Gli eredi dei re - Comune di Anghiari
Transcript
Gli eredi dei re - Comune di Anghiari
Gli eredi dei re In un tempo remoto in cui uomini, nani, elfi e maghi vivevano in pacifica convivenza, Minardur, re degli elfi, Stimli re dei nani, Drarur re degli uomini e Misterum re dei maghi decisero di racchiudere i loro poteri, ormai divenuti troppo forti persino per loro, in quattro simboli rappresentanti la loro stirpe. Ma, tra le profondità della terra, era nato un essere malvagio chiamato Marador creatosi dalla lava e da tutte le malvagità compiute dagli esseri della terra; anch’esso come gli altri aveva creato un simbolo per il suo erede. “…A me, a me!...” esclamò Aradur durante una partita di nalzo, uno sport praticato nella terra degli umani.E dopo un fantastico passaggio ecco il super tiro che va a centrare la porta!- urlò la cronaca dopo il fischio dell’arbitro. –Una fantastica partita non trovi?- mormorò Neolas, il portiere della loro squadra, un elfo –Si splendida- confermò Smimli il nano difensore. Il giorno dopo i 4 amici si ritrovarono a scuola e quel giorno l’insegnante spiegò la divisione dei poteri nei quattro simboli e la leggenda che diceva: “In un’epoca lontana, il male giungerà sulla Terra, ma quattro nostri eredi arriveranno in vostro aiuto prendendo i beni presenti nel tempio dei re” . I ragazzi furono molto affascinati da questa leggenda e a casa la studiarono passionalmente. La notte i ragazzi fecero uno strano sogno. La mattina seguente era festa e loro decisero di incontrarsi per aiutare a finire i preparativi della festa. –io questa notte ho fatto uno strano sogno- mormorò Neolas agli altri tre, mentre finiva di annodare una corda. -Anch’io- mormorarono gli altri in coro –non è che…- ci fu un attimo in cui sembrava di essere gli unici in quello spazio ma questo sparì presto -…abbiamo fatto lo stesso sogno..? mormorò Mastrum, il mago. -Io ho sognato la profezia che abbiamo studiato- disse aradur. –ma…io…pure-. Dopo questo fatto ogni notte sognavano sempre la stessa cosa e ridendo pensavano al fatto di essere loro gli eredi dei quattro re. Ma dopo alcune settimane presero sul serio quella possibilità e a scuola aradur disse –visto che questo sogno non esce dalle nostre menti perché non proviamo sul serio ad andare al tempio dei re?-, -è l’unica soluzione per quanto ci crediamo potremmo essere noi gli eredi-. _all’ora a questa sera, davanti a casa mia a mezza notte in punto- aggiunse Neolas, e si congedarono. Era mezza notte ed erano tutti davanti al luogo di ritrovo tranne Smimli che arrivò alcuni minuti dopo. – Bene ci siamo tutti- disse Mastrum –possiamo partire-. Si avviarono verso il tempio dei re e dopo alcune ore di cammino giunsero finalmente nel tempio, situato su un’alta montagna. -finalmente siamo arrivati!- esclamo stimli affaticato dalla lunga salita. Nel frattempo neolas si era avviato verso l’entrata dove c’era scritto in elfico “ Per entrar in quattro esser dovrete, e la man poggiar dovrete”. –Dobbiamo poggiare tutti le mani sul portale – mormorò Neolas agli altri tre, e così fecero e appena anche il quarto ebbe poggiato la mano vennero travolti da una luce e magicamente si trovarono all’interno, in quel posto dove nessuno entrava da millenni, dove tutto era buio e c’era una puzza di muffa e di chiuso. – Smimli, accendi le torce,- mormoro Aradur e quando si accesero si resero conto di essere all’interno di una stanza dove in ogni parete c’era inciso il nome di uno dei quattro re. -credo che dovremo poggiare di nuovo le mani- disse Neolas e appoggiò la sua mano. Nella roccia si incise un rettangolo da cui ne uscì fuori un cassetto fatto di roccia e tutto illuminato. In quello dell’elfo erano presenti un arco, ma non un arco qualunque, perché era come se fosse avvolto dalla magia, probabilmente per il potere del re e delle frecce, contenute in una faretra probabilmente del nobile Minardur. Aradur fece lo stesso e all’interno del suo cassetto c’erano una spada, anch’essa avvolta dalla magia uno scudo e un elmo, appartenuti a Drarur. Smimli fece lo stesso e dal suo cassetto usci fuori un’ascia a due lame avvolta da quel fascio di luce e un elmo tipico degli elfi, essendo appartenuti a Stimli re dei nani. Per ultimo tocco a mastrum il mago e dal suo cassetto uscì una bacchetta e un libro di incantesimi appartenuti a Misterum il re dei maghi. -Penso che questi siano gli oggetti che ci hanno voluto lasciare i re del passato- disse stimli –si è ovvioaggiunse Mastrum –Ma quale terribile mostro dovremo distruggere? –Probabilmente l’erede di Maradoraggiunse Neolas. Dopo aver parlato ancora dell’erede del malvagio decisero di uscire dal tempio per tornare a casa loro. Il giorno dopo arrivò a scuola un uomo alto più di due metri con un lungo cappello a punta e una lunga barba bianca di nome Mastard che con la sua voce calda e accogliente disse loro – io vi porto questo messaggio perché so chi siete,Minardur erede di Marador sta creando un esercito per conquistare le nostre terre, io provvederò personalmente ad avvisare i re di ogni popolo ma voi, dovete convincerli di essere dalla loro parte. Per questa causa alcuni giorni dopo furono chiamati dal consiglio dei re per accertarsi che le voci che giravano su di loro fossero vere, loro ci credettero e si prepararono a una difficile battaglia contro il male che ormai era alle porte. Gli eserciti erano formati da più di centomila soldati tra uomini, elfi, nani e maghi e si stavano preparando per la battaglia. -Ho un piano!- urlò il giovane mago Mastrum, -dobbiamo coglierli di sorpresa, ci nasconderemo nella fortezza più grande che esista e al loro attacco li coglieremo di sorpresa uscendo dalla fortezza- aggiunse. Era il giorno tanto atteso della battaglia e tutti erano pronti nella fortezza di Maradun, e stavano aspettando ansiosi l’attacco da parte dei nemici. Ad un certo punto la terra iniziò a tremare e questo era il segnale che l’enorme esercito stava arrivando con alcuni draghi al comando. Avvicinatisi alla fortezza gli orchi iniziarono a bombardarli, con le catapulte che avevano portato fino alla città tirando massi di enormi dimensioni. Gli arcieri elfici risposero a questo attacco con una pioggia di frecce, a loro si aggiunse anche Neolas, il suo arco era diverso e capiva la sua mente, in questo caso lui volle una pioggia di frecce e dal suo arco, pur se lui ne tirò una sola queste si trasformarono in un centinaio. Ben presto capì che col suo arco poteva fare due cose in più, la prima, che aveva appena provato e la seconda quella di infuocare le frecce quando voleva. Anche gli altri tre capirono i loro poteri, Aradur poteva far infuocare o ghiacciare la sua spada, Smimli faceva diventare la sua ascia potentissima, che colpiva anche a distanza e Mastrum, non poteva uccidere direttamente, ma poteva materializzare e smaterializzare qualsiasi cosa con la sua bacchetta e in oltre fare tantissimi incantesimi. I quattro amici quando combattevano insieme diventavano fortissimi, e ben presto, nella battaglia capirono come usare i loro poteri. Ma per loro arrivò il difficile, dovettero battersi contro il cattivo Minardur e per farlo si ritrovarono sulla torre del castello soli contro di lui. -Bene…Bene…Bene, finalmente ci troviamo soli, ragazzi- disse la voce fredda che proveniva da sotto l’elmo –e… così sareste voi i famosi quattro ragazzi che mi dovrebbero eliminare?- -Si! Hai capito bene siamo noi i ragazzi che ti distruggeranno- -Bene allora vediamo un po’ che cosa sapete fare come guerrieriaggiunse Minardur. Neolas, fremente di rabbia gli scagliò una freccia infuocata che gli si conficco nella spalla. –Complimenti hai davvero una buona mira ma mi hai preso solo l’armatura- e estrasse la freccia. -vediamo come ve la cavate con questa- aggiunse ed estrasse la spada ereditata da Marador e si scagliò contro di loro. Quest’ultimi si prepararono a difendersi sfoderando la spada ma il loro amico mago Mastrum materializzo davanti a loro un grande masso che Minardur tagliò solo in parte. I quattro comunicarono telepaticamente, perchè il mago aveva capito qual era il modo per distruggere l’erede di Marador, dovevano toccare con le loro armi l’arco di Neolas. Così fecero, iniziarono ad attaccarlo e dopo molti colpi finalmente Neolas gli tirò una freccia che lui schivò con facilità e proprio in quell’istante tutti e tre si avvicinarono all’elfo e Aradur facendo diventare la sua spada metà di fuoco e metà di ghiaccio toccò l’arco, Smimli concentrò tutta la sua potenza nell’ascia che divenne incandescente e fece lo stesso, in fine mastrum tocco anche con la sua bacchetta, che era diventata azzurra, a quel punto l’arco divenne di luce, neolas prese una freccia che partì con una velocità impressionante, diventate anch’essa colore del sole, trafisse minardur in piena faccia che si disintegrò insieme alla sua spada. In quel momento tutto l’esercito dell’erede di Marador sparì e loro si abbracciarono felici per la vittoria. Nei giorni seguenti ci furono molte feste per la loro vittoria e da quel giorno vissero nella pace. D’Angelo Francesco