1 Edizione n. 39, dal 8 al 14 novembre 2011 A CURA DI

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1 Edizione n. 39, dal 8 al 14 novembre 2011 A CURA DI
Edizione n. 39, dal 8 al 14 novembre 2011
SOMMARIO
A CURA DI GUIDA AL DIRITTO
In questo numero
MAGISTRATURA ONORARIA
Meritocrazia e controllo stabile della professionalità così si arriva a una buona riforma dei giudici di
pace
di Maurizio de Tilla - Presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura
Primo piano
LEGGE DI STABILITA'
In "Gazzetta" la legge di Stabilità, interventi su Giustizia e professioni
Francesco Machina Grifeo e Patrizia Maciocchi con la "mappa" di Edoardo Racca (Guida al Diritto)
Sentenze del giorno
VIOLENZA SESSUALE
Violenza sessuale per l’allenatore di una squadra di calcio di minori indotti ad atti di autoerotismo
Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 14 novembre 2011 n. 41412
PROCEDIMENTO CIVILE
Impossibile integrare il ricorso in Cassazione con un nuovo atto che riporta i quesiti di diritto
mancanti
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23757
ASSEGNO DI DIVORZIO
L’assegno divorzile sopravvive anche ad una ricca eredità
Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23776
LAVORO
Atti di inquadramento impugnabili entro termini perentori
Consiglio di Stato - Sezione V - Decisione 2 novembre 2011 n. 5848
SANITA'
Le contestazioni sulle prestazioni specialistiche spettano al giudice amministrativo
Consiglio di Stato - Sezione III - Decisione 31 ottobre 2011 n. 5823
A CURA DI LEX24
FRODE INFORMATICA
Phishing, la banca deve adottare i migliori sistemi di sicurezza tecnologici
Palmigiano Alessandro , Guttuso Rosa, Lex24 - Il Merito 10 novembre 2011
FAVOREGGIAMENTO PERSONALE
Niente favoreggiamento sul lavoro
Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi 7 novembre 2011 - Pagina 46
PROCEDIMENTI SPECIALI
Procedimento disciplinare e conflitto d'interessi
a cura di Summa Donatella, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Lex24) - Numero 5 del
01/11/2011, pag. 47
IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Espulsioni senza retroattività
1
Negri Giovanni, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi 8 novembre 2011 - Pagina 39
GLI APPROFONDIMENTI DI LEX24
CIRCOLAZIONE STRADALE
Valide le multe con il telelaser
Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, 9 novembre 2011 - Pagina 39
RESPONSABILITÀ PENALE
Punibilità dell'agente provocatore che supera i limiti nelle operazioni sotto copertura
Nicola Corea, avvocato - (LEX24) 10 novembre 2011
FAMIGLIA
Convivenza more uxorio - Rapporti patrimoniali, diritti successori e donazioni
Tratto da Famiglia e minori, percorso operativo di LEX24 a cura di Galluzzo Sabina Anna Rita
POSSESSO
L'azione di reintegrazione nelle possibili forme di spoglio possessorio
Corte Appello de L'Aquila, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 1020 - Rassegna di giurisprudenza (Lex24)
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MAGISTRATURA ONORARIA
Meritocrazia e controllo stabile della professionalità
così si arriva a una buona riforma dei giudici di pace
DI
MAURIZIO DE TILLA - Presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura
I
l migliore inquadramento del giudice laico non
professione al servizio dello Stato nella veste di giudisignifica abbandono dell’idea più convincente
ce di pace o di vice procuratore onorario con doveri e
che i problemi della giustizia si possono risolvediritti tassativamente delineati.
re solo con la produttività e l’eventuale incremento
Nella proposta di legge i giudici onorari di tribunadella magistratura togata, uno dei due pilastri su cui
le verrebbero assorbiti gradualmente nei giudici di
si basa la giurisdizione. L’altro pilastro è costituito
pace con contestuale allargamento della competendall’Avvocatura che attende un’urgente riforma del
za giurisdizionale attribuita a questi ultimi.
proprio ordinamento. Risorse economiche ed effiIn questa ottica l’ufficio del giudice di pace potrebcienza dell’organizzazione sono ulteriori obiettivi esbe diventare una “sezione specializzata del tribunasenziali che bisogna perseguire per il miglioramento
le” e il giudice di pace stesso una sorta di “superdell’apparato giudiziario. Di tutto ciò, e non solo (criGot” con maggiore flessibilità di impiego.
si economica, geografia giudiziaria, mediaconciliaPer i vice pretori onorari, invece, si potrebbe ipotizzione obbligatoria, decalozare la possibilità di applicago Oua, patto per la giustizione anche per le attività
zia e per i cittadini), si parledi ufficio nei limiti dell’atrà approfonditamente nel
iforma della giustizia civile e penale: il ruolo essenziale tuale competenza e la possicorso della VII Conferenza
dell’Avvocatura». Questo il titolo della VII Conferenza bilità, per quelli in servizio
nazionale dell’avvocatura nazionale dell’Avvocatura che si terrà a Roma il 25 e il 26 da almeno un quadriennio,
in programma a Roma il novembre prossimi presso l’Hotel Cavalieri Waldorf & Resor- di essere impiegati anche
prossimo 25 e 26 novem- ts. Fitta l’agenda delle due giornate: dalle liberalizzazioni alla per le udienze celebrate dabre.
riforma delle professioni, dal patto per la giustizia al nuovo vanti al tribunale collegiale.
In questo contesto di pro- processo di famiglia. In attesa di questo importante momento
La soluzione prospettata
poste dell’avvocatura si in- di confronto, il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, analizza i avrebbe il pregio di consenseriscono i quattro disegni testi all’esame del Parlamento sul riordino della materia relati- tire una radicale riorganizzadi legge presentati dai sena- va ai giudici di pace, mettendo in evidenza pregi e caratteristi- zione dell’ufficio del pubblitori Valentino (n. 2080), Ma- che dei vari provvedimenti.
co ministero con l’introduritati (n. 897), Berselli-Muzione degli avvocati dell’acgnai (n. 2359) e Peretti-Percusa, destinati a svolgere la
duca (n. 127).
propria attività professionale esclusivamente al serviIl progetto Valentino (ampio e articolato) prevede
zio della procura della Repubblica.
una disciplina organica della magistratura onoraria,
Per quanto concerne il profilo retributivo-funzioche si è ispirata ai risultati conseguiti dalla Commisnale la proposta Valentino indica quelli che sono i
sione istituita presso il Consiglio dell’ordine degli avdiritti e i doveri del professionista chiamato a svolgevocati di Roma.
re le funzioni giudiziarie onorarie: obbligo di garantiIl testo Valentino è finalizzato a valorizzare e ottire la presenza in ufficio o in udienza per un determimizzare l’impiego professionale dei magistrati onoranato numero di giorni con il riconoscimento conteri con il pieno riconoscimento della natura professiostuale di una indennità fissa previdenziale omogenale dell’attività lavorativa, la fisiologica possibilità
nea per tutte le figure di magistrato onorario: dundi impiego ottimale della “forza-lavoro” attualmente
que, indennità elargibile anche in periodi di materniin servizio e il contestuale impatto positivo sull’abtà o di malattia; attribuzione di un’indennità variabibattimento dell’arretrato giudiziario.
le in ragione della quantità e qualità del lavoro effettiIl magistrato onorario, secondo il disegno di legge
vamente svolto; eventuale regime di incompatibilità
Valentino, è un avvocato specializzato che esercita la
distrettuale con l’esercizio della professione; previsio-
Il tema della settimana
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ne di un obbligo di formazione continua e infine
ce di pace rimarrebbero, seppure trasformati, in sedi
attribuzione di una quota fissa di posti riservati nel
decentrate del tribunale in cui può essere trattata
concorso in magistratura e non diversamente asseunicamente una parte del contenzioso dell’ufficio di
gnabili.
primo grado. Per effetto dell’introduzione dell’ufficio
Per quanto attiene, poi, alla previdenza l’elenco
unico di primo grado, le attività e l’utilizzazione di
speciale comporterebbe l’iscrizione automatica alla
tutti i magistrati, ordinari e onorari, divengono, anCassa forense di tutti i magistrati onorari e la possibiche come sede, tabellari o comunque oggetto dei
lità di una disciplina del trattamento previdenziale
provvedimenti di organizzazione che tengono conto
uniforme per tutta la categoria.
dell’esigenza della conservazione della giustizia di
Di segno parzialmente diverso è il progetto Maritapace prevista dall’articolo 106 della Costituzione,
ti che si muove lungo tre direttrici.
concorrendo in questo modo a ottimizzare le prestaLa prima consiste nella creazione di uno status
zioni potendo ciascuno essere addetto a più sedi in
unitario dei magistrati onorari accentuandone la prorelazione alle concrete necessità. Al tempo stesso la
fessionalità mediante un sistema di selezione e agdimensione circondariale, che viene a costituire la
giornamento professionale permadimensione minima di ciascun uffinente, unito a un rigoroso sistema
cio, consente di meglio far fronte
di valutazione dell’attività svolta, alalle concrete esigenze anche ammiPer i vice pretori onorari
la previsione di limiti alla rinnovabinistrative e di personale di ogni resi potrebbe ipotizzare
lità dell’incarico, all’introduzione
altà distaccata o decentrata, essenl’applicazione
di un sistema complesso di incomdo emerso che la capacità di garananche per le attività di ufficio tire standard di definizione elevati
patibilità e a una valutazione quanei limiti dell’attuale
driennale che può concludersi ogni
è sempre connessa, anche per la
volta con l’esonero del magistrato
specializzazione interna che concompetenza e la possibilità,
onorario che abbia tenuto un comsente, a dimensioni medio grandi
per quelli in servizio
portamento o svolto la sua attività
degli uffici stessi.
da almeno quattro anni,
in modo non adeguato, oltre che alLa terza consiste nell’individuadi essere impiegati
la compiuta individuazione dei prozione di una organizzazione in graper le udienze celebrate
cedimenti che possono essere svoldo di aggredire l’arretrato formatoal tribunale collegiale
ti dalla magistratura onoraria e delsi negli uffici giudiziari sia nel setle attività processuali e di indagine
tore civile che in quello penale, utiche il procuratore della Repubblica
lizzando nella definizione di tale
può delegare ai sensi del decreto legislativo 20 febbracontenzioso anche la magistratura onoraria sulla baio 2006 n. 106. Al completamento e alla compiuta
se di progetti di definizione che tengano conto andefinizione dello status costituisce un corollario neche della tipologia di contenzioso cui gli stessi possocessario la definizione di un sistema disciplinare
no essere addetti, introducendoli nell’organizzaziocompleto che sia in grado da un lato di individuare le
ne delle sezioni e coinvolgendoli nelle riunioni di
ipotesi di illecito disciplinare, le sanzioni applicabili
coordinamento e di verifica degli orientamenti giurie il procedimento di accertamento della responsabilisprudenziali cui attendono i presidenti di sezione
tà e di adozione dei relativi procedimenti, e dall’altro
negli uffici giudicanti e i procuratori aggiunti in queldi assicurare la reale partecipazione dell’incolpato e
li requirenti.
il diritto di difesa.
Di limitata portata è il disegno di legge Peretti e
La seconda consiste nella creazione del tribunale
Perduca che prevede solo l’aumento del valore fino a
ordinario come unica autorità giudiziaria di primo
16.000 della competenza generale del giudice di pagrado, all’interno del quale vengono assorbite le comce. Si aggiunge la previsione legislativa che davanti al
petenze attualmente attribuite agli uffici del giudice
giudice di pace le parti possono stare in giudizio perdi pace. Tale soluzione consente di evitare la duplicasonalmente (norma da cui mi sento di dissentire).
zione di uffici in circa 400 realtà - nelle città sede di
I più ampi progetti di legge Valentino e Maritati circondario e nelle città in cui hanno sede sezioni
all’esame della commissione Giustizia del Senato distaccate del tribunale verrebbe a esistere un’unica
hanno alcune analogie ma si ispirano a diverse imstruttura direttiva - mentre i restanti uffici del giudipostazioni che non è facile conciliare. Una cosa è
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comunque certa: lo strumento legislativo della legdalla “professione di provenienza”, abbiano già acquige delega ci sembra quello che può garantire i misito esperienza giudiziaria con precedenti incarichi,
gliori risultati. In tal senso va accolto con favore il
nella consapevolezza (peraltro valida anche per gli
disegno di legge n. 2359 d’iniziativa dei senatori Beravvocati) che eventuali carenze possano essere verifiselli e Mugnai che prevede la delega al Governo
cate periodicamente in sede di “valutazione della profissando principi e criteri direttivi (da ampliare e
fessionalità”.
modificare) cui si dovranno attenere i decreti legislaUna buona riforma non può prescindere dalla pretivi da emanare.
visione di un controllo costante della professionalità
Tra i principi e criteri direttivi è anzitutto prevista la
dei giudici laici che possa essere assicurata con valucreazione di uno status unitario dei magistrati onorari
tazioni periodiche. Il procedimento disciplinare va,
(proposta analoga al progetto Maritati) tale da assorbipoi, ancorato in tutto e per tutto al procedimento
re i giudici onorari di tribunale nei giudici di pace (che
previsto per i magistrati togati.
preferiamo chiamare giudici laici, comprendendo anSotto il profilo deontologico appare inoltre necessache got e vice procuratori onorari), con un’adeguata
rio dare maggiore rilevanza ai Consigli dell’Ordine
remunerazione che comprenda la
forense. Bisogna, altresì, evitare
parte previdenziale. Ottima è l’istituqualsiasi commistione di esercizio
zione di un autonomo organo di audi professione e di espletamento di
Bisogna prendere
togoverno per la magistratura laica
attività giurisdizionale che, anche
doverosamente atto
con poteri disciplinari.
che la seconda commissione sotto l’apparente espletamento in
Nei principi direttivi potrà prendifferenti distretti giudiziari (spesdel Senato
dersi in considerazione il progetto
so vicini), creano non poco imbaha cercato di procedere
Oua che prevede forte selezione
razzo tra gli addetti ai lavori e non
nell’accesso, intenso e prolungato
contribuiscono certo alla limpidezcon celerità all’esame
tirocinio e rigorose incompatibiliza della figura del magistrato laico
dei progetti di legge
tà, che - esse sole - possono accomrispetto alla collettività dei fruitori
anche se in questi giorni
pagnare l’aumento e l’estensione
del servizio giustizia.
convulsi è difficile parlare
delle competenze per materia e per
Inoltre, ben possono essere affidi giustizia
valore.
date, nella prima fase processuale,
in modo costruttivo
L’obiettivo complessivo è indivifunzioni di mediaconciliazione ai
duare una componente laica che,
giudici laici, senza costi aggiuntivi
con nomine e conferme affidate a
per i cittadini e senza ritardi nell’accriteri meritocratici, possa svolgere la stessa funziocesso alla giustizia.
ne dei giudici per determinate materie. La meritocraIn conclusione, bisogna prendere doverosamente
zia si può perseguire solo prevedendo un accesso
atto che la commissione Giustizia del Senato ha cerselettivo, anche con esami di ingresso. Entrato nella
cato di procedere con celerità all’esame dei progetti
magistratura laica il giudice deve essere adeguatadi legge sulla magistratura onoraria e anche se in
mente retribuito e deve essere a lui garantita una
questi giorni convulsi è difficile parlare di giustizia in
tutela previdenziale e assistenziale.
modo costruttivo, avanzando proposte con una seria
Per garantire la qualità del lavoro dei giudici laici
prospettiva di fattibilità e di cambiamento della macl’accesso all’esame-concorso dovrebbe essere limitachina giudiziaria nel segno della modernizzazione,
to agli addetti ai lavori: avvocato iscritto all’ordine da
dell’efficienza e dell’efficacia, il nostro augurio e che
non meno di sei anni o che abbia svolto funzioni di
si giunga nei tempi rapidi a intervenire in un settore
giudice onorario per pari periodo.
vitale anche per lo smaltimento dell’arretrato delle
La scelta di valorizzare la professionalità rinvenienpendenze giudiziarie, come la riforma della magistrate dall’espletamento della professione forense è chiatura laica. Questo è un banco di prova per tutti, magn
ramente diretta a evitare che si ritrovino a giudicare o
gioranza e opposizione.
a svolgere attività requirente neolaureati in giurispruPer saperne di più:
denza che non abbiano mai avuto effettiva e concreta
contezza dell’attività giudiziaria. Naturalmente, si fa
www.oua.it
salva la posizione di coloro che, indipendentemente
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A CURA DI GUIDA AL DIRITTO
LEGGE DI STABILITÀ
In "Gazzetta" la legge di Stabilità, interventi su Giustizia e professioni
Francesco Machina Grifeo e Patrizia Maciocchi con la "mappa" di Edoardo Racca (Guida al Diritto) 14
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Le norme in materia di Giustizia
di Edoardo Racca
Articolo 10 - Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti
L’articolo 10 dispone la delegificazione degli ordinamenti professionali da realizzarsi in base a principi di
liberalizzazione. Disciplina l’esercizio delle professioni in forma societaria e abroga la precedente disciplina
delle associazioni professionali.
Articolo 25 - Impiego della posta elettronica certificata nel processo civile
L’articolo 25 reca una serie di disposizioni in tema di impiego della posta elettronica certificata nel processo
civile.
In particolare il comma 1, lettera a), modifica il primo comma dell'articolo 125 del codice di procedura civile
sostituendo la previsione relativa alla necessità che il difensore indichi, negli atti ivi richiamati, il proprio
indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax con la previsione per cui dallo stesso dovrà
essere indicato il solo indirizzo di posta certificata comunicato al proprio ordine.
Le successive lettere b) e c) abrogano il terzo comma dell'articolo 133 e il terzo comma dell'articolo 134 del
codice di procedura civile, relativi alla comunicazione delle ordinanze e delle sentenze.
La lettera d) interviene sull'articolo 136 del codice di procedura civile sostituendo il secondo e il terzo comma
del medesimo e abrogando il quarto comma. Tali modifiche sono volte ad attribuire carattere prioritario al
ricorso alla posta certificata per tutte le comunicazioni che avvengono nel processo, prevedendo solo in via
subordinata e residuale il ricorso all'uso del telefax o alla notifica per mezzo dell'ufficiale giudiziario.
Le lettere e), f) e g) intervengono rispettivamente sugli articoli 170, 176 e 183 del codice di procedura civile
effettuando alcune abrogazioni dettate prevalentemente da esigenze di coordinamento.
La lettera i) modifica l'articolo 366 del codice di procedura civile con la finalità di favorire il ricorso alla posta
elettronica certificata anche nell'ambito del processo davanti alla Corte di cassazione.
La lettera l) modifica l'articolo 518 del codice di procedura civile relativo alla forma del pignoramento
attribuendo, ai fini della trasmissione del processo verbale del pignoramento, carattere prioritario all'uso della
posta certificata.
Il comma 2, sulle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, modifica in particolare gli articoli
173-bis e 173-quinquies, relativi alla procedura di espropriazione immobiliare, con la finalità anche in questo
caso di attribuire carattere prioritario all'uso della posta certificata.
Il comma 3 interviene invece sulla legge n. 53 del 1994 che disciplina la facoltà di notificazioni di atti civili,
amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali, modificando gli articoli 1, 3, 4 e 5 della
stessa legge 53, con l'intento di favorire il ricorso alla posta elettronica certificata.
Il comma 4 introduce una sanzione in caso di mancato rispetto dell’obbligo a carico degli ordini e dei
collegi professionali di pubblicare in via riservata e di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati
identificativi degli iscritti e i relativi indirizzi di posta elettronica certificata.
Infine il comma 5 stabilisce che le disposizioni introdotte dal presente articolo entrano in vigore decorsi trenta
giorni dal 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della presente legge di stabilità.
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Articolo 26 - Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte
di cassazione e alle corti di appello
L’articolo 26 dispone – in mancanza di un manifestato interesse delle parti alla prosecuzione del
procedimento – l’estinzione dei procedimenti civili davanti:
· alla Corte di Cassazione, qualora riguardino ricorsi avverso le sentenze pubblicate prima della data di
entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 (4 luglio 2009);
· alle Corti d’appello, qualora pendenti da più di due anni alla data di entrata in vigore della legge in esame.
Articolo 27 - Modifiche al codice di procedura civile per l’accelerazione del contenzioso civile
pendente in grado di appello
L’articolo 27 novella il codice di rito civile con lo specifico obiettivo di accelerare lo svolgimento dei
procedimenti di appello.
La lettera a) del comma 1 dell’articolo 27 interviene sull'articolo 283 del codice di procedura civile, il quale
prevede che il giudice dell'appello, su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella
incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una
delle parti, sospenda in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o
senza cauzione. In particolare, la lettera a) aggiunge un nuovo comma all'articolo 283 del codice di
procedura civile con cui viene stabilito che, se la predetta istanza è inammissibile o manifestamente
infondata, il giudice con ordinanza non impugnabile può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena
pecuniaria non inferiore a 250 euro e non superiore a 10.000 euro. L'ordinanza è revocabile con la sentenza
che definisce il giudizio.
La successiva lettera b) modifica l’articolo 350 del codice di procedura civile, prevedendo – ferma restando
la regola generale della trattazione collegiale della causa – che il presidente del collegio possa delegare uno
dei componenti del collegio per l’assunzione dei mezzi istruttori.
La lettera c) interviene invece sull'articolo 351 del codice di procedura civile che, al primo comma, dispone
che sull'istanza prevista dall'articolo 283 volta ad ottenere la sospensione della provvisoria esecutività della
sentenza di primo grado il giudice dell'appello provveda con ordinanza nella prima udienza. In particolare, la
lettera c) esclude l'impugnabilità di tale ordinanza e aggiunge un ulteriore comma all'articolo in questione con
il quale si stabilisce che, nella prima udienza, il giudice dell'appello se ritiene la causa matura per la
decisione può provvedere ai sensi dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile. Se per la decisione
sull'istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado è già stata fissata
l'udienza, il giudice dell'appello fissa un'apposita udienza nel rispetto dei termini a comparire.
La lettera d) modifica quindi l’articolo 352 del codice di procedura civile, estendendo espressamente al
giudizio di appello la possibilità che la causa venga decisa – oltre che secondo il tradizionale modello della
decisione che segue lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica – anche secondo il
modello disciplinato dall’articolo 281-sexies (che prevede la lettura contestuale in udienza del dispositivo e
della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione).
La lettera e) interviene sull'articolo 431 del codice di procedura civile con riferimento alla disciplina
dell'esecutorietà della sentenza di primo grado nel processo del lavoro. In particolare, la lettera e) - in
correlazione con l'intervento effettuato dalla lettera a) sull'articolo 283 del medesimo codice di procedura
civile - aggiunge un nuovo comma all'articolo 431 con cui si stabilisce che, se le istanze volte ad ottenere la
sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado (previste rispettivamente dal terzo e dal sesto
comma dell'articolo 431) sono inammissibili o manifestamente infondate, il giudice con ordinanza non
impugnabile può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore a 250 euro e
non superiore a 10.000 euro. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
La lettera f) interviene invece sull'articolo 445-bis del codice di procedura civile stabilendo che la sentenza
pronunciata all'esito del conseguente giudizio è inappellabile.
Infine il comma 2 stabilisce che le disposizioni introdotte dal presente articolo entrano in vigore decorsi trenta
giorni dal 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della legge di stabilità 2012.
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Articolo 28 - Modifiche in materia di spese di giustizia
L’articolo 28 modifica la disciplina del contributo unificato contenuta nel testo unico delle spese di giustizia di
cui al DPR n. 115 del 2002), prevedendo l’aumento di alcuni degli importi dovuti.
In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull'articolo 13 del citato testo unico aumentando del 50
per cento il contributo unificato nei giudizi di impugnazione e raddoppiandolo nei processi davanti alla Corte
di Cassazione.
La lettera b) sostituisce il comma 3 dell’articolo 14 del testo unico. Il nuovo comma 3 stabilisce che la parte
di cui al comma 1 del medesimo articolo 14, quando modifica la domanda o propone domanda
riconvenzionale o formula chiamata in causa, cui consegue l'aumento del valore della causa, è tenuta a
farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento integrativo. Le altre parti, quando
modificano la domanda o propongono domanda riconvenzionale o svolgono intervento autonomo, sono
tenute a farne espressa dichiarazione e a procedere al pagamento di un autonomo contributo unificato
determinato in base al valore della domanda proposta.
Il comma 2 dell'articolo 28 stabilisce che il maggior gettito derivante dalle modifiche in questione sarà
versato all'entrata del bilancio dello Stato con separata contabilizzazione per essere riassegnato con decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze allo stato di previsione del Ministero della giustizia per assicurare il
funzionamento degli uffici giudiziari, con particolare riferimento ai servizi informatici e con esclusione delle
spese di personale. Nei rapporti finanziari con le autonomie speciali il maggior gettito costituisce riserva
all'erario per un periodo di cinque anni.
Infine il comma 3 stabilisce che la disposizione di cui alla lettera a) del comma 1 si applica anche alle
controversie pendenti nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non
sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente al 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della
presente legge di stabilità.
Oggi in "Gazzetta" la legge di Stabilità, interventi su Giustizia e professioni
Roma, 11 novembre 2011 - Via libera al Ddl stabilità da parte dell'Aula di Palazzo Madama che passa alla
Camera per l'ok definitivo che dovrebbe arrivare nella giornata di domani. Il provvedimento è stato approvato
con 156 voti favorevoli, 12 contrari e un astenuto. I voti a favore sono di Pdl, Lega e Coesione nazionale,
mentre i contrari sono, come annunciato, i senatori Idv. Pd e Terzo polo non hanno partecipato alle
votazioni. L'astenuto è il senatore Paolo Tancredi (Pdl), che precisa di aver fatto un errore. Beppe Pisanu
invece dichiara di aver votato favorevolmente ma che la propria scheda non ha funzionato, mentre Diana De
Feo ha fatto sapere che era in Aula ma non ha fatto in tempo a votare. I lavori dell'Aula sono sospesi per
consentire al Cdm di approvare la nota di variazione al bilancio e riprenderanno alle 14,30 per il via libera
definitivo al ddl bilancio.
Misure anti-crisi, nella legge di stabilità interventi su Giustizia e professioni
Roma, 10 novembre 2011 - Tempi record per la sessione di bilancio. Entro sabato la legge di stabilità ed il
maxi-emendamento, depositato ieri personalmente dal ministro dell’Economia, diventeranno legge. Incalzati
dal crollo dei mercati e dalla ennesima impennata dello spread fra i titoli di Stato italiani e tedeschi,
maggioranza e opposizione sono arrivati ad una intesa bipartisan per chiudere in tempi rapidissimi in
Parlamento sulla legge di Stabilità con le modifiche richieste dall’Ue.
Così i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, sono stati in grado di annunciare
già per domani mattina il via libera del Senato e per sabato mattina quello definitivo della Camera. Intanto
dopo il nuovo accordo, per sgombrare il passo ai lavori in Aula, maggioranza e opposizione hanno ritirato
quasi tutti gli emendamenti proposti. Sono entrati invece quelli del Governo, fra cui il maximenedamento
che raccoglie le misure anticrsi contenute nella lettera di intenti inviata all’Europa.
Fitto il capitolo sulla Giustizia e sulla riforma degli ordini professionali all’interno di un maxiemendamento che
per il resto non presenta particolari sorprese rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi. Così sul fronte
processuale, viene incentivato l’uso della posta elettronica certificata, ed aumenta del 100% il contributo
9
unificato nei giudizi in Cassazione e del 50% in Appello, una misura volta a scoraggiare il prosieguo del
contenzioso con l’obiettivo di ridurre l’arretrato. Nella stessa direzione si muove anche la previsione per cui i
procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi contro le pronunce
pubblicate prima dell'entrata in vigore della legge 69/2009, e quelli pendenti davanti alle corti di Appello da
oltre due anni prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità in discussione, potranno proseguire solo su
istanza di parte.
Sul fronte degli ordini professionali invece ci saranno 12 mesi dalla pubblicazione della legge per completare
la riforma. È ammessa la costituzione di società per l’esercizio dell’attività professionale anche con la
partecipazione di soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento.
Sparisce dunque la previsione dell’obbligo di minoranza per i non professionisti ed anche il divieto di
partecipare ad attività riservate ed agli organi di amministrazione della società. Da qui, più spazio per le
società di capitali che potranno divenire senza troppe limitazioni partner di professionisti iscritti ad albi.
Inoltre la società potrà essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali.
E ancora, le tariffe professionali cessano di essere il riferimento da prendere in considerazione per i
compensi del professionista. All’articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138,
convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, infatti sono soppresse le parole :
”prendendo come riferimento le tariffe professionali. E’ ammessa la pattuizione dei compensi anche in
deroga alle tariffe.”
Fra le modifiche al codice civile prevista anche la possibilità per le società con capitale sotto il milione di euro
di scegliere il sindaco unico, cade dunque l’obbligo del collegio di 3 o 5 componenti. Per Siciliotti, presidente
dei commercialisti: “Si distrugge un sistema che funziona”.
Le reazioni della categoria: misure insufficienti e sbagliate
di Patrizia Maciocchi
“Se questo è il massimo che il Governo poteva fare per l’avvocatura non è ancora sufficiente”. Non sono
mancate le reazioni degli avvocati sul maxiemendamento al Ddl stabilità. A dare il loro giudizio sull’operato
dell’Esecutivo il Consiglio nazionale forense e l’Organismo unitario dell’avvocatura, che si sono espressi per
sottolineare luci e ombre di interventi salutati in qualche caso come opportuni ma, più spesso, accolti con
ostilità.
Per il presidente del Cnf Guido Alpa va bene lo “stralciato” dal testo definitivo dell’anticipo dell’entrata in
vigore della mediazione anche per le materia finora escluse: condominio e risarcimento danni da
circolazione autoveicoli. Opportuno anche il mancato inserimento della disposizione, bollata come “contraria
a ogni principio di civiltà giuridica”, della motivazione lunga a “pagamento”.
Pollice verso invece per le spese di giustizia a partire da quelle che vengono definite “mine anti civiltà” come
le norme che dispongono l’aumento del contributo unificato per i processi di appello e Cassazione o che
introducono la multa fino a 10 mila euro in caso di rigetto della istanza di sospensione dell’esecutività della
sentenza di primo grado. Governo bocciato senza appello sul fronte degli ordini professionali con la
conferma dei soci di capitale che possono anche essere di maggioranza. Il Consiglio nazionale forense
spera ora in uno scatto di dignità del Parlamento che produca il ripensamento auspicato anche
dall’Organismo unitario dell’avvocatura.
Nel mirino del presidente Maurizio de Tilla finiscono i “regali ai poteri forti”: l’abolizione delle tariffe minime e
il via libera ai soci di capitale. Secondo de Tilla la liberalizzazione delle tariffe non renderà il Paese più
competitivo ma solo più precario il lavoro dei giovani, mentre l’ingresso dei soci di capitale apre la strada ai
conflitti di interesse e al rischio di “infiltrazioni malavitose”. Da iscrivere nella lista delle buone idee la
sostanziale abrogazione della legge Pinto e il ripensamento sull’utilizzo degli ausiliari per smaltire a “cottimo”
l’arretrato giudiziario.
Contraria all’ingresso dei soci di capitale anche la Cassa forense. “L’introduzione delle società di capitali è
un attentato all’autonomia e all’indipendenza dell’avvocato e mette a rischio l’equilibrio stesso del sistema
previdenziale, volto a garantire il diritto di tutte le generazioni a percepire i giusti trattamenti pensionistici”.
Bagnoli si unisce al coro profetizzando un danno per i cittadini e un vantaggio per le grandi società.
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“Piuttosto che liberalizzare il mercato professionale, nel quale operano già 230.000 avvocati (un numero che
non ha eguali in Europa) - continua il presidente della Cassa Forense - le norme sulle società di
professionisti mortificano il servizio giustizia, che da strumento di tutela del cittadino diventerà fonte di
business per gruppi industriali, finanziari e società off-shore. Il controllo giudiziario sull’attività degli
amministratori delle Spa, la presenza dei collegi sindacali e il deposito dei bilanci - aggiunge Bagnoli - sono
solo alcune delle dirette conseguenze della proposta legislativa. Una violazione sistematica dei principi
basilari della funzione costituzionale del ruolo dell’avvocato e una minaccia all’imprescindibile segretezza
dell’attività posta a garanzia del cittadino". Bagnoli riafferma il ruolo della cassa e dell’intera avvocatura di
garantire diritti e non di perseguire profitto. Per questo dice no al maxiemandamento.
Ecco le principali misure al vaglio del Parlamento
PENSIONI: E' confermato l'obiettivo di raggiungere un'età minima di pensionamento comunque non
inferiore a 67 anni al 2026.
CESSIONE IMMOBILI: I proventi netti derivanti dalle cessioni dei beni immobili pubblici sono destinati alla
riduzione del debito pubblico. Un primo decreto per l'individuazione degli immobili sarà emanato entro il 30
aprile 2012 e dovrà prevedere anche »una quota non inferiore al 20% delle carceri inutilizzate e delle
caserme assegnate in uso alle forze armate.
TAGLI EDITORIA: La riduzione dei contributi scende a 19,55 milioni di euro nel 2012, 16,25 milioni nel 2013
e 12,902 milioni nel 2014.
TERRENI AGRICOLI: entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge saranno individuati «i terreni a
vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato» per la cessione. Ad
occuparsi della cessione dei terreni agricoli sarà l'Agenzia del Demanio.
ACCISE BENZINA: Nuovi aumenti nel 2012. L'aliquota sulla benzina e sul gasolio sono rispettivamente
fissate «a 614,20 euro e a 473,20 per mille litri di prodotto; a decorrere dal primo gennaio 2013 a 614,70
euro e a 473,70 per mille litri di prodotto.
BONUS FISCALE BENZINAI: diventa strutturale la deduzione forfetaria vigente a favore dei distributori di
carburante dal 1998 e di volta in volta prorogata annualmente, a riconoscimento del servizio di incasso delle
imposte sul consumo dei carburanti.
MOBILITÀ STATALI: Mobilità per gli statali in esubero. E, per coloro che non vengono ricollocati,
un'indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale con esclusione per qualsiasi
altro emolumento retributivo per la durata »massima« di due anni. Dopo, evidentemente, scatta il
licenziamento.
APPRENDISTATO: Stop ai contributi per i primi tre anni di contratto di apprendistato per i datori di lavoro
che occupano fino a nove addetti. Resta fermo il livello di aliquota del 10 per cento per gli anni successivi.
Sale dell'1% l'aliquota dei contributi per i co.co.co.
OCCUPAZIONE DONNE: Arriva il contratto di inserimento per le donne nelle aree territoriali in cui è più
accentuata la differenza di genere nel tasso di disoccupazione.
PART TIME: Più facile il ricorso al contratto di lavoro part-time con l'utilizzo delle clausole flessibili ed
elastiche, che potranno nuovamente essere liberamente stabilite dalle parti individuali, nel rispetto di
quanto eventualmente stabilito dalla contrattazione collettiva.
ANAS: A decorrere dal 1° gennaio 2012 cede a Fintecna tutte le sue partecipazioni, al valore netto contabile
risultante al momento della cessione.
TAV: Le aree interessate alla realizzazione della Torino-Lione sono di interesse strategico nazionale. Chi vi
si introduce sarà punito a norma dell'articolo 682 del codice penale: arresto da tre mesi ad un anno e
ammenda.
SERVIZI LOCALI: «Potere sostitutivo» del governo nel caso in cui gli enti locali non procededano alle
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liberalizzazioni dei servizi pubblici locali. In caso di inottemperanza scatta un termine perentorio per
adempire, trascorso il quale il governo esercita, appunto, il suo potere sostitutivo.
ORDINI PROFESSIONALI: Riforma degli ordini professionali e stop alle tariffe minime. Tutto, entro 12 mesi.
Consentirà la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali. La società tra professionisti può
essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali.
BONUS BEBÈ: Proroga fino al 2014 dei prestiti a tassi agevolati previsti del Fondo di credito per i nuovi
nati.
BUROCRAZIA ZERO: Una sola zona a burocrazia zero: tutto il territorio nazionale. La disciplina si applica
per tutto il 2013 in via sperimentale a tutta Italia.
MINIMI TARIFFARI: Le tariffe professionali cessano di essere il riferimento da prendere in considerazione
per i compensi del professionista. All’articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto legge 13 agosto 2011 n.
138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, infatti sono soppresse le parole :
”prendendo come riferimento le tariffe professionali. E’ ammessa la pattuizione dei compensi anche in
deroga alle tariffe.”
SENTENZE DEL GIORNO
VIOLENZA SESSUALE
Violenza sessuale per l’allenatore di una squadra di calcio di minori indotti ad atti di autoerotismo
Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 14 novembre 2011 n. 41412
È punibile per violenza sessuale l’allenatore di una squadra di calcio giovanile che induce i minori a
compiere atti di autoerotismo e a inviargli sms con parole affettuose. Lo ha stabilito la Corte di cassazione,
sentenza 41412/2011, bocciando la tesi della difesa secondo cui non essendovi stato alcun contatto fisico, in
quanto le sollecitazioni a compiere tali attivi avvenivano per telefono, il reato debba considerarsi soltanto
tentato.
Per la Suprema corte però “la fattispecie criminosa di violenza sessuale è integrata, pur in assenza di un
contatto fisico diretto con la vittima, quando gli atti sessuali, quali definiti dall’articolo 609 bis codice penale,
coinvolgano oggettivamente la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati ed idonei a
compromettere il bene primario della libertà individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il
proprio istinto sessuale nel momento in cui gli atti di autoerotismo sono stati compiuti a seguito delle
minacce dell’imputato”.
PROCEDIMENTO CIVILE
Impossibile integrare il ricorso in Cassazione con un nuovo atto che riporta i quesiti di diritto
mancanti
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23757
14 novembre 2011
Il ricorso per cassazione non può essere integrato con un nuovo atto che contenga i quesiti di diritto
mancanti. Lo ha confermato la terza sezione civile della Cassazione secondo la quale il ricorso alla Suprema
corte deve essere proposto a pena di inammissibilità con un unico atto avente i requisiti di forma e contenuto
indicati “dalla pertinente normativa di rito, ivi compresi quelli richiamati dall’art. 366-bis cod. proc. civ.”. Ne
consegue che non è idoneo a integrare i requisiti richiesti un nuovo atto, successivamente notificato a
modifica o integrazione dell’originario ricorso, “sia che concerna l’indicazione dei motivi, sia che tenda a
colmare la mancanza degli elementi prescritti, quali la formulazione dei quesiti o l’esposizione dei fatti in
causa o la sintesi della questione di motivazione relativamente al fatto controverso”, essendo solo possibile,
ove non siano decorsi i termini, proporre un nuovo ricorso completamente sostitutivo del primo.
ASSEGNO DI DIVORZIO
L’assegno divorzile sopravvive anche ad una ricca eredità
Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 14 novembre 2011 n. 23776
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Non basta aver acquisito per intero la casa coniugale e neppure aver ereditato degli immobili dai propri
genitori per perdere il diritto all’assegno di divorzio. Se la sproporzione economica persiste, il contributo va
comunque versato. Lo ha stabilito la corte di Cassazione, sentenza 23776/2011, respingendo il ricorso di un
marito che, dopo aver avuto ragione in primo grado, era stato condannato in appello dalla Corte di Brescia a
versare l’assegno di mantenimento oltre al 40 per cento del trattamento di fine rapporto.
Per giudici di Piazza Cavour tutti i motivi di ricorso sollevati dal coniuge: dall’età avanzata, all’obbligo di
provvedere ad una figlia ancora giovane, dalla natura reddituale dei suoi proventi, alla mancanza di
incidenza dell’assegno sul tenore di vita della ex moglie, la quale nel frattempo aveva ereditato i beni della
madre, sono ininfluenti rispetto all’accertamento da farsi.
Secondo la Suprema corte, infatti, la questione da mettere a fuoco era se i mezzi a disposizione della moglie
fossero o meno sufficienti ad assicurarle la conservazione di un tenore di vita analogo a quello mantenuto
durante il matrimonio. Parametro, quest’ultimo, individuato dalla corte di Appello e non contestato dal
ricorrente. E siccome dalle dichiarazioni dei redditi di entrambi era ancora desumibile una forte sproporzione,
non solo, anche in termini patrimoniali le risorse di cui il marito manteneva la disponibilità erano doppie
rispetto a quelle della moglie, il diritto all’assegno non è stato cassato dall’Alta corte.
LAVORO
Atti di inquadramento impugnabili entro termini perentori
Consiglio di Stato - Sezione V - Decisione 2 novembre 2011 n. 5848
L’atto di inquadramento dei dipendenti pubblici ha natura autoritativa e va quindi impugnato entro il termine
di decadenza decorrente dalla data della comunicazione o della sua conoscenza. Non sono, dunque,
proponibili azioni di accertamento, ma solo domande di impugnazione dei provvedimenti con i quali si
assegna la qualifica funzionale e il corrispondente livello retributivo. La posizione del dipendente non è
quella di titolare di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo che egli è legittimato a far valere sollevando
tempestivamente, nel rispetto dei termini decadenziali, contro l'atto autoritativo che gli attribuisce una
posizione di status e retributiva inferiore a quella che ritiene spettargli. Questo il principio espresso dalla
quinta sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 5848 dello scorso 2 novembre. Il ricorso riguarda
l’inquadramento nel livello funzionale retributivo di commesso di un lavoratore presso la Regione Calabria
disposto dalla Giunta attraverso una specifica delibera. Secondo i supremi giudici amministrativi l’assenza
dell’impugnazione della deliberazione regionale rende automaticamente il ricorso inammissibile.
SANITA'
Le contestazioni sulle prestazioni specialistiche spettano al giudice amministrativo
Consiglio di Stato - Sezione III - Decisione 31 ottobre 2011 n. 5823
Sulle contestazioni delle prestazioni mediche specialistiche decide il giudice amministrativo. Il diritto
soggettivo alla remunerazione di queste attività è intrecciato con le questioni riguardanti l’esercizio del
potere pubblico in materia di organizzazione del servizio sanitario e la definizione del rapporto con il gestore
privato. Si tratta, quindi, di una delle situazioni tipiche che spettano, anche alla luce degli indirizzi espressi
dalla Corte costituzionale (sentenza n. 204 del 2004), alla giurisdizione esclusiva amministrativa, poiché
resta centrale il ruolo decisionale dell’amministrazione e la verifica sulla legittimità del suo operato. Il
Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5823 del 2011, dispone che l’accertamento del diritto alla
corresponsione di indennità o di altre somme pecuniarie non compete al giudice ordinario poiché investe il
profilo pubblicistico relativo alla esatta portata del rapporto concessorio instaurato, in questo caso, tra una
Srl e l’Asl di Napoli.
A CURA DI LEX24
FRODE INFORMATICA
Phishing, la banca deve adottare i migliori sistemi di sicurezza tecnologici
Palmigiano Alessandro , Guttuso Rosa, Lex24 - Il Merito 10 novembre 2011
Con decisione depositata il 9 giugno 2011, il Tribunale di Palermo si è pronunciato su una controversia in
materia di frode informatica, esaminando la questione “ phishing”.
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E' necessario preliminarmente spiegare in cosa consiste tale fenomeno e quali sono le disposizioni
normative da cui può essere disciplinato. Il phishing (termine che deriva dalla storpiatura di password
fishing), generalmente definito in ambito informatico come “spillaggio di dati sensibili”, è una forma di illecito
che consiste nel carpire con metodi illeciti le credenziali (password) di accesso di un conto bancario (o
postale) online, e nel conseguente uso delle suddette credenziali al fine di spostare i fondi su conti correnti di
altri soggetti (detti financial manager) che li ritirano e li rispediscono altrove al fine di riciclarli.
Tale fenomeno non ha in Italia una disciplina specifica e, pertanto, le fattispecie verificatisi sono state
affrontate in passato utilizzando le norme relative alla responsabilità contrattuale contenute nel codice civile,
non sempre a favore dei correntisti.
In particolare, Il Tribunale di Milano, in una decisione del 28 luglio 2006 relativa a reati informatici, ha
respinto le domande nell'attore. Il caso riguardava l'accertamento dell'indebita sottrazione della somma di
172,00 euro da una carta Postepayimpresa (anche in questo caso la convenuta erano le Poste Italiane).
In questa occasione il Giudice ha ritenuto che non sussistessero i presupposti di una responsabilità da parte
delle Poste, sostenendo che “non vi è certamente prova che le manovre telematiche fraudolente siano da
imputare alla convenuta per non aver adeguatamente difesi i propri siti, consentendo ad un hacher di
introdursi nel conto del cliente e trafugare il danaro depositato dallo stesso...Ne consegue che, i fatti di frode
lamentati in citazione dall€`attore, in assenza di prova certa della loro riferibilità a responsabilità delle Poste
Italiane per presunta violazione di norme contrattuali, non possono essere a questa addebitati, ma semmai
ad un non adeguato e prudente utilizzo della carta da parte del suo titolare”
In maniera simile si sono pronunciati in seguito il Giudice di Pace di Lecce nella sentenza n.128 del 2008 ed
il Giudice di Pace di Badolato nella sentenza n. 837 del 2008.
Sull'argomento si è invece pronunciato in maniera favore ai correntisti, nel 2010, l'Arbitro Bancario
Finanziario (ABF) , il nuovo organismo per la risoluzione stragiudiziale delle controversie tra banca e
clientela previsto dall'articolo 128-bis del Testo unico bancario (TUB), introdotto dalla legge sul risparmio
(legge n. 262/2005), e reso operativo grazie alle disposizioni di Banca d'Italia del 18 giugno 2009.
Nella prima decisione, la n. 46/10 , resa dal Collegio di Milano dell'ABF nella seduta del 21 gennaio 2010,
relativo ad un caso di phishing, si è ravvisato un concorso di colpa tra la banca, per violazione dell'obbligo di
diligente custodia dei patrimoni dei clienti, ed il correntista, per incauta custodia dei codici di accesso al
servizio.
In particolare, il Collegio osservava che “la banca la quale offre servizi on line alla propria clientela ha il
dovere di adempiere il proprio obbligo di custodia dei patrimoni dei clienti con la diligenza professionale
richiesta dall'art. 1176, co. 2, c.c., predisponendo misure di protezione – tra le quali l'invio di sms di conferma
dell'eventuale disattivazione del servizio di sms-alert e l'invio di sms di avviso dell'esecuzione dell'ordine di
bonifico - idonei ad evitare l'accesso fraudolento di terzi ai depositi dei propri clienti, o a neutralizzarne gli
effetti.
La violazione dell'obbligo di diligenza da parte della banca non esclude, però, la colpa concorrente del
titolare del conto on line, ex art. 1227 c.c., per incauta custodia dei codici di accesso al servizio, nella ipotesi
in cui l'operazione fraudolenta sia avvenuta mediante l'uso dei codici in suo possesso. Pertanto, ritenendo
che la ricorrente, per le ragioni esposte, abbia concorso a cagionare il danno nella misura del 75%, la banca
deve essere dichiarata tenuta a rifondere alla ricorrente il 25% della somma di 5.773,00 euro”.
In altra decisione, la n. 33/10 , resa dal Collegio di Roma dell'ABF nella seduta del 12 gennaio 2010 (in cui il
correntista ammetteva di aver risposto ad una e-mail all'apparenza proveniente dalla banca nella quale gli
veniva richiesto di digitare i codici di accesso e dispositivi relativi al proprio conto corrente on line”, l'ABF ha
deciso che il cliente andava rimborsato del 75% delle perdite subite in quanto “il corretto adempimento
dell'obbligo di diligenza presuppone l'adozione di tutte le precauzioni e l'istituzione di tutti i presidi di
sicurezza adeguati allo scopo e resi accessibili dall'evoluzione scientifica e tecnologica”. In pratica l'ABF ha
ravvisato una colpa nel comportamento della banca perché non ha fornito alla clientela dispositivi automatici
per la generazione di password (token, chiavette, digipass...) ravvisando in ciò una violazione dell'obbligo di
diligenza, in quanto manca l'adeguamento dei presidi "agli ultimi ritrovati ed alle più recenti acquisizioni della
scienza e della tecnologia".
Nel caso di specie invece il Tribunale arriva ad una decisione di rimborso integrale delle perdite subite. E'
dunque utile riassumere la vicenda e le motivazioni seguite dal tribunale isolano.
I signori A.P. ed L.R., con atto di citazione notificato il 29 ottobre 2009 convenivano in giudizio innanzi al
Tribunale di Palermo le Poste Italiane al fine di dichiarare non autorizzato e quindi non dovuto un bonifico
effettuato dal loro conto online in data 6 agosto 2009, per un importo pari a 5.500,00 euro.
Gli attori ritenevano le Poste responsabili dell'inesatto adempimento delle obbligazioni inerenti il contratto di
conto, con riferimento al prelievo illecito e fraudolento, richiamando la disciplina della responsabilità
contrattuale.
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I sigg.ri A.P. ed L.R. fondavano la propria azione sulla mancanza di adozione da parte delle Poste di misure
di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire situazioni, come
quella verificatasi. A tal proposito, una argomentazione era costruita su un paragone con il sistema delle
poste svizzere (PostFinance), che da anni aveva attuato un programma di protezione - a dire degli attori ben più solido. Consultando il sito internet in italiano, infatti, il protocollo svizzero prevede (e prevedeva a
quel tempo) che, per operare sui relativi conti on line, fosse necessario, oltre all'inserzione iniziale di un
numero, di una password e del nome utente, anche l'utilizzo di un apposito apparecchio di lettura nel quale
inserire una carta con funzione di identificazione e dove immettere anche altri codici di identificazione. A
riprova della inidoneità tecnologica del sistema approntato da Poste Italiane, nonché della consapevolezza
da parte della stessa convenuta della grave falla esistente nel sistema, gli attori avevano evidenziato che le
Poste avevano adottato – sebbene con grande ritardo - un nuovo sistema di sicurezza che, proprio sulla
falsa riga del sistema sopra illustrato, si serviva anch'esso di un apparecchietto, nel quale andava inserita
una carta dotata di microchip, che generava un ulteriore codice segreto “usa e getta” da utilizzare per ogni
operazione dispositiva. Più in particolare, il meccanismo prevedeva che il cliente accedesse al sito di Poste
Italiane, si identificasse inserendo nome utente e password negli apposti spazi e successivamente, per
effettuare operazioni dispositive, digita sul lettore, all'interno del quale era stata inserita la carta con
microchip, il codice “id operazione” - composto da otto numeri - che veniva generato dal sito di volta in volta
per ogni operazione, seguito dal pin della carta. A questo punto appariva sul lettore un codice “risposta”,
anch'esso composto da otto numeri ed anch'esso “usa e getta”, da inserire nella pagina web negli appositi
campi. Secondo gli attori, la maggiore sicurezza del sistema sopra descritto era evidente in quanto non solo i
codici richiesti variavano continuamente, ma inoltre alcuni di essi erano indicati soltanto dal lettore per il cui
utilizzo è necessario il possesso della carta con microchip e la conoscenza del pin di attivazione di
quest'ultima. Quindi la tecnologia era conosciuta da Poste Italiane ed addirittura fornita ai nuovi clienti
almeno dal dicembre 2008, stando ai documenti prodotti. La convenuta, pertanto, si sarebbe dimostrata due
volte negligente: la prima volta non adeguandosi prontamente quanto meno alle innovazioni tecnologiche
disponibili sul mercato e, la seconda, non affrettandosi a dotare anche i vecchi clienti del nuovo sistema.
Poste Italiane, con comparsa del 24 febbraio 2010, rigettando qualunque responsabilità, imputava il prelievo
illecito ai correntisti, i quali avrebbero avuto un comportamento negligente fornendo i codici di accesso del
loro conto a terzi.
A sostegno della propria tesi, la convenuta, oltre a fare leva sulla giurisprudenza a proprio favore citata in
precedenza, richiamava un' ulteriore pronuncia del Tribunale di Milano del 29 ottobre 2008, secondo la quale
“deve rispondere del delitto di truffa colui che avvalendosi delle tecniche di phishing, mediante gli artifici e i
raggiri derivanti dalla sostituzione di persona (realizzata attraverso la creazione ed utilizzazione di un
account di posta elettronica ed attribuzione falsa delle generalità di un diverso soggetto), dopo avere indotto
in errore la vittima ed essersi fatto rivelare le credenziali di accesso, si introduce nel suo servizio di homebanking, compiendo un atto dispositivo che comporta una depauperazione del patrimonio del deceptus, con
pari profitto in proprio favore”, e affermava l'uso irregolare, imprudente e non adeguato dei codici da parte
degli attori, in dispregio delle disposizioni contrattuali e delle più elementari regole di prudenza, i quali, così
operando, avrebbero assunto il rischio di un uso illecito.
Secondo tale tesi poteva essere riscontrato un concorso del fatto colposo del creditore, ai sensi dell'art.1227
c.c.
In merito alla questione della sicurezza del sistema, Poste produceva alcune certificazioni.
Nella sentenza commentata, il tribunale di Palermo ha condannato Poste Italiane a rimborsare i correntisti
per l'importo totale del bonifico illecito per inesatto adempimento contrattuale. Secondo il giudice, infatti, la
documentazione prodotta da Poste, oltre ad essere stata disconosciuta dagli attori, non dimostrava la
regolarità dell'operazione di bonifico, trattandosi di fogli senza intestazione o sottoscrizione, senza autore o
data certa. Correttamente infatti il tribunale ricordava che costituisce regola generale quella secondo cui il
creditore che agisce in giudizio sia per l'adempimento, sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno,
deve fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto, limitandosi ad allegare l'inadempimento della
controparte, su cui incombe l'onere di dimostrare il fatto estintivo costitutivo dell'adempimento.
Nel caso di specie gli attori avevano provato l'esistenza del rapporto obbligatorio in base al quale agivano
mentre le Poste si limitavano ad affermare, senza nessuna prova, che i correntisti potevano aver fornito i
codici a terzi.
Per quanto concerne la questione della sicurezza del sistema, il Giudice ha stabilito che le certificazioni
prodotte da Poste Italiane, sebbene fossero idonee ad attestare la sicurezza di quel tipo di sistema, non
consentissero di escludere la possibilità che si possa verificare un bug nello stesso. La sentenza – come da
motivazioni esposte – si sofferma sul sistema predisposto da Poste, il quale non appariva adeguato alla
tecnologia esistente, in quanto prevedeva un sistema di accesso facilmente violabile, composta da un PIN di
sole 4 cifre e di un identificativo utente corrispondente all'indirizzo e-mail di poste italiane del cliente.
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Il GOT ha ritenuto altresì applicabile al caso di specie la normativa del Codice della Privacy (D.Lgs.
196/2003), affermando che la colpa di eventuali intromissioni fraudolente nel sistema ricade sulla società
che offre il servizio la quale è tenuta a predisporre tutte le misure necessarie per tutelare i clienti ed i loro
dati personali, non potendo ricadere su questi ultimi il rischio del verificarsi di detti fenomeni. A tal proposito
richiama l'art. 15 del Codice, il quale ha portata generale e prevede che chiunque cagiona danno ad altri per
effetto del trattamento dei dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'art. 2050 c.c.
Il richiamato art. 2050 c.c., come è noto, dispone che chiunque cagioni danno ad altri nello svolgimento di
un'attività pericolosa è tenuto al risarcimento del danno a meno che non provi di aver adottato tutte le misure
idonee ad evitarlo. In base al particolare regime probatorio concepito dalla norma, sarebbe stato dunque
onere delle Poste provare di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il verificarsi dell'evento lesivo,
cosa che non ha fatto.
Il Giudice ha inoltre ritenuto applicabile l'art. 31 del citato D.Lgs. 196/2003, con particolare riferimento alle
misure di sicurezza, il quale stabilisce che “i dati personali oggetto di trattamento debbano essere custoditi e
controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e
alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e
preventive misure di sicurezza, i rischi di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non
conforme alle finalità della raccolta”. In base a tali previsioni normative, le Poste avrebbero dovuto adottare
tutte le misure di sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire
danni, come quelli verificatisi in capo agli attori, non essendo sufficiente la non violazione di norme di legge,
in considerazione del fatto che la diligenza che il professionista utilizza deve essere valutata con maggiore
rigore rispetto a quella ordinaria.
In definitiva, la sentenza del Tribunale di Palermo, con una articolata e solida argomentazione, delinea i
contorni della responsabilità degli istituti di credito in caso di phishing, mettendo insieme profili di natura
contrattuale ed extracontrattuale, aprendo una spiegazione interpretativa in un settore in cui poche sono
state le sentenze e raramente del tutto favorevoli al correntista.
.
FAVOREGGIAMENTO PERSONALE
Niente favoreggiamento sul lavoro
Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi 7 novembre 2011 - Pagina 46
Non compie favoreggiamento personale, punito dall'articolo 378 del Codice penale, il lavoratore che, per non
compromettere la propria libertà, cioè nello specifico per evitare un'incriminazione o per non perdere il posto
di lavoro, dà false dichiarazioni che aiutano il datore a eludere indagini a proprio carico. Questo il contenuto
saliente della sentenza della sesta sezione penale della Corte di cassazione n. 37398 del 17 ottobre 2011.
Un lavoratore edile s'infortuna e suoi colleghi, in un primo tempo, negano, alla Polizia giudiziaria, di averlo
visto lavorare in cantiere e l'avvenuto infortunio.
Emersa la verità, sono incriminati per favoreggiamento. I giudici di primo grado, tuttavia, assolvono i
lavoratori, applicando l'articolo 384, comma 1, del Codice penale che esso esclude la punibilità di colui che
commette taluni reati, tra i quali il favoreggiamento personale, per evitarsi un processo penale o senza dolo.
La corte di appello, interpretando diversamente la norma, condanna due lavoratori, i quali ricorrono in
Cassazione, sostenendo un'erronea applicazione, nel secondo grado, della legge.
Vengono così in campo i Giudici di legittimità che, innovando sulla precedente giurisprudenza di
Cassazione, pongono, come chiave interpretativa della norma sulla non punibilità, il principio secondo cui
per applicare correttamente la disposizione occorre comparare gli interessi che si fronteggiano. E cioè, da un
lato, l'interesse dello Stato a punire fatti il favoreggiamento personale e, dall'altro lato, l'interesse, emergente
nel caso specifico, dell'individuo. Ove tale ultimo interesse risulti essere di «libertà» vale la regola della non
punibilità.
I giudici della Cassazione applicano il criterio suddetto alla posizione giuridica del primo lavoratore e
ritengono, sulla base del giudizio di appello, che egli abbia detto il falso per salvaguardare la propria libertà,
potendo, altrimenti, essere incriminato per altro reato. L'esimente di cui all'articolo 384, comma 1, dunque, si
applica e la decisione di secondo grado è da censurare per erronea applicazione della norma.
Più complessa la ponderazione rispetto al secondo lavoratore: da un lato, vi è l'interesse statuale a punire il
favoreggiamento e, dall'altro lato, emerge l'interesse dell'individuo di (non dire il vero per) non perdere il
lavoro. A questo proposito la Cassazione s'interroga: ai fini dell'articolo 384 comma 1, l'interesse al lavoro ha
un valore giuridico pari a quello che ha l'amministrazione della giustizia a non essere fuorviata? La
conclusione è affermativa: il diritto al lavoro, in quanto strumento di crescita della personalità individuale, è
esplicazione della «libertà» personale e, quindi, rientra nell'applicazione dell'articolo 384, comma 1.
16
Tale diritto al mantenimento del lavoro, aggiunge la Cassazione, va, però, analizzato, caso per caso, dai
giudici di merito, per valutare se il dire la verità avrebbe potuto o meno compromettere la situazione
esistenziale e lavorativa del lavoratore (considerando, ad esempio, se egli sia dipendente a tempo
indeterminato o piuttosto un precario; se abbia o no persone a carico).
Attenzione, dunque, a intendere bene la sentenza: non un via libera a dire il falso per aiutare il datore, ma
comprensione solo verso chi lo fa per salvaguardare, effettivamente, la propria libertà personale.
PROCEDIMENTI SPECIALI
Procedimento disciplinare e conflitto d'interessi
a cura di Summa Donatella, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Lex24) - Numero 5 del 01/11/2011,
pag. 47
La Corte di Cassazione si pronuncia in merito ad una questione di deontologia forense trattando la quale
considera i requisiti di validità del provvedimento di fissazione dell'udienza disciplinare in relazione all'ipotesi
in cui non vengano indicate precisamente le norme violate dall'avvocato. Inoltre, il caso concreto trattato
attiene ad un'ipotesi riconducibile alla fattispecie di “conflitto d'interessi” di cui all'art 37 del Codice di
Deontologia Forense.
MASSIMA
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza del 13 Settembre 2011, n. 18695
Deontologia Forense – Responsabilità dell'Avvocato – Conflitto d'interessi – Poteri disciplinari
Nei procedimenti disciplinari la Suprema Corte non può fare valutazioni in merito alla natura della violazione
sostituendosi al Consiglio nazionale forense nell'enunciazione di ipotesi di illecito. Pertanto l'ingerenza della
corte viene limitata ad un controllo sulla ragionevolezza del provvedimento
SINTESI NORMATIVA
ART. 37. - Conflitto di interessi
L'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto
con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non
professionale. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l'espletamento di un nuovo mandato
determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza
degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo svolgimento
di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico.
L'obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi configgenti si rivolgano ad avvocati che siano
partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali.
ART. 19. - Divieto di accaparramento di clientela
È vietata ogni condotta diretta all'acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o
con modi non conformi alla correttezza e decoro. L'avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un
altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la
presentazione di un cliente. Costituisce infrazione disciplinare l'offerta di omaggi o di prestazioni a terzi
ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi. E' vietato offrire, sia
direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei
luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. E' altresì vietato
all'avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona
determinata per un specifico affare.
COMMENTO
La sentenza in esame offre alcuni spunti di riflessione per analizzare talune problematiche inerenti alla
deontologia forense nonché per valutare il potere di ingerenza della Suprema Corte nell'interpretazione della
decisione prese dai competenti consigli dell'ordine professionale.
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In particolare, nel caso oggetto della sentenza in commento, viene rilevata la violazione dell'art. 19 e dell'art.
37 del codice di deontologia forense da parte di un avvocato, denunciata dal Consiglio dell'Ordine di
appartenenza. La prima norma riguarda il divieto di accaparramento della clientela mentre la seconda
attiene al divieto di fornire mandato ad una controparte in conflitto d'interessi. In particolare quest'ultima
norma, in linea con i generali doveri di correttezza e lealtà previsti dal codice deontologico, enuncia la regola
base per la quale “l'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa
determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito”. La norma deontologica considerata mira a
tutelare l'indipendenza e l'imparzialità della funzione difensiva e, quindi, ad assicurare che il mandato
professionale sia svolto in assoluta libertà ed indipendenza da ogni vincolo, nonché a garantire che il
rapporto fiduciario, che deve sussistere tra il cliente e l'avvocato, ed il connesso vincolo di riservatezza che
concerne le notizie apprese dal cliente nell'espletamento del mandato, non sia in alcun modo incrinato da
altri incarichi assunti dal professionista (cfr, per tutte: C.N.F. 21 settembre 2007, n. 111).
La questione che spesso ha sollevato dubbi in tale materia è quella inerente alla natura del conflitto
d'interesse ed al fatto che questo – per configurare la violazione disciplinare in questione debba essere
concreto o possa invece essere anche solo potenziale.
La Suprema Corte ritiene che il caso in questione non rientri nella fattispecie di cui all'art. 37 del Codice
deontologico. La decisione in tal senso si riporta a quanto sostenuto dal CNF che ritiene insussistente la
violazione in quanto la procedura in riferimento alla quale sarebbe potuto sorgere il conflitto d'interessi ( e
quindi il rapporto con i clienti) si è conclusa prima che fosse iniziata quella nuova che poteva generare il
conflitto stesso. Inoltre, la Suprema Corte ribadisce che, in ogni caso, la concreta individuazione dell'illecito
disciplinare, definite dal codice di riferimento tramite delle clausole generali, viene lasciata alla valutazione
dell'ordine professionale e non anche al Giudice di Legittimità.
In particolare, nel caso de quo, la Corte sembra negare un'interpretazione della norma in senso potenziale
volendo invece dare rilievo ad un tipo di conflitto effettivo e reale. L'unica ipotesi in cui la giurisprudenza
sembra invece più restrittiva, proprio per la delicatezza della materia trattata, è quella del diritto di famiglia.
Altro elemento che incide nella definizione della fattispecie di illecito disciplinare è il fatto che l'Avvocato
utilizzi delle informazioni di cui era venuto a conoscenza in circostanza del suo ruolo per utilizzarle in un
secondo momento contro il suo ex cliente, in tal senso si legge: “...costituisce illecito disciplinare il
comportamento del professionista che, appena dismesso il mandato, si accanisca nei confronti dell'ex cliente
con denunzie-querele e con richieste di misure cautelari in sede penale e in sede civile, utilizzando elementi
a lui noti in virtù del precedente mandato e senza il benché minimo riguardo anche sul piano dei normali
rapporti umani, con l'aggravante, inoltre, dell'assenza di qualsiasi, sia pur debole, indizio circa il "periculum in
mora" (Cons. Nazionale Forense 05 dicembre 2006, n. 134).
Inoltre, nella sentenza in commento la Suprema Corte si occupa anche di analizzare il provvedimento di
fissazione dell'udienza disciplinare specificando che lo stesso mantiene la sua validità anche qualora non
vengano specificate le norme deontologiche violate (l'art. 37 nel caso in questione). In particolare, nei
procedimenti disciplinari a carico degli avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito
disciplinare, definite dalla legge mediante una clausola generale (mancanze nell'esercizio della professione
o, comunque, fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale), è rimessa alla valutazione dell'Ordine
professionale ed il controllo di legittimità sull'applicazione di tali valutazioni non consente alla Corte di
cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell'enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti
di una valutazione di ragionevolezza. E' competenza esclusiva del CNF stabilire se un determinato
comportamento possa rientrare o meno in nell'ambito della fattispecie descritta dalla norma e non anche
compito del Giudice di legittimità ritenere un determinato comportamento illecito disciplinare.
ORIENTAMENTI
In base alla direttiva n. 87/344/Cee che regolamenta l'assicurazione di tutela giudiziaria, l'assicurato deve
poter scegliere, in via generale e non quindi nei soli casi in cui sorga un conflitto di interessi , l' avvocato di
propria fiducia e ottenere il rimborso delle spese legali sostenute. Tale diritto deve poter essere esercitato
anche nei casi di "class action". La compagnia di assicurazione non può invocare la direttiva per restringere
la libertà di scelta dell'assicurato nei casi di azioni giudiziarie avviate da un gran numero di assicurati
danneggiati dallo stesso evento. Anche in queste ipotesi, infatti, ciascun assicurato può scegliere il
rappresentante di sua fiducia. (Corte giustizia CE sez. II, 10 settembre 2009, n. 199)
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La circostanza che le parti processuali antitetiche (nella specie, parte civile e responsabile civile) siano
rappresentate e difese dallo stesso avvocato rende ancor più eclatante il conflitto d' interessi , posto che il
professionista, in tale situazione, non sarebbe in condizione di fedelmente difendere gli interessi del
mandante, né potrebbe ammettersi un atteggiamento difensivo di ciascuna delle parti in questione
improntato all'inerzia ed alla passività rispetto alle iniziative probatorie degli altri soggetti del processo che, di
per sé, già comporterebbe una grave violazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa,
costituzionalmente garantiti, oltre a concretizzare una palese mancanza ai doveri professionali connessi al
mandato professionale (Tribunale Milano sez. IV, 02 febbraio 2009).
Costituisce violazione dei doveri di lealtà e correttezza, nonché del divieto di prestare attività professionale in
conflitto di interessi , la condotta dell'avvocato che assume contemporaneamente la difesa di due soggetti
portatori di interessi obiettivamente configgenti (nella specie, il fallimento ed una controparte del fallimento
medesimo). Perché si configuri l'illecito di cui all'art. 37 del codice di condotta non è necessaria la ricorrenza
di un danno; la circostanza, in concreto, dell'assenza di un pregiudizio rilevare, la più, ai fini della
determinazione della sanzione disciplinare (Cons. Nazionale Forense, 27 ottobre 2008, n. 149).
IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Espulsioni senza retroattività
Negri Giovanni, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi 8 novembre 2011 - Pagina 39
Dopo le modifiche disposte quest'estate, il reato di ingiustificata inosservanza dell'ordine di allontanamento
del questore nei confronti di un cittadino extracomunitario ha assunto una nuova fisionomia. Tale da fare
escludere una continuità normativa con la precedente fattispecie, dando vita a una nuova incriminazione
applicabile solo ai fatti verificatisi dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni. A precisarlo è la Corte di
cassazione con la sentenza 36451 della Prima sezione penale che ha affrontato il ricorso presentato contro
la condanna riportata da un cittadino extracomunitario per il mancato rispetto dell'ordine impartito dal
questore di Varese a lasciare il territorio dello Stato, dopo essere stato destinatario di un provvedimento di
espulsione.
La Cassazione osserva che il 28 aprile scorso la Corte di giustizia europea, chiamata in causa dalla Corte
d'appello di Trento, ha stabilito che la vecchia norma che sanzionava il mancato rispetto dell'ordine di
espulsione del questore doveva essere considerata inapplicabile perché in contrasto con la disciplina
comunitaria. L'effetto era stato di una vera e propria abolitio criminis con la conseguente necessità, da parte
dell'autorità giudiziaria, di dichiarare nei giudizi in corso che il fatto non era più previsto dalla legge come
reato.
Successivamente è intervenuto il decreto legge 23 giugno 2011, n. 89 con le misure successive per
completare l'attuazione della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento
della direttiva sul rimpatrio dei cittadini irregolari di Paesi terzi. Il decreto ha riformulato la disposizione «la
quale non può dirsi in continuità normativa con la precedente versione, in tal modo confermando l'avvenuta
abolitio criminis, non solo per il distacco temporale intercorso tra la sua emanazione e l'emissione della
direttiva comunitaria anzidetta, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia
della condotta richiesta per integrare l'illecito penale in esame».
Infatti, in base alla nuova normativa, all'ordine di allontanamento dal territorio italiano si può arrivare solo
dopo che sono risultati senza esito i meccanismi agevolatori della partenza volontaria e al termine del
periodo di trattenimento presso un centro di permanenza. Per questo – conclude la Cassazione – bisogna
ritenere che ci si trova davanti a una nuova incriminazione, in quanto tale applicabile solo ai fatti che si sono
verificati dopo l'entrata in vigore delle misure estive.
E se è vero che il ricorso è stato presentato contro una sentenza pronunciata all'esito di un patteggiamento e
per questo dovrebbe essere giudicato inammissibile, è però altrettanto vero che l'impossibilità di rilevare
cause di non punibilità in presenza di ricorsi inammissibili è destinata a cadere in ipotesi, come quella presa
in esame dalla Cassazione, di successione di leggi nel tempo e di abolitio criminis.
GLI APPROFONDIMENTI DI LEX24
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CIRCOLAZIONE STRADALE
Valide le multe con il telelaser
Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, 9 novembre 2011 - Pagina 39
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Sono valide le multe per superamento dei limiti di velocità rilevato dal telelaser anche se all'automobilista
non viene consegnato «lo scontrino con la stampa dei dati relativi alla velocità e alla targa del veicolo». Lo
sottolinea la Cassazione. In questo modo i giudici – con la sentenza 23212 – hanno dato ragione a un
ricorso del Comune di Massa contro la decisione del tribunale che aveva annullato la multa non corredata
dallo scontrino. Il verbale, in precedenza, era già stato annullato anche dal giudice di pace al quale si era
rivolto l'automobilista multato.
Secondo il tribunale di Massa l'uso del telelaser era legittimo ma «poteva sussistere un non corretto
rilevamento dell'oggetto in movimento da parte dell'agente, specie in relazione all'orario notturno e alla
presenza di traffico». Questo punto di vista è stato bocciato dalla suprema corte che ha sottolineato che è
«legittima la rilevazione della velocità effettuata a mezzo di telelaser, apparecchiatura che non rilascia
documentazione fotografica nell'avvenuta rilevazione nei confronti di un determinato veicolo, ma che
consente unicamente l'accertamento della velocità in un determinato momento, restando affidata alla
attestazione dell'organo di polizia stradale la riferibilità della velocità proprio al veicolo dal medesimo organo
individuato».
Tale «attestazione» – prosegue la Cassazione – «ben può integrare, con quanto accertato direttamente, la
rilevazione elettronica attribuendo la stessa ad uno specifico veicolo». I supremi giudici ricordano che tale
attestazione «è assistita da efficacia probatoria fino a querela di falso, ed è suscettibile di prova contraria
unicamente il difetto di omologazione o di funzionamento dell'apparecchiatura elettronica».
In pratica l'automobilista per sperare di vedere riconosciute le proprie ragioni, deve querelare l'agente per
falso se vuole mettere in dubbio la sua rilevazione. Adesso l'uomo dovrà pagare non solo la multa ma anche
250 euro per onorari, 220 per diritti, 80 euro per le spese del giudizio di appello, più altri 600 euro di spese
per onorari e diritti del giudizio di Cassazione.
RESPONSABILITÀ PENALE
Punibilità dell'agente provocatore che supera i limiti nelle operazioni sotto copertura
Nicola Corea, avvocato - (LEX24) 10 novembre 2011
Testo a stralcio tratto dal Dossier di LEX24 "La punibilità dell'agente provocatore" del mese di Ottobre
2011
Premessa
Notevoli profili di criticità sono emersi in sede di individuazione del canone ermeneutico cui ricondurre
l’analisi della condotta dell’agente provocatore, onde delineare l’ambito di estensione della sfera del punibile
e quella del non punibile, in considerazione della necessità di contemperare esigenze di repressione,
prevenzione del crimine e rispetto dei limiti sanciti dalle previsioni ordinamentali.
In un sistema rigorosamente ispirato al principio di legalità, l’incriminazione di condotte atipiche si impone
onde soddisfare superiori istanze in senso garantista: la definizione di eventuali ambiti di responsabilità
dell’agente provocatore non può risolversi, tuttavia, in una sostanziale frustrazione delle finalità politico criminali sottese alla normativa dettata in tema di operazioni sotto copertura.
Problematiche interpretative di natura sostanziale, come quella relativa alla punibilità dell’agente provocatore
per il superamento dei limiti delle sue competenze, che, lungi dall’assumere mero valore concettuale,
risultano strettamente connesse, al contrario, a ulteriori questioni di carattere processuale relative, ad
esempio, ai limiti di utilizzabilità della testimonianza resa dall’agente stesso: questioni dai rilevanti risvolti
concreti, la cui risoluzione si impone in considerazione delle numerose ipotesi, in occasione delle quali,
l’interprete è chiamato a dare coerente applicazione della disciplina in tema di operazioni sotto copertura.
Com’è noto, l’agente provocatore è colui che, istigando o offrendo l’occasione per la commissione di taluni
reati, rende possibile l’applicazione della sanzione penale nei confronti degli autori, in ipotesi in cui gli stessi
vengano colti in flagranza o, comunque, vengano scoperti.
L’attività sotto copertura è connotata dal carattere dell’eccezionalità: diversi gli interventi normativi volti a
fronteggiare l’escalation di determinati reati, in considerazione del grave allarme sociale connesso alla
perpetrazione degli stessi.
Il riferimento è, in particolare, all’art. 97 D.P.R. 309/90, all’ art. 12-quater D.L. 306/92 (convertito in L.
356/1992), in materia di ricettazione e riciclaggio, all’art. 14, L. 269/98, in materia di sfruttamento della
prostituzione, pedo - pornografia, turismo sessuale a danno di minori, all’art. 4, L. 438/2001, in tema di
terrorismo internazionale.
Omissis (…)
Esclusione della responsabilità e ambito della non punibilità
La problematica in esame va affrontata distinguendo due aspetti principali della questione: il fondamento
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giuridico di esclusione della responsabilità dell’agente provocatore da un lato, e l’ambito di estensione della
sfera del non punibile, dall’altro.
Con riguardo alla prima questione va premesso che in dottrina e in giurisprudenza sono state prospettate
differenti opzioni ermeneutiche, onde individuare una soluzione dotata di coerenza sistematica.
In giurisprudenza è stato ritenuto applicabile alla figura in esame il combinato disposto delle norme di cui agli
artt. 51 c.p. e 55 c.p.p. In dottrina il riferimento a tali disposizioni è stato considerato inconferente, in quanto
l’art 55 c.p.p. prevede che la polizia ha l’obbligo di perseguitare i reati perpetrati, non di provocarli; inutile
appare, inoltre, il riferimento ulteriore alla scriminante dell’adempimento del dovere, qualora l’operato
dell’agente provocatore si risolva in un contenimento della condotta altrui e risulti, dunque, mera occasione
per il compimento di reati. Nell’ipotesi in questione, invero, non sarebbe configurabile un’ipotesi concorsuale,
in quanto la condotta dell’agente provocatore non sarebbe idonea già in sé ad integrare la fattispecie di
reato.
Allo stesso modo è stata criticata in senso negativo la tesi del reato impossibile: l’agente provocatore non
vuole il reato e, inoltre, qualora si acceda alla tesi in questione dovrà essere affermata la non punibilità
anche del provocato.
Pregevoli riflessioni sono state effettuate in dottrina in ordine all’annosa questione in esame: la problematica
è stata più opportunamente ricondotta sul piano dell’elemento soggettivo.
L’agente provocatore è punibile, dunque, solo se ha voluto l’evento o quanto meno ne ha accettato il rischio.
Va escluso il dolo se l’agente ha agito con la convinzione che il reato non si sarebbe consumato, nemmeno
accettandone il rischio.
In dottrina è stato ulteriormente specificato che, qualora l’agente provocatore abbia posto in essere una
condotta di mera istigazione di un tentativo di reato, lo stesso non risulterà punibile a titolo di tentativo, in
quanto ex art. 56, si richiede il dolo del reato consumato. L’agente potrà rispondere, dunque, a titolo di colpa
se sono integrati gli estremi, e se il reato è previsto anche come colposo.
Le citate ipotesi tipizzate in tema di indagini sotto copertura, tuttavia, sono riferibili alla impostazione
dogmatica tradizionalmente sposata in giurisprudenza: le condotte dell’agente provocatore disciplinate ivi
previste, invero, sono state elevate dal legislatore a cause scriminanti ex art. 51 c.p.
La norma di cui all’art. 97 D.P.R. 309/90, in tema di acquisto simulato di droga da parte degli ufficiali di
polizia giudiziaria prevede, invero, una clausola di riserva espressa: “fermo il disposto dell’art. 51 c.p.”, in
forza della quale è possibile considerare l’ipotesi in questione alla stregua di scriminante speciale, il cui
ambito di operatività risulta decisamente angusto. Viene disposto che, perché possa escludersi la punibilità,
occorre che l’agente sia ufficiale o agente di polizia giudiziaria addetto alle unità specializzate antidroga, e
che la sua azione sia volta alla repressione dei soli reati previsti dal T.U. in materia di stupefacenti. È
necessaria, inoltre, una preventiva programmazione dell’operazione, in esecuzione di quanto disposto dalla
Direzione Investigativa Antimafia o dagli altri soggetti previsti ex art. 97 D.P.R. 309/90.
In giurisprudenza è stata affermata la sussistenza di un rapporto di sussidiarietà tra la scriminate prevista ex
art. 97 e la causa di giustificazione dell’adempimento del dovere di cui all’art. 51 c.p.: la clausola di riserva
espressa contenuta nell’art. 97, in tale ottica, avrebbe la funzione di limitare l’operatività della norma in cui è
inserita alle sole fattispecie in cui non ricorrano gli estremi dello stesso art. 97. Sulla scorta di tale
impostazione ermeneutica è possibile ritenere scriminato il comportamento dell’agente provocatore ben oltre
i limiti sanciti ex art. 51 c.p., in ipotesi in cui, ad esempio, l’attività antidroga sia posta in essere in assenza
dei requisiti soggettivi indicati dalla normativa in tema di stupefacenti, poiché condotta da un semplice
agente di polizia non appartenente alle unità specializzate.
In dottrina è stata sostenuta la sussistenza di un rapporto di specialità tra le due norme: qualora ricorrano le
condizioni di cui all’art. 97 T.U. in materia di stupefacenti, tale norma sarà destinata a prevalere sulla
scriminante generale prevista ex art. 51 c.p.
In senso opposto alle coordinate ermeneutiche sin qui delineate, autorevole dottrina ha inteso ricondurre la
problematica in questione sul piano della tipicità, in sede di individuazione degli elementi sussumibili
nell’ambito della fattispecie astratta di reato. Il richiamo all’art. 51 c.p., in tale ottica, appare inadeguato: in
primo luogo va precisato che la causa di giustificazione sottende un conflitto di interessi, conflitto che manca
nell’ipotesi in esame, in quanto la condotta enunciata dalla disposizione costituisce essa stessa mezzo di
tutela degli interessi tutelati dalla fattispecie. In ipotesi di acquisto simulato una volta esclusa, per le ragioni
suesposte, la stessa tipicità obiettiva della fattispecie, andrebbe dunque valutata la punibilità del venditore,
considerando le condotte che accedono alla fattispecie plurisoggettiva dei reati - contratto come autonome.
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FAMIGLIA
Convivenza more uxorio - Rapporti patrimoniali, diritti successori e donazioni
Tratto da Famiglia e minori, percorso operativo di LEX24 a cura di Galluzzo Sabina Anna Rita
Focus giurisprudenziale
La Corte di Cassazione in relazione ad attribuzioni patrimoniali effettuate tra conviventi per mezzo di
strumenti negoziali ha sostenuto che la convivenza more uxorio tra persone di stato libero non costituisce
causa di illiceità e quindi di nullità di un contratto attributivo di diritti patrimoniali collegato a detta relazione.
La convivenza infatti pur non essendo specificatamente disciplinata dalla legge, non si pone in contrasto con
norme imperative, né con l'ordine pubblico, né con il buon costume; fatti questi che determinano ai sensi
dell'art. 1343 c.c. l'illiceità della causa e di conseguenza ai sensi dell'art. 1418 c.c. la nullità del contratto.
Diritti successori e diritto di abitazione
La giurisprudenza si è spesso trovata di fronte a questioni relative ai diritti successori tra conviventi di fatto e
al diritto di abitazione.
Al convivente more uxorio sono stati espressamente negati dalla Consulta i diritti successori sulla base
dell'assunto secondo cui lo stesso non può essere assimilato al coniuge nei rapporti mortis causa.
La Consulta invece ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1 della legge 392/1978 (c.d.
legge sull'equo canone), nella parte in cui non prevede fra i successibili nella titolarità del contratto di
locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio, ovvero nella parte in cui non prevede lo
stesso diritto per il convivente che abbia cessato il rapporto di convivenza, quando vi sia prole naturale. La
Corte, successivamente, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 nella parte
in cui non prevede che, in caso di cessazione della convivenza more uxorio, al conduttore di un immobile ad
uso abitativo succeda nel contratto di locazione il convivente rimasto nella detenzione dell'immobile, anche
in mancanza di prole comune.
Donazioni
La giurisprudenza si è anche occupata di elargizioni tra conviventi more uxorio. La questione è stata
affrontata allo scopo di tutelare il convivente beneficiario da ripensamenti dell'altro. Nella prassi infatti queste
elargizioni, effettuate in nome dell'affetto, non sono accompagnate dalla forma solenne che viene richiesta
per le donazioni.
La giurisprudenza in relazione alle donazioni, ha da tempi remoti, utilizzato lo schema dell'obbligazione
naturale che consente l'irripetibilità di quanto è stato dato riuscendo in tal modo a fornire una tutela al
convivente più debole. Varie elargizioni sono state anche considerate donazioni di modico valore precisando
che il modico valore va commisurato alle condizioni economiche del donante e non al valore in sé delle cose
donate. E' stata altresì utilizzata la fattispecie della liberalità d'uso prevista dall'art. 770 secondo comma,
cod. civ. (non costituente donazione in senso stretto e perciò non soggetta alla forma propria di questa),
sussistendo tale ipotesi quando la elargizione si uniformi, anche sotto il profilo della proporzionalità alle
condizioni economiche dell'autore dell'atto, agli usi e costumi propri di una determinata occasione. Peraltro in
un caso isolato la Cassazione ha sostenuto che un'elargizione di gioielli fatta allo scopo di consentire la
prosecuzione di una convivenza, non é assimilabile alla liberalità d'uso ed ha pertanto, nella specie, di
conseguenza obbligato la donna alla restituzione del donato.
POSSESSO
L'azione di reintegrazione nelle possibili forme di spoglio possessorio
Corte Appello de L'Aquila, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 1020 - Rassegna di giurisprudenza (Lex24)
Possesso - Privazione anche parziale - Facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa - Restringimento o
riduzione - Integrazione obiettiva dello spoglio - Servitù di passaggio - Configurabilità - Fattispecie. (Cc, artt.
1051 e 1168)
La privazione anche solo parziale del possesso, la quale può manifestarsi con un atto che restringa o riduca
le facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa, oppure diminuisca o renda meno comodo l'esercizio del
possesso, è idonea ad integrare obiettivamente lo spoglio. In particolare le lavorazioni eseguite su una
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strada sulla quale grava una servitù di passaggio con mezzi meccanici, se impediscono od ostacolano il
transito di questi mezzi, integrano uno spoglio e non una turbativa della servitù. Allo stesso modo si
configura lo spoglio della servitù di passaggio ogni qualvolta il terzo opera (come nella specie) una riduzione
dell'ampiezza del passaggio medesimo, tale che questo non possa essere più esercitato nel modo e con i
mezzi attraverso i quali era in precedenza esercitato, poiché qualsiasi restringimento del sedimento stradale,
se attuato contro la volontà espressa o presunta del possessore del fondo dominante, costituisce una
illegittima modifica del precedente stato di fatto che integra gli estremi dello spoglio. Quanto alla violenza,
quale presupposto dell'azione di spoglio, la configurabilità della medesima implica che lo spoglio venga
commesso con atti arbitrari, i quali contro la volontà espressa o tacita del possessore tolgano a questo il
possesso o gliene impediscano l'esercizio, con la consapevolezza, da parte di chi commette lo spoglio, di
agire al fine di privare il possessore della cosa posseduta. L'animus spoliandi, invece, può ritenersi
sussistente ogni qualvolta vi sia coscienza e volontà dell'autore di compiere l'atto materiale nel quale si
sostanzia lo spoglio indipendentemente dalla convinzione dell'agente di operare secondo diritto. Rilevato
quanto innanzi, nella fattispecie concreta la configurabilità dell'azione di spoglio posta in essere dal
convenuto, per avere il medesimo apposto dei picchetti in ferro sulla strada oggetto della servitù di
passaggio dell'attore, in tal modo riducendone l'ampiezza, non viene meno a causa dell'accertata presenza
dell'attore al momento del posizionamento dei picchetti, in quanto egli nell'occasione a ciò fermamente si
opponeva.
Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza 12 ottobre 2011, n. 1020
Possesso - Azione di reintegrazione - Legittimazione del custode quale detentore qualificato del bene Obblighi del custode. (Cc, artt. 65, 67 e 560)
In merito all'azione di reintegrazione nel possesso, il custode giudiziario è da ritenersi un detentore
qualificato in quanto, ai sensi degli artt. 65 e 67 c.p.c., egli è gravato dall'obbligo di conservare la res
affidatagli usando la diligenza del buon padre di famiglia e di rendere il conto ai sensi dell'art. 560 c.p.c. Ne
consegue che il custode ha l'obbligo di recuperare il possesso della cosa ed ha la legittimazione attiva
nell'azione di spoglio anche nel proprio interesse non solo perché potrebbe chiedere un compenso ma
anche perché, ove anche debitore esecutato, può salvaguardare i propri interessi seguendo lo svolgimento
del processo esecutivo.
Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza 5 ottobre 2011, n. 988
Giudizio di merito possessorio - Cognizione piena - Oggetto - Presupposti di fatto e di diritto per
l'applicazione della invocata tutela possessoria - Titolarità da parte del ricorrente del cd. ius possessionis Alterazione del precedente stato di fatto - Imputabilità al resistente-convenuto dei fatti denunciati Accertamento - Fattispecie.
Il giudizio di merito possessorio, solo eventuale in seguito alla novella dell'art. 703 c.p.c., quale fase a
cognizione piena, successiva a quella interdittale a cognizione sommaria, conclusasi con una ordinanza
reclamabile di accoglimento o di rigetto del ricorso iniziale, è destinato a chiudersi con una sentenza
soggetta ai normali mezzi di impugnazione. Tale giudizio, in particolare, è volto ad accertare la sussistenza
dei presupposti di fatto e di diritto per l'applicazione della invocata tutela possessoria, nonché la titolarità da
parte del ricorrente del cd. ius possessionis, e dunque di un potere di fatto corrispondente all'esercizio di un
diritto reale, ovverosia di una detenzione qualificata, nonché l'avvenuta alterazione del precedente stato di
fatto ed infine la imputabilità al resistente-convenuto dei fatti denunciati. Nella specie il ricorrente agisce, ex
art. 1168, comma secondo, c.c. assumendo di essere, al momento dell'affermata lesione possessoria,
legittimo detentore del bene oggetto di spoglio in base ad un contratto di locazione tra le parti pacificamente
concluso, mentre il convenuto, pur non contestando di aver preso possesso dell'immobile con le modalità
contestate, eccepisce la insussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi del lamentato spoglio,
assumendo la intervenuta risoluzione di diritto del contratto. Le risultanze istruttorie consentono di
concludere per la fondatezza delle domande, anche perché è tutelabile ex art. 1168 c.c. anche lo spoglio del
locatore che, sostenendo l'intervenuta risoluzione di diritto del contratto, si faccia ragione da sé
impossessandosi dell'immobile locato, senza prima essersi munito di un valido titolo esecutivo di sfratto.
Tribunale di Bologna, Sezione 2 Civile, Sentenza 26 settembre 2011, n. 2680
Possesso - Azioni a difesa del possesso - Reintegrazione da spoglio - Atto di spoglio - Animus spoliandi - In
genere - Azioni a difesa del possesso - Reintegrazione - Atto di spoglio - "Animus spoliandi" - Ignoranza o
impossibilità di conoscenza dell'altrui possesso - Configurabilità dell' "animus" - Esclusione - Fondamento.
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Al fine della ricorrenza di un atto di spoglio denunciabile con azione di reintegrazione, l'"animus spoliandi"
postula la consapevolezza dell'autore di acquisire la cosa contro la volontà espressa o tacita del possessore;
detto requisito soggettivo, pertanto, deve essere escluso qualora risulti che, al momento della materiale
apprensione del bene, l'autore dello spoglio non conosceva e non era in grado di conoscere l'altrui
possesso, o di acquisire la cosa contro la volontà espressa o tacita del possessore.
Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 25 luglio 2011, n. 16236
Possesso - Azioni a difesa del possesso - Reintegrazione da spoglio - Termine utile - Osservanza Determinazione - Deposito del ricorso - Riferimento esclusivo - Necessità - Conseguenze in caso di
cancellazione della causa dal ruolo e successiva riassunzione.
Il termine annuale, previsto a pena di decadenza dall'art. 1168 cod. civ. per la proposizione dell'azione di
reintegrazione nel possesso, va determinato con riferimento alla data di deposito del ricorso, che individua
con certezza la reazione all'atto illecito; ne consegue che, ove l'originario giudizio sia stato cancellato dal
ruolo e poi riassunto, è alla data di deposito del primo ricorso che occorre fare riferimento, poiché il giudizio
è prorogato a seguito della riassunzione.
Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 20 luglio 2011, n. 15971
Possesso - Spoglio violento e clandestino - Tutela del possesso - Azione di reintegrazione - Termini
dell'azione - Esercizio dell'azione entro un anno dal sofferto spoglio - Clandestinità dello spoglio e
decorrenza del termine dalla scoperta dell'atto violatore del possesso.
L'esercizio dell'azione di reintegrazione è subordinate al rispetto del termine di decadenza di un anno,
decorrente dal momento del sofferto spoglio ovvero dalla sua scoperta nel caso in cui si sia verificato
all'insaputa del possessore, in maniera clandestina. La tempestività dell'azione deve essere provata
dall'attore ma solo nel caso in cui sia posta in discussione dal convenuto con l'eccezione di decadenza da
proporsi secondo le regole del rito civile. Qualora lo spoglio sia stato clandestino, difatti, colui che agisce in
possessoria ha l'onere di provare la tempestività dell'azione dimostrando solamente la clandestinità dell'atto
violatore del possesso e la data della scoperta di esso iniziando a decorrere, il termine annuale, dal
momento in cui cessa la clandestinità e lo spossessato viene a conoscenza dell'illecito ovvero sia in
condizione di averne conoscenza con l'uso della normale diligenza. Il convenuto, dal canto suo, ha l'onere di
dimostrare la tardività dell'zione; in mancanza essa deve ritenersi tempestiva.
Tribunale di Bari, Sezione 2 Civile, Sentenza 5 luglio 2011, n. 2383
Azione di reintegrazione nel possesso - Possesso - Interdizione del transito - Spoglio - Azione di
reintegrazione - Onere probatorio - Concetto di tolleranza atta ad escludere il possesso altrui
E' fondata e meritevole di accoglimento la domanda di reintegrazione nel possesso proposta in relazione
all'interdizione del transito opposto dalla convenuta, quale proprietaria del terreno su cui si trovi la strada
oggetto di servitù, allorquando la chiusura del fondo sia esercitata con modalità tali da ostruire l'ingresso ed il
transito a chi vi eserciti un possesso corrispondente ad una servitù di passaggio. In tal caso la chiusura
operata con l'apposizione di ostacoli atti ad impedire il transito, costituisce uno spoglio del possesso. In
materia possessoria è onere del ricorrente provare l'esistenza del possesso nonché di una condotta
qualificabile come molestia o spoglio; al resistente incombe l'onere di provare che l'esercizio del potere da
parte del primo avvenga per mera tolleranza intesa quale fatto impeditivo del sorgere del possesso altrui. La
tolleranza si caratterizza per l'accondiscenza del dominus del fondo al godimento altrui; essa è connessa ai
rapporti di vicinato, di parentela, di amicizia, di cortesia o di opportunità e si connota dalla consapevolezza di
costoro circa l'eventualità del sopravvenire di un legittimo divieto di utilizzo.
Tribunale di Perugia, Sezione 2 Civile, Sentenza 22 marzo 2011, n. 402
Possesso - Azioni a difesa del possesso - Azioni possessorie - Giudizio possessorio e petitorio (rapporto) Divieto di cumulo - In genere - Spoglio del possesso di servitù di passaggio - Ordine del giudice di ripristino
dello stato dei luoghi - Necessità - Contemporanea pendenza di giudizio petitorio sulla sussistenza del diritto
di servitù - Irrilevanza.
Allorché il giudice, accogliendo un ricorso possessorio, ordini allo spogliante di reintegrare lo spogliato nel
possesso di una servitù di passaggio, coessenziale al provvedimento in questione è l'ordine di riduzione in
pristino dello stato dei luoghi, se la modifica di essi ha reso impossibile l'esercizio del possesso della servitù,
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non ostando a tale pronuncia il divieto posto dall'art. 705 cod. proc. civ., che concerne il convenuto, e a nulla
rilevando che l'accertamento della sussistenza del diritto di servitù formi oggetto di un separato giudizio
petitorio.
Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 27 gennaio 2011, n. 1896
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