1 Edizione n. 39, dal 8 al 14 novembre 2011 A CURA DI
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Edizione n. 39, dal 8 al 14 novembre 2011 SOMMARIO A CURA DI GUIDA AL DIRITTO In questo numero MAGISTRATURA ONORARIA Meritocrazia e controllo stabile della professionalità così si arriva a una buona riforma dei giudici di pace di Maurizio de Tilla - Presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura Primo piano LEGGE DI STABILITA' In "Gazzetta" la legge di Stabilità, interventi su Giustizia e professioni Francesco Machina Grifeo e Patrizia Maciocchi con la "mappa" di Edoardo Racca (Guida al Diritto) Sentenze del giorno VIOLENZA SESSUALE Violenza sessuale per l’allenatore di una squadra di calcio di minori indotti ad atti di autoerotismo Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 14 novembre 2011 n. 41412 PROCEDIMENTO CIVILE Impossibile integrare il ricorso in Cassazione con un nuovo atto che riporta i quesiti di diritto mancanti Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23757 ASSEGNO DI DIVORZIO L’assegno divorzile sopravvive anche ad una ricca eredità Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23776 LAVORO Atti di inquadramento impugnabili entro termini perentori Consiglio di Stato - Sezione V - Decisione 2 novembre 2011 n. 5848 SANITA' Le contestazioni sulle prestazioni specialistiche spettano al giudice amministrativo Consiglio di Stato - Sezione III - Decisione 31 ottobre 2011 n. 5823 A CURA DI LEX24 FRODE INFORMATICA Phishing, la banca deve adottare i migliori sistemi di sicurezza tecnologici Palmigiano Alessandro , Guttuso Rosa, Lex24 - Il Merito 10 novembre 2011 FAVOREGGIAMENTO PERSONALE Niente favoreggiamento sul lavoro Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi 7 novembre 2011 - Pagina 46 PROCEDIMENTI SPECIALI Procedimento disciplinare e conflitto d'interessi a cura di Summa Donatella, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Lex24) - Numero 5 del 01/11/2011, pag. 47 IMMIGRAZIONE CLANDESTINA Espulsioni senza retroattività 1 Negri Giovanni, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi 8 novembre 2011 - Pagina 39 GLI APPROFONDIMENTI DI LEX24 CIRCOLAZIONE STRADALE Valide le multe con il telelaser Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, 9 novembre 2011 - Pagina 39 RESPONSABILITÀ PENALE Punibilità dell'agente provocatore che supera i limiti nelle operazioni sotto copertura Nicola Corea, avvocato - (LEX24) 10 novembre 2011 FAMIGLIA Convivenza more uxorio - Rapporti patrimoniali, diritti successori e donazioni Tratto da Famiglia e minori, percorso operativo di LEX24 a cura di Galluzzo Sabina Anna Rita POSSESSO L'azione di reintegrazione nelle possibili forme di spoglio possessorio Corte Appello de L'Aquila, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 1020 - Rassegna di giurisprudenza (Lex24) 2 E D I T O R I A L E MAGISTRATURA ONORARIA Meritocrazia e controllo stabile della professionalità così si arriva a una buona riforma dei giudici di pace DI MAURIZIO DE TILLA - Presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura I l migliore inquadramento del giudice laico non professione al servizio dello Stato nella veste di giudisignifica abbandono dell’idea più convincente ce di pace o di vice procuratore onorario con doveri e che i problemi della giustizia si possono risolvediritti tassativamente delineati. re solo con la produttività e l’eventuale incremento Nella proposta di legge i giudici onorari di tribunadella magistratura togata, uno dei due pilastri su cui le verrebbero assorbiti gradualmente nei giudici di si basa la giurisdizione. L’altro pilastro è costituito pace con contestuale allargamento della competendall’Avvocatura che attende un’urgente riforma del za giurisdizionale attribuita a questi ultimi. proprio ordinamento. Risorse economiche ed effiIn questa ottica l’ufficio del giudice di pace potrebcienza dell’organizzazione sono ulteriori obiettivi esbe diventare una “sezione specializzata del tribunasenziali che bisogna perseguire per il miglioramento le” e il giudice di pace stesso una sorta di “superdell’apparato giudiziario. Di tutto ciò, e non solo (criGot” con maggiore flessibilità di impiego. si economica, geografia giudiziaria, mediaconciliaPer i vice pretori onorari, invece, si potrebbe ipotizzione obbligatoria, decalozare la possibilità di applicago Oua, patto per la giustizione anche per le attività zia e per i cittadini), si parledi ufficio nei limiti dell’atrà approfonditamente nel iforma della giustizia civile e penale: il ruolo essenziale tuale competenza e la possicorso della VII Conferenza dell’Avvocatura». Questo il titolo della VII Conferenza bilità, per quelli in servizio nazionale dell’avvocatura nazionale dell’Avvocatura che si terrà a Roma il 25 e il 26 da almeno un quadriennio, in programma a Roma il novembre prossimi presso l’Hotel Cavalieri Waldorf & Resor- di essere impiegati anche prossimo 25 e 26 novem- ts. Fitta l’agenda delle due giornate: dalle liberalizzazioni alla per le udienze celebrate dabre. riforma delle professioni, dal patto per la giustizia al nuovo vanti al tribunale collegiale. In questo contesto di pro- processo di famiglia. In attesa di questo importante momento La soluzione prospettata poste dell’avvocatura si in- di confronto, il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, analizza i avrebbe il pregio di consenseriscono i quattro disegni testi all’esame del Parlamento sul riordino della materia relati- tire una radicale riorganizzadi legge presentati dai sena- va ai giudici di pace, mettendo in evidenza pregi e caratteristi- zione dell’ufficio del pubblitori Valentino (n. 2080), Ma- che dei vari provvedimenti. co ministero con l’introduritati (n. 897), Berselli-Muzione degli avvocati dell’acgnai (n. 2359) e Peretti-Percusa, destinati a svolgere la duca (n. 127). propria attività professionale esclusivamente al serviIl progetto Valentino (ampio e articolato) prevede zio della procura della Repubblica. una disciplina organica della magistratura onoraria, Per quanto concerne il profilo retributivo-funzioche si è ispirata ai risultati conseguiti dalla Commisnale la proposta Valentino indica quelli che sono i sione istituita presso il Consiglio dell’ordine degli avdiritti e i doveri del professionista chiamato a svolgevocati di Roma. re le funzioni giudiziarie onorarie: obbligo di garantiIl testo Valentino è finalizzato a valorizzare e ottire la presenza in ufficio o in udienza per un determimizzare l’impiego professionale dei magistrati onoranato numero di giorni con il riconoscimento conteri con il pieno riconoscimento della natura professiostuale di una indennità fissa previdenziale omogenale dell’attività lavorativa, la fisiologica possibilità nea per tutte le figure di magistrato onorario: dundi impiego ottimale della “forza-lavoro” attualmente que, indennità elargibile anche in periodi di materniin servizio e il contestuale impatto positivo sull’abtà o di malattia; attribuzione di un’indennità variabibattimento dell’arretrato giudiziario. le in ragione della quantità e qualità del lavoro effettiIl magistrato onorario, secondo il disegno di legge vamente svolto; eventuale regime di incompatibilità Valentino, è un avvocato specializzato che esercita la distrettuale con l’esercizio della professione; previsio- Il tema della settimana «R GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 9 N˚ 46 19 NOVEMBRE 2011 E D I T O R I A L E MAGISTRATURA ONORARIA ne di un obbligo di formazione continua e infine ce di pace rimarrebbero, seppure trasformati, in sedi attribuzione di una quota fissa di posti riservati nel decentrate del tribunale in cui può essere trattata concorso in magistratura e non diversamente asseunicamente una parte del contenzioso dell’ufficio di gnabili. primo grado. Per effetto dell’introduzione dell’ufficio Per quanto attiene, poi, alla previdenza l’elenco unico di primo grado, le attività e l’utilizzazione di speciale comporterebbe l’iscrizione automatica alla tutti i magistrati, ordinari e onorari, divengono, anCassa forense di tutti i magistrati onorari e la possibiche come sede, tabellari o comunque oggetto dei lità di una disciplina del trattamento previdenziale provvedimenti di organizzazione che tengono conto uniforme per tutta la categoria. dell’esigenza della conservazione della giustizia di Di segno parzialmente diverso è il progetto Maritapace prevista dall’articolo 106 della Costituzione, ti che si muove lungo tre direttrici. concorrendo in questo modo a ottimizzare le prestaLa prima consiste nella creazione di uno status zioni potendo ciascuno essere addetto a più sedi in unitario dei magistrati onorari accentuandone la prorelazione alle concrete necessità. Al tempo stesso la fessionalità mediante un sistema di selezione e agdimensione circondariale, che viene a costituire la giornamento professionale permadimensione minima di ciascun uffinente, unito a un rigoroso sistema cio, consente di meglio far fronte di valutazione dell’attività svolta, alalle concrete esigenze anche ammiPer i vice pretori onorari la previsione di limiti alla rinnovabinistrative e di personale di ogni resi potrebbe ipotizzare lità dell’incarico, all’introduzione altà distaccata o decentrata, essenl’applicazione di un sistema complesso di incomdo emerso che la capacità di garananche per le attività di ufficio tire standard di definizione elevati patibilità e a una valutazione quanei limiti dell’attuale driennale che può concludersi ogni è sempre connessa, anche per la volta con l’esonero del magistrato specializzazione interna che concompetenza e la possibilità, onorario che abbia tenuto un comsente, a dimensioni medio grandi per quelli in servizio portamento o svolto la sua attività degli uffici stessi. da almeno quattro anni, in modo non adeguato, oltre che alLa terza consiste nell’individuadi essere impiegati la compiuta individuazione dei prozione di una organizzazione in graper le udienze celebrate cedimenti che possono essere svoldo di aggredire l’arretrato formatoal tribunale collegiale ti dalla magistratura onoraria e delsi negli uffici giudiziari sia nel setle attività processuali e di indagine tore civile che in quello penale, utiche il procuratore della Repubblica lizzando nella definizione di tale può delegare ai sensi del decreto legislativo 20 febbracontenzioso anche la magistratura onoraria sulla baio 2006 n. 106. Al completamento e alla compiuta se di progetti di definizione che tengano conto andefinizione dello status costituisce un corollario neche della tipologia di contenzioso cui gli stessi possocessario la definizione di un sistema disciplinare no essere addetti, introducendoli nell’organizzaziocompleto che sia in grado da un lato di individuare le ne delle sezioni e coinvolgendoli nelle riunioni di ipotesi di illecito disciplinare, le sanzioni applicabili coordinamento e di verifica degli orientamenti giurie il procedimento di accertamento della responsabilisprudenziali cui attendono i presidenti di sezione tà e di adozione dei relativi procedimenti, e dall’altro negli uffici giudicanti e i procuratori aggiunti in queldi assicurare la reale partecipazione dell’incolpato e li requirenti. il diritto di difesa. Di limitata portata è il disegno di legge Peretti e La seconda consiste nella creazione del tribunale Perduca che prevede solo l’aumento del valore fino a ordinario come unica autorità giudiziaria di primo 16.000 della competenza generale del giudice di pagrado, all’interno del quale vengono assorbite le comce. Si aggiunge la previsione legislativa che davanti al petenze attualmente attribuite agli uffici del giudice giudice di pace le parti possono stare in giudizio perdi pace. Tale soluzione consente di evitare la duplicasonalmente (norma da cui mi sento di dissentire). zione di uffici in circa 400 realtà - nelle città sede di I più ampi progetti di legge Valentino e Maritati circondario e nelle città in cui hanno sede sezioni all’esame della commissione Giustizia del Senato distaccate del tribunale verrebbe a esistere un’unica hanno alcune analogie ma si ispirano a diverse imstruttura direttiva - mentre i restanti uffici del giudipostazioni che non è facile conciliare. Una cosa è GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 10 N˚ 46 19 NOVEMBRE 2011 E D I T O R I A L E MAGISTRATURA ONORARIA comunque certa: lo strumento legislativo della legdalla “professione di provenienza”, abbiano già acquige delega ci sembra quello che può garantire i misito esperienza giudiziaria con precedenti incarichi, gliori risultati. In tal senso va accolto con favore il nella consapevolezza (peraltro valida anche per gli disegno di legge n. 2359 d’iniziativa dei senatori Beravvocati) che eventuali carenze possano essere verifiselli e Mugnai che prevede la delega al Governo cate periodicamente in sede di “valutazione della profissando principi e criteri direttivi (da ampliare e fessionalità”. modificare) cui si dovranno attenere i decreti legislaUna buona riforma non può prescindere dalla pretivi da emanare. visione di un controllo costante della professionalità Tra i principi e criteri direttivi è anzitutto prevista la dei giudici laici che possa essere assicurata con valucreazione di uno status unitario dei magistrati onorari tazioni periodiche. Il procedimento disciplinare va, (proposta analoga al progetto Maritati) tale da assorbipoi, ancorato in tutto e per tutto al procedimento re i giudici onorari di tribunale nei giudici di pace (che previsto per i magistrati togati. preferiamo chiamare giudici laici, comprendendo anSotto il profilo deontologico appare inoltre necessache got e vice procuratori onorari), con un’adeguata rio dare maggiore rilevanza ai Consigli dell’Ordine remunerazione che comprenda la forense. Bisogna, altresì, evitare parte previdenziale. Ottima è l’istituqualsiasi commistione di esercizio zione di un autonomo organo di audi professione e di espletamento di Bisogna prendere togoverno per la magistratura laica attività giurisdizionale che, anche doverosamente atto con poteri disciplinari. che la seconda commissione sotto l’apparente espletamento in Nei principi direttivi potrà prendifferenti distretti giudiziari (spesdel Senato dersi in considerazione il progetto so vicini), creano non poco imbaha cercato di procedere Oua che prevede forte selezione razzo tra gli addetti ai lavori e non nell’accesso, intenso e prolungato contribuiscono certo alla limpidezcon celerità all’esame tirocinio e rigorose incompatibiliza della figura del magistrato laico dei progetti di legge tà, che - esse sole - possono accomrispetto alla collettività dei fruitori anche se in questi giorni pagnare l’aumento e l’estensione del servizio giustizia. convulsi è difficile parlare delle competenze per materia e per Inoltre, ben possono essere affidi giustizia valore. date, nella prima fase processuale, in modo costruttivo L’obiettivo complessivo è indivifunzioni di mediaconciliazione ai duare una componente laica che, giudici laici, senza costi aggiuntivi con nomine e conferme affidate a per i cittadini e senza ritardi nell’accriteri meritocratici, possa svolgere la stessa funziocesso alla giustizia. ne dei giudici per determinate materie. La meritocraIn conclusione, bisogna prendere doverosamente zia si può perseguire solo prevedendo un accesso atto che la commissione Giustizia del Senato ha cerselettivo, anche con esami di ingresso. Entrato nella cato di procedere con celerità all’esame dei progetti magistratura laica il giudice deve essere adeguatadi legge sulla magistratura onoraria e anche se in mente retribuito e deve essere a lui garantita una questi giorni convulsi è difficile parlare di giustizia in tutela previdenziale e assistenziale. modo costruttivo, avanzando proposte con una seria Per garantire la qualità del lavoro dei giudici laici prospettiva di fattibilità e di cambiamento della macl’accesso all’esame-concorso dovrebbe essere limitachina giudiziaria nel segno della modernizzazione, to agli addetti ai lavori: avvocato iscritto all’ordine da dell’efficienza e dell’efficacia, il nostro augurio e che non meno di sei anni o che abbia svolto funzioni di si giunga nei tempi rapidi a intervenire in un settore giudice onorario per pari periodo. vitale anche per lo smaltimento dell’arretrato delle La scelta di valorizzare la professionalità rinvenienpendenze giudiziarie, come la riforma della magistrate dall’espletamento della professione forense è chiatura laica. Questo è un banco di prova per tutti, magn ramente diretta a evitare che si ritrovino a giudicare o gioranza e opposizione. a svolgere attività requirente neolaureati in giurispruPer saperne di più: denza che non abbiano mai avuto effettiva e concreta contezza dell’attività giudiziaria. Naturalmente, si fa www.oua.it salva la posizione di coloro che, indipendentemente GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 11 N˚ 46 19 NOVEMBRE 2011 A CURA DI GUIDA AL DIRITTO LEGGE DI STABILITÀ In "Gazzetta" la legge di Stabilità, interventi su Giustizia e professioni Francesco Machina Grifeo e Patrizia Maciocchi con la "mappa" di Edoardo Racca (Guida al Diritto) 14 novembre 2011 Le norme in materia di Giustizia di Edoardo Racca Articolo 10 - Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti L’articolo 10 dispone la delegificazione degli ordinamenti professionali da realizzarsi in base a principi di liberalizzazione. Disciplina l’esercizio delle professioni in forma societaria e abroga la precedente disciplina delle associazioni professionali. Articolo 25 - Impiego della posta elettronica certificata nel processo civile L’articolo 25 reca una serie di disposizioni in tema di impiego della posta elettronica certificata nel processo civile. In particolare il comma 1, lettera a), modifica il primo comma dell'articolo 125 del codice di procedura civile sostituendo la previsione relativa alla necessità che il difensore indichi, negli atti ivi richiamati, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax con la previsione per cui dallo stesso dovrà essere indicato il solo indirizzo di posta certificata comunicato al proprio ordine. Le successive lettere b) e c) abrogano il terzo comma dell'articolo 133 e il terzo comma dell'articolo 134 del codice di procedura civile, relativi alla comunicazione delle ordinanze e delle sentenze. La lettera d) interviene sull'articolo 136 del codice di procedura civile sostituendo il secondo e il terzo comma del medesimo e abrogando il quarto comma. Tali modifiche sono volte ad attribuire carattere prioritario al ricorso alla posta certificata per tutte le comunicazioni che avvengono nel processo, prevedendo solo in via subordinata e residuale il ricorso all'uso del telefax o alla notifica per mezzo dell'ufficiale giudiziario. Le lettere e), f) e g) intervengono rispettivamente sugli articoli 170, 176 e 183 del codice di procedura civile effettuando alcune abrogazioni dettate prevalentemente da esigenze di coordinamento. La lettera i) modifica l'articolo 366 del codice di procedura civile con la finalità di favorire il ricorso alla posta elettronica certificata anche nell'ambito del processo davanti alla Corte di cassazione. La lettera l) modifica l'articolo 518 del codice di procedura civile relativo alla forma del pignoramento attribuendo, ai fini della trasmissione del processo verbale del pignoramento, carattere prioritario all'uso della posta certificata. Il comma 2, sulle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, modifica in particolare gli articoli 173-bis e 173-quinquies, relativi alla procedura di espropriazione immobiliare, con la finalità anche in questo caso di attribuire carattere prioritario all'uso della posta certificata. Il comma 3 interviene invece sulla legge n. 53 del 1994 che disciplina la facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali, modificando gli articoli 1, 3, 4 e 5 della stessa legge 53, con l'intento di favorire il ricorso alla posta elettronica certificata. Il comma 4 introduce una sanzione in caso di mancato rispetto dell’obbligo a carico degli ordini e dei collegi professionali di pubblicare in via riservata e di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati identificativi degli iscritti e i relativi indirizzi di posta elettronica certificata. Infine il comma 5 stabilisce che le disposizioni introdotte dal presente articolo entrano in vigore decorsi trenta giorni dal 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della presente legge di stabilità. 7 Articolo 26 - Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello L’articolo 26 dispone – in mancanza di un manifestato interesse delle parti alla prosecuzione del procedimento – l’estinzione dei procedimenti civili davanti: · alla Corte di Cassazione, qualora riguardino ricorsi avverso le sentenze pubblicate prima della data di entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 (4 luglio 2009); · alle Corti d’appello, qualora pendenti da più di due anni alla data di entrata in vigore della legge in esame. Articolo 27 - Modifiche al codice di procedura civile per l’accelerazione del contenzioso civile pendente in grado di appello L’articolo 27 novella il codice di rito civile con lo specifico obiettivo di accelerare lo svolgimento dei procedimenti di appello. La lettera a) del comma 1 dell’articolo 27 interviene sull'articolo 283 del codice di procedura civile, il quale prevede che il giudice dell'appello, su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospenda in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione. In particolare, la lettera a) aggiunge un nuovo comma all'articolo 283 del codice di procedura civile con cui viene stabilito che, se la predetta istanza è inammissibile o manifestamente infondata, il giudice con ordinanza non impugnabile può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore a 250 euro e non superiore a 10.000 euro. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. La successiva lettera b) modifica l’articolo 350 del codice di procedura civile, prevedendo – ferma restando la regola generale della trattazione collegiale della causa – che il presidente del collegio possa delegare uno dei componenti del collegio per l’assunzione dei mezzi istruttori. La lettera c) interviene invece sull'articolo 351 del codice di procedura civile che, al primo comma, dispone che sull'istanza prevista dall'articolo 283 volta ad ottenere la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado il giudice dell'appello provveda con ordinanza nella prima udienza. In particolare, la lettera c) esclude l'impugnabilità di tale ordinanza e aggiunge un ulteriore comma all'articolo in questione con il quale si stabilisce che, nella prima udienza, il giudice dell'appello se ritiene la causa matura per la decisione può provvedere ai sensi dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile. Se per la decisione sull'istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado è già stata fissata l'udienza, il giudice dell'appello fissa un'apposita udienza nel rispetto dei termini a comparire. La lettera d) modifica quindi l’articolo 352 del codice di procedura civile, estendendo espressamente al giudizio di appello la possibilità che la causa venga decisa – oltre che secondo il tradizionale modello della decisione che segue lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica – anche secondo il modello disciplinato dall’articolo 281-sexies (che prevede la lettura contestuale in udienza del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione). La lettera e) interviene sull'articolo 431 del codice di procedura civile con riferimento alla disciplina dell'esecutorietà della sentenza di primo grado nel processo del lavoro. In particolare, la lettera e) - in correlazione con l'intervento effettuato dalla lettera a) sull'articolo 283 del medesimo codice di procedura civile - aggiunge un nuovo comma all'articolo 431 con cui si stabilisce che, se le istanze volte ad ottenere la sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado (previste rispettivamente dal terzo e dal sesto comma dell'articolo 431) sono inammissibili o manifestamente infondate, il giudice con ordinanza non impugnabile può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore a 250 euro e non superiore a 10.000 euro. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. La lettera f) interviene invece sull'articolo 445-bis del codice di procedura civile stabilendo che la sentenza pronunciata all'esito del conseguente giudizio è inappellabile. Infine il comma 2 stabilisce che le disposizioni introdotte dal presente articolo entrano in vigore decorsi trenta giorni dal 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della legge di stabilità 2012. 8 Articolo 28 - Modifiche in materia di spese di giustizia L’articolo 28 modifica la disciplina del contributo unificato contenuta nel testo unico delle spese di giustizia di cui al DPR n. 115 del 2002), prevedendo l’aumento di alcuni degli importi dovuti. In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull'articolo 13 del citato testo unico aumentando del 50 per cento il contributo unificato nei giudizi di impugnazione e raddoppiandolo nei processi davanti alla Corte di Cassazione. La lettera b) sostituisce il comma 3 dell’articolo 14 del testo unico. Il nuovo comma 3 stabilisce che la parte di cui al comma 1 del medesimo articolo 14, quando modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa, cui consegue l'aumento del valore della causa, è tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento integrativo. Le altre parti, quando modificano la domanda o propongono domanda riconvenzionale o svolgono intervento autonomo, sono tenute a farne espressa dichiarazione e a procedere al pagamento di un autonomo contributo unificato determinato in base al valore della domanda proposta. Il comma 2 dell'articolo 28 stabilisce che il maggior gettito derivante dalle modifiche in questione sarà versato all'entrata del bilancio dello Stato con separata contabilizzazione per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze allo stato di previsione del Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari, con particolare riferimento ai servizi informatici e con esclusione delle spese di personale. Nei rapporti finanziari con le autonomie speciali il maggior gettito costituisce riserva all'erario per un periodo di cinque anni. Infine il comma 3 stabilisce che la disposizione di cui alla lettera a) del comma 1 si applica anche alle controversie pendenti nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente al 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della presente legge di stabilità. Oggi in "Gazzetta" la legge di Stabilità, interventi su Giustizia e professioni Roma, 11 novembre 2011 - Via libera al Ddl stabilità da parte dell'Aula di Palazzo Madama che passa alla Camera per l'ok definitivo che dovrebbe arrivare nella giornata di domani. Il provvedimento è stato approvato con 156 voti favorevoli, 12 contrari e un astenuto. I voti a favore sono di Pdl, Lega e Coesione nazionale, mentre i contrari sono, come annunciato, i senatori Idv. Pd e Terzo polo non hanno partecipato alle votazioni. L'astenuto è il senatore Paolo Tancredi (Pdl), che precisa di aver fatto un errore. Beppe Pisanu invece dichiara di aver votato favorevolmente ma che la propria scheda non ha funzionato, mentre Diana De Feo ha fatto sapere che era in Aula ma non ha fatto in tempo a votare. I lavori dell'Aula sono sospesi per consentire al Cdm di approvare la nota di variazione al bilancio e riprenderanno alle 14,30 per il via libera definitivo al ddl bilancio. Misure anti-crisi, nella legge di stabilità interventi su Giustizia e professioni Roma, 10 novembre 2011 - Tempi record per la sessione di bilancio. Entro sabato la legge di stabilità ed il maxi-emendamento, depositato ieri personalmente dal ministro dell’Economia, diventeranno legge. Incalzati dal crollo dei mercati e dalla ennesima impennata dello spread fra i titoli di Stato italiani e tedeschi, maggioranza e opposizione sono arrivati ad una intesa bipartisan per chiudere in tempi rapidissimi in Parlamento sulla legge di Stabilità con le modifiche richieste dall’Ue. Così i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, sono stati in grado di annunciare già per domani mattina il via libera del Senato e per sabato mattina quello definitivo della Camera. Intanto dopo il nuovo accordo, per sgombrare il passo ai lavori in Aula, maggioranza e opposizione hanno ritirato quasi tutti gli emendamenti proposti. Sono entrati invece quelli del Governo, fra cui il maximenedamento che raccoglie le misure anticrsi contenute nella lettera di intenti inviata all’Europa. Fitto il capitolo sulla Giustizia e sulla riforma degli ordini professionali all’interno di un maxiemendamento che per il resto non presenta particolari sorprese rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi. Così sul fronte processuale, viene incentivato l’uso della posta elettronica certificata, ed aumenta del 100% il contributo 9 unificato nei giudizi in Cassazione e del 50% in Appello, una misura volta a scoraggiare il prosieguo del contenzioso con l’obiettivo di ridurre l’arretrato. Nella stessa direzione si muove anche la previsione per cui i procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi contro le pronunce pubblicate prima dell'entrata in vigore della legge 69/2009, e quelli pendenti davanti alle corti di Appello da oltre due anni prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità in discussione, potranno proseguire solo su istanza di parte. Sul fronte degli ordini professionali invece ci saranno 12 mesi dalla pubblicazione della legge per completare la riforma. È ammessa la costituzione di società per l’esercizio dell’attività professionale anche con la partecipazione di soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento. Sparisce dunque la previsione dell’obbligo di minoranza per i non professionisti ed anche il divieto di partecipare ad attività riservate ed agli organi di amministrazione della società. Da qui, più spazio per le società di capitali che potranno divenire senza troppe limitazioni partner di professionisti iscritti ad albi. Inoltre la società potrà essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali. E ancora, le tariffe professionali cessano di essere il riferimento da prendere in considerazione per i compensi del professionista. All’articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, infatti sono soppresse le parole : ”prendendo come riferimento le tariffe professionali. E’ ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe.” Fra le modifiche al codice civile prevista anche la possibilità per le società con capitale sotto il milione di euro di scegliere il sindaco unico, cade dunque l’obbligo del collegio di 3 o 5 componenti. Per Siciliotti, presidente dei commercialisti: “Si distrugge un sistema che funziona”. Le reazioni della categoria: misure insufficienti e sbagliate di Patrizia Maciocchi “Se questo è il massimo che il Governo poteva fare per l’avvocatura non è ancora sufficiente”. Non sono mancate le reazioni degli avvocati sul maxiemendamento al Ddl stabilità. A dare il loro giudizio sull’operato dell’Esecutivo il Consiglio nazionale forense e l’Organismo unitario dell’avvocatura, che si sono espressi per sottolineare luci e ombre di interventi salutati in qualche caso come opportuni ma, più spesso, accolti con ostilità. Per il presidente del Cnf Guido Alpa va bene lo “stralciato” dal testo definitivo dell’anticipo dell’entrata in vigore della mediazione anche per le materia finora escluse: condominio e risarcimento danni da circolazione autoveicoli. Opportuno anche il mancato inserimento della disposizione, bollata come “contraria a ogni principio di civiltà giuridica”, della motivazione lunga a “pagamento”. Pollice verso invece per le spese di giustizia a partire da quelle che vengono definite “mine anti civiltà” come le norme che dispongono l’aumento del contributo unificato per i processi di appello e Cassazione o che introducono la multa fino a 10 mila euro in caso di rigetto della istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado. Governo bocciato senza appello sul fronte degli ordini professionali con la conferma dei soci di capitale che possono anche essere di maggioranza. Il Consiglio nazionale forense spera ora in uno scatto di dignità del Parlamento che produca il ripensamento auspicato anche dall’Organismo unitario dell’avvocatura. Nel mirino del presidente Maurizio de Tilla finiscono i “regali ai poteri forti”: l’abolizione delle tariffe minime e il via libera ai soci di capitale. Secondo de Tilla la liberalizzazione delle tariffe non renderà il Paese più competitivo ma solo più precario il lavoro dei giovani, mentre l’ingresso dei soci di capitale apre la strada ai conflitti di interesse e al rischio di “infiltrazioni malavitose”. Da iscrivere nella lista delle buone idee la sostanziale abrogazione della legge Pinto e il ripensamento sull’utilizzo degli ausiliari per smaltire a “cottimo” l’arretrato giudiziario. Contraria all’ingresso dei soci di capitale anche la Cassa forense. “L’introduzione delle società di capitali è un attentato all’autonomia e all’indipendenza dell’avvocato e mette a rischio l’equilibrio stesso del sistema previdenziale, volto a garantire il diritto di tutte le generazioni a percepire i giusti trattamenti pensionistici”. Bagnoli si unisce al coro profetizzando un danno per i cittadini e un vantaggio per le grandi società. 10 “Piuttosto che liberalizzare il mercato professionale, nel quale operano già 230.000 avvocati (un numero che non ha eguali in Europa) - continua il presidente della Cassa Forense - le norme sulle società di professionisti mortificano il servizio giustizia, che da strumento di tutela del cittadino diventerà fonte di business per gruppi industriali, finanziari e società off-shore. Il controllo giudiziario sull’attività degli amministratori delle Spa, la presenza dei collegi sindacali e il deposito dei bilanci - aggiunge Bagnoli - sono solo alcune delle dirette conseguenze della proposta legislativa. Una violazione sistematica dei principi basilari della funzione costituzionale del ruolo dell’avvocato e una minaccia all’imprescindibile segretezza dell’attività posta a garanzia del cittadino". Bagnoli riafferma il ruolo della cassa e dell’intera avvocatura di garantire diritti e non di perseguire profitto. Per questo dice no al maxiemandamento. Ecco le principali misure al vaglio del Parlamento PENSIONI: E' confermato l'obiettivo di raggiungere un'età minima di pensionamento comunque non inferiore a 67 anni al 2026. CESSIONE IMMOBILI: I proventi netti derivanti dalle cessioni dei beni immobili pubblici sono destinati alla riduzione del debito pubblico. Un primo decreto per l'individuazione degli immobili sarà emanato entro il 30 aprile 2012 e dovrà prevedere anche »una quota non inferiore al 20% delle carceri inutilizzate e delle caserme assegnate in uso alle forze armate. TAGLI EDITORIA: La riduzione dei contributi scende a 19,55 milioni di euro nel 2012, 16,25 milioni nel 2013 e 12,902 milioni nel 2014. TERRENI AGRICOLI: entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge saranno individuati «i terreni a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato» per la cessione. Ad occuparsi della cessione dei terreni agricoli sarà l'Agenzia del Demanio. ACCISE BENZINA: Nuovi aumenti nel 2012. L'aliquota sulla benzina e sul gasolio sono rispettivamente fissate «a 614,20 euro e a 473,20 per mille litri di prodotto; a decorrere dal primo gennaio 2013 a 614,70 euro e a 473,70 per mille litri di prodotto. BONUS FISCALE BENZINAI: diventa strutturale la deduzione forfetaria vigente a favore dei distributori di carburante dal 1998 e di volta in volta prorogata annualmente, a riconoscimento del servizio di incasso delle imposte sul consumo dei carburanti. MOBILITÀ STATALI: Mobilità per gli statali in esubero. E, per coloro che non vengono ricollocati, un'indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale con esclusione per qualsiasi altro emolumento retributivo per la durata »massima« di due anni. Dopo, evidentemente, scatta il licenziamento. APPRENDISTATO: Stop ai contributi per i primi tre anni di contratto di apprendistato per i datori di lavoro che occupano fino a nove addetti. Resta fermo il livello di aliquota del 10 per cento per gli anni successivi. Sale dell'1% l'aliquota dei contributi per i co.co.co. OCCUPAZIONE DONNE: Arriva il contratto di inserimento per le donne nelle aree territoriali in cui è più accentuata la differenza di genere nel tasso di disoccupazione. PART TIME: Più facile il ricorso al contratto di lavoro part-time con l'utilizzo delle clausole flessibili ed elastiche, che potranno nuovamente essere liberamente stabilite dalle parti individuali, nel rispetto di quanto eventualmente stabilito dalla contrattazione collettiva. ANAS: A decorrere dal 1° gennaio 2012 cede a Fintecna tutte le sue partecipazioni, al valore netto contabile risultante al momento della cessione. TAV: Le aree interessate alla realizzazione della Torino-Lione sono di interesse strategico nazionale. Chi vi si introduce sarà punito a norma dell'articolo 682 del codice penale: arresto da tre mesi ad un anno e ammenda. SERVIZI LOCALI: «Potere sostitutivo» del governo nel caso in cui gli enti locali non procededano alle 11 liberalizzazioni dei servizi pubblici locali. In caso di inottemperanza scatta un termine perentorio per adempire, trascorso il quale il governo esercita, appunto, il suo potere sostitutivo. ORDINI PROFESSIONALI: Riforma degli ordini professionali e stop alle tariffe minime. Tutto, entro 12 mesi. Consentirà la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali. La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. BONUS BEBÈ: Proroga fino al 2014 dei prestiti a tassi agevolati previsti del Fondo di credito per i nuovi nati. BUROCRAZIA ZERO: Una sola zona a burocrazia zero: tutto il territorio nazionale. La disciplina si applica per tutto il 2013 in via sperimentale a tutta Italia. MINIMI TARIFFARI: Le tariffe professionali cessano di essere il riferimento da prendere in considerazione per i compensi del professionista. All’articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, infatti sono soppresse le parole : ”prendendo come riferimento le tariffe professionali. E’ ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe.” SENTENZE DEL GIORNO VIOLENZA SESSUALE Violenza sessuale per l’allenatore di una squadra di calcio di minori indotti ad atti di autoerotismo Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 14 novembre 2011 n. 41412 È punibile per violenza sessuale l’allenatore di una squadra di calcio giovanile che induce i minori a compiere atti di autoerotismo e a inviargli sms con parole affettuose. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 41412/2011, bocciando la tesi della difesa secondo cui non essendovi stato alcun contatto fisico, in quanto le sollecitazioni a compiere tali attivi avvenivano per telefono, il reato debba considerarsi soltanto tentato. Per la Suprema corte però “la fattispecie criminosa di violenza sessuale è integrata, pur in assenza di un contatto fisico diretto con la vittima, quando gli atti sessuali, quali definiti dall’articolo 609 bis codice penale, coinvolgano oggettivamente la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati ed idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale nel momento in cui gli atti di autoerotismo sono stati compiuti a seguito delle minacce dell’imputato”. PROCEDIMENTO CIVILE Impossibile integrare il ricorso in Cassazione con un nuovo atto che riporta i quesiti di diritto mancanti Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23757 14 novembre 2011 Il ricorso per cassazione non può essere integrato con un nuovo atto che contenga i quesiti di diritto mancanti. Lo ha confermato la terza sezione civile della Cassazione secondo la quale il ricorso alla Suprema corte deve essere proposto a pena di inammissibilità con un unico atto avente i requisiti di forma e contenuto indicati “dalla pertinente normativa di rito, ivi compresi quelli richiamati dall’art. 366-bis cod. proc. civ.”. Ne consegue che non è idoneo a integrare i requisiti richiesti un nuovo atto, successivamente notificato a modifica o integrazione dell’originario ricorso, “sia che concerna l’indicazione dei motivi, sia che tenda a colmare la mancanza degli elementi prescritti, quali la formulazione dei quesiti o l’esposizione dei fatti in causa o la sintesi della questione di motivazione relativamente al fatto controverso”, essendo solo possibile, ove non siano decorsi i termini, proporre un nuovo ricorso completamente sostitutivo del primo. ASSEGNO DI DIVORZIO L’assegno divorzile sopravvive anche ad una ricca eredità Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23776 12 Non basta aver acquisito per intero la casa coniugale e neppure aver ereditato degli immobili dai propri genitori per perdere il diritto all’assegno di divorzio. Se la sproporzione economica persiste, il contributo va comunque versato. Lo ha stabilito la corte di Cassazione, sentenza 23776/2011, respingendo il ricorso di un marito che, dopo aver avuto ragione in primo grado, era stato condannato in appello dalla Corte di Brescia a versare l’assegno di mantenimento oltre al 40 per cento del trattamento di fine rapporto. Per giudici di Piazza Cavour tutti i motivi di ricorso sollevati dal coniuge: dall’età avanzata, all’obbligo di provvedere ad una figlia ancora giovane, dalla natura reddituale dei suoi proventi, alla mancanza di incidenza dell’assegno sul tenore di vita della ex moglie, la quale nel frattempo aveva ereditato i beni della madre, sono ininfluenti rispetto all’accertamento da farsi. Secondo la Suprema corte, infatti, la questione da mettere a fuoco era se i mezzi a disposizione della moglie fossero o meno sufficienti ad assicurarle la conservazione di un tenore di vita analogo a quello mantenuto durante il matrimonio. Parametro, quest’ultimo, individuato dalla corte di Appello e non contestato dal ricorrente. E siccome dalle dichiarazioni dei redditi di entrambi era ancora desumibile una forte sproporzione, non solo, anche in termini patrimoniali le risorse di cui il marito manteneva la disponibilità erano doppie rispetto a quelle della moglie, il diritto all’assegno non è stato cassato dall’Alta corte. LAVORO Atti di inquadramento impugnabili entro termini perentori Consiglio di Stato - Sezione V - Decisione 2 novembre 2011 n. 5848 L’atto di inquadramento dei dipendenti pubblici ha natura autoritativa e va quindi impugnato entro il termine di decadenza decorrente dalla data della comunicazione o della sua conoscenza. Non sono, dunque, proponibili azioni di accertamento, ma solo domande di impugnazione dei provvedimenti con i quali si assegna la qualifica funzionale e il corrispondente livello retributivo. La posizione del dipendente non è quella di titolare di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo che egli è legittimato a far valere sollevando tempestivamente, nel rispetto dei termini decadenziali, contro l'atto autoritativo che gli attribuisce una posizione di status e retributiva inferiore a quella che ritiene spettargli. Questo il principio espresso dalla quinta sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 5848 dello scorso 2 novembre. Il ricorso riguarda l’inquadramento nel livello funzionale retributivo di commesso di un lavoratore presso la Regione Calabria disposto dalla Giunta attraverso una specifica delibera. Secondo i supremi giudici amministrativi l’assenza dell’impugnazione della deliberazione regionale rende automaticamente il ricorso inammissibile. SANITA' Le contestazioni sulle prestazioni specialistiche spettano al giudice amministrativo Consiglio di Stato - Sezione III - Decisione 31 ottobre 2011 n. 5823 Sulle contestazioni delle prestazioni mediche specialistiche decide il giudice amministrativo. Il diritto soggettivo alla remunerazione di queste attività è intrecciato con le questioni riguardanti l’esercizio del potere pubblico in materia di organizzazione del servizio sanitario e la definizione del rapporto con il gestore privato. Si tratta, quindi, di una delle situazioni tipiche che spettano, anche alla luce degli indirizzi espressi dalla Corte costituzionale (sentenza n. 204 del 2004), alla giurisdizione esclusiva amministrativa, poiché resta centrale il ruolo decisionale dell’amministrazione e la verifica sulla legittimità del suo operato. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5823 del 2011, dispone che l’accertamento del diritto alla corresponsione di indennità o di altre somme pecuniarie non compete al giudice ordinario poiché investe il profilo pubblicistico relativo alla esatta portata del rapporto concessorio instaurato, in questo caso, tra una Srl e l’Asl di Napoli. A CURA DI LEX24 FRODE INFORMATICA Phishing, la banca deve adottare i migliori sistemi di sicurezza tecnologici Palmigiano Alessandro , Guttuso Rosa, Lex24 - Il Merito 10 novembre 2011 Con decisione depositata il 9 giugno 2011, il Tribunale di Palermo si è pronunciato su una controversia in materia di frode informatica, esaminando la questione “ phishing”. 13 E' necessario preliminarmente spiegare in cosa consiste tale fenomeno e quali sono le disposizioni normative da cui può essere disciplinato. Il phishing (termine che deriva dalla storpiatura di password fishing), generalmente definito in ambito informatico come “spillaggio di dati sensibili”, è una forma di illecito che consiste nel carpire con metodi illeciti le credenziali (password) di accesso di un conto bancario (o postale) online, e nel conseguente uso delle suddette credenziali al fine di spostare i fondi su conti correnti di altri soggetti (detti financial manager) che li ritirano e li rispediscono altrove al fine di riciclarli. Tale fenomeno non ha in Italia una disciplina specifica e, pertanto, le fattispecie verificatisi sono state affrontate in passato utilizzando le norme relative alla responsabilità contrattuale contenute nel codice civile, non sempre a favore dei correntisti. In particolare, Il Tribunale di Milano, in una decisione del 28 luglio 2006 relativa a reati informatici, ha respinto le domande nell'attore. Il caso riguardava l'accertamento dell'indebita sottrazione della somma di 172,00 euro da una carta Postepayimpresa (anche in questo caso la convenuta erano le Poste Italiane). In questa occasione il Giudice ha ritenuto che non sussistessero i presupposti di una responsabilità da parte delle Poste, sostenendo che “non vi è certamente prova che le manovre telematiche fraudolente siano da imputare alla convenuta per non aver adeguatamente difesi i propri siti, consentendo ad un hacher di introdursi nel conto del cliente e trafugare il danaro depositato dallo stesso...Ne consegue che, i fatti di frode lamentati in citazione dall€`attore, in assenza di prova certa della loro riferibilità a responsabilità delle Poste Italiane per presunta violazione di norme contrattuali, non possono essere a questa addebitati, ma semmai ad un non adeguato e prudente utilizzo della carta da parte del suo titolare” In maniera simile si sono pronunciati in seguito il Giudice di Pace di Lecce nella sentenza n.128 del 2008 ed il Giudice di Pace di Badolato nella sentenza n. 837 del 2008. Sull'argomento si è invece pronunciato in maniera favore ai correntisti, nel 2010, l'Arbitro Bancario Finanziario (ABF) , il nuovo organismo per la risoluzione stragiudiziale delle controversie tra banca e clientela previsto dall'articolo 128-bis del Testo unico bancario (TUB), introdotto dalla legge sul risparmio (legge n. 262/2005), e reso operativo grazie alle disposizioni di Banca d'Italia del 18 giugno 2009. Nella prima decisione, la n. 46/10 , resa dal Collegio di Milano dell'ABF nella seduta del 21 gennaio 2010, relativo ad un caso di phishing, si è ravvisato un concorso di colpa tra la banca, per violazione dell'obbligo di diligente custodia dei patrimoni dei clienti, ed il correntista, per incauta custodia dei codici di accesso al servizio. In particolare, il Collegio osservava che “la banca la quale offre servizi on line alla propria clientela ha il dovere di adempiere il proprio obbligo di custodia dei patrimoni dei clienti con la diligenza professionale richiesta dall'art. 1176, co. 2, c.c., predisponendo misure di protezione – tra le quali l'invio di sms di conferma dell'eventuale disattivazione del servizio di sms-alert e l'invio di sms di avviso dell'esecuzione dell'ordine di bonifico - idonei ad evitare l'accesso fraudolento di terzi ai depositi dei propri clienti, o a neutralizzarne gli effetti. La violazione dell'obbligo di diligenza da parte della banca non esclude, però, la colpa concorrente del titolare del conto on line, ex art. 1227 c.c., per incauta custodia dei codici di accesso al servizio, nella ipotesi in cui l'operazione fraudolenta sia avvenuta mediante l'uso dei codici in suo possesso. Pertanto, ritenendo che la ricorrente, per le ragioni esposte, abbia concorso a cagionare il danno nella misura del 75%, la banca deve essere dichiarata tenuta a rifondere alla ricorrente il 25% della somma di 5.773,00 euro”. In altra decisione, la n. 33/10 , resa dal Collegio di Roma dell'ABF nella seduta del 12 gennaio 2010 (in cui il correntista ammetteva di aver risposto ad una e-mail all'apparenza proveniente dalla banca nella quale gli veniva richiesto di digitare i codici di accesso e dispositivi relativi al proprio conto corrente on line”, l'ABF ha deciso che il cliente andava rimborsato del 75% delle perdite subite in quanto “il corretto adempimento dell'obbligo di diligenza presuppone l'adozione di tutte le precauzioni e l'istituzione di tutti i presidi di sicurezza adeguati allo scopo e resi accessibili dall'evoluzione scientifica e tecnologica”. In pratica l'ABF ha ravvisato una colpa nel comportamento della banca perché non ha fornito alla clientela dispositivi automatici per la generazione di password (token, chiavette, digipass...) ravvisando in ciò una violazione dell'obbligo di diligenza, in quanto manca l'adeguamento dei presidi "agli ultimi ritrovati ed alle più recenti acquisizioni della scienza e della tecnologia". Nel caso di specie invece il Tribunale arriva ad una decisione di rimborso integrale delle perdite subite. E' dunque utile riassumere la vicenda e le motivazioni seguite dal tribunale isolano. I signori A.P. ed L.R., con atto di citazione notificato il 29 ottobre 2009 convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo le Poste Italiane al fine di dichiarare non autorizzato e quindi non dovuto un bonifico effettuato dal loro conto online in data 6 agosto 2009, per un importo pari a 5.500,00 euro. Gli attori ritenevano le Poste responsabili dell'inesatto adempimento delle obbligazioni inerenti il contratto di conto, con riferimento al prelievo illecito e fraudolento, richiamando la disciplina della responsabilità contrattuale. 14 I sigg.ri A.P. ed L.R. fondavano la propria azione sulla mancanza di adozione da parte delle Poste di misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire situazioni, come quella verificatasi. A tal proposito, una argomentazione era costruita su un paragone con il sistema delle poste svizzere (PostFinance), che da anni aveva attuato un programma di protezione - a dire degli attori ben più solido. Consultando il sito internet in italiano, infatti, il protocollo svizzero prevede (e prevedeva a quel tempo) che, per operare sui relativi conti on line, fosse necessario, oltre all'inserzione iniziale di un numero, di una password e del nome utente, anche l'utilizzo di un apposito apparecchio di lettura nel quale inserire una carta con funzione di identificazione e dove immettere anche altri codici di identificazione. A riprova della inidoneità tecnologica del sistema approntato da Poste Italiane, nonché della consapevolezza da parte della stessa convenuta della grave falla esistente nel sistema, gli attori avevano evidenziato che le Poste avevano adottato – sebbene con grande ritardo - un nuovo sistema di sicurezza che, proprio sulla falsa riga del sistema sopra illustrato, si serviva anch'esso di un apparecchietto, nel quale andava inserita una carta dotata di microchip, che generava un ulteriore codice segreto “usa e getta” da utilizzare per ogni operazione dispositiva. Più in particolare, il meccanismo prevedeva che il cliente accedesse al sito di Poste Italiane, si identificasse inserendo nome utente e password negli apposti spazi e successivamente, per effettuare operazioni dispositive, digita sul lettore, all'interno del quale era stata inserita la carta con microchip, il codice “id operazione” - composto da otto numeri - che veniva generato dal sito di volta in volta per ogni operazione, seguito dal pin della carta. A questo punto appariva sul lettore un codice “risposta”, anch'esso composto da otto numeri ed anch'esso “usa e getta”, da inserire nella pagina web negli appositi campi. Secondo gli attori, la maggiore sicurezza del sistema sopra descritto era evidente in quanto non solo i codici richiesti variavano continuamente, ma inoltre alcuni di essi erano indicati soltanto dal lettore per il cui utilizzo è necessario il possesso della carta con microchip e la conoscenza del pin di attivazione di quest'ultima. Quindi la tecnologia era conosciuta da Poste Italiane ed addirittura fornita ai nuovi clienti almeno dal dicembre 2008, stando ai documenti prodotti. La convenuta, pertanto, si sarebbe dimostrata due volte negligente: la prima volta non adeguandosi prontamente quanto meno alle innovazioni tecnologiche disponibili sul mercato e, la seconda, non affrettandosi a dotare anche i vecchi clienti del nuovo sistema. Poste Italiane, con comparsa del 24 febbraio 2010, rigettando qualunque responsabilità, imputava il prelievo illecito ai correntisti, i quali avrebbero avuto un comportamento negligente fornendo i codici di accesso del loro conto a terzi. A sostegno della propria tesi, la convenuta, oltre a fare leva sulla giurisprudenza a proprio favore citata in precedenza, richiamava un' ulteriore pronuncia del Tribunale di Milano del 29 ottobre 2008, secondo la quale “deve rispondere del delitto di truffa colui che avvalendosi delle tecniche di phishing, mediante gli artifici e i raggiri derivanti dalla sostituzione di persona (realizzata attraverso la creazione ed utilizzazione di un account di posta elettronica ed attribuzione falsa delle generalità di un diverso soggetto), dopo avere indotto in errore la vittima ed essersi fatto rivelare le credenziali di accesso, si introduce nel suo servizio di homebanking, compiendo un atto dispositivo che comporta una depauperazione del patrimonio del deceptus, con pari profitto in proprio favore”, e affermava l'uso irregolare, imprudente e non adeguato dei codici da parte degli attori, in dispregio delle disposizioni contrattuali e delle più elementari regole di prudenza, i quali, così operando, avrebbero assunto il rischio di un uso illecito. Secondo tale tesi poteva essere riscontrato un concorso del fatto colposo del creditore, ai sensi dell'art.1227 c.c. In merito alla questione della sicurezza del sistema, Poste produceva alcune certificazioni. Nella sentenza commentata, il tribunale di Palermo ha condannato Poste Italiane a rimborsare i correntisti per l'importo totale del bonifico illecito per inesatto adempimento contrattuale. Secondo il giudice, infatti, la documentazione prodotta da Poste, oltre ad essere stata disconosciuta dagli attori, non dimostrava la regolarità dell'operazione di bonifico, trattandosi di fogli senza intestazione o sottoscrizione, senza autore o data certa. Correttamente infatti il tribunale ricordava che costituisce regola generale quella secondo cui il creditore che agisce in giudizio sia per l'adempimento, sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto, limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, su cui incombe l'onere di dimostrare il fatto estintivo costitutivo dell'adempimento. Nel caso di specie gli attori avevano provato l'esistenza del rapporto obbligatorio in base al quale agivano mentre le Poste si limitavano ad affermare, senza nessuna prova, che i correntisti potevano aver fornito i codici a terzi. Per quanto concerne la questione della sicurezza del sistema, il Giudice ha stabilito che le certificazioni prodotte da Poste Italiane, sebbene fossero idonee ad attestare la sicurezza di quel tipo di sistema, non consentissero di escludere la possibilità che si possa verificare un bug nello stesso. La sentenza – come da motivazioni esposte – si sofferma sul sistema predisposto da Poste, il quale non appariva adeguato alla tecnologia esistente, in quanto prevedeva un sistema di accesso facilmente violabile, composta da un PIN di sole 4 cifre e di un identificativo utente corrispondente all'indirizzo e-mail di poste italiane del cliente. 15 Il GOT ha ritenuto altresì applicabile al caso di specie la normativa del Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003), affermando che la colpa di eventuali intromissioni fraudolente nel sistema ricade sulla società che offre il servizio la quale è tenuta a predisporre tutte le misure necessarie per tutelare i clienti ed i loro dati personali, non potendo ricadere su questi ultimi il rischio del verificarsi di detti fenomeni. A tal proposito richiama l'art. 15 del Codice, il quale ha portata generale e prevede che chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento dei dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'art. 2050 c.c. Il richiamato art. 2050 c.c., come è noto, dispone che chiunque cagioni danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa è tenuto al risarcimento del danno a meno che non provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo. In base al particolare regime probatorio concepito dalla norma, sarebbe stato dunque onere delle Poste provare di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il verificarsi dell'evento lesivo, cosa che non ha fatto. Il Giudice ha inoltre ritenuto applicabile l'art. 31 del citato D.Lgs. 196/2003, con particolare riferimento alle misure di sicurezza, il quale stabilisce che “i dati personali oggetto di trattamento debbano essere custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta”. In base a tali previsioni normative, le Poste avrebbero dovuto adottare tutte le misure di sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire danni, come quelli verificatisi in capo agli attori, non essendo sufficiente la non violazione di norme di legge, in considerazione del fatto che la diligenza che il professionista utilizza deve essere valutata con maggiore rigore rispetto a quella ordinaria. In definitiva, la sentenza del Tribunale di Palermo, con una articolata e solida argomentazione, delinea i contorni della responsabilità degli istituti di credito in caso di phishing, mettendo insieme profili di natura contrattuale ed extracontrattuale, aprendo una spiegazione interpretativa in un settore in cui poche sono state le sentenze e raramente del tutto favorevoli al correntista. . FAVOREGGIAMENTO PERSONALE Niente favoreggiamento sul lavoro Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi 7 novembre 2011 - Pagina 46 Non compie favoreggiamento personale, punito dall'articolo 378 del Codice penale, il lavoratore che, per non compromettere la propria libertà, cioè nello specifico per evitare un'incriminazione o per non perdere il posto di lavoro, dà false dichiarazioni che aiutano il datore a eludere indagini a proprio carico. Questo il contenuto saliente della sentenza della sesta sezione penale della Corte di cassazione n. 37398 del 17 ottobre 2011. Un lavoratore edile s'infortuna e suoi colleghi, in un primo tempo, negano, alla Polizia giudiziaria, di averlo visto lavorare in cantiere e l'avvenuto infortunio. Emersa la verità, sono incriminati per favoreggiamento. I giudici di primo grado, tuttavia, assolvono i lavoratori, applicando l'articolo 384, comma 1, del Codice penale che esso esclude la punibilità di colui che commette taluni reati, tra i quali il favoreggiamento personale, per evitarsi un processo penale o senza dolo. La corte di appello, interpretando diversamente la norma, condanna due lavoratori, i quali ricorrono in Cassazione, sostenendo un'erronea applicazione, nel secondo grado, della legge. Vengono così in campo i Giudici di legittimità che, innovando sulla precedente giurisprudenza di Cassazione, pongono, come chiave interpretativa della norma sulla non punibilità, il principio secondo cui per applicare correttamente la disposizione occorre comparare gli interessi che si fronteggiano. E cioè, da un lato, l'interesse dello Stato a punire fatti il favoreggiamento personale e, dall'altro lato, l'interesse, emergente nel caso specifico, dell'individuo. Ove tale ultimo interesse risulti essere di «libertà» vale la regola della non punibilità. I giudici della Cassazione applicano il criterio suddetto alla posizione giuridica del primo lavoratore e ritengono, sulla base del giudizio di appello, che egli abbia detto il falso per salvaguardare la propria libertà, potendo, altrimenti, essere incriminato per altro reato. L'esimente di cui all'articolo 384, comma 1, dunque, si applica e la decisione di secondo grado è da censurare per erronea applicazione della norma. Più complessa la ponderazione rispetto al secondo lavoratore: da un lato, vi è l'interesse statuale a punire il favoreggiamento e, dall'altro lato, emerge l'interesse dell'individuo di (non dire il vero per) non perdere il lavoro. A questo proposito la Cassazione s'interroga: ai fini dell'articolo 384 comma 1, l'interesse al lavoro ha un valore giuridico pari a quello che ha l'amministrazione della giustizia a non essere fuorviata? La conclusione è affermativa: il diritto al lavoro, in quanto strumento di crescita della personalità individuale, è esplicazione della «libertà» personale e, quindi, rientra nell'applicazione dell'articolo 384, comma 1. 16 Tale diritto al mantenimento del lavoro, aggiunge la Cassazione, va, però, analizzato, caso per caso, dai giudici di merito, per valutare se il dire la verità avrebbe potuto o meno compromettere la situazione esistenziale e lavorativa del lavoratore (considerando, ad esempio, se egli sia dipendente a tempo indeterminato o piuttosto un precario; se abbia o no persone a carico). Attenzione, dunque, a intendere bene la sentenza: non un via libera a dire il falso per aiutare il datore, ma comprensione solo verso chi lo fa per salvaguardare, effettivamente, la propria libertà personale. PROCEDIMENTI SPECIALI Procedimento disciplinare e conflitto d'interessi a cura di Summa Donatella, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Lex24) - Numero 5 del 01/11/2011, pag. 47 La Corte di Cassazione si pronuncia in merito ad una questione di deontologia forense trattando la quale considera i requisiti di validità del provvedimento di fissazione dell'udienza disciplinare in relazione all'ipotesi in cui non vengano indicate precisamente le norme violate dall'avvocato. Inoltre, il caso concreto trattato attiene ad un'ipotesi riconducibile alla fattispecie di “conflitto d'interessi” di cui all'art 37 del Codice di Deontologia Forense. MASSIMA Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza del 13 Settembre 2011, n. 18695 Deontologia Forense – Responsabilità dell'Avvocato – Conflitto d'interessi – Poteri disciplinari Nei procedimenti disciplinari la Suprema Corte non può fare valutazioni in merito alla natura della violazione sostituendosi al Consiglio nazionale forense nell'enunciazione di ipotesi di illecito. Pertanto l'ingerenza della corte viene limitata ad un controllo sulla ragionevolezza del provvedimento SINTESI NORMATIVA ART. 37. - Conflitto di interessi L'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l'espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo svolgimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico. L'obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi configgenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali. ART. 19. - Divieto di accaparramento di clientela È vietata ogni condotta diretta all'acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza e decoro. L'avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente. Costituisce infrazione disciplinare l'offerta di omaggi o di prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi. E' vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. E' altresì vietato all'avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare. COMMENTO La sentenza in esame offre alcuni spunti di riflessione per analizzare talune problematiche inerenti alla deontologia forense nonché per valutare il potere di ingerenza della Suprema Corte nell'interpretazione della decisione prese dai competenti consigli dell'ordine professionale. 17 In particolare, nel caso oggetto della sentenza in commento, viene rilevata la violazione dell'art. 19 e dell'art. 37 del codice di deontologia forense da parte di un avvocato, denunciata dal Consiglio dell'Ordine di appartenenza. La prima norma riguarda il divieto di accaparramento della clientela mentre la seconda attiene al divieto di fornire mandato ad una controparte in conflitto d'interessi. In particolare quest'ultima norma, in linea con i generali doveri di correttezza e lealtà previsti dal codice deontologico, enuncia la regola base per la quale “l'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito”. La norma deontologica considerata mira a tutelare l'indipendenza e l'imparzialità della funzione difensiva e, quindi, ad assicurare che il mandato professionale sia svolto in assoluta libertà ed indipendenza da ogni vincolo, nonché a garantire che il rapporto fiduciario, che deve sussistere tra il cliente e l'avvocato, ed il connesso vincolo di riservatezza che concerne le notizie apprese dal cliente nell'espletamento del mandato, non sia in alcun modo incrinato da altri incarichi assunti dal professionista (cfr, per tutte: C.N.F. 21 settembre 2007, n. 111). La questione che spesso ha sollevato dubbi in tale materia è quella inerente alla natura del conflitto d'interesse ed al fatto che questo – per configurare la violazione disciplinare in questione debba essere concreto o possa invece essere anche solo potenziale. La Suprema Corte ritiene che il caso in questione non rientri nella fattispecie di cui all'art. 37 del Codice deontologico. La decisione in tal senso si riporta a quanto sostenuto dal CNF che ritiene insussistente la violazione in quanto la procedura in riferimento alla quale sarebbe potuto sorgere il conflitto d'interessi ( e quindi il rapporto con i clienti) si è conclusa prima che fosse iniziata quella nuova che poteva generare il conflitto stesso. Inoltre, la Suprema Corte ribadisce che, in ogni caso, la concreta individuazione dell'illecito disciplinare, definite dal codice di riferimento tramite delle clausole generali, viene lasciata alla valutazione dell'ordine professionale e non anche al Giudice di Legittimità. In particolare, nel caso de quo, la Corte sembra negare un'interpretazione della norma in senso potenziale volendo invece dare rilievo ad un tipo di conflitto effettivo e reale. L'unica ipotesi in cui la giurisprudenza sembra invece più restrittiva, proprio per la delicatezza della materia trattata, è quella del diritto di famiglia. Altro elemento che incide nella definizione della fattispecie di illecito disciplinare è il fatto che l'Avvocato utilizzi delle informazioni di cui era venuto a conoscenza in circostanza del suo ruolo per utilizzarle in un secondo momento contro il suo ex cliente, in tal senso si legge: “...costituisce illecito disciplinare il comportamento del professionista che, appena dismesso il mandato, si accanisca nei confronti dell'ex cliente con denunzie-querele e con richieste di misure cautelari in sede penale e in sede civile, utilizzando elementi a lui noti in virtù del precedente mandato e senza il benché minimo riguardo anche sul piano dei normali rapporti umani, con l'aggravante, inoltre, dell'assenza di qualsiasi, sia pur debole, indizio circa il "periculum in mora" (Cons. Nazionale Forense 05 dicembre 2006, n. 134). Inoltre, nella sentenza in commento la Suprema Corte si occupa anche di analizzare il provvedimento di fissazione dell'udienza disciplinare specificando che lo stesso mantiene la sua validità anche qualora non vengano specificate le norme deontologiche violate (l'art. 37 nel caso in questione). In particolare, nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare, definite dalla legge mediante una clausola generale (mancanze nell'esercizio della professione o, comunque, fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale), è rimessa alla valutazione dell'Ordine professionale ed il controllo di legittimità sull'applicazione di tali valutazioni non consente alla Corte di cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell'enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza. E' competenza esclusiva del CNF stabilire se un determinato comportamento possa rientrare o meno in nell'ambito della fattispecie descritta dalla norma e non anche compito del Giudice di legittimità ritenere un determinato comportamento illecito disciplinare. ORIENTAMENTI In base alla direttiva n. 87/344/Cee che regolamenta l'assicurazione di tutela giudiziaria, l'assicurato deve poter scegliere, in via generale e non quindi nei soli casi in cui sorga un conflitto di interessi , l' avvocato di propria fiducia e ottenere il rimborso delle spese legali sostenute. Tale diritto deve poter essere esercitato anche nei casi di "class action". La compagnia di assicurazione non può invocare la direttiva per restringere la libertà di scelta dell'assicurato nei casi di azioni giudiziarie avviate da un gran numero di assicurati danneggiati dallo stesso evento. Anche in queste ipotesi, infatti, ciascun assicurato può scegliere il rappresentante di sua fiducia. (Corte giustizia CE sez. II, 10 settembre 2009, n. 199) 18 La circostanza che le parti processuali antitetiche (nella specie, parte civile e responsabile civile) siano rappresentate e difese dallo stesso avvocato rende ancor più eclatante il conflitto d' interessi , posto che il professionista, in tale situazione, non sarebbe in condizione di fedelmente difendere gli interessi del mandante, né potrebbe ammettersi un atteggiamento difensivo di ciascuna delle parti in questione improntato all'inerzia ed alla passività rispetto alle iniziative probatorie degli altri soggetti del processo che, di per sé, già comporterebbe una grave violazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa, costituzionalmente garantiti, oltre a concretizzare una palese mancanza ai doveri professionali connessi al mandato professionale (Tribunale Milano sez. IV, 02 febbraio 2009). Costituisce violazione dei doveri di lealtà e correttezza, nonché del divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi , la condotta dell'avvocato che assume contemporaneamente la difesa di due soggetti portatori di interessi obiettivamente configgenti (nella specie, il fallimento ed una controparte del fallimento medesimo). Perché si configuri l'illecito di cui all'art. 37 del codice di condotta non è necessaria la ricorrenza di un danno; la circostanza, in concreto, dell'assenza di un pregiudizio rilevare, la più, ai fini della determinazione della sanzione disciplinare (Cons. Nazionale Forense, 27 ottobre 2008, n. 149). IMMIGRAZIONE CLANDESTINA Espulsioni senza retroattività Negri Giovanni, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi 8 novembre 2011 - Pagina 39 Dopo le modifiche disposte quest'estate, il reato di ingiustificata inosservanza dell'ordine di allontanamento del questore nei confronti di un cittadino extracomunitario ha assunto una nuova fisionomia. Tale da fare escludere una continuità normativa con la precedente fattispecie, dando vita a una nuova incriminazione applicabile solo ai fatti verificatisi dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni. A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza 36451 della Prima sezione penale che ha affrontato il ricorso presentato contro la condanna riportata da un cittadino extracomunitario per il mancato rispetto dell'ordine impartito dal questore di Varese a lasciare il territorio dello Stato, dopo essere stato destinatario di un provvedimento di espulsione. La Cassazione osserva che il 28 aprile scorso la Corte di giustizia europea, chiamata in causa dalla Corte d'appello di Trento, ha stabilito che la vecchia norma che sanzionava il mancato rispetto dell'ordine di espulsione del questore doveva essere considerata inapplicabile perché in contrasto con la disciplina comunitaria. L'effetto era stato di una vera e propria abolitio criminis con la conseguente necessità, da parte dell'autorità giudiziaria, di dichiarare nei giudizi in corso che il fatto non era più previsto dalla legge come reato. Successivamente è intervenuto il decreto legge 23 giugno 2011, n. 89 con le misure successive per completare l'attuazione della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio dei cittadini irregolari di Paesi terzi. Il decreto ha riformulato la disposizione «la quale non può dirsi in continuità normativa con la precedente versione, in tal modo confermando l'avvenuta abolitio criminis, non solo per il distacco temporale intercorso tra la sua emanazione e l'emissione della direttiva comunitaria anzidetta, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta richiesta per integrare l'illecito penale in esame». Infatti, in base alla nuova normativa, all'ordine di allontanamento dal territorio italiano si può arrivare solo dopo che sono risultati senza esito i meccanismi agevolatori della partenza volontaria e al termine del periodo di trattenimento presso un centro di permanenza. Per questo – conclude la Cassazione – bisogna ritenere che ci si trova davanti a una nuova incriminazione, in quanto tale applicabile solo ai fatti che si sono verificati dopo l'entrata in vigore delle misure estive. E se è vero che il ricorso è stato presentato contro una sentenza pronunciata all'esito di un patteggiamento e per questo dovrebbe essere giudicato inammissibile, è però altrettanto vero che l'impossibilità di rilevare cause di non punibilità in presenza di ricorsi inammissibili è destinata a cadere in ipotesi, come quella presa in esame dalla Cassazione, di successione di leggi nel tempo e di abolitio criminis. GLI APPROFONDIMENTI DI LEX24 . CIRCOLAZIONE STRADALE Valide le multe con il telelaser Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, 9 novembre 2011 - Pagina 39 19 Sono valide le multe per superamento dei limiti di velocità rilevato dal telelaser anche se all'automobilista non viene consegnato «lo scontrino con la stampa dei dati relativi alla velocità e alla targa del veicolo». Lo sottolinea la Cassazione. In questo modo i giudici – con la sentenza 23212 – hanno dato ragione a un ricorso del Comune di Massa contro la decisione del tribunale che aveva annullato la multa non corredata dallo scontrino. Il verbale, in precedenza, era già stato annullato anche dal giudice di pace al quale si era rivolto l'automobilista multato. Secondo il tribunale di Massa l'uso del telelaser era legittimo ma «poteva sussistere un non corretto rilevamento dell'oggetto in movimento da parte dell'agente, specie in relazione all'orario notturno e alla presenza di traffico». Questo punto di vista è stato bocciato dalla suprema corte che ha sottolineato che è «legittima la rilevazione della velocità effettuata a mezzo di telelaser, apparecchiatura che non rilascia documentazione fotografica nell'avvenuta rilevazione nei confronti di un determinato veicolo, ma che consente unicamente l'accertamento della velocità in un determinato momento, restando affidata alla attestazione dell'organo di polizia stradale la riferibilità della velocità proprio al veicolo dal medesimo organo individuato». Tale «attestazione» – prosegue la Cassazione – «ben può integrare, con quanto accertato direttamente, la rilevazione elettronica attribuendo la stessa ad uno specifico veicolo». I supremi giudici ricordano che tale attestazione «è assistita da efficacia probatoria fino a querela di falso, ed è suscettibile di prova contraria unicamente il difetto di omologazione o di funzionamento dell'apparecchiatura elettronica». In pratica l'automobilista per sperare di vedere riconosciute le proprie ragioni, deve querelare l'agente per falso se vuole mettere in dubbio la sua rilevazione. Adesso l'uomo dovrà pagare non solo la multa ma anche 250 euro per onorari, 220 per diritti, 80 euro per le spese del giudizio di appello, più altri 600 euro di spese per onorari e diritti del giudizio di Cassazione. RESPONSABILITÀ PENALE Punibilità dell'agente provocatore che supera i limiti nelle operazioni sotto copertura Nicola Corea, avvocato - (LEX24) 10 novembre 2011 Testo a stralcio tratto dal Dossier di LEX24 "La punibilità dell'agente provocatore" del mese di Ottobre 2011 Premessa Notevoli profili di criticità sono emersi in sede di individuazione del canone ermeneutico cui ricondurre l’analisi della condotta dell’agente provocatore, onde delineare l’ambito di estensione della sfera del punibile e quella del non punibile, in considerazione della necessità di contemperare esigenze di repressione, prevenzione del crimine e rispetto dei limiti sanciti dalle previsioni ordinamentali. In un sistema rigorosamente ispirato al principio di legalità, l’incriminazione di condotte atipiche si impone onde soddisfare superiori istanze in senso garantista: la definizione di eventuali ambiti di responsabilità dell’agente provocatore non può risolversi, tuttavia, in una sostanziale frustrazione delle finalità politico criminali sottese alla normativa dettata in tema di operazioni sotto copertura. Problematiche interpretative di natura sostanziale, come quella relativa alla punibilità dell’agente provocatore per il superamento dei limiti delle sue competenze, che, lungi dall’assumere mero valore concettuale, risultano strettamente connesse, al contrario, a ulteriori questioni di carattere processuale relative, ad esempio, ai limiti di utilizzabilità della testimonianza resa dall’agente stesso: questioni dai rilevanti risvolti concreti, la cui risoluzione si impone in considerazione delle numerose ipotesi, in occasione delle quali, l’interprete è chiamato a dare coerente applicazione della disciplina in tema di operazioni sotto copertura. Com’è noto, l’agente provocatore è colui che, istigando o offrendo l’occasione per la commissione di taluni reati, rende possibile l’applicazione della sanzione penale nei confronti degli autori, in ipotesi in cui gli stessi vengano colti in flagranza o, comunque, vengano scoperti. L’attività sotto copertura è connotata dal carattere dell’eccezionalità: diversi gli interventi normativi volti a fronteggiare l’escalation di determinati reati, in considerazione del grave allarme sociale connesso alla perpetrazione degli stessi. Il riferimento è, in particolare, all’art. 97 D.P.R. 309/90, all’ art. 12-quater D.L. 306/92 (convertito in L. 356/1992), in materia di ricettazione e riciclaggio, all’art. 14, L. 269/98, in materia di sfruttamento della prostituzione, pedo - pornografia, turismo sessuale a danno di minori, all’art. 4, L. 438/2001, in tema di terrorismo internazionale. Omissis (…) Esclusione della responsabilità e ambito della non punibilità La problematica in esame va affrontata distinguendo due aspetti principali della questione: il fondamento 20 giuridico di esclusione della responsabilità dell’agente provocatore da un lato, e l’ambito di estensione della sfera del non punibile, dall’altro. Con riguardo alla prima questione va premesso che in dottrina e in giurisprudenza sono state prospettate differenti opzioni ermeneutiche, onde individuare una soluzione dotata di coerenza sistematica. In giurisprudenza è stato ritenuto applicabile alla figura in esame il combinato disposto delle norme di cui agli artt. 51 c.p. e 55 c.p.p. In dottrina il riferimento a tali disposizioni è stato considerato inconferente, in quanto l’art 55 c.p.p. prevede che la polizia ha l’obbligo di perseguitare i reati perpetrati, non di provocarli; inutile appare, inoltre, il riferimento ulteriore alla scriminante dell’adempimento del dovere, qualora l’operato dell’agente provocatore si risolva in un contenimento della condotta altrui e risulti, dunque, mera occasione per il compimento di reati. Nell’ipotesi in questione, invero, non sarebbe configurabile un’ipotesi concorsuale, in quanto la condotta dell’agente provocatore non sarebbe idonea già in sé ad integrare la fattispecie di reato. Allo stesso modo è stata criticata in senso negativo la tesi del reato impossibile: l’agente provocatore non vuole il reato e, inoltre, qualora si acceda alla tesi in questione dovrà essere affermata la non punibilità anche del provocato. Pregevoli riflessioni sono state effettuate in dottrina in ordine all’annosa questione in esame: la problematica è stata più opportunamente ricondotta sul piano dell’elemento soggettivo. L’agente provocatore è punibile, dunque, solo se ha voluto l’evento o quanto meno ne ha accettato il rischio. Va escluso il dolo se l’agente ha agito con la convinzione che il reato non si sarebbe consumato, nemmeno accettandone il rischio. In dottrina è stato ulteriormente specificato che, qualora l’agente provocatore abbia posto in essere una condotta di mera istigazione di un tentativo di reato, lo stesso non risulterà punibile a titolo di tentativo, in quanto ex art. 56, si richiede il dolo del reato consumato. L’agente potrà rispondere, dunque, a titolo di colpa se sono integrati gli estremi, e se il reato è previsto anche come colposo. Le citate ipotesi tipizzate in tema di indagini sotto copertura, tuttavia, sono riferibili alla impostazione dogmatica tradizionalmente sposata in giurisprudenza: le condotte dell’agente provocatore disciplinate ivi previste, invero, sono state elevate dal legislatore a cause scriminanti ex art. 51 c.p. La norma di cui all’art. 97 D.P.R. 309/90, in tema di acquisto simulato di droga da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria prevede, invero, una clausola di riserva espressa: “fermo il disposto dell’art. 51 c.p.”, in forza della quale è possibile considerare l’ipotesi in questione alla stregua di scriminante speciale, il cui ambito di operatività risulta decisamente angusto. Viene disposto che, perché possa escludersi la punibilità, occorre che l’agente sia ufficiale o agente di polizia giudiziaria addetto alle unità specializzate antidroga, e che la sua azione sia volta alla repressione dei soli reati previsti dal T.U. in materia di stupefacenti. È necessaria, inoltre, una preventiva programmazione dell’operazione, in esecuzione di quanto disposto dalla Direzione Investigativa Antimafia o dagli altri soggetti previsti ex art. 97 D.P.R. 309/90. In giurisprudenza è stata affermata la sussistenza di un rapporto di sussidiarietà tra la scriminate prevista ex art. 97 e la causa di giustificazione dell’adempimento del dovere di cui all’art. 51 c.p.: la clausola di riserva espressa contenuta nell’art. 97, in tale ottica, avrebbe la funzione di limitare l’operatività della norma in cui è inserita alle sole fattispecie in cui non ricorrano gli estremi dello stesso art. 97. Sulla scorta di tale impostazione ermeneutica è possibile ritenere scriminato il comportamento dell’agente provocatore ben oltre i limiti sanciti ex art. 51 c.p., in ipotesi in cui, ad esempio, l’attività antidroga sia posta in essere in assenza dei requisiti soggettivi indicati dalla normativa in tema di stupefacenti, poiché condotta da un semplice agente di polizia non appartenente alle unità specializzate. In dottrina è stata sostenuta la sussistenza di un rapporto di specialità tra le due norme: qualora ricorrano le condizioni di cui all’art. 97 T.U. in materia di stupefacenti, tale norma sarà destinata a prevalere sulla scriminante generale prevista ex art. 51 c.p. In senso opposto alle coordinate ermeneutiche sin qui delineate, autorevole dottrina ha inteso ricondurre la problematica in questione sul piano della tipicità, in sede di individuazione degli elementi sussumibili nell’ambito della fattispecie astratta di reato. Il richiamo all’art. 51 c.p., in tale ottica, appare inadeguato: in primo luogo va precisato che la causa di giustificazione sottende un conflitto di interessi, conflitto che manca nell’ipotesi in esame, in quanto la condotta enunciata dalla disposizione costituisce essa stessa mezzo di tutela degli interessi tutelati dalla fattispecie. In ipotesi di acquisto simulato una volta esclusa, per le ragioni suesposte, la stessa tipicità obiettiva della fattispecie, andrebbe dunque valutata la punibilità del venditore, considerando le condotte che accedono alla fattispecie plurisoggettiva dei reati - contratto come autonome. 21 FAMIGLIA Convivenza more uxorio - Rapporti patrimoniali, diritti successori e donazioni Tratto da Famiglia e minori, percorso operativo di LEX24 a cura di Galluzzo Sabina Anna Rita Focus giurisprudenziale La Corte di Cassazione in relazione ad attribuzioni patrimoniali effettuate tra conviventi per mezzo di strumenti negoziali ha sostenuto che la convivenza more uxorio tra persone di stato libero non costituisce causa di illiceità e quindi di nullità di un contratto attributivo di diritti patrimoniali collegato a detta relazione. La convivenza infatti pur non essendo specificatamente disciplinata dalla legge, non si pone in contrasto con norme imperative, né con l'ordine pubblico, né con il buon costume; fatti questi che determinano ai sensi dell'art. 1343 c.c. l'illiceità della causa e di conseguenza ai sensi dell'art. 1418 c.c. la nullità del contratto. Diritti successori e diritto di abitazione La giurisprudenza si è spesso trovata di fronte a questioni relative ai diritti successori tra conviventi di fatto e al diritto di abitazione. Al convivente more uxorio sono stati espressamente negati dalla Consulta i diritti successori sulla base dell'assunto secondo cui lo stesso non può essere assimilato al coniuge nei rapporti mortis causa. La Consulta invece ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1 della legge 392/1978 (c.d. legge sull'equo canone), nella parte in cui non prevede fra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio, ovvero nella parte in cui non prevede lo stesso diritto per il convivente che abbia cessato il rapporto di convivenza, quando vi sia prole naturale. La Corte, successivamente, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 nella parte in cui non prevede che, in caso di cessazione della convivenza more uxorio, al conduttore di un immobile ad uso abitativo succeda nel contratto di locazione il convivente rimasto nella detenzione dell'immobile, anche in mancanza di prole comune. Donazioni La giurisprudenza si è anche occupata di elargizioni tra conviventi more uxorio. La questione è stata affrontata allo scopo di tutelare il convivente beneficiario da ripensamenti dell'altro. Nella prassi infatti queste elargizioni, effettuate in nome dell'affetto, non sono accompagnate dalla forma solenne che viene richiesta per le donazioni. La giurisprudenza in relazione alle donazioni, ha da tempi remoti, utilizzato lo schema dell'obbligazione naturale che consente l'irripetibilità di quanto è stato dato riuscendo in tal modo a fornire una tutela al convivente più debole. Varie elargizioni sono state anche considerate donazioni di modico valore precisando che il modico valore va commisurato alle condizioni economiche del donante e non al valore in sé delle cose donate. E' stata altresì utilizzata la fattispecie della liberalità d'uso prevista dall'art. 770 secondo comma, cod. civ. (non costituente donazione in senso stretto e perciò non soggetta alla forma propria di questa), sussistendo tale ipotesi quando la elargizione si uniformi, anche sotto il profilo della proporzionalità alle condizioni economiche dell'autore dell'atto, agli usi e costumi propri di una determinata occasione. Peraltro in un caso isolato la Cassazione ha sostenuto che un'elargizione di gioielli fatta allo scopo di consentire la prosecuzione di una convivenza, non é assimilabile alla liberalità d'uso ed ha pertanto, nella specie, di conseguenza obbligato la donna alla restituzione del donato. POSSESSO L'azione di reintegrazione nelle possibili forme di spoglio possessorio Corte Appello de L'Aquila, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 1020 - Rassegna di giurisprudenza (Lex24) Possesso - Privazione anche parziale - Facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa - Restringimento o riduzione - Integrazione obiettiva dello spoglio - Servitù di passaggio - Configurabilità - Fattispecie. (Cc, artt. 1051 e 1168) La privazione anche solo parziale del possesso, la quale può manifestarsi con un atto che restringa o riduca le facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa, oppure diminuisca o renda meno comodo l'esercizio del possesso, è idonea ad integrare obiettivamente lo spoglio. In particolare le lavorazioni eseguite su una 22 strada sulla quale grava una servitù di passaggio con mezzi meccanici, se impediscono od ostacolano il transito di questi mezzi, integrano uno spoglio e non una turbativa della servitù. Allo stesso modo si configura lo spoglio della servitù di passaggio ogni qualvolta il terzo opera (come nella specie) una riduzione dell'ampiezza del passaggio medesimo, tale che questo non possa essere più esercitato nel modo e con i mezzi attraverso i quali era in precedenza esercitato, poiché qualsiasi restringimento del sedimento stradale, se attuato contro la volontà espressa o presunta del possessore del fondo dominante, costituisce una illegittima modifica del precedente stato di fatto che integra gli estremi dello spoglio. Quanto alla violenza, quale presupposto dell'azione di spoglio, la configurabilità della medesima implica che lo spoglio venga commesso con atti arbitrari, i quali contro la volontà espressa o tacita del possessore tolgano a questo il possesso o gliene impediscano l'esercizio, con la consapevolezza, da parte di chi commette lo spoglio, di agire al fine di privare il possessore della cosa posseduta. L'animus spoliandi, invece, può ritenersi sussistente ogni qualvolta vi sia coscienza e volontà dell'autore di compiere l'atto materiale nel quale si sostanzia lo spoglio indipendentemente dalla convinzione dell'agente di operare secondo diritto. Rilevato quanto innanzi, nella fattispecie concreta la configurabilità dell'azione di spoglio posta in essere dal convenuto, per avere il medesimo apposto dei picchetti in ferro sulla strada oggetto della servitù di passaggio dell'attore, in tal modo riducendone l'ampiezza, non viene meno a causa dell'accertata presenza dell'attore al momento del posizionamento dei picchetti, in quanto egli nell'occasione a ciò fermamente si opponeva. Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 1020 Possesso - Azione di reintegrazione - Legittimazione del custode quale detentore qualificato del bene Obblighi del custode. (Cc, artt. 65, 67 e 560) In merito all'azione di reintegrazione nel possesso, il custode giudiziario è da ritenersi un detentore qualificato in quanto, ai sensi degli artt. 65 e 67 c.p.c., egli è gravato dall'obbligo di conservare la res affidatagli usando la diligenza del buon padre di famiglia e di rendere il conto ai sensi dell'art. 560 c.p.c. Ne consegue che il custode ha l'obbligo di recuperare il possesso della cosa ed ha la legittimazione attiva nell'azione di spoglio anche nel proprio interesse non solo perché potrebbe chiedere un compenso ma anche perché, ove anche debitore esecutato, può salvaguardare i propri interessi seguendo lo svolgimento del processo esecutivo. Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza 5 ottobre 2011, n. 988 Giudizio di merito possessorio - Cognizione piena - Oggetto - Presupposti di fatto e di diritto per l'applicazione della invocata tutela possessoria - Titolarità da parte del ricorrente del cd. ius possessionis Alterazione del precedente stato di fatto - Imputabilità al resistente-convenuto dei fatti denunciati Accertamento - Fattispecie. Il giudizio di merito possessorio, solo eventuale in seguito alla novella dell'art. 703 c.p.c., quale fase a cognizione piena, successiva a quella interdittale a cognizione sommaria, conclusasi con una ordinanza reclamabile di accoglimento o di rigetto del ricorso iniziale, è destinato a chiudersi con una sentenza soggetta ai normali mezzi di impugnazione. Tale giudizio, in particolare, è volto ad accertare la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l'applicazione della invocata tutela possessoria, nonché la titolarità da parte del ricorrente del cd. ius possessionis, e dunque di un potere di fatto corrispondente all'esercizio di un diritto reale, ovverosia di una detenzione qualificata, nonché l'avvenuta alterazione del precedente stato di fatto ed infine la imputabilità al resistente-convenuto dei fatti denunciati. Nella specie il ricorrente agisce, ex art. 1168, comma secondo, c.c. assumendo di essere, al momento dell'affermata lesione possessoria, legittimo detentore del bene oggetto di spoglio in base ad un contratto di locazione tra le parti pacificamente concluso, mentre il convenuto, pur non contestando di aver preso possesso dell'immobile con le modalità contestate, eccepisce la insussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi del lamentato spoglio, assumendo la intervenuta risoluzione di diritto del contratto. Le risultanze istruttorie consentono di concludere per la fondatezza delle domande, anche perché è tutelabile ex art. 1168 c.c. anche lo spoglio del locatore che, sostenendo l'intervenuta risoluzione di diritto del contratto, si faccia ragione da sé impossessandosi dell'immobile locato, senza prima essersi munito di un valido titolo esecutivo di sfratto. Tribunale di Bologna, Sezione 2 Civile, Sentenza 26 settembre 2011, n. 2680 Possesso - Azioni a difesa del possesso - Reintegrazione da spoglio - Atto di spoglio - Animus spoliandi - In genere - Azioni a difesa del possesso - Reintegrazione - Atto di spoglio - "Animus spoliandi" - Ignoranza o impossibilità di conoscenza dell'altrui possesso - Configurabilità dell' "animus" - Esclusione - Fondamento. 23 Al fine della ricorrenza di un atto di spoglio denunciabile con azione di reintegrazione, l'"animus spoliandi" postula la consapevolezza dell'autore di acquisire la cosa contro la volontà espressa o tacita del possessore; detto requisito soggettivo, pertanto, deve essere escluso qualora risulti che, al momento della materiale apprensione del bene, l'autore dello spoglio non conosceva e non era in grado di conoscere l'altrui possesso, o di acquisire la cosa contro la volontà espressa o tacita del possessore. Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 25 luglio 2011, n. 16236 Possesso - Azioni a difesa del possesso - Reintegrazione da spoglio - Termine utile - Osservanza Determinazione - Deposito del ricorso - Riferimento esclusivo - Necessità - Conseguenze in caso di cancellazione della causa dal ruolo e successiva riassunzione. Il termine annuale, previsto a pena di decadenza dall'art. 1168 cod. civ. per la proposizione dell'azione di reintegrazione nel possesso, va determinato con riferimento alla data di deposito del ricorso, che individua con certezza la reazione all'atto illecito; ne consegue che, ove l'originario giudizio sia stato cancellato dal ruolo e poi riassunto, è alla data di deposito del primo ricorso che occorre fare riferimento, poiché il giudizio è prorogato a seguito della riassunzione. Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 20 luglio 2011, n. 15971 Possesso - Spoglio violento e clandestino - Tutela del possesso - Azione di reintegrazione - Termini dell'azione - Esercizio dell'azione entro un anno dal sofferto spoglio - Clandestinità dello spoglio e decorrenza del termine dalla scoperta dell'atto violatore del possesso. L'esercizio dell'azione di reintegrazione è subordinate al rispetto del termine di decadenza di un anno, decorrente dal momento del sofferto spoglio ovvero dalla sua scoperta nel caso in cui si sia verificato all'insaputa del possessore, in maniera clandestina. La tempestività dell'azione deve essere provata dall'attore ma solo nel caso in cui sia posta in discussione dal convenuto con l'eccezione di decadenza da proporsi secondo le regole del rito civile. Qualora lo spoglio sia stato clandestino, difatti, colui che agisce in possessoria ha l'onere di provare la tempestività dell'azione dimostrando solamente la clandestinità dell'atto violatore del possesso e la data della scoperta di esso iniziando a decorrere, il termine annuale, dal momento in cui cessa la clandestinità e lo spossessato viene a conoscenza dell'illecito ovvero sia in condizione di averne conoscenza con l'uso della normale diligenza. Il convenuto, dal canto suo, ha l'onere di dimostrare la tardività dell'zione; in mancanza essa deve ritenersi tempestiva. Tribunale di Bari, Sezione 2 Civile, Sentenza 5 luglio 2011, n. 2383 Azione di reintegrazione nel possesso - Possesso - Interdizione del transito - Spoglio - Azione di reintegrazione - Onere probatorio - Concetto di tolleranza atta ad escludere il possesso altrui E' fondata e meritevole di accoglimento la domanda di reintegrazione nel possesso proposta in relazione all'interdizione del transito opposto dalla convenuta, quale proprietaria del terreno su cui si trovi la strada oggetto di servitù, allorquando la chiusura del fondo sia esercitata con modalità tali da ostruire l'ingresso ed il transito a chi vi eserciti un possesso corrispondente ad una servitù di passaggio. In tal caso la chiusura operata con l'apposizione di ostacoli atti ad impedire il transito, costituisce uno spoglio del possesso. In materia possessoria è onere del ricorrente provare l'esistenza del possesso nonché di una condotta qualificabile come molestia o spoglio; al resistente incombe l'onere di provare che l'esercizio del potere da parte del primo avvenga per mera tolleranza intesa quale fatto impeditivo del sorgere del possesso altrui. La tolleranza si caratterizza per l'accondiscenza del dominus del fondo al godimento altrui; essa è connessa ai rapporti di vicinato, di parentela, di amicizia, di cortesia o di opportunità e si connota dalla consapevolezza di costoro circa l'eventualità del sopravvenire di un legittimo divieto di utilizzo. Tribunale di Perugia, Sezione 2 Civile, Sentenza 22 marzo 2011, n. 402 Possesso - Azioni a difesa del possesso - Azioni possessorie - Giudizio possessorio e petitorio (rapporto) Divieto di cumulo - In genere - Spoglio del possesso di servitù di passaggio - Ordine del giudice di ripristino dello stato dei luoghi - Necessità - Contemporanea pendenza di giudizio petitorio sulla sussistenza del diritto di servitù - Irrilevanza. Allorché il giudice, accogliendo un ricorso possessorio, ordini allo spogliante di reintegrare lo spogliato nel possesso di una servitù di passaggio, coessenziale al provvedimento in questione è l'ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, se la modifica di essi ha reso impossibile l'esercizio del possesso della servitù, 24 non ostando a tale pronuncia il divieto posto dall'art. 705 cod. proc. civ., che concerne il convenuto, e a nulla rilevando che l'accertamento della sussistenza del diritto di servitù formi oggetto di un separato giudizio petitorio. Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 27 gennaio 2011, n. 1896 25