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I TITOLI AZIONARI
Titoli a reddito variabile: il prenditore di fondi non assume alcun impegno certo di remunerazione e di
restituzione futura del capitale originariamente ricevuto. Condizioni per remunerazione: l’azienda deve
ottenere un utile e deve decidere di distribuirlo sotto forma di DIVIDENDI e di non reinvestirlo.
I titoli azionari rappresentano quote di partecipazione al capitale sociale nella società per azioni, in
accomandita per azioni e società cooperative a responsabilità limitata sottoscrivendo i quali l’investitore
acquisisce lo status di socio. Il socio ha anche poteri amministrativi.
Tutte le azioni devono aver uguale VALORE NOMINALE(=quota di capitale sociale corrispondente alla
singola azione, ottenuto dividendo il capitale sociale per il numero delle azioni emesse). E’ possibile
tuttavia emettere anche azioni senza valore nominale. Ogni azione attribuisce ai possessori uguali diritti.
A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e
per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Lo statuto può però prevedere una diversa
assegnazione delle azioni (IV° comma art. 2346 c.c.).
VALORE CONTABILE: si divide il patrimonio netto che risulta dal bilancio per il numero delle azioni.
VALORE DI MERCATO (o prezzo): si forma dall’incontro tra la domanda e l’offerta di azioni.
DIFFERENZA TRA VALORE NOMINALE ECONTABILE:
Le azioni ordinarie attribuiscono i seguenti diritti:
1. DIRITTI AMMINISTRATIVI = diritto di voto, di partecipazione all’assemblea, di impugnare le delibere
assembleari, di convocare l’assemblea e di informazione.
2. DIRITTI PATRIMONIALI = diritto agli utili (in ipotesi di distribuzione) e a una quota parte del
patrimonio in sede di liquidazione (residual claimant = in fase di liquidazione, nel momento in cui
sono stati smobilizzati tutti gli attivi vengono rimborsati i creditori privilegiati, poi quelli
chirografari, poi i detentori di obbligazioni, poi i detentori di obbligazioni subordinate e infine gli
azionisti).
3. DIRITTI MISTI = diritto di opzione/assegnazione e di recesso (diritto di poter uscire dalla compagine
sociale nel momento in cui si verificano fatti rilevanti all’interno della compagine stessa).
DIRITTO DI OPZIONE
Il diritto di opzione è il diritto che spetta ai vecchi azionisti di sottoscrivere, in proporzione alle azioni già
possedute e prima di terzi estranei alla società, azioni di nuova emissione, in occasione di un aumento di
capitale a pagamento.
Tale diritto permette all’azionista di mantenere inalterata la propria percentuale di partecipazione nella
società.
Nel caso in cui l’aumento di capitale non sia a pagamento, ma gratuito, si parla di diritto di assegnazione, in
base al quale i vecchi azionisti godono di una prelazione nella distribuzione gratuita di nuove azioni, in
proporzione al numero di titoli già posseduti.
Il diritto di opzione può essere escluso o limitato nei seguenti casi:
1. l’interesse della società lo esige o le azioni sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società
o di società controllanti o controllate (se vengono date ai dipendenti di parla di stock option);
2. le nuove azioni devono essere liberate attraverso conferimenti in natura;
3. per le sole società quotate, può essere escluso dallo statuto, con il limite massimo del 10% del
capitale sociale, purché il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni (per fare
entrare nella compagine nuovi azionisti).
Il diritto di opzione svolge anche la funzione di tutelare i vecchi azionisti dalla riduzione del valore della
singola azione, che può essere provocata dall’aumento di capitale.
Il prezzo di sottoscrizione dell’azione di nuova emissione, stabilito dagli azionisti in caso di aumento di
capitale, è in genere inferiore al suo valore di mercato al fine di favorire la sottoscrizione delle azioni di
nuova emissione.
DIRITTO DI OPZIONE: VALUTAZIONE
La valutazione della convenienza dell’esercizio del diritto d’opzione viene fatta stimando un valore teorico
del diritto che prescinde dalla situazione del singolo azionista (che potrebbe per esempio essere incentivato
ad esercitarlo per non perdere il controllo della società).
Per calcolarlo si ipotizzi che questo diritto prima dell’aumento di capitale sia incorporato nel valore del
titolo azionario.
Dato che il diritto di opzione può essere trattato nel mercato, se il prezzo di mercato del diritto supera il
valore che questo riveste per l’azionista (valore teorico), la vendita è più conveniente dell’esercizio e il socio
ottiene un profitto dall’operazione, dato dalla differenza fra il prezzo di vendita e il valore del diritto.
Il prezzo effettivo del diritto di opzione trova un riferimento nel cosiddetto valore teorico del diritto di
opzione (PDO). Quindi:
dove:
PAv = prezzo delle azioni prima dell’aumento di capitale;
PAex = prezzo di mercato delle azioni dopo dell’aumento del capitale
Valore teorico delle azioni dopo un aumento di capitale a pagamento PAex (media ponderata):
PAv = prezzo di mercato delle azioni prima dell’aumento di capitale;
CSAn = costo di sottoscrizione delle nuove azioni;
NAv = numero delle vecchie azioni necessario per sottoscrivere un numero NAn di nuove azioni;
NAn = numero delle nuove azioni che possono essere sottoscritte disponendo di un numero di vecchie
azioni pari a NAv.
Esempio: la società beta delibera di aumentare il capitale sociale emettendo 3 azioni nuove ogni 5 azioni
vecchie possedute (aventi valore nominale = 10 euro) al prezzo di emissione di 16 euro. Il prezzo di mercato
delle azioni prima dell’aumento di capitale è pari a 22 euro.
LE AZIONI SPECIALI (classificazione di carattere giuridico)
AZIONI PRIVILEGIATE: (no disciplina legislativa ad hoc, quindi caratteristiche contrattuali più variegate,
anche se con delle caratteristiche comuni alla maggioranza) offrono al possessore un privilegio (es. avere
un rimborso maggiore o essere rimborsati prima degli azionisti ordinari) nella ripartizione degli utili e nel
rimborso del capitale allo scioglimento della società. L’entità del privilegio è lasciata alla libera
determinazione della società e indicata nello statuto. Attribuzione del diritto di voto esclusivamente nelle
assemblee straordinarie.
AZIONI DI RISPAMIO: possono essere emesse solo da società le cui azioni ordinarie sono quotate in mercati
regolamentati italiani o in altri Paesi dell’Unione Europea. Sono prive del diritto di voto e sono privilegiate
sotto il profilo patrimoniale. Assieme alle azioni a voto limitato (comprese le privilegiate) non possono
superare la metà del capitale sociale. Concepite per i piccoli risparmiatori, che non sono interessati alla
gestione, ma solo all’aspetto reddituale. CARATTERISTICHE: ampia autonomia contrattuale da parte delle
società; formazione di un’assemblea speciale dei possessori di azioni di risparmio; le azioni di risparmio
possono essere emesse al portatore (no girata); anche per questi azionisti diritto di opzione su azioni di
risparmio o, in mancanza di queste, anche su azioni ordinarie.
Altre categorie di azioni previste dalla legge: azioni a favore dei prestatori di lavoro (particolare forma
remunerativa che prevede l’assegnazione gratuita di azioni ai dipendenti), azioni di godimento (attribuite ai
soci le cui azioni siano state rimborsate per riduzione volontaria del capitale; no diritto di voto e diritti
patrimoniali subordinati a quelli delle azioni ordinarie = vengono rimborsate dopo), azioni correlate (diritti
patrimoniali legati ai risultati che la società ottiene in un determinato settore della sua attività).
CLASSIFICAZIONE DI MERCATO
Se si utilizzano parametri di mercato quali la capitalizzazione di borsa (numero azioni, prezzo azioni) per
classificarle e non la distinzione giuridica, troviamo:
1. Large cap stocks (capitalizzazione > 1 mld); si possono chiamare anche “blue chips”, che nel poker
sono le fiches con più alto valore;
2. Mid cap stocks (capitalizzazione compresa tra 40 milioni di euro e 1 mld);
3. Small cap stocks (capitalizzazione <40 mln).
Classificazione in base al tasso di crescita degli utili:
1. Value stocks: titoli emessi da società che operano in settori tradizionali e caratterizzati da un
passato significativo di redditività e solidità patrimoniale (es. Enel).
2. Growth stocks: azioni di imprese di nuova costituzione, spesso legate a settori tecnologici (high
tech, comunicazioni, biotecnologie), che incorporano un elevato livello di rischio (es. Tiscali).
Classificazione in base alla correlazione con l’andamento del mercato:
1. Azioni cicliche: elevata correlazione con l’andamento dell’intero mercato azionario (es. imprese
industriali come settore automobilistico e finanziarie come le banche);
2. Azioni difensive: bassa correlazione con andamento del mercato (es. settore alimentare, settore
farmaceutico, beni di consumo primari, utilities).
VALUTAZIONE DELLE AZIONI: ANALISI DEL RENDIMENO EX-ANTE
Analogamente ai titoli a reddito fisso, il prezzo dei titoli a reddito variabile può essere considerato la
risultante del processo di attualizzazione dei flussi di cassa futuri, scontati ad un tasso di interesse richiesto
dal mercato.
n
P0  
t 1
Ft
Pn

1  r t 1  r n
Nel caso di un titolo obbligazionario, P0, il valore iniziale dell’investimento, è uguale al valore di emissione o
al prezzo di mercato del titolo, i flussi Ft sono pari alle cedole e il prezzo di rimborso è pari al valore a
scadenza del titolo;
r=tasso interno di rendimento effettivo (interesse).
Nel caso di un titolo azionario, i flussi periodici sono rappresentati dai dividendi distribuiti dalla società e il
prezzo di rimborso è pari al valore stimato a scadenza del titolo (il periodo n impone la previsione di un
prezzo di vendita a quella data).
Ipotesi: reinvestimento dei flussi al medesimo tasso interno r; non considerata eventualità di insolvenza
dell’emittente e di fluttuazione del valore di mercato in caso di liquidazione anticipata.
Aleatorietà del rendimento: valutazione della convenienza di un investimento secondo un approccio
probabilistico, ipotizzando una pluralità di scenari futuri, e associando a ognuno di essi una probabilità di
accadimento e un’ ipotesi di rendimento (probabilità di espansione, stagnazione o recessione e relative
ipotesi di rendimento). Si fa quindi la media ponderata tra i risultati che si ottengono:
n
r   ri  pi
i 1
Esempio:
Titolo a) 4.2+4.8+3 = 12%
Titolo b) 6+4.8+1.2 = 12%
Titolo c) 1.4+9.6+1 = 12%
Partendo dal presupposto che il rendimento medio atteso è uguale per tutti e tre i titoli, il titolo più
rischioso è il titolo b in quanto ha una maggiore variabilità e per questo va scartato ( a parità di rendimento
non si sceglie mai il titolo più rischioso, ma bensì quello meno rischioso). I titoli a e c sono molto simili, ma
quello meno rischioso è il titolo c in quanto il 12% di rendimento è più probabile che nel titolo a.
Deviazione standard/scarto quadratico medio: indicatore statistico che consente di quantificare
dispersione, l’oscillazione dei rendimenti in ogni scenario attorno al valor medio.

n

 pi  ri  r
la

2
i 1
Lo scarto quadratico è considerato una misura universale del rischio, ma non consente di cogliere alcuni
fattori di rischio specifici relativi ai titoli azionari. Ci indica le oscillazioni del valore medio atteso, ma non le
riconduce a differenti tipologie di rischio (vi sono il rischio specifico, se investo tutto in mio capitale in un
unico titolo, il rischio di settore, se si investe in maniera diversificata ma all’interno di un unico settore
come per esempio il settore bancario, il rischio paese, che si può evitare attraverso una diversificazione
geografica e il rischio sistematico che non è possibile ridurre. All’aumentare del numero dei titoli in
portafoglio, tutti i rischi esaminati diminuiscono, tranne il rischio sistematico che non è diversificabile).
L’analisi dei rischi fatta sopra è fondamentale per la gestione di portafoglio.
Introducendo un altro titolo, il rendimento di portafoglio coincide con la media ponderata dei rendimenti
delle singole attività.
rp  xa ra  xb rb
Ma il rischio di portafoglio è uguale alla media ponderata dei rischi delle due attività soltanto nel caso di
perfetta correlazione positiva: ρa,b=1.
 p  xa2 a2  xb2 b2  2 xa xb a b  a ,b
In finanza questo non si ha MAI!!!!!
Dato che l’indice di correlazione assume valori tra -1 e +1, il rischio di portafoglio sarà tanto inferiore alla
media ponderata dei rischi delle due attività quanto più si avvicinerà a -1.
Tramite un’opportuna diversificazione di portafoglio (già con 10 azioni la rischiosità diminuisce
sensibilmente) è possibile minimizzare il rischio specifico e di settore, ma non il rischio di mercato (rischio
sistematico).
Il rischio sistematico non può invece essere ridotto, aumentando il numero di azioni presenti nel
portafoglio: esso deriva dalle condizioni generali dell’economia (ciclo economico, inflazione, tassi di
interesse), dall’instabilità politica.
Questi sono fattori che influenzano tutte le azioni negoziate nel mercato, a prescindere dal settore di
appartenenza o dal business specifico.
Si può cercare di ridurre il rischio sistematico facendo riferimento al β di un titolo azionario, che indica la
sensibilità delle quotazioni di un titolo rispetto ai movimenti generali del mercato finanziario. Se il β è
inferiore a 1, le azioni vengono definite difensive, poiché la quotazione del titolo risente solo parzialmente
delle oscillazioni di mercato (es. β=0,5: se il FTSE All Share aumenta del 2%, il titolo cresce dell’1%). Se β>1,
le azioni si dicono aggressive.
VALUTAZIONE DEL PREZZO
Dopo aver analizzato le caratteristiche di rischio e rendimento, è opportuno vedere se il prezzo di mercato
incorpora già tutte le informazioni disponibili sul titolo, storiche e future, pubbliche e private.
n
P0  
t 1
Ft
Pn

t
1  r  1  r n
Si trova il valore intrinseco di un titolo e lo si confronta al prezzo effettivo di mercato. Se il prezzo di
mercato è inferiore rispetto a quello calcolato è conveniente acquistare (BUY), mentre se il prezzo di
mercato è maggiore conviene vendere (SELL).
Se il mercato incorporasse già tutte queste informazioni, il prezzo stimato da noi attraverso i modelli
dell’attualizzazione dei flussi di cassa futuri (valore intrinseco), probabilmente sarebbe allineato al prezzo
espresso dal mercato (efficienza dei mercati). Le tecniche di analisi del prezzo non avrebbero senso di
esistere.
Dato che non sempre i mercati sono efficienti, è opportuno utilizzare alcune metodologie che ci
permettano di identificare titoli sottovalutati rispetto al prezzo di mercato, in modo tale da intraprendere
successivamente un’operazione di acquisto: analisi fondamentale. In secondo luogo con l’analisi tecnica
potremmo stabilire il timing dell’intervento.
I metodi utilizzati per stimare il valore intrinseco sono di due tipi:
1. Metodi assoluti, tra cui vi è il modello dei dividendi, maggiormente utilizzato con riferimento alle
società quotate;
2. Metodi relativi, che pongono in relazione una determinata impresa con società simili
(comparables).
Tra i METODI ASSOLUTI consideriamo il MODELLO DEI DIVIDENDI
H
P0  
t 1
Divt
PH

1  ke t 1  ke H
Ke = cost of equity (=costo delle azioni): rendimento aggiuntivo che chiedono gli azionisti per poter
detenere una azione rispetto a un titolo di Stato o un’obbligazione privi di rischio. È molto più alto rispetto
a un mero tasso di interesse. All’aumentare del costo del capitale il valore intrinseco diminuisce (relazione
inversa tra P0 e Ke.
Come facciamo a stimare PH (cioè la data di liquidazione dell’impresa)? Ipotizziamo che tenda a infinito; il
limite di
, con H che tende a infinito è uguale a 0. Quindi è possibile eliminarlo dall’equazione.
H
P0  
t 1
Divt
PH

1  ke t 1  ke H
Quindi, , il prezzo è uguale alla sommatoria dei dividendi futuri attesi: il prezzo di vendita tende a zero
all’allontanarsi del tempo al quale viene riscosso. Capital gain: sommatoria di dividendi futuri.
Date le difficoltà nello stimare tutti i dividendi pagati nella vita dell’impresa, si può ipotizzare un flusso di
dividendi costanti, ovvero un tasso di crescita dei dividendi nullo (simile a una rendita perpetua).
P0 
Div
ke
MODELLO DI GORDON
Si può anche ipotizzare che i dividendi crescano ad un tasso di crescita costante g (in genere gli analisti
considerano il tasso di crescita del PIL di medio-lungo periodo, che si aggira attorno al 2/3%, applicandolo al
primo dividendo). Il prezzo sarà direttamente proporzionale ai dividendi, al tasso di crescita degli stessi e
inversamente proporzionale al costo del capitale proprio dell’impresa; Ke>g (l’azionista vuole un
rendimento maggiore rispetto a g).
P0 
Div1
ke  g 
Il metodo maggiormente utilizzato per la stima del costo dell’equity è il CAPM (capital asset pricing model):
ke  rf    rm  rf 
•
•
rf= il tasso risk free; un tasso privo di rischio, per esempio, è legato ai titoli di stato tedeschi
decennali;
β= coefficiente beta;
•
rm- rf= premio al rischio, cioè quel qualcosa in più che voglio guadagnare per investire nel mercato
azionario rispetto ad un tasso privo di rischi; con rm= rendimento del mercato (cioè ciò che si
ottiene investendo nel mercato azionario).
ESEMPIO TASSO DI CRESCITA COSTANTE: un investitore sta considerando l’acquisto di un’azione emessa da
un’impresa che distribuisce dividendi in crescita costante al tasso del 4%. Si ipotizzi che il livello dei
dividendi del prossimo anno sia pari a 100 e che il tasso di attualizzazione r sia dell’8%.
P0 = 100 / (8% - 4%) = 2.500
Però, l’impresa, nel corso della sua vita, non cresce sempre nella stessa misura (esistono 4 fasi teoriche
nella vita di un’impresa caratterizzati da diversi livelli di crescita). Un modello che tiene conto di ciò è il
MODELLO DI TASSO DI CRESCITA A DUE STADI:
da 0 ad H, l’impresa cresce più dei suoi concorrenti ed i dividendi possono esser stimati in maniera
puntuale, anno per anno (bilanci preventivi), ad esempio fino a H=5 anni. Dall’anno 5 in poi, si applica il
modello di Gordon.
H
P0  
t 1
 DivH 1

Divt
1

t
H 
1  ke   ke  g  1  ke  
g=crescita media del lungo periodo del PIL
questo perché bisogna attualizzare all’anno 0
ESEMPIO TASSO DI CRESCITA DIFFERENZIATA: si ipotizzi che per una data azione esistano due periodi di
crescita che si susseguono tra loro: dall’anno 1 all’anno 5 g1 è pari al 10% mentre dall’anno 6 in poi il tasso
di crescita g2 è pari al 5%. Il tasso di attualizzazione r è pari al 12% e il dividendo all’anno 0 è di 100.
Fase 1: valore attuale dei dividendi dei primi 5 anni; con r>g è possibile applicare la formula della rendita
temporanea a rate crescenti:
 1  10% 5 
1 
5 

1  12%  

P0  100  1  10%  
 474
 12%  10% 




Fase 2: dividendo del sesto anno, rendita perpetua a tassi crescenti, attualizzazione e somma:
100  1  10%   1  5%   169
5
169
 2414
12%  5% 
2414  1,12   1370
1370  474  1844
5
I METODI RELATIVI
I metodi relativi (o moltiplicatori) mettono in relazione il prezzo o la capitalizzazione di Borsa con
una variabile aziendale individuata come value driver o valore guida dell’impresa. Utili per
determinare il valore di un’azienda e per un confronto con le imprese appartenenti ad un
medesimo settore (comparables).
Tra i modelli relativi troviamo:
• P/E (price/earning): confronta il prezzo dell’azione con gli utili per azione
• P/BV (price/book value): differenza fra valore contabile delle attività e delle passività in
base all’ultimo bilancio disponibile.
• Dividend yield: (dividendo/prezzo di un’azione).
IL PRICE EARNING
Ipotizzando che i dividendi siano una frazione degli utili della società (Div=k.E), il modello di
Gordon si trasforma così:
P0 
kE
ke  g 
Dividendo per l’utile atteso E1, si esplicita il rapporto P/E: aumenta se aumenta il tasso di
distribuzione degli utili k (payout ratio), se aumenta g e se diminuisce ke.
P0
k

E1 ke  g 
Interpretazione: indica il prezzo che si è disposti a pagare per avere un euro di utile.
I titoli con basso rapporto P/E risultano sottovalutati e dovrebbero essere acquistati perché
dovrebbero garantire in futuro un rendimento maggiore.
Però a un rapporto alto, non necessariamente corrisponde una bassa redditività; può essere alta
la crescita g.
Azioni value: basso rapporto P/E.
I MERCATI FINANZIARI
= Insieme delle operazioni di creazione e di scambio dei contratti
finanziari nei quali la presenza di strutture organizzative e di operatori specializzati agevola l’incontro tra
domanda e offerta, tra ordini di acquisto e di vendita. [Complesso di scambi aventi per oggetto strumenti
finanziari.]
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
MERCATI CREDITIZI = strumenti finanziari privi del requisito di trasferibilità e di negoziabilità; il rapporto
tra le controparti è di tipo personalizzato; prezzi negoziati bilateralmente (es. mutuo/depositi).
MERCATI MOBILIARI = strumenti finanziari trasferibili e negoziabili; strumenti finanziari standardizzati;
maggior grado di liquidità (es. azioni, obbligazioni).
MERCATI PRIMARI= mercati in cui sono presenti i titoli di nuova emission, alla ricerca del primo
collocamento nei portafogli degli investitori; relazione diretta emittente-investitore; funzione di
finanziamento (es.collocamento aumento capitale sociale/asta titoli di Stato).
MERCATI SECONDARI = presenti titoli già in circolazione; funzione di liquidità (possibilità di smobilizzare gli
investimenti in titoli); definizione di pricing. È importante il mercato secondario anche perché ne dipende la
funzionalità del mercato primario: gli investitori sono più propensi ad acquistare titoli di nuova emissione se
il mercato secondario presenta facilità di smobilizzo, prezzi significativi e scambi ordinati (percezione di
rischi di investimento inferiori); l’emittente, a sua volta, è in grado di collocare i nuovi titoli a condizioni
economiche più favorevoli.
MERCATI MONETARI = scadenza a breve termine, cioè <12 mesi; fuzione di gestione della liquidità (es. BOT,
operazioni mercato interbancario)
MERCATI DEI CAPITALI = scadenze a medio/lungo termine, cioè >12 mesi; a fronte di investimenti in
capitale fisso (es. azioni e BTP)
MERCATI AL DETTAGLIO (o dei lotti minimi) = piccola clientela che compra/vende titoli di modesto
ammontare (es. MOT)
MERCATI ALL’INGROSSO = vengono trattati tagli di mercato rilevanti (es. mercato MTS) “blocchi” del
mercato azionario: grandi ammontare di azioni che se scambiati nel marcato al dettaglio rovinerebbero il
normale svolgimento delle negoziazioni.
MERCATI AD ASTA (processo di pricing order driven)= tipico della Borsa d’Italia, dove i prezzi sono il
risultato dell’incrocio dei flussi di ordini di acquisto e di vendita immessi nel mercato degli operatori sulla
base di priorità di prezzo e di tempo (asta a chiamata, che determina il prezzo di apertura, e asta continua).
MERCATI DI MARKET MAKER (processo di pricing quote driven) = caraterizzati dalla presenza dei market
makers (che operano come dealer, cioè prendono posizioni in proprio), i quali assicurano la liquidità dello
strumento finanziario; i market makers espongono le proposte di prezzo e le quantità a cui sono disposti a
comprare o vendere. (differenza con broker, i quali operano per conto di terzi)
MERCATO FISICO = gli operatori si radunano in mercati che hanno una dislocazione fisica.
MERCATO TELEMATICO = è possibile effettuare le negoziazioni anche prescindendo dalla presenza fisica
degli operatori; book di negoziazione.
MERCATI REGOLAMENTATI = forme di mercato che l’ordinamento riconosce espressamente e che sono
oggetto di autorizzazione a operare e di regolamentazione riguardo i requisiti minimi della società che li
gestisce, regole organizzative e di funzionamento. Standardizzazione degli strumenti oggetto di scambio
(es. MTA, MOT)
MERCATI NON REGOLAMENTATI = sistemi si scambio organizzati per i quali si applica un principio di
informazione a tutela degli investitori; caso particolare di mercati non regolamentati è quello “over –thecounter”, caratterizzato da alto grado di personalizzazione (strumenti disegnati di volta in volta sulle
specifiche esigenze dei contraenti) e bassi volumi di scambio. (es. EuroTLX, MAC-AIM Italia, ExtraMot)
MERCATI DOMESTICI = stretta relazione tra il mercato e il contesto del paese di riferimento
FUNZIONI DEI MERCATI FINANZIARI
la più importante funzione è quella dell’efficiente allocazione delle risorse finanziarie (trasferimento
risorse da unità in surplus a unità in deficit e redistribuzione dei rischi).
Questa funzione caratteristica di tutti i mercati finanziari, le funzioni seguenti sono, più nello specifico,
riferite ai mercati mobiliari:
1.FUNZIONE DI FINANZIAMENTO: emissione e collocamento degli strumenti finanziari sul mercato primario
(provvista di fondi per il soggetto emittente).
2.FUNZIONE DI RIDUZIONE DEI COSTI DI TRANSAZIONE: i costi operativi del trasferimento delle risorse
possono essere ridotti se gli scambi sono concentrati in una struttura dotata di razionalità organizzativa
(economie di scala, efficienza tecnica).
3.FUNZIONE DI PRICING: funzione di formazione dei prezzi (è la più importante).
4.FUNZIONE DI LIQUIDITA’: un efficiente mercato secondario rende liquidi i titoli a prescindere dalla loro
durata contrattuale; la liquidità percepita dagli investitori equivale a minore rischio.
5.FUNZIONE INFORMATIVA: il prezzo dà informazioni.
6.FUNZIONE DI TRASFERIMENTO DEI RISCHI: necessità di un soggetto economico di modificare il proprio
profilo di rischio.
7.FUNZIONE DI TRASFERIMENTO DEL CONTROLLO DELLE SOCIETA’: (mercato azionario) la negoziabilità dei
titoli rende possibile la ricomposizione degli assetti di controllo azionario delle società emittenti; quindi
possibilità che il controllo si sposti tra diversi azionisti o gruppi di azionisti. Nelle public companies il
controllo proprietario è instabile; se il valore della società scende  minaccia di take-over = potenziali
acquirenti sono incentivati a “scalare” la società in vista dei profitti realizzabili quando la situazione si sarà
normalizzata (questo rischio è uno stimolo per il miglioramento delle performance aziendali).
IL MERCATO MONETARIO
Accezione “ristretta”  insieme delle transazioni su titoli a breve scadenza (fino a 12 mesi).
Accezione più ampia  insieme delle transazioni di attività e passività finanziarie che agevolano
l’aggiustamento delle posizioni di liquidità dei diversi operatori.
Per la presenza di un mercato efficiente, riduzione di costi-opportunità di detenzione di riserve di liquidità
(rendimento più basso rispetto a impieghi alternativi).
• Importante per le banche (depositi a vista).
OPERATORI:
• Dal lato della ricerca di finanziamenti a breve termine: banche, istituzioni finanziarie, imprese, enti
della pubblica amministrazione (tutti questi gestione tesoreria).
• Dal lato della domanda di attività finanziarie: banche, istituzioni finanziarie, imprese, privati.
Nell’eccezione ampia, vengono considerate “di mercato monetario” le operazioni tra banche e Banca
centrale, e le operazione del mercato interbancario (mercato per la negoziazione di depositi tra banche).
Nell’eccezione ristretta:
 Caratteristiche titoli (BOT):
1. Scadenza nominale breve/brevissima.
2. Alta negoziabilità sul mercato secondario.
3. Impersonalità dei rapporti tra emittenti e sottoscrittori.
MERCATO DEI CAMBI
Oggetto delle transazioni è rappresentato da disponibilità di fondi in valuta estera (transazioni su circuito
telematico). [definiti prezzi della moneta nazionale in termini di monete estere]
 Operazioni a pronti e a termine (future e swap).
OPERATORI:
 importatori che devono pagare controparte estera, esportatori che devono convertire valuta
estera in domestica, imprenditori che effettuano investimenti diretti esteri, investitori che
sottoscrivono titoli denominati in valuta, arbitraggisti(=mirano a inserirsi nelle imperfezioni di
mercato, per ottenere profitti unitariamente ridotti ma tendenzialmente “certi”; es. nel caso di
differenze nelle quotazioni dello stesso tasso di cambio su diverse piazze finanziarie)
 Speculatori (acquisto/vendita valuta a pronti/termine) = operano per realizzare profitti attraverso
la previsione dell’andamento futuro dei cambi.
 Le operazioni poste in essere da utilizzatori finali, speculatori e albitraggisti no forma diretta: no
mercato a ricerca autonoma, ma necessità di intermediari (dealer e market maker).
 Altro operatore importante Banche centrali (gestione riserve valutarie e influenza sull’andamento
del cambio della moneta).
CARATTERISTICHE:
 Natura globale: no presenza fisica degli operatori;
 Continuità nel tempo delle negoziazioni: no interruzioni nell’arco della giornata.
MERCATO DEI CAPITALI
Negoziazione di strumenti finanziari con scadenza superiore a 12 mesi. Si fa riferimento a due grandi
settori: quello dei titoli azionari e quello dei titoli di debito emessi da diversi soggetti.
Data la loro natura medio-lunga, fonte di finanziamento per investimenti a capitale fisso (cioè ciclo di
utilizzo pluriennale); questo perché:
1. Disponibilità di risorse per prenditore di fondi a garanzia del suo equilibrio finanziario.
2. Rischio di tasso di interesse (se fosse un finanziamento a 12 mesi e si potesse rinnovare possibilità
che i tassi di interesse siano in aumento).
MERCATO AZIONARIO
Il settore del mercato dei capitali dedicato alle azioni è denominato Borsa (mercato azionario
regolamentato): mercato organizzato e regolamentato, caratterizzato da diverse specificità istituzionali,
tecniche e operative:
1. Presenza di un soggetto giuridico proprietario e responsabile di gestione del mercato: nel 1998
transazione della Borsa Italiana dal modello istituzionale e proprietario pubblico al modello
privatistico.
2. Esistenza di struttura fisica e logistica del mercato: la maggior parte dei mercati organizzati
(azionari, obbligazionari e derivati) è ormai funzionante con modelli di negoziazione telematica, ma
la “sede fisica” ha ancora importanza.
3. Definizione di requisiti di ammissione delle società o dei titoli alla quotazione.*
4. Standardizzazione dei contratti secondo contenuti e forme prestabilite: riguarda in particolare il
mercato secondario, in maniera tale da agevolare e velocizzare le negoziazioni.
5. Presenza di intermediari ufficiali a cui gli operatori si rivolgono in via esclusiva per la conclusione
delle transazioni (es. banche): nelle borse possono operare broker, dealer, market maker.
6. Definizione di procedure standardizzate per negoziazioni e procedure di fissazione di prezzo: da
diversi anni la borsa adotta un sistema di negoziazione ad “asta continua”, che accoglie i flussi
continui di ordini di vendita e di acquisto, incrociando automaticamente quelli compatibili per
quantità e prezzo.
7. Esistenza di un organo di controllo super-partes (CONSOB + Banca d’Italia).
Borsa Italiana adotta requisiti, in modo tale da offrire ad investitori titoli agevolmente negoziabili, emessi
da società aventi REQUISITI* economico-finanziari adeguati.
Requisiti emittenti:
1. Capacità delle società di generare ricavi in condizioni di autonomia gestionale.
2. Pubblicazione e deposito dei bilanci anche consolidati degli ultimi 3 esercizi, di cui almeno l’ultimo
corredato di un giudizio della società di revisione.
Requisiti delle azioni:
1. Titoli devono essere liberamente trasferibili (no vincoli).
2. Titoli adeguatamente diffusi tra il pubblico (flottante almeno pari al 25% = quantità di azioni
disponibili al pubblico, cioè azioni che si possono vendere ed acquistare nel mercato secondario).
Questo perché i mercati finanziari hanno una funzione di liquidità, e quindi è necessario che si crei
un mercato.
3. Capitalizzazione di mercato pari ad almeno 5 mln euro (capitalizzazione = numero delle azioni per
controvalore delle stesse)
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Il mercato obbligazionario è l’insieme delle transazioni su titoli di debito aventi scadenza superiore a 12
mesi (ne fanno parte tutti gli strumenti che abbiamo visto tranne i BOT).
Prevalenza di emissioni da parte del Tesoro dello Stato, anche se sempre maggior peso delle obbligazioni
come forma di raccolta bancaria.
Dal lato di investitori: crescita del settore privato e di investitori istituzionali, rispetto al ruolo delle banche.
Nel mercato primario, il Tesoro ha privilegiato i seguenti aspetti nel collocamento delle emissioni di titoli di
Stato nel portafoglio degli investitori:
1. Sistematicità e regolarità delle emissioni: in questo modo gli investitori interessati ai titoli di Stato
conoscono il momento in cui attivarsi per procedere alla sottoscrizione;
2. Meccanismo dell’asta: assegnazione competitiva dei titoli tra gli investitori;
3. Utilizzo delle banche come intermediari nei confronti del pubblico: l’emittente fa leva sulla
capillarità dei contatti che le banche hanno con gli investitori.
Nel mercato secondario:
1. Circuito al dettaglio (MOT): è ad “asta continua” e riguarda sia i Titoli di Stato che le obbligazioni
private.
2. Circuito all’ingrosso (MTS = Mercato Telematico dei Titoli di Stato).
MERCATO DELLE OPZIONI (non lo chiede all’esame)
Elementi che caratterizzano il contratto:
1. Attività finanziaria sottostante
2. Prezzo di esercizio dell’opzione
3. Data di scadenza dell’opzione
4. Prezzo dell’opzione
Storicamente sviluppo negoziazioni fuori da mercati ufficiali per complessità strumenti, ridotto livello
standardizzazione, costi transazione, ridotta liquidità.
Ora soprattutto su mercati organizzati (contratti standardizzati in termini di durata e prezzo di esercizio).
ASSETTO MERCATI MOBILIARI ITALIANI
In Italia i mercati mobiliari sono articolati in due diverse strutture societaria:
1. Borsa Italiana S.p.A. (1808-privatizzazione 1998) a cui fa capo organizzazione e gestione dei mercati
regolamentati (azioni, obbligazioni, titoli di stato al dettaglio, contratti derivati).
2. MTS S.p.A. (1988- privatizzazione 1998): mercati secondari all’ingrosso sui titoli di Stato e sulle
obbligazioni corporate.
*I mercati tagliati non ci sono più.
MTA: mercato telematico azionario, veniva in passato diviso in diversi segmenti; ora ci sono solo quelli
evidenziati in verde + STAR (segmenti titoli ad alti requisiti = non necessariamente sono i titoli più
capitalizzati ma sono i migliori in termini di trasparenza, quelli all’avanguardia che forniscono tutte le
informazioni, quelli che adottano requisiti all’avanguardia, hanno un elevato flottante, ecc. Segmento
molto amato all’estero) + MTAi (ne fanno parte imprese estere che possono essere contrattate in Italia,
imprese già ammesse a quotazione in un mercato estero come per esempio BMW, STM…). Imprese quotate
intorno a 400.
L’ MTA è rappresentato dai seguenti indici:
– FTSE MIB (ex S&P/MIB): è composto dalle prime 40 azioni più liquide e capitalizzate sul
MTA
– FTSE Italia Mid Cap (ex Midex): è composto dalle prime 60 azioni più liquide e capitalizzate
successive alle azioni che compongono l’indice FTSE MIB
– FTSE Italia Small Cap (ex Mex): è composto da tutte le altre azioni, al di fuori dell’indice
FTSE MIB e di quello FTSE Italia Mid Cap, che superano il filtro di liquidità
– FTSE Italia All Shares (ex Mibtel): comprende tutte le azioni quotate sull’indice FTSE MIB,
FTSE Italia Mid Cap e FTSE Italia Small Cap
– FTSE Italia Micro Cap (new): comprende tutte le azioni la cui capitalizzazione di mercato è
minore del valore più piccolo dei costituenti FTSE MIB e che non sono nell'Indice FTSE Italia
All-Share in quanto non hanno superato il filtro di liquidità
– FTSE Italia STAR (ex All Star): comprende le azioni quotate nel segmento STAR
Principali caratteristiche del MTAi:
1) nel segmento possono essere ammesse alle negoziazioni, senza la necessità di produrre un
prospetto informativo, le azioni già quotate su un altro mercato regolamentato europeo da più di
18 mesi
2) le ammissioni di titoli sul MTAi saranno comunicate con un apposito Avviso di Borsa, che riporterà
la data di inizio delle relative negoziazioni e altri dettagli
3) è prevista una specifica procedura di ammissione nonché obblighi informativi (iniziali e
continuativi) a cura del soggetto richiedente l’ammissione.
[MTA  mercato principale in cui sono quotati, oltre ad azioni e strumenti con contenuto azionario come
obbligazioni convertibili e warrant, anche i certificati rappresentativi di quote di fondi mobiliari e
immobiliari chiusi]
MIV: Market of Investment Vemicles, segmento fondi chiusi.
MAC + AIM Italia = SSO: mercato per le piccole medie imprese. Si sono fusi l’1 marzo 2012. Rivolto alle
piccole imprese costituite nella forma di società per azioni che intendono accedere al mercato del capitale
di rischio, attraverso una procedura semplificata. E’ un MTF (Multilateral Trading Facilities, cioè mercati non
regolamentati). Non è richiesta pubblicazione prospetto informativo.
SeDex: si contrattano strumenti derivati come i covered warrant e i certificates (Securities Derivatives).
Gli strumenti finanziari in esso negoziati sono divisibili in 2 categorie:
 Covered Warrant e Leverage Certificates: strumenti caratterizzati dall’effetto leva
 Investment Certificates: strumenti finanziari senza effetto leva che rispondono a logiche
d’investimento di medio-lungo termine
La segmentazione del mercato SeDex riflette le due categorie principali. I covered warrant e i certificates
sono infatti ripartiti in classi omogenee per tipologia di prodotto e finalità di investimento:
 Covered Warrant "Plain Vanilla": sono covered warrant Put/Call;
 Covered Warrant Strutturati ed Esotici: sono covered warrant composti di combinazioni di
opzioni call e/o put e/o che incorporano opzioni esotiche;
 Leverage Certificates: certificati che replicano, con un effetto leva, una particolare attività
sottostante;
 Investiments Certificates: certificati che replicano, senza effetto leva, una particolare
attività sottostante.
TAH=trading after hours
ETF plus: vengono trattati gli ETF (Excange Traded Funds), i quali replicano l’andamento dell’indice di
riferimento, gli ETF strutturati, i quali abbinano agli ETF un’opzione, e gli ETC (Excange Traded
Commodities) che replicano l’andamento di una materia prima (sono apprezzate perché il coefficiente di
correlazione è in genere molto basso).
MOT: Mercato telematico delle obbligazioni e dei Titoli di Stato (mercato al dettaglio dei titoli a reddito
fisso ad asta continua). È quello che abbiamo visto fino ad ora. Su di esso vengono trattati: Titoli di Stato
(BOT, BTP, CCT, CTZ), Obbligazioni di Enti locali, Obbligazioni bancarie, Obbligazioni strutturate ,Euroobbligazioni, obbligazioni di emittenti esteri, ABS, MBS. Il MOT si articola in 2 segmenti:
1. DomesticMOT: caratterizzato da strumenti finanziari liquidati presso sistemi di liquidazione
nazionali
2. EuroMOT: caratterizzato da strumenti finanziari liquidati presso sistemi di liquidazione esteri
(Classe Unica per euro-obbligazioni, ABS, MBS, titoli di emittenti esteri e altri titoli di debito).
ExtraMOT: è un mercato non regolamentato. Gli strumenti finanziari negoziati sull’ExtraMOT devono
essere già ammessi alle negoziazioni in un mercato regolamentato dell’Unione Europea.
IDEM: si contrattano i Futures (contratti a termine = mi obbligo ad acquistare dei titoli a termine al prezzo
attuale). Si articola in 2 segmenti: 1) Segmento IDEM Equity: Contratti Futures sull’indice FTSE MIB (FIB),
MiniFutures sull’indice FTSE MIB (MiniFIB), Opzione sull’indice FTSE MIB (MIBO), Future su azioni, Opzioni
su azioni; 2) Segmento IDEX: future su energia elettrica.
EFFICIENZA DEI MERCATI FINANZIARI
L’efficienza può essere esaminata sotto differenti angolature:
1. Efficienza allocativa
2. Efficienza informativa
3. Efficienza tecnico-operativa
EFFICIENZA ALLOCATIVA
Si realizza quando i fabbisogni delle unità che effettuano gli scambi risultano soddisfatti e non si
ritiene necessario procedere a un’ulteriore redistribuzione di risorse finanziarie (binomio rischio –
rendimento). Perché sia possibile ciò è necessaria la massima informazione disponibile (questo
spesso non è possibile per le asimmetrie informative ex-ante ed ex-post che abbiamo visto in
precedenza).
Efficiente allocazione delle risorse: quando la produttività marginale del capitale è la medesima
per tutte le forme di impiego selezionate, in modo che non vi sia spazio per procedere a una sua
riallocazione.
EFFICIENZA INFORMATIVA
Condizione necessaria affinché le risorse disponibili siano distribuite in modo ottimale (mercato mobiliare).
Mercato efficiente dal lato informativo se:
1. Prezzi riflettono costantemente tutta l’informazione disponibile.
2. Operatori agiscono razionalmente in modo da massimizzare la propria funzione di utilità.
In relazione alle informazioni contenute nel sistema dei prezzi, vengono identificati tre diversi stadi di
efficienza informativa:
1. Efficienza debole (il prezzo incorpora tutte le informazioni storiche, precedenti; analisi tecnica, cioè
analisi dei grafici);
2. Efficienza semiforte (il prezzo incorpora le informazioni passate e presenti);
3. Efficienza forte (il prezzo incorpora tutta l’informativa, sia quella pubblica presente, sia quella
storica, sia quella privata futura).
EFFICIENZA TECNICO-OPERATIVA
Efficienza tecnica a livello microeconomico: necessità che intermediari razionalizzino la propria struttura dei
costi in modo tale da limitare il peso degli oneri di transazione.
Efficienza funzionale a livello di mercato: tutte le condizioni atte ad agevolare incontro tra domanda e
offerta e accrescere significatività dei prezzi. Il mercato deve quindi presentare le seguenti caratteristiche:
ampiezza (ci sono tanti ordini per un unico prezzo; molta domanda e molta offerta), spessore (ci sono tanti
ordini per diverse tipologie di prezzo) ed elasticità (forte capacità di un mercato di reagire a fronte di
notizie inattese, ristabilendo le condizioni originarie dopo uno scompenso) del mercato.