamento che retornerano indreto ben
contenti.
Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
451
Francesco Sforza scrive al precettore di Sant’Antonio in Crema che, a seguito delle suppliche
degli uomini del Fresso e Salvarola è disposto a concedere ampio salvacondotto a tutti e singoli
uomini, massari e lavoratori dell’ordine di Sant’Antonio sul territorio cremasco, come lo avevano
prima della guerra, purchè si faccia liberamente consegnare agli uomini di Fresso e di Salvarola
il bestiame e ogni cosa presa dai soldati che stavano a Romanengo e a Crema.
1453 novembre 7, “apud Roadum”.
Venerabili amico nostro, domino preceptori Sancti Antonii in Crema.
A supplicatione et precherie delli nostri homini del Fresso et Salvarola siamo contenti et
così, per lo tenore della presente nostra lettera, concedemo amplo, libero et validissimo
salvoconductu cum omni moda, fidantia et securitate ad tucti et singuli homini et
massarii et lavoratorii, dato all’ordine et devotione vostra de Sancto Antonio
commorante per tucto lo territorio Cremasco, che possano tutte et liberamente stare et
lavorare et fare li facti loro, eo modo et forma che facevano et possevano fare inanzi la
presente guerra et al tempo della bona pace, valituro ad nostro compiacere cum
disdicta de doi dì de contrabbando. Dummodo tamen, et non altramente, faciati (a)
consignare et libere restituire tucto el bestiamo et ogne altra cosa, che è stata (presa)
per li soldati che stavano seu stanno in Romanengo et in Crema alli dicti nostri homini
del Fresso et del Salvarola, et quando non faciati restituire dicto bestiame et le altre loro
cose alli predicti homini nostri, intendemo et volemo questa nostra fidanza et
salvoconductu sia nullius valoris. Data in castris nostris felicibus apud Roadum, vii
novembris 1453.
Cichus.
(a) Segue cog depennato.
452
Francesco Sforza vuole che il podestà di Palazzolo, dopo aver intese le parti, faccia avere al
provvisionato Giacomo da Bergamo i dieci ducati e più che Battistino di Umiano di Palazzolo gli
deve per una promessa fattagli.
1453 novembre 7, “apud Rovatum”.
129r Potestati Palazoli.
Iacomo da Bergamo, nostro provisionato, presente portatore, dice devere havere diece
ducati et più da Baptistino di Umiano de quella nostra terra de Palazolo per una
promessa gli fece, como da lui serai informato. Pertanto, intesa l’una parte et l’altra,
faraili rasone ad dicto Iacomo summaria et expedita. Ex castris apud Rovatum, die vii
novembris 1453.
Iohannes.
453
Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme di consegnare a Pietro da Lonate,
commissario di Tortona, un suo cancelliere che se n’è fuggito asportandogli cento ducati, oppure
costringa detto cancelliere a restituire detti denari e lei gli amministri giustizia.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Magnifice domine Luchine de Verme.
Pedro da Lonà, nostro comissario in Terdona, ne ha scripto che uno suo cancelero,
quale ha tenuto mano a uno suo fameglio, (è) fugito da luy et gli ha portato via cento
ducati, secundo da luy, overo suo messo sereti informata, e reducto in le terre vostre.
Pertanto, como ne pare honesto, vogliati far prendere dicto suo cancellero e darglilo in
le mano, aciò se gli possa fare rasone et luy havere li suoy dinari, o veramente provediti
che dicto Pedro habia li dinari suoy; et fati fare rasone vuy al dicto cancellero. Data ut
supra.
Marcus.
Cichus.
454
Francesco Sforza scrive a Bertoluccio da Gubbio, commissario sopra gli alloggiamenti Oltrepo,
di far dare sistemazione e strame (e altro, se gli uomini, loro sponte, vorranno dare) a
Evangelista Savello.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Ser Bertholutio de Eugubio, comissario super allogiamentis ultra Padum.
Volemo che ad Evangelista Savello faci dare allogiamento per dece cavalli, facendoli
dare stantia et strame, secundo l’ordine nostro. Siamo ben contenti che se li homini gli
vorano de soa cortesia fare cosa alcuna, ma che non siano astrecti a dargli altro cha
stantia et strame. Data ut supra.
Marcus.
Iohannes.
455
Francesco Sforza ordina a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia di
intervenire perchè i dazieri osservino il privilegio da lui concesso a suo genero Giovanni da
Tolentino, in virtù del quale gli uomini di Bereguardo sono esentati dal pagamento dell’imbottato
per i beni e possessioni che hanno.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie, nostris dilectis.
El magnifico domino Iohanne de Tollentino, nostro genero, ne ha significato, dolendose,
che per li datierii de quella nostra cità, che, contra el tenore del privilegio per nuy a luy
concesso, mostrano de volere artare et stringere li homini de Belreguardo al
pagamento del’imbotato del’anno passato et anche per lo presente per li beni et
possessione gli hanno, che non saria honesto né ragionevele. Per la qualcosa volemo
e ve comettemo che, facendo observare el tenore e substantia del dicto privilegio e
lettere per nuy a dicto domino Iohanne superinde concesse, provediati non siano artati
ad alcuni pagamenti contra el dovere; et se proinde gli fosse facta novitate alcuna, fatila
revocare. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
456
Francesco Sforza fa presente al capitano di giustizia di Milano che il condottiero Americo
Sanseverino ha dato personalmente i 500 ducati richiesti, quale garanzia perchè Giovanni
Cignone venga rilasciato e non vada oltre Ticino..
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
129v Capitaneo iusticie Mediolani.
Benchè per un’altra nostra ve habiamo scripto de dì XX del mese de agosto passato
circa li facti de Iohanni da Cignone, destenuto in vostre mane, che dando luy securtade
de ducati 200 de non andare ultra Texino senza nostra speciale licentia ad nostrum
usque beneplacitum, como ve havevamo già scripto per un’altra, lo dovesti liberare,
perché Aymerico da Sanseverino, nostro conductero, haveva promesso per esso
Iohanne per el resto fino ad ducati 500. Tamen mò per questa ve dicemo che dicto
Aymerico è intrato in securtà qui ad nuy de ducati 500 per il dicto Iohanne Cignone
ch’el observarà le confine soprascripte; siché, havuta questa, lo fareti liberare, facendo
notare como dicto Aymerico ha facto dicta securtà de ducati 500. Ut supra.
Zanetus.
Cichus.
457
Francesco Sforza fa sapere agli uomini di Vignano di aver ricevuto il loro scritto e avere inteso
quello che Bartolomeo e Pietro de Pesenti gli hanno riferito circa la loro disponibilità di porsi
sotto la sua obbedienza insieme con i comuni e gli uomini di Spirano, di Vezanica e di
Grassobbio. Vuole che mandino da lui dei loro uomini con pieno mandato per detto atto di
fedeltà e con le petizioni che intendono presentargli. Fa loro avere i salvacondotti richiesti e
invia, per il governo del loro territorio, il suo famiglio Bartolo di Mazi, cui devono sottomissione,
fedeltà e consegnarli la rocca con ogni sua pertinenza.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Hominibus Vignani.
Havemo recevuto la vostra lettera de dì cinque del presente et inteso quello ne scrivieti,
così quelli ne hanno dicto per vostra parte Bartholomeo et Pedro de Pesenti de quella
terra, como seti contenti de venire ala devotione et obedientia nostra insieme con li
comuni et homini de Spirano, comune novo, et Vezanicha, così con quelli de Grasobio
et delli capituli ne domandati. Unde, respondendo ala vostra lettera, como havemo
anche dicto ad questi vostri homini, ve dicemo debbiati mandare qui da nuy delli vostri
homini, quali vegneno con pieno mandato et sindicato de quello comune de poterne
fare la debita fidelità et portino le petitioni vostre, ali quali daremo tale expeditione che
restarano ben contenti et satisfacti de nuy. Ve mandiamo li salviconducti ne rechiedeti
per quelli officiali de San Marcho, et mandiamo lì Bartholo di Mazi, nostro fameglio,
presente exibitore, per governo de quella nostra terra, al quale vogliati dare debita
obedientia et fede como ad nuy proprii in ogni cosa, confortandovi ad stare de bona
voglia, perché da nuy haveriti tali tractamenti che comprenderiti habiamo recognosciuto
la fede et devotione verso nuy; et a luy assignati la rocha con ogni cosa et dati quella
debita obedientia faresti ad nuy proprii. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
458
Francesco Sforza scrive a Morello da Parma che, data la felice situazione bellica, non si corre
più pericolo che i nemici passino l’Adda, il che consente di mandare a casa gli uomini del
vescovato di sotto addetti alla guardia di detto fiume Adda. Pure la presenza sua non è più
necessaria: può, quindi, far ritorno a Milano o altrove.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
130r Domino Morello de Parma.
Perchè per la gratia de Dio le cose nostre sonno reducte in modo che non bisogna
dubitare che l’inimici passano più Adda, volemo, et così per questa ve dicemo et
comandiamo che ali homini nostri del vescovato de Sotto non debiati dare più molestia
né impazo alcuno per la dicta guardia d’Ada, ma lassarli stare ad casa loro ad fare li
facti suoy; et questo non manchi per cosa alcuna. Et dappuoy che dicta guardia non
bisogna fare più, volemo che ve debiati partire da quella terra et andati dove parerà a
voy, o a Milano o in altro loco, perché la vostra stantia lì non è più necessaria. Data ut
supra.
Zaninus.
Cichus.
459
Francesco Sforza avverte il luogotenente di Lodi che non occorre più dar noie ai Lodigiani per la
guardia dell’Adda. Faccia, invece, ben vigilare la città, il ponte e il revellino.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Locumtenenti Laude.
Perché per Dio gratia le cose nostre sonno reducte in modo che non bisogna più
dubitare che l’inimici passano Adda, volemo et comettiamo che non debiati lassare sia
data molestia né impazo alcuno alli homini nostri de Lodesana, tanto del vescovato de
Sopra quanto de quello de Sotto, per la guardia del fiume (a) de Adda, ma lassarli stare
ad fare li facti loro ad casa sua; et questo non manchi per cosa alcuna. Fareti pur fare
bona guardia de dì et de nocte ad quella nostra citade, ponte et revellino, aciò non
possiati essere inganato. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) Segue et cetera depennato.
460
Francesco Sforza esprime ad Antonio de Minutis, Regolatore dei Maestri delle entrate, e a
Raffaele Pugnello il suo stupore per aver inteso da alcuni uomini di Pavia, anche a nome di altri,
che essi si procurano il frumento in malo modo. Li sollecita a comportarsi diversamente,
cercando di avere, “sub nomine de pagamento, quella quantità che vorano dare volentere”.
Procurino di acquistarne a sufficienza e presto per sopperire ai bisogni ducali.
Furono scritte lettere credenziali al familiare ducale Torniello di Firenze per Antonio Sicco,
commissario di Geradadda; ufficiale, comune e uomini di Rivalta;
ufficiale, comune e uomini di Treviglio.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Ser Antonio de Minutis, regulatori intratarum nostrarum, et Rafaeli Pugnello, familiari
nostro.
Sonno stati a nuy alcuni homini de Pavia a suo nome et, como dicono, a nome etiamdio
de alcuni altri pover’homini, quali dicono et se gravano che per l’havere el forme(n)to da
loro gli haviti usati aspreze assay et fatoli mettere in pregione; la qual cosa ne pare
difficile a credere, perché non serria segundo la comissione nostra, né serria da fare
per cosa del mondo, perché, volendolo nuy pagare, spendiressemo el nostro dinaro e,
se faressemo, ultra ciò l’homini inimici. E pertanto a nuy pare e volemo che gli debiati
revocare ogni novitate che gli fosse facta e con bono modo e dolce parole vedete et
circate de cavare da loro, sub nomine de pagamento, quella quantità che vorano dare
voluntere et de bona voglia, senza extorsione alcuna; 130v et quando la comunità
venesse a volerne fare donatione d’alcuna quantità, la potite acceptare, facendola
quella con ben piacere. Postea per supplire ali nostri bisogni, compratine da chi ne ha
et che ce lo volia dare in vendita; et demum fate quello haveti a fare presto e senza
extorsione, como havemo dicto, avisandove che havemo facto confortare questi che
retornano indreto a fare de bona voglia quello ponno fare et ad confortare l’altri ad
subvenire in questi nostri bisogni; et così ancora voy bellamente gli confortariti a farlo.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
Die suprascripto.
Facte fuerunt littere credentiales in personam Tornielli de Florentia, familliaris nostri
infrascriptis, videlicet:
Antonio Sicho, comissario nostro Glareabdue,
officiali, communi et hominibus terre nostre Rivalte,
officiali, communi et hominibus terre nostre Trivilii.
Zanetus.
Cichus.
461
Francesco Sforza dice al referendario di Piacenza di essere rimasto sorpreso di aver inteso da
Valentino Ducco la ragione per cui è stato iniquamente imprigionato.
Lo rimetta in libertà, e cosi faccia con quelli che “stanno in presone per sì”. Lo avverte che il
referendario generale si porterà lì subito e provvederà in base alle informazioni avute da lui.
(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).
Referendario nostro Placentie.
E’ venuto qua da nuy Valentino Ducho da Piasenza et dictone la casone perché tu l’hay
per destenuto, el che a noy è parso molto iniquamente facto et ne maravigliamo. Per la
qualcosa te comandiamo et volemo che, recevuta questa, lo debii liberamente relaxare
o quelli stanno in presone per sì, avisandote che Giovane Botto, nostro Referendario
generale, ha inteso dicta casone et, informato de ciò, venirà lì subito et provederà
circha ciò como luy è informato da nuy. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
462
Francesco Sforza comanda al notaio Iacobo Policastro, castellano del castello di Vigevano che
a chiunque manderà Gabriele, ufficiale generale ducale sopra le munizioni, deve consegnare
tutta la polvere di bombarda e da schioppo che ha nella rocca.
In simile forma fu scritto a Iosep de Cortonio, castellano di San Colombano; a Venturino de
Brambilla, castellano della rocca di Lodi, fu scritto di consegnare la polvere, che si trova presso
di lui, al luogotenente, al referendario e al tesoriere di Lodi.
1453 novembre 9, “apud Rovatum”.
131r Nobili viro et notario Iacobo Policastro, castellano arcis Viglevani.
Volemo, et così per la presente te comandiamo che ad qualunque presente portatore
che mandarà da ti Gabriele, officiale nostro generale sopra le monitione, debii dare et
consignare tutta quella polvere da bombarda et da schiopeti che tu hay in quella nostra
rocha, che non gli ne manchi niente, visis presentibus et remissa ogni casone et
exceptione. Et questo non mancasse per quanto tu hay ad caro la gratia nostra et, ad
ciò che firmamente tu credi et sii certo questa essere così la nostra voluntate et
intentione, habiamo (a) soctoscripta la presente de nostra propria mano. Data apud
Roadum, viiii novembris 1453.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.
Zaninus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit magnifico Iosep de Cortonio, castellano Sancti Columbani.
Item Venturino de Brambilla, castellano arcis nostre Laude, ut debeat consignare
pulverem existentem penes se locumtenenti, referendario et thexaurario Laude.
(a) habiamo ripetuto.
463
Francesco Sforza scrive a Bolognino de Attendolis e a Iacobo de Alferiis da Crema, ufficiale
delle munizioni di Pavia. Rivolgendosi a Bolognino gli ordina di dare a Giacomo da Crema,
ufficiale delle munizioni, tutta la polvere da bombarda e da schioppo che ha nel castello.
Comanda, poi, a Giacomo che, avuta la predetta polvere, la mandi subito a Cremona per nave e
la faccia consegnare a Gianfilippo degli Allegri, ufficiale a Cremona delle munizioni. Al
medesimo Gianfilippo farà immediatamente giungere tutte le pietre da bombarda, adatte alle
bombarde sforzesche (la corona, bissona e ferlina) che si trovano a Pavia.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
Magnifico Bolognino de Attendolis et Iacobo de Alferiis de Crema, officiali monitionum
Papie.
Volemo che, subito havuta questa, vuy, compare Bolognino, consignati et dati ad
Iacomo da Crema, officiale nostro delle monitione, tucta la polvere da bombarda et da
schiopeti che haveti in quello nostro castello, che non gli manchi niente; et questo non
manchasse per cosa veruna del mondo. Et ti, Iacomo, volemo et te comandiamo che
subito che dicto Bolognino te haverà data et consignata tutta dicta polvere, inmediate et
senza perdicione alcuna de tempo, volemo la mandi ad Cremona per nave, et farayla
consignare ad Iohanfilippo delli Allegri, officiale nostro delle monitione lì in Cremona; et
così volemo anchora che debiati mandare in mano del dicto Iohanfilippo tute quelle
prete da bombarda che se retroverano lì in Pavia, che siano bone ale bombarde nostre,
cioè la corona, bissona et ferlina. Et in queste cose non gli perdeti uno aptimo de tempo
ad mandare ad Cremona dicte polvere et prete da bombarde. Et acioché firmamente
crediati questa essere così nostra intentione et voluntà, habiamo sottoscripta la
presente de nostra propria mano. Data ut supra.
Franciscusfortia Vicecomes manu propria.
Zaninus.
Cichus.
464
Francesco Sforza ordinza al luogotenente, al referendario e al tesoriere di Lodi di portartarsi con
la lettera, che loro allega, dal locale castellano e di farsi dare tutta la polvere da bombarda e da
schioppo che ha nella rocca e di mandarla subito, con quant’altra se ne trova in città, a
Gianfilippo, ufficiale delle munizioni a Cremona, comunicando l’ora dell’avvenuta spedizione.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
131v Locumtenenti, referendario et thexaurario nostris Laude.
Per la alligata scrivemo al castellano nostro de quella nostra terra che ve debia
consignare et dare tutta la polvere da bombarda et da schiopeti che ha in quella nostra
rocha. Pertanto volemo et comandiamove che subito, visis presentibus, debbiati andare
dal dicto castellano et daretegli dicta nostra lettera, dal quale ve fareti dare tucta quella
polvere da bombarda et schiopeti che luy haverà in dicta rocha; et poi immediate et
senza perditione nè demora d’una hora de tempo volemo la mandati ad Cremona, la
quale fareti assignare ad Iohanfilippo delli Alegri, nostro officiale delle monitione; et
essendo polvere in la monitione de quella nostra cità, volemo anchora tutta insieme con
l’altra (mandiate) ad Cremona. Et in questo non perdeti uno attimo de tempo, per
quanto haveti cara la gratia nostra, rescrivendone della receptione della presente et
del’hora haveriti mandata dicta polvere ad Cremona. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
465
Francesco Sforza avverte Gracino da Pescarolo, il referendario e il tesoriere, nonchè l’ufficiale
delle munizioni di Pavia d’aver ordinato che da Milano e da molti altri luoghi siano loro inviate
polvere da bombarda e da schioppo, nonchè pietre da bombarda, che trasmetteranno
immediatamente a Gianfilippo, ufficiale delle munizioni di Cremona.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
Domino Gracino de Piscarolo, referendario et thexaurario et officiali munitionis nostris
(a) Papie, dilectis.
Havemo ordinato ve sia mandato da Milano et da molti altri nostri lochi polvere da
bombarda et da schiopeti et prete da bombarda; pertanto volemo, et così per questa ve
comandiamo che subito et immediate ve serano mandati dicte polvere et prete da
bombarda, senza perdicione de tempo le debiati mandare ad Cremona in mano de
Iohanne Filippo delli Allegri. Et in questo non metteti intervallo alcuno de tempo. Data ut
supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) Segue Cremone depennato.
466
Francesco Sforza comanda al commissario, al referendario e al tesoriere di Tortona di mandare
immediatamente al referendario e all’ufficiale delle munizioni di Pavia certi barili di polvere che
saranno loro portati dagli ufficiali di Pozzolo. A ciò aggiunge l’ordine, sia di trasmettere
celermente, mediante un cavallaro, a Pozzolo l’allegata lettera, come di inviare subito a Pavia la
polvere che assegnerà loro il luogotenente di Alessandria.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
132r Commissario, referendario et thexaurario nostris Terdone.
Dali officiali da Pozolo ve sarà menato et conducto certe barile de polvere da
bombarda; pertanto volemo et comandiamove che illo instanti che recevereti dicta
polvere, vogliati senza alcuna perditione de tempo mandarla tutta ad Pavia in mano del
referendario et officiale delle monitione nostri in Pavia. Et in questo non gli perdeti
tempo alcuno per quanto haveti cara la gratia nostra, et vogliati, visis presentibus,
mandare l’aligata lettera ad Pozolo per uno cavalaro delli nostri; et così mandareti
ancora ad Pavia tutta quella polvere che ve sarà portata et assignata dal locotenente
nostro d’Alexandria non gli perdendo tempo alcuno. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
467
Francesco Sforza vuole che il capitano della cittadella e il referendario di Piacenza mandino
subito a Gianfilippo, ufficiale delle munizioni di Cremona, tutta la polvere da bombarda e da
schioppo che si trova nel castello e nella cittadella, oltre alle pietre da bombarda, selezionate da
quel maestro inviato dai Maestri delle entrate.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
(a) Capitaneo citadelle et referendario Placentie.
Volimo, et per la presente ve comandiamo che vogliati subito, visis presentibus,
mandare ad Cremona in mano de Iohanne Filippo delli Allegri, nostro officiale delle
monitione, tutta quella polvere da bombarda et da schiopeti che se retrova dentro de
quella nostra citadella et castello, et che non gli ne reste niente. Et così mandareti pur
ad Cremona in mano del predicto tutte quelle prete da bombarda che mese da parte
quello maestro, che mandareno là li nostri Maestri delle intrate; et in queste cose non
perdeti tempo alcuno per quanto haveti caro la gratia nostra, et ad ciò che crediati che
questo sia nostra intentione, havemo soctoscripto la presente de manu nostra propria.
Data ut supra.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.
Zaninus.
Cichus.
(a) Precede die suprascripto.
468
Francesco Sforza rimprovera il capitano del distretto di Pavia e ser Bertolucio per non essere
intervenuti, come aveva loro comandato, a costringere Bernabò e Pietro, fratelli di Marchioni
abitanti a Dovelasco del vescovato di Pavia, a fare quanto dovevano al condottiero Evangelista
Savello che li aveva arruolati come suoi uomini d’arme dando loro prestanza e sovvenzione, ma
non ottenendone alcun servizio. Impongano ora loro di fare quanto era stato loro ordinato,
ripagando, inoltre, il condottiero di spese e interessi.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
132v Capitaneo districtus Papie et ser Bartholutio.
Per altre nostre ve habiamo scripto como Evangelista Savello, nostro conductero, tolse
fin questa primavera per suoi homini d’arme Bernabò et Pietro, fratelli di Marchoni,
habitanti nel loco de Dovelasco del vescovato de Pavia, et dedile la lor prestanza et
subventione et may se condusseno alli suoy servicii et che li volesti astrengere et fare
che lo satisfacesse, et non ne havete voluto fare mente; dela qualcosa ne
maravegliamo grandemente. Pertanto volemo che, recevuta la presente, debbiate
astrengere dicti Bernabò et Piero realmente et personalmente et fare che satisfaciano
dicto Evangelista sì della prestanza et subventione hanno havuta da luy, como della
spesa et interesse ha recevuto et retenerà per lo advenire. Et questo non manchi per
niente. Data ut supra.
Advena.
Cichus.
469
Francesco Sforza vuole che il referendario di Lodi intervenga per evitare che il soldato
Catabriga, di recente risposatosi a Valera, non venga ingiustamente costretto lì a sopportare
carichi non dovuti.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
Referendario nostro Laude.
Se grava Catabriga, qual novamente ha tolto molie nel luoco de Valera, che siando luy
soldato, el comune et homini del dicto luoco de Valera el debbano gravare ad pagare
con loro alcuni carigi, ali quali luy non se pretende essere obligato. Per la qual cosa
volemo et ve comettemo che debbiati intendere la cagione del suo gravamento,
provedendo proinde ch’el non sia agravato ad alcuna cosa, ala quale de ragione et
honestà non sia obligato. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
470
Francesco Sforza ordina a Bernabò Sanseverino di portarsi subito in campo da lui.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
Magnifico Bernabovi de Sancto Severino.
Vogliati, havuta questa, subito venire via qua in campo, remossa ogni casone con li
vostri. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
471
Francesco Sforza chiede ad Antonio Sicco, commissario di Geradadda, di trasmettere la lettera
allegata a Bernabò Sanseverino che si trova a Pandino.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.
Vogliati, hauta questa, mandare l’aligata nostra lettera al magnifico Bernabò de Sancto
Severino, quale è a Pandino. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
472
Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo faccia avere a Iuliano, incaricato dei
barbareschi ducali, allegata e gli dica di portarsi da lui ov’è in campo.
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
133r Domino Gracino de Piscarolo.
Vogliati, subito havuta questa, far dare ad Iuliano, che attendi alli nostri Barbareschi,
l’alligata nostra lettera, et diretegli per nostra parte che se debia subito partire et venire
via qua da nuy o dove seremo con lo campo. Et che se sforze essere da nuy per tuto
martidì proximo ad venire ad tardius. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
473
Francesco Sforza comanda a Iuliano, sorvegliante dei barbareschi, di portarsi, al più tardi entro il
prossimo martedì, da lui in campo
(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).
Nobili familiari nostro dilecto Iuliano de **** deputato ad custodiam Barbariscorum.
Vogli subito, havuta questa, partirte da Pavia et venire via da nuy qua in campo, sichè
tu te retrovi martidì proximo che venerà da nuy; et questo non mancha per cosa alcuna
omnibus postpositis. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
474
Francesco Sforza fa sapere ad Antonio Sicco, commissario di Geradadda, che il cavallaro che
cerca se lo deve trovare da lui e farlo pagare dalle comunità cui spetta.
1453 novembre 9, “apud Roadum”.
Antonio Sicco, comissario nostro Glareabdue.
Respondendo a quello ne hay scripto del cavallaro, qual te bisogna per mandare
inanze et indreto, dicemo in poche parole che lo debii circhare ti stesso et farlo pagare
per le comunitate a chi specta, como è facto per lo passato. Data apud Roadum, viiii
novembris 1453.
Irius.
Cichus.
475
Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo provveda di soddisfare il dottore pavese
Laurengo Isimbardi, che non può ricevere la sua provvisione da Cairo.
1453 novembre 11, “apud castrum Roatorum”.
Domino Gracino de Piscarolo.
Messer Laurengo Isimbardo, doctore et nostro citadino de Pavia, ne scrive non pò
essere pagato della sua provisione da Cairi; pertanto volemo, recevuta questa,
provediati sia satisfacto et contentato, ita che per questo non habia più casone de
gravarse. Data apud castrum Roatorum, xi novembris 1453.
Marcus.
Cichus.
476
Francesco Sforza ricorda a Paolo de Brachis da Rho, sia quanto gli scrisse sulla parentela da
farsi da Bartolomeo Vistarino, cameriere ducale, e Anna, come anche la promessa da Paolo
fattagli che dopo sei mesi (termine a cui si è giunti) si sarebbe dato da fare perchè tutto si
concludesse. Faccia in modo che tutto si avveri.
(1453 novembre 11, “apud castrum Roatorum”).
Domino Paulo de Brachis de Raude.
Ve doveti recordare quanto altre volte ve scrivessimo della parentezza da esser
contratta fra Bartholomio Vistarino, nostro camarero, et Anna; ve doveti etiamdio
recordare che quanto se partisseno da Lodi ne promettessemo che, passato il termine
de sei mesi, daresti opera cum effecto ch’el se concluderà. Nunc siando el termine, vi
confortiamo et caricamo quanto più possimo chi voliati fare la conclusione et de venire
al’effecto, como siamo certi fareti per compiacer a noy et per satisfare ad quanto ne
haveti promesso. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
477
Francesco Sforza avvisa il podestà e il capitano della cittadella di Piacenza di aver deciso di
dare lì allogiamento a re Renato. Provvedano subito per la sistemazione di 1000 cavalli. Curino
che si abbia solo alloggio, qualche masserizia e della legna, legna che faranno arrivare per
nave in modo che la gente non debba andare in giro per tagliare legname. Li rassicura che tale
arrivo gioverà alla città per gli acquisti che gli uomini faranno.
1453 novembre 12, “contra Urces Novas”.
133v Potestati et capitaneo cittadelle nostre Placentie, dilectis nostris.
Havendo nuy deliberato al presente de dare alogiamento ala mayestà del re Renato in
quella nostra cità, volemo e ve comettemo che subito, alla receputa de questa, gli
debiati fare ap(a)regiare le stantie per mille cavalli, ali quali non fariti dare se non casa,
qualche masaricie grosse et ligne. Et questo delle ligne dicemo, perché se gli potranno
menare aconzamente con le naveti, e mancho danno serà alli nostri citadini che lassare
andare le gente a tagliare li lignami; la cità anchora ne sentirà comodo, perché le robbe
delli homini se venderano la cità ne haverà utilità, et così l’entrate receverano
acressimento; sichè ponitili ordine subito subito, senza inducia, perché domane o l’altro
la mayestà sua comenzerà mandare delle gente, avisandone subito qual ordine haveriti
posto a ciò. Ex felicibus castris contra Vices Novas, xii novembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
478
Francesco Sforza fa sapere a Benedetto de Curte che Bartolomeo da Cremona si lamenta per
non potersi giovare dei bifolchi piacentini, che dopo un giorno di permanenza in campo, se ne
scappano via. Ciò avviene, pur avendogli più volte scritto che a uno bifolco fuggitivo ne devono
subentrare due. La situazione attuale è che ne mancano venti e vi sono carriaggi senza bifolchi.
Se lui non vuole o non sa fare quello che lui, duca, gli ha comandato, lo dica, perchè gli
manderà uno capace. Gli ribadisce, perciò, che, avvisato da Bartolomeo di un fuggitivo, ne deve
mandare due in sua sostituzione.
1453 novembre 12, “contra Urceas Novas”.
Benedeto de Curte.
Bartholomeo da Cremona ne dice che non se pò valere de nisuno bivolco de Piasenza
et Piacentina, per (a) chè como stanno uno dì se ne fugono poi; de che ne
maravegliamo grandemente, havendote tante volte scripto che tu debi procedere contra
(b) più fugitivi et che tu fazi mandare doi bivolci per uno fugitivo et più. Te scripsemo
che tu facesti cambiare li bifolci che gli sonno et mandarne altretanti, et quelli più
mancano al numero delli XX, et niente hai facto, et li nostri carregi stanno senza bifolci:
che quanto interesse ne sia al presente, tu el sai, di che te dicemo che, se tu non lo voi
o non sai farlo, ne debbii advisare che gli mandarimo uno che saperà fare. Et volemo
che, quando per Bartholomeo predicto te firà scripto de alchuno fugitivo, che tu debbi
fare che ne fia mandato dui bifolci per zaschun fugitivo, como per più lettere haverai
inteso, et advisarane della recevuta de questa. Ex castris nostris felicibus contra Urceas
Novas, xii novembris MCCCCLIII.
Cichus.
(a) Segue tucto depennato.
(b) contra ripetuto.
479
Francesco Sforza scrive a donna Luchina dal Verme di aver saputo che è stata fatta “alcuna
novitate” contra prete Giacomo de Porcellini, che gli è stato raccomandato per virtuoso. Le
chiede di averlo lei pure per raccomandato.
In simile forma si è scritto al vescovo di Bobbio.
(1453 novembre 12, “contra Urceas Novas”).
134r Magnifice domine Luchine de Verme.
Contra pre’ Iacomo de Porcelini, benifaciato nella terre della vostra magnificentia,
havemo inteso essere facto alcuna novitate; et perchè esso pre’ Iacomo ne è stato
comendato per virtuoso et da bene, confortiamo la vostra magnificentia voglia haverlo
recomandato, verso il quale piacevi fargli fare tale tractamento, adeo ch’el intendi
queste nostre havergli giovato. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit reverendo domino episcopo Bobiensi.
Bonifacius.
Cichus.
480
Francesco Sforza comanda ad Antonio Sicco di dare ai suoi uomini di Orlago libre 50 di polvere
da bombarda e una cassa di verrettoni delle munizioni della rocca di Caravaggio.
1453 novembre 13, “contra Urceas Novas”.
Antonio Sicho.
Volemo che alli homini nostri de Orlago faciate dare livre cinquanta de polvere da
bombarda et una cassa de vertoni delle munitione (a) della rocha nostra de Caravagio
per condure alla dicta terra per loro defensione; et fatili spazare subito. Ex castris
nostris contra Urceas Novas, die xiii novembris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
Cichus.
(a) Segue nostra depennato.
481
Francesco Sforza informa Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, che se n’è
fuggito dal campo Iacopo di Giovanni da Parazo, bifolco del luogo di Iustino, vicino a Piacenza.
Lo catturi, gli faccia dare dieci tratti di corda e, in sua vece, mandi due bifolchi per due mesi a
spese di Giacomo. Se egli non ha beni a sufficienza, vi provveda la località da cui proviene.
Infine, ricorda a Benedetto la necessità, per evitare fughe, di turnare i bifolchi piacentini.
(1453 novembre 13, “contra Urceas Novas)”.
Nobili viro Benedicto de Curte, capitaneo citadelle civitatis nostre Placentie.
Questa nocte s’è fugito da que Iacopo de Iohanne da Parazo, bovolcho de quelli del
luogo de Iustino vicino lì a Piasenza. Pertanto volemo che subito, vedute le presente, tu
habii in le mane esso Iaco(po) et gli faci dare deci tracte de corda senza remissione, et
dela roba soa ne mandi qua duy scontri pagati per duy mesi; et s’el non ha robba per
mandarli, faci che quello comune, che l’ha mandato, subito ne mandi li dicti scontri
pagati, ut supra; et ad coluy non manchino li dece tracte de corda per dare exempio ad
li altri. Ceterum te habiamo scripto più volte che tu faci che quelli bovolci de Piasenza et
Piasentina, che sonno qua in campo, siano cambiati, perché non habiano casone de
fugire; pur fin a qui non l’hay facto, del che ne maravigliamo. Pertanto te dicemo et de
novo comandiamo che, per quanto hay cara la gratia nostra, faci che subito siano
cambiati. Data ut supra.
Christoforus de Cambiago.
Iohannes.
482
Francesco Sforza avverte Bonifacio, dei marchesi di Varzi, che il condottiero Sagramoro da
Parma si è lagnato con lui per vantare ancora dei denari assegnatigli a Varzi sulle tasse dei
cavalli. Prima di rispondere a Sagramoro, il duca ha voluto avvertirlo perchè, con i suoi parenti,
provveda a soddisfare il condottiero.
(1453 novembre 13, “contra Urceas Novas”).
Bonifacio, ex marchionibus Varcii.
El spectabile Sagramoro da Parma, nostro conductero, ne ha facto querella che di
dinari li foreno assignati lì a Varce sule taxe di cavalli ne resta havere certa quantità, la
quale non ha possuto retrare per modo alcuno. Et perché sempre havemo amato ti et li
tuoy parenti e la casa toa, como hai possuto cognoscere per efecto, anzi che habiamo
dato altra respuosta a prefato Sagramoro, te havemo voluto far scrivere questa che se
poy accadesse altro non possi dire non esserne stato avisato; unde per questa te 134v
te dicemo che tu vogli, recevuta questa, essere con dicti touy parenti et fare tale
provisione che Segramoro predicto possa integramente conseguire el debito suo et
essere satisfacto dela assignatione soa, altramente ne rencrescerà et ne faremo tale
demonstratione che intenderay havere facto male. Data ut supra.
Iacobus de Rivoltella.
Iohannes.
483
Francesco Sforza informa Sagramoro Visconti d’aver avuto notizia che da alcuni suoi compagni
e da uno da Trezzo sono stati presi, lo scorso sabato, quattro prigionieri ( uno da Bonate e tre
da Locate) e due paia di buoi da Presedo. Siccome tutti sono di luoghi passati da otto giorni
sotto la giurisdizione sforzesca, vuole che gli uomini siano rimessi in libertà e le bestie restituite.
1453 novembre 13, “contra Urcias Novas”.
Sagramoro Viceomiti.
Havemo notitia che per alcuni di compagni vostri et per uno revelato da Trizo forono
presi, sabato proximo passato, quatro presoni et do para de bovi, de chi, sono uno
d’essi presoni da Bonate, tre da Locate et li bovi et l’homin da Presedo. Et perché tuti
dicti luochi sono venuti ala obedientia nostra, già fano octo dì passati, volemo debbiati,
recevuta questa, fare lassare liberamente et senza pagamento alcuno dicti quatro
presoni et restituyre senza alcuna exceptione li bovi; et in questo fati non intervenga
mancamento alcuno. Contra Urcias Novas, die xiii novembris 1453.
Iacobus suprascriptus.
Cichus.
484
Francesco Sforza risponde a Sagramoro Visconti, a Francesco e ad Antonio de Sichis che ai
Bergamaschi passati sotto la sua obbedienza hanno concesso, sia lui che il Colleoni, dei
salvacondotti per portar fuori da Bergamo vettovaglie per loro uso e biade per la semina.
Se trovassero persone che, anzichè estrarre, introducono merce in quella città, le fermino,
perchè poi lui, duca, le giudicherà. Dice a Sagramoro di essere spiaciuto perchè non ha potuto
eseguire la commissione affidatagli; cerchi di avere più uomini possibili del paese con cui fare
con i suoi uomini, guardia a tutti i passi per evitare che gente entri in città.
Fa poi sapere che Giacomo Sicco non si è ancora presentato ai suoi servizi.
(1453 novembre 13, “contra Urcias Novas”).
Domino Sagramoro Vicecomiti, Francisco de Sichis ac Antonio de Sichis.
Havemo recevuta la vostra lettera et veduto quanto per quella ne scriveti; respondendo,
dicemo, prima, ala parte del modo teneno l’homini dele terre del piano de Bergamasca
che sono reducti ala obedientia nostra et che sotto le licentie et salviconducti nostri e
del magnifico Bartolomeo vano e vengono ogni dì da Bergamo et conducono dentro
robbe e victualie, et maxime de quelli da Triviolo, et cetera, che nuy li concedessimo
dicti salvconducti e licentie perché potesseno trare fuora de Bergamo victualie per uso
loro et biade per seminare et non per portarle dentro dela città, et così fo et è la nostra
intentione et del prefato magnifico Bartolomeo. Unde facendo loro altramente, como ne
scriveti che fano, volemo che, trovandoli sì apresso ala città, che chiramente se possa
cognoscere e iudicare che portasseno et andasseno in la cità, siano presi et tenuti sotto
bona custodia, perchè nuy poy sententiaremo quello doverà essere di facti loro; et in
questo interponereti ogni vostra cura, dilegentia et solicitudine ad ciò non siano portate
victualie dentro da Bergamo. 135r Ala parte scriveti vuy, domino Sagramoro, non haveti
possuto far niente dela facenda ve comettessimo, ne rencresse; pur, sia como se
voglia, ve caricamo et stringemo debbiati sforzarvi per ogni modo et via de havere
quanto più homini del paese sia possibile, et insieme con quelle gente vostre sonno lì,
far tal guardie a tuti li passi che non possano intrare gente dentro dela città; et ad
questo habiatili tal cura che non li possa reusire el pensero et designo suo. Ala parte
che non voliamo tore ali servitii nostri Iacomo Secho, dicemo che luy non è ancora
venuto da nuy; ma se li venerà, sapemo che responderli. Data ut supra.
Iacobus suprascriptus.
Cichus.
485
Francesco Sforza conferma al conte Antonello de Crivellis di essere sorpreso per lo scritto del
vescovo di Costanza indirizzato al Capitolo della chiesa maggiore di Pavia, perchè per più
lettere gli ha fatto intendere, come anche ha fatto con il papa, qual’è la sua ferma volontà.
Comunque, gli ribadisce che non vuole prevaricare, e così confermerà a detto vescovo e
replicherà al predetto Capitolo. Circa l’ufficio di Cassola, gradirebbe molto che il conte
accontentasse il famiglio ducale Andrea da Cingoli.
(1453 novembre 13, “contra Urcias Novas”).
Comiti Antonello de Crivellis.
Havemo recevuta la vostra lettera con la inclusa copia di quanto ha scritto el vescho de
Constatia al Capitulo dela Chiesa Maggiore de quella nostra cità, et cetera, ala quale
vostra, respondendo, ve dicemo che ne maravigliamo asay de tale scrivere d’esso
vescho, perché nuy già più per nostre lettere li havemo scripto et fato intendere la
voluntate nostra, et così anora havemo scripto ala sanctità del nostro Signore et a chi
ne ha scripto per luy, ma crediamo che prima luy habia recevuto le nostre lettere, habia
scripto quella soa al dicto Capitulo, sichè ve confortiamo a darve de bona voglia et non
havere de ciò pensiero alcuno. Et perché quello ve havemo promesso, quello è nostra
intentione, et da quello non intendemo prevaricare per modo alcuno, nuy scrivemo al
dicto Capitulo che gli responda como intenderiti, et nuy anchora per l’alligata gli
replicamo la intentione e voluntà nostra, sichè quella nostra con quella gli scriverà dicto
Capitulo poderano fir mandate insieme. Ala parte del’officio de Cassola ve dicemo che
nuy haveressemo caro ne compiacesti, potendo havere loco, piacevi subito spazare ser
Adrea da Cingoli, nostro fameglio, se desiderati farne cosa che sia grata. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
486
Francesco Sforza comunica ai canonici della chiesa maggiore di Pavia di avere con sorpresa
inteso quello che scrive loro il vescovo di Costanza, benchè gli ha fatto conoscere con più lettere
la sua volontà, che è pur nota al papa. Gli scriverà ancora ribadendo il già detto e, altrettanto
facciano loro senza estendersi “in fargli altra respuosta”.
1453 novembre 13, “contra Urces Novas”.
Venerabilibus dilectis nostris dominis canonicis et Capitulo Ecclesie Maioris Papiensis.
Havemo recevuto la vostra lettera con la copia, in quella inclusa, della letera ve ha
scripto monsignore lo vescho de Constantia; et inteso quanto ne scriveti, ve dicemo che
molto ne maravigliamo che esso domino lo vescho 135v ve habia scripto dicta lettera,
perché già nuy per più nostre gli havemo scripto et facto intendere la voluntà nostra, et
così havemo resposto ala sanctità del nostro Signore et a tuti quelli ne hanno scripto
per luy; ma nuy crediamo habia scripto la dicta letterea prima ch’el habia recevuto le
dicte nostre. Pur non dimeno de novo nuy gli repplicamo quello che è nostra voluntà
dala quale non se podemo levare; sichè vuy anchora podereti respondere ala dicta sua
lettera che nuy per più nostre gle habiamo resposto la intentione et voluntà nostra,
como anche de novo gli scrivemo como poderà pienamente intendere. Per il che non
ve estendeti in fargli altra respuosta, perché per le dicte nostre (può) intendere tuto il
volere nostro; et essa vostra respuosta gli la poteriti mandare con la nostra, quale ve
mandiamo qui alligata. Ex castris nostris contra Urces Novas, xiii novembris 1453.
Bonifacius.
Cichus.
487
Francesco Sforza comunica ad Antonio Sicco, commissario di Geradadda, che manda lì quatrro
cavallari per il servizio di Milano, Lodi e per dove occorrerà.
Gli faccia avere una sistemazione e dello strame.
1453 novembre 14, (“contra Urces Novas”).
Antonio de Sicis, commissario Glareabdue.
Mandamo lì quatro di nostri caballari, quali volemo stiano lì in Caravazo per servire a
Milano et Lodo, et dove bisognarà. Pertanto volemo gli faciati providere de stancia et
strame; et non manchi. Data ut supra, die xiiii novembris 1453.
Iohannes Blanchus.
Iohannes.
488
Francesco Sforza ordina a Iacobino de Lancis in Valtrescurra di andare subito da lui.
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
Iacobino de Lancis in Valtrescurri.
Te commandiamo et volimo che, veduta questa, subito per certa casone debii venire
qua da noy; et non tardare. Data ut supra, die suprascripto.
Bonifacius.
Iohannes.
489
Francesco Sforza scrive al ,condottiero Sagramoro Visconti di intimare al modenese e a
Gaspare da Perugia, uomini d’arme della sua squadra, di rimettere in liberta i Cremaschi da loro
presi e di restituire il bestiame catturato in spregio del salvacondotto ducale dato a quella gente.
Se non eseguiranno l’ordine ducale, esemplarmente comprenderanno che spetta solo al duca
rompere e grossare i salvacondotti.
Post datam. Vuole che mostri al modenese e a Gaspare la lettera ducale.
Informa Sagramoro che ha rotto e revocati i salvacondotti ai Cremonesi
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
136r Domino Segramoro Vicecomiti, militi et armorum ductori nostro dilecto.
Sonno venuti da nuy quelli homini de Cremasca ad condolerse che per lo Modenese e
Gasparro da Perosa, homini d’arme della squadra vostra, sonno stati presi certi presoni
e bestiame sotto lo salvoconducto nostro; dela qual cosa ne maravigliamo
grandemente che debbiano havere tanta presumptione che habiano ardire rumpere li
salviconducti nostri. Unde per questa ve dicemo debbiati, recevuta questa, comandare
ali dicti Modenesi et Gasparro per parte nostra debbiano, sotto pena dela desgratia
nostra, relassare subito et senza pagamento alcuni dicti presoni et restituire
integramente el bestame et ogni cosa havesseno tolta; et dechiarili che se non lo fanno,
li daremo tale punitione li rincrescerà et serà exemplo ad li altri de non rompere li
salviconducti nostri, né grosarli, perché ad nuy sta rumpere e a grosarli, e non a loro.
Data ut supra.
Iacobus de Rivoltella.
Iohannes.
Post datam. Vederiti quello scrivemo per lo facto del Modenese e Gasparro da Perosa;
sichè porreti monstrargela.
Ala parte de revocare li salviconducti de Cremasca, dicemo che li havemo rotti et
revocati. Data ut in littera.
Iohannes.
490
Francesco Sforza comanda al referendario di Pavia di far osservare all’uomo d’arme Guglielmo
Polito la esenzione di cui gode finchè sarà ai servizi ducali. Eguale esenzione vuole che gli sia
rispettata per i beni che ha a Broni.
1453 novembre 14, (“contra Urces Novas”).
Referendario Papie.
El strenuo Guiglelmo Polito, nostro homo d’arme, se è gravato con nuy che, havendo
luy una exemptione asieme cum Pilato da Lodi, non gli fi observata et s’è observata a
dicto Pilato. Per la qual cosa volemo che, siando luy ali nostri servicii, gli la faciate
observare tanto ch’el ne servirà, como è ragionevele; et così ordinati che a Broni, dove
dice havere li suoi beni, gli sia observata, omni exceptione remota. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
491
Francesco Sforza scrive al podestà di Fiorenzuola che, siccome donna Giona è rimasta sola con
due figlie per la morte di Bartolomeo Ciresola, ha pensato di accasare le donne, a lui non meno
care di Bartolomeo, suo fedele servitore. Ricordatosi che il condottiero Donino di Parma ha
scritto ai fratelli di donna Giona e a Catellano, suo parente, per indurre le donne al matrimonio
con Donino e i suoi figli vuole che cooperii anche il podestà.
In simile forma si è scritto a Catellano di Fiorenzuola e a Francesco Giovanni Luigi e
Battistino de Bagarotis.
1453 novembre 14, (“contra Urces Novas”).
Potestati nostro Florenzole.
Essendo remasti abandonata dona Giona con doe soe fiole per la morte de
Bartholomeo Ciresola, ne siamo recordati volergli dare tale compagnia per la quale ne
vengano adiutate et favorite, et che appertamente cognoscano che le havemo non
manco care quanto haveamo dicto Bartholomeo, quale era ad nuy fidele servitore. Et
essendo venuto per mente il spectabile et strenuo Donino da Parma, nostro
conductero, havemo scripto ali fratelli d’essa dona et così ad Catellano, suo parente,
che confortano le dicte done ad fare il contracto matrimoniale con esso Donino et
figlioli. Per la qual cosa volemo che tu insieme con loro te operi ad questa cosa ita che
la sortisca ad effecto, avisandote che ultra che farano a si medesma honore et bene, ad
nuy farano cosa gratissima. Data ut supra.
Bonifacius.
In simili forma scriptum est Catellano de Florenzola et Francisco Iohanni Aluysio et
Baptistino de Bagarotis.
Cichus.
492
Francesco Sforza scrive ai Dodici presidenti agli affari di Lodi che, concordando con la loro
proposta, solleciterà il luogotenente a eliminare la spesa della guardia dell’Adda.
Li assicura che scriverà al luogotenente di accordarsi con loro per il migliore modo per la
“descriptione delle biave”.
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
136v Egregiis carissimis nostris Duodecim presidentibus negociis comunitatis nostre
Laude.
Inteso quanto ne scriveti de tolire via la spexa delle guardie d’Ada, siando meliorata per
la Dio gratia la cagione et conductione de quello era quando foreno instituite dicte
guardie, dicemo che l’è molto bene ragionavole, e così scrivemo al nostro locotenente lì
che più non grava li homini a quelle, et tolia via in tuto quella spexa. Quantum autem al
facto della descriptione delle biave, dicemo che, per bene de quella nostra comunità,
quanto meliore ordine se gli pigliarà, tanto a più nuy piacerà, et per questo scrivemo ad
esso nostro locotenente che intendi con voi questo facto et che se elleza el meliore.
Sichè participaritine con sì, e de quello se concluderà, restaremo contenti. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
A margine: Duplicata die xvi quia capta per inimicos.
493
Francesco Sforza risponde al luogotenente di Lodi che gli riferisce di essersi portato a Rivolta
con Bonrocino per il problema di cavare le colonne del ponte et di aver poi esaminato il tutto
anche con maestro Pietro da Como, convenendo che, a voler far presto, necessiteranno
settanta persone tra maestri da legname, navaroli e lavoranti, tutta gente da pagare. Il duca
obietta, alle loro esagerate cifre, che ai suoi uomini, che hanno ricevuto tanto danno da Rivolta,
parrà una manna aiutare a disfare dette colonne e lo faranno gratis. Lo stesso non sarà per i
maestri di legname, che dovranno essere pagati e insiste che di lavoratori ne toveranno
facilmente. Quanto alla richiesta di condurre oltre Adda vettovaglie nelle terre riacquistate, il
duca osserva che non si ha che intendersi con il Consiglio segreto. Di certo non si può impedire
che i Pandinesi vengano lì,”honeste tamen”, a comprare pane. Circa la “descriptione delle
biade”, la comunità di Lodi ha un altro pensiero, per cui vuole che il luogotenente se la intenda
con la comunità. Di guardie per l’Adda, Lodi non vuole esserne più gravata e lui, duca, in data
sette del corrente mese, ha disposto che si elimini detta spesa.
1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto le vostre lettere, date decimo presentis, continente più parte, ale qual
respondendo, et primo, ala parte del vostro essere andato a Rivolta e inviato con voy el
Bonrocino per mettere ordine al cavare le colone del ponte, et che, examinato bene el
tuto fra maystro Petro da Como e dicto Bonrocino, a volere far presto ce bisognano fra
maystri da ligname, navaroli e lavoranti al numero de settanta, li quali se bisognarano
pagare a dinari contanti, dicemo che ve rengratiamo, benché a nuy non sia cosa nova,
perché sonno pur deli vostri usati aviamenti che ce metteti ale mane de spendere per
ogni cosa. Ma ve avisamo nuy non essere così grossi che non sapiamo molto bene che
ali nostri homini, quali hanno recevuto tanto damno da Rivolta, parria pane unto ad
adiutare a desfarle, e faravelo voluntera senza pagamento, etiandio in molto maiore
numero che non scrivete. Delli maystri non dicemo già così, che bene ne paria
ragionevole pagarli, ma delli lavoratori haverite quanto ne voriti, rechiedendoli. Ala parte
delle rechieste ve fino facte de podere conduere victoalie dellà da Adda per le nostre
terre reaquistate, dicemo che de ciò ve debbiate intendere col nostro Consilio secreto,
el quale va darà el modo et ordine de concedere delle victualie 137r ali nostri, como è
ragionevole, et che non andarà in sinistro. Et quanto a quelli da Pandimo che vengono
lì a comprare del pane, a nuy pare ragionevole che’l se ge ne lassi comprare e menare
a Pandino, honeste tamen, acioché non possano dire che’l (a) gli sia denegato el pane.
Ceterum, perché la comunità de Lodi circa la descriptione dele biade ne ha scripto
havere facto altro pensiero per lo quale la cità ne sarà più abondevole che per fare la
descriptione de fuora alle ville, volimo che voy li intendati et ordinate quello ve parerà
mrglio per essa nostra comunità. Quantum vero ala parte delle guardie d’Ada, delle
quale ne scrive etiamdio essa nostra comunità, non gli vogliamo agravare più, non
parendo necessario. Siamo contenti et volimo, como per altre nostre, date vii del
presente, che debiati tolere via la spexa d’esse e non lassarli agravare più per esse
guardie. Data ut supra.
(a) Segue non depennato.
494
Francesco Sforza ordina al referendario di Lodi di offrire il giorno di Sant’ Ambrogio, nella
cappella della chiesa maggiore di Lodi al santo dedicata, e di cui lui ha il patronato, quattro torce
di tre lire e dieci l’una.
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
Referendario nostro Laude.
Como voy doveti sapere a dì VII del proximo futuro mese de decembre serà la festa de
Sancto Ambroxio; et perché in quella Giesa Maiore de Lodi gli è la capella d’esso
Sancto Ambroxio, la quale è nostro patronato, volimo che in quello tale dì, per
observare quello è stato facto per lo passato, vuy in nostro nome debbiati offerire ala
dicta capella ala messa solemne quatro torce de tre livere l’una e dece, cioè 10, ducati
d’oro, ordinando che quello dì sia guardato et celebrato per reverentia del Sancto, ita et
quemadmodum fo ordinato et facto in lo anno proximo passato. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
495
Francesco Sforza comanda ad Antonio Sicco, commissario della Geradadda, di mandare, entro
venerdì mattina, in campo a Bartolomeo da Cremona tutta la polvere da bombarda che si trova
a Rivolta, Caravaggio e Treviglio, così come quella che arriverà a Caravaggio da Milano,
dandogli notizia del quantitativo reperito in ogni località
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
Spectabili Antonio Sicho, commissario Glareabdue.
Nuy havemo grande bisogno de polvere qui in campo, perché non havemo da potere
trare le bombarde se non domane; pertanto volemo, receuta questa, subito debbiati
mandare qui in campo per la via più secura suso bestie da soma tucta quella polvere e
ad Rivolta, ad Caravagio et ad Trevì. Cossì, essendo giuncta, o como gyunga da
Milano certa quantità de polvere, quale havemo ordinata, sia conducta lì a Caravagio,
la mandiati insieme con questa; la quale polvere fati che 137v l’habiamo qui in campo
venardì matina infallanter che sia consignata ad Bartholomeo da Cremona, avisandone
per vostra lettera distinctamente de quella haveriti tolta da Rivolta et da Caravagio et da
Trevì, et de quella sarà venuta da Milano. Et non manchi per condicione del mondo che
venardì a bonhora sia qui. Data ut supra, hora 24.
Iohannes.
496
Francesco Sforza, siccome gli uomini di Vailate e altri luoghi di Geradadda si sono lamentati
delle spese per le tre squadre di gente d’arme alloggiate e, d’altra parte, lui non vuole che tali
voci giungano a Bergamo, ordina al condottiero Sagramoro Visconti di spostare le tre squadre a
Cologno, Bregnano e Urgnano dando loro solo alloggio e strame, salvo quanto i locali volessero
offrire loro sponte.
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
Domino Segramoro Vicecomiti, militi et armorum ductori nostro.
Li homini nostri de Vaylà et de quelli altri luogi de Giara d’Ada, unde sonno allogiate
quelle tre squadre de gente d’arme, sonno venuti a gravarsi con nuy per le spexe che
domandano esse genti da essi homini; et perché non voressemo che questa voce
andasse a Pergamo né in le terre delli inimici, che li nostri homini facesseno le spexe
ale gente d’arme, volimo che debiate mandare dicte gente subito a Cologno, Bregnano
et Urgnano, et compartirli honestamente fra dicti tre luogi, facendoli dare solamente
stantie e strame e non altro, salvo se li dicti homini de sua bona voluntà non li
volesseno dare qualche altra cosa, perché dicte gente porano ben così vivere là, como
facemo nuy, e queste gente de qua et multo melius per la comodità dele stantie et
strame che haveranno. Data ut supra.
Zaninus.
Iohannes.
497
Francesco Sforza risponde a Guglielmino de Lazavechiis, capitano del divieto a Piacenza, in
merito alla poca obbedienza da lui riscontrata a Campremoldo, di averne parlato con Pietro
Giovanni, da cui ha avuto la conferma che il suo famiglio si è comportato male e ha assicurato
che gli scriverà in modo che esegua quanto è tenuto a fare. Il duca, a sua volta, raccomanda a
Guglielmino di impegnarsi perchè si conducano pane e vettovaglie in campo.
(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).
Guiglelmino de Lanzavechiis, capitaneo devetus nostro Placentie.
Havemo recevuto le toe lettere de dì 9 de presente et inteso quanto per esse ne scrivi;
te respondemo, primo, ala parte della poca obedientia hay havuta ad Campremoldo, et
l’havemo dicto ad Pedro Iohanni, qual dice che’l suo fameglio ha facto male et contra la
sua voluntà et che scriverà in modo faranno el debito suo: siché provedi che’l faciano et
che sia presto. Et così volemo metti ogni tuo 138r sforzo, industria et ingenio che per
caduno se conduca del pane in campo et del’altre victualie et che caduno facia la parte
et debito suo.
Ala parte che’l conte Alberto vole defendere quelli hanno presi li tuoy famiglii perché
portavano le arme vetite, respondemo che debii intendere quello che è stato observato
per lo passato, et quello observa ancora ti. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
498
Francesco Sforza rimprovera il capitano della Lomellina per la mancata adesione della
popolazione a lui soggetta alla richiesta di fornitura di vettovaglie all’esercito. Vuole che si
industri perchè si porti in campo soprattutto biada per cavalli e che comandi, “sotto certa
pena”,che ogni comunità invii una determinata quantità di vettovaglie. Gli impone di cacciar via
gente d’arme che soggiornassero lì, tranne se si trattasse di ammalati o di soldati con bollettino.
In simile forma si è scritto al capitano di Casteggio, al referendario e al podestà di Pavia, al
referendario e al podestà di Lodi.
1453 novembre 13, “contra Urces Novas”.
Capitaneo nostro Lomelline.
Per più altre nostre lettere ve havemo scripto che dovesti operare et fare con effecto
che dela iurisdicione a vuy concessa comandasseno et ordinasseno che fidesseno
menate qua al nostro felice exercito più victualie fosse possibile; del che, non havendo
fin a mò veduto altro effecto, se ne maravigliamo et anche ne rencresce asay. Per la
qual cosa ve iteramo che gli mettiati (a) tal ordine che’l se ne conduca in più quantità
possibile et maxime de biada da cavallo; et a fare questo doveti comandare, sotto certa
pena, che qualunque comunità d’essa vostra iurisdicione ne debbia condure ogni
septimana quella conveniente quantità che ve parirà. Ulterius se in essa vostra
iurisdictione fosseno ale stantie alcune delle nostre gente d’arme, volemo che le fazati
cazar via et ordinare che’l non gle sia data alcuna cosa, salvo se non fosseno così
infermi che non potesseno venire via aut non havesseno bulletino da nuy. Data contra
Urces Novas, xiii novembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit capitaneo Clastigii, referendario et potestati Papie, et
referendario et potestati Laude.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) ve iteramo che gli me scritto su rasura.
499
Francesco Sforza ordina al podestà di San Nazzaro di indurre il maestro Giacomo Nano, che si
era accordato con il conte Bartolomeo Albonese, compagno del condottiero Moretto di San
Nazzaro, di costruirgli una casa, o a fare detto edificio o a restituire al conte i denari avuti.
(1453 novembre 13, “contra Urces Novas”).
138v Potestati Sancti Nazarii.
Ne dice il conte Bartholomeo de Albonexo, compagno de domino Moretto da Sancto
Nazaro, nostro conductero, che essendose luy ali dì passati con uno maystro Iacomo
Nano de quella terra, et satisfatogli perché gle facesse una casa, dicto maystro Iacomo
non gle ha atteso quanto aveva promesso; pertanto volemo intendi questo facto et
provede che’l dicto maestro Iacomo attenda quanto ha promesso al dicto conte
Bartholomeo, overo gli satisfazi de (a) quello ha havuto da luy, como è debito et
ragionevele. Data ut supra.
Zanetus.
Iohannes.
(a) de ripetuto.
500
Francesco Sforza scrive a Sagramoro Visconti e ad Antonio Sicco che modifica quanto ordinato
circa la sistemazione delle genti d’arme a Brignano, Cologno e Urgnano, con Orgnano,Calce e
Bruxaporco perchè così “obviarano ala... bastita” di Canzo e il paese sarà più sicuro. Il duca
vuole che Sagramoro e Sicco gli accusino ricevuta ed esecuzione della lettera.
1453 novembre 15, “contra Urces Novas”.
Domino Segramoro Vicecomiti et Antonio de Sichis, nostris dilectis.
Non obstante quanto hersera ve scripsemo in quali luogi ne pareva dovesseno ponere
quelle gente sonno dellà, cioè a Brignano, Cologno et a Urgnano, nondimeno havendo
inteso che quelle gente sonno in Pergamo fano forte la bastita de Canzo, ne pare, per
remediare non la faciano et che non vadano così ala larga, como vanno, ad offendere,
che la dicta gente la partiate fra Orgnano, Calce et Bruxaporcho, perché obviarano ala
dicta bastita, che non se farà, et che’l paese sarà securo. Così se vole provedere con li
homini delle terre che quelli sonno in Crema non possano anchora loro andare ala
larga. Respondetene dela receputa de questa et del’ordine haveriti dato, et provederiti li
cavallari, andaranno a Milano con le lettere, vadano securi. Data apud et contra Urces
Novas, xv novembris 1453, hora quinta noctis.
Cichus.
501
Francesco Sforza fa presente a Morello da Parma che non deve più dare molestia ai suoi uomini
per la guardia dell’Adda e, nel contempo, gli dà il ben servito per la sua attività, svolta con
“diligentia, fede et prudentia”.
1453 novembre 15, “contra Urceas Novas”.
139r Domino Morello de Parma.
Cusì como per altre nostre lettere date VII del passato, cusì per queste ve replicano
che, siando per la Dio gratia reducte le cose nostre in modo che non è da dubitare (a)
che li inimici passano più Adda, ve dicemo che più non debiate dare molestia né
graveza al’homini nostri per cagione delle guade d’Ada, et ulterius cessante la cagione
del dubio havevamo de quelle quando ne gli mandassemo. Considerando ch’el vostro
essere lì non è necessario più, poteti andare a vostra posta ad Milano o dove meglio ve
pare o piace; del vostro servito ve comendiamo asai como de quello che ha servito cum
diligentia, fede et prudentia. Ex felicibus castris nostris contra Urceas Novas, xv
novembris 1453.
Ser (b) Iacobus.
Cichus.
(a) dubitatare in A.
(b) Segue Antonius depennato.
502
Francesco Sforza ordina al capitano di Casteggio di pagare a Giovanni Cimino, ufficiale al porto
della Lapola, il suo salario
(1453 novembre 15, “contra Urceas Novas”).
Capitaneo nostro Clastigii.
Se lamenta Iohanne Cimino nostro officiale al porto dela Lapola che non po’ consequire
li dinari del suo salario ordinato, che non ne pare ragionevele né honesto; e non fizendo
pagato non gli poria perseverare. Pertanto volemo che tu provedi che’l sia pagato
senza contradictione alcuna. Data ut supra.
Ser iacobus.
Cichus.
503
Francesco Sforza scrive al luogotenente e al referendario di Lodi lodandoli per l’invio a Cremona
della polvere da bombarda e da cerbottana. Conferma quanto ha già scritto che, nonostante
l’arrivo a Crema di Matteo da Capua e di Bettino da Calcina, che “hanno corso a Pandino”, si
debba mantenere la spesa ai suoi uomini, ma revocare quella agli uomini di lì per i retrovardi,
che si terranno alla riva sempre pronti a operare.
1453 novembre 16, “contra Urceas Novas”.
Locumtenenti et referendario Laude.
Havemo recevuto le vostre lettere, per le quale ne avisati havere ordinato de mandare
quello polvere da bombarda et da cerabotane a Cremona, et che per la venuta de
Matheo da Capua et de Bettino da Calcina a Crema, quali hanno corso a Pandino,
forse seria bene non remettere ancora per qualchi dì le guardie deli duy retrovardi
pagati per le comunitate. Et respondendo dicemo, circa’l facto dele polvere, haveti facto
bene et ve ne commendiamo; ala parte deli retrovardi intendimo, per la venuta de
coloro a Crema retenire quella spesa al’homini nostri, anci volimo, como per due altre
nostre ve havimo scripto, che le debiate revocare nec proinde dare più impazo né
spesa al’homini. Ma bene volimo che dicti retrovardi se tengano ala rippa apparechiati
per potterse opperare ali bisogni; et cossì facite. Data contra Urceas Novas, die vi
novembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
504
Si è scritto al lodigiano Bassano de Dosso che mandi subito per un cavallaro un fiasco di vino a
Marnato e il resto lo conservi in modo che non vada a male.
1453 novembre 16, “contra Urceas Novas”.
139v Bassano de Dosso Laudensi.
Scriptum fuit quod subito mittat per unum caballarium unum flaschum vini Marnati;
residuum vero servet taliter quod non labatur in sinistrum, et cetera. Contra Urceas
Novas, xvi novembris 1453.
Nicolaus.
Iohannes.
505
Francesco Sforza avverte Antonio Sicco,che manda il presente cavallaro, cui deve provvedere a
Caravaggio alloggio e strame per quattro cavallari,
che invierà lì per servire Milano e dove occorrerà.
(1453 novembre 16, “contra Urceas Novas”).
Antonio Sico, commissario Glareeabdue.
Mandamo lì el presente portitore, nostro cavallaro, alo quale volemo faciat(i) providere
in quella terra de Caravazo per quatro cavallari di stancia et strami, quali mandaremo
per servire a Milano alo dì et dove bisognarà. Et non manchi. Data ut supra.
Iohannes.
506
Francesco Sforza informa il referendario di Piacenza e Teseo di aver stabilito che re Renato
alloggi con 1000 cavalli in quella città e di averne scritto al podestà, al capitano e ai deputati
sopra gli alloggiamenti oltre che allo stesso Teseo che, da dovunque si trovi, deve portarsi a
Piacenza e aiutare in tutto, die noctuque, a mettere ordine alle sistemazioni necessarie.
Siccome il re e il suo seguito hanno fatto rilevare che ad Alessandria e altrove non hanno pagato
dazio per pane, vino e altre cose, è opportuno che anche lì si facciano tutte le agevolazioni
possibili e si trattino con ogni riguardo.
(1453 novembre 16, “contra Urceas Novas”).
Referendario Placentie et Thexeo.
Carissimi nostri, perché havimo deliberato de presente dare le stantie ala maiestà del re
Renato et ordinato che in quella nostra cità allogii la sua mayestà cum mille cavali,
havimo scrito al podestà, capitaneo e deputati sopra li logiamenti et a te, Thexeo, una
littera, dela quale vi mandiamo la copia introclusa ale presente. Et per questo volimo
che tu, Thexeo, subito ala receputa de questa, te debbi partire d’ogni luogo, dove te
trovi lasando ogni altra cosa, et andare a Piasenza per adiutare a metere ordine a
questi logiamenti, die e note, senza perdimento de tempo, perché le gente vengono via
de mane in mane. Ceterum, perché la mayestà sua et li suoi ne hano facto dire che
tropo gli seria grave pagare li datii del pane, vino et altre cose gli bisognarà comprare,
non havendo pagato in Alexandrina, né in altrove dove è stato, volimo che per ogni
meliore modo possibille adaptate la cosa e vediate de farli tute quelle esevelece, boni
tractamenti e carece che sia possibille, e più che non faresti a nuy. Et sopra tuto
provedite, e cum parole e cum fati, che li suoi se habiano a contentare e fare bona
relatione ala sua mayestà. Data ut supra.
Cichus.
507
Francesco Sforza scrive al podestà, al capitano della cittadella, ai deputati sopra gli
alloggiamenti e a Teseo, cancelliere di Piacenza, di avere già annunciato al podestà e al
capitano l’arrivo in città di re Renato e di 1000 cavalli, ai quali si dovrà trovare sistemazione,
masserizie grosse e legna. Annunzia loro che già domani il re manderà dei suoi uomini per
visionare gli alloggiamenti e anche prevedere la gente da sistemare, gente che verrà, poi, a
poco a poco. Si trovi “una bella et aconza stantia” per il re, cui si consegneranno le chiavi della
città e delle fortezze. Vi siano negli alloggi legna, cui provvederanno gli uomini del duca per
evitare che la gente vada a tagliare i suoi alberi. Ricorda loro che la venuta del re sarà di
vantaggio per la città per le spese che il seguito farà.
(1453 novembre 16, “contra Urceas Novas”).
140r Potestati, capitaneo citadelle et deputatis super allogiamentis et Theseo,
cancellario Placentie, nostris dilectis.
A questi proximi dì scrisemo a vuy podestà e capitaneo che, havendo nuy deliberato de
dare le stantie ala mayestà del re Renato, dovessevo de presente fargli apparechiare le
stantie in quella nostra cità per milli cavalli, ali quali se haverà a dare pur stantie,
massaritie grosse e ligne, et che subito gli dovesti fare provedimento, et subsequenter
avisarne como haveresti facto, sicuti in eis litteris nostris continetur. Nunc vero ve
avisamo como la soa mayestà comenzarà (a) domane a mandare delli suoi de casa per
vedere et intendere l’ordine delli allogiamenti, et anche delle gente per allogiare, et de
mane in mane tucti venerano, siché per questo volemo che debbiati subito fare ordinare
le stantie et menare delle ligne, benché già nanti la recevuta de questa haveriti dato
opera circa ciò, como credemo. Et volimo che recatate una bella et aconza stantia per
la persona dela mayestà sua, ala quale vorimo siano - nel’intrare farà - presentate le
giave dela cità e de tute quelle fortece, reverito et acarezato como la persona nostra e
molto più; siché non atendete ad altro, dì e note, che ad apparegiare dicte stantie e
ligne, et ordinare quanto sia a fare, perché questa nostra intencione se exequisca. De
tale logiamento quella nostra comunità ne receverà utile, perché se vendrano le robbe
sue, e l’entrate receverano acresimento. El dargli dele ligne ne è parso melio per
l’homini nostri, acioché le gente non gli vadano a taliare l’arbori e lignami suoi; siché
provedete a far menare dele ligne et ordinare li logiamenti senza perdere uno atino de
tempo. Data ut supra.
Cichus.
(a) comenza su parola abrasa.
508
Alessandro de Ubertariis ha scritto a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia di
provvedere di vesti e calzature i ragazzi destinati ai cavalli barbareschi.
1453 novembre 17, s.l.
Die xvii novembris 1453.
Per dominum Alexandrum de Ubertariis scriptum fuit domino Gracino de Piscarolo et
referendario Papie quod provideant de vestimentis et calciamentis regaciis nostris
deputatis super equis barbarischis.
Iohannes.
509
Francesco Sforza scrive al commissario e podestà di Ripalta che ha concesso a Battista
d’Appiano, con i salari, le benemerenze e onoranze connessi, l’ufficio della notaria di quella
terra in riconoscenza per quanto si è prodigato perchè essa passasse in suo potere.
1453 novembre 16, “contra Urceas Novas”.
140v Commissario et potestati R(i)ppalte.
Per alcuna retributione dela fede et devotione porta a nuy et al stato nostro Baptista
d’Applano, habitatore de quella nostra terra, nec minus deli benemeriti, fatiche et
periculi, quali sapemo ha usato a questa volta aciochè quella terra se reducesse ala
obedientia et devotione nostra, gli havimo donato et concesso liberamente l’offitio dela
Notaria d’essa terra con tute le sue honorantie, salarii, preheminentie, honori et
comoditate ac prerogative spectante al dicto offitio et usitate de haverse per li suoy
precessori quali hanno exercito et tenuto esso offitio. Sichè pertanto volimo et
commandiamoti che metti el dicto Baptista, induchi et mantenghi ala possessione et
tenuta d’esso offitio, facendogli respondere senza veruna exceptione deli dicti salarii,
commoditate, prerogative, emolumenti et honorantie ali tempi debiti et usitati per lo
passato, como è la nostra totale intentione. Data contra Urceas Novas, xvi novembris
1453.
Advena.
Cichus.
510
Francesco Sforza vuole che Antonio Sico, che l’ha informato della faccenda occorsa in
Bergamo, assicuri della sua disponibilità ad aiutarli, gli amici che non hanno voluto uscire.
1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”.
Antonio Sicho.
Havemo recevuto la toa littera et inteso quanto ne scrivi dela questione facta dentro da
Bergamo, et cetera; ne restiamo avisati et dicemo che cum ogni toa diligentia et studio
procuri de intendere bene como serà passata la cosa, et statim ne advisaray. Et cossì
ne pareria ben se podesti fare dire a quelli amici quali non sonno voluti ussire, che se
havessero bisogno de qualche aiuto, che gli serà dato. Data contra Urceas Novas, xvii
novembris 1453.
Bonifacius.
Iohannes.
511
Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a far avere a Pietro Giovanni da
Camerino le 500 lire che gli spettano e di cui è ancora in attesa, come gli fece parola
nei giorni scorsi Filippo Confalonieri quando fu da lui in campo..
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
141r Domine Luchine de Verme.
Essendo questi proximi dì qua in campo misser Filippo Confanonero ne disse luy
stesso como Petro Iohanne da Camarino dovea havere cinquecento libre de imperiali;
per la qual cosa, considerato che dicto Petro Iohanne ha grande bisogno et dovendo
perseverare neli servicii nostri qua in campo, non pò fare cum mancho che non sii
adiutato, vi confortiamo et preghiamo vogliati fargli fare il dovere suo adeo che se
possa substentare; et per questa casone non vogliati darve casone de replicare più,
considerato ch’el dicto bisogno suo rechioede presto adiuto et non dimora. Data ut
supra.
Bonifacius.
Iohannes.
512
Francesco Sforza ammonisce il luogotenente di Lodi che non è tollerabile che si neghi alle genti
d’arme, che sono in Geradadda, di provvigionarsi di vettovaglie e di portarle fuori dalla città.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas.”)
Locumtenenti nostro Laude.
Ne hanno facto significare le nostre gente d’arme quale stanno in Giaradada che,
havendo mandato per comprare pane et altre victualie in quella nostra cità, gli è stato
negato et prohibito portarle fora; che non seria bene, né cosa honesta; et potite ben
pensare che quelle gente non hanno con sì victualie, se non ne a tolere dove se ne
trova; altramente non gli potriano stare. Et pertanto volemo che da mò inante non gli
lassati fare tal prohibitione, anci se ge ne dia per li suoi dinari et lasasi condurle de fora.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Iohannes.
513
Francesco Sforza comanda a Stefano da Cesate, capitano della Lomellina, di intendersi con
Antonio di Lodi, cancelliere del Colleoni, che il condottiero manda per richiedere nuovamente la
restituzione ai suoi compagni della roba e dei cavalli, che a loro sottrassero gli uomini di Dorno e
di Alagna, quando li saccheggiarono con Francesco Giorgio . Se fossero renitenti alla
restituzione, li costringa al risarcimento.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lumelline nostro dilecto.
Altre volte, a requisicione del magnifico Bartholomeo Colione, nostro capitaneo, ve
scripsemo dovessevo con effectu providere che per li homini de Durni et de Lagna,
nostro territorio de Lumellina, fosse restituito a compagni del dicto Bartholomeo
integramente tuta la roba et cavalli loro gli tolsero quando Francesco Giorgio li fece
sachezare; (la) qual cosa, a quanto sentemo, non haveti facto. Et perch’el dicto
magnifico Bartholomeo de novo ne ha facto instantia et manda per tal casone Antonio
de Lodi, suo cancellero, presente exhibitore, volimo che, havuta intelligentia con esso
Antonio per la dicta roba perduta, constringiati per ogni modo et maynera dicti homini
de Durni et de Lagna a fare debita et integra restitutione de dicta roba. Et casu che se
monstrassero renitenti a dicta restitutione, provediati che la paghano; et in questo
servareti tal ordine che non habiamo più rasone de replicarvi, et dicto Bartholomeo sia
totalmente, per una via o per un’altra, satisfacto. Data ut supra.
Advena.
Iohannes.
514
Francesco Sforza ordina a Teseo da Spoleto di eseguire quanto gli riferirà lo squadrero ducale
Pietro Giovanni da Camerino circa la permanenza lì degli uomini d’arme e delle altre genti ducali
del campo.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
141v Ser Theseo de Spoleto.
Vene lì Petrozohanne da Camerino, nostro squadrero, al quale havemo commesso te
debia referire alcune cose per nosra parte circha’l demorare lì delli nostri homini d’arme
et delle altre gente nostre del campo. Pertanto volemo che in tuto quello te dirà per
nostra parte tu li credi et exequischi quanto se nuy a bocha te lo comandassemo. Data
ut supra.
Filippus.
Cichus.
515
Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto ribadisca all’uomo d’arme ducale Matteo da
Pellegrino l’ordine ducale di portarsi da lui entro sei giorni, e ne motivi la eventuale mancata
osservanza dell’ordine.
In simile forma fu scritto al familiare ducale Francesco de Georgiis di provvedere che l’armigero
ducale Lorenzo di Pavia se ne vada in campo entro sei giorni.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
Suprascripto Theseo de Spoleto.
Nuy scrivemo a Matheo da Pelegrino, nostro homo d’arme, qual de presente se trova a
Pelegrino che intra li termini de sei dì, al più tardo, venga a nuy; sichè opera anchora ti
ch’el venga, et se’l non venerà, avisarane dela cagione. Data ut supra.
Iacobus.
In simile forma scriptum est Francisco de Georgiis, familiari nostro, quod debeat operari
quod Laurentius de Papia, armiger noster, veniat in campum infra terminum sex dierum,
ut supra.
Cichus.
516
Francesco Sforza scrive a Matteo da Pellegrino di portarsi da lui entro sei giorni.
La stessa cosa fu scritta all’armigero Lorenzo da Pavia.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
Matheo de Pelegrino, armigero nostro.
Volemo, per alcune cose havemo a conferire con ti, che tu vegni da nuy fra el termine
de sei dì al più tarde; et non manchi per quanto hay cara la gratia nostra. Data ut supra.
Ser iacobus.
In simile forma scriptum est Laurentio de Papia, armigero nostro.
Cichus.
517
Francesco Sforza comanda al referendario di Piacenza di considerare esente la possessione,
già di Giacomazzo, da lui donata esente all’uomo d’arme ducale Rolando da Fiorenzuola,
privilegio che i dazieri rifiutano di riconoscere perchè l’esenzione non è stata registrata e
incuranti che la possessione fosse già esente prima di questa donazione.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
Referendario nostro Placentie.
Più dì passati nuy donassemo a Rolando da Fiorenzola, nostro homo d’arme, certa
possessione, che fo del spectabile domino Iacomazo, nel territorio de Fiorenzola et gli
ne facemo fare carta de donatione, como potriti monstrare. Pare che per non havere
facto registrare dicta exemptione donatione, non gli vole essere observata per li datieri
la exemptione qual ha in li predicti beni. Pertanto, considerata che la dicta exemptione
era exempta prima che gli la donassemo nuy, et anche gli la dedimo exempta, et
deliberando ch’el non haverla facta registrare così presto non gli debia dare danno, te
comettiamo et volemo debii providere dicta possessione gli sia preservata exempta in
quello modo et forma era prima che nuy gli la donassemo et al tempo che domino
Iacomazo la teneva. Data ut supra.
Ser Irius.
Cichus.
518
Francesco Sforza vuole che il referendario di Pavia intervenga perchè al marescalco ducale
Anibaldo, che aveva affidato in soccida cinque bestie a Iacobino Garzo, mastro in Grazola,
vengano restituite le altre due bestie oltre alle tre riavute, indipendentemente dal fatto che
Iacobino sia stato privato dei suoi beni per aver agito contro lo stato.
(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).
142r Referendario nostro Papie.
Anibaldo, nostro manescalcho, haveva dato in socido cinque bestie ad uno Iacobino
Garzo,l mastro in Grazola; pare, da puoi gli fossero tolti li beni suoy per certe cose
comisse contr’al stato nostro, al dicto magistro Anibaldo gli foreno restituite tre vache gli
ne restino anchora doe. Ma perché dice che n’è morta una rechiede gli sia dato uno
manzo che se retrova. Pertanto, parendone honesta questa soa domanda, te
comettiamo et volemo debii provedere che le dicte doe bestie, o almancho gli sia
restituito, como è iusto et rasonevele, siano ove se vogliono, perché, sebene dicto
Iacobino è stato (a) uno tristo, non debbe però esso magistro Anibaldo portare damno
in la robba soa. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
(a) stato in interlinea.
519
Francesco Sforza ingiunge, sotto pena di 500 ducati d’oro, all’ebreo Angelo di Voghera di
recarsi, entro tre giorni dalla ricevuta di questa missiva, a Piacenza per eseguire quello che sarà
loro ordinato dagli ebrei Bonomo e Israele, commissari ducali..
1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”.
Angelo ebreo, habitanti in Viqueria.
Volimo et comandamote che, ala pena de cinquecento ducati d’oro da applicarse ala
Camera nostra, insieme con tuo patre et tuo fratello debbiati retrovarvi ad Piacenza, fra
termine de tri dì da puoi la recevuta de questa, ad exequire quanto ve sarà dicto et
ordinato per Bonomo et Israeli, ebrei in Piacenza, nostri comissarii; et non venendo
sareti condemnati inremisibiliter de inobedientia. Ex castris nostris felicibus contra
Urceas Novas, xviii novembris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
520
Francesco Sforza comanda a Raffaele Pugnello di Cremona di far subito macinare il frumento
di cui dispone e di mandarne la farina a Cremona a disposizione di Pasino da Vignola e di
Stefanino Zaccaria, commissari ducali per la preparazione del pane. Altrettanto deve fare,
senza alcun indugio, per ogni frumento che ricupererà .
La stessa cosa fu ordinata ad Andrea Cingolo.
(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).
Raphaeli Pugnello de Cremona.
Tutto quello formento te ritrovi havere in le mano vogli farlo macinare in farine, et dicte
farine mandarle subito ad Cremona in mano de Pasino de Vignola et Stefanino
Zacharia, nostri commissarii sopra la fabrica del pane; et ogni altro fromento che tu
recuperaray vogli tuto farlo macinare in farine et mandarlo inmediate a Cremona ali
predicti; et in questo non gli perdere una hora de tempo per quanto hay ad caro la
gratia nostra. Et vogli fare presto de quanto hay da fare in quelle cose per le quale te
mandassemo là, et non far pensiero de stare il tempo dela via toa lì perché nuy havemo
bisogno del formento adesso che stamo in campo et non quando saremo ale stantie.
Data ut supra.
Zaninus.
In simili forma scriptum fuit Andree Cingulo
Cichus.
521
Francesco Sforza scrive ad Antonio de Minutis, Regolatore generale delle entrate ducali, di
provvedere d’avere la maggior quantità possibile di frumento, di farlo macinare e mandarne
immediatamente la farina a Cremona dai commissari ducali per la cottura del pane, operazione,
questa, che fra poco, verrà spostata al di là di Cremona. La stessa cosa esigerà da Raffaele
Pugnello e da Andrea da Cingoli, perchè si prestino, giorno e notte, a far macinare il frumento di
cui dispongono. Vuole che Antonio gli mandi il suo cancelliere informato di tutto il quantitativo di
frumento da lui, Antonio, ricuperato e di quello di cui si avvalgono Raffaele e Andrea.
(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).
142v Ser Antonio de Minutis, Regulatori generali intratarum nostrarum.
Perché è necessario se habia più summa de formento sia possibile per havere del pane
habundant(e)mente per questo nostro exercito, vogli sforzarte recuperarne in (a) quella
più maiore summa te serà possibile; il quale vogle tuto far fare in farine et mandare poi
le farine a Cremona alli nostri comissarii sopra la fabrica del pane. Et questo dicemo
perché dicta fabrica bisognerà fra pochi dì removerla da Cremona et farla fare più
inanze in altro loco dove non serà la comoditate del macinare,: et però bisogna
condurle le farine et non formento. Et in questo non gle perdere una hora de tempo, et
mandaray le alligate ad Raffaele Pugnello et a domino Andrea da Cingoli per missi
proprii, ali quali scriveray et sollicitaray che di nocte faciano macinare el fromento che
hanno in le mano, et che volando et de tracta mandeno le farine ad Cremona senza
perdictione alcuna de tempo. Et perché meglio sapiamo quello havemo da fare et che
possiamo più chiaramente intendere el facto nostro, vogli mandarne qui da nuy il tuo
cancellero informato della quantità del frumento che tu te retrovi havere recuperato el
presente et ch’ello fide in tua possanza. Et così che’l vegna informato del formento che
ha recuperato Raphaelo Pugnello et Andrea da Cingoli, acioché intendiamo de quanto
formento ne possiamo valere per uso de questo nostro exercito. Et in questo, per Dio,
non gli perdere una hora de tempo, mandandone dicto tuo cancellero informato, como
havemo dicto quanto più presto te serà possibile. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) in ripetuto.
522
Francesco Sforza vuole che la comunità e gli uoimini di Vianino facciano avere ad Antonio
Meroxo, loro podestà, l’intero salario, nonostante un’assenza oltre licenza per malattia e per
indugio presso il duca.
(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).
143r Comunitati et hominibus nostris Vianini.
Quamvisdio che Antonio Meroxo, nostro potestate, sia stato absente da lì per più tempo
non gli havevamo conceduto licentia, nondimancho per la infermitate soa e perché
l’havemo tenuto indusiasto de qua, nostra intentione et volemo che del suo salario gli
respondiati quanto che non se fosse partito de lì. Et questo sia senza exceptione
alcuna. Data ut supra.
Advena.
Cichus.
523
Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera di Bartolo de Madiis con anche la notizia
dell’ingresso di Ludovico Malvezo in Bergamo con 150 cavalli e delle vertenze esistenti in città.
E’ sempre in attesa di ciò che gli riferirà, desideroso anche di notizie di Restino da Martinengo,
prigioniero di Cristoforo da Cremona, cui lui, duca, ha, in proposito, espressa la sua volontà.
(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).
Bartololo de Madiis.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrive de Lodovicho Malvezo intrato
in Pergamo con centocinquanta cavalli; et della differentia è in quella cità, et cetera, del
tuto remanemo avisati. Et non accade dire altro se non che caricamote ad intendere più
cose; et ne avisaray de quanto intenderay de Restino da Martinengo, quale scrive
essere prexone de Christoforo da Cremona. Habbiamo scripto ad esso Christoforo la
voluntà nostra. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
524
Francesco Sforza ordina al capitano del distretto di Piacenza di fare ottenere con procedura
sommaria quello che realmente spetta a Tommasino Forlano da Giovannino delli Corradi, da
Giovanna di Corradi e da Pisiron per taverna, pascoli, fieni e biada.
(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).
Capitaneo districtus nostro Placentie.
Thomasino Forlano ne ha dicto dovere havere certa quantità de dinari da Iohanino delli
Conradi et Giovane di Conradi et da Pisiron per casone dela taverna, pascoli, feni et
biada, como da luy intenderay; deli quali non potendo consequire il debito suo, ne
rechiede iuridico adiuto. Per la qual cosa te comettiamo che debii procedere contra
d’essi debitori, constandote del suo debito, ita che dicto Thomasino subito venga
havere la satisfactione soa, facendo rasone summaria et expedita senza alcuno litigio.
Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
525
Francesco Sforza scrive a Bartololo de Madiis di convincere gli uoimini di quella terra a
sopportare la porzione dei cavalli di Sagramoro Visconti che, in partecipazione con quelli di
Urgnano, Calcio e Brusaporco loro toccherà per assicurare “quella via de quelli da Pergamo”.
1453 novembre 19, “contra Urces Novas”.
Bartololo de Madiis.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrive della venuta lì de domino
Segramoro Vesconte con quelli cavalli et della lamenta fanno quelli homini de non
possere supportare quella spesa, et cetera; te dicemo che nuy non volemo habiano tuta
questa spesa, ma volemo che dicti cavalli siano compartiti fra Urgnano, Calci et
Bruxaporco. Siché provede che li homini de quella nostra terra receptano la parte loro,
ali quali diray che nuy recresce dare questa faticha; ma per asecurare quella via de
quelli da Pergamo non possimo fare de mancho. Data contra Urces Novas, xviiii
novembris 1453.
Zanetus.
Cichus.
526
Francesco Sforza ordina al podestà di Pellegrino di liberare i due uomini della Gallinella di
Rolando Pallavicino, che sostiene essere stati da lui arrestati “per malivolentia”.Se, invece,
fossero stati trattenuti ex iure, glielo faccia sapere.
(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).
143v Potestati Pelegrini.
Per querella del magnifico Rolando Palavicino havemo inteso che tu hay sustenuto duy
delli homini suoi dela iurisdicione dela Galinella senza alcuna legiptima precedente
cagione, ma piutosto per malivolentia. Per la qual cosa, se così è, volemo che subito gli
debbi relaxare senza veruna exceptione; et se forse l’havesti sostenute legiptimamente,
avisace subito per toe lettere dela cagione de tale detentione. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
527
Francesco Sforza si compiace con il luogotenente di Lodi per la revoca dei salvacondotti e per la
direttiva al provveditore di Crema. Si dice disponibile ad assecondare Ettore, governatore
dell’abbazia di Cerreto, che desidera far rientrare presso di lui i suoi massari dalle parti ov’è il
duca, purchè, deciso che abbiano il loro ubi consistant, ivi permangano.
(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).
Locumtenenti Laude.
Inteso quanto ne scriveti della receputa delle nostre lettere per la revocatione delli
salviconducti et del’altra directiva al proveditore de Crema, ne piace; ma perché diceti
che Hectore, gubernatore dell’abatia de Cerreto, voria far potere venire li suoi massari
dal canto nostro, dicemo che siamo contenti gli diate licentia con questo che, venuto
serano dal canto nostro, non possano retornare né praticare dal canto. Et quando
intendesseno fare altramente, volimo che stiano pur de là, ordinandoli che non
debbiano praticare dal canto dellà et de qua, ma stare firmi dove elegerano la stantia
loro. Ala parte delle victualie quale rechiedeno quelle nostre gente de Giaradada,
dicemo che ge la debiati concedere, como per altre nostre ve habiamo scripto. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
528
Francesco Sforza esprime al podestà e al capitano dellla cittadella di Piacenza la sua
soddisfazione per come hanno sistemato re Renato e i suoi. Alla obiezione di lasciare a loro la
possibilità di prendere legna perchè ritengono che il quantitativo assegnato è insufficiente, il
duca risponde che essi non hanno bestie “apte a mandare per legne” e, inoltre, si eviterà che
si taglino alberi “ali nostri homini”. Vuole, invece, che podestà e capitano calmierino con sanzioni
penali i prezzi delle vettovaglie, per evitare che accaparratori profittino. della situazione, e li
esorta a provvedere che ogni giorno vi sia sul mercato la quantità di beni ritenuta onesta.
(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).
Potestati et capitaneo citadelle nostre Placentie.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale ne avisati del’ordine posto ali logiamenti
dela mayestà del re Renato con li suoy, del che ve comendiamo; et benché credemo
non bisognare, pur ve caricamo, per quanto haveti voglia fare cosa a nuy grata, debiati
prosequire in tuto et per tuto quanto per altre nostre lettere ve havemo scripto in quella
materia 144r Et perché ne scriveti che meglio seria assignarli le ligne ali buschi, perché
non se contenterano de quella quantità se gli darà, quantunche honesta, dicemo che a
nuy pare altramente, perché in quella compagnia gli sonno de molti gentilhomini e
signori, quali non hanno bestie apte a mandare per legne et che starano contenti ala
honesta tassa gli serà data, e serà più honore a nuy e a vuy, et non haverano cagione
le gente taliare et guastare li arbori ali homini nostri. Ceterum, accioché per tali
logiamenti el formento et altre victualie non cresca più del’honesto precio, che seria
damno ala cità, donde tenendose alo honesto precio gli serano utili, volimo e ve
comettemo che statim debbiati mettere uno certo honesto e limitato precio così al
formento, como ale altre victualie; et se, per questa tale limitatione, quelli che ne hanno
la stringeseno e non la volesseno vendere, volemo che a quelli che n’hano debiati fare
uno comandamento penale: che ogni dì de mercato ne debbiano havere mandata ala
piaza quella quantità ve parerà honesta, et a questo metiti bono ordine. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
529
Francesco Sforza ordina al podestà, al comune e agli uomini di Brusaporco di accogliere tutti i
cavalli e soldati che i condottieri Sagramoro Visconti e Francesco Seco assegneranno. loro.
In simile forma si è scritto ai podestà, consoli e comuni di Vignano e di Calcinate.
(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).
Potestati, communi et hominibus terre nostre Bruxaporchi.
Per bene et utile del stato nostro havemo ordinato ali spectabili domino Segramoro
Vesconte et domino Francesco Secho, nostri conducteri, che debiano mettere in quella
nostra terra alcune gente d’arme, como dali predicti seriti informati (a). Pertanto volemo
e ve comandiamo per la presente che debbiati ad ogni rechiesta et peticione delli
predicti de domino Segramoro et domino Francesco receptare et mettere dentro de
quella nostra terra tuti quelli cavalli et soldati che ve darano et ordinarano li predicti; et
questo non manchi per quanto haveti cara la gratia nostra. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit potestatibus, consulibus et communibus terrarum nostrarum
Vignani et Calcinate.
(a) Informati scritto su altra parola.
530
Francesco Sforza scrive al condottiero Sagramoro Visconti di far avere a Vignate, Calcinate e
Brusaporto, restii ad accettare le genti d’arme, le lettere che gli allega con l’ordine di accettare
tutti i cavalli, che (con l’avvertenza di un’eguale ripartizione) invierà loro. Gli chiede di mandare
dei cavalli a Caravaggio per fare da scorta fino a Palazzolo o a Pontoglio all’ingegnere ducale
Pietro da Cernusco, attualmente alloggiato a Caravaggio nell’osteria del Serracino, che fa
andare in campo.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
144v Domino Sagramoro Vicecomiti, armorum et cetera.
Havemo inteso como li homini nostri da Vignano, Calcinà et Bruxaporto non hanno
voluto acceptare quelle nostre gente como ve havemo ordinato; pertanto volemo subito
gli mandate Ie allegate lettere, alli quali scrivemo debiano acceptare tucti quelli cavalli
gli dareti, guardando fare in modo che non sia gravato più uno loco che un altro, ma se
gli habia bona advertentia ad compartirli bene. Ceterum vogliate, havuta questa,
mandare qualche cavalli fina (a) ad Caravagio, ali quali ordinareti fazano la scorta fino
ad Palazolo o ad Pontoglio ad magistro Pedro da Cernuschio, nostro inzegnero, quale
facemo venire da Milano qui in campo, il quale alogia in Caravagio al'hostaria del
Saraxino. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) fina in interlinea.
531
Francesco Sforza conferma ad Antonio Sico, commissario di Geradadda, di aver saputo che
Sagramoro e Francesco che non hanno potuto entrare con le genti d’arme in Urgnano, Calcinate
e Brusaporto, località cui farà pervenire le allegate lettere nelle quali ordina di eseguire “quanto
hanno in commissione”.. Informi, poi, l’ingegnere ducale Pietro di Cernusco d’aver ordinato a
Sagramoro di mandargli una scorta perchè possa raggiungerlo in campo.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
Antonio de Sichis, comissario nostro Glareabdue.
Havemo recevuta la vostra lettera et inteso quanto ne scrivete che domino Sacramoro
et domino Francesco non sono possuti intrare con quelle nostre genti in Urgnano,
Calcinà et Bruxaportho. Dicemo che’l ne despiace, et per le allegate scrivemo ale dicte
nostre terre che le debiano acceptare ad ogni loro petitione, sichè mandareti le allegate
alli predicti quanto più presto porreti et che exequiscano quanto hanno in commissione.
Ad maestro Pedro de Cernuschio, nostro inzegnero, quale è venuto Iì da Milano dirrete
per nostra parte che scrivemo al dicto domino Sacromoro che li debia mandare la
scorta; sichè dicetegli staga in puncto et in ordine che, como domino Sagramoro Ie
mandarà la scorta, possa inmediate venire via qui da nuy. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
532
Francesco Sforza scrive al luogotenente, al podestà e ai presidenti agli affari di Piacenza che,
venuto a conoscenza che devono attendere alla elezione di quattro uomini per provvedere agli
alloggiamenti, vorrebbe che nel novero dei quattro sia scelto Stefano Crodazio, di cui apprezza
la “fede, virtute et sufficientia”..
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
145r Locumtenenti, potestati et presidentibus negotiis civitatis Placentie, nostris dilectis.
Havendo inteso che per quella comunitate de Piasenza mò novamente se fa ellectione
de quatro homini, quali habiano ad provedere quello che accaderà sopra li allozamenti
delli cavalli, ne siamo mosti per questa nostra recordarvi che vogliati ellezere nel
numero deli dicti quatro al dicto offitio Stefano Crodatio de quella nostra cità, dela fede,
virtute et sufficientia del quale ne confidiamo nuy pienamente, certificandovi che a nuy
fareti cosa che summamente ne piacerà. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
533
Francesco Sforza ricorda al referendario di Pavia che il giustiziato Iacobino Garzo aveva avuto
da magistro Anibaldo cinque bestie in soccida e gli fa anche presente che delle tre bestie, che
ebbe il conte Giovanni di Albonesi, ad Anibaldo ne sono state restituite due e delle altre non ne
ha potuto avere alcuna. Intendendo che Anibaldo consegua il dovuto, gli comanda di fare in
modo che egli abbia dal conte Giovanni la terza bestia, oppure un manzo.
Trovandosi le altre due bestie, comanda che siano date ad Anibaldo oppure che egli possa
rifarsi sui beni di detto Iacobino.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
Referendario Papie.
Vuy site informato como Iacobino Garzo, quale fo iusticiato per cose comisse contra el
stato nostro, haveva in socido cinque bestie bovine da magistro Anibaldo, nostro
manescalcho. Sapeti anchora che de tre, quale ne hebe el conte Zohanne di Albonesi,
gle ne sonno state restituite doe, et che delle altre doe gli restavano non ne ha possuto
havere alcuna;. Deliberando, adunche, che dicto magistro Anibaldo consegua el dovere
suo, ve commettiamo et volemo debiati provedere per ogni modo et via expediente
ch'esso magistro Anibaldo consegua et habia dal dicto conte Zohanne la terza bestia,
overo manzo quale gli resta. Provedeti anchora che, retrovandose le altre doe bestie
che manchano, Iuy le habia per ogni modo, overo che delli beni del dicto quondam
Iacobino gle sia satisfacto interamente del pretio et valuta dele dicte bestie et de tuto
quello debe havere rasonevelemente da Iuy per lo guadagno delle dicte bestie et d'ogni
altra cosa habia havuta a fare seco per casone del dicto socedo, facendo per modo
ch’esso magistro Anibaldo consegua el debito suo et nuy non habiamo casone più de
replicarvi circa ciò. Data ut supra.
Irius.
Iohannes.
534
Francesco Sforza impone al luogotenente di Piacenza di consegnare i genovesi lì detenuti
Raffaele Adorno e Baldassarro Fornaro nel modo che indicherà Andrea da Birago.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
145v Locumtenenti nostro Placentie.
Deliberamo, et così ve comettiamo et volemo che debiati consegnare domino Raphael
Adorno et Baldesaro Fornaro, Zenoesi Iì destenuti, et farne disponere como et quello
ve scriverà el spectabile Andrea da Birago, dilectissimo nostro. Data ut supra.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.
Irius.
Cichus.
535
Francesco Sforza comunica a Ettore Vallisnera, rettore dell’abbazia di Cerreto che,
contrariamente a quello da lui segnalatogli, il monsignore vicecancelliere è morto.. Quanto ai
suoi massari, lascia a loro la scelta di dove vogliono dimorare, ma con l’avvertenza che, fatta
una opzione, quella devono poi mantenere.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas)”.
Dilecto amico nostro carissimo Hectori Vallisnere, rectori abbatie Cereti Laudensis.
Havendo recevuto vostre lettere per le quali ne scriveti che lo reverendissimo
monsignore vicecancellero era meliorato, per certo ne haveressemo recevuto singulare
piacere, ma ve avisamo che havemo inteso per lettere fidedigne che la signoria sua
passò de questa presente vita a XXX del passato; del che havemo recevuto
singolarissimo cordoglio e tale che non potressemo dire né scrivere ma, considerato
che è cosa naturale, ve confortiamo ad havere pacientia. Respondendo al’altre parte de
vostre lettere ve rengratiamo e, quanto ala parte delli vostri massarii dell’abatia, siamo
contenti che, a suo piacere, se reducano in le parte nostre et che ellezano quella
stantia che gli piacerà con questa conditione che non ritornano delà, aut volendo stare
dal canto dellà non praticano dal canto nostro, como più largamente scrivemo de
questo al nostro locumtenenti Laude, col quale ve potriti intendere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
536
Francesco Sforza scrive al commissario Francesco Giorgio e al familiare ducale Raffaele de
Pugnelis che gli uomini di Casteggio si dicono impossibilitati a fornire i duecento sacchi di
frumento loro imposti, perchè il raccolto non ha consentito loro di averne a sufficienza per il loro
uso. Il duca ribadisce loro di attenersi a quanto ha detto di pigliare dagli uomini “quello vogliono
dare de loro bona volontà.”
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
147r Francisco Georgio, comissario, et Raphaeli de Pugnelis, familiari nostro.
Dilecti nostri, perchè quelli da Chiastezo se gravano che Ii hay ti, (a) Francesco Zorzi,
imposti una prestanza et graveza de docento sachi de fromento, li quali dichono essere
inhabili ad poterlo fare per Ia mala conditione hanno havuta per Ia quale non hanno
recolto ad sufficientia per uso Ioro, de che ve dicemo che vogliati havere respecto ala
conditione del luoco, et non vogliati agravarli più che siano agravati Ii loro vicinii
circonstanti, et fati per modo non habiano casone de gravarse più de voy; et fate per
modo che dicti homini non se possano per niente gravare, che sapeti ve habiamo dicto
se piglia daIi homini queIIo vogliono dare de loro bona voluntà, et non altramente; et
così volemo che fazati. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) Segue Nicolò depennato.
537
Francesco Sforza scrive al milite Stefano de Folpertis, vicario generale, che se non si è ancora
portato dal Consiglio, si porti da lui. In caso contrario, dopo il Consiglio, vada da lui.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).
Egregio militi et doctori domino Stefano de Folpertis, vicario generali nostro dilecto.
Volemo che, recevuta questa, non essendo partito per andare dal nostro Consiglio,
quale scriveti havere mandato per vuy, vegniati fin qui da nuy per alcune cose havemo
conferire con vuy, perchè l’è pocha strata et ve expediremo presto. Et se sareti partito,
volemo andati presto et ve expediati con presteza de quello haveriti a fare con loro;
possa subito, senza dimora nè contradictione alcuna, vegnati via da nuy perchè ve
possiamo dire quello ve havemo a dire. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
538
Francesco Sforza fa sapere al luogotenente di Lodi che non gli pare più necessaria (come del
resto gli ha già comunicato con due lettere) la spesa dei retrovardi.pagati dalle comunità.
Quanto agli altri due, avuti a spese ducali, che ritengono sarebbe bene vendere salvandone,
però, le armature, il duca non ha difficoltà che facciano come credono, ma non ne spendano il
ricavato senza sua licenza. Con le persone che vengano da Crema e da Bergamo per acquisto
di vettovaglie si comportino con discrezione.
(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”.)
Locumtenenti Laude.
Respondendo ale vostre littere circha’l facto delli retrovardi pagati per Ie comunitate, Ii
quali non haviti anchora voluto fare licentiare per lo dubio a vuy posto per domino
Morello, dicemo, como per altre due ve havemo scritto, che a nuy non pare più
necessaria quella spexa e volemo la togliate via per alleviare el carico ali homini nostri.
Ala parte del’altre duy pagati a nostre spexe, Ie quale diciti, segondo el consilio a vuy
dato, seria meglio vendere e salvare Ie armature d'esse, dicemo che siamo contenti
che faciati como meglio ve pare non lassando spendere li dinari che se ne cavarà
senza nostra licentia. Ala parte delli homini e femine quali da Crema e Bergamo
vengono Iì per necessità del vivere e cazati dala fame, dicemo che questo se vole
intendere et regere con discretione. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
539
Si è scritto a Sagramoro Visconti,in risposta al fatto che quei di Urgnano, Calcinate e Brusaporto
hanno ricusato di ricevere le genti d’armi, di riprovare d’entrarvi, avendo il duca “opportune”
scritto a quegli uomini, che, a loro volta, manderanno due di ogni comunità dallo Sforza anche in
merito ai cavalli e ai fanti presi..
(1453) novembre 21, (“contra Urceas Novas”).
147v Die xxi novembris.
Scriptum fuit domino Segramoro Vicecomiti respondendo suis pro hominibus Urgnani,
Cologni, Calcinate et Bruxaporchi in facto gentium, quas recusaverunt acceptare, quod
de novo remittat in dictis locis dictas gentes, quia scribitur dictis hominibus opportune,
et ulterius et quod mittant duos ex hominibus dictarum terrarum, pro qualibet terra dicta,
ad dominium nostrum et etiam pro facto equorum illorum et peditum captivorum, et
cetera. Item scriptum fuit hominibus Urgnani et Cologni mirative quia recusaverunt
acceptare dictas gentes domini Segramori Vicecomitis mandando eis expresse quod
acceptare vellint illas gentes, quas prefatus dominus Sagramor sibi missurus erit et
quod mittant duos ex suis ad dominium predicta de causa.
In simili forma scriptum est hominibus Bruxaporchi et Calcinate.
Ser Alexander de Ubertariis.
Cichus.
540
Francesco Sforza, informato che a Crema non vi sono dieci libre di sale per cui a Bergamo si
sono caricati dei cavalli per condurre là detta merce, ordina al commissario di Geradadda di
accordarsi con Sagramoro Visconti e con Francesco Secco per vigilare un po’ per tutto il paese
per intercettare detti trasporti. Uguale cura il commissario deve avere per catturare i carichi di
bestie che da Crema portano biade a Bergamo.
Mandi l’allegata a Treviglio con la risposta di ritorno.
(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).
Comissario Glareabue.
Perchè siamo informati che dentro da Crema non è dece libre de sale et siamo advisati
che a Bergamo è stato caricato alcuni cavalli de sale per condure ad Crema, pertanto
volemo, intendendote con domino Sagramoro Vesconte et domino Francesco Secho,
provedi che de dì et de nocte se facia tale guardia per Ii passi et per lo paese, che dicte
bestie nè altre cose possano passare che non siano pigliate, advisandove che, se gli
usareti bona guardia et fareti bona guardia, facilmente ne captaranno in le mane et
faraene cosa molto grata, advisandote anchora che siamo advisati como a Crema sono
caricati molte bestie per condure biava ad Bergamo; sichè provedi, per quello modo
che te parerà, che te capitano in ogni modo queste bestie in mano, et questo vole
essere presto et senza perditione de tempo. Mandaray subito la aligata ali homini de
Trevilio et la respuosta vogli subito mandarnela. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
541
Francesco Sforza scrive al podestà, al comune e agli uomini di Castiglione di aver inteso che da
quel porto passa, senza licenza, “gente del campo...da pedi e da cavallo.” Ordina che non si
consenta tale passaggio se non con bollettino munito della corniola ducale e sottoscritta dal suo
cancelliere in conformità all’esemplare che trasmette. Avverte il podestà che, in caso di
trasgressione di questa disposizione, avrà una esemplare punizione.
In simile forma alle comunità di Maccastorna, Ripalta, al commissario e podestà di Cassano.
(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).
148r Potestati, comuni et hominibus Castiglioni.
Perchè intendemo molta gente del campo nostro da pedi et da cavallo passano suso
quello nostro porto et partonese senza nostra licentia et saputa, la quale cosa a nuy è
summamente molesta et grave, et ad ciò che da qui inanze tu sapii como governarte
circha Ie genti che vengono da campo per volere passare delIà da Adda, volemo, et per
la presente te comandiamo che tu non lassi passar gente alcuna nè da cavallo nè da
pede del campo, et sia et habia nome che se voglia, che vengono per passare ad
quello nostro porto se non porteranno uno boletino delli nostri, sigillato delIa nostra
corniola et suttoscripto dal canzellero, secundo che sta lo incluso boletino, quale te
mandiano per più to(a) chiareza ad ciò che tu non possi errare. Quelli che portarano el
nostro boletino de campo siamo contenti che li lassi pasare secundo se contenerà in
esso boletino et non altramente, avisandote che se sentiremo che ad quello porto passi
gente alcuna da cavallo o da pede che vegnano de campo per passare dellà da Adda
senza il dicto nostro buletino, te daremo et faremo tale punitione che sarà exempio ad li
altri che seranno inobedienti ali nostri commandamenti; sichè vogli obedire quanto
havemo dicto de sopra se ami el bene nostro et la gratia nostra. Data ut supra.
Et rescriveraene dela receptione dela presente.
In simili forma scriptum fuit comunitatibus Machasturne Ripalte, comissario et potestati
Cassani.
Zaninus.
Cichus.
542
Fraancesco Sforza ordina al podestà di Treviglio di catturare Francino, famiglio del suo uomo
d’arme Giacomo da Treviglio e di non rilasciarlo fino a quando non restituirà tutto quello che gli
ha portato via fuggendo da lui.
(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).
Potestati Trivilii, nostro dilecto.
Vene lì Iacomo da Trivigli, nostro homo d’arme, presente exhibitore, per casone di uno
suo famiglio giamato Francino de quella nostra terra, quale ali dì passati s’è fugito da
luy et portogli via la robba sua, como dal dicto Iacomo intenderay. Pertanto volemo
debbe fare destenire dicto Francino havuta questa, non lassandolo fino non habia
restituito e satisfacto la robba soa al dicto Iacobo; et provede sia subito spazato, che
possa retornare subito in campo. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
543
Francesco Sforza ripropone al luogotenente, al podestà e ai presidenti agli affari di Piacenza di
inserire nella quaterna degli addetti all’ufficio degli alloggiamenti dei cavalli Stefano Credazio,
purchè sia ritenuto “apto a quella cosa”
(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).
148v Locumtenenti, potestati ac deputatis presidentibus negotiis civitatis nostre
Placentie.
Intendemo nuy che per quella comunitate nostra de Placentia fi facta una electione de
quatro homini ad providere a quelle cose che occorrerano per lo facto delli lozamenti
delli cavalli. Siamo mosti recordarve Stefano Cradatio, citadino de quella nostra cità,
per la qualcosa ve confortiamo lo vogliate acceptare nel numero delli dicti quatro,
parendo a vuy che sia homo apto a quella cosa. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
544
Francesco Sforza comanda al suo cancelliere Teseo da Spoleto di non molestare, per dare
nelle loro case alloggio ai Francesi, le mogli di Niccolò da Tolentino e di Giapino, suoi uomini
d’arme che sono in campo.
(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).
Teseo de Spoleto, canzellero nostro.
A nuy non pare ragionevele nè honesto che, stando qui in campo, Nicolò da Tollentino
et Giapino, nostri homini d’arme, li siano molestati le case dove stano le sue moliere in
quella nostra cita. Sichè non le usare molestare, perchè quando non fossero logiate ce
bisognaria alozarle, e bene se potrano logiare le gente Franzose altrove. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
545
Francesco Sforza chiede a Giovanni de Cignolis da Caravaggio di consegnare ad Antonio
Seco, commissario di Geradadda, la lettera di familiarità che gli ha concessa per evitare a
Giovanni il tormento dei molti che ne vogliono una simile alla sua.
1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”.
Iohanni de Cignolis de Caravagio.
Perchè molti sonno venuti da nuy ad rechiederne lettera de fameliarità secundo
havemo concessa et facta ad te, et nuy malvoluntera gli concedemo simili lettere, per
tore via questoro da queste domande, et ad ciò che non habiano casone de darve più
tedio de tale cosa, volemo, havuta questa, tu debie dare et consignare la lettera nostra
de fameliarità, quale te havemo concessa, ad Antonio Secho, nostro comissario de
Giara d’Adda, al quale havemo scripto ne la debia inmediate remandare qui ad noy.
Data in castris nostris felicibus contra Urceas Novas, xxiii novembris 1453.
Zaninus.
Cichus.
546
Francesco Sforza comanda al commissario di Geradadda di trasmettergli subito la lettera di
familiarità che gli consegnerà Giovanni da Cignoli.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
Comissario nostro Glareabdue.
Scrivemo per l’alligata ad Iohanne da Cignoli de quella nostra terra che te debia dare et
consignare una lettera de familiaritate quale gli habiamo concessa; pertanto volemo gli
daghi dicta nostra lettera, et la lettera che luy te darà volemo ne la mandi qui ad noy per
uno deli nostri cavalari sonno lì immediate. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
547
Francesco Sforza scrive ad Antonio Sico, commissario di Geradadda, che apprezza il fattto di
aver posto a Mozzanica il compagno di Francesco Sico, tuttavia, siccome manda un ufficiale
che si curerà del sale, delle biade, del luogo e del Cremonese, vuole che non aggravi quei di
Mozzanica anche di quell’uomo d’arme.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
149r Antonio Sicho, comissario nostro Glareabdue.
Respondendo ad quello ne haveti scripto del compagno de domino Francesco, quale
haveti posto in Mozanica, dicemo ch’el respecto per lo quale gli l’haveti posto è stato
laudabile et bono; nondimeno, considerato che nuy gli mandaremo uno officiale, qual
haverà cura del sale et delle biade et quello loco e Cremonese, ne pare et volemo non
debbiati gravare essi da Mozanicha del dicto homo d’arme et removerlo da lì. Data ut
supra.
Irius.
Cichus.
548
Francesco Sforza scrive a Giovanni de Zerbis, referendario di Lodi, che intendendo liberare
Leonardo dell’Acqua, vuole che gli vengano pure liberati i suoi beni già incamerati.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
Egregio doctori domino Bonio Iohanni de Zerbis, dilecto referendario nostro Laude.
Intendendo nuy de far relaxare Leonardo dal’Acqua, siamo contenti et volemo che gli
faciate libere relaxare li beni, quali erano descripti ala Camera nostra, e revocare ogni
novitate quale gli fosse facta per cagione dela sua detentione. Data ut supra.
Cichus.
549
Francesco Sforza comanda al referendario di Piacenza di portarsi da lui entro il prossimo
sabato, informato della tassa del sale, vecchia e nuova, che spetta agli uomini di Castelnuovo
del capitano Giberto e della modifica di detta tassa effettua da Bartolomeo Trovamala.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
Referendario Placentie.
Volimo che subito havuta questa vegni qui da nuy, e fa’ che per ogni modo tu te retrovi
qui sabbato, che vene che sarà adì XXIIII del presente, e vene sii informato dela taxa del
sale vechia e nova, zoè del’anno passato et presente, che tocha ali homini nostri de
Castellonovo del magnifico Giberto, nostro capitaneo; e così vene anchora informato
della modificatione che altra volta fece Bartholomeo Trovamala della dicta taxa. Data ut
supra.
Cichus.
550
Francesco Sforza ordina al podestà, al capitano e al referendario di Piacenza di non
permettere che vengano prese dagli uomini di Calendasco disposizioni (pagamenti di
imbottature dei beni che hanno là e requisizione di certa loro roba e richiesta di pegni) a danno
di Romagnolo e Cristofano, compagni di suo fratello Corrado. Sia loro restituito il maltolto e
siano rimessi nello stato in cui erano precedentemente alle novità loro fatte.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
149v Potestati, capitaneo et referendario nostris Placentie.
Romagnolo e Christofano, compagni del magnifico Conrado, nostro fratello, se sonno
doluti cum nuy che per li homini de Calendasco vogliono essere astreti et artati a certi
pagamenti, maxime per casone de imbotature per certi loro beni che hanno in quello
paese e territorio; et che per dicta casone gli è tolta certa robba et pegni e facta novità
contra de loro e fora del consueto e usitato. Pertanto volemo che debbiati provedere
che contra delli dicti Romagnolo e Christoforo ne’ loro beni e cose non sia facta novità
alcuna né datoli molestia né impazo alcuno per dicta casone, et che ogni novità facta
per dicti da Calendascho contra de loro e pegni, et così tolte, le faciate restituire e
revocare e remettere in suo grado et stato, como erano de prima, perché non
intendemo che contra de loro sia per (a) modo alcuno innovata cosa del mondo, più
che sia stato facto per li tempi passati. Et questo fati, remota ogni exceptione e subito,
sichè non habiamo più affanno. Data ut supra.
Ser Alexander de Ubertariis.
Cichus.
(a) Segue cosa depennato.
551
Francesco Sforza informa Carolo da Cremona, ufficiale delle caccce, che assecondando le loro
richieste, ha concesso a Giacomo da Sena e a magistro Franzino di Piscari, di poter tagliare nei
loro boschi del Pavese della legna da ardere, ben vigilando che non tocchino legna da opera.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
Carulo de Cremona, officiali nostro caciarum.
Per compiacere a Iacomo da Sena et magistro Franzino di Piscarii, per parte delli quali
siamo stati pregati (a) gli vogliamo concedere licentia che posseno far tagliare neli suoi
bosch, quali hanno in Pavese fora del (b) nostro barcho, ligname da focho per suo uso;
tamen dicemo che siamo contenti gli presti pacientia che possano fare tagliare del dicto
legname per usare solamente al focho loro, advertando perhò che sotto questo non
fazano tagliare ligname da opera né altro ligname per lo qual venissero guasti li boschi.
Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
(a) pregati scritto su altra parola abrasa.
(b) fora del scritto su altra parola abrasa
552
Francesco Sforza comanda al podestà di Fiorenzuola di vietare che i massari di Bagnolo
dell’uomo d’arme ducale Antonio Farina siamo costretti a pagare lì il sale, quando già sono usi
pagarlo a Castelnuovo.
(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).
150r Potestati Florenzole.
Antonio Farina, nostro homo d’arme, ne fa lamenta che li suoy massari de Bagnolo
voleno essere astrecti a pagare el sale lì, quantumque per lo passato sempre l’habiano
pagato a Castelnovo. Et perché nostra intentione non è che gli sia innovato contra
l’usato, te comettiamo et volemo debii provedere che non gli sia innovata cosa alcuna
(a) del’usato. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
(a) segue cont depennato.
553
Francesco Sforza vuole che il luogotenente di Lodi liberi il padre e lo zio del famiglio ducale
Baboro, detenuti per una vertenza di armi che hanno con Iacomello da Napoli, che verrà
risarcito da detto Baboro.
1453 novembre 24, (“contra Urceas Novas”).
Locumtenenti Laude.
Siamo contenti e volemo che ala receputa de questa debiate relaxare el patre et il
barba de Baboro, nostro fameglio, sustenuti, como siamo informati, per la differentia ha
con sì Iacomello da Napoli per cagione del’arme. Et hoc perché ipso Baboro ha
prometuto far contento el prefato Iacomello, al quale diriti che subito venga qua in
campo, perché li faremo far contento dal dicto Baboro. Data ut supra, xxiiii novembris
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
554
Francesco Sforza ordina al referendario di Lodi di rendere, come gli scrivono i Maestri delle
entrate, giustizia con rito sommario nella vertenza che i dazieri lodigiani hanno con quelli di
Castione Lodigiano.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
Referendario nostro Laude.
Respondendo ale vostre lettere circha la lamenta fanno li dacieri de quella nostra cità
per quelli da Castione de Lodesana, acioché dicti dacierii non habiano cagione de
lamentarse degnamente, volemo e ve commettemo, cessante mò quelli respecti per le
quale ve scripsemo che dovesti soprasedere in la causa, che debbiate far ragione
summariamente expediendo la causa quo breviori tempore poteritis, como ve scriveno li
Maystri del’intrate nostre, ali quali, se havessevo facta noticia dele nostre lettere dela
cagione dela soprastanza, non ve haveriano scrito quanto ve scriveno. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
555
Francesco Sforza conferma a Raffaele de Pugnelis di Cremona di aver preso atto della
disponibilità di Pavia di donare 3000 lire per comprare 1000 some di frumento, comprese le 131
date nei giorni scorsi. Faccia di tutto per avere concretamente e subito il frumento, farlo
macinare e mandarne la farina a Cremona ai commissari ducali per la cottura del pane.
Lo informa di aver scritto a Bartolomeo da Correggio e a Gracino di portarsi personalmente dove
occorre per racimolare la maggior quantità di frumento, farlo macinare e inviarne la farina a
Cremona. Perchè si intenda la urgenza di pane in campo, li avverte che al presente importano
più 100 moggia, anzichè 300 fra 15 giorni.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
150v Raphaeli de Pugnelis de Cremona.
Restiamo advisati per una toa lettera della conclusione che ha facta quella nostra
comunità de Pavia de donare libre III mila per comprare some mille de fromento,
computate quelle some 131 ne hanno date ali dì passati; così havemo veduta la spexa
che n'hay mandata che va in dicto fromento. Del tuto restiamo advisati; ad che
respondendo te dicemo che noi volemo che de queste libre III mila, quale ne scrive te
darano de presente quella nostra comunità, ne debii comprare tanto fromento che
monti questi dinari, lo quale volemo facii inmediate macinare in farine, et esse farine
siano subite conducte ad Cremona et consignate alIi nostri comissarii sopra la fabrica
del pane; et in questo non gli perdere una hora de tempo, per quanto hay ad caro la
gratia nostra, advisandote che tute Ie altre cose non sonno da equiparare ala
importantia de questa. Et si may usasti diligentia et sollicitudine in alcuna cosa, vogli
usarla in questa, et non te lassare dare parole et menare ala longa et per al naso como
se fa alle buffale, perchè deve considerare como nuy stemo in campo; et fa’ et sollicita
in modo che para intendi el bisogno nostro et che habiamo casone un'altra volta
adoperarte in altre cose nostre, advisandote che nuy scrivemo ad domino Bartholomeo
da Coregia et ad domino Gracino che debiano personalmente andare dove bisogna per
recatare maiore quantità et summa de formento che sarà possibile, lo quale volemo sia
tuto macinato in farina et mandata poi de tracta ad Cremona. Et in questo non gli
perdere una hora de tempo, (a) perchè adesso ogne hora vale uno mese al facto
nostro; et sollicita ancora che se compona quelle altre (b) dece terre che ne hay
mandate in scripto, cavandone più formento potray et con bono et piacevole modo. Ma
sopra tuto quello se ha da fare se faza presto et senza perdictione alcuna de tempo,
perchè de presente ne vogliamo più presto 100 moza che de qui ad XV dì 300 moza.
Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) Segue et depennato.
(b) altre in interlinea.
556
Francesco Sforza fa presente a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia la massima
urgenza che si ha, in campo, di vettovaglie per poter tenere unito l’esercito. Ha l’impressione
che Raffaele Pugnello, mandato per trovare frumento, venga menato per le lunghe. Siccome
Raffaele gli ha scritto che si porta Oltrepo e in Lomellina, sollecita Gracino e il referendario di
montare immediatamente a cavallo alla ricerca di tanto frumento, farlo macinare e mandarne
subito la farina a Cremona ai commissari addetti alla preparazione del pane.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
151r Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.
Perchè al presente non havemo cosa che ne prema né che sia de equiparare de
importantia ad alcuna altra cosa quanto è il facto delle victualie, in le quale consiste
adesso tuto el facto nostro, et perchè senza victualie questo nostro exercito non se
potria mantenere unito et insieme, como è nostra intentione et la importantia del facto
nostro. Et havendo noy mandato là Raphaele Pugnello per recatare una notabile
summa de formento, ne pare sia menato molto alla longa et in modo che ne poressemo
morire de fame che stesse a sua speranza; et perchè dicto Raphaele ne ha scripto che
se resta ad componere alcune terre delIà da Po et in Lomellina, volemo subito, havuta
questa, debbiati montare ad cavallo et andare per tuto dove serà necessario et recatare
maiore quantità et summa de fromento serà possibile potere havere. II quale, como
fareti condurlo, vogliati tuto farlo macinare in farine et quelle, como se venerano
macinando, inmediate et senza perditione alcuna de tempo le fareti condure ad
Cremona; et che siano consignate ali nostri comissarii sopra la fabrica del pane. Et in
questo non gli perdere una hora de tempo, postponendo ogne altra cosa da canto,
perchè ogni hora importa adesso al facto nostro uno mese. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
557
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi di non molestare il fratello del suo cameriere
Franceso da Lampugnano con la richiesta di biada per cavalli, perchè quella poca ch’era rimasta
fu data ai Francesi quando alloggiarono lì.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
Locumtenenti nostro Laude.
Ne ha significato Francesco da Lampugnano, nostro camerero, che volite artare suo
fratello a casa ad cundure qua al nostro felice exercito una quantità de biava da cavalli,
ala quale non seria sufficiente, perchè non gli n’è : quella pocha, che gli era, fo
consumata per Ie gente Franzose, quaIi a questi dì passati se allogioreno lì. Per la qual
cosa non voleno che lo debbiati artare, sia gravare a quello che’l non possa fare, ma
solamente a mandare de quelle cose che’l pò. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
558
Francesco Sforza comanda al podestà di Piacenza di procedere legalmente contro gli uomini del
conte Onofrio Anguissola e lo stesso conte per aver sottratto al suo cavaliere il bandito.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
Potestati nostro Placentie.
Inteso quanto ne scriveti per el excesso comisso per el conte Honofrio Anghixola et li
suoi in tolere dale mane al vostro cavalero quello bandito, non potrissemo dire quanto
ne sia stato exoso tale acto inhonesto e pieno de mal exempio; et pertanto volimo che
debbiati procedere da ragione contra li culpevoli del’excesso, et così contra el conte
Honofrio, como contra qualunche altro colpevole, non guardando in fronte ad homo del
mondo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
559
Francesco Sforza vuole che il podestà, il capitano, il referendario e i deputati agli alloggiamenti
di Piacenza nonchè Teseo da Spoleto si attengano a quello che dirà il suo famiglio Gandolfo
da Bologna circa gli alloggiamenti di re Renato.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
151v Potestati, capitaneo referendarioque nostris deputatis super allogiamentis
equorum civitatis Placentie, necnon Theseo de Spoleto.
Mandiamo là il nobile Gandolfo da Bologna, nostro fameglio, per la ordinatione delli
allogiamenti dela mayestà del re Renato. Volemo aduncha che a luy, como a quello che
è informato delIa mente nostra, debbiate credere in la materia d'essi alozamenti quanto
faresti a nuy proprii. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
560
Francesco Sforza ordina al luogotenente di Lodi di lasciare liberamente rimpatriare Francesco
de Cademosti, mentre suo fratello Luigi è confinato a Milano.
Si è scritto a Gentile della Molara di portarsi subito dal duca.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
Locumtenenti nostro Laude.
Havemo conceduta licentia a Francesco de Cademosti de retornare a casa e repatriare
honestamente con l'altri nostri citadini; siché lassatilo stare liberamente senza
impedimento alcuno con questo, che Aluyse, suo fratello, observi le confine a Milano,
dove gli havemo deputate le confine. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
Scriptum fuit Gentili dela Molara quod veniat ad dominum, visis presentibus.
Iacobus.
Cichus.
561
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi di impegnare, d’accordo con il referendario, il
ricavato della vendita dei due retrovardi per la riedificazione della parte crollata del vecchio
palazzo ducale, tenendo buon conto di ogni spesa.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
Spectabili dilecto locumtenenti nostro Laude.
Segondo che per altre lettere nostre ve havemo scripto, così per questa ve repplicamo
che per lo recordo, qual ne haveti dato de vendere quelli nostri duy retrovardi, siamo
contenti che se vendino; et deli dinari che se ne cavarà volimo che con intelligentia del
referendario Iì se conferisca al spexa dela ratificatione de quelle parte del nostro palazo
vegio qual è cascata e ruynata, facendo tenere bono conto de quanto se spenderà.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
562
Francesco Sforza, espresso al referendario di Lodi il suo dispiacere per la rovina di una parte
del palazzo vecchio ducale, gli dice di destinare il ricavato dalla vendita dei due retrovardi alla
riedificazione di quanto è crollato.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
152r Referendario nostro Laude.
Inteso quanto ne scriveti dela ruyna d'una parte del nostro palazo vegio de quella cità,
ne è rencresciuto, ma ne piace del’ordine haviti posto per ratificarla; et perchè ne
scriveti che Iì non haveti el modo al dinaro, siamo contenti, e così scrivemo al nostro
locotenente lì, che deli dinari deIi retrovardi, quale se debeno vendere, se facia la
spesa dela dicta ratificatione. Siché intenderitene con luy, e faritine fare proinde ogni
scriptura opportuna. Data (ut supra).
Ser Iacobus.
Cichus.
563
Francesco Sforza risponde al condottiero Sagramoro Visconti, che gli ha denunciato il rifiuto di
quelli di Urgnano di accoglierlo, che il Colleone ha scritto a quella gente che la quota spettantele
di cavalli verrà ripartita tra Urgnanesi e Colognesi.
(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).
Domino Segramoro Vicecomiti, nostro armorum, et cetera.
Respondendo brevemente alIa vostra per la quale ne scriveti como quelli da Urgnano
non hanno voluto receptarve, ve dicemo che’l magnifico Bartolomeo Coglione, nostro
capitano, ne dice havere scripto là per modo che quelli da Urgnano et quelli da Cologno
venerano ad tuore la parte soa delIi cavalli vostri; siché ve caricamo attendati cum ogni
studio et diligentia ad mantenere Ia strata secura et vetare che Ii inimici non possano
fare damno alcuno. Et fate per modo ne faciati sentire bone novelle, como speramo
fareti. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
564
Francesco Sforza comanda a Raffaele de Pugnelis di non dare alcun fastidio ad Alberico
Maletta, consigliere del duca di Modena, per le biade delle sue proprietà lomellinesi che usa per
la sua famiglia e per la vendita per soddisfare i suoi creditori.
1453 novembre 25, “contra Urceas Novas”.
Raphaeli de Pugnelis.
El spectabile doctore domino Alberico Maleta, consigliero del’illustre signore duca de
Modena, n'ha scripto havere certa quantità de biave in Lomellina nasciute in Ie sue
possessione, quale voria per suo uso et delIa fameglia sua et per vendere, aciochè’l
possa satisfare a chi de’ havere da luy. Pertanto te dicemo che a luy né aIi suoy non
debii dare impazo alcuno de niuna quantitade de biava. Data contra Urceas Novas, xxv
novembris 1453.
Marcus.
Cichus.
565
Francesco Sforza loda il luogotenente di Lodi per l’inventario fatto dei beni dell’abbazia di
Cerreto. Si dice contento che si lasciano al fattore del defunto monsignore vino, strame e legna
che detiene, così come lui, duca, gli rilascia la parte spettantegli.
(1453 novembre 25, “contra Urceas Novas”).
152v Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto ne scriveti dela descriptione facta de
quelli beni et cose de quella abbatia de Cereto, di quali ce haveti mandato la copia; nel
che comendiamo asay la diligentia vostra, et così dicemo debbiati provedere che niuna
cosa passa in sinistro, excepto quello vino, strame et legna che diceti è remasto in
mano Iì del factore del reverendissimo quondam monsignore vicecancellero, al quale
siamo contenti, per quello ne scriveti in comendatione soa et della fede che'l ne porta,
che ge Ii lassati liberamente; et così nuy gli lo lassiamo, per quanto ad nuy specta, de
bona voglia. Data ut supra.
Christoforus de Cambiago.
Cichus.
566
Francesco Sforza comanda al lodigiano Paolo de Brachis di raggiungerlo, ovunque si trovi,
perchè intende dargli certi ordini prima della presa del suo ufficio.
1453 novembre 26, “apud Urceas Novas”.
Paulo de Brachis, civi Laudensi.
Perchè, como haveriti inteso, havemo havuta questa terra per la Dio gratia, volemo che
subito debiati venire da nuy, ita che omnino siati qui mercorì proximo a venire, che serà
a XXVlll del presente; et se pur non ne retrovasseno qui, venite là dove seremo inante
che intrate in l'officio, perchè ve volemo parlare e dare certi ordini, quali vorimo faciate
servare. Data apud Urceas Novas, xxvi novembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
567
Francesco Sforza fa sapere a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza,
che vuole che nessuno, francese o soldato sforzesco, alloggi nella casa del suo famiglio
Maticello.
(1453 novembre 26, “apud Urceas Novas”).
Benedicto de Curte, capitaneo ci(ta)delle nostre Placentie.
Volimo debii provedere et ordinare che in casa de Maticello, nostro fameglio, non sia
allozato persona alcuna, così de quelli delIa mayestà del Re, como delli nostri soldati.
Data ut supra.
Nicolaus.
Iohannes.
568
Francesco Sforza scrive al conte Bolognino di Sant’Angelo, castellano del castello di Pavia, che,
siccome deve rilasciare Giovanni de Montalto, può riprendersi nel castello i quattro suoi famigli
posti alla guardia del suddetto Giovanni.
1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”.
153r Magnifico militi domino Bolognino Sancti Angeli, comiti ac castellano arcis nostre
Papie.
A dì passati ve scripsemo che dovesti mettere ala guardia de Iohanni de Montaldo
quatro di vostri famegli, como ve diria Ranino da Binascho, famiglio de Andrea da
Birago. Hora siamo contenti e volemo che dicto Iohanne sia remesso in sua libertate et
possa andare dove Ii piace; siché voglati retrare Ii dicti vostri famigli et tenerli in castello
a modo usato, lassando dicto Iohanne in libertate sua senza altra exceptione. Data
apud Urceas Novas, xxvii novembris 1453.
Advena.
Cichus.
569
Francesco Sforza attesta a Donato da Milano la sua soddisfazione per quanto ha fatto per
Romanengo e gli dice che l’attende all’indomani. Revoca il salvacondotto ai frati di San
Bernardino di Crema, cui invierà la lettera allegata.
(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).
Donato de Mediolano.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrivi del borgo de Romanengo;
dicemo hay facto bene, ne restiamo avisati et non accade dire altro, se non che
domane te aspectiamo, como tu ne recordi per l'alligata. Revocamo el salvoconducto ali
frati de Sancto Bernardino de Crema per I'alligata nostra, la quale gli potray mandare.
Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
570
Francesco Sforza fa sapere ai religiosi dell’Ordine dell’Osservanza di San Bernardino presso
Crema che ritira loro il salvacondotto.
(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).
Venerabilibus religiosis dominis fratribus Ordinis Observantie minorum monasterii
Sancti Bernardini apud Cremam, nostris dilectis.
Per certi boni respecti ve avisamo como nuy, per tenore de questa, ve revocamo il
salvoconducto quale ve havemo concesso; per la qual cosa ve dicemo così che ala
recevuta de questa non vogliati usare più dicto salvoconducto, avisandone che,
passato el dì del contramando, non ve serà più observato. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
571
Francesco Sforza avverte il luogotenente di Lodi di aver scritto a Filippo d’Ancona di mandare lì
al Fiorentino alcune paia di buoi, che ha comprati per fornirsi di legna. Provveda di avere dal
provveditore di Crema salvacondotti per più carri che può per il trasporto di molta legna
(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).
Locumtenenti Laude.
Havendo nuy ordinato et scripto a Filippo d'Anchona che debba mandare Iì al
Fiorentino alcuni pari de bovi, quali havemo facto comprare per fornirce de legne,
volimo che provediate de havere uno salvoconducto dal proveditore de Crema per li
nostri carri da essere mandati per legne. Et a questo non perdite tempo, e tolitelo per
più carri che potriti, solicitando de continuo dicto Fiorentino a far fare bone ligne et
asay. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
572
Francesco Sforza risponde a donna Luchina dal Verme di non credere che il suo consigliere
Angelo Simonetta abbia convenuto con lei mille staia (di sale), perchè Angelo non avrebbe mai
fatto ciò a sua insaputa e con tanto pregiudizio delle entrate ducali, perchè, come anche ben sa,
il sale è il “nervo del (suo) stato”. Le riconferma che lui tratta le sue cose e quelle di Pietro con la
stessa cura che ha per le proprie. Sebbene sia vero che Roccafranca gli sia richiesta da molti,
l’assicura che, sistemato tutto, sarà favorevole alle ragioni di Pietro non meno che a quelle della
sua Camera. Quanto alla gente ducale che domanda le tasse nelle terre di donna Luchina, lei
non ha che da imporre che faccia il proprio dovere.
(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).
153v Magnifice domine Luchine de Verme.
Havemo recevuto vostre lettere, ale quale respondendo, et primo, ala parte che diceti
havere facto compositione in mille stara per lo mezo de Angelo Simoneta, nostro
consigliero, ne maravigliamo asay de questo e non trovariti che la sia così, perchè dicto
Angelo non l'haveria facto senza nostra saputa in tanto preiuditio delle intrate nostre. E,
como debbe sapere la vostra magnificentia, la più bella e meliore intrata e dela quale
melio se adiutamo è quella del sale e, turbandonela, seria uno butare in fasse el facto
nostro, che non credemo essere vostra intentione, perché el fato nostro è pur vostro
proprio. Siché ve confortiamo e anche pregamo che non ve voliati fare difficile a questo
facto del sale, che è proprio nervo del stato nostro. Ala parte che nuy habiamo dicto e
replicato non volere tractare mancho bene voy et il conte Pedro, dicemo che l'è vero, né
menore cura volimo delle cose vostre et del dicto conte Pedro che delle nostre proprie;
e così vederiti ali effecti. Quantum vero ala parte de Rocha Franca, dicemo che,
quamvisdio la ne sia domandata da (a) molti, pur como siamo firmati in qualche loco,
voluntera intenderemo le ragione che le ha el conte Pedro e non mancho gli seremo
favorevoli che serissemo ale ragione della Camera nostra propria. Ala parte delle
nostre gente, quale domandino le taxe in le vostre terre, ve confortiamo a farli fare el
dovere per tolerne tanto tedio a nuy et anche a voy. Data ut supra.
Ser Iacobus.
(a) Segue altri depennato.
573
Francesco Sforza informa il suo familiare Fiorentino da Firenze di aver ordinato a Filippo di
Ancona di mandargli sei od otto paia di buoi, che ha fatto comprare nel Novarese. Non appena il
luogotenente avrà ottenuto il salvacondotto per i carri per le legne, lui, Fiorentino, si darà da fare
per avere molta e buona legna da fuoco che poi riporrà nella stalla vecchia.
(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).
Florentino de Florentia, familiari nostro.
Havimo ordinato per vostre lettere a Filippo d'Anchona che te debia mandare lì a Lodi
VII overo VIII pari de bovi, quali havemo facto comprare in Novarese; pertanto volimo
che tu soliciti de haverli subito e presto, et havuti che l'haveray troverati con el nostro
locotenente Iì al quale scrivemo che circha de havere uno salvoconducto 154r per le
carre da mandare per legne; siché tu non perderay tempo in mandare ogni dì per legne
da focho tanto che ne habiamo una bona quantità, ma che siano bone; et le faray
reponere e salvare per nuy in la stalla vegia. Et in questo usa diligentia perchè te
mandemo li dicti bovi per così fare. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
574
Francesco Sforza risponde a Bartolomeo de Trovamalis dei Maestri delle entrate che gli ha
segnalata la pretesa dei dazieri di Piacenza di costringere i conducenti di vettovaglie in corte e
in campo al pagamento sostenendo che tutto si ferma a Cremona. Il duca chiarisce che tale
merce che si arresta a Cremona si ha modo di convertirla in uso del campo anche quando non
si ha modo di farla arrivare fin là. Non devono, perciò, i dazieri frapporre ostacoli, perchè
Cremona è “fondeghio delle victualie predicte” e lui vuole che “lì...ogniuno ne possa condure
delle victualie liberamente et senza pagamento alcuno”.
(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).
Bartholomeo de Trovamalis, ex Magistris intratarum nostrarum.
Perchè per una toa de dì 24 ne pare intendere che per li datierii de quella nostra cità de
Piasenza fi facta difficultade a quelli che conducano delle victualie per uso della corte
nostra et de questo nostro exercito cum volerli astringere a pagamento, dicendo che
dicte victualie Ie conducano et vendano dentro da Cremona, et cetera. Acioché intendi
sopra ciò la dechiaratione dela mente et voluntà nostra, te dicemo che, considerato li
conductori delle victualie molte volte non hanno el modo de condurle in campo et in
Cremona, non hanno el (a) tempo de stare a vendere dicte victualie ale gente nostre
del campo, ma considerato che, conducendose lì in Cremona poi se convertano in uso
del campo, che quando in Cremona non fossero delle dicte victualie, non se ne (b)
poderia havere per uso del campo, te dicemo che a nuy pare che per dicti datierii non
sia facta inhibitione né impedimento alcuno ali conductori delle victualie predicte; et se
dicti conductori non le conducessero in campo, ma in Crema, perchè intendemo che
Cremona sia fundeghio delle victualie predicte, etiam se dicti conductori non le
conducessero, et lì volemo che ogniuno ne possa condure delle victualie liberamente et
senza pagamento alcuno, intendendo, però, de quelle cose et victualie tantum che
verisimelmente se habiano convertire in uso del campo, et non altramente. Data ut
supra.
Bonifacius.
Cichus.
(a) Segue modo depennato.
(b) ne in interlinea.
575
Francesco Sforza scrive al condottiero Sagramoro Visconti e a Francesco de Sechis di prendere
visione di quel che scrive Gaspare de Sessa e di intendersi con lui, con il conestabile Cristoforo
da Cremona e con quanti altri si trovano là per dare una “rebufata” ai nemici di Crema.
1453 novembre 29, “apud Urceasnovas”.
154v Spectabilibus domino Segramoro Vicecomiti, armorum, et cetera, et Francesco de
Sechis, nostris dilectis.
Per la copia inclusa dela lettera de Gasparro de Sessa vederiti quello ne scrive; et
pertanto volemo debiati intenderve con esso Gasparro, Christoforo da Cremona, nostro
conestabile, et con quelli altri nostri sonno del canto dellà, et persforzarve de aptare
questa cosa per tale forma che se facia qualche cosa relevata et ne dagati una rebufata
ali inimici nostri lì de Crema. Et circha ciò ve confortiamo e carichamo Ii interponati ogni
vostra diligentia, cura et studio se amati el bene nostro. Data apud Urceas Novas, 29
novembre 1453.
Iacobus de Revoltella.
Iohannes.
576
Francesco Sforza comanda ad Antonio de Sichis di trasmettere, a qualsiasi ora la riceverà, la
presente missiva a Sagramoro e a Francesco Seco o a uno di loro.
(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).
Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.
Volimo ad ogni hora receveriti la presente, debiati per messo proprio mandarla dove se
retrovarà domino Segramoro e domino Francesco Secho, o uno di loro; et in questo
non sia fallo. Data ut supra.
Suprascriptus Iacobus.
Iohannes.
577
Francesco Sforza vuole che il podestà di Maledo faccia restituire all’uomo d’arme Bartolino,
compagno di Tiberto Brandolini, un cavallo che aveva lascito lì presso un suo amico e che gli è
stato sequestrato per un debito che quella comunità aveva per la sua quota delle guardie
dell’Adda.
1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”.
Potestati Maledi.
Ne ha significato in querella Bartholino, homo d’arme, compagno del magnifico domino
Tiberto che, havendo Iuy uno cavalIo apreso uno suo amico in quella terra per
mancamento e debito haveva questa comunità per la sua rata dele guardie d'Ada, gli è
stato sequestrato e menato via; et pertento volemo che debii astrengere essa comunità
ad rescotere el cavallo et restituirlo a dicto Bartholino. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
578
Francesco Sforza scrive a Giovanni de Iordanis, podestà, a Benedetto de Curte, capitano della
cittadella di Piacenza, di aver preso atto dell’ordine dato per gli alloggiamenti in città di re
Renato. Lascia al suo famiglio Gandolfo da Bologna di manifestare loro la volontà ducale per
una decorosa e onorevole accoglienza del re, cui consegneranno le chiavi della città, della
cittadella e del castello, cui daranno libero accesso.
(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).
155r Egregio doctori ac nobili dilectis nostris domino Iohanni de Iordanis, potestati, et
Benedicto de Curte, capitaneo citadelle civitatis nostre Placentie.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale restiamo advisati del’ordine haviti posto
ali alogiarnenti dela mayestà del Re in quella nostra cità con quello suo; ad che non
facemo altra respuosta perchè havemo poi mandato là Gandolfo da Bologna, nostro
fameglio, informato deIa mente nostra, col quale ve intendeti et provedeti ad tucto
quello sia necessario per recevere bene et honoratamente la prefata Mayestà et Ii
suoy, et per demonstrare ala Mayestà soa la grande affectione nostra verso essa.
Volemo che nel’intrare farà la Mayestà soa in quella nostra cita se presentino Ie giave
dela cità et delIa citadella et del castello, et che ad ogni peticione soa lassati intrare la
mayestà soa in la citadella et nel castello como parerà ad essa, non altramente como
se fossemo nuy proprii. Data ut supra.
Zanetus.
Franciscu Sfortia vicecomes manu propria subscripsit.
Cichus.
579
Francesco Sforza fa sapere a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia che Lorenzo
Isimbardi e Giacomo Scrovigno pretendono di avere entrate da Cairo. Il duca consente che essi
abbiano solamente una provvisione, come e dove a Gracino e al referendario parrà.
(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).
Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.
Perchè Laurenzo Isimbardo et Iacomo Scrovigno pretendeno dovere havere intrate del
loco de Cayro del contado de quella nostra cita, et l'uno et l'altro se lamenta che non gli
è resposto d'essa, et nuy non la prometesserno nè al'uno nè al'altro, ma gli
prometessemo certa provisione a caduno de loro, como sapeti, ve dicemo che nè l'uno
de loro volimo habia dicte intrate, ma gli respondiati ad caduno de loro la soa
provisione, como et dove ve parerà meglio; et in questo ve portareti talmente et gli
usareti tale parole al'uno et al'altro che tuti duy restino contenti et ben satisfacti. Data ut
supra.
Marchus.
Cichus.
580
Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto e il capitano del divieto di Piacenza si mettano
sulle tracce di Gabriele da Pavia e di Gatone dalla Vazola, famigli di Malacarne, caposquadra
dei fratelli Sanseverino, condottieri ducali. Presili, non devono rilasciarli se non a restituzione
avvenuta della roba rubata al Malacarne o dopo essersi accordati con lui o con un suo messo.
(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).
Theseo de Spoleto et capitaneo devetus Placentie.
L’è fugito da Malacarne, capo de squadra delli spectabili fratelli da Sanseverino, nostri
conducteri, duy suoy famigli giamato, l'uno Gabriel da Pavia et l'altro Gatone dalla
Vazola quali gli hanno portati via certa soa robba et sonno capitati lì in quella vostra
iurisdictione. 155v (a) Pertanto volemo che subito, recevuta questa, debiati retrovare
dicti famigli et gli fariti destenere non relaxandoli fina tanto non haveranno restituito la
roba de dicto Malacarne, overo che siano de accordio cum esso, overo con suo messo
portatore de questa. Data ut supra.
Nicolaus.
Iohannes.
(a) In inizio carta: die XXVIII novembris.
581
Francesco Sforza informa Paolo Amicono, capitano della Martesana, che manda lì i suoi uomini
d’arme Scaramuza dal Bastone e Menino da Bergamo per una certa pratica per la quale vuole
che egli dia loro ogni aiuto e favore.
(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).
Paulo Amicono, capitaneo Martexane.
Mandiamo là li strenui Scaramuza dal Bastone et Menino da Bergamo, nostri homini
d’arme, per exequire una certa pratica qual menano de impositione nostra. Pertanto
aciochè melio se mandi ad executione la facenda, volimo che tu gli daghi logiamento
più apresso a Brivio che si pò et, bisognandoli più una cosa che un'altra per la facenda,
darali ogni adiuto, consilio e favore possibile; e non manchi per quanto tu hay caro el
fato nostro. Data ut supra.
Iacobus.
Cichus.
582
Francesco Sforza avverte Rossino Piore, commissario di Ripalta, che manda lìGiovanni Caymo,
commissario a Pizzighettone, per vedere il legname e le ferramenta del ponte di Ripalta per
poter poi sistemare il ponte di Pizzighettone.
Gli presti ogni favore e aiuto per condurlo a Pizzighettone.
Si è scritto al podestà di Caravaggio per informarlo che può lasciare per otto giorni il suo ufficio
per portarsi a Milano.
1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”.
Rossino Piore, comissario nostro Rippalte.
Iohanni Caymo, nostro comissario in Pizghetone, manda Iì per vedere quello ligname et
ferramento del ponte de Ripalta per fare accontiare el ponte de Pizighetone. Pertanto
volimo che tu gli lo lassi vedere et dargli quello ch’el te domandarà, et cosi ogni aviso et
favore che te domandara per condurlo ad Pizghectone. Data apud Urceasnovas, ultimo
novembris 1453.
Persanctes.
Cichus.
Die primo decembris.
Scriptum fuit per litteras missivas potestati Caravagii quatenus dominus contentatur
quod possit recedere ab officio suo per dies octo pro eundo Mediolanum.
Bonifacius.
Cichus.
583
Francesco Sforza ordina a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, di
convocare Antonio da Niceli per cercare di convincerlo a versare allo squadrero ducale
Leonardo Scalino le oltre 400 lire di cui è debitore per la tassa dovutagli. Se perseverasse nella
sua renitenza, lo imprigioni e non lo liberi fino a che non avrà completamente soddisfatto il suo
creditore.
(1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”).
156r Benedicto de Curte, capitano citadelle Placentie.
Antonio da Nicelli è debitore de Leonardo ScaIino, squadrero nostro, de più de
quatrocento libre per casone delIa taxa soa, Ii quali non ha may possuto conseguire
perchè non vole comparere. Deliberando adunche non patire questa soa renitentia et
ch’el dicto Leonardo sia satisfacto, te cornettiamo et volemo che con qualche honesto
modo lo debii fare venire da ti, et che quando el sia venuto, lo destregni et non relaxi
fina tanto che l'habia satisfacto al dicto Leonardo de tuto quello debbe havere per casone delIa dicta taxa, senza exceptione et contradictione alcuna; et deIe sopradicte
cose toray informatione da Theseo, nostro canzelero. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
584
Francesco Sforza informa il podestà, il comune e gli uomini di Coffo che al suo famiglio
Giovanni Pietro da Cremona, trovandosi a Barbata, da un uomo da Cavisano “li fo sviato uno
suo ragazo”, che gli portò via denari e roba. Siccome il duca necessita di adoperare Giovanni
Pietro in alcuni suoi bisogni e non può indugiare in litigi legali, vuole che il podestà, intese ambo
le parti, amministri giustizia con rito sommario.
(1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”).
Potestati comuni et heminibus Coffi.
Ce ha facto querella Iohanne Petro da Cremona, nostro fameglio, che essendo a
Barbata, da uno de quelli homini da Cavisano, Ii fo sviato uno suo ragazo, quale le
portò via certi dinari et roba, et pare che al presente habita dicto homo a Coffo. Et
perchè havemo bisogno operare el dicto Iohanni Petro nelli nostri bisogni in modo non
(a) pò attendere a littigare, volemo, et così ve comandiamo, veduta la presente, debiati
intendere la ragione del'una parte et del'altra et fare ragione expedita et summaria per
modo che non sentiamo più querella alcuna; et questo non manche. Data ut supra.
Ser Dominicus.
Cichus.
(a) non ripetuto.
585
Francesco Sforza informa il referendario di Piacenza di aver rimesso (e ne sono avvisati i
Maestri delle entrate) la metà delle 500 lire che Antonio Conniale, incantatore, lo scorso anno,
del dazio del porto di Piacenza, deve alla Camera ducale.
(1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”).
Referendario nostro Placentie.
Intendendo nuy como Antonio Conniale, incantatore del datio del porto de quella nostra
cità dello anno passato, resta debitore delIa Camera nostra de libre cinquecento per
cagione del dicto datio, per usare liberalità verso luy per Ie cative condictione occorse
dicto anno, gli havemo facto gratia delIa mitade; unde volemo che per dicta mitade non
gli dagati impazo alcuno, como anche havemo scripto ali nostri Maestri del'intrate. Data
ut supra.
Zanetus.
Cichus.
586
Francesco Sforza avverte il capitano della cittadella di Piacenza che non intende ricevere altre
lamentele dagli ebrei per molestie ed estorsioni che vengono loro fatte dall’ufficiale delle bollette,
ma vuole che siano debitamente osservate le disposizioni dei capitoli loro concessi.
1453 novembre 27, “contra Urceasnovas”.
156v Capitano citadelle nostre Placentie.
Havemo recevuto gravissima querella del’officiale delle bolette de quella nostra cità dali
ebrei che habitano in essa cità perche gli fa tuta delle molestie, extorsione et iniurie
asay solo per trabutarli et torgli el suo contra ogni debito de iustitia et contra la
dispositione deli nostri Capituli a loro concessi; del che summamente ne rencresce. E
pertanto ve comettiamo et volemo che provediati opportunamente che per lo dicto
officiale nostro delle bolette, nè per altri sia facta quovismodo iniuria, molestia, nè cosa
alcuna indebita ali dicti ebrei, nè ad alcuno de loro contra la dispositione delli Capituli
loro, quali intendiamo che gli siano debitamente observati; sichè provediti in his che per
forma che de ciò non receviamo veruna digna querella. Data in castris nostris felicibus
contra Urceasnovas, xxvii novembris 1453.
Advena.
Cichus.
587
Francesco Sforza ricorda al podestà e agli uomini di Castell’Arquato che, quando ottenne il
dominio di quella terra, stabilì che venissero pagati l’ebreo Salomone e gli altri ai quali erano
state assegnate dai Brazzeschi le entrate di quell’anno. Alle recriminazioni di Salomone per non
essere stato pagato, il duca intimò a Bernabò da Pontremoli, allora podestà, di soddisfare
Salomone, ma con il risultato che egli è ancora creditore di una buona quota, che deve trovarsi
presso il tesoriere di allora o presso i dazieri. Il duca dispone che il podestà convochi quello e
questi e imponga a chi tocca di liquidare del tutto, con rapida procedura sommaria, il credito di
Salomone, in modo che egli possa dare al duca quella sovvenzione che gli ha richiesto.
1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).
Potestati et hominibus nostris Castri Arquati.
Altre volte quando obtenessemo el dominio de quella terra, aciochè Salamone, ebreo,
habitatore de quella terra e l'altri aIi quali erano assignati l'entrate de quello anno per li
Brazeschi fossemo pagati et satisfacti, concessemo a vuy, homini, esse intrate per lo
dicto anno; et exinde, lamentandose Salamono predicto ch'el non fideva pagato,
scrissemo ad Bernabò da Pontremolo, tunc nostro podestà lì, che facesse pagare
Salamone. Ora intendemo (a) dal dicto Salamone che de questo tal debito non è
anchora debitamente pagato, rna gli ne resta una bona parte ad riscotere d'essi dinari,
quali denno essere apresso vel ad lo thexaurero tunc d'essa terra, vel ad li dacierii,
secundo che luy plenius ve informarà. Per la qual cosa ve commettiamo et volemo
habiati da vuy li dicti thexaurero et dacieri et vedeti de intendere presso de chi sonno
essi dinari, quali 157r (b) resta ad havere Salamone, costringendo quelo haverà essi
dinari preso de sì a pagare interamente Salamone de tuto quello resta ad havere, ut
supra, senza alcuna difficultà et exceptione, sichè presto habia el debito suo, como è
nostra intentione, sì che'l possa satisfare ala subventione, quale gli havemo facta
rechiedere novamente, munstrandogli in questo, et in ogni altra cosa soa havesse
Salamone in essa terra ad agitare, ragione summaria et expeditissima, senza litigio
alcuno et cum ogni celerità possibile sì ch’el non habia iusta casone de lamentarsi,
como intendemo se facia Data in castris nostris felicibus apud Urceasnovas, xxvi
novembris 1453.
Advena.
Cichus.
(a) Segue che depennato.
(b) In inizio carta: primo decembris 1453; segue quali ripetuto.
588
Francesco Sforza informa Bolognino de Attendolis di avere “fornito quella terra” e di avere
mandato alcune squadre di cavalli e fanti a Romanengo per la sua conquista in modo che, ciò
avvenuto, di qua i nemici non avranno che Bergamo e Crema. Con il favore del tempo spera in
altri successi.
In simile forma scrive a donna Agnese Visconti e a Corrado da Fogliano.
(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).
Magnifico domino Bolognino de Attendolis.
Per continuare l'aviso delli successi nostri, ve notificamo che havemo fornito questa
terra et havemo mandate alcune squadre de cavalli et fanti a Romanengo per tolire
quella terra, quale speramo obtenere in breve, da poi non se tenerà de qua altro che
Bergamo et Crema per li inimici nostri et, havuta la terra de Romanengo et adiutandone
el tempo, andarimo in loco dove speramo farve sentire (a) novelle meliore ogni di. Data
ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit magnifice domine Agneti Vicecomiti et magnifico Conrado
de Foliano.
(a) Segue bone depennato.
589
Francesco Sforza in parziale adesione a quanto richiesto dai cittadini di Lodi, fa sapere al locale
luogotenente che se le cose procederanno, come “votivamente” vanno, è d’accordo che si
tolgano delle guardie “de bastione”, purchè si sorvegli sempre accuratamente il revellino.
Si possono ridurre quelle del borgo e anche quelle della piazza, ma si badi bene di non
sguarnire del tutto di guardie il borgo. Lo assicura di tenere sempre in considerazione Paolo
Braco per la sua sufficienza. Circa la carenza di sale denunciatagli da quel fante di Crema e
delle vie praticate da Bergamo per fornire i Cremaschi, gli fa presente che parlerebbe volentieri
con quel fante, ma lo avverte di curare nel frattempo che, nè da Pandino, nè da Milano nè
d’altrove filtri in Crema un granello di sale. Non è del parere che si proceda a condanne contro
chi è restio a fornire vettovaglie, si usino solo modi intimidatori e cerchi di mandare una persona
capace da luoigo a luogo a sollecitare la fornitura di vettovaglie e constati chi può e chi non può
dare: ciò vale in particolare per quelli di Maleo che gli hanno assicurato che in quella terra non si
troverebbe di che riempire neppur quattro sacchi: se così fosse, li si lasci in pace.
(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).
Locumtenenti Laude.
Respondendo a più vostre lettere, et primo, ala parte delle guardie, quali domandino
quelli nostri citadinii se toliano via et moderano per manco loro graveza, dicemo ohe a
nuy pare, procedendo le cose nostre votivamente como fanno per la Dio gratia, che se
possano tolere via quelle de bastione, purchè sopratuto se guardi bene el revelino; et a
questo metiti ogni vostra cura et diligentia. Quelle del borgo et anche delIa piaza, se
pono etiamdio moderare per più aleviazione delli nostri citadinii, ma non ne pare bene
che quelle 157v del borgo se toliano via in tuto ch’el non ce ne sia alcune, et circha
questa moderatione ve portariti con quella discretione ve parerà. Ala parte de Paulo
Bracho, quale ne laudate de virtute et sufficientia et fede, nuy l'havemo così, et sempre
l'haveremo per recomandato. Quantum vero ala parte de quello fante da Crema, quale
dice dela carestia del sale in Crema e delIa via fanno quelli che la conducano da
Bergamo, restialmo avisati e ce studiaremo farle bone provisione; et venendo qua
quello fante, gli parleremo volu(n)tera. Ma caricamo voy quanto più possemo ad haverli
tale diligentia e cura per la iurisditione vostra che, nè da Pandino, nè da Milano, nè
d'altrove ge ne vada uno minimo granello. Quanto ala parte de quelli che sonno
retrogradi et inhobedienti a mandare victualie in campo, segundo li comandamenti a
loro facti, a nuy non pare, nè volimo che procedati ala condemnatione, ma ben volemo
che gli mettiati pagura, monstrando volerli omnino condemnare, et mandate uno delli
vostri sufficiente de terra in terra a solicitare che mandino le victualie e che veda quelli
ne hanno et che non hanno. Et questo dicemo perchè quelli da Maleo hanno mandato
qua da nuy a sconzurare e protestare che in quella terra non se ne trovaria quatro sachi
in tuto. Sichè se informarà el vostro, che anderà, de questo et, trovando così essere,
como loro ne hanno mandato a significare, non gli lassate dare altra graveza. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
590
Francesco Sforza risponde al referendario di Lodi che attribuisce il diminuito introito dei dazi
rispetto all’anno precedente al fatto che le due o tre compagnie si sono unificate per avere
“meliore conditione in preiuditio della Camera” ducale e anche all’atteggiamento dei dazieri che,
divenuti più difficili, allegano la vertenza che hanno avuto con il conestabile di Porta Pavese. Il
duca suggerisce che all’evenienza di simili casi si mandi a Milano, Pavia, Piacenza e altrove alla
ricerca di altri incantatori. Comunque, vuole che ora si attenga a quanto ordineranno i Maestri
delle entrate e per la vertenza con il conestabile raccomanda che sia fatta ragione e “sia servato
el dato del datio”, procurando che la cosa si aggiusti “per compositione” con buona pace di
dazieri e anche con non gran danno per il conestabile.
(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).
Referendario Laude.
Respondendo ale vostre lettere circha'l facto delli dacii, Ii quali non giungeno al signo
che giunse l'anno passato, e questo procede perchè altre fiate erano due o tre
compagnie, e mò sonno acordati et tengono tuti insieme per haverne meliore conditione
in preiuditio dela Camera 158r nostra, et anche Ii datieri se fanno difficili, perchè gli
pare non siano favoriti segondo el lor dato, alegando Ia differentia hanno havuto col
conestabile de Porta Pavese, dicemo ch’el nostro parere seria che, quando intervene
simili casi, se mandasse a Milano, Pavia, Piasenza et altre nostre cità, a domandare
altri incantatori. Nondimeno procederiti segondo che ve ordinaranno Ii nostri Maestri
del'intrate; e, quanto ala differentia del conestabile de Porta Pavese, nostra intentione
ch’el se fatia ragione et sia servato el dato del datio, et così direti ali datierii questa
nostra intentione. Ma bene seremo contenti che vediati de adaptare la cosa con bono
modo et acordarla per compositione ita che li datierii non habbiano cagione lamentarse
et lo povero conestabile non venga haverne gran danno, como saperiti ben fare per
vostra prudentia. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
591
Francesco Sforza fa presente a Raffaele Pugnello che non gli abbisognano liste, ma frumento e,
perciò, vuole che impegni il suo tempo con ser Antonio alla ricerca di frumento, farlo macinare e
mandarlo a Cremona.
(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).
Raphaeli Pugnello.
Havemo recevuto Ie toe lettere cum alcune liste incluse dela ragione del fromento, ale
quale brevemente dicemo respondendo; dicimo che non havemo bisogno de liste, ma
de formento. Sichè trovate cum domino ser Antonio e tuto quello tempo che perdeti in
far liste, spendetelo in recatare formento e farlo macinare e mandare a Cremona senza
parole, perchè el nostro bisogno rechiede facti; et facendolo, fareti cosa che più ne
piacerà che veruna altra cosa. Data ut supra.
Iacobus.
Cichus.
592
Francesco Sforza richiede al conte Antonio de Crivelis di “spazare” prontamente Andrea de
Cingoli, perchè ne ha bisogno.
(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).
Comite Antonio de Crivelis.
Havemo recevuto le vostre lettere, ale quali non accade altra respuosta, se non che ve
confortiamo et stringemo quanto più possemo che vogliati spazare ser Andrea de
Cinguli senza perdimento de tempo, perch’el bisogno nostro el rechiede. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
593
Francesco Sforza ordina a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, di far
avere, con rito sommario, al condottiero Bartolomeo Quartieri quanto gli è dovuto da Tato, già
suo compagno.
1453 dicembre 2, (“apud Urceasnovas”).
158v Benedicto de Curte, capitaneo cittadelle Placentie.
El strenuo cavaliere et nostro conductero, miser Bartholomeo dali Quarteri, ne dice
essere creditore d’uno chiamato Rato, habitatore di quella nostra cità, che già fue suo
compagno, di certe cose et quantità de dinari, como intendereti da suo mandato.
Pertanto volemo che li debbiati ministrare, o a luy o qualunque suo mandato, ragione
summaria et expedita per modo che l’habbi et consequisca el debito suo dicto miser
Bartholomeo da dicto Ratto senza litigio. Data ut supra, die secundo decembris 1453.
Iohannes. (a)
(a) Segue Cichus depennato.
594
Francesco Sforza comanda a Bartolomeo Trovamala di non pretendere dai massari della Villa e
del luogo di Vigolo Marchese di don Giovanni, cappellano ducale, più del dovuto per la tassa del
sale e dell’imbottato del fieno. Ciò avvenne perchè, per più dì, alcuni di Castell’Arquato s’erano,
per le loro gravezze, portati nella detta Villa Revera, ma ritornarono poi a Castell’Arquato.
(1453 dicembre 2, “apud Urceasnovas”).
Bartholomeo Trovamale ex Magistris intratarum.
Die suprascripto.
El venerabile nostro capellano don Iohanne s’è doluto con nuy che voliti molestare et
molestati li soy massari della villa et luogho de Viguli de Marchesii, pertinente alla sua
prepositura, per casone dela taxa sua del salle et anche per certo imbotato de feno,
zoè che li gravati et voliti gravare ad più somma et quantità che non poria, né può
portare la sua facultate et extimo dele boche che sono in la dicta Villa Revera, et questo
socto pretesto et colore de alcuni da Castelarquà, che, più dì, per le gravezze loro
s‘erano riducti in la dicta Villa, et che poy sono ritornati pur ad abitare ad Castelarquà
da che havemo concesso via in dicto luoco. Pertanto volemo che voy debiati in ciò
havere tale et cossì bona advertentia che dicti massari et homini del dicto luogho non
siano gravati fuora del dovere, et a quello che non possa portare la loro facultà et
possibilità segondo el numero de bocche che gli sonno, per modo che con ragione non
se possa lamentare. Data ut supra.
595
Francesco Sforza ringrazia il podestà di Fontanelle per le informazioni dategli su quanto avviene
a Crema. Provveda che a Crema non entrino vettovagli di nessun tipo.
(1453 dicembre 2, “apud Urceasnovas”).
Potestati Fontanelle.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale restiamo avisati deli modi se tengono in
Crema, et cetera; del che te comendiamo confortandote a fare el simile, accadendo
cosa digna de adviso et habii diligentia (a) tua possanza che in Crema non vada
victualie de alcuna manera. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
596
Francesco Sforza comunica a Marco de Attendolis che il suo uomo d’arme Aguzo si è lamentato
per essere costretto, “contra la ragione e consueto”, a pagare l’imbottato dello scorso anno. Il
duca ripete a Marco quanto già gli scrisse, e cioè che se Aguzzo non pagò per il passato, deve
ordinare che il simile avvenga ora e in futuro;
se invece ha pagato, gli si faccia giustizia in modo che non abbia da lagnarsi.
1453 (dicembre 2, “apud Urceasnovas”).
159r Marcho de Attendolis.
Se è adgravato con noi el strenuo fante Aguzo, nostro homo d’arme, che contra la
ragione e consueto voria essere artato a pagare le imbotade del’anno passato e che
per questo gli è facta novitade alla cosa, rechedendone proinde ad farli revocare la
novitade et ordinare che non sia gravato a questo contra el solito; per la qualcosa,
como per altre nostre ricordiamo havere scripto, cussì per queste te replicamo che,
trovando tu lui non havere pagato per lo passato, debbi ordinare che per lo presente et
per lo advenire non sia adgravato a pagare, et se gli revochi ogni novitade; et trovando
che habbia pagato per lo passato, facciase ragione ita che nulli reliquatur iuste querele
causa. Ex castris nostris felicibus apud Urceasnovas 1453.
Iacobus.
Cichus.
597
Francesco Sforza vuole che il suo familiare Iuliano de Pisiis restituisca ad Andrea da Mandria da
Cignolo una giornea, uno zuparello e l’altra roba che gli ha sottratto. Ciò fatto, si porti dal duca.
(1453 dicembre 2, “apud Urceasnovas”).
Iuliano de Pisiis, familiari nostro.
Andrea da Mandria da Cignolo ce ha facta querella che, in questi dì proximi, li ha robato
zornea una, zuparello uno et altra sua robba, del che, essendo così, ce maravegliamo
considerato tu abiti lì. Ma sia como se voglia, nostra intentione non è de comportare né
a ti, né ad altri lo inconveniente et cose mal facte, como he questa. Pertanto volemo et
così te comandiamo, veduta la presente, servi modo de restituire la dicta roba; et
questo non mancha, per quanto tu hay ad caro la gratia nostra. Deinde te comandiamo
debii venire qua da nuy. Data ut supra.
Ser Dominichus.
Iohannes.
598
Francesco Sforza scrive , anche per compiacere suo fratello Alessandro, a Stefano de Folpertis,
vicario generale, di soprassedere dal fare un nuovo sindacato a Domenico da Pesaro, podestà
di Castell’Arquato, dopo averne già avuto uno e non essere ancora stato rimesso nel suo ufficio.
(1453 dicembre 2, “apud Urceasnovas”).
Domino Stefano de Folpertis, vicario generali nostro.
Havemo inteso como novamente vuy siti venuto per sindicare iterum Dominico da
Pesaro, nostro podestate ad Castelarquato; et perché a nuy pare onesto che, essendo
già luy una volta stato posto al sindicato, che esso debia prima essere posto a officio
suo et poi porà essere facto il sindicato suo, et anche per respecto che nuy de presente
havemo aleviato quella terra como haveti inteso, volemo che per el presente debiati
soprasedere 159v (a) et non procedere altramente al dicto sindicato. Il che facimo per li
respecti soprascripti et anche per compiacere al magnifico Alexandro, nostro fratello,
quale ce ne ha pregato. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
(a) A inizio carta: iii decembris.
599
Francesco Sforza informa il referendario di Lodi che Daniele de Amicolis, debitore della Camera
ducale di una certa somma “per cagione de datio”, gli ha chiesto un rinvio del pagamento per
almeno tutto il corrente mese. Il duca glielo consente, purchè nessuno abbia di che gravarsi.
(1453 dicembre 3, “apud Urceasnovas”).
Referendario nostro Laude.
Havendone facto rechiedere domino Daniele de Amicolis de quella cità che, essendo
luy debitore delIa nostra Camera de certa quantità de dinari per cagione de datio, gli
vogliamo far fare sofrenza almancho per tuto questo mese; et desiderosi de compiacerli
senza iniuria d'alcuno, siamo contenti che vediati adaptare la cosa in modo ch’el gli
venga ad essere satifacto, non derogando ala ragione d'altri, talmente che se habiano
ad gravare, et l'haveremo gratissimo. Data ut supra.
Iacobus.
Cichus.
600
Francesco Sforza consente al luogotenente di Lodi di togliere i coppi della casetta del giardino
verso l’Adda per ricoprire la parte del palazzo vecchio caduta in rovina.
(1453 dicembre 3, “apud Urceasnovas”).
Locumtenenti Laude.
Inteso quanto ne scriveti del tollire Ii cuppi de quella caseta del zardino verso Adda per
recoprire quella parte del palazo vegio, qual era ruynata, dicemo essere contenti che
faciati el parere vostro, purché se fatia presto; et così faciti. Data ut supra.
Iacobus.
Cichus.
601
Francesco Sforza comanda al luogotenente di Lodi di indurre al pagamento della tassa dovuta i
debitori del famiglio d’arme ducale Matteo Schiavo.
(1453 dicembre 3, “apud Urceasnovas”).
Locumtenenti nostro Laude.
El strenuo Matheo Schiavo, nostro famiglio d'arme, ne dice che anche el resta lì devere
havere d'alcuni homini certi dinari per casone delle taxe passate, como dice vuy ne siti
informato; per la qualcosa vi comettiamo et volemo che provediati de farglili dare et
pagare senza exceptione alcuna dicti dinari, cognoscendo vuy che dicti homini siano
habili ad poterIi pagare. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
602
Francesco Sforza ordina ad Antonio de Sichis di alloggiare in quella parte di Geradadda presso i
fratelli Sanseverino a Pandino, Rivolta e Vailate. In queste due ultime località si metteranno
cento cavalli vivi, mentre “lo resto della compagnia” andrà a Pandino, i sottoelencati condottieri :
Colella da Napoli con tutti i suoi a Treviglio, Antonello dal Borgo e Angelello da Lavello a
Caravaggio e Brignano. Procuri che tutti questi luoghi li accettino dando loro sistemazione,
strame e legna.
(1453 dicembre 3, “apud Urceasnovas”).
160r Antonio de Sichis.
Nuy havemo ordinato che in quelle parte de Giaradada allogino Ii infrascripti nostri
conducteri presso li spectabili fratelli da San Severino in Pandino, Rivolta et Vaylà, ma
che solamente in queste doe terre mettano cento cavalli vivi per terra et lo resto dela
compagnia loro mettano in Pandino: Colella da Napoli con tuti Ii suoy in Trivilio,
Antonello dal Borgo et Angelello da Lavello in Caravagio et Brignano, compartendoli
per rata, como parirà ad ti, li quali tucti se adviarano domatina. Il perchè volemo debbi
ordinare subito a tucte queste terre li debbiano acceptare et providerli de stantie e
strame et legne, secundo Ii ordini ducali, havendo advertentia de comandare et
ordinare queste cose con bona discretione. Data ut supra.
Iohannes.
603
Francesco Sforza ordina al suo familiare Bartolomeo de Riveriis di alloggiare con discreta
ripatizione e dopo averne accertato il numero dei cavalli vivi, il condottiero Sagramoro da Parma
con tutti i suoi a Como, Antignago, Fontanella e Barbata, cui spetterà di fornire, oltre alla
sistemazione, strame e masserizie grosse .
1453 dicembre 4, “apud Urceasnovas”.
Bartholomeo de Riveriis, familiari nostro.
Volemo che, havuta questa, tu vadi ad allogiare Segramoro da Parma, nostro
conductero, con tuti Ii suoy ad Como, Antignago, Fontanella et Barbata, compartendoli
in dicti lochi, che ogniuno ne habia la parte soa, ordinando che gli provedino de stantie,
strame et massaritie grosse, secundo lo usato, havendo bona informatione prima delli
cavalli vivi ha dicto Sagramoro. Data apud Urceasnovas, iiii decembris 1453.
Zanetus.
Cichus.
604
Francesco Sforza vuole che il podestà di Fiorenzuola, allorchè il fiorenzuolano don Giovanni,
confinato a Pavia, sarà giunto lì, lo lasci, per compiacere il Colleoni, libero di fare i fatti suoi.
Eguale grazia ha concesso ad Alberto, fratello del reverendo.
(1453 dicembre 4, “apud Urceasnovas”).
Potestati Florenzole. (a)
Ad contemplatione del magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo dilectissimo,
havemo concesso licentia ad don Iohanne de quella nostra terra, confinato ad Pavia
che possa tornare ad repatriare et stare in quella nostra terra. Pertanto volemo et
comandiamote che, quando dicto don Iohanne venerà lì, il debii libere lassare stare et
repatriare et che faza Ii facti suoy, como el faceva inanze ch’el fosse pigl(i)ato, perchè
per questa volta gli habiamo perdonato, et lo simile havemo facto gratia ad Alberto,
fratello del dicto don Iohanne, che retorni ad casa repatriare insieme con lo dicto don
Iohanne. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) Potestati Florenzole scritto su Officiali bulectarum civitatis nostre Papie depennato.
605
Francesco Sforza informa l’ufficiale delle bollette della città di Pavia che, per compiacere
Bartolomeo Colleoni, consente a don Giovanni da Fiorenzuola di ritornare nel suo borgo, libero
di muoversi a suo piacere. Eguale grazia concede pure al di lui fratello Alberto.
(1453 dicembre 4, “apud Urceasnovas”).
160v Officiali buletarum civitatis nostre Papie.
Ad contemplatione del magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo dilectissimo,
siamo contenti che don Iohanne da Fiorenzola, quale è lì in quella nostra cità religato,
retorni ad repatriare alIa dicta terra de Fiorenzola et faze Ii facti suoy liberamente; et
così volemo, havuta questa, il debie licentiare et lassarlo andare ad suo piacere dove Ii
parerà, perchè gli havemo facta gratia libera, admonendolo che de qui indreto attenda
ad far bene et vivere bene, como degono vivere Ii suoi pari, et che non se impaze de
quello che non gli toche. Et siamo ancora contenti et volemo che tu licentie Alberto,
fratello del dicto don Iohanne, che retorne ad repatriare ad casa sua ad Fiorenzola, al
quale havemo facto gratia ad contemplatione del prefato magnifico Bartholomeo
Coglione. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
606
Francesco Sforza vuole che il commissario di Geradadda disponga delle moglie e dei figli (che
si trovano a Caravaggio) dei fratelli, Luigi e Antonio Spagnolo, fuggiti dal Colleoni, come da detto
condottiero, o da un suo messo, gli verrà indicato.
1453 dicembre 4, (“apud Urceasnovas”).
Commissario Glaree Abdua.
Ne ha significato el magnifico Bartolameo Colione, nostro capitaneo d'arme, che altre
volte se fugireno da luy Aluysi et Antonio Spagnolo, fratelli, quali hano in quella nostra
terra da Caravazo le moliere et figlioli, richiedendone proinde che provediamo ala sua
indemnitate. Et volendo aquiesere ala sua honesta petitione, volemo et te commettimo
che ad instantia et requisitione d'esso magnifico Bartholameo, o de qualunche suo
messo, debbi fare et disponere dele moliere et fioli quanto luy te ordinarà. Data ut
supra, die iiii dicembris 1453.
Iohannes.
607
Francesco Sforza impone a Pietro de Raymundis, tesoriere di Castell’Arquato di decidersi, come
più volte richiestogli, a soddisfare entro due giorni gli uomini di Gottolengo. Se entro detto
termine non li accontenterà, gli comanda di portarsi da lui.
Se non ottempererà a ciò, gli farà quanto il caso richiederà.
(1453 dicembre 4, “apud Urceasnovas”).
161r Petro de Raymundis, thesaurario nostro Castri Arquatis.
Como tu say per più nostre lettere te è stato scripto che tu volesse fare che questi nostri
homini de Gottolengo fossero satisfacti del credito loro, et pare che siano stati menati
como Ii puti; de che te dicemo che tu vogli fare che fra termine de doy dì siano spazati
et satisfacti del dovere suo, como per altre è stato scripto. Et in quanto (a) non siano fra
doy dì spazati da poy el recevimento de questa, volemo et comandiamote che
inmediate, da poi forniti li doy dì, debii venire da nuy; et in caso che non li satisfazi et
che non venghi, faremo quanto ne parerà sia et recirchi lo debito et rasonevele. Data ut
supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) Segue non siano fra duy dì satisfacti et spazati del dovere suo como per altre è
stato scripto ripetuto.
608
Francesco Sforza vuole che il commissario di Geradadda catturi, e non rilasci senza sua licenza,
il Turco, famiglio di Giacometto da Vailate, sia che si trovi, come detto, a Caravaggio che altrove.
(1453 dicembre 4, “apud Urceasnovas”).
Commissario nostro Glareabdue.
Per certa casone havemo voglia de havere nele mane el Turcho, famiglio de Iacometo
da Vaylà, quale intendemo se trova dentro da Caravazo. Per la qual cosa te
comandiamo et volemo che subito, recevuta questa, tu sforzi intendere se’l fosse lì o
altroe et, per tuto dove luy fosse, volemo che tu lo fazi prendere et destenire
personalmente; et non lo relaxaray senza nostra licentia speciale, avisandone poi
subito delIa retentione soa. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
609
Francesco Sforza comanda al referendario di Piacenza di dare al condottiero Pietro Giovanni da
Camerino, sistemato a Piacenza, con biada, strame, legna e vino per uso suo e della sua
famiglia la stessa quantità accordata agli altri famigli e soldati ducali.
(1453 dicembre 4, “apud Urceasnovas”).
Referendario nostro Placentie.
El strenuo Petro Zohanne da Camerino, nostro conductero, ne ha dicto che l’ha messo
dentro da Piasenza et intendi metergli da qui inanze per uso suo et dela famiglia sua,
certa quantità de biava, strame, legne et vino. Pertanto volemo che per quello gli ha
messo et che gli farà mettere per uso suo tanto et dela fameglia soa sia tractato in
quello modo et forma che sonno li altri nostri famegli et soldati, che hanno la soa
fameglia in quella cità. Data ut supra.
Persanctes.
Cichus.
610
Francesco Sforza ordina al comune e agli uomini di Castione di restituire all’uomo d’arme
ducale Bartolino da Lodi il cavallo, sottrattogli lì nella casa di suo fratello a compenso del credito
vantato dalla comunità di Maleo per le guardie dell’Adda.
Se qualcuno ha qualcosa da rivendicare, si porti dal podestà di Maleo, che gli farà ragione.
1453 dicembre 5, “apud Urceasnovas”.
161v Communi et hominibus Castioni.
Sentimo che, già più e più dì passati, per certo debito, quale se diceva havere la
comunità de Maleo per cagione delle guardie d'Ada fo tolto uno cavallo a Bartholino da
Lodi, nostro homo d’arme, qual l'haveva Iì in casa d'uno suo fratello o parte; e quello
cavallo fo conducto lì, et ancora gli è. Et pertanto non ne parendo ragionevele che'l
nostro homo d’arme debbia essere obligato per la comunità de Maleo, volemo e
comandiamo che, subito ala receputa de questa, debbiati far restituire el cavallo a dicto
Bartholino o a qualunque suo messo; et pretendendose alcuno agravato de questo
vada al potestà de Maleo, al qual havemo ordinato gli fatia ragione. Et questo non
mancha per quanto haveti cara la gratia nostra. Data apud Urceasnovas, v
decembris1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
611
Francesco Sforza scrive al referendario di Piacenza che, non intendendo (per non porre un
precedente per altri) concedere al suo uomo d’arme Marco della Croce la richiesta esenzione
dall’imbottato per sè e i suoi fittabili, gli accorda di non pagare oltre sette lire.
1453 dicembre 1, “apud Urceasnovas”.
Referendario nostro Placentie.
Domandandone Marcho dela Croce, nostro homo d’arme, exemptione per luy et suoi
fictabili dale imbotature, non n'è parso fargila per non dare la via ali altri; ma siamo stati
contenti perchè non monta la rata soa più cha livre sette, sive libre vii. Volemo et
dicemove che per quest'anno tanto gli fazi dare dicte livre sette, overo farglile bone in
dicte imbotature. Data in castris nostris felicibus apud Urceasnovas, primo decembris
1453.
Filippus.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.
Cichus.
612
Francesco Sforza comanda al capitano della Lomellina di indurre Giacomo da Landriano,
abitante a San Nazzaro, a restituire allo squadrero ducale conte Giovanni Alboneso il fermaglio
datogli in deposito per l’acquisto di un cavallo, poi, come convenuto, restituitogli.
(1453 dicembre 1, “apud Urceasnovas”).
162r Capitaneo nostro Lumelline.
A dì quatro del passato, a rechiesta del conte Zohanne Alboneso, nostro squadrero, te
scripsemo che dovessi astrenzere Iacomo da Landriano, habitatore de San Nazaro, a
restituirli uno fermaglio, quale gli haveva dato in deposto per uno cavallo, quale voleva
comprare da luy, et poi li ha restituito, segondo Ii pacti et conventione havute tra loro. Et
intendiamo, per querella sua, che non l'hay facto; de che maravigliandone, te
comettiamo et volemo che, intesa la cosa, debii astrenzere lo dicto Iacomo a restituire
esso fermaglio secundo le conventione havute tra loro, facendo per modo che non ne
habiamo più querella, et spazando presto el suo messo quale vene Iì per questa
casone. Data ut supra.
Irius.
Iohannes.
613
Francesco Sforza vuole che Gaspare de Suessa restituisca al conte Urso il famiglio genovese
chiamato Lazzaro, che se n’è fuggito con delle cose del suo patrono e si è rifugiato da lui. Ciò
faccia anche in considerazione che il conte Urso è ai servizi di suo fratello Alessandro.
(1453 dicembre 1, “apud Urceasnovas”).
Gasparri de Suessa.
E' stato da nuy el conte Urso, figliolo dela bona memoria, et ne ha dicto che altra volta
fugì da luy, siando nuy ad campo ad Vigievano, uno suo fameglio, giamato Lazaro,
Zenoese, con alcune soe cose, et senza andare in altre parte nè in Ii altri luochi è
venuto ad stare con te. Pertanto te confortamo et caricamo che, considerato esso conte
Urso è ali servicii del magnifico nostro fratello domino Alexandro, tu vogle fare verso luy
como voresti che esso domino Alexandro facesse verso ti quando fosti in simile caso,
como è esso; et questo ad nuy sarà carissimo. Data ut supra.
Persanctes.
Cichus.
614
Francesco Sforza comanda al podestà, ai consoli, al comune e agli uomini di Trivoli di dare al
suo famiglio Becarino, che manda lì, sistemazione e strame per lui e il suo cavallo.
(1453 dicembre 1, “apud Urceasnovas”).
Potestati, consulibus, communi et hominibus terre nostre Trivoli.
Mandiamo ad alozare Iì Becharino, nostro fameglio; pertanto volemo che Ii debiati dare
stantia et strame per luy et Ii suoi cavalli, como se fanno ali altri nostri famegli. Et
questo non manchi. Data ut supra.
Filippus.
Cichus.
615
Francesco Sforza vuole che il castellano di San Colombano prenda i tre uomini (due di lì e il
terzo di Burgeto (Borghetto) famigli dell’uomo d’arme delle lance spezzate Perusino, fuggiti con
della sua roba e non li rilasci fino a completa soddisfazione del loro patrono.
(1453) dicembre 5, (“apud Urceasnovas”).
162v Castellano Sancti Columbani.
AI strenuo Perusino, nostro homo d’arme delle lanze spezate, sonno fugiti tre famiglii
suoy, deIi quali duy sonno dela terra de San Columbano et l'altro è del loco del Burgeto
del districto tuo, quali gli hanno portato certa soa roba, como da luy o suo messo
intenderay. Per la qual cosa te comandiamo et volemo che, subito recevuta questa,
debii astrenzere dicti famegli personalmente, non relaxandoli finchè non habiano
satisfacto et contentato dicto Perusino de tuto ciò che luy debbe havere; et circha ciò
non gli usaray negligentia né tardità alcuna. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
All’inizio carta: v decembris.
616
Francesco Sforza comanda al condottiero Colella da Napoli di mandare, come gli dirà il famiglio
ducale Gaspare Santo, tra lui e i fratelli Sanseverino 25 o 30 corazze e alcuni saccomanni,
a seconda che chiederanno il conte Giovanni da Balbiano e Simone Arigone,
impegnati nella presa della rocca di Baydo.
In simile forma si è scritto ai condottieri Francesco, Americo e Bernabò Sanseverino.
(1453 dicembre 5, “apud Urceasnovas”).
Colelle de Neapoli, armorum et cetera.
Havendo nuy facto pigliare la impresa delIa rocha de Baydo et fatola stringere in modo
che speramo, facendo quanto se pò fare, de obtenirla presto, volemo, et te comettemo
che, ad instantia et requisitione del conte Zohanne da Balbiano et Simone Arigone,
quali hanno comissione da nuy circha la dicta impresa, tra ti et Ii fratelli da San
Severino, ali quali etiamdio scrivemo, mandati 25 o 30 coraze et qualchi saccomani a
pede, como te dirà Gasparro Sancto, nostro famiglio, presente portatore, informato dela
mente nostra circha ciò, et a luy crederà como ad nuy proprii. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit magnificis ac strenuis viris Francisco, Hamerico et
Bernabovi fratribus de Santo Severino, armorum, et cetera.
Ser Iacobus.
Cichus.
617
Francesco Sforza fa notare al cancelliere Teseo da Spoleto che là sono arrivati con re Renato
alcuni uomini d’armi e, fra gli altri Giovanni Robino, che tenterà di alloggiare fuori.
Teseo deve curare che, nè Robino nè altri si sistemino fuori senza lettera ducale. A chiunque, re
Renato compreso, egli dirà che devono arrivare là degli altri; e,se anche non giungessero degli
altri nostri, ricordi che gli uomini sono sempre tenuti a pagare le tasse.
(1453 dicembre 5, “apud Urceasnovas”).
163r Nobili canzellero Theseo de Spoleto.
Là ultra con la mayestà del re Renato sonno venuti alcuni homini d’arme, et fra li altri gli
è venuto Iohanne Robino; et perchè credemo che esso Iohanne, se poterà, farà prova
andare ad allogiare de fuora, volemo che honestamente tu provedi che nè luy nè altri
non siano allogiati de fuora tanto, como havemo dicto, senza nostra lettera, et che
vadano ad allogiare dentro. Et casu che la prefata mayestà, o altro in suo nome, te ne
dicesse più una cosa che un'altra, responderay che là hanno ad venire delli altri et che
Ii homini non poriano alogiare l'uno et l'altri, et questa tale respuosta gli diray
humanamente; et quando bene gli altri nostri non gli venesseno, bisogna che Ii homini
pagino le taxe. Data ut supra.
Persanctes.
Iohannes.
618
Francesco Sforza fa presente a Donna Luchina dal Verme che, contrariamente al suo parere,
vuole che l’ebreo Angelo e gli altri suoi correligionari vadano a Piacenza e si intendano con gli
ebrei Bonomo e Israel. La sollecita a non impicciarsi nel suo fatto e lasci che facciano come
fanno gli altri ebrei in conformità all’accordo avuto con loro.
(1453 dicembre 5, “apud Urceasnovas”).
(a) Magnifice domine Luchine de Verme.
Havemo recevuto vostra lettera et inteso quanto ne scrive circha'l facto de Angelo
ebreo et quelli altri suoi ebrei, quali la magnificentia vostra dice che non gli pare che
debbiano andare ad Piasenza, como sonno da nuy rechiesti, et cetera. Dicemo che la
magnificentia vostra voglia fare per ogni modo che vadino, recevuta questa, ad
Piasenza, dove se habbiano intendere con Bonomo et Israel, ebrei Iì in Piasenza, como
sonno remasti d’acordio con Ii altri ebrei delIa provincia nostra de Lombardia; et non
voglia la magnificentia vostra interturbare el facto nostro, et voglia che fazino quello che
fanno Ii altri ebrei, et maxime como havemo dicto, siando rimasto d’acordio con li altri
de volere fare quello fanno Ii altri, chè, non venendo loro, disturbariano el facto nostro,
quaIe semo certi che voresti più tosto acconciare che guastare. Et questo non vole
manchare, che como havemo dicto saria uno guastare el facto nostro, et ala
magnificentia vostra non saria utile alcuno, nì anche gli fa preiuditio alcuno. Data ut
supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) Precede Evangeliste Savelli depennato.
619
Francesco Sforza, volendo provvedere alla indennità spettante al suo cancelliere e segretario
Abramo Ardizi, fittavolo della possessione ducale di Vigevano, interviene, a richiesta di Abramo,
per ovviare alla, non solo negligenza, ma anche renitenza nei pagamenti di parecchi suoi
affittuari, disponendo che tutti i competenti ufficiali vegevanesi, povvedano in ogni modo, in
conformità degli statuti, che Abramo celermente consegua tutto quanto è realmente a lui dovuto.
1453 dicembre 5, “apud Urceasnovas”.
163v Dux Mediolani et cetera, i(n)demnitati providere volentes egregii viri Abrae de
Arditiis dilecti cancellarii et secretarii nostri ac fictabilis in possessione nostra Viglevani,
exponentes nobis quod plurimos sibi esse debitores occasione ficti, qui sibi ad
solvendum negligentes non modo, imo renitentes fuerint (a), maxime quia de rimedio
sibi provideri supplicavit opportuno quo ab ipsis debitoribus suum debitum consequi
valeat, mandamus, presentium tenore, omnibus et singulis officialibus terre predicte
nostre Viglevani et ad quos spectat quatenus ad omnem (b) ipsius Abrae, vel nuncii sui
requisicionem et instantiam contra omnes et singulos eius veros debitores ius
summarium faciant et expeditum sine strepitu, et cetera. Etiam si de vero credito
constiterit eos debitores cogant et compellant per omnia iuris remedia et
quemadmodum terre ipsius statuta disponunt ad dandum et solvendum, quod dare ipsa
ficti occasione debuerint omni prorsus exceptione et condictione remota. Et ita demum
faciant quod suum cum integritate consequatur presentibus, etiam si infra mensem non
presententur, mensibus sex firmiter valituris; quas in premissorum, et cetera. Data apud
Urceasnovas, v decembris 1453.
Bonifacius.
Cichus.
(a) In A fuint senza segno abbreviativo.
(b) In A omnem scritto per esteso e con segno abbreviativo.
620
Francesco Sforza comanda al conte Bolognino de Attendolis, castellano del castello di Pavia, di
liberare la moglie e i figli del condottiero Colella da Napoli.
(1453) dicembre 6, (“apud Urceasnovas”).
Comiti Bollognino de Attendolis, castellano castri Papie.
Volemo che, recevuta questa, debiati liberare et relaxare liberamente la femina et li puti
del spectabile Colella da Napoli, nostro conductero. E non manchi. Data ut supra, die vi
decembris.
FranciscuSfortia manu propria subscripsit.
Cichus.
621
Francesco Sforza ordina al podestà di Fontanella che, a richiesta del cremasco, espulso dalla
sua città, Cristoforo Poyano faccia avere con rito sommario quanto debitamente pretende dai
locali fratelli Sozo e Zogno.
1453 dicembre 6.
164r Potestati Fontanelle, nostro dilecto.
El nobile Christoforo Poyano, citadino e cazato de Crema, presente portatore, ne ha
exposto dovere havere da Sozo et da Zogno, fratelli de quella terra, certa quantità de
dinari e altre cose, como da luy o da suo messo saray più largamente informato, dalli
quali fratelli pare non habia possuto né possa conseguire el debito suo. Pertanto
volemo che a ogne sua rechiesta, o de qualunque suo mandato lì, debii ministrare
ragione summaria et expedita, veduta la verità del facto, et sine strepitu et figura iudicii,
contra deli dicti Sozo et Zogno fratelli, per modo ch'esso Christoforo consequisca el
debito suo senza littigio et dilatione. Data vi decembris 1453.
Ser Alexander.
Cichus.
622
Francesco Sforza esprime al luogotenente di Lodi la sua sorpresa per la mancata esecuzione
dell’ordine datogli di abbattere il ponte di Rivolta. Gli impone di intendersi con il commissario di
Cassano e di dargli ogni aiuto di uomini e di quant’altro è necessario per rovinare detto ponte.
1453 dicembre 5, “apud Urceasnovas”
Locumtenenti Laude.
Credevamo fosse dato principio al levare via il ponte nostro da Rivolta, quando
novamente (a) siamo avisati vuy anche non havergli mandato persona alcuna nè fatogli
provisione, como seti stato de nostro ordine rechiesto, de che molto ne maravigliamo.
Pertanto ve comettiamo che, intend(end)ovi col commissario nostro de Cassano, gli dati
ogni adiuto et favori de homini et de tuto quello sia necessario per guastare dicto ponte,
non usando in ciò negligentia veruna. Data apud Urceasnovas, v decembris 1453.
(a) novamente ripetuto.
623
Francesco Sforza scrive ad Andrea Dandolo, provveditore di Crema che del caso di Bernardo si
è grandemente rattristato. Non potendo accontentarlo in tutto per il salvacondotto, gli manda il
salvacondotto allegato, valido per una parte di quanto richiesto.
1453 dicembre 6, (“apud Urceasnovas”).
Domino Andree Dandolo, provisori Creme.
Non bisognia, ad respondendo ad la lettera dela vostra magnificentia, che essa ne
regratia de quella gle havemo scripto, perchè invero di maior cosa voressemo
compiacervi; et del caso de Bernardo tanto n’è doluto quanto dire se potesse. Et perchè
non ce pare con honestade, stando Ie cose como stanno essere, de concedere il
salvoconducto che rechiedeti, pur acioché la domanda vostra non torna invano, ve
havemo compiaciuto d’una parte et ve mandiamo per essa parte lo salvoconducto qui
alligato; et se altro podemo per vostra magnificentia lo faremo de bona voglia. Data ut
supra, vi decembris 1453.
624
Francesco Sforza informa gli armigeri della squadra di Sagramoro Visconti che devono portarsi
a Brusaporto, dove ha stabilito il loro alloggiamento, ammonendoli che Castelleone è stato
destinato ad altri e li avverte che se si fossero attenuti agli ordini non sarebbe successo quel
che è accaduto. Sappiano poi, che per la guerra nel Bergamasco saranno con il Colleoni.
Nel medesimo giorno si è scritto a Francesco de Cademustis di portarsi dal duca ed egualmento
si è fatto sapere al luogotenente di Lodi di sollecitare l’andata di Francesco dallo Sforza.
(1453 dicembre 6, “apud Urceasnovas”).
164v Strenuis armigeris de squadra Segramori Vicecomiti.
Havemo recevuto Ie vostre lettere, ale quale respondendo breviter ve dicemo nostra
intentione essere che vuy andiate a Bruxaporcho dove havemo deputato el vostro
alogiamento; et se vuy havessevo servato quanto (a) havevamo ordinato, non gle seria
intervenuto quello gli è; pur de novo se gli potrà reconzare e stare lì; siché andate Iì,
perchè havemo provisto ad altri deli logiamenti de Castelione, avisandove che nostra
intentione è, como havemo ordinato al dicto domino Segramoro, che intendemo siati
cum domino Segramoro ala impresa e su la guerra de Bergamasca con el magnifico
Bartholomeo Coglione. E questa è la nostra intentione, quale volimo sia observata.
Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) quanto ripetuto.
Die suprascripto.
Scriptum fuit Francisco de Cademustis quatenus veniat ad dominum.
Ser Iacobus.
Cichus.
Similiter scriptum fuit locumtenenti Laude quatenus solicitet suprascriptum Franciscum
quod subito veniat ad dominum.
Ser Iacobus.
Cichus.
625
Francesco Sforza ordina a Giacomo Palmerio di mandare subito a Cremona dallo spenditore
ducale Antonio, il padiglione che fu di Luigino Bosso e che gli prestò nei giorni scorsi.
(1453 dicembre 6, “apud Urceasnovas”).
Iacobo Palmerio.
Nuy havemo de bisogno al presente de quello nostro paviglone fo de domino Aluysino
Bosso, quale te imprestassemo ali dì passati; pertanto provedi che subito sia mandato
ad Cremona et consignato ad Antonio canzellero nostro expenditore; et in questo non
intervenga fallo alcuno per cosa del mondo. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
626
Francesco Sforza vuole che Francesco de Georgiis, commissario sopra gli alloggiamenti
della Campagna di Pavia, assegni a suo fratello Corrado uno spazio lì per quaranta cavalli
dando solo strame e coperto.
(1453 dicembre 6, “apud Urceasnovas”).
165r Francesco de Georgiis, comissario nostro super allogiamentis Campanee.
Per adiutare el magnifico Conrado, nostro fratello, in lo suo presente bisogno, siamo
contenti et volemo che tu li assegni et faci dare allozamento in la campagnia de Pavia
per cavalli quaranta, ali quali non volemo che sia dato altro che strame et coperto. Data
ut supra.
Persanctes.
Cichus.
Dupplicata die xiii decembris 1453.
627
Francesco Sforza risponde a Nicola de Campanea, podestà di Lovere, apprezzando il suo
divieto di consentire vettoglie ai nemici. In merito alle entrate non ha che intendersi con
Giovanni di Pietrasanta, a ciò deputato, e prossimo a venire lì per provvedere opportunamente.
Non intende innovare alcunchè degli accordi presi per il suo salario, per cui, se vuol rimanere, ci
stia, altrimenti lo avvisi , perchè ne manderà un altro. Lasci passare liberamente quelli della Val
Seriana.
(1453 dicembre 6, “apud Urceasnovas”).
Nicolao de Campanea, potestati Loveri.
Inteso quanto per toe lettere ne hai scripto, te respondemo, primo, ala parte del'ordine
hay posto che le victualie non vadano al’inimici, che hay facto bene, et così sforzate
operrare per ogni via possibile che non gli ne sia conducto miga; alla parte del’intrate
dicemo che te debii intendere con Iohanne de Petrasancta, quale havemo deputato
sopra questo et venerà lì per provedere a quanto sarà expediente. Del facto del tuo
salario, dicemo che non gle vogliamo innovare cosa alcuna contra li capituli gli havemo
concessi; se gli voy stare, el poi fare; se’l non, avisane che gli mandaremo un altro
apresso. Volemo che quelli de Valle Seriana lassi passare liberamente, finché
haveremo ordinato el facto loro, et ti scriveremo altro. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
628
Francesco Sforza scrive al suo familiare Cristoforo Gaytano che deve venir via dove sono gli altri
famigli ducali.
(1453 dicembre 6, “apud Urceasnovas”).
Christoforo Gaytano, farniliari nostro.
Havemo recevuto le toe lettere et inteso quanto per esse ne scrive; non te respondemo
altro se non che subito te ne debii venire via dove sonno l'altri nostri famiglii. Et a
questo non fa’ exceptione né tardanza alcuna. Data ut supra.
Marcus.
Cichus.
629
Francesco Sforza scrive al luogotenente di Lodi che per accontentare Giacomello da Napoli
deve chiamare presso di lui gli uomini di Morgnana, Valera Vecchia e Valera Nuova e trattenerli
fino a quando non avranno sodisfatto detto Giacomello, sia per le armi che per le spese. Non
vuole, invece, che venga scocciato il padre di Baboro.
1453 dicembre 7, “apud Varolas Alghixas”.
165v Locuntenenti nostro Laude.
Per satisfactione de Iacomello da Napoli volemo, e ve comettemo che subito, ala
receputa de questa, debiati havere a voy delli homini delli luogi de Morgnana, Valera
Vegia et Valera Nova, non gli lassando partire da vuy fin a tanto non habbiano
satisfacto a dicto Iacomello, così per l'arme como etiam per le spexe; et questo non
manchi. Quantum vero al facto del patre de Baboro, non volimo ch’el gli sia dato
impazo, perchè così sonno convenute Ie parte. Ex castris nostris apud Varolas
Alghixias, vii decembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
630
Francesco Sforza dice al podestà di Fiorenzuola di apprezzare il sequestro fatto all’osteria di un
mulo e di tre cavalli portati lì dai due saccomanni che dicono essere con il fratello di Colella da
Napoli. Sloggiatili dall’osteria li metterà in un altro posto provvedendoli di fieno, a carico dei
locali, e di biada a spese del duca.Le bestie le terrà lì fino a nuovo ordine e se gli sarà detto di
rendere le bestie senza menzionare la spesa, porrà la biada a carico di colui cui le restituirà
1453 dicembre 7, “apud Varolas Alghixas”).
Potestati Florenzole.
Per la toa de dì iii del presente havemo inteso quanto tu ne scrive delli cavalli tre et uno
mulo hay facto sequestrare sopra l'hostaria, quali quelIi duy saccomani, che, dicemo, si
asc(ri)vano con lo fratello de Colella da Napoli hanno menato in quella terra; ala quale
respondendo, dicemo hay facto bene et te ne commendiamo, li quali volemo subito, ala
receputa de questa, fazi levare dala dicta hostaria et metterli in altro locho e faray provedere de feno et biava in modo che stiano bene, la quale biada pagaremo nuy. Ma il
feno te lo faray dare dali homini de quella terra como meglio te parirà, et dicti cavali et
mulo teneray lì finché te avisaremo per nostre lettere de quanto ne haveray ad fare; et
si nuy te scrivessemo che tu devesti rendere dicti cavali et mulo, et che non facessemo
mentione della spexa, intendemo che quello al quale li restitueray paga (a) omnino dicta biava. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
(a) In A pagano con no depennato.
631
Francesco Sforza ordina al luogotenente e al castellano di Lodi che, siccome dalle lettere di
Pietro appare che il detenuto Rizardo dalla Chiesa non viene incriminato di alcun reato,
lo lascino libero di andare per i fatti suoi.
1453 dicembre 8, “apud Gabionetam”.
166r Locumtenenti et castellano nostris Laude.
Perchè per lettere de vuy, domino Petro, siamo avisati che in Rizardo dala Chiesa, lì
sostenuto, non se trova defecto alcuno de quello era inculpato, siamo contenti et
volemo che, recevuta questa, liberamente lo debbiati relaxare et andare per li facti
suoy. Et acciò crediati questo sia de nostra mente, havemo soctoscripta la presente de
nostra propria mano. Data apud Gabionetam, viii decembris 1453.
Iohannes Antonius.
Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.
Iohannes.
632
Francesco Sforza scrive al referendario di Piacenza di aver risposto, per non porre un principio,
negativamente alla richiesta del suo uomo d’arme Marco della Croce di esenzione dall’imbottato
per lui e per i suoi fittavoli. Siccome tale sua imposta non va oltre le sette lire,
vuole che gliela faccia dare solo per quest’anno o gliela risparmi.
1453 dicembre 1, “apud Urceasnovas”.
Referendario nostro Placentie.
Domandandone Marcho della Croce, nostro homo d’arme, exemptione per luy et suoy
fictabili dale imbotature, non è parso farglile per non dare la via ali altri, ma siamo stati
contenti perchè luy dice che non monta la rata soa più che sette livre, sive livre vii;
volemo et dicemove che, per questo anno tanto, gli fazi dare dicte livre sette overo
farglile bone in dicte imbotature. Data apud Urceasnovas, primo decembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
633
Francesco Sforza vuole che il luogotenente di Lodi, accertato che il massaro dell’abbazia di
Cerreto è stato preso pur essendo, come gli ha scritto Ettore, fattore di detta abbazia, nei due dì
del contramando, scriva a Gaspare da Suessa di liberarlo.
1453 dicembre 10, “apud Marchariam”.
Locumtenenti nostro Laude.
Havendo nuy inteso per lettere de Hectore, factore de l'Abbatia da Cereto, che quelli de
Gasparo da Sesso hanno preso uno massaro dela dicta Abbatia contra el debito,
perchè era in li duy dì del contrabando, gli habiamo scripto che, trovandose, per la
informatione pigliariti sopra ciò, ch'el sia preso in li duy dì del contrabando, che lo debbi
relaxare senza altra replicatione de nostre littere liberamente. Et pertanto volemo che
habiate la dicta informatione et, segondo quella, avisariti dicto Gasparro che lo debba,
aut absolvere e liberare aut rescotere, se pure se trovasse esser preso legitimamente e
non in li dì del contramando. Data in castris nostris apud Marchariam, x decembris
1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
634
Francesco Sforza informa Gaspare da Suessa di aver scritto al luogotenente di Lodi di
assicurarsi se veramente il massaro dell’abbazia di Cerreto è stato preso dai suoi(Gaspare)
uomini pur essendo nei due giorni di contramando e, in questo caso, vuole che venga senz’altro
liberato.
1453dicembre 10, “apud Marchariam”).
166v Gasparri de Suessa.
Havemo havuto informatione che li tuoy hanno preso uno massaro del’abbatia de
Cereto e manche che legiptimamente, perché dicono che l’hanno preso in li duy dì del
contramando; la qual cosa seria contro el devere et contra el tenore del nostro
salvoconducto, che non volemo comportare. Et pertanto volemo che, veduto e bene
inteso per lo nostro locotenente de Lodi ch’el sia preso in li duy dì del contramando,
como è dicto, sia relaxato liberamente, omni prorsus exceptione remota; et in questo
non aspectare altre nostre lettere. Data ut supra.
Ser Iacobus.
635
Francesco Sforza vuole che il podestà di San Colombano faccia ritornare da Schiaveto, uomo
d’arme ducale, il suo famiglio che è fuggito lì, oppure che gli faccia restituire quanto s’è portato
via.
(1453 dicembre 10, “apud Marchariam”).
Potestati Sancti Columbani.
Schiaveto, nostro homo d’arme, ne ha dicto che da luy se è fugito uno suo fameglio et
(è) venuto là con certa soa roba. Pertanto volemo che tu lo fazi retornare da luy, overo
gli fazi restituire dicta soa roba. Data ut supra.
Persanctes.
Cichus.
636
Francesco Sforza comanda al podestà di Sale di procedere contro quelli del luogo che hanno
disobbedito alle crida che imponevano loro di far ritorno dal Monferrato e di informare di quanto
avrà fatto ai Maestri delle entrate straordinarie.
(1453 dicembre 10, “apud Marchariam”).
Potestati Salarum.
Intendiamo che per li locotenenti nostri de Alexandria tu fosti avisato de fare certe cride
ordinate in executione de nostre lettere di quelli da Sale erano nel territorio del
marchexe et delli fratelli de Monferrato, li quali non hanno mai voluto repatriare, contra li
quali non s’è may proceduto ad altro. Il perché vogliamo et te comandiamo che tu
procedi contra quelli che tu intenderay havere contrafacto ale dicte cride, facendoli
ragione secundo che in esse cride se contene, avisandone poi li nostri Maestri
extraordinarii de quanto haveray facto. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
637
Francesco Sforza ordina a Bartolomeo da Correggio di fare avere a Lorenzo Isimbardi la stessa
pensione di cui godeva nel passato.
1453 dicembre 10, “apud Marchariam”.
167r Spectabili militi domino Bartholomeo de Corigia, referendario nostro Laude.
Nostra intentione è et volemo che domino Laurentio Isimbardo sia tractato nel facto
della sua annua provisione eo modo et forma che è stato per lo passato. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
638
Francesco Sforza ricorda a Gracino da Pescarolo e a Bartolomeo da Correggio, referendari di
Pavia, di aver concesso mensilmente alla città 200 lire per interventi sui beni pubblici (ponti,
porte, palazzo o altre cose per utilità e ornato cittadino). Siccome attualmente occorrono
interventi su beni annotati nell’accluso [dimenticato !] elenco, vuole che i referendari si intendano
con massari e altri operanti per la comunità, e impegnino le 200 lire nelle riparazioni opportune e
non in altro. Dato che la Camera ducale “resta debitrice de parigi mesi de tali dinari”, vuole che
essi tali denari li facciano “convertire in tale operatione che siano o sarano per l’avenire
necessarie”. Siccome i membri della commissione della città hanno richiesto portoni e navi per
riparazioni al Ticino, il duca dispone che, avendone dei superflui, vengano loro dati.
1453 dicembre 10, “apud Marchariam”.
Gracino de Piscarolo et Bartholomeo de Corigia, referndariis nostris dilectis Papie.
Como voy doveti sapere nuy havemo concesso a quella nostra comunità sopra l’intrate
nostre de quella nostra cità duecento lire imperiali singulo mense per la reparatione
delle cose publice, como riconzare ponti, porte, palazo o altre cose concernente el
bene publico et ornamento della cità; e tale concessione facessemo molto voluntiera et
ogni dì ce contentiamo più haverla facta, et omnino volemo se mandi ad executione. Et
proinde, intendendo nuy che de presente gli sonno da far fare reparatione et provisione,
quale ve mandiamo annotate in la cedula introclusa, volemo et ve comettemo che
intendendove con li massari o altri che faciano per la comunità, provediati, mediante li
dicti dinari, che se faciano quelle reparatione opportune et necessarie; et item provedite
che le dicte lire ducento siano spexe segondo l’ordinatione predicta, e non in altro. Et
circa questo portateve talmente che più non habiamo cagione de iterarve nostre lettere.
Et perché segondo siamo informati la Camera nostra resta debitrice de parigi mesi de
tali dinari, volimo che gli faciate convertire in tale reparatione che siano o serano per
l’avenire necessarie, e non in altro. Ceterum perché quelli della provisione d’essa
nostra cità ne hanno facto rechedere qualche portoni et nave inutile per repar(a)tione al
fiume del Ticino, como da loro sariti informati, siamo contenti che, havendone nuy de
quelli che non bisognasseno ad nuy, ad ogni soa rechesta gli ne compiaciati. Data ut
supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
639
Francesco Sforza scrive all’ufficiale delle vettovaglie di Pavia di aver saputo che i deputati della
provvisione della città hanno preso provvedimenti circa il suo ufficio a beneficio della città
stessa. Vuole che sia contento e che si accordi con quelli della provvisione e stia alle loro
disposizioni.
1453 dicembre 11, “apud Marchariam”.
167v Officiali victualium civitatis Papie.
Siamo informati che Ii deputati ala provisione de quella nostra cità hanno facto certo
ordine e provisione circha l'offitio tuo, le quale concerneno lo bene et honore de quella
nostra cità; et perchè quanto più adminiculo haveray in exercire l'offitio, qual è de tal
natura che rechede più hogi debbe essere più contento, volemo che tu intende con li
predicti dela provisione et acquiesci ali ordini e provisione facte; et in tuto sforzate che
l'offitio sia facto cum solicitudine, diligentia et driteza. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
All’inizio carta: die XI decembris.
640
Francesco Sforza sollecita il suo cancelliere Teseo da Spoleto a voler concedere, per solo
quest’anno, sistemazione, nella sua possessione del Piacentino, a due cavalli di Melchione da
Rimini, compagno di suo fratello Alessandro.
(1453 dicembre 11, “apud Marchariam”).
Theseo de Spoleto, cancellero nostro.
Nuy havemo concesso, per questo anno tanto, ad domino Melchione da Rimino, compagno del magnifico nostro fratello domino Alexandro, stantia per duy cavalli in la soa
possessione de Piasentino; volimo che tu gli la dagi liberamente et che l'habia como
l'hanno li altri. Data ut supra.
Persanctes.
Cichus.
641
Francesco Sforza vuole che Antonio de Minutis, Regolatore dei Maestri delle entrate, cerchi di
convincere il conte Antonio Crivelli a richiedere, senza “usare tante subtileze con nuy”,
un prezzo più conveniente per il grano comprato da lui.
(1453 dicembre 11, “apud Marchariam”).
Ser Antonio de Minutis, regulatori intratarum nostrarum.
El conte Antonio Crivello ne ha scripta della differentia, qual havite del pretio del
formento qual luy ne ha dato, rechiedendone che li voliamo far dare el pretio che corre
de presente; che a nuy non pareria ragionevele, nè honesto. Pertanto volemo che tu sii
con luy et, dicendoli ch'el non voglia usare tante subtileze con nuy, vede de redure la
cosa al ragionevele; et demum studiate componere la cosa con bono modo ita ch'el non
habia più cagione de scriverne de questo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
642
Francesco Sforza fa sapere al conte Antonio Crivelli che quel che ha diffuso in città Cristoforo
Roverino circa il vescovato non corrisponde al vero. Giovanni Collo è stato, sì, da lui, ma non ha
riportato quello che il duca ha detto. Per tranquillità del conte lo assicura che proprio in queste
ore manda un suo uomo a Roma con lettere ai suoi ambasciatori per sollecitare dal papa bolle
per suo fratello. Infine, gli richiede un prezzo del frumento più onesto, come gli ripeterà ser
Antonio.
(1453 dicembre 11, “apud Marchariam”).
168r Comiti Antonio de Crivelis.
Havemo recevuto Ie vostre lettere et per quelle inteso quanto scriveti havere seminato
per quella cità Christoforo Roverino circha la materia del vescovato; ve dicemo che
dicto Christoforo pote havere dicto quanto vole, ma non dice el vero. Ben è vero che
domino Iohanne Collo è stato da nuy, ma non ha reportato da nuy quello che è stato
dicto là, anzi mandiamo in questa hora uno nostro con littere ali nostri ambaxatori a
Roma che instano apresso la santità de nostro Signore Ie bule per vostro fratello; sichè
circha questo statine de bono animo che non mancharemo de quanto ve havemo
promesso. Quanto al pretio delli formenti nuy scrivemo a ser Antonio che sia con vuy et
gli metiate uno pretio competente; e non possemo credere che gli vogliati mettere se
non pretio honesto. Et cosi ve confortiamo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
643
Francesco Sforza scrive a Andrrea de Cingulo di smettere di far macinare il grano e di
raccogliere subito assai frumento e di mandarlo in grano a Cremona. Ugualmente ha scritto a
Raffaele Pugnello e a Raffaele de Minutis, regolatore delle entrate ducali.
(1453 dicembre 11, “apud Marchariam”).
Ser Andree de Cingulo.
Non obstan¢te che per altre nostre te habiamo scripto che dovesti fare macinare quelli
furmenti, per questa te dicemo che tu debbi desistere de farne macinare, et che soliciti
de accatare più quantità de frumento che tu poy et mandarlo subito a Cremona ad la
munitione nostra in grano. Et in questo mette ogne tua diligentia et solicitudine si
desideri farne cosa che ne piatia perchè questo facto è importantissimo. Data ut supra.
Cristoforus de Cambiago.
In simili forma scriptum fuit Raphaeli Pugnello et ser Antonio de Minutis, intratarum
nostrarum regulatori, ch'el se sforza de recatare più quantità de formento che gli sia
possibile et mandarlo ut supra.
644
Francesco Sforza vuole che si accontenti il famiglio ducale Scaramuceto facendogli avere tutti i
beni di Bassanino de Casati assegnatigli dal duca.
(1453 dicembre 11, “apud Marchariam”).
168v Referendario nostro Laude.
Scaramuceto, nostro famiglio, se è gravato con nuy, dicendo che non ha anchora
potuto conseguire tuti gli beni che gli spectano per rispecto aIa donatione gli fecemo
delli beni de Bassanino de Casati. Et pertanto volemo che faciati vedere quello che se
trova mancarli et ge lo faciati assignare liberamente et interamente senza mancamento
alcuno. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
645
Francesco Sforza ordina a Filippo d’Ancona di fare avere venti ducati d’oro dai denari che ha tra
le mani al famiglio ducale Giorgio Pollito.
1453 dicembre 12, “apud Marchariam”.
Filippo de Ancona.
Volimo che de qualuncha dinari hay nelle mane, debii dare ad Zorzo Pollito, nostro
famiglio, ducati vinti d'oro et cetera. Data apud Marchariam, die xii decembris 1453.
Leonardus.
FranciscuSfortia Vicecomes manu propria subscripsit.
Iohannes.
646
Francesco Sforza comanda al podestà di Piacenza di far avere, entro quindici giorni al più tardi,
con rito sommario, al medico Francesco delle Artarie da Piacenza, salariato dalla comunità di
Modena, quanto gli spetta dai debitori piacentinii per fitti e altre cause.
1453 dicembre 12, “apud Marchariam”.
Potestati nostro Placentie.
Lo egregio doctore de medicina, magistro Francischo delle Artarie da Piasenza, quale è
salariato con la comunità de Modena, debbe havere certi dinari in quella cità per
casone de ficti e altramente et vene Iì per scoderli. Pertanto, essendo luy tal homo che
non merita essere menato per dilatione et che con grandissimo desconzo et damno de
quella comunità de Modena se parte de là, ve comettiamo et volimo che gli debiati
ministrare ragione summaria et expedita contra Ii dicti suoy debitori et astrenzerli a far
el dovere, spazandolo nedum presto, ma prestissimo et fra el termine de quindici dì ad
tardius, acioch'el se ne possa retornare a casa. Data apud Marchariam, xii decembris
1453.
Irius.
De simili materia scriptum fuit comiti Francisco dela Mirandula Concordie, et cetera.
Irius.
Cichus.
647
Francesco Sforza scrive a Paolo de Braco, podestà di Orzinuovi, di non potere che stupirsi che
non si sia contratta quella parentela da lui patrocinata con il suo cameriere Bartolomeo di
Vistarini. Lo sprona, pertanto, a sollecitare monsignore Battista o chi crederà meglio perchè tutto
si concluda, purchè vi sia il padre di Bartolomeo.
(1453 dicembre 12, “apud Marchariam”).
169r Paulo de Brachio, potestati Urcearum Novarum.
Havendone facta quella instantia che havemo per la parenteza da essere contracta con
Bartholomeo di Vistarini, nostro camerero, per nostra singulare complacentia, non
possemo fare che non se maravigliamo uno pocho che anchora non sia exequito,
credendo che dovesti fare molto mazore cosa per nuy e piacere nostro, maxime siando
pur cosa digna, dela quale vuy et Ii parenti ve trovareti ogni dì più contenti. Per la qual
cosa iterato ve confortiamo ad volere scrivere talmente aut ad Baptista, monsignore,
aut ad chi meglio ve pare ch'el se conclude senza più diIlatione de tempo e replicatione
de nostre lettere, non gli volendo fare altre exceptione, purch'el ce sia el patre del dicto
Bartholomeo. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.
648
Francesco Sforza, dice al podestà della Somaglia di aver saputo che lì tal Parmense o
Pergamino della Somaglia ha due “tace” d’argento di venti once, avute dal famiglio ducale
Serviliano per sei lire. Siccome dette “tace” sono sue, comanda al podestà che convochi presso
di lui il possessore di tali “tace” e le dia, in suo nome, a Giusto de Rebugo purchè paghi le dette
sei lire.
Qualora non le avesse il suddetto, procuri di ritrovarle, perchè di certo sa che sono lì.
(1453 dicembre 12, “apud Marchariam”).
Bartholomeo de Somalia, potestati ibidem.
Sentimo che Iì è uno Parmesano, overo Pergamino dala Somalia, quale ha doe tace de
argento de vinte onze in pegno, che forono de Serviliano, nostro fameglio, per lire vi de
imperiali. Et perchè Ie dicte tace veneno ad esser nostre, volemo, et così ve
comandiamo che habiati da vuy quello tale che ha Ie dicte tace et fate che per ogni
modo Ii diano ad Iusto de Rabugo, presente portatore, in nostro nome, perchè luy gli
pagarà dicte sey libre; et questo fati che non manchi per quanto havete ad caro la
gratia nostra. Et caso che non I’havesse luy, nuy sapimo che de certo sonno Ii;
procurate per ogni via de retrovarle et darle al dicto Iusto, como havemo dicto; et in
questo non fate exceptione alcuna, perchè haveressemo molestissimo. Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Cichus.
649
Francesco Sforza ricorda al podestà di Castell’Arquato di avergli di recente scritto su richiesta
dei sindaci di Gottolengo perchè costringesse Pietro di Raymondi a pagare ai Gottolenghesi il
credito che da lui vantano. Il duca vuole che il podestà si interessi della faccenda e risultandogli
che Pietro deve loro la tassa dei cavalli, lo induca a pagare. Se invece troverà che altri siano i
debitori, li faccia pagare e mandi da lui Pietro con quelle somme. Ammonisce il podestà che in
caso di sua negligenza nel fare ciò, sarà egli pure coinvolto nei pagamenti.
1453 dicembre 13, (“apud Marchariam”).
169v Potestati nostro Castriarquate.
Questi dì passati ad instantia de sindaci del comune de Gottolengo scrissemo et
comandassemo che se dovesse astringere Petro di Raymondi, habitatore de quella
terra, ad satisfare ad Ii dicti de Gottolengo de tuto quello sonno creditori de quello
comune de Castello Arquate; el quale Petro s’è lamentato da nuy et excusato in la
forma che vederay per la supplicatione qui inclusa. Pertanto volemo che tu intendi
questa cosa et, atrovando dicto Petro essere debitore per casone delle taxe de cavalli,
lo faci pagare incontinenti et lo mandi qua da nuy con essi dinari; si autem trovaray che
dicti dinari restino in debitori da scotere, subito Ii fati scotere et prestissimo et in ogni
modo fati venire qua da nuy el dicto Petro et portare essi dinari. Et questo non manchi
ad exequire al più tardi fra octo dì proximi poy la recevuta de questa, avisandote che
mancando, te faremo mettere et ti et coluy in loco che per ogni modo verrano questi
dinari se trovino. Data ut supra, xiii decembris 1453.
Christoforus de Cambiago.
Cichus.
650
Francesco Sforza esprime al luogotenente e al referendario di Lodi il suo stupore per l’esito
negativo delle sue richieste di vettovaglie e soprattutto di biada per i cavalli dell’esercito. Nella
prospettiva di dover campeggiare a lungo ripete la sollecitazione perchè comandino a comuni e
a privati di inviare dette vettovaglie a Cremona e poi in campo.
In simile formasi è scritto al capitano di Casteggio, al podestà e referendario di Pavia al capitano
della Lomellina, al capitano di Casteggio, al capitano del divieto di Piacenza, al podestà e al
capitano della cittadella di Piacenza, nonchè a Teseo da Spoleto.
1453 dicembre 14, “apud Marchariam”.
170r Locumtenenti et referendario nostro Laude.
Grande maeraviglia ne diamo che de quante lettere ve havemo scripte circh’al fare
mandare victualie, et maxime biava da cavalli al nostro felice exercito, nulla sia
mandata ad executione, et anchora siamo ad vederne uno minimo effecto, nè sapiamo
imputarlo se non a vostra neglegentia. E pertanto, havendo nuy a campegiare anchora
uno pezo, volemo et ve comettemo con quanta più instantia possemo che,
comandando ali comune et ad singulare persone quelle quantità ve parerano
convenienti, faciate lo conducano a Cremona et deinde al campo donde venirano libere
et secure senza dubio alcuno; et a questo metiti ogni industria et solicitudine per quanto
desiderate farce cosa che ce piaza. Data apud Marchariam, xiiii decembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
In simili forma scriptum est
capitaneo Clastigii,
potestati et referendario Papie et
capitaneo nostro Lumelline,
capitaneo devetus Placentie et
potestati et capitaneo citadelle Placentie ac Theseo da Spoleto.
651
Francesco Sforza scrive al podestà di Castell’Arquato che gli uomini di Gottolengo sono stati
ancora da lui lamentandosi in particolare di Pietro Raymondi e Antonio Ermano, suo compagno,
tesorieri di quella comunità, come di quelli che diedero garanzia per il comune. Il duca vuole che
il podestà ordini ai due tesorieri e a tre di quelli che prestarono “segurtà” e cioè Pietro Comaleto,
Giacomo Guarisco e Giovanni Segalino che subito si portino da lui.
1453 dicembre 14, “apud Marchariam”).
Potestati Castriarquate.
Dopo che heri te scripsemo ad instantia de Petro Raymondo, habitatore de quella terra,
per quelli dinari delle taxe de cavalli, et cetera, sonno stati qua da nuy Ii homini del
comune de Gottolengo per questa casone, Ii quali se gravano et doleno molto de quella
comunità, et in specialità del dicto Petro et de Antonio Hermano, suo compagno,
thexaureri d’essa comunità et item de quelli che foreno segurtà per el comune, in
effecto che mai non gli è stato observato cosa che gli sia stata promettuta, anzi sonno
stati tale facti et frustati de spese, et cetera. Il perché, deliberando nuy de intendere
questa cosa, volemo, et per la presente te comettemo che, 170v non obstante dicte
lettere, debbi commandare per nostra parte aIi predicti duy thexaureri et ad tri de quelli
che foreno segurtà, cioe Petro Cornaleto, Iacomo Guarisco et Iohanne Segalino che
subito e senza demora alcuna debbiano venire da nuy; e cosi faray che vegnino per
ogni modo, et non sia fallo. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
652
Francesco Sforza scrive al referendario di Piacenza che ha mandati lì cento buoi del carreggio
per riprendersi. Mandi da Salsomaggiore a Lodi 24 pesi del sale ducale facendolo consegnare a
Fiorentino, famiglio ducale, che ha la cura di detti buoi.
1453 dicembre 15, “apud Marchariam”.
Refrendario nostro Placentie.
Perchè havemo mandato cento delli nostri bovi del carezo a Lode per refarse. Volimo,
recevuta questa, debbi mandare pesi XXIIII del nostro sale da Salso a Lodi, quale
ordinarai sia consignato al Fiorentino, nostro famiglio, che è ala cura d'essi bovi et lo
faray mettere al nostro conto. Data apud Marchariam, xv decembris 1453.
Leonardus.
Iohannes.
653
Francesco Sforza scrive al suo familiare Fiorentino da Firenze che manda lì Torta con cento
buoi ducali del carreggio perchè si rimettano, essendo “desfacti”. Li deve mettere nella stalla
grande facendo loro dare del miglior fieno. Si deve attenere a quello che gli dirà Torta. Sempre
mirando al ricupero dei buoi, fa avere al Fiorentino mille staia di remola, che tolta dai sacchi (da
rimandare a Cremona a Stefanino Zaccaria e a Pasino Vegnola), deve mettere in un luogo
secco. Gli ricorda che il referendario di Piacenza gli farà avere 24 pesi di sale, badando bene
che “non sia venduto nè trabalzata unza”. A due pasti alla settimana, detto quantitativo di sale
dovrà, stando alle prescrizioni del Torta durare due mesi e vigilando lui, sempre di persona,
come i bifolchi lo somministreranno con la remola ai buoi. Abbiano, infine, cura che i carri che
condurranno i buoi siano posti al coperto in un luogo che
“non se guastino e ...stagano a salvamento.”
(1453 dicembre 15, “apud Marchariam”).
Florentino de Florentia, familiari nostro.
Nuy mandiamo lì el Torta con cento bovi delli nostri del carezo per refarse, quali sonno
desfacti; pertanto volemo che tu gli fazi mettere nella stalla nostra grande et gli faci
dare di quello nostro feno habiamo li, et del migliore. Et perchè el dicto Torta haverà
retornare a Cremona, volemo et te comandiamo che circha el fare attendere a dicti bovi
debbi servare et far servare (a) tuti quelli modi et ordini te sarano dati per el dicto Torta,
li quali exequiray con ogni diligentia et advertentia; e questo non manchi per quanto
haveti caro la gratia nostra. Apresso, perchè dicti bovi meglio habino refarse, 171r havemo scripto a Stefanino Zacharia et a Paxino Vegnola a Cremona che te debbano
mandare le stare mille da remola in suso una nave o doe, come meglio li parera nelli
sachi; sichè, havuta haveray dicta remola, la faray vodare fora di dicti sachi et reponere
in qualche loco secho che non se possi guastare, e dicti sachi li remanderay indreto a
dicti Pasino et Stefanino per quelli conduranno dicta remola. Similmente scrivemo al referendario de Piasenza che debia dare a qualunche messo mandaray da lui pesi XXIIII
de sale li quali, a duy pasti per settimana, bastaranno per duy mesi a dicti bovi; sichè
provedi presto de mandarli a tuore; la quale remola et sale faray dare a dicti bovi
secundo te ordinarà dicto Torta, ma sopratuto habbi bona advertentia che del dicto sale
non ne sia venduto, nè trabalzata unza. E quando Ii bovolci el daranno aIi bovi, volemo
gli vadi ti in persona a vedere como faranno, aciochè non habiano casone de comettere
mancamento veruno; et le carre condurano dicti bovi, volemo le faze mettere a coperto
in loco che non se guastino e che stagano a salvamento. Ceterum non obstante che de
sopra dicamo mandi a tuore dicto sale, te avisamo che, per più tuo aconzo, haveno
scripto a dicto referendario che luy lo mandi lì e faza sia consignato in tue mane; sichè,
havuto che l’haveray, ne disponeray como è dicto de sopra. Data ut supra.
Leonardus.
Iohannes.
(a) et far servare ripetuto.
654
Francesco Sforza comanda ai consoli, al comune e agli uomini di Castione di ricuperare da un
famiglio di Americo de Forti la roba rubatagli che dice sia stata portata lì.
(1453 dicembre 15, “apud Marchariam”).
Consuli, comuni et hominibus Castioni.
È fugito da Americo de Forti, presente portatore, uno suo fameglio e portatoli via certa
soa robba, como da esso (intenderiti), la quale dice essere portata lì. Pertanto volemo e
ve comettemo che subito faciati ad esso Americo sia restituita, sia consignata dicta sua
robba in Ie mano, senza exceptione nè contradictione alcuna. Data ut supra.
Iohannes Antonius.
Iohannes.
655
Francesco Sforza scrive al Regolatore e ai Maestri delle entrate di non dar modo agli uomini di
Bellano di lamentarsi perchè li vogliono costringere al pagamento della tassa vecchia del sale ,di
cui il duca fece loro, lo scorso anno, grazia, e perchè non consentono loro di prendere per la loro
tassa 182 staia di sale in virtù della convenzione avuta.
Furono fatte, nello stesso giorno, lettere credenziali a Giacomo Malombra per re Renato.
1453 dicembre 15, “apud Marchariam”.
171v Regulatori et Magistris intratarum.
Hanno mandato novamente qui da nuy l'homini da Bellano, quali se gravano, como
vedereti per Ie inclusa supplicatione, per respecto che vuy gli voleti astrenze(re) al
pagamento delIa taxa vegia del sale, dela quale nuy gli fecimo gratia l’anno passato;
similiter se gravano che vuy non gli observati la conventione facta de levare per la soa
taxa stara 182 de sale, como nuy ve habiamo scripto per altre nostre lettere del tenore
incluso; de che ne maravigliamo. Pertanto ve comettimo et volimo debiati provedere
essi homini non siano per dicta casone più gravati et che sia exequito quanto sopra ciò
ve habiamo scripto et commisso, facendo che non ne sentiamo più querela. Apud
Marchariam, die xv decembris 1453.
Zanetus.
Cichus.
Die suprascripto.
Facte fuerunt littere credentiales domino Iacobo Malumbre in personam serenissimi
regis Raynati.
Io Antonius.
Cichus.
656
Francesco Sforza sollecita l’abbate di San Pietro in Ciel d’oro di consegnare immediatamente al
suo cancelliere Giacomo Malombra i 500 ducati d’oro che doveva spendere ”in quelle parte de
là”, ma che ora “gli bisogna havere qua”.
(1453 dicembre 15, “apud Marchariam”).
Venerabili domino abbati Sancti Petri in Celo Aureo.
Noy havemo fin al presente mandato per quelli cinquecento ducati d'oro ne doveti dare,
cioè ducati 500 d'oro, perchè credevamo spenderle in quelle parte (a) dellà; ma ne è
accaduto uno bisogno per lo quale ne gli bisogna havere qua. Et però mandiamo da
vuy Iacomo Malumbra, nostro cancellero, presente portatore, al quale vogliateli dare,
expediendolo, subito giuncto che sarà Iì senza perdere tempo alcuno, perchè dicti (b)
dinari Ii vogliamo spendere in uno nostro servitio importante. Data ut supra
Cichus.
(a) in quelle parte ripetuto.
(b) dicti ripetuto.
657
Francesco Sforza informa Angelo Simonetta di aver deliberato, per assecondare il marchese di
Mantova, di “piliare la impresa de Asula”. Impresa impossibile senza almeno 11000 ducati, per
cui gli manda il cancelliere Giacomo Filippo Malombra.
Veda di trovare il modo, fino a fare quello che gli dirà Gicomo Filippo, per raccogliere detta
somma e, non potendo fare altro, si avvalga dei 5000 ducati degli ebrei e dei 2700 ducati di
Mattia da Pesaro pur di raggranellare subito gli 11000 ducati che consegnerà a Giacomo Filippo.
Al medesimo egli ha ordinato, secondo il parere degli ambasciatori fiorentini e di Angelo, di far
visita a re Renato, cui il referendario di Piacenza donerà 30 carri di fieno,
10 carri di vino e 50 some i biada per i cavalli .
(1453 dicembre 15, “apud Marchariam”).
172r Angelo Simonete.
Havemo omninamente deliberato per contenteza del’illustre signore domino lo
marchexe de Mantua piliare la impresa de Asula, la quale parturirà ogni bono fructo. Ma
perchè saria quasi impossibile condurli Ie gente utile senza (a) qualchi dinari, che
almancho (b) bisognano esser XI mila ducati, mandiamo a te Iacomo Filippo Malumbra,
nostro cancellero, perchè tu vedi per ogni modo et via usque a fare quanto te dirà dicto
Iacomo Filippo, non possendo fare altramente, de recatare, computati li 5000 ducati
deIi zudei e Ii 2700 de Mathio da Pesaro, Ii dicti XI mila ducati; et a questo non lassare
mancare cosa del mondo perché se habiano subito de presente; e quelli faray
consignare et numerare a dicto Iacomo Filippo. Havemo insuper ordinato a dicto
Iacomo Filippo che visiti Ia mayestà del Re e, segondo lo apparere delli magnifici
ambassatori de Fiorenza e tuo, gli facia certe ambassiate. Ulterius havemo scripto et
ordinato al referendario de Piasenza che debia subito rechatare de fare uno presente
ala mayestà del Re, cioè 30 cara de feno, 10 cara de vino et cinquanta some de biada
da cavali, como tu gli ordinaray; sichè provede ch'el se facia subito como pienamente te
informarà dicto Iacomo Filippo, al qual crederay como a nuy proprii. Data ut supra.
Ser Iacobus.
FranciscuSfortia Vicecomes manu propria.
Cichus.
(a) senza ripetuto.
(b) al mancho ripetuto.
658
Francesco Sforza scrive al referendario di Piacenza di fare, come ordinerà Angelo Simonetta o
Giacomo Malobra, un dono a re Renato di 30 carri di fieno, 10 carri di vino, e di 50 some di
biada,
(1453 dicembre 15, “apud Marchariam”).
Referendario nostro Placentie.
Havemo deliberato de fare de presente uno dono ala mayestà del re Renato de 30 cara
de feno, dece cara de vino et 50 some de biada dn cavali. Per laqual cosa volimo che
subito, ala receputa de questa, debbe havere recatate dicte cose per fare el presente
dono, como te dirà et ordinarà Angelo Simoneta, nostro consigliero, aut Iacomo
Malumbra, nostro cancellero. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.
Cichus.
659
Francesco Sforza comanda a Sagramoro Visconti di sloggiare da Val Trescura, perchè è stata
accordata al Colleoni, e di portarsi a Brusaporto nei posti assegnati a lui e alla sua compagnia,
evitando che alcuno alloggi fuori dai luogi stabiliti. A Ruginale che è andato a Cremona, perchè
lui gli ha negata una sistemazione, ha ordinato di ritornare da Sagramoro.
1453 dicembre 15, “apud Marchariam”.
172v Domino Segramori Vicecomiti.
Sentimo che vuy siti andato in Valletrascura; che ne maravigliamo, perchè quella valle
è assignata al magnifico Bartholomeo Coglione. Pertanto ve dicemo che, recevuta
questa, subito vogliati andare ad allogiare ad Bruxaporcho, a quelli lochi ve sonno stati
assignati cum tuti li vostri homini d'arme et della compagnia et squadra vostra, et che
nessuno allogi fora delli allogiamenti assignati. Ruginale ha mandato qua da nuy ad dirce che luy è andato ad Cremona perchè non gli haviti voluto dare allogiamento; nuy gli
scrivemo che retorni subito da vuy. Sichè vediati fare, et luy et Ii altri allogiare alli luoghi
a vuy assignati et ch'el non sia alcuno che debbia allogiare fuora delli luochi deputati; et
parce che se doveria havere cura et advertenza de non commettere deli altri
inconvenienti, che doveriano bastare quelli commissi alli dì passati. Ex castris nostris
apud Marchariam, die xv decembris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
660
Francesco Sforza prende atto dell’arrivo del Colleoni a Urgnano e della sua speranza per la
valle di San Martino. Il duca li esorta a stare più uniti possibile e di cercare in ogni modo di
avere Valle San Martino, Bripio e la rocca di Baie, informandolo di quanto avverrà. Ha scritto a
Sagramoro di andarsene da Val Trescura e fermarsi negli alloggiamenti assegnati a lui e alla
sua gente. Assicura che scriveràal Consiglio segreto per provvedimenti di biade per le genti
d’arme nel Bergamasco e lo solleciteràanche a fornire segale e miglio per quelli di Valle
Calepio, con l’avvertenza, però, di non affamare di qua per “diffamare” di là
(1453 dicembre 15, “apud Marchariam”).
Magnifico Bartholomeo Coliono.
Havemo recevuto vostra lettera de dì XII del presente et inteso quanto scriveti del vostro
essere gionto ad Urgniano et che sperati bene dela valle de San Martino, et cetera.
Dicemo che ne pare che ve debbiati sforzare più che possiti ad allogiarve con li vostri
tutti più strecti et più uniti et da presso che sia possibile, perchè ve ne posseti in ogni
caso valere meglio che allogiando sparti; et vogliati con dilligentia attendere ad havere
Valle San Martin et Bripio et la Rocha de Baie et ad fare quello sapereti et sarà
expediente per lo acquisto de quelli lochi dellà, avisandone ala giornata de quanto
seguireti.
Ala parte che meser Segramoro sia andato in Val Trescura, dicemo che ne
maravigliamo, et non è nostra intentione, anzi è nostra intentione che vadda et stia alli
logiamenti Ii havemo facti deputare; et cossì li scrivemo per la alligata che debbia fare
in opportuna forma quele gli mandareti.
173r Ala parte de fare provedimento ad quelli luochi de Bergamasca et biavne et cussì
per Ie genti d'arme, et cetera, dicemo che nuy scrivemo per la alligata al Consiglio
nostro che faza opportuno provedimento de biade per quelIe gente nostre che sonno in
quelle parte; et cussì ancora scrivemo che vogliano fare provedimento de qualche
segale et migli per Valle Calleppio. Ben ve dicemo che è necessario havere bona
advertencia de non affamare di qua per diffamare dellà; sichè circa ciò ne scrivemo alIi
dicti nostri del Consiglio in opportuna forma, con Ii quali ve poriti intendere con mezo de
qualche vostro mandato perchè se provederà perhò ad quilli luochi che ne hanno
magiore bisogno. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
661
Francesco Sforza spera che Angelo Simonetta sia stato con gli ambasciatori fiorentini da re
Renato e gli abbiano levata la “fantaxia de volersene andare”, anche se ritiene che lui non farà
se non quello che torna a suo onore e a vantaggio della lega.
Da Roma ha saputo che il papa tratta con ambo le parti, ma senza successo.
Gli ambasciatori sono stati accontentati a Firenze e a Milano hanno avuto 15000 ducati.
Sul suo fronte non ha da segnalare se non la determinazione di prendere Asola.
Avrà saputo da Giacomo Malombra quello che gli si richiede, come del presente che intende
fare a re Renato.Gli raccomanda di far avere presto quanto Giacomo gli ha chiesto.
1453 dicembre 15, “apud Marchariam”.
Magnifico domino Angelo Simonete
Credemo che tu saray stato con la serenissima mayestà del Re et per quanto gli
haveray dicto et operato una con Ii magnifici oratori Florentini, quali sonno venuti là,
che la soa mayestà serà in tuto levata dela soa fantaxia del volere andarsene,
quantunque crediamo che in ogni modo a soa mayestà non faria se non quello che
fosse l'honore suo et bene et amplitudine delIa illustre lega. Nuy havemo recevuto
lettere da Fiorenza per Ie quali restiamo chiari che Ie cose là passano bene. Da Roma
non è altro, se non che la santità de nostro Signore sta in pratica et rasonamente con Ii
ambassatori de ciascuna delle parti, et nientemeno non è substantia alcuna.
Li ambassatori della mayestà del Re sonno stati spazati ad Fiorenza et hanno havuto
tra dinari et lettere ad Milano ducati XV mila, et così retornino con la expeditione.
De qua non havemo altro de novo, se non che deliberamo pigliare questa impresa de
Asola et obtenerla sebene piovesseno saette.
Da ser Giacomo Malumbra haveray inteso quanto te havemo mandato ad chiedere, et
del presente volemo se faza ala prefata mayestà del Re, sichè voglilo spazare
prestissimo, secondo luy te havera rechiesto per la importantia delIa cosa (a) per lo
dinaro che diè portare. Data apud Marchariam, xv decembris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) per la importantia dela cosa ripetuto.
662
Francesco Sforza scrive agli oratori fiorentini di aver avuto notizie dall’arcivescovo de Aquis di
quel che si parlò con lui per riferirlo a re Renato, che, a suo parere, è ostinato a volersene
andare. Il duca crede che lo tratterrà l’onore suo e il bene della lega.
Da Roma ha saputo che il papa tratta con gli ambasciatori della lega, degli aragonesi e dei
veneziani, ma senza successo. Gli ambasciatori di re Renato hanno avuto a Firenze in contanti
e a Milano con lettere di cambio ducati 15000.
1453 dicembre 15, “apud Marchariam”.
173v Oratoribus Florentinis.
Questa sera haverno havuta la respuosta de monsignore l’arcevescovo d’Aquis de
quanto con luy fo rasonato che dovesse referire ala mayestà del re Renato et in effecto
la persona soa conclude che la dicta mayestà sta pur ostinata in quella fantasia de
volere andarsene. Pur niente demancho credemo che per l’andata vostra là et per
quanto haveriti dicto et operato, che dicta mayestà sarà remossa de tale proposito et
fantasia et sarà in dispositione et essere de fare quello sia l'honore suo et bene stato et
amplitudine della illustre Lega.
Da Fiorenza havemo havuto lettere per le quali restamo advisati che le cose de
Fiorenza passano bene. Da Roma non havemo altro se non che la santità de nostro
Signore sta in pratica et rasonamenti con li ambassatori et nostri et Ragonesi et
Venetiani, et niente demancho non gli è substantia alcuna.
Ceterum havemo per dicte lettere da Fiorenza che li ambaxatori della mayestà del re
Renato sonno stati bene veduti et accarezati et spazati dellà, alli quali sonno stati
assignati ducati xv mila in contanti et per lettere de cambio ad Milano, et cosi retornano
con la expeditione. Data ut supra, hora vii noctis.
Iohannes.
Cichus.
663
Francesco Sforza scrive al Colleoni di non voler accogliere, ma di rimandare Giovanni d’Alza e
suo fratello Francesco fuggiti da Graziolo da Vicenza
1453 dicembre 17, “prope Marchariam”.
Magnifico Bartholomeo Coleono.
El s'e fugito da Gratiolo de Vicentia Iohanino d'Alza et Francioso, suo fratello, li quali
pare che siano venuti per acontrarse con vuy. Et pertanto ve pregamo et confortamo
che per conditione alcuna non li voliati acceptare, ma remandarli al dicto Gratiolo, che
ne fareti singulare a piacere. Ex canpo nostro prope Marchariam, xvii decembris 1453.
Persanctes.
Cichus.
664
Francesco Sforza risponde a re Renato sia in merito a quello che lui gli ha scritto che a quanto
gli ha anche fatto riferire dal suo scudiero Guilloto de Anglura circa la pubblicazione della
sentenza riguardante il doge di Genova e Giovanni Filippo Fieschi. L’assicura di aver riflettuto
per quattro giorni sullla sua “expeditione” prima dell’arrivo di Guilloto e aveva ordinata la sua
“publica et autenticha forma all’uno e all’altro” e ai predetti manda i suoi messi Giacomo de Abià
e Giovanni della Guardia con la sentenza, imponendo loro che non ritornino se non a sentenza
“rata et ferma” dall’una e dall’altra parte e con la soluzione di ogni loro vertenza.
(1453 dicembre 17, “apud Marchariam”).
174r Serenissimo regi Renato.
Inteso quanto la serenissima vostra Mayestà me scrive, et me ha referto per parte de
quella el spectabile Guilloto de Anglura, suo scudero, circha la publicatione delIa
sententia per mi lata fra lo illustre duxe de Genova et domino Iohannefilippo del Fiesso
inante che passi questo mese, dico che quatro dì continui sonno stato sopra de questa
expeditione, inante che venesse el dicto Guilloto, et haveva ordinato la sententia in
publica et autenticha forma al'uno et l'altro et mandarli, et così io mando, dali prefati
duxe et Iohannifilippo, Iacomo de Abià et Iohanni dela Guardia, mei messi, con la
sententia dicta al'uno et l'altro ad Ii quali ho imposto che non se partino da Iì per insino
che l'una parte et l'altra habia rata et ferma dicta sententia, et sia exequito ad
compimento et quietato ogni differentia fra loro. Data ut supra.
Cristoforus da Cambiago.
Cichus.
665
Francesco Sforza scrive a Iacobo Bocazio di aver preso atto della retrosia degli ebrei a pagare
quanto ancora spetta della loro composizione allegando di esserne impossibilitati se prima non
riscuotono i denarii che vantano qua e là, oltre a quelli che loro devono coloro che sono sulle
terre di donna Luchin. Pretese che contraddiconoi all’accordo avuto con gli ebrei di prima pagare
e di aver poi il supporto ducale per l’acquisizione dei loro crediti. Il duca gli ordina di imprigionare
il mercante ebreo al suo arrivo a Cremona e l’ebreo Manno di Pavia, ai qualii ha scritto di
portarsi da lui. Li trattenga con quelli di Piacenza fino a che non abbiano sborsato il rimanete
della composizione dovuta. Scrive a donna Luchina di intervenire perchè gli ebrei delle sue terre
si portino da lei a fare il loro dovere, oppure paghi lei.
(1453 dicembre 17, “apud Marchariam”).
Iacobo Bocatio.
Havemo inteso quello ne scrive dela tardità, quale usano li hebrei de quella cità in
pagare lo resto delli dinari dela compositione et deIe rasone, quale allegano de poderte
spazare de presente se non vanno scodando Ii dinari de qua et de là, et se quelli che
stanno in le terre de madona Luchina et altroe non pagano la parte soa. Et
respondendote, dicemo che molto ce maravigliamo delli facti loro, perchè loro forono
quelli che ne promessero sborsare tuti li dicti dinari fin a callende proximo passato et
nuy gli promissemo de dargli poy ogni favore a retrarla dali altri che, adunche li
habbiamo aspectati fin al dì de hozi, et che anchora voglino menare più in longo questa
exbursatione, non lo volimo patire per modo alcuno. Però te comettemo et volemo che,
venendo lì marcadante hebreo in Cremona et Manno hebreo a Pavia, ali quali havemo
scripto che subito vengano a parlare techo, Ii debii destenire tuti insieme con quelli altri
da Piasenza et non relaxarli fin a tanto che habiano exborsato tuto el dicto resto
secundo la dicta compositione havuta; et in questo non sia fallo alcuno, avisandoli però
che, pagati Ii dicti dinari, nuy gli daremo ogni favore expediente per retrare Ia parte che
tocha aIi altri. Scrivemo però a madona Luchina debia provedere che Ii ebrei quali
stano in Ie terre soe, overo vengono a fare lo dovere suo, overo paghi ley. Sforzati mò
de spazare questa cosa con ogni celerità possibile, perchè nuy aspectiamo de hora in
hora questi denari. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
666
Francesco Sforza ordina a donna Luchina di non frapporre alcuna difficoltà alle disposizioni
ducali e, perciò, o lascia che l’ebreo vogherese Angelo vada a Piacenza per provvedere al
versamento dei denari destinati al duca, o assolve lei personalmente tale onere.
(1453 dicembre 17, “apud Marchariam”).
174v Magnifice domine Luchine.
Essendo rechiesto Angelo hebreo, habitaore de Vogera, dali ebrei de Piasenza che’l
dovesse andare da loro per mettere ordine ala satisfactione de certi dinari quali debeno
pervenire in nuy segondo certa compositione havuta, intendiamo che vuy gli haviti
prohibito la dicta andata, de che ce maravigliamo perché dove va el facto nostro non
doveresti zà fare tale inhibitione; pertanto ve confortiamo, caricamo et stringemo
debbiati provedere che’l dicto Angelo vada a fare el dovere suo, overo, quando non
volesti che gli andasse, vogliati vuy pagare la parte che gli tocha delli dicti dinari,
perché I’è omnino necessario che’l se facia o l'uno o l'altro. Data ut supra. Duplicata
xviiii decembris 1453.
Irius.
Cichus.
667
Francesco Sforza risponde al figlio Galeazzo, che ha perorato la liberazione di Gabriele da
Brena, che penserà lui, a tempo opportuno, a rilasciarlo. Sollecita il figlio a redarguire in modo
tale chi gli insuffla tali propositi da distoglierlo di suggerirgliene altri in futuro.
Con le debite variazioni si è del pari scritto alla suocera ducale, donna Agnese.
(1453 dicembre 17, “apud Marchariam”).
Illustri comiti Galeazio, filio nostro dilectissimo.
Havemo inteso quanto ne hay scripto in favore de domino Gabriele da Brena Iì
destenuto per la Iiberatione soa; al che respondendo dicemo che nostra inte(n)tione
non è de liberarlo al presente, immo che’l staga anchora così, perché quando ne parerà
el tempo ce recordaremo ben nuy. Ce maravigliamo molto che tu ne habii scripto de
questo facto et volemo che, parlandotene alcuno da mò inanze, lo rebuffi per tal modo
che'l non habia voglia de parlartene un'altra fiata et habii advertentia de non scriverne
più de tale materia. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit magnifice domine Agneti, matri nostre carissime, mutatis
mutandis.
668
Francesco Sforza comanda al mercante ebreo di andare a Piacenza dal suo cancelliere
Giacomo Boccazo per sistenare il versamento dei denari spettante agli ebrei.
In egual forma si è scritto all’ebreo Manno.
(1453 dicembre 17, “apud Marchariam”).
175r Mercadante hebreo.
Per mettere ordine ali dinari, quali se debano pagare per Ii hebrei segondo la
compositione havuta, volemo che, havuta la presente, vadi a Piasenza da Iacomo
Boccazo, nostro cancellero, quale te avisarà del'intentione nostra. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit Manno hebreo.
669
Francesco Sforza ordina che il luogotenente di Lodi arresti il famiglio d’arme ducale e non lo
liberi se non alla ricezione di una lettera con sottoscrizione ducale.
(1453 dicembre 17, “apud Marchariam”).
Locumtenenti Laude.
Intendiamo che Georgio da Lodi, nostro fameglio d'arme, deve essere venuto Iì.
Pertanto volemo che subito lo faciate sostenere et mettere in presone in quello nostro
castello con uno paro de ferri ali pedi, et non lo fareti relaxare se non vederiti lettera
signata de nostra propria mano. Data ut supra.
Christoforus de Cambiago.
Iohannes.
670
Francesco Sforza comunica a Colella da Napoli che Diotesalvi e il provveditore di Treviglio,
lì detenuti hanno licenza ducale per cui, alla richiesta degli uoimini di Treviglio di lasciarli andare,
li farà accompagnare in un luogo sicuro.
1453 dicembre 18, (“apud Marchariam”).
Colelle de Neapoli.
Messer Diotesalvi et lo proveditore de Trivilio, quali sonno lì destinuti, hano licentia da
nui. Pertanto siamo contenti et volemo che ogni fiata quelli homini de Triviglio
ordinarano che se ne vadano, tu li debbi fare accompagnare in qualche locho securo.
Ex nostris felicibus castris, die xviii decembris 1453.
Cichus.
671
Francesco Sforza comanda al podestà di Treviglio che, richiedendolo i suoi uomini. lasci liberi
Diotesalvi de Lupi e il già provveditore locale Giacomo Venerio di andarse per i fatti loro.
In simile forma si è scritto al commissario di Geradadda.
(1453 dicembre 18), “apud Marchariam”.
Potestati nostro Trivilii.
Se li homini nostri de Trivilio rechederanno che siano relaxati messer Diotesalvi de Lupi
et Iacomo Venerio, olim providetore suo, con tucti li soi, siamo contenti et volemo che
ad omne rechiesta de loro et homini li debbi fare relaxare et laxarli andare per li facti
soi. Ex nostris felicibus castris apud Marchariam, die et millesimo ut supra.
In simili forma comissario Glaree Abdue.
672
Francesco Sforza comunia a Francesco de Georgiis che, in onsiderzione della diligenza da lui
praticata nei servizi affidatigli, gli assegnal’ufficio sopra gli alloggiamenti del Lodigiano
consistente nella riscossione, dal primo dicembre, dei denari delle tasse di 800 cavalli a lire
quttro mensili per cavallo. Si porti subito a Lodi, ove avrà da luoigotenente ogni istruzione e
aiuto. Consegni tutti i documenti a Bartoluzio da Gubbio, famiglio ducale, che lo sostituerà lì.
Nota degli alloggiamenti dei cavalli e nomi di coloro dai quali devono essere richieste le tasse.
Nel Parmense: Gandolfo, come l’anno scorso, Rolando Pallavicino, cavalli 500 a lire quattro al
mese. Nel Piacentino:Teseo da Spoleto, cavalli 2200, come nell’anno precedente,madonna
Luchina, cavalli 500 a lire quattro mensili per cavallo.
Nel Pavese Oltrepo: Antonio Campagnino da Cremona, cavalli 900 a lire quattro mensili per
cavallo.Nel Tortonese: Raffaele Zaccaria, cavalli 500 a lire quattro mensili per cavallo.
In Lomellina: Giovanni Stampa di Casate, cavalli 851 a lire quattro menili per cavallo.
Nel Novarese: Gentile dalla Molara, cavalli 1200 a lire quattro mensili per cavallo.
Nella Campagna di Pavia: Bartoluzo di Gubbio cavalli 400 a 4 lire mensili per cavallo.
Nel Lodigiano: Francesco Giorgio, cavalli 800 a lire 4 mensili per cavallo.
(1453 dicembre 18, “apud Marchariam”).
175v Francesco de Georgiis.
Perché te havemo cognosciuto prompto et fidele et havere exequito diligentemente
quanto per nuy te è commesso per lo passato, deliberamo anchora adoperarte per lo
venire in li servicii nostri, donde te avisamo che te havemo assignato l'offitio sopra li
lozamenti de tuto el Lodesano de far rescodere tuti li denari delle taxe per octo cento
cavalli, quali Ii habiamo taxati ad computo de libre IIII imperiali per cavallo per ciascuno
mese, comintiando ale calende del presente mese de decembre, como tu vederay più
ad pieno per le lettere patente delIa comissione, quale te mandiamo qui alligata.
Pertanto volemo che tu te levi da lì et vade ad fare quanto se contiene in essa
comissione, retrovandote col nostro locotenente de Lodi, el qual te darà ogni
introductione, adiuto et favore che te bisognarà in questa materia, sforzandote de
exequire ogni cosa con diligentia, como ne rendiamo certi faray; et consignando tute le
scritture ad ser Bartholutio de Eugobio nostro fameglio, quale verà lì in tuo locho et
dandoli tutte quelle informatione che te rechiederà sopra ciò, nuy ti havemo levato da lì
non ad altro fine se non che cognoscemo, essendo tu Pavese, farai meglio li facti tuoy
et li nostri altrove che lì; et questo non piglia in altra mala parte. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
Die XVIIII decembris 1453.
Nota logiamentorum equorum et nomina illorum per quos exigi debent taxe.
In Parmesana:
Gandolfo como l'anno passato,
Rolando Palavicino, cavalli 500 a lire 4 per cavalo el mese.
In Piasentina:
Theseo da Spoliti, cavalli 2200 (a) como l'anno passato;
madona Luchina, cavalli 500 a lire 4 per cavalo el mese.
In Pavese oltra Po:
Antonio Campagnino da Cremona, cavalli 900 a lire 4 per cavalo el mese.
176r In Tertonese:
Raphael Zacharia, cavalli 500 a lire 4 per cavalo el mese.
In Lomellina:
domino Iohanne Stampa de Casate, cavalli 851 a lire per cavalo el mese.
In Novarese:
Gentile dala Molara, cavalli 1200 a lire 4 per cavalo el mese.
In Campagnia de Pavia:
ser Bartoluzo de Eugobio, cavalli 400 a lire 4 per cavalo el mese.
In Lodesana:
Francisco Georgio, cavalli 800 a lire 4 per cavalo el mese.
In Comasco:
cavalli.
(a) Segue lire depennato.
673
Francesco Sforza informa gli ebrei Bonomino e Israele che manda da loro l’ebreo Anselmo per
accordarsi con loro e li avverte di non far torto a nessuno.
1453 dicembre 19, (“apud Marchariam”).
Bonhomini et Israeli ebreis.
Nuy havemo recevuto l'aligata supplicatione da Anselmo ebreo, quale ve mandiamo, al
quale Anselmo havemo (scripto) che vegna ad intenderse con vuy; ben ve recordiamo
che habiati cura ad non fare torto a nissuno et che non se possa licitamente lamentare
de vuy. Data ut supra, die xviiii decembris 1453.
Ser Iohannes.
Cichus.
674
Francesco Sforza sollecita l’ebreo Anselmo ad andare a Piacenza da Bonomo e da Israele
e d’accordarsi con loro.
(1453 dicembre 19, “apud Marchariam”).
Anselmo ebreo.
Havemo recevuto toa lettera et inteso quanto scrive; dicemo che tu vadi per ogni modo
ad Piacenza da Bonhomo et Israel, et con loro te intendi de quanto haveray ad fare,
perchè li scrivemo in modo che non te faranno torto. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
675
Francesco Sforza comanda a Teseo da Spoleto di prendere, in nome del duca, possesso del
luogo di San Damiano per motivo del quale vi è una vertenza tra i conti Giovanni, Giovanni
Galeazzo, Riccardo Anguissola e Berto, figlio di Rolando Pallavicino.
Verrà consegnato ai tre conti o a Berto quando sarà veduto “de rasone ad chi specta”, ma nel
frattempo, Teseo incameri le tasse e licenzi quelli dell’una e dell’altra parte.
(1453 dicembre 19, “apud Marchariam”).
176v Theseo de Spoleto. (a)
Havemo inteso la differentia vertisse fra el conte Iohanne, conte Iohanne Galeazo et
conte Ricardo Angussoli per una parte, et Berto figliolo del magnifico Rolando
Palavicino per l’altra, per cagione del loco de San Damiano con gran despiacere et Ie
novità seguite dal'uno et l'altro canto per dicta cagione, de che molto ne siamo
maravigliati; unde, per levare via ogni differentia et debato fosse fra loro, volimo che,
havuta questa, tu vadi con Ie alligate nostre, quale scrivemo ali homini del dicto loco et
anche al'una parte et al'altra, et pigliaray la possessione d'esso in nostro nome, perchè
quando sia veduto de rasone ad chi specta, gle lo faremo consignare. Ma, in questo
mezo, volemo sia in mane nostre, attendendo però al facto delle tasse como te havemo
scripto per altre. Et in dicto loco volimo non lassi veruno, ad petitione de Rolando né
d'essi Anguxoli, siché licentiaray quelli del'una parte et l'altra gli fossero, advisandone
subito como haveray facto. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
(a) Segue Comuni et hominibus terre nostre Sancti Damiani Placentie depennato.
676
Francesco Sforza comunica al comune e agli uomini di San Damiano di aver deliberato di
mandare il suo cancelliere Teseo da Spoleto a prendere possesso di quel luogo, delle fortezze e
cose sue fino a che ex iure non sarà decisa l’assegnazione di quel luogo tra Uberto, figlio di
Rolando Pallavicino e i conti Giovanni, Giovanni Galeazzo, Riccardo Anguissola.
1453 dicembre 20, “apud Marchariam”.
Communi et hominibus terre nostre Sancti Damiani. (a)
Havemo inteso la differentia vertisse fra Uberto, vostro figliolo, et li conti Iohanne,
Iohanne Galeazo et Ricardo Angusoli per cagione del loco di San Damiano et le
novitate seguite hincinde per dicta cagione, de che havemo preso gran despiacere;
unde (b) per levare via ogni debacto havemo deliberato torre nuy la possessione de
quello loco per fino che serà veduto et cognisciuto ad chi specta de raxone. Pertanto
mandiamo Iì Theseo da Spoleto, nostro cancellero, presente portatore, al quale volemo
debbiati consignare quello loco con ogne forteze et cose soe, et a nuy overo ad
qualunque gli metterà in nostro nome obedire como ad nuy proprii finché 177r (c) sarà
terminato ad chi specta da ragione; ad questo non fatti contradictione, et per chiareza
vostra havemo sottoscripta la presente de nostra propria mano. Ex campo nostro apud
Marchariam, xx decembris 1453.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.
Zanetus.
Cichus.
(a) Segue Rolando Palavicino depennato.
(b) Segue pertanto depennato.
(c) che ripetuto.
677
Francesco Sforza fa sapere a Rolando Pallavicino di aver preso possesso di San Damiano.
Per la soluzione della vertenza, come ha detto al suo inviato Antonio da Palude, che ha con i
conti Anguissola vuole che Riccardo si porti da lui con tutte le sue rivendicazioni,
così come richiederà alla controparte.
(1453 dicembre 20, “apud Marchariam”).
Rolando Palavicino.
Havemo inteso la differentia vertisse fra Uberto vostro figliolo et li conti Iohanne,
Iohannegaleazo et Ricardo Anguxioli per cagione del locho de San Damiano, et Ie
novitade seguite hincinde per dicta cagione; de che havemo preso gran despiacere.
Pertanto per levare via ogni debato havemo deliberato tore in nuy dicto locho fino sarà
veduto et cognosciuto ad chi de ragione specta; siché, havuta questa, vogliati mandare
qui da nuy con Ie rasone vostre dove anche mandaremo l'altre parte, ad ciò se possa
dare la rasone ad chi l'à, como è la intentione et voluntà nostra, secondo anche ve dirà
Antonio da Palude, vostro mandato, quale vene informato delIa mente nostra. Et
ordinati che tuti Ii vostri se levino de quello loco fino sarà veduto la raxone. Data ut
supra.
Zanetus.
Cichus.
678
Francesco Sforza scrive ai conti Giovanni, Giovanni Galeazzo e Riccardo Anguissola di avere
con dispiacere appreso della vertenza che hanno con Uberto, figlio di Riccardo Pallavicino, per il
possesso di San Damiano facendo anche ricorso alle armi. Depongano dette armi, si portino da
lui con le loro rivendicazioni, così come ha ordinato a Rolando, mentre il suo cancelliere Teseo
da Spoleto assumerà, in nome del duca, il governo del luogo fino a che lui, duca, assegnerà il
luogo a chi “haverà megliore raxone dal canto suo”.
(1453 dicembre 20, “apud Marchariam”).
Spectabilibus militibus dilectissimis nostris comittibus Iohanni, domino Iohannigaleaz et
Ricardo de Anguxolis.
Havemo inteso con grande despiacere la differentia fra vuy et Uberto, figliolo del
magnifico Rolando Palavicino per cagione del loco de San Damiano et le novitade
seguite dal canto del'uno et l'altro per dicta cagione, de che molto ne siamo maravigliati,
maxime intendendo como voy de presente haveti preso Ie arme in mano contra el dicto
loco; che quanto sia honesto esservi messi a simile 177v acto senza nostra saputa,
essendo nuy in loco dove aconzamente possevati mandare in uno dì et haveriamogli
proveduto, lo lassiamo in iuditio vostro. Pertanto ve scrivemo et admonemo per questa
che, recevuta questa, vuy debiate deponere le arme et non movervi ad fare novità
alcuna contra dicto loco; ma pretendendove voy de havere raxone alcuna in dicto loco
vedeti o mandati ad nuy con le raxone vostre, per che cosa havemo scripto ala parte
adversa che vengono con le soe. Et per tolere via ogni differentia fino questa cosa sia
cognosciuta scrivemo ad Theseo da Spoleto, nostro cancellero, quale in nome nostro
tenerà dicto loco, al quale lo vogliate far consignare; ad questo non fate replicatione né
contradictione alcuna, et farimolo poi consignare ad quella parte haverà megliore
raxone dal canto suo. Data ut supra.
R(evisit) Fil(ipus).
Cichus.
679
Francesco Sforza informa il referendario di Piacenza di aver assegnato al suo famiglio Amtonio
da Verona il passo e porto della Trebbia. Gl faccia sapere a quanto detto porto verrà incantato.
(1453 dicembre 20, “apud Marchariam”).
Referendario nostro Placentie.
Havemo donato et concesso ad Antonio da Verona, nostro fameglio, el passo et porto
della Trebia. Pertanto volemo che lo faci incantare et assigni l'intrata del dicto porto ad
esso Antonio, ma habii advertentia ad avisarne quanto pretio el serà incantato. Data ut
supra.
Irius.
Cichus.
680
Francesco Sforza scrive a Iacobo da Piacenza, che diede garanzia per 200 ducati per il prete
Pedro Mota della Mota, che il prete se n’è scappato e perciò si aspetta che Iacobo versi
la predetta somma.
(1453 dicembre 20, “apud Marchariam”).
Domino Iacobo de Placentia.
Te avisamo che quello prete Pedro Mota della Mota per lo qual festi segurtade per
ducento ducati se n'è fugito; siché te certificamo che volemo li dicti ducento ducati.
Provedi aduncha como te pare che gli habiamo. Data ut supra. Dupplicata.
Marcus.
Cichus.
681
Francesco Sforza ordina al referendario di Piacenza di intervenire per accontentare i dazieri
locali che si dicono defraudati di quanto dovuto al dazio da Marco Ghisalberto,
taverniere di Castronno.
(1453 dicembre 20, “apud Marchariam”).
178r Referendario Placentie.
Li dacieri de quella nostra cità ce lamentano da Marcho Ghisalberto, tavernaro in
Castrono, ch'el frauda el datio suo et ne rechede rasone, como intenderay per
l'introclusa supplicantia soa. Et perchè la rechiesta soa è honestissima, te comettiamo
et volemo che debii havere informatione de questo facto et ministrarli ragione expedita
secundo le dispositioni del datio et incanto suo. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
682
Francesco Sforza risponde al Colleoni lodandolo per l’interdizione fatta di biade a Bergamo e in
parti nemiche. Nulla osta che egli cavalchi verso Valle San Martino per porre fine alle vertenze di
quegli uomini, così come approva il suo andare verso Bipio, la rocca di Vercurago e quella di
Baydo. Faccia di tutto per impossessarsi di Bripio, della rocca e di quella zona. Gli ricorda che,
se ne avesse bisogno, suo fratello Alessandro, che si trova a Orzinuovi, gli potrebbe dare un
aiuto. Lo assicura che provvederà presto alla carenza di cibo di quegli uomini d’arme.
A proposito delle “tracte de biade” per sfamare la gente di quel paese, gli ricorda i provvedimenti
presi tramite il Consiglio segreto, cui deve rivolgersi nel bisogno perchè eseguirà quel che lui i
richiederà. Il duca gli rispnde negativamente alla sua richiesta di concedere il salvacondotto a
Roberto da Tiene per condurre moglie e figli da Brescia a Bergamo.
Si dice dispiaciuto del comportamento avuto con il Colleoni da Antonello da Campagna che ha
arrestato quell’uomo della Val Seriana, gli ha preso 102 ducati, due pezze di panno oltre a due
cavalli carichi di papiro. Il duca gli ha scritto intimandogli di obbedire in tutto al Colleoni e di
restituire quanto sottratto a quell’uomo.
Rifacendosi a quanto sopra dettogli di suo fratello Alessandro, gli dice che, se per la cavalcata
fatta dai nemici in Val Camonica gli abbisogna di qualcosa, si intenda con suo fratello.
Fu scritto ad Antonello di Campagna di restituire denari, cose e beni a quelli della Val Seriana
1453 dicembre 21, “apud Marchariam”.
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Havemo recevuto doe vostre lettere, l'una de dì XVII et l'altra de XVIII del presente, ale
quale, respondendo, dicemo, prima, ala parte di modi haviti servati ad restringere che
non vadano biade ad Bergamo, che haveti facto molto bene et ve ne rengratiamo, et
crediamo molto bene che quelli amici facessero quello ne scriveti, ma, essendo vuy lì,
ne stiamo securi che vuy Ii provederiti per modo che non andarano victualie ad
Bergamo né ad quelle terre inimiche. Del cavalcare vostro verso la valle de Sancto
Martino per la differentia è fra quelli homini, et così verso Bripio et la bastia et la rocha
de Vercuraco et dela rocha de Baydo, ne piace grandemente, et così ve confortiamo
che vogliati redure al’acordio dicta valle per ogni modo et fare tute quelle provisione ad
vuy possibile, como siamo certi che fariti per la recuperatione de Bripio et la dicta rocha
et le parte dellà. Et bisognandone alcuna cosa del canto de là, rechiedereti Alexandro,
nostro fratello lì al’Urcinovi, el quale ve darà ogni adiuto et favore. Et questa impresa
lassiamo a vuy, perchè nuy siamo dala longa et occupati ala impresa d’Asola, qual
intendemo tuore de presente.
Ala parte dela carastia et confusione diceti è in quella zente d'arme, dicemo che nuy gli
provederemo per qualche modo et presto che poterano vivere.
Al facto de tracte de biade per sustentare quelli homini del paese, dicemo che per altre
nostre doveti havere inteso la provisione che havemo facto per la via del nostro
Consiglio, siché (a) ad questo non pare dire altro se non che debiati intenderne con
loro, perchè exequirano tuto quello (b) che li rechiederiti. El salvoconducto, che ve
rechiede Roberto da Tiene de condure la moglie con li figlioli de Brexa ad Bergamo,
dicemo che non ne pare per veruno modo glilo debiati fare.
178v Dela contumaza ha usato con vuy Antonello de Campagnia in sostenire quello
homo de Valle Seriana et tuorli li ducati 102, doe peze de panno et duy cavalli carchi de
papiro, ne rencresce ultramodo; et pertanto gli scrivemo et comandiamo
expressamente che, ad ogni vostro comando, restituisca li dicti dinari et robba
integramente; et lo admoniscomo per modo che da hora inante el exequirà et obedirà
tuto quello gli comandariti, per(chè) così è nostra intentione; et quando facesse
altramente gli daremo ad intendere che harà facto male.
La parte che nuy dicemo de sopra de rechiedere Alexandro, nostro fratello, dicemo per
la cavalcata che intendiamo hanno facto l’inimici in Valle Camonica, ala quale siamo
certi che habiate facto qualche provisione; et si li bisogna ad provedere alcuna cosa per
questo, che ve intendate con dicto nostro fratello. Data apud Marchariam, xxi
decembris 1453.
Christoforus.
Iohannes.
(a) Segue per depennato.
(b) Segue ti depennato.
Die suprascripto.
Scriptum fuit Antonello de Campanea quod debeat restituere omnes peccunias, res et
bona illis de Valleseriana pro quanto gratiam nostram caripendunt.
Christoforus.
Iohannes.
683
Francesco Sforza scrive al Colleoni di lasciare spazi nei luoghi vicino a Brusaporto a
Sagramoro Visconti e alla sua squadra, siccome non può alloggiare a Brusaporto.
1453 dicembre 21, “apud Marchariam”.
Bartholomeo Coleono.
Perché misser Sagramoro Vesconte con la squadra sua non pò comodamente lozare in
Brusaporco, como era ordinato, ne pare et cussì volemo che gli debiate lassare li lochi
circumstanti al dicto loco de Brusaporco ad ciò che l’abia stantia idonea de allozarse.
Ex campo nostro felici apud Marchariam (a), die xxi decembris 1453.
Irius.
Cichus.
(a) Segue apud depennato.
684
Nel brano mutilo della missiva si osserva che lo scrito di Andrea gli è stato dettato per favorire il
fatto del suo signore e danneggiare quello dello scrivente. Si puntualizza poi la nessuna
credibilità (“non è micha da credere...” che l’andata del messo Pietro da Roa a Padova sia stata
fatta “per praticar de pace”, osservando sia la maggior praticabilità di Btrscia, ove tali trattative
già “principiarono”, che il mancato ritorno del messo a Ozinuovi. Fa sapere (al Colleoni) che a
Sagramoro risposto che asseconda il suo desiderio di andare in campo con la sua squadra,
lasciando al Colleoni la cura della sicurezza di Brusaporto.
mira a favorire 1453 dicembre 19, “apud Marchariam”.
180r (a) retornato ma, per dire el parere nostro de quello comprendemo del scrivere de
Andrea predicto, ad nuy pare essere certissimi, como la magnificentia vostra intende
così bene, como nuy, che questo tal scrivere la signoria l'à facto fare ad fine de favorire
el facto suo et desfavorire el nostro con parole et demonstratione, monstrando a chi
loro piacesse como el vostro messo è andato fin a Padoa usando apresso, in questo,
del'altre arte che sanno usare Venetiani, et non è micha da credere che vogliamo che
questo vostro messo vada fin là per praticar de pace, perchè, quando el volesseno, per
casone de pace praticariano la cosa a Brexa, como sapeti che principiarono, et non a
Padoa, advisandove che, da poi che Piero da Roa se partì dali Orci, non è may più
retornato né mandato a dire cosa alcuna, et se pur venesse o mandasseno a dire cosa
alcuna sopra ciò, ne sereti avisato, perchè non havemo mancho caro l'honore et bene
vostro che lo nostro proprio, perchè el reputiamo nostro, et la magnificentia vostra ha
inteso mò el parere nostro, siché porà far fare quella resposta al dicto domino Andrea
che li parerà sia condecente. Circh'al facto de domino Segramoro el ne ha mandato a
dire che piutosto delibera del venire de qua che restare delIà con la squadra, al quale
havemo mandato a dire che siamo contenti che’l venga, siché, venendo la
magnificentia vostra, porà havere cura de quello loco de Bruxaporcho et, se pur
volesse restare, poreti ordinare che una parte delli vostri fanti staghino con sì in quello
borgo per più loro secureza; dentro del recepto nostra intentione è che non li stia
alcuno. Data apud Marchariam, xviiii decembris 1453.
Iohannes.
(a) La missiva inizia così in quanto manca la carta precedente.
685
Francesco Sforza rispondendo ad Angelo Simonetta che gli ha scritto di inviare a re Renato 200
carri di fieno e frumento e biada e altri 50 carri a tre gentiluomini, ricorda di aver già scritto a quei
di Piacenza di far avere al sovrano 30 carri di fieno, della biada e del vino.
E’ del parere che gli vengano dosate le forniture, perchè, altrimenti, delle grandi quantità egli
“consumarà in casa soa...la minor parte”. Tutto questo poi, è condizionato al fatto che egli stia a
Piacenza tutto l’inverno; ma volendosene, come ha dato a intendere, andare via quello che ha
ricevuto basta. Gli è stato di grande conforto la notizia che ser Andrea gli deve mandare 4.128
lire oltre alle altre 5000.
(1453 dicembre 19, “apud Marchariam”).
Domino Angelo Simonete.
Respondendo ala toa lettera de dì xvii del presente facta a Lodi, per la quale ne recordi
che’l sarà bene a far dare ala mayestà del Re quelIi ducento cara de feno et furmento
et biada, et così quelli altri L carra a quelli tre gentilhomini, et cetera, dicemo che sonno
già sei zorni che nuy scripsemo a quelli nostri a (a) Piasenza che dovesseno presentare ala prefata soa mayestà trenta carra de feno et certa biada et vino, et così 180v
semo certi haranno exequito. Et così anchora seremo contenti che se gli faza dare
del'altro feno, biada et frumento in pocha quantità la volta, perchè sarà molto più utile al
prefato Re dargli quello se gli ha dare in più volte a poco a poco, attento (b) se’l
consumarà in casa soa, che a dargli ogni cosa in uno tracto, perchè la menor parte
secundo intendemo serà la soa. Et questa spesa intendemo se faza non in tucto, ma in
parte in più volte, casu quo che la mayestà soa delibera de restare ferma in questa
vernata lì in Piasenza, ma dovendosene andare via, como ha monstrato, non ne pare
per niente se gli faza altra spesa che quella è stata ordinata. Et tu ne haverai ad chiarire della voluntà soa et deli modi se haverano circha ciò ad servare.
Deli denari dice mandarne per ser Andrea, che sonno libre 4.128, et così le altre 5.000,
ne restamo molto consolati perchè giongeno a tempo. Data ut supra.
Iohannes.
(a) Segue de depennato.
(b) Segue che depennato.
686
Francesco Sforza si compiace con il luogotenente di Lodi per la provvista dei due piatti grandi
con il castello, delle altre cose necessare per “stropiare” il ponte a Rivolta, come per aver
mandato i maestri e i guastatori e iniziata la rovina della torretta e delle colonne, anche se non si
possono “stropiare integre”. Non potendo atterrare tutte le colonne, faccia scavare le altre e
danneggiare il resto del ponte, lasciando che, ingrossando, l’acqua faccia la sua opera
demolitrice oppure si aspetti l’arrivo di mastro Pedro. Quel che gli interessa è che faccia “subito
mandare giuso” il porto di Cerreto a Gaspare da Suessa e che solleciti Rossino ad abbattere il
ponte, avendo, però, cura che “le monitione et fornimenti ...non vadano a male”.
1453 dicembre 22, “apud Marchariam”.
Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto le vostre Iettere de dì XVI del presente et inteso quello ne scriveti
delIa provisione havite facta in mandare tutti duy Ii piatti grandi col castello et tute Ie
altre cose bisognano per stropare il ponte ad Rivolta, così li magistri et guastatori, et
cetera, et del principio hanno facto de guastare dalla parte verso la torreta, così delle
colonne sonno al secho, quale diceti non se possono stropare integre; ala quale
respondendo comendamove della provisione haviti facto per guastare dicto ponte.
Benchè vuy et li altri, alli quali ne havemo dato carico, se siano portato molto
lentamente, ve dicemo che, non possendose stropare quelle colonne sonno al sucto
integre, li faciati lassar stare, ma fate cavare le altre et el resto del ponte guastare;
perchè quando poi l'aqua sia ingrossata, overo sia venuto maestro Pedro, se porano
cavare le altri. Ma el porto era a Cereto volimo debiati subito mandare giuso 181r ad
Cerreto, remossa ogni casone, ad Gasparro da Sessa; et caricamovi che dal canto
vostro usati ogni diligentia. Così solicitati Rossino al desfare dicto ponte, al qual
Rossino scrivemo opportune per l'aligata, como ne recordati che le monitione et
fornimenti del dicto ponte non vadano ad male, la quale gli mandati. Data apud
Marchariam, xxii decembris 1453.
Zanetus.
Cichus.
687
Francesco Sforza scrive a re Renato in favore dei gentiluomini di Cocconato, fedeli amici dei
Visconti e, tra loro, gli segnala Guideto, abitante a Ticineto, che gli è caro sia per nobiltà che per
rispettabilità, anhe se è maltrattato da Guglielmo di Monferrato per la sua amicizia con lo Sforza.
Siccome ha saputo che alcuni soldati regi, che stazionano a San Martino, danneggiano non
poco quel suo luogo, il duca chiede al sovrano di raccomandare Guideto ai signori di Monferrato
e di ammonire i suoi soldati perchè non molestino nè Guideto nè i suoi uomini.
(1453 dicembre 22, “apud Marchariam”).
Regi Renato.
Li gentilhomini de Cochonato sonno stati continuamente mey amici et affectionati ad la
illustre casa di Vesconti, et fra li altri è Guideto da Cochonato, habitatore del loco de
Ticineto, el qual, sì per la nobilità, sì etiam perchè è persona da bene, ad me è molto
caro. Et perchè questa tale amititia che l'à con nuy gli è pur stata nociva apresso lo
illustre signore marchese domino Guiglielmo de Monferrà, et da loro stato mal tractato,
et specialmente adesso, secundo che m'ha facto dire, alcuni soldati dela serenissima
Mayestà vostra, che logiano al borgo Sancto Martino, fanno grandissimo damno ad
quello suo loco et homini, tractandoli non altramente che se fossero inimici. Pertanto io
prego la prelibata vostra mayestà che la se degni recomandare esso Guideto ali prefati
signori in modo che li possa stare et li suoi homeni senza molestia, et così admonire li
dicti suoi soldati che non gli vogliono fare damno, anzi reguardarli per modo che non
habiano cason de dolerse più per questa cosa. Il che io haverò carissimo dala prelibata
vostra mayestà, cui devote me comendo. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
688
Francesco Sforza informa Angelo Simonetta di aver scritto a re Renato in favore di Guideto di
Cocconato, abitante a Ticineto, sia perchè Guglielmo di Monferrato abbia un riguardo per lui, sia
anche perchè i soldati del re la smettano di far danni nel suo luogo di San Martino.
(1453 dicembre 22, “apud Marchariam”).
Domino Angelo Simonete.
Nuy scrivemo per l'aligata ad quella serenissima regia mayestà in favore et
comendatione de Guideto di nobili di Cochonato, habitatore del luogo de Ticinetto
apresso el borgo San Martino, che la se degni de recomandarlo ad li illustri signori
marchese et Guglielmo da Monferra, et così scrivere ad li suoy soldati che alozino lì al
borgo che non turbino lo dicto Guideto né li suoi homini del dicto loco de Ticinetto,
como hanno facto et fanno secundo che luy ce ha dicto. Pertanto essendo el dicto
Guideto ad nuy molto grato et accepto, sì per la nobilità della casa, la quale sempre è
stata affectionata ad la illustre casa di Vesconti et ad nuy, volemo che, apresso 181v
dicte nostre lettere, preghi per nostra parte la prelibata mayestà che vogli fare quanto
scrivemo et con ogni favore che sia possibile. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
689
Francesco Sforza richiama al Colleoni quello che gli ha fatto sapere circa il fatto della Val
Camonica e gli comunica di aver ordinato a suo fratello Alessandro di intendersi con il Colleoni
sul da farsi in merito alle cose della Val Camonica. Vuole, perciò, che lui tralasci l’impresa della
Valle San Martino e della Valsassina e attenda alle cose della Val Camonica per la quale ha
scritto a suo figlio Tristano, a Sagramoro da Parma, ai Sanseverino, a Colella da Napoli,
ad Angelello da Lavello, ad Antonello da Borgo di trovarsi a Primeto
e fare quanto diranno loro suo fratello e lui.
1453 dicembre 22, “apud Marchariam”.
Bartholomeo Coleono.
Voi haveriti inteso quello ve avimo scripto per nostre date a XVIIII et XXI del presente
circa al facto delle cose de Val Camonica, et haverite inteso l'animo et dispositione
nostra che è de favorire le doe cose. Pertanto havendo scripto al magnifico Alexandro,
nostro fratello, che se debia intendere con voi ad fare quanto serà di bisogno circha de
zò, vi confortiamo, carichamo et stringemo cum ogni studio, cura et diligentia vostra
debiate atendere alle cose de Val Camonica, lassando piutosto stare l'impresa de Val
Samartino et de Valsasena, et fare per modo che alli inimici non possino rescire li
pinsieri, cavalcando colli vostri et colli altri dove serà bisogno et facendo in questo facto
como havemo speranza in voi, avisandove, che ad ciò che possate meglo favorire la
dicta impresa, che nui scrivemo ad Tristano, nostro figlolo, ad Sacramor da Parma, alli
Sansoverinisci, ad Colella da Napoli, ad meser Sacramor Vesconte, ad Angelello da
Lavella, ad Antonello da Borgo che debiano stare im Prineto et fare quanto li serà
commisso per voi et per lo dicto Alexandro, perchè, inten(den)dovi insema con lo dicto
Alexandro, intendimo da tucti siati obediti como la persona nostra. Ex castris nostris
apud Marchariam, xxii decembris 1453.
Cichus.
Die suprascripto.
In simili forma scriptum fuit magnifico Alexandro Sfortie, mutatis mutandis.
690
Francesco Sforza, scrive a Tristano Sforza di essere stato informato che i nemici cercano di far
guai in Val Camonica. Ha, perciò, ordinato a suo fratello Alessandro e al Colleoni di dedicarsi a
tale impresa. Gli comanda, di conseguenza, di essere pronto a rispondere a ogni loro richiesta.
In simile forma ha scritto a: Angelello da Lavello, Antonello de Burgo, Sagramoro Visconti,
Sagramoro da Parma, Colella da Napoli e ai fratelli Sanseverino.
(1453 dicembre 22, “apud Marchariam”).
Tristano Sfortie.
Perchè siamo advisati che I’inimici cercano de turbare Ie cose nostre de Vallecamonica,
havemo scripto al magnifico Alexandro, nostro fratello, et al magnifico Bartolomeo
Coleone che, bisognando, debiano dare ogni favore expediente a quella impresa.
Pertanto volemo, et comandiamove che debii stare unito et imponto con tuti Ii tuoy,
rechiedendoti loro o alcuno d'essi che debii cavalcare o far più una cosa che un'altra, lo
debii fare senza exceptione et contradictione alcuna, et non 182r altramente como se
nuy te lo comandassemo. Data ut supra.
Cichus.
In simili forma Anghelello de Lavello, Antonello de Burgo, Segramoro Vicecomiti,
Segramoro de Parma, Colelle de Neapoli, Francisco Americo et Bernabovi fratribus de
Sancto Severino.
691
Francesco Sforza comanda al commissario di Pizzighettone di arrestare Colla da Calabria,
compagno di Evangelista Savello, che dovrebbe essere in campo e, invece, se ne sta lì.
In simile forma si è scritto al podestà di Bereguardo per l’arresto di Fattemanza, al podestà
“Clararum” per la detenzione di Giovanni de Claris, al podestà di Cormo per la detenzione di
Lamberto da Misinello, al capitano di giustizia di Milano per la detenzione della comunità di San
Colombano, al podestà di Fontanella per la detenzione di Andrea Sclavo.
(1453 dicembre 22, “apud Marchariam”).
Comissario Pizleonis.
In quella nostra terra se retrova essere Colla de Calabria, compagno de Evangelista
Savello, qual non vole stare in campo como el doveria et servirlo como fanno Ii altri.
Pertanto volemo che lo debiati far trovare et destenirlo, non relaxandolo senza nostra
licentia. Data ut supra.
Cichus.
In simili forma scriptum fuit potestati Bereguardi pro detentione Fattemanze,
Item potestati Clararum pro detentione Iohannis de Claris;
item potestati Cormi pro detentione Lamberti de Misinello;
item capitaneo iustitie Mediolani pro detentione comunitatis Sancti Columbani;
item potestati Fontanelle pro detentione Andree Sclavi.
Irius.
692
Francesco Sforza scrive a Gaspare da Suessa di aver ordinata al podestà di Novara di
accordare per tutto il mese di gennaio la sospensione della causa che gli ha richiesto per
Giovanni Pietro Rabozo. Gli fa sapere che non occorre un rinnovo dei privilegi se essi sono stati
confermati da sua sorella Elisa, cui ha affidate quelle cose. Lo assicura di aver scritto al
luogotenente di Lodi di rimettere quelle navi al loro posto.
(1453 dicembre 22, “apud Marchariam”).
Gasparri de Suessa.
Respondendo ala toa, quanto al facto delIa suspensione rechede per Zohannepetro de
Rabozo, siamo contenti se fatia, et scrivemo al nostro potestà de Novara che tegna
suspesa la dicta causa per tuto el mese de zenaro. Ala parte de confirmare Ii suoy
privilegii, dicemo che questo non bisogna, perchè nuy havemo una volta date quelle
cose ad Elisa, nostra sorella; et se ley gli l’ha confirmati, basta. Al facto delle nave,
havemo scripto al nostro locotenente de Lode che Ie debia remettere al suo loco, et
così siamo certi farà. El tuo cancellero havemo spazato quanto bisogna. Data ut supra.
Irius.
Cichus.
693
Francesco Sforza invita il Colleoni a proseguire nella sua impresa in Val San Martino in modo da
impossessarsi presto della bastita di Brivio, curando che essa possa poi giovare contro
Bergamo. Compiute le operazioni lì, vorrebbe che il Colleoni si premurasse di far danni ai nemici
che si sono mossi in soccorso del castello di Bre, impedendo così, di raggiungere il loro intento.
Necessitandogli aiuto, si accordi con suo fratello Alessandro.
Ha scritto ai Sanseverino per il mancato loro appuntamento con il Colleoni.
Si dice consapevole del bisogno di quella gente e spera di intervenirvi presto.
Gli ripete che quanto ha saputo, tramite un trombettiere, suo amico è fatto ad arte dai suoi amici
per dar speranza alla gente, ma, se detto amico volesse dire qualcosa di concreto, non ha che
da andare a Brescia o mandare uno dei suoi dal Colleoni,
che poi contraccambierà con l’invio di un suo uomo.
1453 dicembre 24, Mantova.
182v Magnifico Bartholomeo Coleono.
Havimo recevuto la vostra littera de dì XXI del presente, per la quale restiamo
pienamente avisati del’andare vostro in la Valle San Martino et di quanto haveti facto, et
cetera; al che non accade dire altro se non che ve confortiamo a proseguire in la
impresa ita che la reducati a bon fine la bastita de Brivio, quale sperate havere
prestissimo. Dicemo che havendola, non la vogliati guastare perhò che ad nuy poterà
fare favore contra Bergamo et quelle cose dellà; per l'havuta dela quale bastita semo
certi Brivio non poterà stare cossì et prendarà partito. Et da poy che haveriti fornito,
quanto vi parirà de fare dellà, serimo contenti, perchè I’inimici, como havereti inteso,
sono mosti per andare a succorere lo castello de Bre, vogliati cerchare de fargli damno
et providere in modo che non gli possa reussire il pensiero loro; et bisognandovi circa
ciò veruno adiuto, vogliati intendervi cum Alexandro, nostro fratello, al quale havimo
scripto se intenda cum voy in tucte quelle cose che vi parerà bisognare. Che quelli
fratelli de Sanseverino non siano venuti ne è despiaciuto et ne siamo maravigliati; et de
novo gli scrivimo quanto ne pare.
Ala parte del vivere dele gente, siamo certi lo bisogno sia como diceti, il perchè nuy
attendemo et procuramo trovare lo modo et, trovato, provederemo al bisogno, et
speramo serà presto.
Ala parte deIi brevi ve ha mandato quello amico per lo trombeta ve havemo resposto, et
cossì ve replicamo che quello fanno quelli amici lo fanno ad arte per mantenere Ii populi
soy in speranza; ma s'el volesse dire cosa de effecto vegna a Brexa et mandi uno di
soy de voy, et voy poy mandariti uno di vostri. Questo è lo nostro parere. Data Mantue,
xxiiii decembris 1453.
Bonifatius.
Cichus.
694
Francesco Sforza allega ad Antonello de Burgo e ad Angelello da Lavello la lettera diretta ai
membri del Consiglio segreto perchè conceda loro le licenze necessarie per far fronte ai bisogni
di vettovaglie da loro segnalati per Geradadda. Li assicura che sta dandosi da fare per avere
denari per accontentare presto i loro uomini d’arme.
1453 dicembre 26, “apud Marchariam”.
183r Antonello de Burgo et Angelello de Lavello.
Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso quanto ne scriveti dela necessità de
victualia che è là in Glaradada e delle licentie che bisognino tore da quelli del nostro
Conseglio de Milano, et cetera; ala quale, respondendo, dicemo che per l'aligata
scrivemo opportunamente a quelli del Conseglio predicto che circa questo ve debbano
fare in nostro nome quelle lettere et darve quella via et modo che sia più expedito
perchè non portiate necessità alcuna nè mancamento per condure el fromento che ve
bisognarà. Sichè vogliate havere recorso da loro, perchè siamo certi gli provederanno
et bene. Ala parte de quelli vostri homini d'arme che sonno senza dinari dicemo che
nuy siamo ale mane per recuperarne et provedere ad questi bisogni; et presto nuy gli
provederemo. Et de questo state de bona voglia, et serà così presto che ve atrovariti
ben contento da nuy. Data apud Marchariam, xxvi decembris 1453.
Christoforus de Cambiago.
Cichus.
695
Francesco Sforza scrive al podestà e al capitano della cittadella di Piacenza che potranno
consentire a Giovanni da Iseo di portarsi da lui dopo aver confermata la garanzia di 1000 ducati.
1453 dicembre 23, “apud Marchariam”.
Potestati et capitaneo citadelle Placentie.
Perchè ne è facto instantia vogliamo essere contenti che Iohanne da Iseo vegni qui da
nuy, ve dicemo per questa che nuy siamo contenti, refirmando lo dicto Ionanne la
securtade delli mille ducati, che venerà qui da nuy, et non se partirà da nuy senza
nostra licentia in scriptis che vuy lo lassati venire. Sichè quando luy habia refirmato
dicta securtade con quello modo solemne ve parerà, lo licentiarite che possa venire qua
da nuy. Apud Marchariam, xxiii decembris 1453.
696
Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme di consentire al famiglio ducale Raffaele
Pugnello di comprare sulle sue terre 1600 sacchi di fumento.
1453 dicembre 26, “apud Marchariam”.
183v Magnifica domine Luchine de Verme.
Perchè haverno ordinato a Raphael Pugnello, nostro farniglio, che facia una compra de
formento per nostro bisogno, ve confortiarno et caricamo che a dicto Raphaelo diate la
commodità de comprarne e cavarne delle vostre terre sachi mille sey cento, como
siamo certi fariti per lo nostro aconzo. Ex Marcharia, xxvi decembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.
697
Francesco Sforza ingiunge ad Antonio de Sicchis, commissario di Geradadda, di fare una
“publica et solenne crida...per Geradadda” che vieti a chiunque, persona militare o civile, di
portare sale e vettovaglie a Crema. E’ informato che saccomanni, sia di Crema che di Bergamo,
hanno portato di notte a Crema per la via di Caravaggio a Rivalta “dalla banda de Cassano”
grande quantità di sale. Chi violerà la grida verrà punito con l’impiccagione.
Ciò varrà anche per i saccomanni nemici presi da condottieri e soldati sforzeschi,
essendo Crema dal duca ritenuta città assediata.
1453 dicembre 27, “apud Marchariam”.
Antonio de Sichis, comissario nostro Glareabdue.
Nuy siamo informati giaramente per persone che vegnono da Crema che per li
saccomani, sì quelli che stano ad Crema como quelli che stanno ad Bergamo, fu
conducto da Bergamo ad Crema grande quantità de sale ad tempo de nocte per la via
de Caravazo ad Rivalta dala banda de Cassano, et quella terra de Crema assay se
adiuta per questa via che, quando questo gli mancasse, la staria in extrema necessità
de sale. Per la qual cosa volimo, et per Ie presente ve comettemo che subito faciate
fare una publica et solene crida Iì per tuta Giaradadda che niuna persona, sia che se
vogli, così soldati et sacomani como terreri et d'ogni altro grado et condictione, non
ardiscano presumi portare sale, nè victuala alcuna ad Crema sotto pena delIa forcha; et
così ne avisareti per nostra parte quelli conducteri, aciochè avisano ciascuno Ii suoy
che niuno de ciò possa pretendere ingnorantia; et poi fareti guardare molto bene quella
strata et ogni altra via che habiate suspecta per questo continuamente, per modo che
non vadi ad Crema nè sale, nè victualia alcuna, et attrovandone veruno colpevole
volemo ve lo faciate 184r consignare in Ie mane, se alcuni sacomani de inimici seranno
presi per quelli conductori et soldati nostri et Ii faciate impichare per la gola, perchè nuy
intendiamo che Crema è assidiata et è prohibito ad ogni homo de condure victualia in
terra assidiata sotto pena della forcha. Sichè curarite con ogni diligentia de exequire
quanto ve habiamo dicto, avisandone per nostre lettere quanto haveriti facto. Data apud
Marchariam, 27 decembris 1453.
Christoforus.
Cichus.
698
Francesco Sforza impone al podestà, al capitano del distretto e agli ufficiali di Piacenza di non
ulteriormente opporsi a che gli uomini di Pluvidizio e di Mairano possano estrarre dalle terre
ducali una certa quantità di biade e condurle, come vuole la licenza ducale, nei loro luoghi.
1453 dicembre 6, “apud Marchariam”.
Potestati, capitaneo districtus ceterisque offitialibus Placentie.
Nuy havemo concesso, già sonno alcuni dì passati, alli homini nostri de Pluvidizio et de
Mayrano valida licentia de cavare delle terre nostre certa quantantità de biade (et)
condurle alIi dicti luochi per uso loro, et pare che gli deneghiati de lassarli cavare Ie
dicte biave; del che se maravigliamo. Et perchè nostra intentione è che gli sia observata
dicta licentia, ve comandiamo et volemo che li lassate cavare dicta biava secondo
contene in essa licentia et condurle alIi dicti luochi per uso loro liberamente et senza
exceptione alcuna. Data Marcharie, die xxvii decembris 1453.
Bonifacius.
Cichus. (a)
(a) Segue Conestabili nostro Paduno depennato.
699
Francesco Sforza scrive ai presidenti agli affari di Pavia di dare al suo famiglio Raffaele Pugnello
le 3000 lire della loro sovvenzione per l’acquisto di frumento, come e dove Raffaele sa, non
intendendo derogare a patti e convenzioni fatti con quella comunità.
1453 dicembre 26, “apud Marchariam”.
184v Presidentibus negociis comunitatis Papie.
Siamo contenti et piacerane molto che faciati dare et numerare ad Raphael Pugnello,
nostro fameglio, quelle iii milia imperiali, delle quale ne subvenete de presente per
comprare formento, perchè havemo ordinato al dicto Raphael dove et como debe fare
la compra de dicto formento, non intendendo nuy per questo, nè che sia derogato ad
alcune promesse, pacti nè conventioni, quale havessemo facto a quella nostra
comunità le quale intendemo et volimo remagneno ferme. Et per più fede et chiareza
delle suprascripte cose havemo sottoscripto la presente manu propria.
Cichus.
Franciscus Sfortia vicecomes manu propria subscripsit.
700
Francesco Sforza si congratula con il Colleoni che, nella sua andata a Lovere con Colella da
Napoli, ha messo in fuga i nemici. Gli piace quel che ha scritto a Tiberto e ad altri perchè
ritornino ai loro alloggiamenti. Può stare anche sette od otto giorni in Val Camonica assediando
la rocca di Breno e le altre fortezze che “restino ad haverse” in modo che la valle sia pacificata e
si impedisca il ritorno dei nemici. Cerchi di prendere le fortezze di Valle San Martino, la rocca di
Baiedo e di Brivio. L’ufficiale che vi ha messo starà fino all’arrivo del capitano designato dal
duca. Ricavi, purchè debitamente, danari da quelli che hanno chiamato i nemici per darli a
quelle genti. Mantenuti sul posto i militari necessari in Valsassina e in Val San Martino per
conquistare quelle fortezze, e non rimovendo genti d’arme da Soncino, Romanengo,
Castelleone e Trivoli, gli pare opportuno che ordini tutti i fanti di qua dall’Oglio, i saccomanni,
gli uomini d’arme e gli uomini di Valcamonica per dare una “spelizata”
a quelli della Val Trompia per farli pentire della loro cavalcata.
1453 dicembre 29, Piacenza.
Magnifico Bartholomeo Cogliono.
Respondendo ala vostra lettera ne scriveti del dì 26 del presente del'andata vostra con
Colella ad Lovere et de quello havete seguito in caciare li inimici, quali se ne sonno
fugiti et tornati indreto, ve dicemo ne piace grandemente et ve comendiamo et
rengratiamo delIa diligentia haveti usata in questo facto; cosi ne piace quello havete
scripto ad domino Thiberto et ad quelle altre gente che retornino et restino ali
logiamenti soy. Ala parte del restare vostro Iì in Vallecamonica per tre o quatro di, et
cetera, dicemo siamo contenti et parne gli stagati vii et octo stringendo la rocha di
Breno et le altre forteze restino ad haverse dal canto dellà per modo che la Vallecamonica resta in pacifico stato et che li nimici non possano 185r un'altra volta venire in
la dicta Valle, como hanno facto adesso, ordinando però che tutavia se attendi ad tuore
le forteze de Valle San Martino, la rocha de Bayedo et quela de Brivio; vuy sete sul
facto al quale lassamo la cura et affano de questo facto. Sichè provedeti como ve pare
che se habia la rocha de Breno, quella de Bayedo et quella de Brivio et quelle de Valle
San Martino, provedendo ad tuto como siamo certissimi saperete ben fare. Del’officiale
haveti posto nuy siamo contenti gli staghi fino venerà lo capitaneo quale havemo
ordinato; così delli denari diceti voler cavare da quelli cativi hanno chiamato Ii nimici per
dare ad quelle gente, vuy sete suI facto; lassiamove el caricho de provedere como ve
pare, rendendone nuy certi che vuy non fareti cosa a alcuna persona dela quale
debitamente se ne possano dolere; et così ve ne preghiamo et confortiamo. Ben ne
pareria che per fare pentire quelli de Valtro(m)pia de questa cavalcata che, lassando
ferme quelle gente ve paresseno necessarie in Valsasina et Val San Martino per tuore
quelle forteze et non removendo le gente sonno ad Soncino, Romanengo, Castellione
et Trivoli, vuy ordenasti tute le altre gente sonno de qua da Olio ad pede, li homini
d’arme et sacomani et così più numero de homini fosse possibile de Valcamonica et
Voltolina et ne daresti una spelizata ad essi de Valletro(m)pia; nientedemeno vuy sete
sul facto. Provedete ad tuto como ve pare. Placentie, 29 decembris MCCCCLiii.
Cichus.
701
Francesco Sforza fa rilevare a Teseo da Spoleto che, per errore dello scrittore, gli è stato
ordinata la raccola di denari nel Piacentino per 1200 cavalli dal primo dicembre, anzichè dal
primo novembre. Vuole, perciò, che Teseo avvisi tutti quelli che devono pagare detta tassa che
“subito et senza dimora alcuna” mettano insieme la somma dovuta, perchè il duca la manderà a
riscuotere per i soldati che “ne hanno grande de bisogno”.
D’ora in poi provveda alla riscossione mensile.
In simile forma, con le debite variazioni, si è sritto a: marchese Rolando Pallavicino, per le terre
sue, per 500 cavalli,donna Luchina dal Verme per 500 cavalli,Gandulfo da Bologna, come al
solito, per il Parmense,ser Bertoluzio da Gubbio, per la Campagna di Pavia, per 400 cavalli,
Francesco de Georgiis, nel Lodigiano, per 800 cavalli, Antonio,detto Campagnino, capitano di
Casteggio, per le terre pavesi Oltrepo, per 900 cavalli, podestà di Tortona, per il Tortonese, per
400 cavalli, Giovanni Stefano di Casate, capitano della Lomellina, per 815 cavalli.
1454 gennaio 1, “apud Marchariam”.
185v Theseo de Spoleto.
Benchè questi dì passati te scrivessemo che tu devesti scodere et mettere in ordine li
denari delle taxe de Piasentina per li cavali 1200, cominciando in le calende de
decembre passato, nondemeno per queste te dicemo che l’è stato errore del scrittore,
perchè doveva dire ad calende de novernbre, et così è nostra intentione ch'el
pagamento d'esse taxe debii comintiare al dicto calende de novembre, como cornintiò
l’ano passato. Pertanto volemo che tu ne avisi tutti quelli che hanno ad pagare esse
taxe et rescodi et metti in puncto li denari de questi duy mesi proximi passati subito et
senza dimora alcuna, che siano apparechiati, perchè li mandaremo ad tuore per messo
proprio per dargli ali nostri soldati, Ii quali ne hanno grande de bisogno. Et così
provederay per l’avenire ch'essi denari siano scossi (a) de mese in mese et in puncto,
como per l'altre nostre te habiamo scripto. Apud Marchariam, primo ianuarii 1454.
Christoforus.
Cichus.
(a) scossi scritto su rasura.
In simili forma, mutatis mutandis, Rolando Palavicino, marchioni, pro terris suis pro
equis 500;
domine Luchine de Verme pro equis 500;
Gandulfo de Bononia iuxta solitum terminum presentem pro Parmensi;
ser Bertholutio de Eugobio in campanea Papie pro equis 400;
Francisco de Georgis in Laudensi pro equis 800;
Antonio dicto Campagnino, capitaneo Clastigii, pro terris Papiensibus ultra Padum pro
equis 900;
potestati Terdone pro Terdonensi pro equis 400;
Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lomelline, pro Lomellina pro equis 815.
702
Francesco Sforza vuole che Angelo Simonetta, nel caso che dei Francesi in partenza mettano
in vendita dei cavalli, ne acquisti dei buoni da cavalcare armati e anche per i suoi famigli. A tale
scopo gli manda un cavallaro. Mandi gli animali acquistati nel Pavese o dove ritiene meglio.
1453 dicembre 31, “apud Marchariam”.
186r Angelo Simonete.
Ne siamo recordati che in questa partita delli Franzosi se troverano forse alcuni che
venderano delli suoy cavali; et perchè nuy habiamo bixogno de qualche cavali da
cavalcare armati, et per le persone delli nostri famegli, haveressemo caro achatarne
alcuni. Il perchè te comandiamo et volemo che prima se partino dicti Franzosi usi ogni
tua diligentia et studio ad achatare delli dicti cavalli, delli quali ne compreray più nurnero
che potray, metendo pensiero ad acatharli boni, avisandote che per questa casone
solamente nuy mandiamo ad te questo cavalario, exibitore de questa; sichè non gli
perderay tempo veruno. et quelli che acatharay farayli condure in Pavese o dove te
parera meglio, et poy subito ne avisaray. Data Marcharie, xxxi decembris MCCCCLiiii.
(a)
Bonifacius,
Cichus.
(a) Segue acatharayli depennato.
703
Francesco Sforza si ripete con il podestà e il capitano di Piacenza disponendo che possono
mandare da lui Giovanni da Iseo dopo aver rinnovata la “securitade” di 1000 ducati.
1453 dicembre 23, “apud Marchariam”.
Potestati et capitaneo citadelle Placentie.
Perchè ne è facto instantia vogliamo essere contenti che Iohanne da Iseo vegni qui da
nuy, ve dicemo per questa che nuy siamo contenti, refirmando lo dicto Iohane la
securtade delli mille ducati, che venerà qui da nuy, et non se partirà da nuy senza
nostra licentia speciale in scriptis che voi lo lassiate venire. Sichè quando luy habia
refirmate dicte securtade con quello modo solemne ve parerà, lo licentiareti ch'el possa
venire qui da nuy. Apud Marchariam, xxiii decembris 1453.
Zanetus.
Cichus.
704
Francesco Sforza ordina al podestà e al capitano della cittadella di Piacenza di indurre il
maestro Martino da Bergamo, che è a Piacenza, a pagare quanto deve a Garbellino di Gogeti.
1454 gennaio 1, “Marcharie”.
186v Potestati et capitaneo citadelle Placentie.
Per la inclusa supplicatione de Garbelino di Gogeti, el quale sta nel saraglio de Mantoa,
intenderiti la lamenta ch'el fa de uno maestro Martino da Bergamo, el quale pare sia
reducto li in Piasenza per la mercede del Baylire una sua figliola, quale recusa de
pagarli, como fa mentione dicta supplicatione. Pertanto volemo e ve commettiamo che,
cognoscendo questa cosa essere così, debiati astringere in ogni modo el dicto magistro
Martino et non lassarlo partire per insino ch’el non gli habia satisfacto integramente de
tuto quello debbe havere esso Garbellino per dicta casone, facendoli ogni favore
perchè è cosa ch'el merita. Marcharie primo ianuarii 1453. (a)
Christoforus.
Cichus.
(a) Così A.
705
Francesco Sforza fa sapere al Colleoni di essere stato grandemente colpito nell’apprendere che
sono entrati in Crema circa 200 cavalli, carichi di vettovaglie e munizioni condotti da Bertoldo da
Este, Anastasio da Sant’Angelo e da Cimarosto dopo essere passati nei pressi del borgo e il
forte di Orago e aver attraversato l’Oglio “ad guazo scontro Calzo.”
Se gli Oraghesi avessero fatto il loro dovere avvertendo con bombarde e fuochi, nessuno dei
nemici sarebbe arrivato a Crema, come dimostra il caso di quei di Fontanella che,
messi sull’avviso dai rumori per il transito dei nemici, li inseguirono e presero molti loro uomini e
parecchi loro cavalli. Il duca ha deciso di mandare, per la vigilanza di quel luogo e passo,
dei suoi famigli, per la cui accoglienza entro il borgo,
vuole che il Colleoni scriva al vicario e agli uomini di Ornago, ai quali risparmia una esemplare
punizione solamente per un riguardo verso il Colleoni.
(1454 gennaio 1, “Marcharie”).
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Con grandissimo despiacere, et tanto quanto dire se possa, havemo inteso como ad
Crema sonno andati da circha 200 cavalli et conductoli dentro victualie et monitione, et
che dice erano Bertholdo da Est(e) et Anastaxio da Sancto Angelo et che dice che era
Cimarosto, Ii quali sonno passati apresso lo borgo et forte de Orago et passati Oglio ad
guazo scontro ad Calzo; dela quale passata, se quelli de Orago havesseno facto el
debito loro et facto Ii signali de bombarde et da fochi et advisato Ii circonstanti et
levatogli el rumore de retro, non andava homo de loro dentro da Crema, che tuti
seriano stati pigliati; et ch'el sia vero, sentendo quelli nostri che stanno in Fontanella il
transito delli dicti inimici, gli levarono el rumore de retro et seguitandoli hanno
guadagnato parechii cavalli et pigliato molti d'essi 187r inimici. Che se quelli homini de
Orago havesseno facto el debito loro, como havemo dicto, seria sequito quanto
havemo dicto de sopra; della qual cosa non ne poressemo dire nè scrivere el
despiacere che ne nabiamo, et deliberamo provedergli, aciochè tale inconveniente più
non possa seguire, et volere meglio ad nuy medesmi che ad queli che sonno dentro de
Bressa, nostri inimici, como ne rendiamo certissimi, et così la vostra intentione et
voluntate, et però havemo deliberato de mandarli alcuni nostri famigli de casa per
guardia de quello loco et passo. Pertanto vogliati scrivere al vicario et homini del dicto
loco de Orago che debiano acceptare dentro d'esso loco tuti quelli che nuy gli
mandaremo ad ciò che subito siano receptati, como è nostra deliberatione et
dispositione, advisandone però che se non fosse, per vostro respecto daressemo tal
punitione et castigatione ad essi homini de Orago che gli paria havere facto malissimo
ad commettere tanto errore quanto hanno facto, et recognoscere Ii amici per amici et
l’inimici per inimci; et per questa propria casone mandiamo lo presente (a) nostro
cavallario. Non dicemo altro perchè siamo certissimi che sete de quella medesma
oppinione et dispositione in questo facto che nuy siamo proprii, et che quello che hanno
facto questi de Orago sia più molesto ad voy che ad noy. Però è da provedere como
havemo deliberato. Data ut supra
Zaninus.
Cichus.
(a) Segue per depennato.
706
Francesco Sforza ordina a Giovanni da Camerino di ritornare con tutti i suoi uomini e la sua
squadra, non lasciando quel posto senza licenza del duca.
1454 gennaio 2, “apud Marchariam”.
187v Petro Iohanni de Camerino.
Vogli havuta questa, tornare con tuti li tuoy et della squadra toa, et dellì non te partiray
senza nostra licentia, et attenderai alo facto della guerra et governarte prudentemente,
como sei usato de fare. Apud Marchariam, ii ianuarii 1453. (a)
Zaninus.
Cichus.
(a) Così A.
707
Francesco Sforza fa sapere ad Antonello de Campanea di aver preso atto di come si
comportano i militari con la gente del paese. Lo avvisa come detti militari se ne andranno da lì e
libereranno la popolazione dai suoi guai, anche se alcuni guai quei popolani se li sono meritati,
perchè alcuni di loro hanno causato l’andata lì dei nemici.
(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).
Antonello de Campanea.
Havemo recevuto la toa littera et inteso quanto ne scrivi delli modi se observeno per
quelle nostre gente verso li homini de quello paese; et del tuto restiamo advisati et ne
rencresce che così sia seguito. Pur te advisamo como quelle nostre gente se partiranno
quasi tucte et torasse dale spalle quelli homini questi damni; advegna imperò che alcuni
che sonno stati casone de fare venire l’inimici in quelle parte gli stia bene ogni male che
hanno havuto, perchè loro medesmi ne sonno stati casone de tuto quello è seguito.
Vogli intenderte bene con Manfredo da Forli et havere bona cura al facto del luogo et
de quella rivera. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
708
Francesco Sforza risponde al Colleone che lascia a lui la scelta di come comportarsi con coloro
che hanno favorito l’arrivo dei nemici, poi respinti dal Colleoni “vituperosamente”. Il duca si dice
contrario a che le genti d’arme mettano a saccomanno il paese: gli lascia, però, libertà d’azione,
ma non senza raccomandargli di provvedere di “conservare li subditi et nostri amici”. Non ha da
obiettare che si affidi a Colella da Napoli la conquista del forte di Bre, purchè lo ottenga presto.
Quanto al fatto di Tiberto Brandolini, lo informa di avergli scritto di portarsi da lui con i suoi per la
presa di Asola. La lettera che il Colleoni farà avere a Pietro Giovanni da Camerino contiene
l’ordine di ritornare ai suoi alloggiamenti. Dalla Valle di Gandino non s’è fatto vedere nessuno.
Foransito da Bergamo, messo dal Colleoni a ufficiale o commissario della Valle di San Martino,
non può occupare quel posto, perchè il padre di Ettore è gia in viaggio con una lettera ducale
per raggiungere quell’ufficio e, quindi, lui,duca, non può con onore rimangiarsi la sua scelta.
(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Respondendo ad una vostra de dì 29 del passato, et primo, ala parte delli inimici che
siano retornati indreto così vituperosamente, dicemo che ne piace et non dicemo altro
sopra ciò. Ala parte che ne pare de fare circa quelli sonno stati (a) casone de fare
venire l’inimici in quelle parte, et cetera, dicemo che vuy che seti in suso il facto faciati
quello ve pare meglio; et non dicemo sopra ciò altro se non che ne refferemo ad quello
che per doe altre 188r nostre ve havemo scripto. Ben dicemo che non ne pare ben
facto che quelle nostre gente sonno dellà mettano ad saccomano quello paese, como
intendemo; però provedetigli como ve pare per conservare li nostri subditi et boni amici.
Ala parte che ve pare de lassare Colella da Napoli ala impresa de Bre, dicemo che,
essendo le cose dellà reducte alli termini che scriveti et possendose havere fra cinque
o sei dì, como credemo de si, siamo contenti li dicati et ordinati per nostra parte che
attenda et vada ala dicta imprexa, et che se sforzi quanto più presto gli serà possibile
de redure quella rocha ala nostra obedientia; et che sopratuto faza presto. Ala parte
che scriveti del facto de domino Thiberto, dicemo che nuy gli l’habiamo scripto ch’el
debia venire da nuy con li suoi al’impresa de Asola; et così lo aspectiamo. Ad Piero
Iohane da Camerino scrivemo per l'aligata che ritorni ali suoi allogiamenti, la quale
vogliate mandare per proprio messo. Ala parte de quelli della Valle de Gandino dicemo
che havemo inteso quello che ne scriveti; et fino qui non è venuto qui da nuy. Ala parte
de quello comissario, seu offitiale, Foransito da Pergamo, che haveti posto in la Valle
de Sancto Martino, dicemo che questo non pò havere loco perchè lo patre de Hectore,
al quale havemo promesso dicto offitio, ha già havuto la nostra lettera del dicto offitio et
è partito per venire al dicto offitio; che se pure nuy havessemo havuto lo adviso inanze
havesse havuta lettera, per compiacerve l'haveressemo facto voluntera et
haveressemo facto restare contento il predicto; ma con nostro honore non lo
poressemo fare, neanche ne pare de farlo per niente. Data ut supra.
Zaninus.
Cichus.
(a) Segue ad depennato.
709
Francesco Sforza scrive al Colleoni che, se non fosse arrivato ad alcuna conclusione circa la
liberazione degli uomini di San Martino, sospenda il tutto, nonostante le insistenti richieste
(l’ultima fatta con Antonello da Scaliono) e sebbene lo stesso duca gli avesse, su richiesta di
detto Antonello, mandato da Piacenza Gentile dalla Molara perchè sistemasse ogni cosa. Se il
Colleoni avesse comandato la liberazione degli uomini, il duca vuole che ordini di “mandare
dreto ad inhibire, con qualche honesta rasone,” che essi siano liberati.
(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).
188v Magnifico Bartholomeo Coleono.
El signore marchexe da Monferrato ne ha più volte facto fare instantia che vogliamo
fare relaxare quelli homini da Borgo San Martino, et pur novamente ha mandato da nuy
Antonello da Scaliono per solicitare la liberatione predicta. Et nuy perfin da Piasenza ve
scrissemo et, anche per la instantia del dicto Antonello, mandassemo da vuy Gentile
dala Molara perchè acconciasse ciò che bisognava per la liberatione delli dicti homini.
Como havereti inteso horamo per certi respecti, quali ve veneno per la mente, per
questa nostra ve dicemo che, se non haveti facta la conclusione sopra la relaxatione
predicta, debiati sospendere et non la faceti per niente. Tamen dareti qualche piacevole
parole, differendo la cosa finchè nuy ve scriveremo altro sopra ciò; et se per caso
havesti facta la dicta conclusione et havesti ordinato cbe fosseno lassati dicti homini, et
da vuy già fosse partito dicto Antonello, dicemo che subito vogliati mandare dreto ad
inhibire, con qualche honesta casone, che essi homini non siano relaxati; imo restino
ancora finchè nuy ve scriveremo altro sopra ciò. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
710
Francesco Sforza scrive al Colleoni che gli risponderà dopo aver inteso quello che gli dirà
Colella da Napoli arrivato presso di lui.
s.d., s.l.
Magnifico Bartholomeo Coleono.
Havemo recevuto la vostra lettera a nuy portata per lo presente cavalaro et inteso
quanto per quella ne scrivete, ala quale per questa non ve facemo respuosta, perchè
qui apresso è agiuncto Colella da Napoli, col quale non havemo ancora parlato, al
quale parlaremo et intenderemo quanto luy ne dirà, et poi faremo respusta aIe dicte
vostre lettere. Et ad quanto luy ne dirà integramente et (a)
(a) Così, mancando la carta successiva, si interrompe la missiva.
711
Francesco Sforza dice all’ebreo Manno che si atterrà alla sua dichiarazione, che ritiene sarà
“iusta, honesta et debita”, per la soluzione della vertenza che contrappone l’ebreo Mosè,
abitante a Lodi, al padre e ai figli.
(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).
190r Manno ebreo.
Intendemo che tu hay a fare certe dechiaratione como sei informato nella differentia
vertisse fra Moyses, ebreo, habitatori de Lodi, et lo patre et Ii fratelli ; il perchè dicto
Moyses ne ha supplicato che vogliamo provedere de opportuno remedio adciochè luy
possa ritrarse de dicta differentia et conseguire suo debito. Per la qual cosa te dicemo
che tu vogli fare ogne dechiaratione, senza alcuna dillatione, quale bisogna per mettere
fine ad dicta differentia et (a) faray quella dechiaratione che ala consientia toa parerà
iusta, honesta et debita, como credemo che faray, perchè tuto quello dechiareray et
ordinaray faremo effectualmente exequire, tanto per l'una parte quanto per l'altra. Data
ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
(a) Segue conseguire suo debito depennato.
712
Francesco Sforza fa sapere ad Angelo Acciaioli di aver ricevuto la sua lettera.
Gli chiede di passare da lui prima del suo ritorno a Firenze per fargli conoscere quanto ha fatto
e per discorrere con lui su quel che accadrà.
(1454 gennaio 2, “apud Marchariame”).
Domino Angelo de Azaiolis.
Havemo recevuto doe vostre lettere et inteso quanto scriveti: de tuto restamo advisati.
Non facemo altra respuosta per questa, se non che prima che retornati ad Fiorenza
vogliati venire da nuy et fare questa via per intendere quanto havete facto et per
conferire con voy de quanto accaderà. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
713
Francesco Sforza pone alcune domande a Gracino da Pescarolo e al procuratore fiscale
Agostino de Barachis relative alla casa abitata da Giovanni d’Amelia, che gli è stata chieste per
sè da Bartolomeo da Correza.
1453 dicembre 25, Mantova.
Domino Gracino de Pistarolo et Augustino de Barachis, procuratori phiscali.
Perchè domino Bartholomeo da Correza ne ha rechiesto per habitatione soa quella
casa dove stava domino Iohanne de Amelia volemo che vuy ne avisati per vostre
lettere que casa è questa, et della conditione d'essa, et quanto la vale, et se soleva
affictare, chiarendone molto bene de quanto bisogna, aciochè sapiamo que responderli,
et chi la teneva da possa che havessemo Pavia e quando el slgnore passato morì.
Mantue, xxv decembris 1453.
Christoforus.
Cichus.
714
Francesco Sforza vuole che Maffeo de Stampis, podestà di Treviglio, cerchi di convincere i
creditori del trevigliese Bartolomeo Rozano, ridotto alla miseria da circa sette anni di confino,
di accordargli una dilazione perchè, al nuovo raccolto, procurerà di saldare i suoi obblighi.
1454 gennaio 3, “ex Marcharia”.
190v Mafeo de Stampis, potestati nostro Trivilii.
È venuto qua da nuy Bartholomeo Rozano de quella nostra terra, quale ne na dicto
essere stato circha sette anni in confine per el quale ne venne essere deffacto, et dice
che per casone de ciò è remasto (debitore) de alcuni de certa quantità de dinari, ali
quali mò dice essere impotente ad fargli la satisfatione et pagamento suo, quantuncha
dica che non ha pensiero ad altra cosa non ma ad farli contenti. Et perchè dubita che
da qualchuno d'essi suoi creditori non sia asperezato, ne ha pregato vogliamo
provederli de qualche aspecto perchè fra questo mezo attenderà ala recuperatione del
dinaro per potergli satisfare. Per la qual cosa, parendo a nuy honestamente
domandare, te dicemo che vogli provedere che dicti suoi creditori non gli fazano veruna
molestia, imo gli fazano aspecto fino ala nova recolta, perchè alora farà el debito
pagamento ad ogniuno, sichè restarano contenti; et tu circha ciò usaray ogne tua
prudentia perchè dicti creditori remangano patienti fin al dicto tempo. Ex Marcharia, iii
ianuarii 1453. (a)
Bonifacius.
Iohannes.
(a) Così A.
715
Francesco Sforza invia a Teseo da Spoleto le richieste fattegli dagli oratori di quella comunità,
ma lo avverte che il compartito deve rimanere di 2000 cavalli “in bone et exigibili paghe”,
in modo da riscuotere infallantemente ogni mese i denari delle tasse.
Concorda con la richiesta di rimuovere i deputati vecchi, purchè gli altri siano
“sufficienti et da bene”.
(1454 gennaio 3, “ex Marcharia”).
Theseo de Spoleto.
Te mandiamo qui incluse certe peticione ad nuy porte per li oratori qua venuti da nuy in
nome de quella nostra comunità, le quale tu vederay. Pertanto nuy te dicemo che
nostra intentione è circ'al facto di cavalli che la taxa sia de cavalli doa milia netti, como
te dissemo più ad pieno lì a bocha; et così volemo che tu ne faci fare el compartito che
remagna in cavalli 2.000 netti in bone et exigibili paghe, per modo che de mese in mese
siano 191r scossi li dinari delle taxe, como per altre nostre te habiamo scripto,
guardando molto bene che non gli restino poi debitori che non se possino scodere.
Ala parte de removere quelli deputati vechy per le rasone che ivi se conteneno, dicemo
che ad nuy pare quello medesmo; et così dicemo che debii operare che siano remosti
et messi in suo luocho delli altri che siano suflicienti et da bene. El simile dicemo delli
libri et scripture che siano reposti in locho dove siano salvi, et secundo che debitamente
se debbe fare, et secundo s'e facto per lo passato. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
716
Francesco Sforza comunica al referendario di Piacenza che, per fa conoscere ai cittadini
piacentini che volendo “usare humanità” verso di loro, intende togliere (solo per quest’anno) il
sisino per staio introdotto con i dazi della macina.
(1454 gennaio 3, “ex Marcharia”).
Referendario Placentie.
Sonno stati qua da nuy li oratori de quella nostra comunità de Piasenza li quali, fra
l'altre cose, n'hanno rechiesto et instato in nome d'essa comunità che vogliamo levare
et tuore via quello sexino per ciascuno staro, quale fo cresciuto in li incanti di dacii delIa
macina, et cetera, adciochè quella nostra cità possa bonlficarse e repopulare; la quale
loro rechiesta attenduta et adciochè tuti quelli nostri citadini cognoscano che li vogliamo
usare humanità, gli havemo resposto che ne siamo molto contenti de compiacerli per
questo anno. Pertanto volemo, et per le presente te commettiamo che tu debii tuore via
el dicto sexino per stare de macinare, et ordinare ch'el non sia scosso; et questo
dicemo solamente per questo anno. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
717
Francesco Sforza vuole che il capitano di Casteggio, viste le lettere degli uomini di Arena che si
lamentano degli eredi di Giovanni Luchino Beccaria per la loro renitenza a pagare la tassa dei
cavalli si intenda con il podestà di Pavia e gli ufficiali cui spetta e poi agisca ex iure,
come s’è fatto nel passato.
Furono trasmesse agli uomini di Arena le lettere al capitano di Casteggio.
(1454 gennaio 3, “ex Marcharia”).
Capitaneo Clastigii.
Vedray per le lettere, quale te mandiamo qui incluse, quanto se gravano l'homini de
Arena deli heredi quondam de Iohanne Luchino de Becharia, quale recusano
contribuire ad la taxa di cavalli. Pertanto volemo et te comettemo che, havuta bona
informatione del podestà et officiali nostri de Pavia ad che specta, debbi provedere ad
questa cosa secundo che vole la rasone, el debito et secundo s'e servato per lo
passato. Data ut supra.
Christoforus.
Pro simili continentia scriptum fuit hominibus Arene quibus misse sunt littere capitaneo
Clastigii. Data ut supra.
Cichus.
718
Francesco Sforza scrive a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, di arrestare
l’uomo d’arme ducale Giovanni Rubino a partenza di re Renato avvenuta. Non trovandolo,
trasmetta l’allegata lettera con l’ordine di cattura al podestà di borgo San Donnino.
Una simile lettera è stata scritta al podestà di San Donnino,
ma senza l’accenno della partenza del re.
1454 gennaio 4, “ex Marcharia”.
191v Benedicto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.
Debbe essere venuto lì uno chiamato Iohanni Rubino, nostro homo d'arme, con uno
nostro bolletino in forma de licentia de partirse da nuy, che è stato per sua importunità.
Pertanto volemo che tu lo fazi molto bene circhare per tuto lì et, attrovandolo, faci
mettere in presone Ii, et così sostenere tuta la roba sua, non relaxando senza nostra
licentia. Et questo dicemo che faci se la mayestà del Re è partita da li; et non essendo
ancora partita, soprasede finchè sarà partita et poi exequiray quanto è dlcto de sopra.
Et non attrovando dicto Iohanne Rubino lì, volimo che tu mandi l'aligate al potestà del
Borgo San Donino al quale scrivemo che, capitandoli, facia el simile. Data apud
Marchariam, iiii ianuarii 1454.
Christoforus.
Cichus.
In simili continentia scriptum fuit potestati Burgi Sancti Doninii, excipiendo partem
tangentem de recessu regis Renati.
Christoforus.
Cichus.
719
Francesco Sforza esprime al luogotenente di Lodi la sua sorpresa per il mancato intervento di
Gapare da Suessa nell’ impedìre ai nemici di Crema di passare l’Adda per far danni. Ad evitare
altre disavventure, il duca ordina che subito, senza curarsi dello stato delle colonne del ponte, di
portar giù a Rivolta il porto, affidandolo a Gaspare in modo che, in simili contingenze, possa
andare avanti e indietro “et provedere ali bisogni”. Si stupisce dell’opinione di Gaspare e della
comunità che il porto lì serve più per dannificare di là dell’Adda per lo strame che non per
guardia. Bando alle chiacchiere, vuole che si effettui il trasferimento del porto e rinfaccia al
luogotenente di non avergli provveduto di sua iniziativa. Boccia la richiesta luogotenenziale di
due redeguardi, l’impegno luogotenenziale dev’essere di far vigilare tutti i possibili posti di valico
dei nemici. Si accordi per ciò con Gaspare e con i Sanseverino, informandosi se detti fratelli si
trovano a Pandino o dove si trovano e quando si sposteranno lì, e gli riferisca tutto. Non dà
credito al suo dubbio del possibile passaggio di nemici a Spino, “perchè è dala longa”.
Nello stesso giorno si è scritto al conte Antonio Crivelli di sospendere la causa dell’omicidio del
commissario fino all’arrivo del duca a Milano.
1454 gennaio 3, “ex Marcharia”.
Locumtenenti Laude.
Respondendo ad le vostre lettere, date a XXX del passato per le quale ne avisavi del
passare dellà d'Adda et del damno hanno facto l’inimici che sono in Crema, dicemo che
questa loro novità ne è despiaciuta, et ne rencresce grandemente et ne maravigliamo
pur assay che habiano facto questa cosa così tacita che non se habia possuto sapere
et fargli qualche provisione per la via de Gasparro da Sessa, o per 192r qualche altra
via; donde nuy volemo che subito faciati condure in giù quello porto ad Rivolta et
mandarlo al dicto Gasparro, aciochè, accadendo simile caso, l'habia la comodità de
passare inante et indreto ad sua posta et provedere ali bisogni. Et questo fareti senza
dimora, non guardando che quelle colone del ponte de Rivolta anchora non siano
stroppate, perchè non ne faremo caso; però siamo informati che le sonno in secho et
non è troppo necessario ad sterparle de presente. Et perchè vuy ne scriveti che
Gasparro circha che questo porto sia conducto più per damnificare dellà da Adda per
strame, et cetera, che per guardia veruna, nuy ne maravigliamo assay che ne scriveti
simile cosa, et così quella comunità, perchè doveresti estimare che quando bene ne
seguisse tale damnificazione di strame, che crediamo, però, che Gasparro se ne
guardarà meglio e tenerli el porto che stare al periculo deli inimici per simili damni, che
seriano senza comparitione maiore; sichè non guardati ad parole de coloro lì, nè ad
specialità de veruno, quinimo mandateli subito el dicto porto; et questa provisione
haveriamo creduto dovesti havere facta senza expectare commissione da nuy. Ala
parte che ne recordati de far la spesa de duy redeguardi per guardar li passi, dicemo
che a nuy non pare de presente fare questa spesa, ma che debbiate fare guardare
bene per tuto dove verisimelmente potessero passare inimici, et intendervi col dicto
Gasparo sopra ciò, perchè ne rendiamo certi che, facendo dicte provisione, l’inimici non
poterano fare damno alcuno nè passare, intendendovi etiam con quelli fratelli da
Sanseverino, rechiedendoli per nostra parte, che siamo certi faranno quanto sarà
bisogno; ad quali nuy non scrivemo altro per adesso, ma volimo che vuy ve informati
bene se dicti fratelli da Sanseverino sonno tuti ad Pandino o non, et che gli manchi, et
dove se retrovano, et quando se partirano, et del tuto ne avisati per vostre lettere, et
presto. Al dubio che haveti de inimici che non passino ad Spino, dicemo che ad nuy
non sa verisimel (a) che debbano passare lì, perchè è dala longa. Pur accadendo el
caso como è dicto, provedeti et scriveti ali predicti San Severino, et fate quelle
provisione che ve parira. Data ut supra.
Christoforus.
Iohannis.
(a) In A verisimelmente con mente finale depennato.
192v Die iii ianuarii.
Scriptum fuit comiti Antonio Crivello quatinus debet suspendere in causa illius omicidii
comissari in personam unius Stambichini Franzosii donec dominus erit Mediolani.
Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
720
Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere di Zanono da Crema con cui gli dà notizia del
sale portato a Crema via Arena e Monticelli, nonchè del provvedimento fatto in Geradadda “de
tuore quelle aque” e della restrizione data per impedire il trasporto del sale a Crema, oltre che
del colloquio avuto con il figlio di Venturino Benzono. Lo ringrazia della sua diligenza
nell’informarlo, ma lo cautela nel parlare, scrivere e credere.
1454 gennaio 5, “ex Marcharia”.
Zanono de Crema.
Havemo recevuto doe vostre lettere, l'una de dì xxviii del passato et l'altra del primo del
presente et inteso quanto ne scriveti, prima, circha la noticia diceti havere havuto del
sale che se conduce ad Crema per la via tra Arena et Montiselli, et cetera, item delle
provisione facte in Giaradada de tuore quelle aque et del’ordine posto per restringere
che non vada sale, nè victualia ad Crema, et del parlare haveti facto al figliolo de
Venturino Benzono. Ale quale respondendo, dicemo che del tuto ne restiamo molto
contenti et comendiamone asay la diligentia vostra; et cosi ve confortiamo ad
perseverare et seguire secundo l'ordine et comissione havete da nuy. Ala parte de
mandar o scrivere ad quelli vostri amici, dicemo faciate como ve pare, ma habiati
advertentia fare cautamente et de sapere el vero, et non ve sia dato ad intendere una
cosa per un'altra, perchè nuy havemo notitia che Bertholdo de Est è venuto lì; et de
quanto fareti dietim avisatene per vostre lettere. Dopo questo ne è sopragiunto un'altra
vostra del parlare del figliolo del sepedicto Venturino; ala quale non accade altra
respuosta. Ex Marcharia, v ianuarii 1453.
Christoforus.
Cichus.
721
Francesco Sforza vuole che il capitano di Casteggio convochi i mugnai che hanno burchielli fra
Arena e Monticelli e il taverniere della pieve e li inquisisca, anche con minaccia della tortura, per
scoprire l’eventuale loro partecipazione al traffico di sale che viene portato a Crema. Gli relazioni
quanto avrà scoperto.
(1454 gennaio 5, “ex Marcharia”).
193r Capitaneo Clastigii.
Nuy havemo notitia et inditio da persone degne de fede et nostri amici che ogni dì et
nocte fo conducto el sale in grande quantità fra Arena et Montiselli et da lì ad Crema, et
che ad questo tengono mane li molinari che tengono li burghielli per lì et lo tavernaro
della Pieve. Pertanto volemo, et per le presente te commettiamo che tu debbi con bono
modo havere da ti li dicti molinari che hanno burghielli fra Arena et Montiselli, et così el
dicto tavernaro et li faci sostenere et examinare con farli pagura de metterli ala tortura,
et como meglio te parirà; et ne cavi ogni indicio et coniectura che sia possibile, non
relaxandoli senza nostra licentia, avisandone per toe littere de quanto haverà seguito
circha questa materia. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
722
Francesco Sforza invia al podestà, al comune e uomini del territorio di Vigevanola la supplica dei
vigevanesi Giovanni Giacomo Spiritino e Francesco,fratelli, figli di Stefano de Puteo.
Esaminatone il contenuto affida al podestà di indagare e, se ha prova della sottrazione di cose,
denari e beni ad opera delle persone indicate, provveda che i fratelli non abbiano a trovarsi “in
deteriore loco et conditione” degli altri loro vicini che hanno ottenuto soddisfazione
(1454 gennaio 5, “ex Marcharia”).
Potestati, comuni et hominibus terre nostre Viglevani.
Supplicationem nobis porrectam parte Iohannis Iacobi Spiritini et Francischi, fratrum
filiorumque Stefani de Puteo de terra nostra Viglevani, vobis his inclusam mittimus.
Cuius attento tenore, tibi potestati committimus quatinus, habita super contentis in dicta
supplicatione diligenti informatione, si constiterit de rebus, pecuniis et bonis ablatis eo
tempore et per gentes de quibus inibi fit mentio, ipsis suplicantibus ius ministres
provideasque eis satisfieri facere his modo et forma quibus satisfactum est aliis eorum
vicinis nec habeantur ipsi fratres in deteriore loco, aut condictione aliis eorum vicinis
predictis. Demum vos omnes monemus atque stringimus ut in hac re taliter provideatis
quod ipsis fratribus nulla ulterius iuste querelle causa relinquatur. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
723
Francesco Sforza, preso atto delle colonne in acqua cavate da Baronzino e dai maestri di
legname andati al ponte di Rivolta, sollecita il luogotenente di Lodi a intendersi con Rossino per
rimandare detto Baronzino e maestri e navaroli per “cavare” tutte le colonne sia in acqua che
(se ancora ve ne fossero) all’asciutto e procuri di mandare burchielli per il ricupero del legname.
Con l’allegata scrive al referendario per i pagamenti di maestri e navaroli.
1454 gennaio 6, “ex Marcharia”.
193v Locumtenenti Laude.
Havemo recevuto la vostra lettera per la quale ne scriveti del Baronzino con quelli altri
maystri da ligname sonno venuti dal ponte de Rivolta et delle colone erano in aqua,
quale hano cavato, et cetera; ala quale respondendo, ve dicemo che de quelle hanno
cavate ne piace, ma volemo siano anche cavate tutte le altre. Sichè, intendendovi con
Rossino, remandati là dicto Baronzino con quelli maystri et navaroli ve pare, et
provedeti siano cavate quelle colone restino, così quelle fossero in aqua (a) como
quelle che fossero in sucto, benchè credemo adesso siano tucte in aqua; et mandati
suso quelli burghielli siano expedienti per fare condure giuso quello ligname, secundo
havemo ordinato; et in questo non se perda. Al referendario scrivemo per l'alligata
quale provederà de dinari ad li maystri et navaroli, como sarà necessario. Data apud
Marchariam, vi ianuarii 1454.
Zanetus.
Cichus.
(a) Segue cosi depennato.
724
Francesco Sforza ammonisce Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, che il
frumento lo vuole “con bona volontà” dei proprietari, mentre lui, duca, ha lamentele da parte dei
conti Giovanni e Bartolomeo Albonese nonchè da Guyone da Mede, suoi uomini d’arme che lui,
capitano, li molesta per ciò: cessi, di dar noie ai predetti.
(1454 gennaio 6, “ex Marcharia”).
Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lumelline.
Intendemo, per querella delli conti Iohanne et Bartholomeo de Albonexo et anche per
Guyone da Mede, nostri homini d’arme, como vuy gravati et molestati li suoi per casone
del frumento se rechiede ad nome nostro in quelle parte, et che delli fanti vostri sonno
in possessione ad casa loro; de che ne maravigliamo perchè nostra intentione è non
togliere cosa alcuna per forza, anzi lo volimo con bona voluntà loro. Pertanto volemo
debbiate revocare ogni novità gli havesti facto per questo et per questa casone, tanto
cioè de questo frumento alli dicti Iohanni et Bartholomeo et Guyone. Da mò inanzi non
dati nè lassati dare molestia nè graveza alcuna a loro, nè ad altri boni homini d’arme
quali stano ali servitii nostri, perchè sapeti questo frumento nuy lo pagamo ad quilli alli
quali se tole. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
725
Francesco Sforza ordina al referendario di Lodi di dare al luogotenente i denari necessari per
pagare i maestri impegnati a cavare le colonne del ponte di Rivolta.
(1454 gennaio 6, “ex Marcharia”).
194r Referendario Laude.
Havemo ordinato et scritto al nostro locotenente lì ch'el debbia mandare ad fare stirpare
tute quelle colone che restino del ponte de Rivolta. Pertanto volemo che, rechiedendoti
alcuni denari per dare alIi maestri che andarano ad fare questa opera, tu gli fazi dare
quelli dinari che li bisognerà. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
726
Francesco Sforza impone al referendario di Pavia di osservare quelle esenzioni praticate
(quale quella attinente all’imbottatura, che ora viene richiesta) con i sottoelencati uomini d’armi
quando facevano parte della compagnia di Moretto da San Nazzaro e che ora
sono diventati uomini d’armi del duca.
1454 gennaio 7, “ex Marcharia”.
Referendario Papie.
Li infrascripti nostri homini d’arme, quali erano della compagnia de domino Moreto da
San Nazaro et mò li habiamo tolti per nostri homini d’arme, ne hanno facto querella
dicendo che, perfin (a) erano sucto lo dicto Moreto non erano costricti nè pagavano
imboctatura alcuna, et che al presente, che sonno nostri homini d’arme, li constringeti
ad farli pagar dicta imbotatura; della qual cosa, essendo così, ne siamo alquanto
maravigliati et non lo possiamo credere. Pur, sia la cosa como se voglia, ve dicemo et
cosi è nostra intentione et volemo che dicti nostri homini d’arme non siano astricti ad
contribuire et pagare dicta imbotatura nè altro ultra l'usato, ma che siano preservati
exempti como è stato facto sempre per lo tempo passato, secundo loro ne hanno
exposto, et essendo così, perchè non volemo gli sia innovato cosa alcuna ultra
consuetum. Apud Marchariam, vii ianuarii 1454.
Zanninus.
Iohannes.
Iohanne et Bartholomeo, fratelli, conti de Albonexio,
Nicola da Corte,
Gregorio.
Burato,
Antonino,
Zohane Filippo,
Gasparino,
Zohane Matto,
Boldrino da Cairo,
Christofano,
Antonio da Isolella,
Andrea da Calabria,
Pineto,
Donato da Romagnano,
Zohane Francesco,
Ferramusca.
(a) Segue che depennato.
727
Francesco Sforza ordina al podestà di Giarole che, accertato il credito di dieci ducati d’oro pagati
in campo da Nicola da Corte, caposquadra ducale, per Antonio di Giarole, induca costui a
soddisfare il suo obbligo.
(1454 gennaio 7, “ex Marcharia”).
194v Potestati Glarolarum nostro.
Al strenuo Nicola da Corte, nostro capo de squadra, s'è lamentado a noi dicendo che
deve havere uno Antonio della Girola ducati X d'oro, quali ha pagati per luy qui in
campo, secundo luy dice, li quali non pò havere; anzi è menato in parole et ala longa,
rechiedendone li faciamo fare ragione. Et parendone la soa rechiesta honesta et iusta,
volimo et commettemote che, visis presentibus, tu debii mandare per lo dicto Antonio,
et constandote ch'el sia vero debitore del dicto Nicola, el debii constrengere ch'el faza
el dovere et gli satisfaza integramente de quello li debe dare ad ciò ch'el se ne possa
adiutare in questi suoi presenti bisogni; et expediray presto el suo messo aciò ch'el non
stia a perdere tempo. Data ut supra.
Zanetus.
Iohannes.
728
Francesco Sforza scrive al familiare ducale Iacobo de Palmanis da Piacenza circa il
travestimento di Estor che è partito da casa “vestito a modo tedescho”. Si dice spiacente di non
poter assecondare la richiesta, fatta dal conte Alberto Scotta e da lui di concedere a Luigi da
Visirago di rimanere lì :deve andare dove gli è stato ordinato.
(1454 gennaio 7, “ex Marcharia”).
Strenuo militi domino Iacobo de Palmanis de Placentia, familiari nostro dilecto.
Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrive delIa venuta lì del signore
Hestor travestito; al che te dicemo che luy è stato qui da nuy vestito a modo todescho
et questa foza la fece che esso s’è partite da casa soa, et non l'ha facto per altro
respecto, se non per suo piacere. Alla parte de Aluyso da Visirago che ne domande de
gratia non lo lassiamo partire da lì, maxime per respecto del conte Alberto Scotta,
dicemo che in questo et in ogne altra cosa compiaceressemo al dicto conte Alberto et a
ti; ma in questo per niente non te volemo compiacere. Imo volimo dichi a dicto Aluyse
che omnino vadi dove gli è stato ordinato. Data utsupra.
Leonardus.
Iohannes.
729
Francesco Sforza risponde al Colleoni che dei cattivi di quel posto che hanno propiziato l’andata
dei nemici, gli mandi coloro di cui ha sinisra informazione: li manderà per alcuni giorni in qualche
luogo. Gli raccomanda, anche se lo ritiene superfluo,
di non motivare lamentele contro di lui e il duca.
1453 dicembre 29, Piacenza.
195r Magnifico Bartholomeo Coleono.
Respondendo ala vostra, data a dì 22 del presente ad Lovere, de quelli cativi de quella
terra hanno chiamato li inimici, et del parere vostro de mandarli qui da nuy, et cetera, ve
dicemo che nuy ve havemo scripto per un'altra, respondendo ala vostra, de rescodere
quelli cativi; così ve dicemo per questa che faciati como pare ad vuy, quali seti suso il
facto, et quelli delli quali havesti sinistra informatione, parendovi de mandarli qua da
nuy con una vostra lettera, siamo contenti li mandati, et nuy Ii madaremo in qualche
loco per qualche dì. Ben ve recordamo, benchè siamo certi non bisogni, che vogliati
portarve in questo per modo che veruno non possa debitamente dolerse de vuy et de
nuy. Data Placentie, xxviiii decembris 1454. (a)
Cichus.
(a) Così A.
730
Francesco Sforza informa il podestà di Piacenza di aver graziato la Cupriana e di aver annullata
(e altrettanto faccia lui) ogni scrittura attinente al suo delitto
(1453 dicembre 29, Piacenza).
Potestati Placentie.
Havendo nuy bona informatione dello delicto commisso per la Cupriana, destenuta in
possanza et vostre mane, per usare delIa clementia nostra verso essa, gli havemo
facto et facimo, per (a) tenore delIa presente, gratia libera d'esso delicto et d'ogne pena
et condenatione, quale per esso delicto havesse incorso. Pertanto volemo che,
recevuta questa, la faciati liberare et mettere in soa libertade, facendo cassare et
anullare ac penitus irritare, como nuy cassamo et anullamo per questa ogni pena et
condenatione quale per casone del dicto delicto havesse meritato ita che nel’avenire,
per tempo alcuno, non gli sia dato impazo veruno. Data ut supra.
Zanetus.
Iohannes.
(a) Segue la depennato.
731
Francesco Sforza ribadisce a Teseo da Spoleto che in tutto il territorio sforzesco si devono per
cavallo, dal primo novembre, lire 5 mensili e non lira una e soldi diece, come si vocifera che ad
alcuni abbia così detto lui, Teseo.
1454 gennaio 7, “Marcharie”.
Theseo de Spoleto.
El ne è stato referto che tu hay dicto ad alcuni che li denari delli taxe se degono pagare
al computo de libre I et soldi X per cavallo; del che ne maravigliamo, se così è, perchè
tu sai che nuy te habiamo scripto per altre nostre che vogliamo che dicte taxe se pagino
al computo de libre IIIII 195v per cavallo el mese, cominciando in le callende del mese
de novembre del’anno passato; et questo è ordine generale per nuy posto per tuto el
dominio nostro, e volemo che la taxa sia de doa millia cavalli netti in paghe exigibile et
bone. Et così volemo che tu servi et exequischi per ogni modo, secundo te habiamo
commisso, mandandone la copia delle prime lettere che te scripsemo sopra ciò. Data
Marcharie, vii ianuarii 1454.
Chrisitoforus.
Cichus.
732
Francesco Sforza scrive ad Andrea de Cingulo di non ritenere conveniente che avendo la
comunità convenuto con Raffaele Pugnello l’acquisto di 200 sacchi di frumento, egli le faccia
altra richiesta.
Vista l’istanza che gli fanno i suoi familiari di ritornare, lascia a lui la scelta.
(1454 gennaio 7, “Marcharie”).
Ser Andree de Cingulo.
Inteso quanto per una toa ce hay scritto circh'al facto de quello frumento che hay
arechiesto ala comunità de Sale, dicemo che, essendo una volta quelli homini
convenuti con Rhaphael Pugnello per Ii ducento sachi, como tu scrive, ad nuy non
pariria cosa debita che se gli facesse altra novità per adesso; sichè, (a) volendo loro
satisfare secondo la prima conventione, non gli daray altro impazo per lo presente,
perché, quando ne parirà el tempo, se gli poterà rechiedere del’altro per altra honesta
via.
Apresso havemo veduto una lettera ve scriveno Ii vostri da casa del’instantia che fanno
che retorni ad casa, et cetera; donde dicemo che, essendo l’andata tua in là, cosa
necessaria, como scriveno, et utile, nuy te sapiamo laudare et consigliare a fare quanto
è el desiderio delli tuoy, Ii quali forse hanno delli altri respecti, che non sapiamo. Sichè
questo è in tuo arbitrio, et como è dicto, nuy te ne confortiamo et consigliamo, benchè
nuy non te manchariamo may in tute quelle cose che ne siano possibile; ma siando
così astreto dala patria, forse sarria più laudabile. Data ut supra
Christoforus.
Cichus.
(a) Segue essendo depennato.
733
Francesco Sforza vuole che il commissario di Valle Caleppio consenta agli uomini della
Franciacorta di portare da quella valle dello strame per i soldati del capitano Tiberto
che non ne hanno dalle loro parti.
(1454 gennaio 7, “Marcharie”).
196r Comissario Vallis Calepii.
Perchè l’homini d'arme del magnifico domino Thiberto, nostro capitaneo, quale allozano
in la Franzacurta, se lamentano che non hanno delli strami per Ii loro cavalli, siamo
contenti, et così volemo che presti pacientia et concedi licentia alIi homini de dicta
Franzacurta che ne possamo comprare et cavare de quella Valle per condurlo in la
dicta Franzacurta per uso delli dicti cavalli; et ad questi non gli faray contradictione
alcuna. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.
734
Francesco Sforza risponde a Iacobo Malombra che non ha nulla da eccepire sul ragionamento
di quel signore e sulla risposta datagli da lui. Se quel signore va a Milano, gradisce che vi vada
con lui e presenti il signor Estor facendolo ossequiare dai membri del Consiglio segreto e da
Angelo Simonetta. Se si portasse a Pavia, faccia altrettanto presentandolo al conte Bolognino e
agli ufficiali sforzeschi e gli faccia mostrare il castello.
(1454 gennaio 7, “Marcharie”).
Iacobo Malumbre.
Havemo recevuto la toa lettera delli 4 del presente, pur hogi circha Ie XVIIII ore et inteso
quanto ce scrive; ad che respondendo te dicemo, primo, ala prima parte del
rasonamento facto per quello signore et delIa toa resposta, et cetera, che non Ie
accade al presente altra resposta.
Ala parte del’andare del dicto signore a Milano, et cetera, dicemo che, andandoli la
signoria soa, semo contenti et ne piace che tu vadi là con la dicta signoria soa per soa
compagnia e, accadendo andarli, che tu te debii retrovare con quelli nostri del
Conseglio et con Angelo nostro Simoneta per farlo honorare et reverire el prefato
signore Hestor. E così accadendo de andare a Pavia, tu te debii retrovare con el conte
Bolognino e con quelli nostri officiali e firli mostrare el castello, e reverirlo e honorarlo,
como havemo dicto. Data ut supra.
Ser Alexandro.
Cichus.
735
Francesco Sforza scrive a Tommaso de Ariete che da quando è ritornato lì è sempre stato
occupato e gli sono anche arrivati gli ambasciatori fiorentini per cui ha potuto badare ai casi suoi
solo ora. Gli manda istruzioni e domande e quant’altro gli è necessario per mettersi in cammino.
Lo informi passo passo di quanto avverrà.
((1454 gennaio 7, “Marcharie”).
Magnifico domino Thome de Ariete.
Da po’ siamo retornati qua siamo stati continue occupati et etiam, essendo sul
deliberare el facto de questa vostra andata, ne sono sopravenuti questi magnifici
ambassatori di signori Fiorentini con Ii quali siamo stati impediti in modo che non più
presto che adesso habiamo potuto 196v dare expedictione al facto vostro. Adesso ve
mandiamo la instructione et domande, et denique quanto è necessario ala expedictione
vostra, confortandove et caricandove a spazarne presto et metterve a camino non
fazando demora alcuna. Data ut supra.
Et avisandone de passo in passo de quanto seguiriti. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
736
Francesco Sforza avverte Pietro da Norcia, luogotenente di Lodi, di aver concesso una licenza a
Giovanni Caymo, commissario di Pizzighettone,
di portar fuori da quella città della biada per Iorci.
1454 gennaio 9, “ex Marcharia”.
Domino Petro de Nursia, locuntenenti Laude.
Havemo concesso licentia ad Iohanne Caymo, nostro commissario de Pizghetone, de
cavare da quella nostra cità et condure a Iorci certa quantità de biava, como vederiti per
essa nostra licentia. Pertanto volemo gli la faciati observare. Ex Marcharia, viiii ianuarii
1454.
Zanetus.
Cichus.
737
Francesco Sforza informa Colella da Napoli di aver ordinato che si faccia un deposito (“caneva”)
di biade a Palazzolo affinchè lui e le genti sforzesche, che si trovano a Geradadda e nel
Bergamasco, abbiano vettovaglie. Vuole che si intenda con quei del Consiglio, cui ha lasciato la
cura di ciò, per provvedere alla sicurezza, sia nell’andata che nel ritorno, dei mercanti e dei
trasportatori di biade e si accordi con quelle genti di là perchè curino che la strada da Cassano a
Palazzolo non venga “ropta dalli inimici nè da Bergamo nè da Crema”
In simile forma è stato scritto a Bartolomeo Colleoni, Angelello da Lavello, Francesco, Americo e
Bernabò Sanseverino, fratelli, e Sagramoro da Parma, condottieri.
(1454 gennaio 9, “ex Marcharia”).
Colelle de Neapoli.
Ad ciò nuy et le altre gente nostre sonno in Bergamascha et Giaradadda et
Bergamascha habiano delle victualie havemo ordinato se faza una caneva de biave ad
Palazolo. Pertanto volemo che, intendendovi con li nostri del Consiglio, alli quali
lassamo la cura de questo facto, che provedati che li mercadanti et conductori d'esse
biave, così nel’andare como nel retornare (a) vadano ad salvamento; ma vedeti de
provedere, intendendove con le altre nostre gente logiano del canto dellà che la strata
de Cassano ad Palazolo non sia ropta dalli inimici, nè da Bergamo, nè da Crema,
perchè ne seguiria troppo grande preiuditio. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus
In simili forma magnifico Bartholomeo Coleono,
Angiulello de Lavello,
Francisco, Aymerico et Bernabovi de Sancto Severino, fratribus, et
Segramoro de Parma, armorum dilectis nostris.
(a) retornare scritto su rasura.
738
Francesco Sforza risponde a Gracino da Pescarolo che gli ha chiesto di accompagnarlo e
prendere per moglie la figlia del quondam GianAndrea da Castione, che lo asseconda in tutto
perchè quel parentato gli pare “degno, honorevole et laudabile”.
(1454 gennaio 9, “ex Marcharia”).
197r Domino Gracino de Piscarolo.
Brevemente, respondendo ad quanto ne scriveti per la vostra de 2 del presente circ'al
facto del accompagniarve et tuore per donna la figliola del quondam domino
Zohanneandrea da Castione, et cetera, dicemo che, inteso lo desiderio et appetito
vostro circha questa materia, dal canto nostro se contentamo de tutto quello ve
contentati vuy; et così quanto per nuy ve confortiamo ad fare tale parentado et como
più presto meglio, perchè per ogni respecto, ad nuy pare degno, honorevole et
laudabile. Data ut supra.
Persanctes.
Cichus.
739
Francesco Sforza ordina al referendario di Piacenza di soddisfare le donne del monastero di
San Gerolamo dell’Osservanza di Piacenza che si sono dette non ancora pagate del fieno da
loro preso lo scorso anno, mentre altre come loro sono state accontentate.
1454 gennaio 8, “Marcharie”.
Referendario Placentie.
Per la supplicatione introclusa intendemo che le done del monastero de Sancto
Ieronimo de observantia della cità nostra de Piasenza non sonno fin adesso state
satisfacte del feno gli fo tolto l'anno passato nostro nomine et promesso de pagare;
avenga che dicono che ad altri sonno stati in simile grado, sia stato satisfacto. Il perchè
te comandemo et volemo che, essendo loro vere creditrice, como exponeno, del dicto
feno, provede omnino che siano (a) effectualiter et presto satisfacte et paghate
integramente de tuto quello degono debitamente havere per questa casone nel modo
che è stato facto ali altri in simile grado; et fa per forma che de ciò non habiamo ad
recevere veruna degna lamenta, perchè cosi è de nostra intentione. Marcharie, viii
ianuarii 1454.
Thomaxius de Anguissolis.
Cichus.
(a) Segue omnino depennato.
740
Francesco Sforza comunica al podestà di Pavia che lo scorso ottobre a Ghede ha dato via libera
a Bernardo da Lonate e scrisse a lui, podestà, una lettera in data 10 ottobre (di cui gli acclude
copia), mai consegnatagli da Bernardo, che se n’è andato in Monferrato. Vuole che gli mandi
una ammonizione che gli intima di portarsi da lui entro tre o quattro giorni. Arrivato che sarà, lo
mandì, con comandamento penale, subito dal duca. Se, invece, non comparirà, procederà
contro di lui e i suoi beni come contumace e ribelle, “astringendo etiam le segurtà soe”,
essendosi fatto latitante.
1454 gennaio 10, “Marcharie”.
Potestati Papie.
Questo ottobre passato nuy ad Ghede licentiassemo Bernardo da Lonà et ve scripsemo
per nostre lettere, sub data die X del dicto mese, quale ve mandiarno qui incluse per
copie. Et perchè intendemo ch'el dicto Bernardo non ve l'ha may presentato, nè facto
cosa che se contenga in esse lettere, imo se n’è absentato da lì et andato in Monferrà
contra nostra voluntà. Però volemo, et per le presente ve commettemo che, essendo
luy absentato, como è dicto, debbiati mandargli una monitione in scripto per proprio
messo che fra tri o quatro dì, o como meglio ve parerà, debbia retornare subito da vuy,
197v et venuto, volemo lo remandiati da nuy subito, facendoli el comandamento
penale, como ve parira; et casu ch'el non venesse, volemo che procedati contra luy et
soi beni, como contra contumace et rebelle et fargli quello vole el rigore della iustitia,
astringendo etiam le segurtà soe, secundo le obligatione che fecero, non essendo esso
Bernardo venuto et presentatose ad stare ad rasone, como se contene in esse lettere,
con el rescodere delli dinari dela pena; et avisandone subito della havuta de questa et
quanto haveriti seguito. Data Marcharie, x ianuarii 1454.
Christoforus.
Cichus.
741
Francesco Sforza, nella copia della lettera inviata al podestà di Pavia, accenna al fatto che
Bernardo da Lonate compare davanti al podestà per “stare a rasone” per il tumulto avvenuto a
Pavia per presentare le sue difese. Il duca consente che esse siano ammesse, nonostante il
“lapso de termino”, essendo egli stato trattenuto in campo per volontà del duca, che dispone
pure che, comparendo, gli sia revocata e cassata “ogni segurtà”.
1453 ottobre 10, “apud Gaydum”.
Copia.
Havemo licentiato Bernardo de Lonate contra el quale procedate aciò ch’el venga
personalmente a comparire de presentarse da vuy per stare a rasone per casone del
tumulto seguito in quella nostra cità de Pavia questi dì passati per fare le sue
defensione, et perchè l’è stato questi dì passati a qui in campo de voluntà nostra.
Pertanto volemo che li faciati far rasone et admetiate ogne sue prove et defensione
legitime, non obstante ad questo alcuno lapso de termino, volendo anchora che,
comparendo et presentandose, como havemo dicto, ogni segurtà havesse data esso
Bernardo de presentarse et venire da nuy, la faciati liberamente revocare, cassare et
annullare. Data apud Gaydum, die x octobris 1453.
(a) Da per fare a passati a margine.
742
Francesco Sforza conferma a Iacobo Malombra quel che già gli ha scritto per quel signore che
vuol condurre il conte P. in giù. Quanto aIla scorta che il conte richiede per passare il Po, gli
faccia presente che lì non si dispone di galeoni perchè sono dislocati, alcuni a Pavia e altri a
Mantova., ma può andare con nave fino a Casalmaggiore e da lì raggiungere a terra Dosolo e lì
rimontare. Raccomanda a Iacobo di fare compagnia a quel signore e arrivato a Casalmaggiore
lo presenti al podestà e agli uomini del posto facendogli onore e lo accompagni poi alla nave ove
Malombra verrà informato dal duca di quanto sarà necessario.
1454 gennaio 10, “ex Marchariam”.
(a) Iacobo Malumbro.
Respondendo ad una toa per la quale ne avisi de quello signore che pare vogli condure
el conte P. in giò, dicemo ad questa parte che nuy te havemo scripto per un’altra
quanto bisongnia; sichè exequiray quanto te havemo commesso circha ciò. Ala parte
della scorta ch'el rechiede gli faciamo fare al passare in zoso per Po, dicemo 198r che
nuy gli habiamo male el modo de presente perchè li galioni erano lì per scontro a
Bersello, parte sonno conducte ad Pavia, parte ad Mantoa, et poriamo così presto fargli
venire lì, ma el co. (ha) questo remedio, cioè ch'el pò venire per nave fin ad
Casalmaiore et lì scendere ad terra et poi andare per terra da lì ad Doxolo, che è pocha
via, et mandare zoso le nave et remontare lì et andare securamente; et così recordaray
ad quello signore per nostra parte ch'el voglia fare quella via. Et tu gli faray bona
compagnia et giugendo ad Casalmaiore seray col podestà et quelli nostri homini, et
faragli fare honore como se rechiede et, accompagnatolo ad la nave, veray poi da nuy
informato de quanto serà bisogno. Ex Marcharia, x ianuarii 1454.
Christoforus.
Cichus.
(a) Precede domino depennato.
743
Francesco Sforza fa sapere a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, di aver
preso atto di quanto dettogli circa la partenza di Giovanni Rubino e dell’avviso datogli dall’abbate
di San Sisto. E’ felice per la cattura di Matteo da Pavia. Lo metta in prigione con i ferri ai piedi e
badi che non fugga, perchè intende fargli mozzare la testa.
Vuole che si salvino i suoi cavalli e la sua roba, che consegnerà a chi il duca gli scriverà, o a chi
Pisanello oppure Domenico manderà a prendere.
Si è scritto il giorno 11 che si consegnino a Bartolomeo, famiglio di Pisanello,
i cavalli e le armi di Matteo.
(1454 gennaio 10, “Ex Marcharia”).
Benedicto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.
Havemo recevuto una toa lettera data ad 7 del presente per la quale restiamo avisati
della partita de quello Zohanne Rubino et anche del’aviso hay havuto dal’abbate da
San Sisto; al che non bisogna altra resposta.
Apresso siamo avisati como tu hay facto prendere et sostenere Matheo da Pavia et
toltoli quella sua robba; donde te dicemo hay facto benissimo et se ne troviamo molto
contenti, et volemo che subito gli fazi mettere li ferri ali pedi et mettere in presone et
cepi, facendolo guardare ch'el non fugi, avisandote che gli vogliamo fare mozare la
testa. Sichè guarda bene che tu ne lo sapii consignare ad ogni nostra posta per quanto
te è cara la vita; et in fede de questo te habiamo soctoscripta la presente de nostra
propria mano. Li cavalli et la robba sua volemo sia salva perchè li mandaremo ad tuore
et gli consignaray ad chi te scriveremo, overo ad chi mandarà Pisanello, overo ser
Domenicho da nostra parte; e che non gli manchi cosa alcuna. Data ut supra.
Christoforus.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.
Cichus.
Die xi suprascripti scriptum est quod assignentur Bartholomeo, familo Pisanelli, equi et
arma suprascriti Mathei.
744
Francesco Sforza ordina a Gracino da Pescarolo di accogliere onoratamente il duca di Calabria,
figlio di re Renato, che si porta da quelle parti con il totale supporto della lega in sostituzione di
suo padre. Deve, perciò, portarsi subito ad Alessandria e, convocati ufficiali e maggiorenti della
città, si muova, non appena avuta notizia dell’ arrivo del duca di Calabria, con essi incontro a lui.
Ordini che si apparecchino cibi in gran copia e faccia spese in modo tale che nulla gli manchi.
Procuri che per il tragitto che lo menerà a Piacenza vi sia folla di cittadini e gentiluomini, e, ivi
giunto, non risparmi, per tre giorni, denari perchè alle spese vi ha pensato lo Sforza con la
lettera sottoscritta che gli invia: con essa potrà “reccatare denari per tucto, secondo che parerà”.
1454 gennaio 10, Marcaria.
198v Domino Gracino de Piscarolo.
Perchè lo illustre signore misser lo duca de Calavria, figliolo del serenissimo re Renato,
venne de presenti nele parte di qua ali soldi, adiuti, favori et soccorsi dela liga, in loco
dela mayestate de suo patre, desyderamo recoglierlo nel paese et dominio nostro, et
fargli quello honore che vorressemo fosse facto ala nostra propria persona; per la
qualcosa non volendo nuy che circa ciò intervengha veruno manchamento, vi
commandiamo et volimo che, recevuta questa, subito ve transferiati fin ad Alexandria et
lì, convocando officiali et citadini et tucte le honorate persone, quam primum sentiriti lo
agiongere suo nel terreno nostro gli andareti a farli compagnia tanto honorevolmente
quanto più ve serà possibile al rmondo. Et per luy et per tucta la corte sua fareti
apparechiare le spese cibarie copiosamente et in abundantia, et cum tale ordine che
nulla cosa gli mancha, tanto in le dicte spese, quanto in ogni altra cosa che bixognasse
per fargli grandissimo honore; et deinde a venireti continuamente acompagnando essa
soa signoria, facendoli fare le spese in ogni loco abundantissimamente fin dentro dela
cità nostra de Piasenza, dove la soa signoria haverà ad restare, et lì ancora, per tri dì
continui, faretigli fare dicte spese honoratamente, sichè nulla cosa gli mancha non
mancho como ala nostra propria. Et per quanto amati l'honore et bene nostro,
sforzateve de fare in modo che non receviamo vergogna. Et venendo per le citade et
terre nostre fin ad Piasenza, per tucto convocareti li citadini et zentilhomini a fargli
compagnia et honore; et aciochè possi far fare dicte spese per tucto, ve mandiamo qui
aligata una littera patente, soctoscripta de nostra propria mane, per tenore dele quale
poteriti comandare et reccatare denari per tucto, secundo che ve parerà et serà
bixogno. Sichè sforzative per Dio che sia recevuto tanto honorevolmente quanto serà
possibile, respondendone subito del dì et hora che ve partereti per andare,
intendendovi insieme con lo magnifico misser Angelo Azayolo, nostro compare, quale
vene insieme con lo dicto duca. Marcharie, x ianuarii 1454.
Bonifacius.
Cichus.
(a) Segue ne depennato.
745
Francesco Sforza accetta le scuse del comune e degli uomini di Urago, scuse convalidate
anche dal Colleoni, per il passaggio non consentito di gente diretta a Crema, purchè in futuro
facciano tale guardia che nessuno passi senza che lo avvertano e facciano i debiti segnali.
Li assicura che non manderà gente, ma solo quei cavalli di suo fratello Alessandro che a loro
toccano secondo il compartito.
1454 gennaio 11, Marcaria.
Comuni et hominibus Uraghi.
Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto ne scriveti facendo la scusa vostra
delle gente passareno l'altro dì che andareno verso Crema, che vuy non le sentisti, et
cetera, el che ne scrive anchora el magnifico Bartholomeo Coleono; ala qual,
respondendo, dicemo che crediamo sia como vuy diceti et, per questa volta, siamo
contenti havere per scusati cum questo che, da mò inanze, stati attenti con tale guardia
et advertentia che niuno non possa più passare che non lo sentiati, et fazate Ii debite
signali, acioché qualunque haverà a passare, sia preso, como ne scriveti che fareti.
Ala parte de mandare Iì gente, dicemo che non gli volemo mandare altre (a) se non
quelli cavalli de Alexandro, nostro fratello, quali ve tochano per taxa secundo el
compartito facto (a)l'altre che tochano ad esso Alexandro; sichè volemo Ii debiati
acceptare senza contradictione alcuna, alli quali fareti il dovere, como faranno Ii altri.
Data Marcharie, xi ianuarii 1454.
Iohannes.
(a) Segue che depennato.
746
Francesco Sforza replica al luogotenente di Lodi che si cerchi in città o nei luoghi viciniori il
famiglio ducale Giorgio da Lodi e lo si imprigioni.
(1454 gennaio 11, Marcaria).
Locumtenenti Laude.
Per un'altra nostra ve habiamo scripto che, retrovandose Iì Georgio da Lode, nostro
fameglio d'arme, vuy lo dovesti fare mettere in presone, et may non habiamo havuto
resposta como habiate facto; il perchè per questa de novo ve replicamo che, non
havendo facto incarcerare dicto Georgio, vogliati subito farlo cercare, quale de certo
intendemo è in quella cità, overo de fora (a) per Ie valle o lochi circonvicini. Et facto
l'havereti trovare, faretelo mettere in presone como è dicto, non relaxandolo senza
nostra licentia; et de quanto exeguiriti voliatene avisare per vostre lettere. Data ut
supra.
Leonardus.
Iohannes.
(a) Segue dellà depennato.
747
Francesco Sforza scrive al Colleoni che apprezzava il suo piano di andare in Val Trompia, ma
constatato che la neve glielo ha impedito, non gli resta che considerare che la neve ha anche
impedito ai nemici di portarsi in Val Camonica per portare aiuto a quelli di Bre.
Invita il Colleoni a consentire, come avrà inteso al ritorno di Colella da Napoli, che le truppe di
questo condottiero prendano posto nelle “stantie” loro assegnate e provvedere almeno che i
fanti, che occupano la rocca di Bre, non possano sortire a far danni in valle.
Siccome il Colleoni si porterà in Valle San Martino con l’intendimento di conquistare Brivio, gli
raccomanda di avere l’avvertenza che in detta impresa non si facciano danni al ponte sull’Adda
nè alla bastia al di qua del fiume e lo sollecita a cooperare per la conquista della rocca di Baye.
Il duca gli fa sapere che a Urago non manderà uomini, ma solo quel numero di cavalli di
Alessandro che comporta il compartito.
In conformità di quanto ha fatto lui con gli Uraghesi, conferma al Colleoni che li ha scusati,
chiedendo loro maggior vigilanza e cura nell’avvertire del passaggio dei nemici.
1454 gennaio 11, “Marcaria.
199v Magnifico Bartholomeo Coleono.
Havemo recevuto la lettera delIa magnificentia vostra de dì vi del presente et inteso
quanto per quella essa vostra magnificentia ne scrive. Respondemo, et primo, ala parte
del designo anze la recevuta delle nostre lettere haveva facto dicta vostra magnificentia
de passare in Valletropia che non ha potuto havere effecto per la grande multitudine de
neve venuta in quello paese, dicemo che de tal designo comendiamo grandemente la
magnificentia, il quale a nuy piaceva sommamente, ma poichè così è che non se possi
passare per esse neve, ne pare che esse siano così bone per nuy, como per Ii inimici,
perchè così como Ii nostri non possono passare la dicta Valletropia, così loro non
poterano passare de qua in Vallecamonica nè dare adiuto nè succorso veruno a quelli
de Bre.
Alla parte delle genti d'arme per Colella, quale è stato da nuy et retornato Iì, la vostra
magnificentia haverà inteso l'intentione nostra; sichè ne pare debbiati far redure dicte
gente d’arme aIle stantie loro ordinate et lassare quella provisione per lo acquisto delIa
rocha de Bre, overo che quelli fanti gli sonno dentro non possano damnificare quelli de
(a) la valle, che ve parirà opportuna et necessaria.
Apresso anchora ne pare che, poichè dicta vostra magnificentia serà ale stantie con la
persona soa et con quelli delli soy gli parerano se debbia transferire in Vallesanmartino
a Brivio et fare tuta quella opera gli parerà necessaria per averlo, el quale
acquistandolo volemo che habiati bona advertentia non sia guasto el ponte sopra Adda
né etiam la bastia che è del canto de qua d’Ada, imo farli guardare et conservare con
bona cura et diligentia; et alla impresa della rocha de Baye, confortamo anchora dicta
vostra magnificentia gli voglia dare ogni adiuto et favore gli sia possibile aciò se possa
acquistare; et circha dicte cose faza la magnificentia vostra tuto quello gli parerà meglio, como siamo certissimi che farà.
200r Alla parte delli homini de Urago nuy non gli mandaremo altre gente se non solum
quelli cavalli gli tochano de Alexandro per taxa secundo el compartito facto fra l'altre
terre che tochano ad esso Alexandro. Apresso della scusa fa la magnificentia vostra
per dicti homini delle gente lassoreno l'altro dì passare senza fare signale veruno che
essi non (b) le sentireno passare, et cetera, el simile per una soa lettera, scriveno loro
anchora a nuy; dicemo che siamo certi dicono il vero, et per questa volta siamo contenti
de haverli per scusati, con questo che da mò inanze stiano attenti con tale guardie et
advertentia che niuno possa più passare che non lo sentino et che fazano Ii dicti signali
como però ne scriveno che farano. Et così confortamo la vostra magnificentia che
voglia confortare dicti homini a fare quanto è dicto mò, che per loro casone non habia
ad seguire manchamento veruno. Marcharie, xi ianuarii 1454.
Leonardus.
Iohannes.
(a) Segue questa depennato.
(b) non ripetuto.
748
Francesco Sforza scrive a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, che, per
aderire alla richiesta di grazia di alcuni suoi famigli, vuole che non dia più luogo all’impiccagione
del suo famiglio d’arme Matteo da Pavia, ma lo faccia rinchiudere “in uno fondo de torre” perchè
non fugga e non abbia contatto che con coloro che gli danno da mangiare:
(1454 gennaio 11, Marcaria).
Benedicto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.
Non obstante quanto te habiamo scripto per un’altra nostra che lunedì proximo dovesse
fare impichare Matheo da Pavia, nostro fameglio d'arme, quale hay in Ie toe mano, pur,
ad complacentia di alcuni nostri famigli, quale nelo hanno domandato de gratia, per
questa te dicemo e volemo che al dicto Matheo non gli lassi dare molestia nè novità
veruna in la persona, ma volemo bene che tu lo tenghi in presone, como per un'altra
nostra te scripsemo here, che’l non possa far fuga né partirse senza nostra licentia; el
quale intendemo fazi mettere in uno fondo de tore in modo non possa far fuga,
ordinando che niuno Ii possa parlare, se non quelli che gli darano da manzare. Data ut
supra.
Leonardus.
Iohannes.
Franciscus Sfortia manu propria.
749
Francesco Sforza ricorda a Gandolfo da Bologna la necessità che i suoi uomini, sistemati nel
Bergamasco e nel Bresciano e in altri luoghi già usurpati dai Venziani, abbiano di che vivere e,
perciò, dato bando a parole e scuse, dimostri la sua efficienza raccogliendo sollecitamente i
denari necessari tassando le popolazioni di quei posti come fu fatto l’anno precedente.
In simile forma e con lo stesso contenuto si è scritto a Raffaele de Zaccariis, Battista de Burgo,
commissario di Oleggio, Teseo da Spoleto, Francesco Giorgio, Bartolomeo da Gubbio, capitano
della Campagna della Lomellina, Stefano de Casali, capitano della Lomellina, Antonio
Compagnino, capitano di Casteggio.
(1454 gennaio 11, Marcaria).
200v Gandulfo de Bononia.
Como per altre nostre te havemo scripto et advisato et sei informato, nuy havemo
metute queste nostre gente in Bressana et Bergamascha et l’altri luoghi che ne
usurpavano Venitiani, non perchè dicte nostre gente gli possano vivere nè stare per
stantia senza adiuto, ma solo per mancho caricho et damno e desconzo delli nostri
servitori e subditi dove solevano allozare, e non facendo altra provisione a dicte nostre
gente lì, unde che sonno, li seria necessario abandonare dicti allogiamenti novi e
retornare alli vechii, e forse se metariano in qualche desperatione: che quanto questo
importi al stato nostro ogniuno el pò comprehendere; et havendo considerato fra nuy
con che modo et via providere se possa a questo, trovamo che la via de fare rescodere
le taxe, como l’anno passato, è la più habele et mancho grave ali nostri subditi. Il
perchè iterato te replicamo e carichamo e stringemo che con ogni studio, solicitudine et
vigilanza toa te debii sforzare ad exigere e tirare suso in quelle parte li denari delle dicte
taxe secundo fo facto l'anno passato, e questo con ogni presteza e celerità possibile,
perchè tu cognoschi e intendi de che importantia è questo al stato nostro. E fa’ piutosto
che li effecti rendano bon testimonio della diligentia et sollicitudine toa che le
excusatione o parole toe, perchè in questo nostro bisogno gli è necessario el subsidio
del dinaro con effecto e presteza, e non parole e excusatione. Data ut supra.
Ser Alexander.
Cichus.
In simili forma et continentia (a) scriptum est Raphaeli de Zachariis,
domino Baptiste de Burgo, Olegii comissario,
Theseo de Spoleto,
Francisco Georgio,
Bartholomeo de Eugubio capitaneo campanee Lumelline;
domino Stefano de Casali, capitaneo Lumelline et
Antonio Campagnino, capitaneo Clastigii.
Ser Alexander.
Cichus.
(a) et continentia in interlinea.
750
Francesco Sforza ordina a Gracino da Pescarolo e al referendario di Pavia di far avere alla
vedova di Antonio di Astolfi, l’intera provvisione, di cui beneficiava suo marito, per il mese di
dicembre e di inviare a lui, duca, tutte le lettere inerenti a tale provvisione
1454 gennaio 11, Marcaria).
201r Gracino de Piscarolo et referendario nostro Papie.
Siamo contenti et volemo che ala donna che fo de domino Antonio di Astolfi, quale è
passato de questa presente vita, debbiati respondere integramente della provisione
havea da nuy dicto domino Antonio, suo marito, per tutto el mese de decembre proximo
passato, mandandone subito tute le copie delle lettere quale havemo scripto per
casone della dicta provisione da poi che l’ordinassemo. Data ut supra.
Nicolaus.
Cichus.
751
Donna Luchina dal Verme si lamenta con il duca per i danni fattile dai Correggesi, benchè le
abbiano tolto Poviglio. Si duole anche con i Parmensi che voglione costringere le sue due
villette, Enzano e Bersagneto, a pagare un sussidio mai prima prestato, siccome esse
concorrono con la rata loro spettante agli oneri con le altre terre vermensi. Nè basta, donna
Luchina ha di che da ridire contro il capitano di Casteggio che si impiccia delle sue terre, perchè
lei i carichi, cui è tenuta, li ha ripartiti in tutte le sue possessioni e fa presente che lo scorso anno
ha versato più di lire 4000, al di là delle 1000 lire di cui, senza alcun vantaggio ducale, si sono
appropriati gli ufficiali sforzeschi. A conclusione dei suoi lai non le resta che la richiesta di un
intervento dello Sforza perchè ponga fine a ciò che non torna nè ad onore nè ad utile del duca.
Astorre mandò dal duca il suo cancelliere Ottaviano, che portò le lettere ducali a Francesco
Visconti e a Guarniero Castiglioni.
1454 gennaio 10, “Ex Sancto Iohanne”.
Illustrissimo domino duci Mediolani.
Illustrissime princeps et excellentissime domine domine mi singularissime, per questi
Corezesi me fi facti de grandissimi damni, non obstante che m'habiano tolto Povilio; per
questo non stano che ali mei poveri homini gli fano ogni destracio e poi li Parmesani a
doe mie villete, Henzano e Bersagneto, li voleno astrizere a graveze de sue taglie e
subsidio, cosa che may non fo facta che le mie terre fossano may astrecte per li
Parmesani a veruno pagamento, perchè delle mie graveze supportano la rata soa con
le altre mie terre. Supplico ala excellentia vostra se degna de scrivere in modo che
cognoscano che l'intentione vostra sia siano reservate, como sonno sempre state per lo
passato, et fare revocare omni molestia; et così supplico ad essa che la se degna de
scrivere al capitaneo de Giastezo che non se impaza delle mie terre, perchè li carigi
mei me li convene partire in le mie terre et fare tal ordine che la excellentia vostra habia
l'intentione sua. Perchè invero, illustrissimo mio signore, le sonno tanto agravate le
terre mie che invero questo anno passato agio passato dello mio più de libre iiii mila,
oltra che questi vostri officiali hanno robato ale mie terre più de libre mille; e più me dole
che la excellentia vostra non ha havuto emolumento nesuno, et per questo se degna la
prelibata vostra excellentia farli tale provisione che simili officiale non habiano a
manezare in le mie terre nì fare simili officii, perchè non fanno honore né commodo a
vuy et a mi et ale mie terre damno et vergogna, et sempre me vanno rumpendo ogni
bono ordine et me mettano in desordine per modo che la excellentia vostra se conturba
con me, la quale turbatione me fa venire li dolori della morte; ala quale excellentia mi et
li mei fioli recomando. Ex Sancto Iohanne, x ianuarii 1454.
Respondit dìe xi ianuarii 1454.
Ex excellentie sue servitrice
Luchina de Verme, et cetera.
El signore Astor mandò dal signore ducha Octaviano, suo cancellero, quale portò
lettere ducale ad domino Francischo Vesconte et domino Guarnerio.
752
Francesco Sforza replica alla lettera del 10 gennaio di donna Luchina puntualizzando che per la
riconquista di Poviglio si comporterà come “continue” con sue lettere le ha fatto sapere. Si dice
impossibilitato a inibire ai Parmensi di comportarsi per il sussidio di quelle sue due villette come
hanno fatto nel passato e ancora faranno in futuro, sicome lei non si comporta come gli altri
gentiluomini e feudatari. Non ritiene che il capitano di Casteggio la molesti in quanto lui non
richiede che il dovuto alla Camera ducale, e un altro capitano non agirebbe diversamente. Il
duca, infine, ignora che dei suoi ufficiali le abbiano richiesto ingiustamente 1000 lire: gli faccia
sapere chi sono costoro, perchè allora lui interverrà. e le farà dare due per uno.
1454 gennaio 12, Marcaria.
201v Magnifice domine Luchine de Verme.
Respondendo a quanto n'haveti scripto per una vostra data a x del presente, dicemo,
quanto al facto del Povilio, che per la recuperatione d’essi faremo quanto et como
faremo per le altre nostre cose proprie, como continue per nostre lettere ve havemo
scripto. Ala parte ove rechiedeti debbiamo provedere che li Parmesani non dagano
graveza a quelle doe ville vostre per lo subsidio, dicemo che quello è stato facto
continuo per lo passato non poressemo inhibire ch'el non se fatia per l'avenire, perchè
non faciando la magnificentia vostra per esse ville quello che fanno tucti li gentilhomini
de Parmesana, essi Parmesani e lo reputariano a grande iniuria se gli lo vedassemo
adesso; sichè ve confortiamo et caricamo che vogliati havere patientia et fare quanto
fanno Ii altri gentilhomini et feudatarii. Ala parte delIa molestia diceti ve dà el nostro
capitaneo de Ghiastezo, dicemo che non credemo ve daga molestia alcuna se non per
quelle cose, quale debitamente degono fare Ie terre et luoghi vostri ala Camera nostra.
E quando non gli fosse questo capitaneo bisognaria gli ne ponessemo un altro che
facesse quello offitio, né credemo questo capitaneo rechieda altro che’l debito della
Camera nostra. Ala parte ove diceti che li nostri offitiali ve hanno tolto delle Iibre mille,
dicemo che nuy non ne hebbeno may noticia alcuna; et se ne avisareti che sonno quelli
che ne hanno tolti li dicti dinari et li habiano tolti indebitamente, ve li faremo restituire
per ogni uno duy. Data Marcarie, xii ianuarii 1454.
Irius.
Cichus.
753
Francesco Sforza avverte il Colleoni che gli uomini di Lovere si sentono indifesi dai nemici e
abbandonati dal Colleoni e dalle sue truppe. Vuole che oltre a provvedere all’assedio di Bre,
procuri ora di curare il territorio di Lovere con lasciargli dei suoi uomini alla sua difesa.
Si compiace per la conquista della rocca di Vercurate e lo informa che il Consiglio segreto
vi manderà prestoun castellano.
(1454 gennaio 12, Marcaria).
202r Magnifico Bartholomeo Coleono.
Sonno venuti qua da nuy alcuni homini per parte del comune et homini nostri de Luere,
quali, inter cetera, n’hanno exposto che loro non se tengono ben securi deli insulti et
offese deli inimici, quali ponno venire et intrare in questa nostra valle como feceno
questi proximi giorni, non essendole delle nostre genti ale soe defese. Et maxime
dubitandose loro essere abandonati da vuy et dali vostri che sonno là, ne hanno pregati
vogliamo provedere como ne pare meglio in forma che non habiano casone d'essere
opressi et oltrazati da essi inimici, sì per lo bene loro, sì etiam per la salveza de quella
dicta nostra valle. Per la qual cosa ve dicemo così, quantuncha per altre nostre ve
habiamo (scripto) che mandasti delli vostri al’obsidio delIa rocha de Bre, che
nondimeno mò vogliati etiamdio provedere ala dicta terra de Luere con lassargli
qualcuni delli vostri ala difexa loro, sichè non possano recevere mancamento nè damno
alcuno, et restano securi dale offexe d’essi inimici. Apresso perchè per una vostra ne
scriveti che Ii vostri hanno havuto la rocha de Vercurate, dicemo che molto ne piace; et
per la provisione del castellano ve avisamo como nuy havemo scripto al nostro
Conseglio secreto che subito debiano mandare ala dicta rocha uno castellano, sichè,
quam primum, agiungerà Iì mandato dal prefato Consiglio faretegli consignare la tenuta
d’essa rocha secundo ch’el prefato Consiglio ve scriverà. Dappoy per una vostra ne
avisareti como haveriti facto. Data ut supra.
Bonifatius.
Iohannes.
754
Francesco Sforza fa sapere ad Antonello de Capanea, podestà di Lovere, che apprezza i suoi
suggerimenti come quelli di Gentile della Molara sulla necessità della presenza in valle di cavalli
e fanti, come anche gli era stato richiesto dagli ambasciatori di quella terra. Di tutto ne ha scritto
al Colleoni, che ha il governo delle cose di li, per cui Antonello non ha che intendersi con lui
circa la difesa della valle e la sorveglianza del lago e sulla dislocazione dei soldati, stando
sempre alle decisioni colleonesche. Il duca si dice contento che, oltre al suo salario podestarile,
possa ricevere dalla riviera bergamasca sei ducati d’oro, che debbono essere intesi come
salario della sua commissione. Aderendo al desiderio degli ambasciatori di fortificare quella
terra, lascia a lui il compito di convincere i comuni a contribuire per la realizzazione delle varie
opere di sicurezza di quella terra.
1453 dicembre 13, Marcaria.
Antonello de Campanea, potestati nostro Luere.
Havemo recevuto doe toe lettere de dì vi et vii del presente; ale quale, respondendo,
dicemo che Ii advisi n'hay dati per Ie toe lettere et a bocha per Gentile dela Molara
l'havemo intesi et ne sonno stati gratissimi, del che molto te ne comendiamo del ricordo
ni day, che vogliamo lassare in quella valle cavalli et fanti ala deffexa d’essa. El simile
202v ne hanno dicto et recordato Ii ambassatori de quella terra, Ii quali havemo veduto
et olduto voluntera e factoli careze como meritano per la loro bona dispositione et
voluntà verso nuy. Et parendone che’l tale ricordo sia bono havemo scripto al magnifico
Bartholomeo Coleono, al quale havemo dato el caricho et governo de quelle nostre
cose del canto dellà, che circha la deffensione e guardia de dicta valle gli debia fare
quella debita provisione gli parerà necessaria; sichè quanto in questo quanto circha’l
governo del laco et dove debia stare l'armata et in ogne altra cosa potesse accadere in
quelle parte, volemo che tu intendi con il dicto Bartholomeo exequendo Ii pareri suoy et
quanto per luy te seray ordinato et commandato, perchè luy, como informato della
mente nostra, saperà provedere al tuto. Circh'al facto delIa tua provisione siamo
contenti che ultra el tuo salario delIa potestaria possa rescodere dalla rivera de
Pergamascha et delIa iurisdictione d’essa toa potestaria ducati sei d'oro, Ii quali se
intendano essere per salario delIa toa commissione, havendoli advertentia de
rescoderli con più piacevoleza et ageleza delli homini che ti sia possibile, in modo che
non ne habiamo querella veruna, como se rendemo certi saperay ben fare. Apresso Ii
dicti ambassatori ne hanno rechiesto per parte de quella comunità che gli vogliamo
dare adiuto a fortificare quella terra in alcuni lochi dove non è ben forte; dela quale cosa
siamo remasti contenti, il perchè, como vederay, te mandiamo alligata la commissione
che debii fare sia fortificata dicta terra et che debii rechedere adiuto ali comuni che se
contengano in essa et fare che ogniuno Ii contribuisca secundo la sua rata parte. Sichè
de questo te ne lassiamo el carico, confortandote a fare in modo, con quelle
piacevoleze saperai usare, che niuno se habia a lamentare, imo 203r che tuti adiutano
volunteri et de bona voglia. Data Marcharie, die xiii decembris 1454 (a).
Leonardus.
Iohannes.
(a) Così A.
755
Francesco Sforza ordina a Domenico da Pesaro, podestà di Castell’Arquato, di non procedere
contro il tesoriere di quella terra, Pietro da Raymondo, cui aveva comandato, sotto pena di
ribellione, di portarsi subito da lui per ovviare allo scontento dei Gottolenghesi che si dicevano
insoddisfatti dei denari ricevuti dagli Arquatesi sulla somma loro assegnata dal duca. Pietro
aveva obbedito portandosi a Cremona ove, però, non trovò nessuno (neppure il duca), perchè
l’una e l’altra parte s’era accordata (ed era “la cosa per la quale”, confessa lo Sforza, “nuy lo
volevamo”), se n’era tornato indietro.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
Dominico de Pisauro, potestati nostro Castriarquate.
L’altro dì, essendo nuy ad Cremona, perchè se lamentaveno Ii homeni de Gottolengo
non potere essere satisfacti da quelli homini de Castelloarquato delli dinari per nuy a
loro assignati Iì, te comettessemo dovesse comandare ad Petro da Raymondo,
texaurero de quella terra, sotto pena de rabellione che’l fosse da nuy incontinenti et,
secundo luy ne dice, como hebbe el comandamento vene ad Cremona; et trovando
eramo partiti da lì et che quelli homini de Gottolengo erano remastI d'acordio con li
homini de Castello Arquato, compagni del dicto Pietro, se ne tornò ad casa senza
venire da nuy, per la quale cosa monstre che tu lo vogli condamnare. Pertanto volemo,
se così è, che la condemnatione che tu li vole fare sia per questa casone, non procedi
più ultra, nè gli daghi per questo più impazo alcuno, considerato che la cosa per la
quale nuy lo volevamo à sortito effecto, et anche la sua venuta ad Cremona ha
demonstrato luy non volere obedire. Data ut supra.
Iohannes Chiapanus.
756
Francesco Sforza esprime al suo segretario Abraam de Ardiciis la sua soddifazione per il fatto
che suo fratello Daniele, per cui gli aveva chiesto la prepositura di Rodobbio l’aveva avuta “per
vigorre delle rasone sue”. Il duca scrive a quelli de Crotti di immettere Daniele nel possesso di
detta prepositura e nelle relative entrate.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
Egregio secretario nostro dilecto Abraam de Ardiciis.
Inteso quanto per toe littere n’hay scritto in rechiedere la prepositura de Rodobio per
domino Daniel, tuo fratello, el quale l'ha acceptata per vigore delle rasone sue, et
cetera, dicemo che ne siamo molto contenti et de bona voglia te ne compiacemo; et
così nuy scrivemo opportunamente ad quelli de Crotti per l’aligata che al dicto domino
Daniele sii assignata liberamente la possessione d’essa prepositura et respuoso delle
intrate et fructi integramente. Data ut supra.
757
Francesco Sforza si congratula con Antonio da Pescarolo, capitano di Casteggio, per gli ordini
impartiti per la riscossione delle tasse nelle terre d’Oltrepo.
Lo faccia presto per poter dare denari ai soldati.
Concorda con lui che le terre pavesi di madonna Luchina vanno incluse nel numero di 500
cavalli, ma ne pigliano 200. Il duca vuole che lui riscuota le tasse delle altre terre per 700 cavalli,
mentre lui, duca, provvederà che donna Luchina soddisfi per il resto per un totale di 4000 lire a
partire dallo scorso novembre.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
203v Antonio de Piscarolo, capitaneo nostro Clastigii.
Havemo recevuto toe lettere et inteso quanto ne scrivi delli comandamenti et provisione
che hay facto per il scodere delli denari delle taxe de quelle terre de Ultra Po. Dicemo
che hay facto bene, et così te caricamo et stringemo ad scoderle prestissimo et senza
dimora, perchè li mandaremo ad tuore per messo proprio per darli ali nostri soldati ad
chi gli havemo assignati; sichè non gli perdere tempo alcuno.
Ala parte dove ne recordi el facto delle terre del Pavese de madona Luchina, dicemo
che’l è vero che le vanno incluse in lo numero delli cinquecento cavall,i di quali gli
havemo scritto, le quale pigliano ducento cavalli; sichè volemo che tu scodi pur le taxe
delle altre terre per cavalli settecento, et perchè faremo che la prefata madona Luchina
satisfarà per li altri, como gli habiamo scripto, rescodendo dicte taxe ad computo de
libre IIII per el cavallo el mese, comentiando nel calende de novembre, como per altre
nostre t’habiamo scritto. Data ut supra.
Christoforus.
Cichus.
758
Francesco Sforza invita i presidenti agli affari della Val Camonica di prestare fede a quanto
riferiranno i loro inviati, Giovanni da Burno e Antonio da Angulo, per poi soffermarsi
sull’obbligazione contratta con Morello per le 60 some di biada da lui tolte dalla rocca di Corteno
e vendute a loro. Posta come premessa che la merce presa nella rocca da Morello è roba sua,
dispone che, in quanto tale, la diano al Colleoni perchè la distribuisca tra gli assedianti della
rocca di Breno “per substentatione del vivere loro” Fatto ciò, si ritengano liberati da qualsiasi
obbligazione.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
Nobilibus et prudentibus viris presidentibus negotiis comunitatis Valliscamonice, nostris
dilectis.
Sonno venuti qua da nuy Giovane da Burno et Antonio da Angulo, vostri mandati, quali
n'hanno exposto più cose per parte della comunitate de quella nostra valle, le quale
havemo diligentemente inteso et provisto sopra ciò opportunamente, et a loro havemo
etiamdio respuosto complitamente a bocha, como da essi intendereti. Alli quali piaceve
credergli quanto a nuy medesmi, et insuper fra l'altre cose ne hanno dicto 204r et
pregati vogliamo declarare la mente nostra circa’l facto della obligatione haveti con
domino Morello per casone dele sexanta somme de biada tolta per luy in la rocha de
Corteno et a quella comunità venduta, et cetera. Al che respondendo ve dicemo che
dicta biada, tolta in la dicta rocha è nostra, et perhò volemo che, non l'havendo data al
magnifico domini Bartholomeo, gli la debiati dare liberamente, perchè havemo ordinato
la faza distribuire fra quelle gente che restarano lì ala obsidione della rocha de Breno
per substentatione del vivere loro. Et così dandogila, como havemo dicto, ve
decla(ra)mo nostra intentione essere che non siati obligati al dicto Morello per dicta
casone, et ex nunc, per questa nostra, ve liberamo dala dicta obligatione, sichè ala
receputa de questa, non havendo dato ad esso Bartholomeo dicta biada, subito
daretiglila liberamente. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
759
Francesco Sforza scrive al podestà della valle di Caleppio che gli uomini della valle Camonica si
sono lamentati con lui perchè è stato loro sottratto del vino e portato lì dalle genti d’arme.
Siccome intende che il vino sia restituito ai proprietari, vuole che lo mantenga sequestrato, come
lui, podestà, ha già ben fatto e avvisi il Colleoni che il duca gli ha comandato la sua restituzione,
che effettuerà se il comandante lo consentirà.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
Potestati Vallis nostre Calepii.
Li homini nostri de Vallecamonica ne hano facto fare lamenta che per quelle gente
d’arme sono in la dicta valle egli stato levato et tolto de molto vino, quale esse gente
d’arme l’hanno conducto lì, et havemo inteso che tu l’hay sequestrato. Dela qual cosa
te ne comendiamo, et perché nostra intentione è che’l dicto vino sia restituito ali poveri
homini de chi è dicto vino, te dicemo che debii tenere dicto vino in sequestro non
laxandolo movere per via alcuna, et avisare el magnifico Bartholomeo, como tu hay in
comandamento da nuy, de fare restituire dicto vino ali pover’homini de chi è. Et
havendo resposta da luy che’l rendi dicto vino, alhora faraylo rendere integramente alli
dicti pover’homini, ita che non habiano ad poterse lamentare. Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
760
Francesco Sforza comunica al Colleoni che gli ambasciatori dei gentiluomini della Val Camonica
si sono doluti per le “gravissime extorsione” subite dai nemici quando penetrarono in valle, ma si
sono anche lamentati per “damni asay” patiti ad opera di genti amiche. Il duca, perciò, rinnova
al Colleoni l’ordine di portare fuori dalla valle e sistemare nei loro alloggiamenti le sue truppe,
lasciando lì accampati solo gli uomini necessari per l’assedio della rocca di Breno. A questi farà
distribuire le 60 some di grano ricevute dalla comunità della valle, che è stata, così, liberata
dall’obbligazione che aveva con Morello.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
204v Magnifico Bartholomeo Coleono.
Sonno venuti qua da nuy li ambassatori delli zentilhomini et della universitate delli
homini nostri de Vallecamonica, quale per parte soa n’hano explicate et exposte più
cose. Et, fra le altre cose, n’hanno pregati che, considerate le gravissime extorsione et
damni patiti, sì per la gente inimiche, quale sonno intrate in la dicta valle ali dì passati,
sì etiamdio per le gente nostre, che sonno state là ala defexa loro, dali quali hanno pur
recevuto delli rencresscimenti et damni asay, quantuncha se rendiamo certi sia
processo senza consentimento né saputa vostra, vogliamo provedere che le dicte
gente che mò sonno anchora in la dicta valle se ne retornano alli alozamenti loro,
dicendove essere impossibile potere supportare tanta graveza. Per la quale cosa
attendendo nuy che, dovendo sostenire lì tante gente pur gli seria troppo (a) grave et
carico insuportabile, et considerato che a questi tempi se convenne acarezare dicti
homini et non exaspera(r)li, ve confortiamo et volemo che, se ala receputa de questa
non havesti ancora facto levare dicte vostre gente, como per l’altre nostre ve habiamo
scripto, vogliati subito farle levare della dicta valle, mandarle ale loro alozamenti,
lassando però quelle gente da cavallo et da pede a campo ala rocha de Breno, quale
ve paresseno necessarie et sufficiente ala obsidione de quella, como per l’altre nostre
haveriti inteso; ma ordinariti che le dicte gente restarano lì vivano costumatamente et
non dagano affanno alcuno ali homini della dicta valle per lo vivere loro, per la
substentatione et vita loro. Però restiamo contenti fazati distribuire fra loro quelle LX
some de grano vuy scriveti havere recevuto dala comunità della dicta valle, per lo quale
grano a vuy dato havemo liberato la dicta comunità della obligatione ha con domino
Morello; sichè fareti distribuire dicto grano como havemo dicto fra quelle che restaranno
lì, alli quali etiam fariti provisione in modo che non dagano molestia alli homini della
dicta valle, per forma che essi non habiano rasone de poderse degnamente agravarse.
Data ut supra.
Bonifacius.
Iohannes.
(a) Segue carich depennato.
761
Francesco Sforza scrive a Teseo da Spoleto di aver preso atto dei provvedimenti da lui ordinati
per la riscossione delle tasse per 2000 cavalli a quattro lire mensili pro capite e risalendo al
primo novembre scorso. Informato, sia per quello che ha scritto a lui, come anche per ciò che ha
segnalato a Cicco delle difficoltà che incontra nel realizzare gli incassi, gli raccomanda che,
comunque, “le dicte taxe se scodino de presente senza perditione de tempo” e attenendosi al
compartito. Gli consente l’aggiunta di nuovi deputati pur di cavare denari da buoni debitori, dei
quali vuole che faccia una accurata descrizione ”de loco in loco” in un quadernetto con il quale
si recherà da lui, non senza aver prima predisposto l’ordine perchè si proceda nelle riscossioni.
Gli va quel che Teseo ha disposto per i cavalli di Giovanni Cossa rimasti lì.
(1454 gennaio 13, Marcaria).
205r Theseo de Spoleto.
Inteso quanto per una toa de dì VIIII del presente ne scrivi delle admonitione et
provisione hai facto ad rescodere de quelle taxe per li cavalli 2000 ad libre 4 el mese
per cavallo, comintiando el mese de novembre passato, et della difficultà ne dice serà
ad rescodere per le rasone che tu ne aduce, et ultra ciò quanto n’ha referto Cicho che
tu gli scrivi sopra ciò, dicemo che tu debii mettere ogni ordine et (a) forma che ad te sia
possibile et fare che le dicte taxe se scodino de presente senza perditione de tempo,
non movendo né lassando movere el compartito vechio né anche li deputati vechii per
adesso. Ma se’l te pare de giungere alcuna cosa essa di cavalli 2000 in bone et
exigibile paghe, como te dissemo, overo de adiungere altri ad li deputati, faray como te
parirà, advertando sopra tuto de fare tale fondamento che li dinari se possino cavare de
boni debitori, di quali volemo che subito, vedute le presente, tu faci una descriptione in
uno quaderneto particularmente de loco in loco et distinctamente, et con esso
quaderneto subito vegni da nuy et non li sia demora, lassando interim ordine che se
faciano l’executione; et tuta via se scodino li dinari senza perditione de tempo. La
provisione hay facta ad quelli cavalli del magnifico domino Iohanne Cossa, che sonno
remasti lì, ne piace et così te caricamo et stringemo che tu gli fazi fare quelli acconzi et
quello bono tractamento che te sia possibile, se desidera fare cosa ne piacia. Data ut
supra.
Christoforus.
Cichus.
(a) Segue via depennato.
762
Francesco Sforza ordina a Gracino da Pescarolo di lasciare che il navarolo Giovanni Pietro da
Cerrano prenda due dei guardoni che si trovano al porto del Tovo per farsene un mulino o quel
che vorrà.
1454 gennaio 14, Marcaria.
Domino Gracino de Piscarolo.
Havemo ordinato ad Iohanne Petro da Cerrano, navarolo de quella nostra cità,
presente portatore, doy gandoni de quelli nostri sonno al porto del Tovo per farsene
uno molino o quello gli parerà a luy. Pertanto volemo che gli lassati tuore et desponerne
como de cosa sua. Data Marcharie, xiiii ianuarii 1454.
Marchus.
Cichus.
763
Francesco Sforza rimprovera gli ebrei Bonomo e Israel per la lentezza con cui procedono a
versargli i denari che i loro correligionari gli devono.
Comanda loro, sotto pena della disgrazia ducale, di mostargli le “rasone et li libri della rasone” e
il conto dei denari avuti dagli ebrei, e di dare a Manno, incaricato dell’esazione di detti denari,
una nota degli ebrei pavesi ancora insolventi
1454 gennaio 12, Marcaria.
205v Bonomo et Israel ebreis.
Maravigliamone grandemente che ve siati deportati sì lentamente et tristamente circha
ad le executione delli denari doveti exborsarne per nome delli vostri ebrei. Et perchè
volemo et deliberamo intendere questo mancamento et de havere li denari nostri senza
più dilatione, volemo, et per questa ve comandiamo che, alla pena delIa nostra
desgratia, debbiati, recevuta questa, monstrare tute le rasone et Ii libri delIa rasone et
conto del dinaro haveti recevuto dali ebrei, et così che debiati dare in nota et in scripto
tuti quelli ebrei che restano ad pagare a Manno ebreo ad Pavia, al quale havemo data
la cura de tale exactione, poichè non l'haveti voluto nè lo haveti saputo fare vuy, perchè
intendemo havere subito questo dinaro senza dilatione. Ex Marcharia, xii ianuarii 1454.
Ser Iohannes.
Cichus.
764
Francesco Sforza informa Antonello de Campanea che Manfredo da Forlì gli ha scritto che alla
richiesta di Antonello di certe navi, ha risposto che, dandosi il caso, potevano essergli
necessarie come a Lovere per la sicurezza di quel territorrio. Il duca ha detto a Manfredo di
accordarsi con Antonello per quello che sarà meglio per lo stato sforzesco e dice ora ad
Antonello di accordarsi con Manfredo per prendere il bresciano Carolo Borghino che s’aggira
per il paese per sollevarlo. Chiede, infine, ad Antonello di sottoporre il Colla a una nuova
indagine per cavargli tutta la verità su quello che lui sa.
1454 gennaio 13, Marcaria.
Antonello de Campanea, dilecto.
Manfredo da Forlì ne ha scripto che, havendoli ti rechiesto certe nave, che’l ne haveva
de bisogno lì, accadendo il caso, per conservatione sua et de quella terra, et che sonno
così necessarie como ad Lovere, ad lo quale nuy havemo scripto che sopra ciò se
debia intendere con ti, et così dicemo a ti che tu te vogli ben intendere con esso luy et
fra vuy deliberare et exequire quanto è quello ve parira più utile et per lo megliore del
stato nostro; e così ancora te dicemo che te debii intendere 206r con dicto Manfredo et
fra voy servare ogni modo et diligentia per havere in Ie mane uno Carolo Borghino,
citadino de Bressa, che va praticando tuto quello paese et surlevandolo, e pigl(i)arlo, e
pigl(i)ato advisarne subito. Et questo se vole fare tanto cautamente et secretamente
che non li fosse dato aviso e misso suspecto.
Ad la parte delle lettere toe della detentione de Colla recevute, et cetera, dicemo che,
non havendolo ben examinato, lo debii de novo examinare diligentemente, per modo
che tu habii la verità da luy de quanto sa. Data Marcharie, xiii ianuarii 1454.
Ser Alexander.
Cichus.
765
Francesco Sforza ordina al capitano del distretto di Piacenza di concedere al lodigiano Iusto
Rabugo il permesso di condurre, per suo uso, da Piacenza a Lodi 25 o 30 moggia di biade.
(1454 gennaio 13), Marcaria.
Capitaneo districtus Placentie.
Dilecte noster, per compiacere a Iusto Rabugo, nostro citadino de Lode, siamo contenti
et volemo che gli debii lassare cavare de Piasentina et condure a Lode per suo uso
moza XXV o XXX de biade, non obstante alcuno ordine in contrario. Marcharie, die
suprascripta.
Irius.
Iohannes.
766
Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto provveda di sistemazione e strame Stafile in
qualche luogo del Piacentino, purchè non turbi le tasse ordinarie
1454 gennaio 13, Marcaria.
Theseo de Spoleto.
Te comettiamo et volemo che a Stafile, presente exhibitore, debii far provedere de
alozamento et strame in qualche loco de Piasentina, mettendolo però in loco che’l non
habia ad turbare le taxe ordinarie. Ex Marcharia, xiii ianuarii 1454.
Irius.
Cichus.
767
Francesco Sforza scrive ad Antonio de Sichis, commissario della Geradadda, di aver designato
a castellano di Caravaggio Nardo Grande da Calabria.
Gli faccia consegnare la rocca e quanto in essa si contiene.
1454 gennaio 14, Marcaria.
206v Antonio de Sichis, commissario nostro Glareabdue.
Havemo deputato per castellano de quella nostra rocha de Caravagio Nardo Grande da
Calabria, nostro homo d'arme. Pertanto volemo che gli faciati consignare liberamente la
dicta rocha e tuto quello che gli è dentro. Data Marcharie, xiiii ianuarii 1454.
Persanctes.
Cichus.
768
Francesco Sforza informa Il condottiero Matteo da Capua che suo fratello Gorone e gli altri sono
legittimamente in prigione perchè il loro salvacondotto era scaduto e falsificato per l’aggiunta di
due altri giorni. Inoltre, il figlio di Porcello non poteva “menare sotto... Gorone”, siccome uno di
minore condizione non può condurre uno di maggior condizione”
1454 gennaio 14, Marcaria.
Magnifico et strenuo amico nostro carissimo Matheo de Capua, armorum, et cetera.
Respondendo ale vostre lettere circha’l facto del strenuo Gorone, vostro fratello,
dicemo che nuy non fecemo quello salvoconducto, ma Alexandro, nostro fratello. Et
segondo la substantia de quello salvoconducto et Gorone e l’altri sonno pregioni
legitamente, et Ie cagione sonno queste: primo, che’l salvoconducto era expirato et
falsificato con una giuncta d'uno termine de duy dì; et più ultra per vigore de quello
etiamdio s'el non fosse expirato e falsificato como è, el fiolo de domino Porcello non
poteria menare sotto quello Gorone, perchè la ragione non vole ne patisse che uno de
menore conditione possa nè debbia condure uno de maiore conditione de luy. E questo
trovariti essere vero se vuy ve ne informati; siché Gorone et l’altri sonno presoni
legitimamente, né ve ne possiamo fare altro quanto per via de rasone che non
facessemo iniustitia al’altra parte, che siamo certi non sia questa la intentione della
domanda vostra. Ex Marcharia, xiiii ianuarii 1454.
Ser Iacobus.
Cichus.
769
Francesco Sforza avverte Andrea Dandolo, provveditore di Crema che revoca e annulla
qualsiasi salvacondotto a chiunque concesso avendo constatato che con essi si conducono in
Crema sale e molte altre diverse vettovaglie. Vieta perciò che a Crema si conduca ogni tipo di
mercanzia
1454 gennaio 15, Marcaria.
207r Spectabili Andree Dandolo, provisori Creme.
Per lo passato havemo concesso alcuni salviconducti de potere condure delle
mercantie in quella terra; et credevamo dovesseno ben usare deli dicti salviconducti,
ma intendemo el contrario, perchè sotto el colore d’esse mercantie gli è conducto del
sale et altre victualie assay. La qual cosa havendo molesta quanto dire se potesse, et
non volendola comportare, per tenore delIa presente revocamo et anullamo tuti et
singuli salviconducti per nuy concessi a qualunque persona et de che conditione voglia
se sia, de potere condure de qualunche loco a quella terra qualunque mercantia se
voglia; et così ogni altro salvoconducto per nuy concesso a quelli della parte vostra de
lavorare, de condure legni et strame, de cazare et fare qualunque exercitio in lo
territorio de Crema, ita che spirato el termine del contramando in essi specificato se
serano offesi suo damno. De che ve ne havemo vogliuto dare notitia aciò ne possati
avisare caduna persona, aspectando resposta da vuy delIa receptione de questa. Ex
Marcharia, xv ianuarii 1454.
Irius.
Cichus.
770
Francesco Sforza sollecita Teseo da Spoleto a intervenire perchè gli uomini d’arme della
squadra di Francesco da Treviglio e Antonello da Parma abbiano le cinquemila lire che gli
uomini del piano e della montagna devono loro per la tassa dello scorso anno.
(1454 gennaio 15), Marcaria.
Theseo de Spoleto.
Li homini d’arme della squadra de Francesco da Triviglio et Antonello da Parma dicono
dovere havere delle libre circa V milia dali homini del piano et dela montagna de
Piasentina per casone delIa taxa soa del’anno passato. Et quantunque più fiate te
habiamo scripto dovesti provedere ala satisfatione soa, pur non è facto altro, del che
molto se ne gravano. Pertanto dolendone de questo, te commettiamo de novo et
volemo debii provedere ala satisfatione delli dicti homini d'arme de tuto quello debeno
havere et fare, per modo che se possano adiutare in Ie soe necessitate et non habiano
più casone de lamentarse. Ex Marcharia, ut supra.
Irius.
Cichus.
771
Francesco Sforza impone a Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, di
provvedere che l’uomo d’arme ducale Goyone da Mede non abbia più ragione di lamentarsi per
essere molestato da quelli di Mede che lo vorrebbero costringere a sopportare i carichi
occorrenti, essendo egli occupato in campo ai servizi ducali.
(1454 gennaio 15, Marcaria).
207v Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo nostro Lumelline.
S’è gravato qui da nuy Goyone da Mede, nostro homo d'arme, dicendo che per quelli
da Mede fi astrecto ad casa soa ad supportare insieme con loro Ii carichi occurrenti, et
che novamente è statto strecto ad pagare certo frumento benchè, como doveti mò
havere inteso per un’altra nostra ve habiamo scripto, non dovesti gravare nuy nè li altri
homini d'arme nostri, quali habitano in Lomellina, de questo frumento; de che ne
maravigliamo, parendone non sia debito nè honesto. Il che anche è contra la intentione
et voluntà nostra che li soldati, quali continue stanno in campo ad nostri servicii, siano
gravati delli carichi occurrenti, como quelli quali stanno ad casa loro et fanno li facti
suoy. Pertanto volemo debiati provedere et ordinare con dicto Guyone sia servato
exempto dalli carichi occurrenti ad quella terra de Mede, como sonno li altri soldati
nostri nel’altro paese nostro, per modo non ne habiamo più querella. Data ut supra.
Zanetus.
Cichus.
772
Francesco Sforza ammonisce il capitano di Casteggio a non gravare gli uomini di Caselli con
circa 21 cavalli (sottratti a quelli di Arzene e di Godoliasse), oltre la rata loro delle tasse per 900
cavalli assegnati nell’Oltrepo pavese.
1454 gennaio 16, Marcaria.
Capitaneo Clastigii.
Ne ha mandato ad fare querella qua la comunità de Caselli, dicendo che, non obstante
quelli homini habiano la rata loro delle taxe per li cavalli novecento assignati in el
Pavese Ultra Po, tamen tu gli gravi de cavalli XXI o circha, che sonno detracti ad quelli
de Arzene et de Godoliasse. Pertanto te dicemo et commettiamo che tu non gli debbi
gravare nè molestare ultra la loro debita et contingente parte per modo non habiano
iusta casone de lamentarse che gli fosse facto torto nè mancamento alcuno,
astringendo tutti quelli luoghi che sonno obligati ad contribuire con la comuniità de
Caselli secundo che hanno facto per lo passato. Data Marcharie, xvi ianuarii 1454.
Christoforus.
Cichus.
773
Francesco Sforza vuole che il podestà di Treviglio provveda che il provisionato ducale Betino da
Caravaggio ricuperi quanto Matteo della Mendola gli ha tolto per un valore di circa 14 ducati
rifacendosi sulla roba di Matteo che trovasi in Treviglio in mano di Pietro Zuchello.
1454 gennaio 16, Marcaria.
208r Potestati Triviglii.
Betino da Caravacio, nostro provisionato, quale stava con Matheo da Medolla dal canto
deli inimici, dice che volendosse partire dal dicto Matheo gli tosse certa robba et ritenne
tra dinari et altri tanto del suo, che valeva da circha ducati quatordexe; perchè dicto
Betino se partiva da luy et che dicto Matheo ha certa robba della sua in Trivigli in mano
de Petro Zuchello lì, richiedendone gli vogliamo fare satisfare de dicta robba. Pertanto,
essendo cossì, como expone dicto Betino, volimo che debbiati fare satisfare ad esso
Betino per dicta casone deli beni et robba che se trova presso al dicto Petro, sichè el
consequischa el debito suo, et che lo spiagiati presto. Data Marcarie, die xvi ianuarii
1454.
Ser Alexander.
Cichus.
774
Francesco Sforza vuole che Benedetto de Curte , capitano della cittadella di Piacenza, faccia in
modo che Bartolomeo dei Quartieri sia soddisfatto del credito che ha da un suo debitore,
liberato da Benedetto “per respecto delle feste”
(1454 gennaio 16, Marcaria).
Benedicto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.
Meser Bartholomeo delli Quartieri ne dice che, como tu say, luy ha lì ad Piacenza uno
suo debitore de più dinari, et lo quale, havendolo tu sostenuto, lo liberasti per respecto
delle feste et promissi de pagare dicto domino Bartholomeo; de che dicto domino
Bartholomeo remanda là per conseguire suo debito dal dicto suo debitore. Pertanto
vogli provedere opportunamente che al dicto domino Bartholomeo sia facto il suo
dovere senza litigio, veduto la verità del facto, in modo che dicto domino Bartholomeo
non se possa lamentare et gravare che non li sia facto rasone. Data ut supra.
Ser Iohannes.
Cichus.
775
Francesco Sforza scrive al referendario di Piacenza di soprassedere fino al prossimo febbraio
(quando Avancino potrà venire a dire le sue ragioni) da ogni atto nella vertenza che
contrappone lo squadrero ducale Avancino e i suoi massari contro i dazieri dello scorso anno
(1454 gennaio 16, Marcaria).
208v Referendario nostro Piacenza.
Per la differentia quale vertisse tra il strenuo nostro squadrero Avancino et suoy
massari per una parte et li dacieri de quella nostra cità del'anno passato per l'altra,
volemo debiati soprasedere da ogni molestia e novità contro delli dicti suoi massari fin
per tutto el mese de febraro proximo che esso Avancino haverà el modo de potere (a)
venire là a defendere et dire la rasone sua, o a pigliare partito al facto suo per levare
via dicta differentia. Data ut supra.
Ser Alexander.
Cichus.
(a) potere in interlinea.
776
Francesco Sforza osserva a Benedetto de Curte, capitano della cittadella di Piacenza, che non
deve consegnare a Matteo di Pavia armi e cavalli, ma darli al famiglio del Pisanello. Matteo ha
avuta salva la vita, ma non la galera, ove rimarrà “per la vita” con i ferri ai piedi perchè non
possa fuggire.
(1454 gennaio 16, Marcharia).
Benedicto de Curte, capitaneo cittadelle nostre Placentie.
Inteso quanto ne hay scripto de dare li cavalli et armatura a Matheo da Pavia, quale
hay sostenuto lì, perchè te havemo scripto che gli havemo perdonato la vita, te
respondemo che, non obstante te habiamo scripto gle habiamo perdonato la vita, debii
dare ad lo fameglio del Pisanello dicti cavalli et armatura, secundo cha te avemo
scripto, et lo dicto Matheo lo tenghi in presone per la vita, secundo che te scripsemo
per la prima nostra littera. Nuy gli havemo bene perdonatoa la vita, ma volemo però
stagha in presone per la vita a fare penitentia parechii