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XXV CONGRESSO NAZIONALE FCSA 13-15 Ottobre 2014 Hotel Savoia Regency - Bologna Assemblea dei Centri Relazione annuale Francesco Marongiu Sommario 1 DOAC e Centri FCSA 2 OpenAIFA-FCSA 3 Ruolo dei Centri FCSA 4 Documento Eparine FCSA 5 Situazione economica FCSA 2014 10000 AVK 1000 100 Log scale 10 57 Centri Totale pazienti: 95666 Pazienti seguiti per Centro: Mediana: 1250 95 % IC: 869-1819 Range: 20-7000 D’agostino: p<0.0001 30 Percentuale NOAC 25 20 15 10 5 0 N=57 Range: 0-30 % Mediana: 2.1 % 95 % IC: 1.6-3.7 % D’Agostino: p<0.0001 Perché i Centri hanno passato pochi pazienti ai DOAC ? Almeno fino ad ora. 1 Paura dei NOAC (eventi avversi, sanguinamento). 2 Rifiuto dei pazienti dopo le informazioni sui pro e contro. 3 Tempo necessario per farlo (oltre un’ora per paziente). 4 Paura di perdere i pazienti. 5 Alto TTR dei Centri (~70 %). 6 Scarso interesse dei Centri per i NOAC I DOAC devono essere utilizzati ? 1 I DOAC devono essere utilizzati perchè rappresentano un’occasione di crescita culturale importante per i Centri. Valutare un paziente è un atto clinico che va ben al di là della sorveglianza della TAO «classica». 2 Ma bisogna farlo bene e non in modo disinvolto come abbiamo visto fare. Le complicanze le abbiamo viste e le vedremo noi e non chi prescrive i DOAC. Incontro Open AIFA-FCSA Roma, 25 settembre 2014 Ore 13.00 FCSA: Federazione Centri per la diagnosi della trombosi e per la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche Scopo della richiesta di incontro Open AIFA 1) Richiesta di riesame dei criteri per la prescrivibilità degli anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K (NOAC). 2) Possibilità di inserire all’interno delle Aziende ospedaliere italiane i test per il dosaggio dell’attività anticoagulante dei NOAC. Prof. Francesco Marongiu (Cagliari), Presidente FCSA Dottor Cesare Manotti (Parma), Past President FCSA Dottoressa Sophie Testa (Cremona), Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio-Centro Emostasi e Trombosi, Ospedale di Cremona Prima richiesta a) Richiesta di riesame dei criteri per la prescrivibilità degli anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K (NOAC). In particolare si richiede l’inserimento degli specialisti operanti nei Centri Trombosi a prescindere dal tipo di specializzazione del personale medico che vi lavora. Questo sulla base dell’esperienza maturata in 25 anni. Rationale 1: I Centri Trombosi in Italia (circa 300), distribuiti su tutto il territorio nazionale operano da anni nel trattamento della terapia anticoagulante utilizzando criteri volti all’accreditamento del personale, della struttura e dei risultati clinici. Rationale 2: La precedente decisione CTS di limitare la prescrivibilità dei NOAC ai soli specialisti ematologi operanti nei Centri Trombosi sta creando delle importanti differenze regionali, che andrebbero sanate, in quanto hanno provocato grande confusione anche all’interno di alcune Regioni. Seconda richiesta b) Possibilità di inserire all’interno delle Aziende ospedaliere italiane i test dedicati ai NOAC (dosaggi plasmatici dell’attività anticoagulante) per garantire la sicurezza maggiore possibile ai pazienti avviati ai NOAC. I test sono da ritenere importanti soprattutto in occasione di interventi chirurgici in elezione o in emergenza, in occasione di sanguinamento maggiore o di procedure invasive. Possono poi essere utili utili anche nella valutazione dei livelli di farmaco in una condizione di stabilità anche alla luce del recente report di Boheringer I. (J American College Cardiology 2014; 63: 321-8) sull’ampia variabilità dei livelli di farmaco (dabigatran) nella popolazione dello studio clinico RE-LY. Ampia variabilità di risposta al dabigatran Le concentrazioni plasmatiche di dabigatran riferite a 8.449 pazienti dello studio RE-LY mostravano una concentrazione media a valle (12 ore dopo la precedente dose) di 64.7 and 91.0 ng/ml per dabigatran 110 mg e per dabigatran 150 mg rispettivamente. Le concentrazioni variavano molto: dal 10°al 90°percentile: 28.2 -155 ng/ml per dabigatran 110 mg e da 39.8 a 215 ng/ml per dabigatran 150 mg. Una variazione da 5 a 5.5 volte. J Am Coll Cardiol 2014; 63: 321-8 Questo ha prodotto un rischio importante sia per sanguinamento maggiore sia per cardioembolismo. La percentuale di eventi emorragici maggiori risultava doppia ad una concentrazione di dabigatran di 210 ng/ml. Il rischio per ictus ischemico cardioembolico aumentava del 50 % per una concentrazione di 28 ng/ml se confrontato con una concentrazione di 59 ng/m. J Am Coll Cardiol 2014; 63: 321-8 Sanguinamento maggiore (sinistra) e ictus ischemico (destra) versus le concentrazioni di dabigatran a valle in pazienti con fibrillazione atriale (età: 65, 75 e 85 anni). Covariate: sesso (nelle donne concentrazione maggiore del 30 %), precedente ictus ischemico e diabete. Come si vede l’età (concentrazione di dabigatran 68 % maggiore a 75 anni rispetto a chi ha < 65 anni), correlata alla funzione renale e alla concentrazione plasmatica di dabigatran, ha un peso significativo nell’indurre un aumentato rischio emorragico o cardioembolico. J Am Coll Cardiol 2014; 63: 321-8 Da qui nasce l’esigenza di effettuare i test relativi non solo alla concentrazione plasmatica-attività anticoagulante di dabigatran ma anche a quelli di rivaroxaban e apixaban (che dovrebbero essere resi ugualmente disponibili). I test, già presenti in commercio ed implementati nella maggioranza dei nostri Centri sono: il tempo di trombina diluito e la determinazione dell’attività ant-Xa per rivaroxaban e apixaban. Questa conclusione è anche supportata, nel luglio scorso, dal British Medical Journal (testo pdf allegato) che quest’anno ha affrontato il problema, relativo a dabigatran, indicando nel dosaggio plasmatico la possibilità di individuare la dose ma, secondariamente, anche il farmaco ideale nel singolo paziente (vedi diapositiva successiva). Verbale dell’incontro Open-AIFA del 25 settembre 2014 (ancora da validare da parte di AIFA) Il Prof. Marongiu, a nome dei 299 Centri Trombosi italiani (FCSA), ricorda il ruolo svolto da FCSA nei precedenti 25 anni nell’assistenza e nella ricerca nell’ambito della terapia anticoagulante e della trombosi. L’esperienza maturata da FCSA pone oggi l’Italia al primo posto in Europa per la qualità della terapia anticoagulante (dimostrata da anni attraverso l’esecuzione annuale obbligatorio del Controllo della Qualità del trattamento, valutazione del TTR da parte di ognuno dei Centri aderenti ad FCSA). Egli chiede, come primo punto, che la prescrivibilità degli anticoagulanti diretti (DOAC) sia estesa a tutti i Centri a prescindere dalla specializzazione di chi ci lavora. In particolare propone che la precedente determina di AIFA sulla prescrivibilità dei DOAC sia modificata inserendo anche gli specialisti in Patologia Clinica e Biochimica Clinica che lavorano nei Centri Emostasi e Trombosi, dal momento che hanno maturato una esperienza importante nell’ambito della terapia anticoagulante. E quindi la determina di AIFA potrebbe essere modificata nel modo seguente: DOAC: medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti - cardiologo, internista, neurologo, geriatra, ematologi, patologi clinici e biochimici clinici che lavorano nei centri di trombosi ed emostasi. Il DG di AIFA, Prof. Luca Pani, recepisce la richiesta e si impegna a portare questa istanza in sede di CTS. Verbale dell’incontro Open-AIFA del 25 settembre 2014 (ancora da validare da parte di AIFA) Come secondo punto all’OdG dell’incontro, il Prof. Marongiu chiede che i test specifici per la misurazione dell’attività anticoagulante dei DOAC (tempo di trombina diluito, (ecarin clotting time) attività anti.fattore Xa) siano resi disponibili negli Ospedali italiani in considerazione dall’ampia variabilità di risposta dei pazienti ai DOAC, per ora dimostrato con uno studio dedicato per Pradaxa (Reilly et al, JACC 2014), ma ricordando che esistono prove anche della variabilità individuale per gli altri DOAC. I test possono possono trovare indicazione in queste circostanze: a) in preparazione ad interventi chirurgici in elezione o in emergenza, b) in preparazione a manovre invasive c) in caso di eventi avversi (emorragici o tromboembolici d)in caso di inizio o termine di farmaci potenzialmente interferenti e) nel singolo paziente, in trattamento stabilizzato, per una valutazione della sua risposta. Il DG di AIFA, Prof. Pani, recepisce la richiesta e si impegna a portare questa istanza in sede di CTS. Proposta relativa alla prescrivibilità e rimborsabilità delle eparine a basso pm (EBPM) Oggetto: Richiesta di prescrivibilità e rimborsabilità delle EBPM nelle seguenti condizioni: a) gravidanza e puerperio a rischio per tromboembolismo. b) trattamento del tromboembolismo nel paziente neoplastico. c) sospensione degli anti-vitamina K (AVK) per manovre chirurgiche e/o invasive (bridging). d) pazienti in terapia con AVK nelle circostanze in cui l’INR non è nell’intervallo terapeutico (2.0-3.0). e) aumentato rischio emorragico. f) trattamento del tromboembolismo venoso in alternativa agli AVK e DOAC. Non sono stati inclusi i ricavi provenienti dalle sovvenzioni delle Industrie per questo Congresso, come da contratto. I proventi (circa 72.000 Euro) arriveranno dopo la chiusura del Congresso. Conclusioni 1 Le richieste portate in AIFA possono avere buone probabilità di successo. 2 La richiesta di prescrivibilità delle eparine spera di colmare un vuoto amministrativo che ci trasciniamo da anni. 3 Non è facile ottenere quanto chiediamo, ci vogliono anni ma occorre insistere. 4 La situazione economica di FCSA può definirsi buona. Gravidanza e puerperio a rischio per tromboembolismo. Motivo della richiesta: Garantire, attraverso una profilassi anti-trombotica con EBPM per tutta la gravidanza e il puerperio, la sicurezza massima possibile alle donne ad alto rischio tromboembolico o con aborti ripetuti in presenza o meno di trombofilia. Documentazione a supporto della richiesta Le EBPM non attraversano la placenta, sono sicure e non teratogene. Il trattamento del tromboembolismo in gravidanza è previsto da AIFA (www.farmaciegravidanza.gov.it). La profilassi con EBPM è raccomandata dalle linee guida della Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della trombosi (SISET) e dal British Committe for Standards in Haematology per tutta la gravidanza e il puerperio nelle donne positive per precedenti eventi tromboembolici venosi non provocati o in corso di trattamento con estro-progestinici indipendentemente dalla presenza di trombofilia. Nel caso in cui sia presente una condizione trombofilica, la profilassi è raccomandata da SISET in donne con deficit di Antitrombina, Proteina C, Proteina S e presenza confermata di anticorpi antifosfolipidi, fattori di rischio importanti per tromboembolismo venoso. Arya R. How I manage venous thromboembolism in pregnancy. Br J Haematol 2011;153:698-708. Lussana F, Dentali F, Abbate R et al. Screening for thrombophilia and antithrombotic prophylaxis in pregnancy: Guidelines of the Italian Society for Haemostasis and Thrombosis (SISET). Thromb Res 2009; 124: e19–e25. Baglin T, Gray E, Greaves M, et al. British Committee for Standards in Haematology. Clinical guidelines for testing for heritable thrombophilia. Br J Haematol 2010; 149: 209-220. Lussana F, Michiel Coppens M, Cattaneo M et al. Pregnancy-related venous thromboembolism: Risk and the effect of thromboprophylaxis. Thromb Res 2012; 129: 673–680. Gravidanza e puerperio a rischio per tromboembolismo Documentazione a supporto della richiesta Nel caso dei polimorfismi più comuni e più deboli come fattori di rischio (fattore V Leiden e mutazione della protrombina G20210A) la profilassi è raccomandata se sono presenti una familiarità per tromboembolismo venoso o altri fattori di rischio (obesità, età >35 anni, immobilizzazione etc). In tutte le precedenti condizioni la profilassi è raccomandata nel puerperio (6 settimane). La profilassi con EBPM è raccomandata da SISET nel caso di precedenti aborti ricorrenti altrimenti non spiegabili (definiti come un numero ≥ 3, o di 2 in presenza di almeno un cariotipo fetale normale) in presenza di documentata trombofilia congenita o acquisita, almeno una morte endouterina del feto (MEF), definito come una perdita fetale occorsa dalla 20a settimana di gestazione in poi di un feto morfologicamente normale. In casi selezionati la prescrizione di EBPM in gravidanza può essere indicata in presenza di precedente preeclampsia, ritardo di crescita intrauterino e distacco di placenta normalmente inserita. L’utilizzo delle eparine a basso pm è anche una possibile scelta nelle donne in gravidanza che siano portatrici di valvole cardiache meccaniche. Tormene D, Grandone E, De Stefano V et al. Obstetric complications and pregnancy-related VTE: effect of LMWH in carriers of factor V Leiden or prothrombin G20210A mutations. Thromb Haemost 2012; 107:477-84. Rodger MA(1), Carrier M, Le Gal G et al. Meta-analysis of low-molecular-weight heparin to prevent recurrent placenta-mediated pregnancy complications. Blood 2014; 123:822-8. Bates SM, Gree IA, Middeldorrp S et al. VTE, thrombophilia, antithrombotic therapy, and pregnancy. Antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed. ACCP Guidelines. Chest 2012; 141:691S-736S. Trattamento del tromboembolismo nel paziente neoplastico Motivo della richiesta: Permettere l’uso delle EBPM in pazienti con neoplasia e tromboembolia venosa. Documentazione a supporto della richiesta Il trattamento a lungo termine con EBPM del tromboembolismo venoso nei pazienti con neoplasia risulta statisticamente più efficace rispetto agli AVK in termini di recidive (HR 0.47; 95% CI 0.32 to 0.71) come risulta da una recente revisione sistematica su 10 studi clinici controllati per un totale di 1981 pazienti. La difficoltà nel mantenere i pazienti all’interno dell’intervallo terapeutico (2.0-3.0), quando si utilizzano gli AVK, rende non facile la gestione della terapia anticoagulante. Per un trattamento anticoagulante a breve termine (fino a 3 mesi) o per un periodo più lungo (oltre i tre mesi), le EBPM sono preferite agli AVK secondo le linee guida internazionali recentemente pubblicate sul trattamento e la profilassi del tromboembolismo venoso nei pazienti con neoplasia. Akl EA, Kahale L, Barba M et al. Anticoagulation for the long-term treatment of venous thromboembolism in patients with cancer. Cochrane Database Syst Rev. 2014 Jul 8;7:CD006650. Farge D, Debourdeau P, Beckers MJ et al. International clinical practice guidelines for the treatment and prophylaxis of venous thromboembolism in patients with cancer. Thromb Haemost 2013;11:56-70. Utlizzo delle EBPM nella sospensione egli AVK per manovre chirurgiche e/o invasive (bridging), in pazienti in terapia con AVK nelle circostanze in cui l’INR non è nell’intervallo terapeutico (2.03.0) e in pazienti con aumentato rischio emorragico. Motivo della richiesta Utilizzo delle EBPM nella sospensione degli AVK per manovre chirurgiche e/o invasive (bridging), in pazienti trattati con AVK quando l’INR non è nell’intervallo terapeutico (2.0-3.0) e in pazienti con aumentato rischio emorragico. Poter utilizzare le EBPM in queste condizioni per aumentare il più possibile la sicurezza dei pazienti ad alto-moderato rischio tromboembolico. Documentazione a supporto della richiesta Uno studio italiano prospettico e multicentrico, pubblicato su Circulation nel 2009, ha dimostrato come la procedura del bridging, cioè la sostituzione degli AVK con EBPM prima e subito dopo un intervento chirurgico o una procedura invasiva, sia sicura ed esponga il paziente a rischi emorragici e trombotici minimi. FCSA che ha indicato la possibilità di utilizzare il bridging, quando il valore di INR sia sub-terapeutico, soprattutto nei pazienti ad alto rischio tromboembolico. E’ pratica comune utilizzare le eparine a basso pm in tutti i pazienti con FA che devono iniziare un trattamento anticoagulante con AVK. Le EBPM sono poi utili nelle situazioni di aumentato rischio emorragico in cui la TAO risulti non indicata (es. sanguinamenti gastrointestinali, sanguinamenti intracranici recenti ecc). Pengo V, Cucchini U, Denas G et al. for the Italian Federation of Centers for the Diagnosis of Thrombosis and Management of Antithrombotic Therapies (FCSA), Standardized Low–Molecular-Weight Heparin Bridging Regimen in Outpatients on Oral Anticoagulants Undergoing Invasive Procedure or Surgery. An Inception Cohort Management Study. Circulation 2009;119;2920-2927 Douketis JD, Spyropoulos AC, Spencer FA et al. Perioperative management of antithrombotic therapy: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012;141(2 Suppl):e326S-50S. Trattamento con EBPM a lungo termine del tromboembolismo venoso Motivo della richiesta Poter trattare con EBPM a lungo termine (fino a 6 mesi) pazienti non eleggibili per AVK o DOAC tenendo conto delle preferenze dei pazienti. Documentazione a supporto della richiesta Le EBPM hanno dimostrato simile efficacia nel trattamento a lungo termine del tromboembolismo venoso quando confrontate con gli AVK (OR 0.80, 95% IC 0.54 - 1.18) secondo una recente revisione sistematica che ha preso in considerazione 15 studi clini controllati per un totale di 3197 pazienti . A vantaggio delle EBPM è risultato una riduzione importante del sanguinamento maggiore (OR 0.50, 95% IC 0.31 - 0.79). Questi risultati rafforzano il concetto, già presente in letteratura , che le EBPM possono rappresentare una valida alternativa agli AVK ma anche ai DOAC anche in considerazione delle preferenze dei pazienti. Andras A, Sala Tenna A, Crawford F. Vitamin K antagonists or low-molecular-weight heparin for the long term treatment of symptomatic venous thromboembolism. Cochrane Database Syst Rev. 2012 Oct 17;10:CD002001. Hull RD, Pineo GF, Brant RF et al. Self-managed long-term low-molecular-weight heparin therapy: the balance of benefits and harms. Am J Med. 2007;120:72-82. Kearon C, Akl EA, Comerota AJ et al. Antithrombotic therapy for VTE disease: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012;141(2 Suppl):e419S-94S. Nota finale Tutte queste particolari situazioni richiedono una valutazione con il supporto di un medico esperto in Trombosi ed Emostasi. Le EBPM hanno dimostrato sicurezza ed efficacia nel trattamento anticoagulante del tromboembolismo venoso. Questa considerazione vale anche per la gravidanza secondo le recenti determine di AIFA. Infine, l’utilizzo off-label delle EBPM * (comma 4-bis dell’articolo 1 del decreto legge 21 ottobre 1996, n 536 convertito in legge 23 dicembre 1996, n 648, aggiunto dalla recente legge 16 maggio 2014, n. 79 di conversione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36) in alcune situazioni come quelle che abbiamo riportato, in analogia ad altri presidi terapeutici, potrebbe risolvere le problematiche sopra-esposte. «4-bis. Anche se sussista altra alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), sono inseriti nell'elenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purché' tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza. In tal caso l'AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni.» .