il vangelo del giudizio come carita
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il vangelo del giudizio come carita
IL VANGELO DEL GIUDIZIO COME CARITÀ Omelia del 12° anniversario del Vescovo G. Baroni Iniziamo questa prima settimana di Quaresima con ancora negli occhi le immagini della catastrofe di devastazioni e vittime del terremoto nel Paese cosiddetto del Sol levante, il Giappone; e, prima ancora, delle popolazioni in rivolta nei Paesi del Nord Africa. Sono immagini che, nel linguaggio biblico, evocano, in tutti i Vangeli, il tema del giudizio. L’immagine del giudizio era abituale per chi frequentava le antiche cattedrali. Il Signore della gloria guardava ed accompagnava i fedeli, quando entravano e uscivano dalla chiesa verso la quotidianità. Il Vangelo del giudizio Che cosa ci ha detto Gesù nel Vangelo (Mt 25,31-46)? “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria… davanti a lui verranno radunati tutti i popoli… Allora dirà: Venite benedetti del Padre mio… perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare… ero straniero e mi avete accolto… malato e mi avete visitato… in carcere e siete venuti a trovarmi”. Che cosa voleva dirci Gesù rappresentando così la scena del giudizio? Credo che volesse farci capire che questo giudizio come evento futuro è certamente importante, ma che altrettanto importante è il tempo presente. Il giudizio, infatti, non farà che manifestare ciò che avremo dimostrato di essere nel tempo presente. Dire che c’è un giudizio vuol dire che tutto quello che viviamo e facciamo ha un carattere di grande serietà, perché il suo valore è decisivo. Tutto, anche il gesto più piccolo, si iscrive nell’eterno e modella la nostra eternità. Che valore può avere offrire un bicchiere d’acqua o rifiutarlo? Apparentemente è una cosa da nulla. Eppure ha un’importanza rilevante in vista dell’eterno. Questo Vangelo viene a dirci che il confronto decisivo tra l’uomo e Dio non avviene in una cornice di gesti eroici e straordinari, bensì negli incontri di tutti i giorni: nello straniero che frequenta la Mensa del povero, nel disoccupato che bussa alla porta della Caritas, nel malato che guarda con apprensione il congedo dall’ospedale e il ritorno a casa solo, magari vicino di casa. Il Giudizio è l’incontro con Lui che ci raggiunge con lo sguardo penetrante e ci porta alla piena conoscenza di noi stessi, della nostra storia, della nostra identità vocazionale e coerenza nella verità e nell’amore. La sua anticipazione avviene già nel presente nel confronto con la sua Parola, nella celebrazione dei sacramenti, in particolare nella Messa quotidiana e nella Penitenza sacramentale, nella carità verso il fratello bisognoso. Non è un caso che criterio decisivo del Signore sulla nostra storia sia la carità. Il giudizio della carità A questo giudizio, quale criterio decisivo della nostra storia, faceva appello il vescovo Gilberto Baroni nella sua omelia alla celebrazione eucaristica di commiato da questa Chiesa (domenica 10 settembre 1989): quasi un suo testamento spirituale, nel momento in cui era chiamato a “mettere uno spazio di contemplazione tra l’azione e la morte” (J. Maritain): il suo “sacrificio vespertino”. 2 “Prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, poiché è sì decaduto il vincolo giuridico, ma non è decaduto e non decadrà mai il vincolo di paternità e di amicizia che mi lega per sempre a questa Chiesa, a questa città e a ciascuno di voi. Il mio saluto oggi ha inevitabilmente anche il senso di un testamento spirituale. Vi affido al Vangelo di Cristo. Prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento”. “La carità! In questa parola c’è il senso della vita cristiana e, ne sono profondamente convinto, il senso stesso del mondo, il suo unico fondamento solido. Dice Gesù: Questo è il comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Cioè, siccome io vi ho amati, siccome per primi siete stati desiderati, voluti, accolti, anche voi potete e dovete accogliere, volere, amare gli altri”. Il vescovo Baroni diceva queste parole di commiato in momenti non facili per la storia del nostro Paese: di lì a poco sarebbero cominciati gli sbarchi alle volte tragici di albanesi sulle coste dell’Adriatico, la crisi politica a seguito di tangentopoli, le tensioni interne alle nostre comunità tra istituzione e carisma. “Stiamo andando — diceva il vescovo Gilberto — verso un mondo più complesso, più potente e quindi più pericoloso. Disponiamo di strumenti sempre più efficaci per la gestione della società; siamo più forti di tutte le generazioni che ci hanno preceduto”. Ma il vescovo, educato alla scuola del Cardinale Giacomo Lercaro a credere nella saggezza evangelizzatrice del Vangelo di Gesù, non ha dubbi: “Man mano che cresce la forza di cui uno dispone, deve crescere parallelamente la saggezza con cui dispone delle cose; una forza gigantesca, gestita con poca saggezza, o addirittura messa al servizio di interessi di parte, è pericolosa come non mai. È questa la sfida che mi pare stia davanti a noi negli anni che vengono. Per questo mi pare che la riflessione sul fondamento dell’amore fraterno, cioè l’amore di Dio a noi e per noi, sia indispensabile”. E, infine, con incalzanti interrogativi che ricordano tanto lo stile di Paolo VI all’indomani del Concilio, il vescovo Baroni insisteva: “Cento anni fa nella nostra terra la fede in Cristo era patrimonio comune. Mi chiedo: abbiamo davvero fatto un passo in avanti, quando abbiamo incominciato a dimenticare Gesù Cristo? Siamo ora davvero più forti spiritualmente, di quella forza indispensabile per affrontare le sfide del futuro? O non siamo piuttosto sguarniti? Indifesi? Costretti a vivere alla giornata, perché non ci sono più valori che resistano alla critica del nostro scetticismo globale?”. Sono questi gli interrogativi che ancora oggi ci mettono in cammino come Chiesa: in questa Quaresima verso la Pasqua, in questo anno 2011 verso il Congresso Eucaristico di Ancona e, in particolare in questo anno giubilare della Cattedrale, a dare continuità qui nella nostra cripta alla adorazione eucaristica quotidiana. Adorare Gesù Parola e Pane di vita, Eucaristia per la nostra vita quotidiana non è perdere tempo, né sottrarre tempo ai nostri doveri quotidiani e neanche alla carità, ma uscire dal tempio più impegnati da Dio giudice e dal Signore della gloria già al presente: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). + Adriano VESCOVO Reggio Emilia – Cripta della Cattedrale, 14 marzo 2011