GUIDO ASCANIO SFORZA Cardinale (1535

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GUIDO ASCANIO SFORZA Cardinale (1535
GUIDO ASCANIO SFORZA
Cardinale
(1535 - 1548)
-
Il Cardinale Guido Ascanio Sforza nacque sul finire del 1508 da Costanza Farnese, figlia di Alessandro e da Bosio conte di S. Fiora. A sedici anni, vivendo a Bologna, città nutrice delle ottime arti, si dedicò con fervore agli studi letterari nel collegio per i giovani della famiglia Farnese fondato poco prima da Pietro Ancarano
che era avvocato della stessa famiglia. Istruito in ogni sorta di studi secondo le abitudini del tempo, fu apprezzato da tutti non solo perché discendente di una nobilissima famiglia, ma anche perché ricco di ingegno.
Nel Concistoro del 18 dicembre 1534, con l'unanime consenso dei Cardinali,
venne eletto Cardinale con il titolo di Diacono dei Santi Vito e Modesto, diaconia che
poi, con il beneplacito di Paolo III, cambiò prima con quella di S. Maria in Cosmedin, e quindi con l'altra di S. Eustachio.
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Nel medesimo tempo in cui Alessandro e lui stesso, quale nipote di Paolo III,
vennero insigniti della porpora romana, ad ambedue turono portate e imposte le insegne cardinalizie da Del Monte, prefetto di Bologna, il quale in seguito, eletto Papa, fu chiamato Giulio III. (1)
Ancora fresco Cardinale, popolarmente conosciuto col nome di Cardinale di S.
Fiora, per quanto gli fu possibile, fece mostra della sua virtù e della sua abilità e per
questo venne nominato Vescovo di Parma e amministratore delle nostre diocesi.
Nel 1551 lo stesso Pontefice lo elesse Patriarca dAlessandria, e suo legato a Bologna e nell'Emilia e Camerario di Santa Romana Chiesa. Perché fornito di straordinario acume negli affari, da Paolo III fu inviato in Pannonia, allora in guerra contro i turchi, e con felice risultato, superò, a giudizio di tutti, la fama che si aveva della sua prudenza. Come arciprete della Basilica di S. Maria Maggiore e, servendosi dell'arte insigne di Michelangelo, fece costruire in quel tempio una cappella in onore dell'Assunta e vi fece apporre la seguente iscrizione:
" G U I D O A S C A N I O SFORZA
DIACONO CARDINALE DI S . FIORA
CAMERARIO DI SANTA ROMANA CHIESA
ARCIVESCOVO DI QUESTA BASILICA
Q U E S T A CAPPELLA DA LUI, MENTRE ERA IN VITA, INCOMINCIATA
VOLLE, IN FORZA DEL SUO TESTAMENTO, DOPO
LA SUA MORTE, A SUE SPESE, CHE VENISSE PORTATA
A COMPIMENTO DAI SUOI EREDI NELL'ANNO
1564"
Questa capnella fu poi terminata dal suo fratello Cardinale Alessandro Sforza
e vi fu apposto quanto segue:
"ALESSANDRO SFORZA
CARDINALE PRETE DI S A N T A ROMANA CHIESA
ARCIPRETE DI QUESTA BASILICA
LA CAPPELLA INIZIATA DA G U I D O A S C A N I O
SUO FRATELLO A SUE SPESE LA PORTÒ A
TERMINE IN ONORE DELLE S A N T E FLORA E
LUCILLA PATRONE DELLA SUA FAMIGLIA E
LA RESE PIÙ ADATTA AL CULTO E ABBELLITA
CON
i suoi
BENI. A N N O
1573"
Ma i ricordi della sua munificenza non si trovano soltanto a Roma e nelle chiese a lui affidate, ma specialmente nella nostra città. Infatti per innalzare la nostra
cattedrale con notevole dispendio, vi impiegò 30.000 scudi, la portò fino al primo
cornicione ed inoltre a sue spese fece il coro come lo attesta il suo stemma collocato in alto sull'arco. (2)
Pur preso da molti impegni, non trascurò il suo dovere pastorale di visitare la
nostra diocesi e lo fece nel 1542 tramite il suo vice Feliciano De Angelis e, dopo alcuni anni, per opera di Bartolomeo Venturelli, fervente devoto della Madre di Dio,
per ogni dove in tutte le chiese da lui governate, lasciò molti esempi di questa sua
povertà. (3)
Se ne morì nel 1564 a 45 anni presso Cremona, ma in diocesi di Parma e precisamente nel paese di Cunnedo dell'agro Mantovano, mentre visitava quei luoghi
della diocesi a lui affidata. (4)
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Il suo corpo venne poi trasportato a Roma e sepolto in S. Maria Maggiore secondo quanto aveva stabilito.
S t e m m a Sforza - Farnese
Lo stemma del card. Guido Ascanio Sforza, esistente all'interno
della Basilica di S. Margherita, risulta inquartato con quello della
famiglia Farnese in onore dell'allora pontefice Paolo III, il quale era
anche lo zio dello stesso cardinale Sforza
(1)
(2)
(3)
(4)
Pastor, op. c., voi. V, pag. 94 (nelle note).
De Angelis, op. c., pag. 59.
Acta della Curia Epis. Falis. - Sacre Visite.
Ciaconio, op. c., Tom. Ili, pag. 566.
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UBALDO BANDINELLI
(1548- 1551)
Ascanio Sforza, comunemente chiamato Cardinale di S. Fiora, come già detto, nel 1548 lasciò il governo delle diocesi, però con diritto di ritorno; nel medesimo anno, nominato da Paolo III, gli successe Ubaldo Bandinelli a lui legato da intima amicizia.
Nacque a Firenze dove percorse tutto il ciclo della letteratura cattivandosi,
presso tutti in poco tempo, una grande stima.
Divenuto sacerdote si rese famoso per la sua vasta cultura e per la facilità delle lingue cui specialmente lo portava il suo acutissimo ingegno.
Conseguì la dignità di sotto decano nel duomo di Firenze, poi eletto pastore della chiesa Falisco-Cornetana, dopo otto mesi rinunciò alla dignità ricevuta. (1)
Premuroso della salvezza delle anime, per largo e per lungo visitò la diocesi tramite Pompilio Giusti, suo vicario. (2) Ma non per molto governò la diocesi perché,
per la grande fama dei suoi meriti, nel 1551 fu chiamato a Roma da Giulio III, succeduto nel Pontificato a Paolo III; lochiamo perservissene nel disbrico dei gravis84
si mi negozi da cui era stretto. (3) Però in quel medesimo anno del suo rientro a Roma, a Roma morì.
Da Salvino fu giudicato integro di vita e illustre cultore di lettere; di lui si può trovare ricordo negli scritti di Flaminio e nelle lettere di Sadoleto.
Il suo corpo riposa in Roma nel tempio di Minerva presso l'acquasantiera.
(1 ) SALVINI - Catalogo cronologico dei canonici della Metropolitana di Firenze, opera a stampa del
sec. XVIII, pag. 91.
(2) Acta della Curia Falis.-Sacre Visite.
(3) UGHELLI, op. c „ Voi. I, pag. 1351.
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ACHILLE DE GRASSI
(1551 - 1555)
Achille De Grassi nacque a Bologna da Giovanni Antonio e Bianca Grate. Fin
da giovane attese allo studio delle buone arti nella sua città natale popolata allora da uomini dottissimi e nobilissimi e ben presto si fece notare per la sua erudizione e per il suo ingegno. Laureatosi in ambedue i diritti nel 1528 fu iscritto nei due
collegi canonico e civile. Nel 1545 nel duomo di Bologna ottenne la dignità di Arciprete, alla quale però rinunciò nel 1550. (1)
Dal Papa Paolo II, che fu un esperto scopritore di ingegni, nel 1545 fu scelto come auditore della Sacra Rota e in seguito onorato con nuovi impieghi.
Famoso ormai per molti sue benemerenze fu nominato Vescovo da Giulio III
e intraprese a governare le nostre chiese; ma vi rimase poco, perché dotto qual era, prese parte al Concilio di Trento e per due volte ne sottoscrisse i decreti e cioè il 25 gennaio e il 28 aprile 1552.
Tenendo conto dell'abilità di cui era fornito, il Papa Giulio III il 22 febbraio e di
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nuovo il 28 aprile dello stesso anno lo inviò come suo legato all'Imperatore Carlo
V per informarlo su alcuni punti del Concilio. Quindi il 26 dicembre del 1553 assolse l'ufficio di oratore presso il Prore di Napoli. (2)
Purtroppo, trovandosi impigliato in molti affari di quel tempo, non potè far nulla per il completamento della nostra Cattedrale. Morì a Roma l'8 Agosto 1555 e fu
sepolto in Santa Maria in Trastevere.
(1) tabularla della Curia Bolognese
(2) EUBEL, op.c.. Voi. Ili, pag 249
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CARLO DE GRASSI
Cardinale
Ad Achille, nel governo delle nostre diocesi succede il fratello Carlo. Bolognese anche lui e arciprete del duomo, per la sua esimia bontà e cultura, da Giulio III
viene annoverato fra i suoi camerieri segreti ed il 19 novembre del 1555, per i suoi
meriti a tutti noti, viene promosso a reggere le nostre diocesi. Sotto il regno di Pio
IV fu ascritto fra i chierici delle Camere apostoliche, si recò al Concilio di Trento dove profuse le sue fatiche ad utilità della Chiesa, e potè dar saggio non solo della sua
cultura, ma anche e specialmente della sua destrezza nel trattare gli affari più intricati. Per queste e per altre sue benemerenze da Pio V fu eletto prima governatore di Perugia e dell'Umbria e poi della città di Roma. Infine dal medesimo Papa
il 16 maggio del 1570 fu eletto quale quarto cardinale della medesima famiglia.
Superiore di molto a tutti gli altri padri e per acume d'ingegno e per pratica delle cause civili, riusci a mettere insieme, in comune alleanza contro i Turchi, lo stes88
so Pontefice Pio V, il Senato di Venezia ed il re di Spagna: quell'alleanza riportò per
la chiesa la famosa vittoria di Lepanto sul potentissimo tiranno dei Turchi. Oltre a
ciò, per comando dello stesso Papa Pio V, migliorò gli Uffici della curia Romana riformandoli secondo il diritto. (1)
Il 20 luglio del 1556, giorno dedicato alla Patrona S. Margherita, con l'applauso di tutti i cittadini, celebrò per la prima volta la messa nella nostra cattedrale benché non ancora ultimata e proprio per questo i cittadini lo colmarono di doni. Si dette da fare moltissimo perché le feste e i misteri della Santa Martire si svolgessero
secondo il rito e poi perché presto fosse portata a termine la costruzione del tempio; ma queste ripetute richieste dei cittadini non sortirono il loro effetto per il fatto che il Vescovo fu costretto, secondo la tradizione, a starsene lontano per moltissimo tempo dalla nostra città. (2)
Fedele ai decreti del Concilio di Trento nel 1556 non mancò di visitare la diocesi con zelo e con autorità; così viene attestato dalle visite pastorali conservate
nell'archivio Vescovile. (3) Scrisse anche un opuscolo contro gli assalti degli eretici e lo dedicò al Papa Giulio III.
Appena due anni dopo aver ricevuta la-porpora, a 52 anni, morì in Roma, la domenica del 24 marzo 1571. Fu sepolto sul Pincio nella chiesa della SS. Trinità col
seguente epitaffio:
A Dio OTTIMO MASSIMO
A CARLO DE GRASSI BOLOGNESE
CARDINALE DI SANTA ROMANA CHIESA
UOMO INSIGNE PER I N T E G R Ò DI VITA, ACUTO INGEGNO
E SAGACIA NEL DISBRIGO DEGLI AFFARI
CUI ATTESE PER VENTI ANNI
I FRATELLI POSERO AL FRATELLO BENEMERITO
VISSE 5 2 ANNI
E MORÌ IL 24 MARZO 1571. (4)
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(1)
(2)
(3)
(4)
CIACONIO, op.c., Tom. Ili, pag. 1046.
DE ANGELIS, op.c., pag. 61.
Acta della Curia Epis. Faliscod. - Sacre Visite, Voi. Il, tel. 81 e segg
Conf MORONIO: Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. Tom. XXXII, pag. 77.
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ALESSANDRO FARNESE
Cardinale
(1571)
Alessandro Farnese ottenne da Pio V nell'anno 1571 l'incarico di governare
la nostra diocesi. Non avendo lasciato nessuna memoria presso di noi, all'infuori
del nome, qui appresso riportiamo le parole con cui lo ricorda lo storico Giaconio:
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"Il romano Alessandro Farnese, discendente dell'antica e nobilissima
famiglia
dei Farnese che, da cinquecento anni per i monumenti lasciati è ancora famosa in
Orvieto, nacque il 7 ottobre 1520 da Pier Luigi duca di Parma e Piacenza e da Geroiama Orsini discendente anche lei da famiglia onestissima e di non minor nobiltà. Fin da piccolo si rese noto per la sua indole mite e virile insieme e lo dimostrò
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ancora meglio nell'attendere agli studi letterari di Bologna. Da Clemente VII fu eletto amministratore della Chiesa di Parma e da Paolo suo nonno all'età di 14 o 15
anni creato cardinale Diacono col titolo di S. Angelo in piazza dei Pesci. (2)
Il 13 di agosto lasciò la diaconia di S. Angelo e prese quella di S. Lorenzo in
Damaso; quindi fu scelto come primo fra tutti i Cardinali preti. Poi fu promosso vescovo della Sabina, di Tivoli, ecc."
Gerolamo Fracastoro, l'illustre poetasuo contemporaneo, esaltò con eleganti versi la porpora del giovane Alessandro Farnese. A sua volta il Vescovo di Carpentras si congratulò con lui per mezzo di lettera, per la sua nuova dignità. Chi poi
ne celebrò le doti dell'animo fu il celebre poeta del suo tempo Francesco Mario Molsa di Modena. Resse molte chiese e molte legazioni portò a termine.
In Roma fin dalle fondamenta eresse per i Padri della Compagnia di Gesù un
maestosissimo tempio; la Chiesa di Gesù. Ma non solo Roma arricchì con altre opere artistiche, anche altre città furono oggetto della sua beneficenza. Per cui non
oserei sostenere che chi proclamò questo famoso Cardinale come fonte di generosità, luce della famiglia Farnese, pacificatori di principi, protettore dei dotti, padre
dei pòveri, patrono delle Provincie, decoro di Roma e d'Italia, non andò lontano dal
vero.
Con quanta diligenza poi questo piissimo Cardinale si preparasse ad una santa morte, lo si può accennare con poche parole. Due anni prima di morire si scelse pochi compagni religiosi e con essi se ne fuggì lontano dal fracasso di Roma,
si recò in una sua villa ed ivi, dopo averfatto un severo esame di coscienza di tutta la sua vita, con una sincera confessione, ripulì la sua anima di tutte le sue mancanze e si rese ancora più generoso nelle opere di carità. Inoltre nei suoi colloqui
parlava spesso di paradiso; mentalmente contemplava il suo sepolcro; con maggiore attenzione rivolgeva spesso il suo pensiero a Dio, perché nella sua bontà, al
termine della sua vita, gli aprisse la vita ad una felice ed immortale salvezza. Ogni
settimana fece celebrare più messe per il perdono delle sue colpe, fece maggiore elargizione ai poveri, con vero spirito religioso volle visitare le note sette chiese
di Roma e chiese anche preghiere a non poche famiglie religiose maschili. Molto
a proposito dunque una volta il prudentissimo imperatore Carlo V così di lui sentenziò:
"Se il Collegio dei Cardinali si trova composto
nessuna parte si troverà un simile senato."
di tali uomini, certamente
da
Morì in Roma il 2 marzo 1589 all'età di 70 anni di cui 50 ne passò vestito di
porpora.
Quando il suo cadavere veniva trasportato alla chiesa del Gesù da lui, come
già detto, costruita per essere ivi tumulato, rimasero deserti i fori, le piazze, tutte le
vie, eccetto quella per cui passava il corteo funebre e avresti potuto vedere le lacrime di moltissimi che piangevano la perdita del padre della patria e dei poveri, lo
splendore della Curia, la gloria della porpora, il decoro dei presuli e la grande luce di tutta la Chiesa.
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y
(1) GIACONIO, op.c., tom. Ili, pag. 560 e seg.
(2) PASTOR, op. c., pag. 92 nelle note dove si legge che le insegne del Cairiinalato gli furono portate a Bologna.
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FERRANTE FARNESE
(1572 - 1573)
Le notizie relative a questo Vescovo le abbiamo prese dall'Ughelli:
I l primo settembre del 1572 ad Alessandro Farnese, che aveva rinunciato all'Episcopato di Monteflascone, succede come Vescovo Ferrante o Ferdinando Farnese, figlio di Pietro Bertoldo duca di Latera e di Italia Acquaviva, fratello di Mario
anche lui duca di Latera. Però, l'anno seguente, dopo il ritiro del Cardinale Alessandro Sforza, venne trasferito alla chiesa di Parma dove fu Vescovo per 31 anni. Tuttavia non fu affatto tranquillo il suo governo perché, mostrandosi acerrimo difensore della libertà religiosa e dei diritti della sua Chiesa, suscitò contro di sé l'odio dei
suoi congiunti: preferì volontariamente staccarsi dalla sua Chiesa piuttosto che ri-
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manervi a contemplare i violati diritti di libertà e di immunità.
Pertanto se ne morì nel suo paese di Latera, sede della sua famiglia, nel 1606
e fu sepolto nella t o m b a dei suoi antenati. Celebrò quattro Sinodi, l'ultimo dei quali nel 1606. (1)
(1) UGHELLI: op. c „ Tom II, pag. 191.
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FRANCESCO GUINIZIO
(1573 - 1578)
Pochi mesi dopo che Ferdinando fu traslato alla chiesa di Parma, fu eletto Vescovo delle nostre Francesco Guinizio, di Parma anche lui.
Nato da nobilissima famiglia, fin dall'inizio dei suoi studi, dette di sé ottime speranze. Infatti talmente spiccò e per dottrina ed ingegno da conseguire prestissimo
la laurea.
Per questo, la fama della sua cultura, aumentata dallo splendore dei suoi natali, non potè sfuggire al Papa Gregorio XIII che lo fece succedere il primo aprile del
1573 ad Alessandro Farnese.
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Vi è da rimpiangere che delle sue imprese niente arrivò fino a noi.
Nel libro dal titolo .'Tesoro della Chiesa di Parma" di lui si leggono soltanto le
notizie seguenti:
"Vescovi di Parma fuori patria
N. 13, Francesco Guinizio: ricevette le insegne del dottorato poco dopo l'anno
1537, numero di matricola 166: fu eletto Vescovo di Monteflascone il 1 0 aprile 1573,
morì poi nel 1578". (1)
(1) P. BORDONI "Tesoro della Chiesa di Parma" pag. 172 (Parma 1671)
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VINCENZO FUCHERIO
(1578 • 1580)
Non si ha nessuna certezza storica se Vincenzo Fucherio sia venuto a curare
le nostre chiese il 29 giugno 1578; a documentarlo che lui sia rimasto qui per qualche tempo, non vi sono prove di alcun genere. Si sa percerto però che godette grande stima presso il Papa Gregorio XIII, dal momento che fu inviato come compagno
del Cardinale Riario nella legazione al re Filippo di Spagna. Infatti è annoverato come vescovo.
Però, portato a termine in tutto e pertutto, secondo il desiderio del Papa, il suo
ufficio nella legazione del Cardinale, Fucherio morì in Ispagna. (1)
Riporterò qui appresso parola per parola ciò che di lui scrisse l'Ughelli e ciò che
si trova scritto nella serie dei Vescovi conservata nella grande sala del Palazzo Vescovile:
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Presso l'Ughelli:
"Vincenzo Fucherio eletto il 29 giugno 1578 mòri in Ispagna nel 1580 mentre
accompagnava il Cardinale Riario nella legazione al re Filippo di Spagna". (2)
Nel Palazzo Vescovile:
"Vincenzo Fucherio fu promosso alla cura di queste diocesi il 29 giugno 1578
dal Papa Gregorio XIII. Incontrò la morte in Ispagna nel mese di agosto del 1580
mentre accompagnava il Cardinale Riario legato del Papa a Filippo di Spagna e fu
sepolto colà".
(1) CIACONIO, op. c. Tom. IV, par 4
(2) UGHELLI, op. c „ Tom. I, pag
51
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GEROLAMO BENTIVOGLIO
(1580 - 1601)
Gerolamo, dei conti Bentivoglio, nacque a Gubbio in Umbria e ben presto si notò per la sua cultura. Accolto in seminario dove si formano i fanciulli e crescono alla speranza della Chiesa, raggiunta l'età del sacerdozio, fu ammesso a ricevere gli
ordini sacri secondo le leggi della Chiesa. In seguito resosi celebre per le sue virtù, il 30 settembre del 1580, dal Papa Gregorio XIII fu designato Vescovo della chiesa Falisco-Cornetana. Fornito in sommo grado di sapienza è di prudenza, amministrò molto santamente ambedue le diocesi.
Sul finire del secolo XVI chiese ed ottenne dalle autorità municipali i mezzi necessari per ultimare la costruzione della cattedrale.
Si procurò grandissimi meriti nei riguardi della cattedrale; infatti i monti di Tolta, che facevano parte della mensa vescovile, le affidò al pubblico erario ed otten100
ne che ogni anno venissero assegnati, da parte della Reverenda Camera Apostolica, duecento scudi afavore del nostro Capitolo e concesse al medesimo' i beni immobili che appartenevano al beneficio di S. Martino. (1)
Il 1° settembre del 1591 con solenne rito consacrò la chiesa dei Cappuccini dedicata alla Santa Martire Felicita. I Cappuccini ne fissarono la memoria in una lastra di marmo.
Nulla avendo più a cuore che prodigarsi per la salvezza delle anime; benché
quasi sfinito per la vecchiaia, neppure una sola volta tralasciò di farsi presente alla sua diocesi con la sua autorità.
Notissimo a tutti per questi ed altri meriti, finì i suoi giorni in Faliscoduno carico di età e di virtù.
Sepolto con grandissima partecipazione di popolo in cattedrale nella cappella di S. Martino, i canonici in segno di viva riconoscenza, affinché non si estinguesse il ricordo di un così illustre vescovo, posero nel sepolcro di marmo la seguente iscrizione:
^
" A G I R O L A M O DEI CONTI BENTIVOGLIO
DI G U B B I O / SOLERTISSIMO V E S C O V O DI
QUESTA CHIESA DI MONTEFLASCONE /
DOTTO IN GRECO E IN LATINO E IN
EBRAIO / CELEBRE PER DOTTRINA, PIETà
E SANTITà / A LUI CHE UNÌ QUESTA CAPPELLA
DI S . M A R T I N O ALLA MENSA CAPITOLARE:/
E OTTENNE CHE FOSSERO VERSATI DAI
SOMMI PONTEFICI, OGNI ANNO, DUECENTO SCUDI
A MANUTENZIONE E DECORO DELLA SACRESTIA.
C O M E V E S C O V O VISSE 2 1 ANNI MORÌ OTTUAGENARIO
IL 1 2 APRILE
1601.
Q U E S T A BEATA MEMORIA POSERO IL C A P I T O L O
E I CANONICI DELLA MEDESIMA CHIESA".
(1) DE ANGELIS, op. c „ pagg. 62-63 (nelle note)
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PAOLO EMILIO ZACCHIA
Cardinale
(1601 - 1605)
•
.
Al Vescovo Girolamo successe nelle nostre diocesi nel 1601 Paolo Emilio Zacchia.
Nacque nel 1554 a Veziano, in Liguria, nella diocesi di Luna, da Gaspare e Veronica Nobili, matrona illustre per bontà. Gli antenati della madre erano padroni di
Veziano e di moltissimi altri paesi all'intorno e per questo da principio non con altro cognome vollero essere chiamati che con quello di signori di Veziano poi con
quello di Nobili. Fu così che si resero famosi per nobiltà e dignità non solo nella corte romana, ma anche altrove.
Paolo Emilio studiò lettere a Pisa ed ivi conseguì la laurea in giurisprudenza.
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In seguito fu chiamato a Hom i d.iiio zio Marcello, allora canonico in S. Pietro, e particolarmente caro al P.ipa Clemente Vili e fu affidato come Uditore al Cardinale Pietro Donato Cesio
Ma poiché il Papa niente aveva più a cuore che di proclamare Cardinale Marcello, questi ricusò, adducendo come motivo di essere ormai vecchio e vicino a morire e pregò il Papa perché al suo posto, così grande onore, venisse concesso a titolo di amicizia e di famigliarità, e se lo credesse opportuno, a suo nepote Paolo Emilio, giovane esperto e di buone speranze per la Chiesa. Il Papa prese in buona
considerazione la conveniente richiesta del suo grande amico e prima nominò Paolo Emilio suo intimo cameriere segreto, poi Uditore per l'elargizione delle grazie,
quindi Commissario A.C. e infine protonotario di quelli chiamati partecipanti. Dopo
di ciò il Papa lo mandò suo legato al re cattolico di Spagna e al suo ritorno, come
premio per il suo dovere brillantemente compiuto, lo decorò con la sacra porpora
e lo annoverò fra i Cardinali preti col titolo di S. Marcello.
Insignito di questa nuova dignità, potè sbrigare con successo ogni specie di affari intimi e supremi: accrebbe così per sé, da parte del Papa, stima e benevolenza ogni giorno di più e si attirò l'ammirazione quasi di tutti.
Eletto Vescovo della chiesa Falisco-Cornetana prima di intraprendere il governo delle diocesi, fu consacrato dal medesimo Pontefice nella Basilica di S. Giovanni in Laterano. (1)
Subito, senza perder tempo, si recò a Faliscoduno e con ogni zelo si dette da
fare perché una buona volta venisse portato a termine l'edificio della Cattedrale,
d'accordo con le autorità comunali; a sue spese, innalzò il tempio fino al secondo
cornicione (2) e senza dubbio avrebbe completata tutta l'opera se non fosse stato impedito da una morte improvvisa.
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Fu preposto alla commissione per l'interpretazione delle leggi del Concilio di
Trento e assolse così bene il suo compito da rendersi noto per prudenza e fedeltà. Perqueste sue doti, nel Conclave per la no minadel successore di Clemente Vili,
insieme con Bianchetto, Baronio e con i Cardinali di S. Clemente fu stimato degno,
da non pochi elettori, di essere fatto Papa. Anzi, dal Collegio Cardinalizio, radunato in Conclave, fu tenuto in così grande considerazione da interrogare i medici per
sapere se Zacchia godesse di tale salute da sopportare il peso del papato. I medici risposero che Paolo presto sarebbe morto. Infatti, dopo pochi giorni, pieno di
meriti e di notorietà, morì in Roma nel 1605 e fu sepolto nella chiesa di S. Marcello di cui in vita aveva portato il titolo cardinalizio. (3)
(1) MORONI, op. c „ Voi. 103, pag. 359
(2) DE ANGELIS, op. c., pag. 63
(3) CIACONIO, op. c „ Tom. IV, pagg. 323-324.
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LAUDIVIO ZACCHIA
Cardinale
1605 - 1630
i
Subito dopo la sua morte, a Paolo Emilio, succede nell'episcopato, Laudivio,
fratello al fratello. Anche costui, come suo fratello, attese con piena dedizione allo studio di ambedue i diritti e a pieni voti ne conseguì il dottorato. Ritornato in patria sposò Laura,figlia del nobile Giovanni Battista e della nobile genovese Veronica Biassa e ne ebbe due figli. Morta la moglie si trasferì a Roma presso Paolo Emilio, suo fratello, il quale godeva di grandissima autorità presso il Papa Clemente Vili.
Alla morte del fratello, il 27 agosto del 1605, in luogo del fratello, viene elevato da Paolo V, successo a Clemente, a Vescovo delle nostre diocesi e, per di più,
dallo stesso Paolo V, a richiesta del cardinale Alessandrino, ottenne tutti quei benefici già posseduti dal fratello (1).
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Fin dagli inizi del suo governo, fu suo dovere di portare a termine tutte quelle
opere rimaste incompiute per la morte improvvisa di suo fratello e arricchì il tempio di organo e di cappelle, cose che mancavano al suo decoro.
Quindi con solide pietre ben lavorate cominciò ad innalzare la facciata del tempio, impiegandovi diverse migliaia di scudi (2).
Più volte con potere ed autorità, visitò la diocesi e vivamente si premurò perché la parola di Dio venisse annunziata da predicatori santi e dotti.
Per speciale permesso ottenuto dal Papa, in Montefiascone e in tutte le diocesi, sostituì le associazioni per l'insegnamento della dottrina cristiana, affinché i
bambini e i fedeli fossero istruiti sulle principali verità della fede. Fra gli altri benefici procurati alla chiesa Falisca, ultimo non è il dono dell'Arcipretato che eresse con
somma munificenza e lo dotò di un fondo ampio e ricco (3).
Fornito com'era di grandissima abilità nel disbrigo degli affari della chiesa, rappresentò il Papa Gregorio XV come nunzio apostolico presso la repubblica di Venezia. E compì così bene questa sua legazione che il Cardinale Ludovico Ludovisi, nepote del Papa Gregorio XV, ebbe a dire "che la Sede Apostolica fin' allora non
aveva altro ministro simile al nunzio di Venezia" (4).
Ne fu chiamato da Urbano Vili che prima lo fece prefetto della casa Pontificia
e poi nel 1626 Cardinale prete col titolo di S. Sisto, così chiamato per tutta la sua
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vita.
Sebbene assente governò la nostra chiesa fino al 1630, poi l'affidò a Gaspa
re Cecchinelli suo nipote da parte della sorella.
Morì in Roma, il 7 agosto 1637, lasciando grande desiderio di sé nella corte pon
tificia. Fu sepolto nella chiesa di S. Pietro in Vincoli ed ivi giace senza memoria.
1)
2)
3)
4)
Ciaconio, op. c., Tom IV, pagg. 324-25
De Angelis, op. c., pagg. 63-64
Acta della Curia Epis. Falis.
Moro'ni, op. c., Voi. 103, pagg. 359-60
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GASPARE CECGHINELLI
1630 - 1666
A succedere al Cardinale Laudivio Zacchia fu chiamato nel 1630 suo nipote, da
parte della sorella, il Sarzanese Gaspare Cecchinelli. Il quale per più anni aveva retto lodevolmente le nostre diocesi in assenza dello zio, impegnato in altri uffici, con
la qualifica di Vicario.
Non appena ne prese la direzione sua prima cura fu di portare a termine la facciata della cattedrale già iniziata dallo zio Zacchia e, a sue spese, costruì la cappelletta per la recita delle ore canoniche durante l'inverno. Il suo mirabile zelo nel
visitare la diocesi è attestato dai documenti custoditi in Episcopio. Per i poveri eresse il Monte dei Pegni che fu di grande aiuto al popolo.
In quel tempo sostituì col suo denaro la mancanza dei fondi, per mantenere il
tempio e la sacrestia (1). In occasione di una grave pestilenza che nel 1657 colpì
lo Stato Pontificio e la nostra città, da autentico pastore, tutto si dette alla salvez108
za delle anime. Fece ricorso a medici e medicine, ma purtroppo invano, perché il
morbo non si aggravasse maggiormente; non risparmiò né le case dei ricchi, né dei
poveri e ne perì la maggior parte dei cittadini.
In così grande disagio non venne mai meno la mirabile liberalità del Vescovo,
che, anzi, per venire in aiuto al vuoto erario del municipio, ben volentieri offrì tremila scudi (2).
iiiimiimiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiii|i
• iiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiiiiiiiiimiiiii
i n i n i n n i n u m i il m i M i n i m u m
A questo punto è doveroso e riconoscente il ricordo di quei non pochi cappuccini che di peste morirono mentre portavano aiuto ed assistenza agli appestati (3).
Dopo 36 anni di saggio governo, fra l'unanime compianto, morì in Faliscodurio e fu sepolto in Cattedrale.
109
(1) Curia Episc. Falis.: relazione della sacra Visita anno 1664.
(2) Tab. Falis. Riformanze tom. XXV, pag. 80.
(3) Vedi il necrologio serafico dei Minori Cappuccini di S. Francesco, Velletri, ex tipografia Luigi Cola, anno 1860. "Montefiascone: 2 c Agosto 1657, R.P. Giuseppe da Triponsio presso Norcia al secolo Nobili Lancellotti, oratore nel suo ordine e ottimo padre, il quale morì per soccorrere gli appestati, 15
settembre 1658 R.P. Francesco da Canino, predicatore, al tempo della peste, assistente spirituale del
prossimo, lo stesso alla fine morì come vittima della carità.
20 settembre 1658 Bernardino di Nepi, Sacerdote, che anche lui morì nel servire gli appestati
11 ottobre 1659 Giacomo da Picileone, Guardiano, che al tempo della peste spontaneamente si
offrì alla salvezza del prossimo e se ne morì vittima di carità.
110
I
Paluzio Albertoni Altierio
Cardinale
•
1666 - 1670
Il cardinale romano Paluzio Albertoni, volgarmente chiamato Alterio, di illustre
famiglia, fu spinto alla pratica delle virtù e delle buone arti e dalla sua indole e dalla premurosa educazione dei genitori; per questo fin da piccolo attese con diligenza a studiare quei rami del sapere sui quali si suole cimentare l'età giovanile.
Ancora giovane seguì la vocazione al sacerdozio e studiò giurisprudenza all'università di Perugia ed ivi ne conseguì la laurea. Il Papa Urbano Vili, per favorirne
il carattere e la grandezza della famiglia, lo ascrisse fra il clero della camera apostolica. Per le sue benemerenze acquisite nel disimpegno di questo ufficio, Alessandro VII pensò che fosse suo dovere proclamarlo non solo generale uditore del-
la Camera, ma anche di onorarlo con la sacra porpora. Quindi dallo stesso Papa
il 28 marzo 1666 fu consacrato vescovo di Montefalisco e Corneto.
Con pietà e solerzia prese cura del gregge a lui affidato. Con la sua vita ben regolata e frugale riuscì ad ottenere questo, di far bastare cioè i suoi grandissimi redditi di cui godeva, ma non sufficienti a sopportare i pesi del cardinalato.
Nel bel mezzo di questa sua attività per rendere maggior lustro alle cose sacre,
il 4 aprile 1670 il tempio di S. Margherita, per caso, viene distrutto da un furioso incendio. (1)
In quel tempo Paluzio non si trovava a Faliscoduno essendosi recato a Roma
a rendere omaggio a Clemente X innalzato al Soglio pontificio. A tale annunzio rimase profondamente addolorato e subito si recò dal Papa, il quale, informato dell'accaduto, rispose: "D'ora in poi la chiesa dei faliscodunesi mai più verrà distrutta da incendio". (2)
Ed infatti, come nota l'Ughelli, per opera del famoso architetto Fontana, "ricostruì con somma magnificenza la cattedrale spendendovi molte migliaia di scudi
d'oro, vi fece innalzare la cupola di così elegante bellezza che Roma dopo quella
di S. Pietro, non ne ha una migliore" (3).
A memoria del fatto i nostri antenati fecero scolpire due lastre di marmo una del112
le quali in cattedrale con la seguente iscrizione/
A CLEMENTE X PONTEFICE O T T I M O M A S S I M O
P E R C H é VOLLE CHE QUESTO TEMPIO DISTRUTTO
DA UN INCENDIO IMPROVVISAMENTE SVILUPPATOSI
VENISSE INNALZATO A CUPOLA PIÙ SPLENDIDAMENTE
DECORATO E PIÙ RICCAMENTE FORNITO E PER
SEMPRE RIMANERE PIÙ SOLIDO, PALUZIO ALTIERI
CARDINALE DI S . ROMANA CHIESA AL TEMPO DELL'INCENDIO
V E S C O V O DI QUESTA CHIESA CATTEDRALE E
QUINDI CAMERLENGO DELLA S . S E D E E
LEGATISSIMO AL MEDESIMO S O M M O PONTEFICE
PER VINCOLO DI SANGUE E DI ADOZIONE ED
INOLTRE CON ZELO E SPESE ATTENTO ALLA
RICOSTRUZIONE DI UNA COSÌ GRANDE OPERA
A RICORDO ETERNO DELLA STRETTISSIMA
VENERAZIONE SUA PROPRIA E DI TUTTI I FALISCI
NELL'ANNO DEL GIUBILEO 1 6 7 5 QUESTO MONUMENTO
POSE.
L'altra fu collocata sotto l'arco di piazza e porta la seguente iscrizione:
A L CARDINALE PALUZIO ALTIERI G i à VESCOVO
ED ORA PROTETTORE DI QUESTA
cirrà
CAMERLENGO
DI S . R . C H I E S A NEPOTE DEL P A P A CLEMENTE X
PERCHé RICOSTRUENDOLO RESE PIÙ MAGNIFICO
QUESTO PRINCIPALE TEMPIO ROVINATO DALL'INCENDIO
E CON L'IMPORVI SOPRA UNA CUPOLA LO FECE
PIÙ MAESTOSO E PERCHé ERESSE FIN DALLE FONDAMENTA
IL SEMINARIO PER L'EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ
CON LO STUDIO DELLE BELLE ARTI E INFINE PERCHé
PROFUSE MOLTISSIME E GRANDISSIME
BENEFICENZE UGUALMENTE PER IL BENE
PUBBLICO E PRIVATO IL MAGISTRATO DI
MONTEFALISCO PER RICONOSCENZA QUESTO
MONUMENTO POSE NELL'ANNO DEL GIUBILEO 1 6 7 5 .
In ossequio alle leggi del Sacro Concilio di Trento fondò un'opera che recò
grandissimi vantaggi alla città e consacrò la gloria del suo nome. Infatti, nella casa di S. Bartolomeo Apostolo istituì un convitto per i chierici e iniziò la costruzione
del Sacro Seminario che senza dubbio avrebbe portato a compimento se non fosse stato trasferito dalla nostra chiesa a quella di Ravenna. Nell'intraprendere una
tale impresa gli fu buon aiuto e buon consigliere il cellenese Giulio Bartolocci, come lo lascia intendere una iscrizione posta in suo onore dai nostri antenati nel seminario.
113
Eccone le parole:
IL CELLENESE G I U L I O BARTOLOCCI DELLA
CONGREGAZIONE DI S . BERNARDO DELL'ORDINE
RIFORMATO CISTERCENSE E ABBATE DI S .
SEBASTIANO ALLE CATACOMBE ILLUSTRE AUTORE
DELLA GRANDE B I B L I O T E C A RABBINICA PRESTÒ
OPERA E CONSIGLIO ALL'EMINENTISSIMO PALUZI
ALTIERI NOSTRO V E S C O V O NEL FONDARE IL
SEMINARIO DIOCESANO: ANNO 1 6 6 6 .
Inoltre fu insignito del grandissimo onore di Camerlengo di S. R. Chiesa dopo
aver rinunziato all'amministrazione del Vicariato gestito per pochi mesi.
Consolidarono la sua dignità le sue prefetture di Propaganda Fide e dei Brevi Apostolici, la procura del Santuario di Loreto, il Patrocinio dei Domenicani e dei
Carmelitani. (4)
Dopo aver compiuto questi ed altri incarichi mori in Roma il 29 giugno 1699 ed
ora riposa nella chiesa di S. Maria in Portico presso l'altare di S. Giovanni Battista
in una cappella da lui costruita: vi si legge solo il suo nome.
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«~
Famiglia Altieri
(1) D e A n g e l i s , op. c., p a g
Clemente X
183.
(2) Vedi la lettera del C a r d i n a l e Altieri c o n s e r v a t a nell'archivio del C a p i t o l o falisco.
(3) Ughelli, op. c „ tom. I, pag. 1354.
(4) Ciaconio, op. c., tom. IV, pagg. 7 5 7 - 7 5 8
114
p
V
DOMENICO MASSIMI
1671 - 1685
A Paluzio Altieri, che grandissima stima si era acquistato per aver innalzato nel
duomo una così maestosa cupola, successe come vescovo Domenico Massimi, di
lui non meno celebre per dottrina e per virtù.
Nato a Roma da nobile tamiglia, vi conseguì la laurea in ambedue i diritti dopo avervi percorso con diligenza tutti i settori dello studio.
Resosi famoso nella curia romana per le sue doti di prudenza, il 29 marzo 1671
dal Papa Clemente X fu messo a capo delle nostre chiese. Da quel Pontefice fu tenuto in così grande stima da raccomandarlo nella Bolla di nomina con queste parole: "Dopo diligente esame, alla presenza dei cardinali, sulla persona da scegliere per le medesime chiese unite, nessun altro abbiamo trovato così utile e promettente come te che sei nato in Roma, da nobile famiglia in leggittimo matrimonio e
già sacerdote da molti anni e così noto a noi per la sua cultura e onestà di vita, per
115
questo affidiamo a te la cura delle predette chiese". (1)
Fin dal suo ingresso in città non venne meno alle aspettative. Non si dette riposo pur di promuovere con ogni mezzo il bene delle anime a lui affidate.
Il 16 dicembre del 1675 furono aperte le porte della cattedrale e vi fu un grandissimo concorso di popolo e fra la letizia generale furono rese grazie a Dio per la
solenne inaugurazione del nuovo tempio. (2)
Amava il suo gregge più di se stesso e per provvedere al suo bene non tralasciò di visitare di persona più volte le diocesi, sempre dovunque accolto con la più
grande affabilità.
116
In questo suo donarsi a tutti governò con lodevole prudenza le due chiese e,
caro a tutti e ricco di meriti, venne a morte improvvisamente il 12 gennaio del 1685.
Grande fu il concorso dei suoi fedeli in occasione dei suoi funerali che ebbero luogo in cattedrale dove poi fu sepolto.
(1) Acta della Curia Epis. Falis., Voi. VI (Bolla di Clemente X, data in S. Maria Maggiore il 17 aprile dell'anno 1671.
(2) De Angelis, op. c. (pagg. 183-185 riporta la data del 16 dicembre 1674).
117
PARTE
SECONDA
A GIOVANNI ROSI
VESCOVO
DI
MONTEFIASCONE
Questi
brevi
a cominciare
diocesi,
accenni
che riguardano
dal Cardinal
Barbarigo
la vita e le opere
fino ai nostri
furono
da me compilati
nei momenti
Nel leggerli,
o Eccellentissimo
Presule,
nuovo
e che il mio unico
Mi rendo
conto
intento
fu quello
che l'opuscoletto
giorni
che altri, esperti
in lingua
tino con maggior
arte e maggiore
ricchezza
che
la
nostra
libero.
che nulla contengono
di renderli
più
è di ben scarno
forta la speranza
ressero
di tempo
vedrai
dei Vescovi,
di
noti.
valore,
però
latina e competenti
mi
con-
in storia,
trat-
ciò che io ho abbozzato
per
di-
letto.
Comunque
affetto
e della
io la dedico
mia devozione.
verno della diocesi
lo meno
della
merita
città,
Infatti
edificate
i fedeli
ai migliori.
due chiese
vengono
presule,
come
attestato
ciò che tu hai compiuto
di gran lunga sorpassa
la lode dovuta
furono
dei contadini;
a Te, o ottimo
ciò che fu fatto nel passato
Per tua inizativa,
completamente
continuamente
119
finora
istruiti
qui nei
nuove
a
nella dottrina
dei
mio
nel
go-
o per
dintorni
vantaggio
cattoli-
ca, e i sacerdoti
resi maggiormente
no 1927 venne
convocato
dediti alla pietà e alla disciplina.
un solenne
tare la catechesi
in tutta la diocesi;
se scorso
celebrato
zione
venne
di popolo.
tanto hai operato
lo affido
stenga
il congresso
Perciò,
di
incremen-
il tuo patrocinio,
con grande
il libretto
il mepartecipa-
se non a Te che
o grandissimo
presule,
che sia da Te ben accetto
a Te
e lo so-
bontà.
mi prostro
22 settembre
sotto
dedicare
dono e non dubito
speranza
allo scopo
eucaristico
a bene della diocesi?
con la tua ben nota
Faliscoduno
ed infine,
Che più? A chi dunque
come piccolo
Con questa
congresso
Nell'an-
a baciarti
il sacro
anello.
1928
Sac.
120
Luigi
Ceccarelli
Marco Antonio Barbarigo
Cardinale
1687 - 1706
Da antichissima e illustre famiglia, nacque a Venezia il 6 maggio 1640. Fin dai
primi suoi anni brillò per la sua indole fuori del comune e offrì molti esempi virtuosi che fin d'allora preannunziavano glorioso il suo futuro. Consacrato sacerdote,
stabilì di darsi tutto a Dio e fu sua specialissima cura di adunare fanciulli e fanciulle e istruirli nella dottrina cattolica. Chiamato a Padova dal Cardinale Gregorio Barbarigo, che allora governava quella diocesi, fu annoverato tra i principali canonici
e, dopo pochi anni, si recò a Roma e venne eletto Arcivescovo di Corfù. Senza indugio si recò a prendere possesso del suo nuovo incarico e fu cosa meravigliosa
la sua premura pastorale nel rialzare la disciplina del clero che lasciava molto a desiderare e il miglioramento che arrecò a quei popoli col suo zelo e la sua prudenti 2 1
za: lo attestano molti documenti. A causa di alcuni scontri col comandante Francesco Morosino, che aveva portato a svernare le sue truppe vittoriose contro i Turchi negli alloggi di Corfù, se ne venne a Roma. Il Papa Innocenzo, informato dell'accaduto, si congratulò con lui e in premio lo creò cardinale. Allora il medesimo
Papa, esperto conoscitore di uomini, fu in dubbio se crearlo o no capo dell'ufficio
per punire i criminali; lui spontaneamente ricusò a quell'incarico. Del resto il Papa,
si era già reso conto che il Barbarigo in nessun altro impiego sarebbe stato più adatto che a reggere una diocesi. Perciò, essendo vacanti da molto tempo le nostre
diocesi, ne fu eletto vescovo e nel finire del mese di ottobre del 1687 raggiunse per
la prima volta Montefiascone. Riferirò per sommi capi le sue notissime opere desumendole dalla vita del Barbarigo scritta da Alessandro Volpini.
Il movente principale nell'assolvere il suo dovere di pastore fu quello di impiegare ogni suo sforzo per la pietà e per la virtù. A norma del Concilio di Trento costruì un comodissimo Seminario che fu poi per sempre la pupilla dei suoi occhi; fondò, con l'aiuto di Dio, Padre di ogni ottimo consiglio, l'istituto delle Maestre Pie per
l'educazione morale e religiosa specialmente delle fanciulle del popolo; quindi fondò il monastero delle Suore del Divino Amore, trasformando quello preesistente
delle Clarisse; la sua norma di vita e la sua formazione furono adottate dalle altre
zone vicine e accolte ed approvate dalla stessa Roma. A Tarquinia, fra l'altro, aprì
un ospedale per le donne e un ospizio per gli uomini convalescenti. Il già ricordato Alessandro Volpini molti fatti ricorda della sua benevolenza e generosità verso
il popolo e specialmente del suo zelo per la salvezza delle anime. Per esempio, ne
riporterò quel solo che è ancora sulla bocca di tutti, come cioè, trovandosi a Roma
il 30 maggio 1695, gli fu riferito che in Faliscoduno vi era stato un improvviso e terribile terremoto. Il buon Cardinale ne rimase profondamente turbato e, senza perder tempo e per la via più breve, si diresse subito in diocesi. Con espressioni piene di affetto incoraggiò il suo popolo che in folla si era portato ad incontrarlo fuori la città e lo assicurò di ogni suo aiuto per ogni loro bisogno. "Si dice che di notte, in silenzio, a piedi nudi, percorresse tutta la città e che diporta in porta segnasse tutte le case col sacrosanto segno della croce per allontanare il doloroso flagello. In realtà il terremoto cessò: quel risultato non tanto fu ascritto al quietarsi delle forze naturali quanto, per voce di popolo, alla pietà del Cardinale". (1 )
Dopo aver governato le sue chiese per 19 anni con animo di vero pastore, il 26
maggio 1706 in fama di Santità e tra le lacrime e i gemiti di tutta la città, quale sincera testimonianza di amore e di riconoscenza, se ne volò al cielo. Fu sepolto con
gli altri vescovi nella cattedrale di Faliscoduno.
Giuseppe Sartini nel suo libro dal titolo "Vita dei professori illustri" lo giudica "lume dei Cardinali, fermissimo sostegno di tutte le nostre istituzioni, a noi donato dal
Signore... per quanto tu lo voglia lodare rimane sempre qualche cosa da lodare".
(2)
Degno anche di ricordo è il discorso del medesimo Sartini, tenuto alla presenza del Cardinale Garampi, del quale riportiamo qui alcuni passi. "Cultore esimio di
modestia e di integrità fin dalla sua giovinezza, col suo atteggiamento nel volto e
nel corpo manifestava lo straordinario candore del suo animo. Aspro con se stesso, dolce con gli altri, non respinse mai nessuno che volesse avvicinarlo.
Accolse
tutti amabilmente; umanissimo, aiutò tutti e fu sempre a disposizione di tutti. Pur attendendo a tutto, allorché aveva adempiuto in pieno il suo dovere di Vescovo, il tempo rimasto, che altri dedicavano al riposo o allo svago, lui lo consacrava o alla preghiera in ginocchio o allo studio attento delle opere dei padri e alla
contemplazione delle verità celesti". (3)
122
Nella chiesa del Seminario, scolpita in marmo, si legge la seguente iscrizione:
A M A R C O ANTONIO BARBARIGO
PATRIZIO VENETO
CARDINALE PRETE CON TITOLO DI S . M A R C O
VESCOVO DI MONTEFALISCO E CORNETO
PERCHé FIN DALLE FONDAMENTA
ERESSE QUESTI LOCALI E QUESTA CHIESA
NELLA FORMA E GRANDEZZA CHE SI AMMIRA
E LO ARRICCHÌ DI RENDITE SUFFICIENTI
A PAGARE ONESTAMENTE I PROFESSORI DELLE
SACRE DISCIPLINE E DELLE BUONE ARTI E DELLA
LINGUA LATINA, GRECA E EBRAICA E A
SOSTENERE LE SPESE NECESSARIE A
MANTENERE UN CERTO NUMERO DI CHIERICI
E PERCHé STABILÌ CHE TUTTI IN SEMINARIO
OGNI ANNO ALL'INIZIO DELL'ANNO SCOLASTICO
PER DIECI GIORNI PARTECIPASSERO A UN
CORSO DI ESERCIZI SPIRITUALI PREDICATI
DAI PLL OPERAI FATTI VENIRE A QUESTO SCOPO
LA CUI OPERA PIÙ VOLTE L'AVEVA RICONOSCIUTA
UTILISSIMA AD AMBEDUE LE DIOCESI,
PERCHé ORDINÒ CHE OGNI QUATTRO MESI CON
DODICI MESSE LETTE IN SUFFRAGIO DELLA SUA
ANIMA VENISSE CELEBRATO IL SOLENNE
ANNIVERSARIO PRIMA QUI E POI NELLA CATTEDRALE
DI CORNETO;
E INFINE PERCHé U S C I O TANTI ALTRI RICORDI
DELLA SUA PIETà E BENEFICENZA IN AMBEDUE
LE DIOCESI COSÌ CHE LA SUA MEMORIA RIMANGA
PER SEMPRE IN BENEDIZIONE,
GLI AMMINISTRATORI DEL SEMINARIO
COL CONSENSO DEL VESCOVO DI MONTEFALISCO E CORNETO
SEBASTIANO POMPILIO BONAVENTURA
PATRIZIO D'URBINO
AL PIISSIMO E MUNIFICENTISSIMO FONDATORE
PIUTTOSTO A SEGNO DI RICONOSCENZA CHE A
TOGLIERE DALL'OBLIO IL SUO NOME CHE
SARà RIPETUTO PRESSO I PIÙ LONTANI
POSTERI DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE
POSERO QUESTO MONUMENTO
NELL'ANNO DELLA RIACQUISTATA SALUTE 1 7 0 8 ,
MORÌ IL 2 6 - 5 - 1 7 0 6 ALL'ETà DI ANNI 6 6 .
Il nome di Barbarigo viene ancora ricordato ed onorato con viva riconoscenza
e non cesserà di vivere presso i posteri di un ricordo imperituro.
123
(1) VOLPINI, op. cit., pag. 117.
(2) SARTINI, op. cit., Vita di Alessandro Mazzinelli, pag. 35.
(3) Archivio Curia. Cart. Barb. doc. 14.
124
Sebastiano Pompili Bonaventura
Cardinale
1706 - 1734
Divenne Vescovo delle nostre diocesi lo stesso anno della morte del Barbarigo, su nomina del Papa Clemente XI.
Nato ad Urbino da nobile famiglia e proclamato dottore in utroque, dapprima fu
Canonico della chiesa di Urbino poi ricoprì la carica di Vicario nella medesima. A
Napoli, per ordine di Innocenzo XII, fu vice Arcivescovo e lo stesso lo fu di poi anche a Capua. Il 24 novembre del 1690, Alessandro Vili, fra la gioia di tutti, lo elevò a Vescovo di Gubbio e quindi da Clemente XI a Vescovo di Faliscoduno.
Seguì talmente gli esempi del Barbarigo da portare a compimento, quasi per
intero, tutte le sue opere. Infatti gli istituti che il Barbarigo non potè perfezionare per
la sua morte improvvisa, lui non solo le portò a compimento, ma anche, con opportune leggi e sanzioni, le suffragò stabilmente. Per il suo zelo e per il suo vivo inte125
ressamento incrementò talmente gli studi del Seminario che, per la fama dei suoi
insegnanti, dalla Sacra Congregazione di propaganga Fide, a questa palestra di
studi, vi furono mandati alunni e convittori; perdi più il Papa Clemente XI affidò ad
Alessandro Mazzinelli, allora rettore del Seminario e del collegio, dodici alunni di
Palermo per essere iniziati allo studio della teologia.
Sull'esempio del fondatore favorì con la sua generosità la scuola delle Maestre
Pie, molto a lui raccomandate dal Papa, sotto la direzione di Lucia Filippini. Nei documenti dell'archivio Vescovile così si legge: "Anche in ciò risplende la liberalità dello illustrissimo signore che di sua tasca sostenne le maestre Pie, impiegò i fondi necessari per il loro vitto, per le loro case e per il loro apostolato ed altre cose simili; tanto gli stava a cuore l'Istituto fondato dal suo Predecessore, così utile e benemerito per le anime." (1 ) Per conseguire un maggior grado di utilità fece stampare e distribuire agli insegnanti le regole così sapientemente formulate dal Barbarigo.
Nel 1710 celebrò il sinodo diocesano e ne fissò le norme e i decreti che consegnò ad Alessandro Mazzinelli perché con !a sua riconosciuta prudenza ed intelligenza le redigesse in armonia con le leggi canoniche. (2) Di poi, per autorità del
Papa Clemente XI, il primo settembre del 1719 unì in matrimonio Giacomo III re della Gran Bretagna e Clementina Sobieski e ne battezzò il primogenito l'ultimo giorno dell'anno 1720. Di che ne resta memoria nel palazzo episcopale con la seguente iscrizione scolpita nel marmo:
PER AUTORITà E SOTTO GLI AUSPICI
DEL PAPA CLEMENTE X I
SEBASTIANO POMPILI BONAVENTURA
VESCOVO DI MONTEFALISCO E CORNETO
IN QUESTA CAPPELLA
E SECONDO IL RITO DI SANTA ROMANA CHIESA
UNÌ IN MATRIMONIO
G I A C O M O III E MARIA CLEMENTINA SOBIESKI
NEPOTE DA PARTE DI SUO FIGLIO GIACOMO DI
GIOVANNI I I I RE DI POLONIA DI GLORIOSA
MEMORIA IL PRIMO SI SETTEMBRE DELL'ANNO
DELLA SALUTE 1 7 1 9 E A PERENNE MEMORIA
DEL FAUSTO AVVENIMENTO POSE IL MONUMENTO.
D E I MEDESIMI SPOSI REGALI IL PREDETTO
VESCOVO TRA LE PUBBLICHE MANIFESTAZIONI
DI GIOIA GENERALE IN ROMA NE BATTEZZÒ IL
PRIMOGENITO L'ULTIMO GIORNO DELL'ANNO 1 7 2 0 .
Nella sacrestia della Cattedrale si trova un dipinto su tavola del Conca nel quale si può ammirare quel regale matrimonio. Inoltre un altro ricordo esiste ancora nelle medesima sacrestia di così grande avvenimento e cioè un parato completo tessuto in oro mandato in dono al Capitolo dei Canonici. La sua bellezza e il suo valore è ancora oggi oggetto di grande ammirazione.
Pieno di meriti e di benemerenze verso le chiese di Faliscoduno e Corneto il 10
maggio del 1734 morì improvvisamente, in Piansano, durante la visita pastorale,
a 84 anni di età. Il suo corpo di notte, solennemente con straordinario concorso di
fedeli, fu trasportato a Faliscoduno e secondo il testamento, sepolto in Cattedrale tra il cordoglio ed il rimpianto di tutti.
126
(1) Archivio Curia Vesc. liber. visit. past. anno 1707, pag. 136.
(2) SARTINI, op. cit., Vita di Alessandro Mazzinelli, pag. 42.
127
POMPEO ALDOVRANDI
Cardinale
1734 - 1752
Creato Cardinale prete dal Papa Clemente XII il 7 marzo 1732, due anni dopo,
per le sue molte benemerenze acquisite dai suoi buoni risultati nel disbrigo degli affari, successe a Bonaventura Pompili, come Vescovo di queste nostre chiese. Non
appena il suo nome risuona alle nostre orecchie subito vengono ricordati i suoi
grandissimi benefici di cui rimangono ancora i segni. In qualità di Pro Datario di Benedetto XIV ottenne ad ambedue i capitoli l'onore di indossare la magna cappa quale loro particolare insegna di dignità.
Con la spesa di circa trentamila scudi rifece in forme più artistiche le cappelle
con i loro altari, organo compreso e per di più arricchì la stessa nicchia con la statua di S. Margherita e con l'altare maggiore. Riportò al primitivo splendore la chiesa di S. Flaviano già in rovina per la sua vecchiaia. Dotò di nuovi benefici anche il
128
palazzo episcopale e ne costruì un altro fin dalle fondamenta e, tra i due, vi allestì
un giardino ornato con cento statue di marmo allo scopo di rendere più accogliente l'abitazione. Di tutto ciò i canonici e i cappellani per riconoscenza posero questa iscrizione:
" A L VESCOVO CARDINALE ALDOVRANDI
PATRIARCA DI GERUSALEMME
PERCHÓ
RICOSTRUÌ
CON MAGGIOR DECORO
LA CHIESA DI S . FLAVIANO IN ROVINA
E IL PALAZZO EPISCOPALE RESO SQUALLIDO DAL TEMPO
E ORNÒ LA CATTEDRALE DELLA STATUA
DI MARMO DI S . MARGHERITA
E DI ALTARI DORATI COMPRESO QUELLO MAGGIORE
E QUALE PRO DATARIO E CON BOLLA
DI BENEDETTO DECIMO QUARTO
DECORÒ IL CAPITOLO CON L'INSEGNA DELLA CAPPA
PER RICONOSCENZA I CANONICI E CAPPELLANI POSERO:
ANNO DELLA SALUTE 1 7 4 7 "
Ma non basta. Fece costruire la porta maggiore che si apre sulla via che da Firenze conduce a Roma e ne aprì una nuova e comoda verso Viterbo. I nostri padri ne lasciarono memoria con la seguente iscrizione posta sul davanti della facciata:
"SOTTO IL REGNO DI BENEDETTO X I V PONTEFICE OTTIMO MASSIMO
LAMBERTINI DI BOLOGNA
IL VESCOVO CARDINALE POMPEO ALDOVRANDI
IN QUESTO INCROCIO DI VIE CHE RESE PIÙ
PERCORRIBILI CON LA COSTRUZIONE ANCHE DI UN PONTE
E APRÌ CON MAGGIORE DECORO LA NUOVA PORTA
NELL'ANNO
1744".
Sua ferma intenzione fu quella di metter mano ad altre opere e a portarle a compimento, ma non ne ebbe tempo. Dopotutto nessuno potrà mai dimenticare che separò il Seminario dalla strada pubblica dopo averne rimosse le macerie del muro.
Vi è però da lamentare che il Buon Presule, preso da mille occupazioni, trascurò quasi del tutto gli studi del seminario. Infatti in quel periodo di tempo "le lettere
del nostro Seminario, colpite da un duro destino, giacevano morte e sepolte da un
cumulo di dimenticanze". (1)
Pur tuttavia non mancarono uomini insigni che illustrarono, e il Seminario e la
chiesa, con le loro nobili azioni. (2) Dopo aver portato a termine il suo ufficio di legato per circa sei anni in Ravenna, mentre, ormai libero dal suo impegno, si affrettava a ritornare a Faliscoduno, dopo diciotto anni compiuti di governo, fu sorpreso
dalla morte il 6 gennaio del 1752. Il suo corpo fu trasportato a Bologna e sepolto
nella cappella gentilizia di S. Petronio, ma le sue viscere sono custodite in Faliscoduno, in Cattedrale, nella Cappella del Santissimo Rosario.
129
(1) SARTINI, op. c., Vita Bassani pag. 50.
(2) PIETRO BERGAMASCHI, Vita del Servo di Dio Marco Antonio Barbadico, voi. 2, pag. 480.
130
MARIO ANTONIO MAFFEI
Vescovo
(1752 - 1753)
Nato a Monte Grimano in Emilia, dapprima fu Vescovo di Foligno, da Benedetto XIV, il 1-3-1752, fu scelto a reggere le nostre Chiese col titolo di Vicario apostolico. Per circa due anni attese a questo ufficio e lo compì con soddisfazione generale. Visitò al completo le due diocesi, ne rimosse, con ogni sua energia, i molti abusi e fece rifiorire la disciplina andata in disuso.
Per provvedere alla gloria e alla fama del Seminario e fomentarne gli studi, quasi del tutto compromessi, con l'aiuto del Papa Benedetto XIV al quale dispiaceva
che il domicilio delle muse, già da tempo molto fiorente e pieno di splendore anche
presso gli stranieri, fosse così trascurato, fece venire illustrissimi professori, e cioè Giuseppe Frassenio dei Frati conventuali per la scuola di filosofia e matematica,
e il canonico di Concordia, Andrea Bassano, per l'insegnamento della retorica e del
131
t
greco. "Bassàno obbediente alla voce del Papa si recò subito in questo Seminario e, per prima cosa nell'inaugurazione solenne dell'anno scolastico, tenne uno
splendido e dotto discorso in greco, dedicato poi al Papa e stampato in Roma il
1752. Fu anche per sei anni e cioè fino alla morte, prefetto degli studi, compito questo sommamente importante e pieno di gloria, ma anche di responsabilità e lo esercitò con così grande perizia e zelo e così grande vantaggio della gioventù studiosa da lasciare presso tutti una indimenticabile memoria. Questo solo voglio ricordare che Bassano dette inizio al secolo aureo della lingua latina e ne fece perpetuo dono alla nostra città". (1)
Per essere accolto con maggiore gioia nei singoli paesi della diocesi, si faceva prevenire da speciali corsi di predicazione al popolo tenuti dai religiosi Vincenziani, noti per la loro pietà e carità. Tutto ciò, comprovato da personale esperienza, fu riferito al Papa che ne rimase ammirato e ne lodò moltissimo il Vescovo.
Come già detto, dopo due anni di duro lavoro "in tutti i luoghi difficili e scabrosi delle due diocesi governate con vera prudenza e abilità" (2) se ne ritornò a Foligno dove, ricco di meriti e sfinito dalla vecchiaia, rese l'anima a Dio.
(1) SARTINI, op. c., Vita Bassani, pagg. 51-52
(2) IDEM, pag. 51.
132
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SAVERIO GIUSTINIANI
Vescovo
(1753 - 1771)
Saverio Giustiniani nacque a Genova da antichissima famiglia e, da Benedetto XIII, per la sua conoscenza profonda di ambedue i diritti, fu annoverato tra gli avvocati concistoriali.
Sappiamo che dal Papa Clemente XII fu assegnato nella curia Romana all'amministrazione di molte e grandi cose. Da Benedetto gli venne affidata la procura dello Stato di Avignone e della Basilica di Loreto e dallo stesso Papa, per la sua a lui
ben nota condotta di vita integra ed onesta, fu indotto a consacrarsi alla Chiesa e,
dopo averlo adottato come membro della sua famiglia e avergli assicurato un'altis133
sima dignità lo ordinò sacerdote nella Basilica di S. Maria Maggiore.
L'accortissimo Papa, non soddisfatto di una così straordinaria testimonianza
della sua stima, affincé sempre più risplendessero le doti di cui era ben fornito Giustiniani, il 9 dicembre del 1753 lo promosse Vescovo delle nostre Chiese. Compreso della sua dignità superò tutti nell'esempio delle virtù, ma straordinario fu specialmente nella carità di cui ne parlano i vecchi e continuerà a fiorire per sempre.
La ricorda e la ricorderà ancora in modo particolare Montefalisco e tutta la diocesi: infatti al tempo di una durissima carestia che tenne tutti in ansia di morire di
fame, la città, per le sue iniziative, spese e preoccupazioni, fu sollevata dalle sue
pene e del tutto liberata.
La sua carità viene ancora ricordata dalla chiesa di Corneto la cui cattedrale
rozza e mal combinata la riportò ad una forma più elegante e nobile.
La ricordano gli istituti religiosi femminili ridotti quasi alla fame per mancanza
di mezzi.
La ricorda finalmente il seminario arricchito da lui da tanti benefici. Infatti fece
venire qui maestri preparatissimi per insegnare ai giovani tutto lo scibile.
Sostituì Andrea Bassani, morto fra l'universale cordoglio, con il nostro canonico Giovan Battista Casti. Tuttavia un tale personaggio, se spiccava fra gli altri del
suo tempo per ingegno e conoscenza delle lettere di cui molte prove aveva già dato, sembrava poco raccomandabile a far scuola ai giovani. Per cui, approfittando
di una buona occasione, gentilmente il Vescovo lo rimosse dall'insegnamento. (1 )
Ma, perché nessun vuoto in seguito ci fosse nell'insegnamento delle lettere, fece venire da Milano Paolo Lucinio dotto e virtuoso Sacerdote. Lucinio, adattandosi al costume del luogo, rispose pienamente all'aspettativa di tutti, favorendo le esercitazioni letterarie che si solevano tenere ogni anno.
Nell'accademia dell'anno 1765 in onore di S. Margherita, così fu salutato il Vescovo Saverio: "O ammiratissimo Presule Saverio Giustiniani, poiché da sempre
è tua principalissima cura l'incremento della religione e mai niente da te ci è stato
maggiormente raccomandato di non separare le nobili arti e gli studi letterari per cui
ci prepariamo ad essere buoni ed onorati cittadini, dall'amore alla pietà, il giorno festivo d'oggi ci offre l'occasione bellissima per assicurarti qui davanti a tutti che questo tuo volere questi tuoi sapientissimi desideri mai da noi furono trascurati". (2)
Sotto il suo Episcopato, il Seminario accolse fra le sue mura Vincenzo Strambi, fattosi poi passionista e quindi Vescovo di Macerata, il Papa Pio XI lo ascrisse
nella schiera dei beati in occasione del primo Sacro Giubileo del nostro secolo.
Dopo 83 anni completi e pienamente vissuti, il 13 gennaio 1771 piamente morì in Montefalisco, ed ivi sepolto in Cattedrale dove fu trasportato alla presenza di
ogni ordine cittadino e fra il cordoglio di una grande folla di popolo. (3)
Vi apposero la seguente iscrizione scolpita nel marmo:
" Q u i RIPOSA IL CORPO
DI SAVERIO GIUSTINIANI
VESCOVO DI MONTEFALISCO E CORNETO
PREGATE PER LUI
VISSE OTTANTATRE ANNI
M O R Ì IL 1 3 GENNAIO 1 7 7 1 " . ( 4 )
134
(1) PIETRO BERGAMASCHI, op.c., pag. 505.
(2) PAOLO LUCIN1, Accademia della Santa Margherita, pag. 1.
(3) GIUSEPPE SARTINI tesse l'elogio delle precarie virtù di Giustiniani con discorso stampato dalla tipografia del Seminario e del Collegio 1771.
(4) DE ANGELIS, Commentano storico-critico sulle origini e le ricerche della Città e Chiesa Catt di Montefiascone, pag. 177.
135
FRANCESCO MARIA BANDITI
Cardinale
(1772 - 1775)
Francesco Maria Banditi di Rimini, ancora fanciullo, entrò nella compagnia dei
teatini: vi assolse diversi incarichi e per la sua singolare prudenza e santità di vita per ben due volte all'unanimità ne fu eletto Superiore generale. Eccellente predicatore della parola di Dio, salì sui più rinomati pulpiti; si acquistò una grande fama ed insieme promosse un grande bene alle anime. Mentre se ne stava a Rimini a riposarsi dalle sue fatiche, dal Papa Clemente XIV, a lui che non lo voleva e che
anzi positivamente lo rifiutava, il 30 marzo gli fu conferito l'episcopato delle nostre
chiese.
136
Diffusasi subito la fama delle sue virtù, fu così solenne la sua venuta che l'aspettativa superò la venuta e la venuta l'aspettativa. Infiammato di carità com'era,
la esercitò in tutti i modi, tanto da restare sempre nel ricordo. Nel breve spazio di
tre anni, in cui fu Vescovo, riportò in migliore condizione il pubblico ospedale abbastanza mal ridotto e squallido e ricostruì a sue spese la chiesa, in totale rovina,
prossima alla sede della confraternita della misericordia e della Morte. Decorò col
titolo di collegiata la chiesa dedicata a Maria Assunta: chiesa che si trova a Capodimonte e, a memoria dell'avvenimento, l'arciprete e il capitolo per riconoscenza
posero questa iscrizione:
" A FRANCESCO MARIA BANDITI DI RIMINI
ESIMIO CARDINALE DI SANTA ROMANA CHIESA
PRIMA VESCOVO DI MONTEFALISCO E CORNETO
ED ORA TRASFERITO ALLA CHIESA DI BENEVENTO
PER I SUOI LUMINOSI SEGNI DI BENEVOLENZA E DI BENEFICENZA
VERSO QUESTA CHIESA COLLEGIALE E VERSO I CANONICI
AL LORO PASTORE E LUMINARE FAMOSISSIMO
L'ARCIPRETE ED IL CAPITOLO
A PERENNE RICORDO PRESSO I POSTERI POSERO
NELL'ANNO GIUBILARE
1775".
E perché il Seminario, oggetto delle sue fortissime premure non perdesse la
gloria del suo nome, lo rese splendido con l'arrivo di Giuseppe Tamagna, professore dell'ordine francescano. Costui, abile maestro di filosofia e matematica, pubblicò ancora giovane molte opere e così fece noto l'acume della sua mente.
Si era preposto di compiere molte altre cose a decoro della chiesa Falisca, senonché il 29 maggio 1775, fra il consenso di tutti, dal Papa Pio VI fu promosso ad
Arcivescovo di Benevento e nello stesso anno fu creato cardinale.
Ma pur lontano ebbe sempre presente nel suo animo la sua prima sede Vescovile. Infatti mandò come suo dono l'altare maggiore di S. Margherita ricco di marmi rari e pregiati, ornato di metalli dorati e poco dopo inviò un intero parato pontificale ricamato d'oro.
Anche molte altre chiese e famiglie, sebbene non più in luogo, sperimentarono la sua generosa bontà. Finché, ricco di umiltà, di zelo religioso, di carità premurosa verso i poveri e di altri numerosi meriti, se ne morì il 26 gennaio 1791.
Nella tomba che fin da vivo si era fatta costruire, volle che vi si scolpisse la seguente iscrizione:
A D i o OTTIMO MASSIMO
FRANCESCO MARIA BANDITI CARDINALE DI S . ROMANA CHIESA
DAL TITOLO DI S . CRISOGONO
DALLA CATTEDRALE VESCOVILE DI
MONTEFALISCO E CORNETO
TRASFERITO A QUELLA ARCIVESCOVILE DI BENEVENTO
MEMORE DI ESSERE MORTALE
NELL'ANNO 1 7 8 5 ANCORA IN VITA
137
SI FECE COSTRUIRE QUESTA TOMBA
DOVE RIPOSARE DA MORTO
SENZA ASPETTARLA DAI POSTERI. ( 1 )
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Conte GIUSEPPE GARAMPI
Cardinale
1776 - 1792
Giuseppe Garampi nacque a Rimini da nobile famiglia, il 29 ottobre 1725. Fin
da fanciullo si dette tutto allo studio della religione e delle lettere e ne meritò in seguito il titolo di "dotto".
Venne a Roma sotto il Pontificato di Benedetto XIV il quale, essendo fornito di
acuta intuizione, era in grado di giudicare sulle doti intellettuali degli altri, lo stimò
subito degno della sua protezione e lo onorò con attributi gravissimi di incarichi e
ricompense.
Dapprima lo nominò Vice Direttore della biblioteca Vaticana dopo Filippo Ronconi e, alla morte di questo, ne prese il posto.
Pari apprezzamento ottenne presso Clemente XIII che lo mandò, in un primo
momento, come Visitatore Apostolico al monastero Salinstadiene, poi fu assegna139
to come socio al Cardinale Giacomo Oddi, che si accingeva a partire per Francoforte alla Dieta Elettorale. Poiché si comportò bene secondo le aspettative, ritornato a Roma ricevette nuovo attestato di benevolenza pontificia quando si vide conferito il pesante e responsabile ufficio della Cifra.
Si rese così ogni giorno sempre più nota e proclamata la sua prudente sapienza, per il cui merito da Clemente XIV fu nominato Arcivescovo titolare di Berito e
nunzio apostolico presso il re di Polonia,
Portata a termine questa delegazione con la più grande soddisfazione di tutti, si recò con lo stesso incarico al palazzo Imperiale per espletare a Vienna alcuni importantissimi affari a favore della chiesa. Ancora era impiegato nei lavori della legazione quando, il 20 maggio 1776, da Pio VI fu dato come Vescovo alle nostre chiese, e creato Cardinale il 12 febbraio 1785. Benché lontano amministrò con
massimo impegno le chiese a lui affidate.
Al termine della sua legazione, riuscita a lui di sommo onore, finalmente si potè recare alla sua sede Vescovile dove spiccò la sua fama di uomo caritatevole con
l'aprire a sue spese un orfanotrofio per le fanciulle orfane. Come spiccò subito anche la sua fama di dotto col prendersi somma cura del Seminario, che soleva chiamare pupilla dei suoi occhi. Sull'esempio del Barbarigo, da ogni parte fece venire
uomini dotti e pii tra i quali il frate domenicano Tommaso M. Mamachi di Chieti, dei
cui consigli faceva tesoro sia quando era presente sia quando era assente.
Arricchì la biblioteca di moltissimi volumi tolti dalla sua e provvide a sistemare
l'economia e ci teneva a presiederne le adunanze.
Molti altri provvedimenti prese a vantaggio del Seminario e moltissimi aveva in
animo di compiere tanto da essere giustamente chiamato dal suo successore, Bonaventura Gazola, secondo padre, dopo il Barbarigo, del sacro Seminario.
Infine, quest'uomo dottissimo, che molte fatiche aveva sostenuto a bene della chiesa, colpito da un male che non perdona, pianto da tutti, se ne morì in Roma,
dove si era recato il 4 maggio 1792, nel palazzo di S. Apollinare. Trasportato nella chiesa del suo titolo, vi fu sepolto in una tomba di marmo con sopra la seguente iscrizione:
140
A GIUSEPPE GARAMPI
DI RIMINI
CARDINALE DI S . ROMANA CHIESA
ARCIVESCOVO DI BERITO
VESCOVO DI MONTEFALISCO E CORNETO
UOMO DI PROVATA ONESTA' E INNOCENZA
I CUI FATTI E SCRITTI
ATTESTANO I SUOI MERITI
DEL TUTTO STRAORDINARI A BENE DELLA CHIESA CATTOLICA.
M O R Ì IL 4 / 5 / 1 7 9 2 ALL'ETA' DI ANNI 6 6 MESI 6 GIORNI 6
FRANCESCO AL FRATELLO AMATISSIMO
PER VOTO POSE. ( 1 )
(1) DE ANGELIS, op. cit., pag. 177
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GIOVANNI SIFREDO MAURY
Cardinale
(1794 - 1814)
Nacque a Valréas nella contea di Avignone, allora soggetta allo Stato Pontificio, da umile famiglia, il 26 giugno 1746. Uscito d'infanzia e intrapresa la via degli
studi, ben presto si procurò un buon nome in tutti i settori del sapere. A19 anni, contro il volere del padre, raggiunse Parigi dove fu ordinato sacerdote nel 1769. In breve tempo superò tutti gli altri che prima eccellevano nell'arte oratoria.
In quelle continue e crescenti zuffe rivoluzionarie non evitò di battagliare a favore dei diritti della chiesa. Nel 1791 venne a Roma e il Papa Pio VI, come segno
della sua benevolenza, lo nominò Arcivescovo di Nicea.
142
Nel 1792 dallo stesso Papa fu mandato, con la qualifica di Nunzio apostolico,
ad ossequiare Francesco II, Imperatore dei Romani, in occasione delle elezioni generali tenute a Francoforte. Di ritorno a Roma, dopo aver compiuto egregiamente
la sua missione, il Papa, che lo stimava moltissimo, il 21 febbraio 1794, lo creò Cardinale prete col titolo della SS.ma Trinità sul Monte Pincio. Essendo rimasta vacante da molto tempo la chiesa Falìsca e Cornetana, le fu assegnato come Vescovo
il nuovo Cardinale Giovanni Sifredo Maury. A Faliscoduno già era arrivata la fama
del nuovo Vescovo e aveva suscitato grandissima aspettativa. Perciò nel mese di
agosto gli andò incontro una straordinaria folla di popolo.
Entrato in sede, sua prima cura fu di guardare con occhio paterno e pieno d'amore la sua chiesa, alla quale dedicò tutto il suo zelo. Non minore attenzione rivolse al sacro Seminario e si premurò di far venire dalla Francia uomini illustri per dottrina e pietà. Sull'esempio del Garampi arricchì la biblioteca con moltissimi volumi
condotti da Parigi. Di altri benefici fece dono anche al Seminario e al Capitolo della Cattedrale: ottenne specialmente dall'Imperatore francese Napoleone Bonaparte che non venissero confiscati i loro beni e che gli alunni, vicini al sacerdozio, fossero esenti dal servizio militare.
Recatosi a Parigi, mantenne il titolo di Arcivescovo conferitogli dall'Imperatore, senza il consenso del Papa Pio VII che stava sopportando ingiustamente le pene dell'esilio per la difesa dei diritti della chiesa.
Caduto l'Imperatore, fece ritorno alla sua sede di Faliscoduno, ma ancor prima
di entrarvi, gli fu consegnato un ordine insospettato con cui veniva rimosso dalla
giurisdizione episcopale. (1) Per la via più breve si diresse a Roma dove fu messo in carcere. Ma quell'uomo, nobile e retto di animo qual'era, rinunciò alla diocesi e si appacificò col Papa. Morì in Roma il 10 maggio 1817.
Napoleone, in quel tempo, impadronitosi di Roma, stabilì che chiunque esercitasse un pubblico ufficio dovesse prestare giuramento di fedeltà e di obbedienza sotto pena dell'esilio.
Questa legge arbitraria di Napoleone fu estesa anche ai canonici e ai parroci.
Siffatto giuramento, che non conteneva nessuna espressa condizione che fossero salvaguardate le leggi di Dio e della chiesa, fu vietato e respinto da Pio VII. Per
cui molti fra i canonici e i parroci preferirono l'esilio piuttosto che prestare quel giuramento proibito ed illecito. (2)
143
(1) Cfr. LATINO SALOTTI, Vita del Cardinale Maury, pag. 147.
(2) Cfr. PIETRO BERGAMASCHI, op. cit., pag. 598
144
BONAVENTURA GAZOLA
Cardinale
1814 -1832
Bonaventura Gazola, Piacentino, patrizio di Cesena, appartenne all'ordine dei frati
Francescani minori riformati di cui per più di tre anni fu Generale Commissario e
dal 25 maggio 1815, per ordine del Papa Pio VII, Vescovo di Cervia.
Invece dal 3 maggio 1814, mentre Sifredo Maury se ne stava ancora a Parigi, per
le sue doti singolari di dottrina e di pietà dallo stesso Papa Pio VII fu costituito
amministratore apostolico della nostra chiesa. Quindi, dietro ripetute preghiere e
richieste da parte di ogni ordine di questa chiesa, finalmente il 20 febbraio 1820
dallo stesso Papa, quantunque mal volentieri, anzi riluttante, fu promosso vescovo
da Cervia alle nostre chiese.
145
Meritò assai bene del nostro seminario da potersi chiamare a buon diritto secondo
protettore dopo il Barbarigo. Non solo non gli fu sufficiente di amministrarne le
rendite, ma a sue spese innalzò quella parte che fu di decoro alla città e di vantaggio
agli insegnanti.
La seguente iscrizione murata sulla facciata ne ricorda la sua liberalità:
BONAVENTURA GAZOLA
CARDINALE PRETE DI SANTA ROMANA CHIESA NOSTRO VESCOVO
A INCREMENTO DELLE BUONE ARTI
CON I RUDERI DELLA ROCCA
COSTRUÌ A SUE SPESE DALLE FONDAMENTA.
LA MEMORIA SCOLPITA NEL SASSO
NE RICORDA IL GRANDE BENEFICIO
ANNO 1 8 2 4 .
Non meno da ammirarsi è l'altra iscrizione posta nella chiesa del Seminario sopra
i suoi resti mortali:
Q u i RIPOSA
BONAVENTURA GAZOLA FIGLIO DI PAOLO
DI PIACENZA
CARDINALE PRETE DI SANTA ROMANA CHIESA
146
DEL TITOLO DI S . BARTOLOMEO ALL'ISOLA TIBERINA
IL QUALE DA SUPERIORE GENERALE
DFI FRATI FRANCESCANI OSSERVANTI E RIFORMATI
DA P i o V I I CREATO VESCOVO DI CERVIA
E DAL MEDESIMO PAPA PLO V I I
DONATO COME AMMINISTRATORE APOSTOLICO
ALLE DIOCESI DI FALISCODUNO E DI CORNETO
TRASFERITO ALLE MEDESIME COME VESCOVO
IL 2 0 FEBBRAIO 1 8 2 0
DIETRO PREGHIERA DI TUTTI GLI ORDINI
E DA LEONE X I I
ELETTO CARDINALE,
UOMO DI ANTICA VIRTÙ
A M M I R A S S I M O ' P E R PIETà, PER BENIFICIENZA, PER ZELO
PASTORALE OTTIMAMENTE BENEMERITO DELLA SUA CHIESA
PER AVE^RE AMPLIATI I LOCALI DEL SEMINARIO E DEL COLLEGIO
E PER AVER DEDICATO OGNI SUA CURA
ALLA FORMAZIONE DELLA GIOVENTÙ.
VISSE ANNI 8 7 MESI 9 E GIORNI 8
MORÌ IL 2 9 GENNAIO I 8 3 2
LORENZO SACERDOTE CANONICO E PAOLO E REMIGIO
FIGLI.DEL FRATELLO C A R L O EREDI PER TESTAMENTO
IL SEMINARIO IL COLLEGIO PER RICONOSCENZA
POSERO.
147
GIUSEPPE MARIA VELZI
Cardinale
(1832 - 1836)
A proposito di questo Vescovo, i nostri storici contemporanei lasciarono poche
notizie scritte; tuttavia ci piace di dirne qualcosa derivandola dal Moronio.1)
Giuseppe Maria, nacque in Como, l'otto marzo 1768, da onesta famiglia. Fin dai
primi anni mostrò viva inclinazione alla virtù e amore allo studio. A quindici anni per
divina ispirazione sentì forte la vocazione al Sacerdozio e, recatosi a Roma nel
1783, fu accolto nell'ordine di S. Domenico a Santa Maria sopra Minerva. Compì
e portò brillantemente a termine il corso dei suoi studi a Perugia, a Lucca, a Viterbo
e fu promosso lettore e maestro in Sacra teologia Superiore agli altri per prudenza
148
e virtù fu messo a capo del medesimo collegio.
Allorché Roma con empia audacia fu occupata dai francesi e il Papa Pio VII
trascinato in esilio e soppressi tutti gli ordini religiosi, depose la veste di S.
Domenico, si recò a Como la cui chiesa era allora saggiamente governata dal
Vescovo Rovelli, alla morte del quale, essendo nel frattempo lasciate libere di
nuovo le famiglie religiose, rivestitosi durante il viaggio del suo abito domenicano,
si portò prima a Perugia e poi a Roma.
Per le sue virtù e doti fuori del comune, dal Papa Leone XII viene costituito
amministratore Apostolico delle famiglie religiose in Roma e nel 1825, dal medesimo Papa, fu assegnato, fra la gioia di tutti, quale maestro al Sacro Palazzo
Apostolico.
A breve intervallo morirono i Pontefici Leone XII e Pio Vili ed ebbero come loro
successore nel soglio Pontificio Gregorio XVI. Questo Papa molto presto si rese
conto dei meriti dell'uomo onesto e nel concistorio del 12 luglio 1832 lo designò
Vescovo delle nostre chiese e lo ascrisse al numero dei Padri Cardinali. Il Pontefice
lo esaltò con le seguenti parole: "Uomo di suprema dottrina, serietà, prudenza,
fornito di una migliore e generale esperienza e inoltre degno di presiedere le chiese
predette".
E ancora "dopo aver percorso tutti i gradi degli uffici, fu elevato a superiore generale
del suo ordine e come uomo di fede di prudenza, di dottrina e di zelo per la integrità
cattolica fu da noi stimato degno di essere incaricato alla censura dei libri; incarico
149
quello tanto più gravoso e impegnativo quanto più in questa malizia dei tempi
dappertutto ci sommerge un diluvio di dannosissimi libri. Perciò noi ci Siam proposti
di rendere questo omaggio a lui che si acquistò moltissimi meriti per la religione e
per la chiesa nonché insieme agli altri affari di grandissima importanza annessi a
questo ufficio e sbrigati egregiamente".Ancora cardinale di fresco, fece il suo
solenne ingresso in Faliscoduno e, per circa quattro anni, governò ambedue le
diocesi con quella sapienza e prudenza che conveniva al suo stato.
Nel 1835 si recò a Civitavecchia a rendere omaggio al Papa Gregorio XVI che lo
accolse affabilmente e lo condusse con se a visitare i luoghi.
Non appena fu di ritorno a Faliscoduno venne a sapere che il Papa era di passaggio
per la chiesa di Corneto e rimase fortunato di ospitare il Papa nel suo Palazzo
. Vescovile.
Però, mentre stava programmando molte iniziative a bene della diocesi e specialmente del Seminario, il 23 novembre del 1836 a 70 anni di età fu sorpreso dalla
morte.
Secondo quanto aveva deciso da vivo il suo corpo fu trasportato a Viterbo e sepolto
nella chiesa di S. Maria della Quercia.
1) MORONIO. Dizionario di erudizione storico ecclesiastica. Voi. 90, pp. 119-20-21.
150
Gabriele dei Conti Ferretti
Cardinale
(1837)
Il Cardinale Gabriele Ferretti, designato Vescovo delle nostre chiese, prima ancora
di prenderne possesso, fu trasferito alla chiesa di Fermo.
Nella serie dei Vescovi conservata in Episcopio si legge la seguente memoria:
"Il Cardinale Gabriele dei Conti Ferretti di Ancona, oratore del Papa presso
Ferdinando II re delle due Sicilie, fu promosso Vescovo nostro il 19 maggio 1837.
In quell'anno Napoli veniva spopolata da un forte colera ma lui rimase con animo
invitto nella sede della sua delegazione e rinnovò gli esempi dei Borromei. Fu
trasferito allo arcivescovado di Fermo prima ancora di essere visto dai Falisci.
151
152
FILIPPO DE ANGELIS
Cardinale
(1838 - 1842)
Filippo De Angelis nacque ad Ascoli Piceno da nobilissima famiglia. Ancora
fanciullo fu educato in tutte quelle discipline necessarie alla prima formazione della
puerizia. Ancora adolescente fu accolto, quale speranza della Chiesa, nel patrio
Seminario. Terminato il corso degli studi fino al sacerdozio, fu iscritto nel numero
dei canonici della chiesa di Ascoli. Quindi partì per Roma, dove fu accolto
nell'accademia degli addetti alla liturgia e dove, per la sua riconosciuta perizia in
diritto sacro e civile, dal Papa Pio VII viene annoverato fra i vescovi coadiutori di
Roma e dato come aiuto al supremo censore dell'Indice
A trentun'anni ottenne l'episcopato di Lucca e fu mandato come legato a Forlì.
Con la sua abilità e prudenza riuscì in poco tempo a riportare la pace fra i rissosi
153
partiti di quella città travagliata da molte discordie.
Richiamato a Roma dal Papa PIO Vili fu inviato, con ampia libertà di azione,
come legato in Svizzera. Ivi, con lettere apostoliche di Papa Gregorio XVI, ricevute
il 23 giugno e consegnate il 17 settembre, scomunicò con tutti i suoi seguaci Luigi
Fuchs, dottore in teologia e cappellano nell'ospedale di Rapp perchè, imbevuto
com'era delle dottrine di Giansenio, ne propagandava le eresie fra il gregge a lui
affidato e fra il popolo.1)
In nove anni riusci a risolvere egregiamente e sapientemente situazioni imbrogliatissime e così a portare a termine con successo e fermezza la sua difficile
missione. Per questo il Papa Gregorio XVI lo trasferì dall'Arcivescovado di
Cartagine alla chiesa di Faliscoduno e Corneto.
Appena giunto a Roma si recò dal Papa, il quale congratulandosi, lo salutò con
queste parole: "Per nove anni i nemici del nome cattolico in Svizzera non trovarono
dove posare il piede".
Lo stesso Pontefice l'otto l u g l i o l 8 3 9 proclamò pubblicamente Cardinale
Filippo già da un anno tenuto e designato in petto. Quindi si mise in viaggio per
Faliscoduno, dove fece il suo solenne ingresso fra gli applausi festosi di tutti. Infatti
la fama del suo nome, confermata qui fin del primo suo arrivo, l'aveva preceduto
in città.
Prima sua cura fu quella di riportare il Seminario all'altezza del suo nome e del
suo splendore . Assestò subito l'economia, rimise in fiore le scuole di storia, di
eloquenza e di liturgia. Rimodernò e abbellì il palazzo Vescovile fatiscente per gli
anni. Di questasua innovazione si legge ancora nel palazzo la seguente iscrizione:
IL PALAZZO EPISCOPALE E DELLA CURIA
CHE IN QUESTO DECLIVIO
INNALZÒ
CENT'ANNI FA
IL CARDINALE V E S C O V O POMPEO ALDOVRANDI
ORMAI ROVINATI DAL TEMPO
LI FECE RESTAURARE E ABBELLIRE A SUE SPESE
IL CARDINALE ARCIVESCOVO FILIPPO D E ANGELIS
NELL'ANNO 1 8 4 1 .
Riguardo all'amministrazione delle due diocesi mostrò quelle doti di cui scrive
S. Paolo al suo discepolo Timoteo, percui i Faliscodunesi e i Cornetani, mentre era
ancora in sede, lo chiesero e lo ottennero come loro Patrono dal Papa.
Il 29 settembre del 1840 accolse a braccia aperte il Cardinale Vincenzo
Macchi, legato di Bologna e un tempo alunno del nostro Seminario, in occasione
della
Posa della prima pietra delle due torri e della facciata principale della chiesa
di S. Margherita.
Invece il due ottobre del 1841 accolse nel suo Palazzo Vescovile il Papa
Gregorio XVI per una sosta di riposo durante un lungo viaggio.
Purtroppo nel più bello di tanti benefici e nell'attesa da parte dei Faliscodunesi
e Cornetani di riceverne altri migliori dalla sua bontà, dallo stesso Pontefice fu
promosso alla chiesa di Fermo. Per ben due volte scongiurò il Papa di non
distaccarlo dal suo amatissimo gregge ma, per ambedue le volte, il Papa non
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esaudì le sue implorazioni.Fu cosi grande la venerazione di tutti verso un padre e
patrono così benevolo da essere accompagnato al momento della sua partenza dal
pianto di tutti come una volta ad Efeso fu accompagnato S. Paolo.
I cittadini di Fermo acclamarono il loro nuovo Vescovo, così famoso per il suo
nome e le sue virtù, con manifesti segni di amore e di omaggio. Infatti si
ripromettevano che un tal uomo sarebbe divenuto un vero sostegno e decoro della
loro diocesi. Incominciò dagli studenti del Seminario riversando su di loro la sua
attenzione e il suo amore allo scopo di farvi fiorire la disciplina secondo le norme
del Concilio di Trento. Compose anche, e in seguito dette alla stampa, uno studiato
libretto quanto mai utile alla riforma.Quindi rimodernò gli studi della disciplina e
delle scienze. Tre anni dopo celebrò un sinodo diocesano stimato moltissimo da
uomini santi edotti. Nel bel mezzo di queste sue fatiche a vantaggio sia della Chiesa
sia della società, improvvisamente da ogni parte insorsero uomini malvagi e violenti
e congiurati fra di loro e fu così acceso il loro furore da mandare in rovina non solo
l'ordine stabilito, ma anche da stravolgere tutta l'Europa.
Ma quell'uomo di carattere e pastore zelante credette suo dovere opporsi con
tutte le sue forze a questi rivoluzionari e rimase fermo nel suo impegno di difendere
i diritti della Chiesa contro i colpi dei nemici. Purtroppo i suoi sforzi andarono a
vuoto. Infatti quei malvagi l'11 maggio 1849, di notte, come un colpevole, lo
trascinarono nella Rocca di Ancona.
Vi trascorse cento giorni, finché le truppe tedesche lo riportarono in libertà !
cittadini, per la grande gioia del pastore ritornato, a frotte gli andarono incontro e
fra l'esultanza generale lo accompagnarono nella sua sede salutandolo quale
uomo di coraggio e vincitore dei nemici della Chiesa.
Frattanto Pio IX, con l'intento di provvedere alla situazione religiosa, pensò
bene di tenere a Loreto un Concilio dei Vescovi del Piceno e dell'Urbinate e vi mise
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a capo Filippo.Ed ivi quei Vescovi, chiamati a Concilio, si resero conto pienamente
di quanto tosse maturo il suo ingegno, la sua dottrina e il suo carattere.
Terminato il Concilio tece ritorno a Fermo dove non conobbe riposo pur di
andare incontro con i fatti e con le parole ai bisogni delle sue diocesi. Però, poco
dopo, allorché l'esercito subalpino, più ricco di forze, mise fuori gioco la schiera dei
soldati pontifici schierati a difesa e a mantenimento dell'ordine, un pugno di
partigiani sbuca fuori dai suoi nascondigli e designa Filippo quale suo primo e nobile
ostaggio. Infatti il 28 settembre 1860 mandarono alcuni loro seguaci che lo
strapparono dall'abbraccio della sua città e lo trascinarono a Torino.
Sei anni dopo gli fu concesso di ritornare. Se ne partì da Torino il 29 novembre
del 1866 portando con se un imperituro ricordo e della famiglia che lo ospitò e della
città.
Di nuovo con gioia e con festa fu accolto dai cittadini di Fermo.2)
Ricco di fama e di meriti mori l'otto luglio 1877.
1) Vedi DAMIANI BACCHI "A Filippo De Angelis". Poesie e discorsi pag. 12.
tipografia del Seminario, a. 1857.
2) Vedi DOMENICO SARTINI "Di Filippo De Angelis" Commentano.
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Faliscoduno
NICOLA MATTEI
Arcivescovo
(1842 - 1843)
A Filippo De Angelis Cardinale e Vescovo, che con la sua presenza aveva
reso illustri le nostre chiese, fu dato come successore l'Arcivescovo conte Nicola
Mattei.
Nacque a Pergola da nobile famiglia il 13 settembre 1772: compì in patria il
corso delle lettere, poi per completarlo se ne volò a Roma maestra delle belle arti.
Accolto nell'accademia di liturgia per alcuni anni attese ad acquistarsi una scelta
più alta ed ebbe modo di dar segni non dubbi ma chiari della sua futura grandezza.
Per queste sue doti di ingegno, di bontà, di dottrina e per i suoi meriti ben noti
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k,
al Papa Pio VII, nel 1817 fu eletto Arcivescovo di Camerino.
Governò la sua diocesi in modo esemplare nel 1833 solennemente e con
grande concorso di popolo consacrò la cattedrale costruita con s o m m a spesa,
ottenuta in parte dalla generosità del Papa Pio VII, in parte con le offerte dei fedeli.
Nel 1841 accolse come suo ospite il Papa Gregorio XVI che veniva a rendere onore
alla città di Camerino. Il 26 gennaio del 1842 dallo stesso Pontefice veniva trasferito
alle nostre diocesi e il 18 marzo i Falisci, in ogni ordine, lo accolsero in questo suo
primo ingresso in città con s o m m a letizia. In quel medesimo giorno i maestri e gli
alunni del Seminario e del collegio dedicarono delle poesie al novello pastore.1)
Durante il suo episcopato fu portato a termine la facciata della cattedrale e le
due torri, vero gioiellod'arte costato tre anni di costoso lavoro, tutto a spese del
Cardinale Vincenzo Macchi. Senonchè nel più bello deila sua attività operosa e
caritatevole, mentre si prodiga a visitare le diocesi, sfinito dalle fatiche e logorato
da un duro male, fu colto dalla morte.
Nella serie dei Vescovi recensiti nello Episcopato, si legge la seguente
dedica:"ll conte Nicola Mattei, di nobile famiglia di Pergola dopo Camerino fu fatto
Vescovo di Faliscoduno e Corneto il 26 gennaio del 1842. Ormai vecchio reso
ottimo e santissimo per il decoro di molte virtù specialmente della sua semplicità
e meravigliosa pietà, nel mezzo della sua visita pastorale in diocesi, colpito da una
forte colica (dolore al fianco) morì in Cristo il 23 ottobre 1843.
1) Vedi DAMIANI BACCHI, cit. carmina, pag. 20.
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