Colate detritiche in alta Valle - C.N.R.

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Colate detritiche in alta Valle - C.N.R.
Colate detritiche in alta Valle di Susa
COLATE DETRITICHE IN ALTA VALLE DI SUSA, 6 AGOSTO 2004
Rapporto preliminare
Domenico Tropeano
Laura Turconi
Collaborazione: Alberto Dotta (CFAVS), Dario Cuppone (VVF)
Supporto tecnico: Stefania Mussino, Chiara Pelissero, Renato Massobrio, Gabriele Savio
Nell’ambito di un lieve sistema perturbato di origine atlantica che ha interessato l’Europa mediterranea, la sera
del 6 agosto 2004 si sono formate alcune celle temporalesche nelle Alpi Occidentali. L’alta valle della Dora
Riparia è stata parzialmente interessata da scrosci piovosi di breve durata ma discreta intensità, con innesco,
nelle aree predisposte, di tipici fenomeni di colata detritica torrentizia nell’ambito delle caratteristiche rocce
calcareo-dolomitiche, calcescisti e filladi con relativi prodotti detritici. Come in numerosi altri casi precedenti, la
presenza di discreti corpi nivali, residui del precedente inverno, alle quote più alte, soggetti da tempo a
ricompattazione e fusione per il perdurare dello zero termico oltre i 3000 m, ha concorso in misura determinante
ai processi di innesco e sviluppo iniziale di diversi fenomeni di debris flow. In corrispondenza di incisioni e
impluvi, aree sorgente dei processi, i terreni si trovavano infatti in condizioni di permanente saturazione idrica e
il probabile, temporaneo effetto-sbarramento generato dal collasso anche di masse modeste di tali “ponti di
neve” per l’intensa pioggia sopravvenuta, ha contribuito al subitaneo avvio di processi di ruscellamento
concentrato da cui si sono originate le colate di detrito.
Le piogge caratterizzanti l’evento sono state registrate in varie località significative, in stazioni pertinenti alla
rete meteoidrografica dell’ARPA Piemonte, all’ENEL ed al CNR-IRPI.
A seguito di duplice segnalazione pervenuta nella tarda sera di venerdì 6 c.m. da parte del Dott. For. A. Dotta
(Consorzio Forestale Alta Valle di Susa) e del Per. Ind. G. Savio (Collaboratore esterno dell’IRPI-CNR), è
stata disposta, tramite la pronta collaborazione offerta dal Nucleo Elicotteri dell’Ispettorato Piemonte e Valle
d’Aosta dei Vigili del Fuoco, già attivatosi autonomamente per via istituzionale, una prima ricognizione aerea di
dettaglio nella mattina del giorno seguente. Sopraluoghi di terreno sono poi stati compiuti allo scopo di
procedere alle seguenti operazioni:
-raccolta di elementi di valutazione tecnico-scientifica in base geologico-morfologica (come da consueta prassi
d’istituto) sulle cause d’innesco e sviluppo dei fenomeni (documentazione videofotografica, rilievo topografico
speditivo, interviste ai testimoni, raccolta dati per analisi geomeccaniche, geotecniche e valutazioni sulla
cinematica dei processi);
-acquisizione dei dati pluviometrici in quota, relativi all’evento, in località significative;
-confronto tra le variazioni morfologiche delle situazioni d’alveo e di versante rispetto alle situazioni constatate
in precedenza all’evento;
-confronto con eventi di cui è conservata memoria storica e altri del passato recente, già direttamente osservati
dagli scriventi.
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Bacino Dora di Vallestretta. A partire dalle ore 17 (ora legale) alla stazione pluviografica ENEL posta
all’invaso idroelettrico in località Sette Fontane sono stati registrati, su una quantità cumulata di appena 11.8
mm in 5 ore, 8 mm di pioggia iniziale in circa 20’. Valori comparabili (13,2 mm pressochè nello stesso
intervallo di tempo) sono stati osservati alla stazione pluviografica di Rochemolles, q. 1980, nel vallone
omonimo (dove si è constatata una sensibile rimobilizzazione della falda detritica venutasi a creare entro il
vallone di Les Ayas in seguito alla frana di crollo del 1° gennaio 2001). Tale intensità, ben al disotto di valorisoglia comunemente ritenuti idonei all’innesco dei processi suddetti, difficilmente spiega da sola lo sviluppo dei
fenomeni. E’ dunque possibile che l’intensità sia stata maggiore a quote superiori, con effetti di concentrazione
degli scrosci per folate di vento traverso a ridosso dei contrafforti rocciosi che sovrastano, da un lato e dall’altro
della Vallestretta, le ripide falde di detriti che ricoprono per lunghi tratti i versanti. In tale contesto si sono
manifestate sul versante sinistro alcune lievi riattivazioni di processi lungo i canaloni e le coltri detritiche che
essi alimentano: fenomeni occasionalmente già osservati, anche in epoca recente (giugno 2002). Sul versante
destro, in corrispondenza dei primi tornanti di strada che, dal bivio per il Colle della Scala conducono alla parte
più elevata della valle, fenomeni di debris flow di maggiori proporzioni (magnitudo complessiva 2-3000 m3)
sono scaturiti da due valloni anonimi contigui, discendenti dalla Guglia Rossa (q. 2548), interrompendo per
alcune ore il transito. Identico fenomeno era già stato osservato per l’evento del luglio 1987 e, in misura assai
più ridotta, quelli del 15 agosto 1998 e 21 giugno 2002.
Bacino Torrente Rho. Nella conca di Bardonecchia, una colata di fango e detriti (muddy debris flow) si è
generata lungo l’asta del torrente Rho, a valle di numerosi processi di ruscellamento concentrato e colata
detritica a scala di versante e dei tributari di destra, innescati prevalentemente da fusione e collasso rapido di
residui di neve sotto l’effetto della pioggia battente, sulle falde sottostanti i canaloni calcareo-dolomitici del
versante destro. A valle della confluenza del Rio Pissat, non è stato tuttavia significativamente influenzato il
corso principale.
Bacino del T. Frejus. Come per la valle della Rho, anche in questo bacino si sono innescati ex novo o ampliati
diversi processi di ruscellamento concentrato nelle falde detritiche che fanno corona all’asta principale (R.
Chatelard) e ai due principali tributari di destra del T. Frejus, segnatamente il T. Gautier, che ha concorso a
generare un’onda di piena impulsiva lungo l’asta principale. In particolare si sono constatate sensibili
accentuazioni di movimento dell’ingente deposito di collasso postglaciale che occupa il fondo del vallone del
Gautier e che, inciso dal torrente, rappresenta una perenne e cospicua fonte di detrito. Dopo circa 40 minuti
dalla fase più violenta dello scroscio temporalesco, la massa viscoso-plastica è stata vista transitare, per una
buona mezz’ora, da numerose persone entro il lungo tratto d’alveo canalizzato che attraversa il capoluogo di
Bardonecchia. La cinematica del fenomeno, pure in questo caso, ben corrisponde alle pittoresche sensazioni
organolettiche che sempre vengono percepite da chi ha avuto la ventura di assistervi (“somigliava a un impasto
cremoso… con fragore di un treno in corsa…”) e con verosimiglianza l’onda di piena è stata una sola, regolare
e continua, non mancando occasionali zaffate di fanghiglia oltre il pelo libero della massa fluente che,
investendo i vicini manufatti, hanno fatto temere la possibile fuoruscita della colata in qualche punto della zona
abitata. La sovrabbondanza della matrice limoso-argillosa nell’impasto detritico (circa il 50% secondo analisi
granulometriche effettuate su campioni appositamente prelevati) è stata testimoniata dall’intensa colorazione
grigio-giallastra che la Dora Riparia già presentava, la mattina dopo, alle porte di Torino e appariva
all’osservazione aerea sempre più intensa risalendo la valle. Fenomeno analogo si è altre volte constatato, ma
con colorazione più spiccatamente sul grigio, quando a riversare le masse fangose nell’alveo del T. Cenischia
(principale tributario della Dora) è il torrente Marderello a Novalesa. L’evento del 6 agosto 2004, pressoché
identico nella morfologia e dinamica ad altri precedenti (l’ultimo ricordato è quello del 7 agosto 1997), se ne
distingue principalmente per la maggior magnitudo, dell’ordine di alcune migliaia di m3 complessivi.
Bacino Rio di Fenils. La stazione meteopluviometrica realizzata dall’IRPI in collaborazione con il citato
Consorzio Forestale a q. 2200 sulla Cresta Nera (spartiacque destro Rio di Fenils), ha registrato, tra le 20:20 e le
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23:05, 16 mm di pioggia complessiva. Lo scroscio decisivo, 8 mm in 30’, è terminato alle 21:45. Secondo
testimoni occasionali, la colata è sopraggiunta a valle intorno le 23. Il tempo di risposta, relativamente lento,
rispecchia, in conformità a dati già noti, una certa “inerzia” di bacino, dovuta, oltre che a momentanee fasi di
arresto del fronte di colata principale per ostruzioni e restringimenti vari al deflusso, alla relativa lentezza delle
colate secondarie. Quella rilevata speditivamente con metodo topografico lungo il Rio Inferno, pur a sostenuta
pendenza, nel tratto dove intercetta l’ex strada militare, è apparsa di 2,5 m/s, a fronte di velocità ben più elevate
(sino a 12-13 m/s) rilevate altrove in Val di Susa. E’ dunque stata interessata la testata del bacino del Rio di
Fenils (il citato Rio dell’Inferno, unico tributario sinistro, l’asta principale e soprattutto i due piccoli tributari di
destra sottostanti il Monte Chaberton, q. 3130). Nel Rio dell’Inferno la colata detritica ha preso avvio sin nella
parte sommitale della falda detritica ai piedi del canalone roccioso sottostante la Chalanche Ronde, mentre
lungo l’asta principale l’apporto di detrito è apparso più graduale e legato allo scorrimento e scavo di acque
torrentizie. Gli effetti della colata, nella lunga zona di transizione incisa in una stretta gola rocciosa
fiancheggiata da coltri colluviali per lo più in frana e sovrastate da bosco di Conifere, sono stati amplificati
proprio dalle anguste condizioni di deflusso in un letto roccioso a forti salti e con sostenuta pendenza, che
prelude al lungo apice del conoide incuneato a q. 1400 a monte della borgata Fenils, dove si è formato un primo
lobo frontale di deposito di materiale anche molto grossolano ma pur sempre eterogeneo, con massi isolati
dell’ordine di diversi m3 che si sono aggiunti ad altri già in precedenza depositati. Più a valle, con esatta replica
di quanto osservato altre volte (3 agosto 1990, 21 luglio 1999, 12 agosto 2000, 19 agosto 2002), il fronte dalla
massa detritica, stimata approssimativamente un migliaio di m3, si è poi arrestato, disponendosi a ventaglio, alla
confluenza con la Dora di Cesana generando un modesto invaso, per riflusso, nell’asta principale.
Monte Chaberton, versante sud-orientale. I contrafforti che discendono dalla vetta danno origine agli impluvi di
testata del T. Grand Vallon e a diversi canaloni che sovrastano il versante sinistro della Piccola Dora. Nelle
falde detritiche sottostanti sono apparse in tutta evidenza modeste riattivazioni di solchi di erosione che hanno
dato origine a moderati apporti per colata detritica a valle, senza però interessare in modo sostanziale il tratto
terminale dell’asta torrentizia del Grand Vallon nè la viabilità lungo la S.S. del Monginevro nel tratto protetto
dai paravalanghe, come invece era accaduto in altre occasioni.
Alta Val Cenischia. In contemporaneità ai casi su descritti, è stato interessato un solo torrente sul versante
sinistro del Cenischia, il Rio Lamet (o Rio Malo), che si origina nella falda detritica sottostante il Monte Lamet
(q. 3478). Sino a poche settimane addietro, sull’impluvio intorno a q. 2800 gravitavano ancora consistenti
masse di neve residua. Con le intense precipitazioni sopraggiunte (dati in quota in corso di acquisizione), lungo
l’asta si è prodotto un flusso detritico, ben assorbito dall’asta principale del Cenischia senza alcuna
conseguenza. Tuttavia l’intenso burronamento prodottosi a valle dell’attraversamento della pista agroforestale
che conduce all’Alpe Tour (e ricalca il noto percorso turistico “Sentiero dei 2000” ha causato il temporaneo
isolamento di alcuni escursionisti in auto.
Osservazioni. Una volta di più sembra confermato, quanto meno in Valle di Susa, l’importante ruolo che le nevi
residue tardo-primaverili ed estive possono rivestire nella possibilità di prevedere a livello indicativo eventi di
colata detritica in determinati contesti geo-morfologici e topografici. Nè d’altronde deve stupire, quale agente
scatenante il processo, la relativamente modesta quantità di pioggia intensa (circa 0.3 mm/min) registrata in
stazioni di pur significativa collocazione planoaltimetrica (da 1 a 4 km rispetto al baricentro dei bacini torrentizi,
e a quote anche superiori a 2200 m), tenuto conto che anche pochi mm di pioggia possono tradursi in volumi
d’acqua sino a varie migliaia di m3 , concentrati e riversati in pochissimo tempo su vaste pareti impermeabili
quali le bastionate rocciose che spesso incombono sui canaloni e le falde detritiche ove di preferenza i fenomeni
hanno innesco.
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