L`uomo e gli animali selvatici nelle Alpi
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L`uomo e gli animali selvatici nelle Alpi
L’uomo e gli animali selvatici nelle Alpi 8° Congresso internazionale dell’Associazione Internazionale per la Storia delle Alpi In collaborazione con l’Association d’Histoire des sociétés rurales e il sostegno di: MSH-Alpes de Grenoble et la MRSH de Caen ; LARHRA (Laboratoire de Recherche Historique Rhône-Alpes) UMR CNRS 5190 ; CRHIPA (Centre de recherche en histoire de l’Italie, Pays alpins, Interactions internationales) ; CRHQ (Centre de recherche d’histoire quantitative) 1, 2 e 3 ottobre 2009, Grenoble (Francia) Call for Papers Mai come oggi, le società umane hanno attribuito agli animali selvatici altrettanti e così diversi ruoli. Ieri temuti ma anche indispensabili fonti di nutrimento, oggi sono sovente considerati le vittime dell’azione umana nel quadro della crescente preocupazione nei confronti del degrado dell’ambiente e dell’ecosistema provocato dall’uomo. In quest’ottica, il mondo alpino (e più in generale gli spazi montani) rappresenta un ambito di osservazione privilegiato. Parallelamente al crescente sfruttamento del territorio, alla dilatazione degli spazi ad uso economico e alla trasformazione delle economie di montagna dalle attività agricolopastorali al turismo, lo status dell’animale selvatico è passato dalla tolleranza delle speci che vivono ai margini degli spazi antropizzati nelle zone di difficile accesso per l’uomo, a quello di animale protetto (di “patrimonio naturale”) in “spazi-riserve” destinati alla natura selvaggia. Questi mutamenti di lunga durata riguardanti le relazioni tra l’uomo e gli animali selvatici saranno appunto oggetto di studio del congresso che si articolerà attorno a quattro assi portanti: 1. Miti, legende, realtà 2. I predatori e le economie agropastorali 3. Le rappresentazioni degli animali selvatici 4. L’economia degli animali selvatici 1. Miti, leggende, realtà Che si tratti di orsi, di lupi o di draghi – per citare solo le specie più note – la fauna selvatica ha un posto di rilievo nelle antiche leggende e nei miti del mondo alpino che, attraversando i secoli, si mantengono nelle tradizioni folkloriche. Ancora oggi, le “Bestie” del Gévaudan o dei Vosgi affascinano e sono soggetti letterari, sia nei romanzi polizieschi che nei fumetti e nei racconti. In bilico tra uomo e bestia, l’uomo selvatico appartiene a pieno titolo a questo mondo immaginario che va analizzato mettendo sotto la lente l’idea di “selvatichezza” che nei racconti mitologici collega l’uomo agli animali. 2. I predatori e le economie agropastorali Le economie agropastorali, che fino a epoche recenti costituivano il fondamento delle società di montagna, hanno contribuito a distinguere gli animali domestici da quelli selvatici. Tra questi ultimi, alcuni erano considerati dei predatori (aquile, lupi, cinghiali, orsi), altri erano considerati più genericamente come “selvatici” e viventi ai margini degli spazi abitati (camosci, stambecchi, marmotte, lagopodi, ecc.). In entrambi i casi, si trattava di animali destinati ad essere cacciati (se non addirittura a essere eliminati dal paesaggio faunistico) per motivi economici (complemento alimentare, salvaguardia delle greggi o delle colture) e culturali (società venatorie, ruolo della caccia al camoscio). Attività tipicamente sociale e culturale, in montagna la caccia è anche un simbolo della sua democrazia a causa del suo carattere popolare, riservata ai capi-famiglia e capace di eludere i diritti di caccia, prerogativa della nobilità, lasciando altresì spazio al bracconaggio. Essa identifica l’uomo alpino, consentendogli di avventurarsi negli spazi al limite delle zone di pericolo e dei territori più insicuri. Più recentemente, la gestione delle aree minacciate è diventata un’importante questione sociale, politica e ecologica (se non addirittura, ideologica). La creazione di parchi naturali e di zone protette per la preservazione di ambienti, animali e fauna selvatica propone la relazione tra gli uomini e gli animali in un altro piano e con altre prospettive. La scomparsa della nozione di “predatore” nel linguaggio di svariati attori e l’attribuzione all’uomo di questo termine ne è un segnale esemplare. 3. Rappresentazioni Dalle pitture rupestri fino al cinema contemporaneo, passando dai bestiari medievali, dall’araldica e dall’immaginario popolare, l’uomo ha sempre rappresentato attraverso varie espressioni l’animale selvatico con il quale ha tessuto dei rapporti continui e complessi. Le rappresentazioni possono rinviare a valori simbolici, ad esempio raffigurando l’addomesticamento degli animali selvatici da parte dell’uomo, oppure a elementi di appropriazione figurativa che esorcizzano la paura verso gli stessi. Tale processo può anche condurre a un’antropomorfizzazione dell’animale volta a smorzarne le sue facoltà di nuocere. Come i miti, le rappresentazioni degli animali selvatici esprimono le paure o le attese dell’uomo verso la natura. Esse uniscono, in una relazione triangolare, l’ambiente o il paesaggio, l’animale e l’essere umano. Basata su una ricca e variegata iconografia, la storia di queste immagini e delle loro trasformazioni permetterà di studiare la natura e le forme – nel contempo costanti e in continuo mutamento – di queste relazioni nello spazio alpino. In particolare, sarà l’occasione per chinarsi sulle oscillazioni tra le rappresentazioni negative e positive della montagna e degli animali e di verificare se la montagna e gli animali selvatici sono associati in queste scansioni temporali. 4. L’economia degli animali selvatici Fin dall’antichità, l’uomo ha utilizzato gli animali selvatici per i suoi piaceri e divertimenti. Nelle arene venivano organizzati combattimenti tra orsi e leoni. Durante il Medioevo, gli animali selvatici erano esposti nelle fiere e a partire dal Settecento, con lo sviluppo dei musei di storia naturale e degli zoo, si assiste alla nascita di una vera e propria economia degli animali selvatici mentre la caccia al lupo, all’orso e ai camosci diventa una vera e propria attività sportiva che affianca il nuovo uso della montagna da parte dell’uomo. Oggi, il mantenimento o la reintroduzione degli animali selvatici mettono in causa l’attuazione di politiche che implicano dei costi diretti (manutenzione, gestione del personale, …) e indiretti (incidenza sull’economia dell’allevamento, …). Ognuno di questi aspetti darà spunto per l’analisi delle esperienze nei diversi paesi dell’arco alpino. ► titolo della comunicazione con un breve riassunto da inviare entro il 1 novembre 2008 a: [email protected] Comitato di organizzazione : Anne-Marie GRANET-ABISSET, Professore di storia contemporanea, Grenoble, Co-presidente ; Dominique RIGAUX, Professore di storia medievale, Grenoble, Co-presidente. Membri : Laurent BARIDON, Professore di storia dell’arte contemporanea, Grenoble ; Bernard BOUHET, Direttore della MSH-Alpes ; René FAVIER, professore di storia moderna, Grenoble, tesoriere dell’Associazione internazionale per la storia delle Alpi ; Jean-Claude DUCLOS, Direttore del Musée Dauphinois ; Muséum d’histoire naturelle de Grenoble Comitato scientifico : Laurent BARIDON (Grenoble, F), Jean-François BERGIER (Clarens, CH), Gauro COPPOLA (Trento, I), Jean-Claude DUCLOS (Grenoble, F), René FAVIER (Grenoble, F), Anne-Marie GRANET-ABISSET (Grenoble, F), Luigi LORENZETTI (Mendrisio, CH), Franz MATHIS (Innsbruck, A), Jon MATHIEU (Lucerna, CH), Darja MIHELIC (Ljubljana, SI), Jean-Marc MORICEAU (Caen, F), Michel PASTOUREAU (Parigi, F), Dominique RIGAUX (Grenoble, F)