Scarica e leggi la Relazione di Giuseppe Guerini, Portavoce dell
Transcript
Scarica e leggi la Relazione di Giuseppe Guerini, Portavoce dell
Rigenerare l’Italia Equità fiscale per il welfare, il lavoro, lo sviluppo dei territori Roma 19 settembre 2013 Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari - Via di Campo Marzio, n. 78 Relazione di Giuseppe Guerini Portavoce dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Settore Sociale Care cooperatrici, cari cooperatori, Autorità, illustri ospiti, amici, colleghi, voglio innanzitutto ringraziare tutti voi per la partecipazione ai lavori di questa mattina. Ringrazio la Camera dei Deputati per l’ospitalità, col piacere di poterlo fare direttamente alla Vice presidente On. Marina Sereni che è qui con noi oggi; un ringraziamento anche al Senatore Tito Di Maggio per aver reso possibile lo svolgimento dei lavori in questa sede pubblica così prestigiosa. Questa ospitalità, per noi, assume anche una valenza simbolica poiché siedono oggi qui, dentro le Istituzioni, i dirigenti dell’Alleanza delle Cooperative Italiane del Settore sociale, ovvero cooperatori sociali che, da sempre, hanno inteso la loro come un’attività, che per obiettivi e contenuti, ha una forte vocazione pubblica, poiché ha lo scopo di costruire e garantire politiche di interesse generale, così come previsto dall’articolo 1 della legge che ha istituito le cooperative sociali. Ecco perché oggi siamo qui. Fedeli alla nostra missione, noi tutti, dirigenti delle cooperative sociali, vogliamo portare il nostro lavoro nel cuore delle Istituzioni democratiche del Paese con il preciso intento di mettere al centro dell’attenzione politica l’attività che, da anni, tutti noi realizziamo nel quotidiano per il bene del Paese ed a sostegno, innanzitutto, delle persone più deboli, più esposte, più sole. 1 Tutte le nostre attività, come il lavoro di cura, l’impegno sui temi educativi, nell’assistenza, l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e tante altre ancora, danno a noi tutti il coraggio necessario per affermare che il nostro primo desiderio ed il nostro principale compito è quello di impegnarci per “Rigenerare l’Italia” con il nostro stile, con il nostro peculiare modo di intraprendere attivamente la solidarietà e di promuovere l’autorganizzazione delle persone intorno ai loro bisogni. E’ questo il nostro modo di interpretare l’Impresa Sociale. Fare della solidarietà un valore imprenditoriale è il nostro desiderio e il nostro saper fare; mettere in gioco noi stessi nella relazione con l’altro per promuoverne l’emancipazione è il nostro rischio d’impresa. Grandi rischi, grandi desideri per un progetto concreto di tante persone che hanno investito nelle cooperative sociali italiane. Tante, tantissime persone, ed i dati lo dimostrano. Il Censimento ISTAT certifica che il settore più dinamico nel decennio 2001 – 2011 è proprio il nostro, quello della cooperazione sociale. Abbiamo fatto registrare, e dobbiamo esserne orgogliosi, le performance migliori rispetto a tutto il panorama imprenditoriale italiano, ma anche rispetto a tutto il non profit. In questo decennio il numero delle cooperative sociali è cresciuto del +98,5%, da 5.674 ad 11.264 coop sociali, mentre la crescita dell’occupazione è stata ancora superiore, ovvero del + 114,9%. Oggi gli occupati sono 365.006, i soci volontari sono 42.368. Rispetto all’incremento complessivo degli occupati nel non profit verificatosi tra il 2001 e il 2011 la cooperazione sociale ha contribuito con il 56,5%. In questo arco temporale di crescita occupazione limitata, la nostra cooperazione sociale ha contribuito per il 38% al saldo occupazionale complessivo in Italia. E lo abbiamo fatto garantendo la tenuta della coesione sociale del nostro Paese, anche e soprattutto in questi anni di crisi. Abbiamo stimato in circa 7 milioni le persone utenti che si interfacciano quotidianamente con i nostri servizi. Siamo oramai una grande infrastruttura di welfare, di politiche attive del lavoro, di sviluppo locale, siamo certamente la più grande rete d’impresa sociale d’Europa ed una delle più significative al mondo. 2 Forse anche per questo, l’interesse dell’Europa per le Imprese Sociali è cresciuto in modo esponenziale. E noi siamo quotidianamente in Europa a dimostrare che la più peculiare delle imprese sociali è proprio la cooperativa sociale secondo il modello Italiano. Negli ultimi anni a livello europeo, le più importanti iniziative di promozione dell’impresa sociale ci vedono pienamente coinvolti. Con l’Azione della Commissione Europea dell’ottobre 2011, l’impresa sociale è entrata tra le leve della strategia europea per uscire dalla crisi e per promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (Europa 2020). Entro quest’anno saranno approvate le nuove direttive europee su appalti e concessioni con misure specifiche per le imprese sociali di inserimento lavorativo e saranno finalmente riconosciute le clausole sociali sulla base del modello previsto dall’art. 5 della legge 381 del 1991 sulle cooperative sociali. Inoltre, la direttiva prevede l’obbligo di affidare gli appalti di servizi socio sanitari con la formula dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non col massimo ribasso. Sulla partita delle clausole sociali per l’inserimento lavorativo dopo l’approvazione della legge 381, l’Unione Europea aveva avviato una procedura di infrazione che aveva portato l’Italia ha modificare le previsioni sugli affidamenti. Noi italiani, in questo caso, non ci siamo fatti intimidire perché avevamo ragione. Era necessario che fosse l’Europa a cambiare posizione e così è successo. Ora quella norma italiana, che 20 anni fa si riteneva violasse la concorrenza, è stata pienamente recepita e diventerà una previsione della Direttiva Europea sugli appalti e sulle concessioni. Ciò conferma la nostra grande specificità cooperativa e le potenzialità della nostra interpretazione di non profit e di impresa sociale. Ma conferma anche che se le nostre idee sono buone, il dibattito europeo le sa recepire. Le nostre imprese sono anche uno dei cantieri più importanti di innovazione sociale. Oltre 60% delle cooperative sociali italiane ha realizzato nel corso degli ultimi tre anni attività innovative. Tra le cooperative che innovano il 37% ha sviluppato nuovi servizi, il 28% ha individuato nuovi utenti e il 60% ha attuato misure di miglioramento organizzativo interno. Il 59,7% delle cooperative sociali copre nuovi rischi, che risultano scoperti dal welfare “istituzionale”. In modo sbagliato ed ingeneroso, Eurofound, in una recente ricerca sulla “Social Innovation” ha definito il nostro Paese caratterizzato da una “scarsa propensione ad innovare”, forse perché troppi nelle istituzioni, nelle università, sui giornali si affannano alla ricerca di imprese sociali immaginarie e non vedono quelle reali che operano quotidianamente nei territori. 3 Per questo serve che noi tutti facciamo di più, comprendo che chi innova non ha molto tempo per comunicare quanto di buono sta facendo, ma così facendo rischiamo che la distanza tra chi parla e non fa e chi fa ma non parla, cresca! Siamo anche un motore di sviluppo del welfare, protagonisti attivi dei processi di cambiamento e di riorganizzazione della spesa sociale che stanno caratterizzando il sistema di protezione sociale del Paese. In forza della nostra natura giuridica privata, ma orientata ad una funzione pubblica, e in forza del fine sociale, noi siamo particolarmente adatti a svolgere le funzioni di innovazione del sistema dei servizi, perché incorporiamo, per definizione, l’attenzione ai bisogni. Al contempo la dimensione economica ed imprenditoriale del nostro agire ci spinge a porre grande attenzione all’uso delle risorse materiali ed immateriali. Nelle espressioni più autentiche, le nostre imprese, con il coinvolgimento delle comunità locali, ci consentono di fare emergere nuove risorse aggiuntive in termini di capitale sociale territoriale. Noi tutti siamo, quindi, sulla frontiera del cambiamento, sulla frontiera dell’inclusione, sulla frontiera dei bisogni sociali; bisogni che possono mutare, rafforzarsi, crescere in base all’evoluzione delle problematiche sociali: la nostra propensione ad innovare è, per così dire, incorporata nella nostra natura. Perché una cooperativa sociale, per essere impresa di comunità, si concepisce e realizza per soddisfare l’evoluzione dei bisogni e fornire risposte a bisogni emergenti, anche latenti, ad esempio quelli dei giovani disoccupati o dei disoccupati di lunga durata, dei residenti in aree svantaggiate o delle persone sole nelle grandi città, delle persone in condizione di vulnerabilità sociale, ma anche delle sempre più crescenti esigenze di carattere relazionale, educativo, di cura, che emergono in un ceto medio oramai sempre meno ceto e sempre meno medio. Molti sono i nostri impegni sui nuovi percorsi del welfare: le cure domiciliari, l’integrazione sociosanitaria, la riabilitazione, i servizi di sostegno alle famiglie, le tante esperienze di sanità leggera, che portano un’idea di “salute” che si fonda sulla capacità di presa in carico delle fragilità. Molte sono le innovazioni in corso, come la riqualificazione urbana e territoriale, il turismo sociale, l’agricoltura sociale, l’alleanza con l’alto di gamma delle imprese profit, le attività di sviluppo locale, le sperimentazioni di recupero di mestieri e territori. 4 Tutto ciò ha alla base la nostra vocazione a lavorare sulle potenzialità nascoste, di persone, territori, settori. Tutto ciò ha a che fare con il nostro desiderio di valorizzare i beni relazionali per restituire alle comunità anche l’uso di beni materiali, come in alcune interessanti esperienze di riqualificazione e riuso di aree dismesse o nel caso dei beni sequestrati al crimine organizzato. Innovazione significa per noi tutti anche l’allargamento del focus degli interventi verso quelle categorie di persone che non rientrano nel welfare tradizionale: i “nuovi rischi sociali”. I gruppi sociali interessati dalle conseguenze dei cambiamenti nel mercato del lavoro e nei rischi connessi con la precarietà dell’occupazione da un lato e coloro che vivono le modificazioni della struttura della famiglia: le donne sole con figli, i genitori separati, i minori non accompagnati, i lavoratori fragili. Le consolidate certezze vengono meno e il sistema welfare deve essere ripensato anche in funzione dei nuovi bisogni che vanno affrontati in una prospettiva non solo assistenziale ma anche e soprattutto promozionale. Noi dirigenti delle cooperative sociali cerchiamo sempre di dare risposte a queste domande prendendoci carico non solo delle persone svantaggiate ma anche di interi territori svantaggiati. Siamo un sistema sociale, imprenditoriale, economico, di rappresentanza che crea occupazione mettendosi al servizio della comunità, facendo della Solidarietà una delle nostre parole chiave, una parola che usiamo con orgoglio, insieme a Papa Francesco, che la scorsa settima, in visita al centro Astalli di Roma ha definito la”Solidarietà” questa parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. E’ quasi una parolaccia per loro. Ma è la nostra parola!” Ventidue anni fa il Parlamento Italiano ha riconosciuto e definito la funzione ed il ruolo delle cooperative sociali, ha assegnato un quadro giuridico specifico, ed ha così aperto, la strada alla riflessione sull’impresa sociale, oggi protagonista del dibattito economico a livello europeo. Il legislatore ci ha assegnato il compito di “perseguire l’interesse generale della comunità locale alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini”. Oggi vogliamo “rinnovare” questo patto sociale con le Istituzioni e col Paese, portare la nostra esperienza per ribadire che siamo pronti e disponibili a giocare quel ruolo che noi tutti oggi riteniamo indispensabile per “rigenerare” il Paese. Per risollevarlo dalle difficoltà in cui si trova, 5 dopo anni di crisi economica ma, soprattutto, dopo anni in cui le divaricazioni enormi che si sono create stanno alimentando ingiustizia sociale, diseguaglianza, disaggregazione. Negli ultimi anni troppe volte abbiamo sentito ripetere come un mantra che occorreva mettere in sicurezza i conti pubblici per salvare il Paese. Mettere in sicurezza i conti ha sempre voluto dire prima e soprattutto tagliare i servizi di welfare… con l’effetto incredibile che negli ultimi 10 anni la spesa pubblica è aumentata ed i servizi sono stati tagliati… (a quale messa in sicurezza si riferivano?) . A questo mantra è seguito quello dell’urgenza di rilanciare la crescita perché prima viene la ricchezza da produrre, e poi arriverà la mano pubblica a ridistribuire le risorse con i sistemi di welfare; il risultato è che, negli ultimi 20 anni, la ricchezza ha continuato ad accrescersi concentrandosi nelle mani di pochi, oppure ha preso le strade dei paradisi fiscali o dei patrimoni concentrati, mentre di crescita e sviluppo se ne è visto poco. Potremmo fare ancora altri esempi su pensioni, redditi, distribuzione del lavoro per mostrare che molto ancora bisogna fare per risollevare le sorti del nostro Paese perseguendo la via dell’equità. Il terzo mantra è quello della concorrenza come valore assoluto, come principio fondamentale intorno al quale si è tentato di costruire l’Unione Europea, facendo diventare quello che è un concetto che appartiene all’ordine degli “strumenti” del mercato una finalità o un valore assoluto. Occorre ribadirlo, e con forza, che la “concorrenza” è una condizione in cui realizzare regole di mercato, ma non può essere il valore unico intorno al quale il mercato si articola. Quindi, come tutte le condizioni, è subordinata ad una serie di valori: la libertà, l’uguaglianza, la dignità personale, il diritto alla cura e all’educazione, il lavoro, la sicurezza, la solidarietà. • Vogliamo allora provare a immaginarci un modello di sviluppo diverso? • Vogliamo riconoscere che una società più equa e giusta è la condizione più favorevole per garantire crescita, competitività e sviluppo? • Vogliamo riconoscere che in un Paese sviluppato il sistema di welfare e di protezione sociale è un fattore della crescita, un volano di sviluppo di importanza almeno equivalente a molti altri settori dell’economia? 6 • Vogliamo riconoscere che il mercato è libero realmente solo quando vi possono partecipare con pari condizioni una pluralità di soggetti diversi? Bisogna, quindi, coraggiosamente e di nuovo investire, magari prudentemente, ma certamente evitando misure recessive o penalizzanti soprattutto per chi crea e produce valore non solo per se ma anche per la comunità. Dobbiamo dichiarare concluso il tempo della celebrazione dell’avidità come valore, alimentato da Wall Street (molti ricorderanno Gordon Gekko nel film di Oliver Stone) e rimettere al centro la solidarietà e l’equità. Siamo convinti che un atteggiamo pubblico più orientato allo sviluppo alla fine produce anche stabilità. Riteniamo che si può provare a guardare i conti pubblici con più attenzione e meno immediatezza e che si possono trovare molte pieghe da analizzare con grande perseveranza, voci di spesa sulle quali fare risparmi riqualificando la spesa pubblica per invertire la logica di investimento delle risorse pubbliche, scegliendo ad esempio di tagliare gli investimenti che non sono generativi, che si esauriscono nella spesa realizzata senza dare corso a sviluppi ulteriori. Noi siamo convinti che in questa stagione più che mai la società italiana senta il bisogno di condividere un progetto sociale con le comunità di riferimento. Le cooperative sociali, insieme a molte altre realtà del terzo settore sono dei “Luoghi di vita” prima che delle aziende Onlus di erogazione di prestazioni, sono contesti che “generano” coesione sociale, relazioni, alimentano sentimenti di solidarietà e di vicinanza di cui c’è grande necessita. Sono proprio quelli che dovrebbero essere meglio sostenuti, magari semplicemente evitando di peggiorare il contesto in cui operano. A volte ci basterebbe che ci lasciassero lavorare! L’impresa cooperativa sociale può e deve essere uno strumento attraverso il quale mettere l’economia al servizio del bene comune, realizzando attività produttive di beni e servizi finalizzate a favorire coesione sociale e integrazione. Usiamo insieme questo potenziale. Ai decisori politici proponiamo di fare con noi questo salto di qualità. • Insieme possiamo affrontare la riduzione della spesa pubblica con la convinzione che è un problema serio ma non è una condanna; • la crisi del welfare pubblico statale, come lo abbiamo conosciuto, non è la fine del sistema di protezione sociale; 7 • la crisi dell’economia capitalistica speculativa non può essere la fine della società democratica o la rinuncia all’ideale europeo di un modello di coesione sociale inclusiva. Siamo, invece, convinti che la risposta alla giustizia sociale e all’equità non arriveranno più solo dallo Stato, non mai dal mercato, ma invece possono arrivare da una “rigenerazione” di un patto sociale che applichi il “metodo della cooperazione sociale” dove l’essere “terzo settore” non deve essere inteso come principio ordinatore, ma come principio dimensionale. Noi siamo e vogliamo essere la componente che può dare a Stato e Mercato la terza dimensione, quella della solidarietà… che poi se vogliamo è quella della fraternità, senza la quale libertà ed uguaglianza, rimangono principi asettici e spesso l’uno all’altro contrapposti … L’Alleanza delle Cooperative Sociali in nome delle oltre 9.600 cooperative imprese sociali aderenti, a nome degli oltre 350.000 lavoratori occupati, a tutela anche dei quasi 7 milioni di cittadini serviti, oggi qui chiede alle istituzioni di ridefinire l’ordine delle priorità con cui affrontare i problemi economici, del lavoro, della fiscalità, della giustizia sociale. Ed uno dei più grossi problemi, l’elemento che più ci preoccupa, è oggi certamente rappresentato dall’incremento dell’Iva per le attività socio sanitarie, educative e sociali che colpirà le prestazioni rese dalle nostre imprese sociali. A causa del provvedimento adottato dal precedente Governo, rischiamo ora di dover sostituire i tanti segni + con tanti segni – sia sul numero di servizi, che su quello degli occupati e persino sul numero di cooperative sociali. Le cooperative sociali hanno pazientemente dato infrastruttura al sistema di Welfare locale del nostro Paese, assicurando servizi per persone disabili, minori, anziani, famiglie, prevalentemente in collaborazione con i Comuni, ma anche dove la pubblica amministrazione non arriva, o paga con ritardi incredibili, ora su queste prestazioni rischia di abbattersi un incremento dell’aliquota IVA che rischia di cospargere sale sulla ferita aperta di un sistema di protezione sociale ampliamente provato e ridimensionato. Proprio in questo momento di grave crisi e di grave minaccia per le sorti del nostro Paese, la tenuta del sistema di coesione sociale richiede equità e giustizia. 8 Il sistema di Welfare può ricevere dal modello mutualistico della cooperazione sociale un contributo utile per avvicinare, in modo governato, la domanda organizzata e la risposta innovativa, flessibile ed efficace, accessibile alla maggioranza della popolazione. Le cooperative sociali complessivamente raggiungono circa 7 milioni di cittadini utenti dei servizi, in gran parte realizzati in collaborazione con i Comuni e le Aziende Sanitarie Locali. Tra questi cittadini, quelli direttamente colpiti dall’aumento dell’IVA, sono secondo le nostre stime 4 milioni di utenti. Su essi ricadrebbero i tagli dovuti all’aumento dell’IVA dal 4 al 10% dal 2014. Tra essi, 2 milioni 800 mila sono minori già gravemente esposti al rischio di esclusione sociale e già appartenenti a famiglie povere. Mentre, oltre un milione di persone non autosufficienti vedranno ridotti i servizi di assistenza domiciliare e le prestazioni nelle RSA. Questi sono, secondo i nostri dati, i risultati attesi per l’adozione di questo infelice provvedimento, e per il quale chiediamo un’assunzione responsabilità decisa ed immediata a tutte le forze politiche del Paese. Da questo provvedimento il Ministero dell’Economia e delle Finanze si attende entrate per 153 milioni di Euro, entrate che rischiano di non arrivare mai nelle casse dello stato, mentre è certo l’effetto di una considerevole perdita di posti di lavoro. Siamo certi che avremo almeno 42.800 licenziamenti. Ma altri ancora saranno gli effetti negativi. L’aumento dell’IVA allargherà l’area dell’evasione e dell’irregolarità del lavoro (la cooperazione sociale in questi anni ha invece fatto emergere migliaia di posti di lavoro regolare nel settore dell’assistenza); la misura produrrà un’enorme perdita occupazionale in un settore che, invece, potrebbe dare un contributo determinante alla creazione di nuova occupazione. Oltre a produrre gravi problemi alle famiglie, l’incremento IVA avrà l’effetto automatico di ridurre i consumi di queste persone e, quindi, di ridurre la loro contribuzione fiscale; vi sarà comunque spesa pubblica aggiuntiva, perché sarà necessario chiedere ed ottenere fondi per i licenziamenti (cassa integrazione in deroga, mobilità, disoccupazione). Secondo le analisi che abbiamo realizzato in questi mesi, si determinerà un impatto negativo per effetto di questo provvedimento che doveva portare nuovi incassi, ma in realtà si rischia di portare 313 milioni di euro di mancati introiti per le casse dello Stato, ovvero previdenza e imposte, dovuti 9 al fatto che 42.800 lavoratori perderebbero il lavoro e non verserebbero più queste tasse e i contributi. Inoltre, la cassa integrazione da versare per questi lavoratori costerebbe altri 300 milioni di euro. Complessivamente tra mancati introiti e cassa integrazione i costi per lo Stato sarebbero di 645 milioni di euro. Un risultato paradossale anche a fronte di una stima di copertura finanziaria prevista dalla legge di stabilità di 153 milioni di euro, nuove entrate peraltro virtuali perché sarebbe solo una partita di giro dalle casse degli Enti Locali a quelle dello Stato. In un colpo solo l’aumento dell’Iva sul welfare dal 4 al 10% provocherebbe la perdita di lavoro di 42.800 persone, un buco nelle casse dello Stato di 645 milioni di euro e la perdita di servizi per 4,3 milioni di persone in stato di bisogno. Effettivamente un capolavoro tecnico! È stato ripetutamente detto che questo intervento è stato richiesto dall’Europa, perché violerebbe il trattato sull’IVA, determinando un effetto distorsivo della concorrenza. A fronte di questa ipotesi, lo scorso anno il Governo Italiano, anziché interpretare le esigenze dei tanti cittadini che ricevono i servizi di cura delle cooperative sociali, ha ritenuto di adeguarsi alle richieste senza spendersi in un tentativo di difesa, senza risalire alle motivazioni e al senso per cui il legislatore nel 1991 aveva ritenuto di introdurre un regime IVA agevolato per le prestazioni di welfare rese da cooperative sociali. Ma occorre ribadire con forza e con chiarezza che nessuna procedura di infrazione era stata aperta su questa vicenda dalla Commissione Europea contro l’Italia, e siamo certi che nessuna procedura di infrazione verrebbe avviata né ora né mai se, come noi chiediamo, il Governo Italiano si assumerà l’impegno di spiegare le ragioni politiche, sociali, economiche che rendono deleterio, inutile e dannoso questo provvedimento… E così sull’altare della concorrenza si è deciso che potevano essere sacrificati 4,3 milioni di utenti e oltre 40 mila lavoratori… si è deciso, per l’ennesima volta, che la concorrenza è un valore superiore alla cura delle persone con disabilità, all’assistenza alle famiglie, all’educazione dei minori, al reinserimento sociale dei pazienti psichiatrici… Ma noi confidiamo nella politica. Sappiamo che le decisioni possono cambiare, che si può assumere un nuovo orientamento, che si possono acquisire informazioni nuove, che c’è un tempo anche per riflettere e per fare le scelte giuste. 10 Il tempo, cari amici, è questo. E’ questo il momento dove bisogna che ciascuno si assuma una forte responsabilità: se decide di “non cambiare” questo provvedimento, o, come chiediamo col cuore in mano, nel cambiarlo con forza, con vigore, con lungimiranza, con visione. Noi tutti qui presenti esortiamo il Governo ed il Parlamento ad essere Europeista convinto come lo siamo noi, ma lo esortiamo anche ad essere fino in fondo uno Stato Membro dell’Europa, uno stato membro...non uno Stato suddito! Occorre ripristinare il regime IVA e, a partire da questo, impegnarci per modificare insieme alle Istituzioni Europee nel processo che è stato avviato di rivisitazione complessiva del sistema dell’IVA agevolata… Infatti, è aperto a livello europeo un dossier sulle modifiche al regime IVA e alle aliquote agevolate dove sarà importante prevedere esplicitamente per le imprese sociali la possibilità di applicare l’IVA agevolata al 4% come previsto dalla legge italiana sulla cooperazione sociale. L'occasione di questo incontro così importante per noi, non si limita tuttavia a rivendicare il riconoscimento di quanto abbiamo realizzato e ad elencare i motivi per i quali riteniamo ingiusto e dannoso l’aumento dell'IVA sulle prestazioni socio-assistenziali ed educative. Noi vogliamo oggi lanciare anche alcune proposte di lavoro sulle quali impegnarci insieme ai decisori politici e alle altre forze sociali del Paese per salvaguardare quel patrimonio dell'umanità che é il "sistema di protezione sociale" . Elenco solo alcuni punti. Consapevole io e tutti noi consapevoli che queste sono solo alcune delle nostre sfide: • La non autosufficienza sarà l’emergenza sociale dei prossimi anni. Mentre possiamo sperare che lo spread migliori giorno dopo giorno, non possiamo sperare che nel 2020 in Italia gli anziani oltre i 75 anni, che saranno 7,5 milioni, ricevano adeguate cure se non lavoriamo subito per costruire risposte da costruire oggi. • Aumenta a dismisura la disoccupazione giovanile. Anche questo è un dato certo che richiede risposte, sulle quali noi abbiamo molto da dire, sia rispetto al Servizio Civile, sia rispetto l’inserimento lavorativo, sia rispetto alle tematiche educative. Possiamo immaginarci un 11 progetto che consenta alla cooperazione sociale di essere un grande incubatore e collettore per i giovani che non studiano e non lavorano, facendo in modo che essi dentro un’esperienza come quella del Servizio Civile, magari riorganizzato, possano entrare nelle reti di relazione. Non è un caso se circa il 40% dei migliaia di giovani che da noi hanno sperimentato questo mix tra ingresso soft nelle reti del mondo imprenditoriale ed acquisizione di competenze, sia ad oggi occupato. Possiamo fare molto, dentro le politiche attive del lavoro, con questo strumento. Siamo pronti a mettere a disposizione le nostre forze per questa emergenza. • Aumenta a dismisura la povertà assoluta e relativa, con le famiglie povere che hanno la necessità di presa in carico. Anche questa è una nostra sfida, così come lo è quella dell’inclusione delle persone immigrate, dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate. Su ciascuno di tali aspetti abbiamo proposte pronte, come quelle sul modello e sulla dimensione dei centri di accoglienza temporanea, oppure sui meccanismi di transizione tra imprese sociali e imprese ordinarie per le persone svantaggiate. • Aumenta terribilmente la fragilità delle famiglie e di conseguenza la fragilità dell’infanzia. Con troppe famiglie che seppure non siano ancora povere, lo sono in termini di relazioni. Anche su tale punto abbiamo idee, progetti, reti, strutture. • Aumenta il degrado dei beni culturali, dei beni comuni come parchi, giardini, monumenti, aree museali... Si può fare di più anche con proposte normative. Ci aveva provato qualche mese fa il Ministero dei Beni Culturali affinché fossero affidati al terzo settore, in modo semplificato, beni poco produttivi e molto costosi per la manutenzione. Ma la proposta è stata bocciata. Pensate quanto potrebbe essere utile affidare alla collettività riorganizzata in forma di Onlus, magari cooperativa sociale, un bene comune. Potremmo continuare un elenco di esempi sul legame tra cooperazione sociale ed imprese profit sul tema del welfare aziendale, o sul recupero dei mestieri o su altro ancora su cui stiamo già innovando, in silenzio nel quotidiano. Su tutte le grandi emergenze che attraversano il Paese e che noi cooperatori sociali incontriamo quotidianamente nei servizi, serve uno slancio. Noi abbiamo le nostre proposte che mettiamo a disposizione del Paese. Ed abbiamo la nostra idea di comunità, la nostra idea di investimento sulla ricostruzione dei legami sociali. In moltissime realtà le nostre cooperative operano come 12 generatori di welfare, di coesione, di socialità, di sviluppo locale, di valorizzazione dei beni culturali, dei beni comuni. Molte sono le sfide che dovremo affrontare. La nostra visione di economia e il nostro essere imprese sociali, porta nelle comunità una proposta di equità concreta e reale, vorremo che questa equità e questa sussidiarietà informassero maggiormente anche la dinamica fiscale; per questo non ci stanchiamo di dire che occorre tornare a parlare di persone, di famiglie, di lavoro e non solo di "cose" di proprietà. Il dibattito che per mesi ha bloccato la politica sull'IMU è esemplare di come troppe volte negli ultimi anni abbiamo parlato di oggetti, di cose, di immobili e non di persone, di significati, di esistenza... Vorremo uno Stato che davvero prova ad investire nel sostenere le famiglie, premiando chi investe nella cura prima che nei consumi. Negli ultimi anni molti sono stati gli incentivi fiscali, addirittura quasi per ogni bene materiale, dalle auto ai frigoriferi, dai pannelli solari alle finestre, mentre detrazioni e deduzioni per le famiglie che investono nella cura dei loro cari: anziani, disabili o bambini… rimangono inchiodate su cifre quasi irrilevanti. Vorremmo aprire un dibattito su tutto ciò e portare le nostre concrete proposte, che abbiamo nel cassetto oramai da molto. Ma sappiamo anche che bisogna fare il primo passo. Ed oggi il primo passo è eliminare il sasso dell’IVA, un macigno sulla testa delle famiglie, dei Comuni, dei servizi socio-assistenziali, educativi e sanitari. Portiamo il cuore oltre l’ostacolo, noi tutti qui presenti che rappresentiamo, ciascuno per la sua parte, un pezzo dell’infrastruttura democratica del Paese, un pezzo delle Istituzioni del Paese, noi tutti che decliniamo con soggettività diverse una funzione pubblica. Possiamo insieme tutti noi scrivere nuove pagine, meravigliose pagine, di politiche concrete per le famiglie, le comunità, le persone. Dobbiamo farlo. Noi ci impegneremo a farlo. Noi non rinunceremo a farlo! Grazie. 13