Funerale a Ornans

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Funerale a Ornans
E. Courbet, Funerale a Ornans
"Hanno già posato il sindaco che pesa un quintale, il curato, il commissario, il crucifero, il notaio,
l'assessore Marlet, i miei amici, mio padre, i chierichetti, il becchino, due vecchi della rivoluzione del 1793
con gli abiti dell'epoca, un cane, il morto e i suoi portatori, gli scaccini (uno di essi ha il naso come una
ciliegia ma grosso in proporzione e lungo cinque pollici), le mie sorelle, altre donne ecc.. Credevo poi di
fare a meno di quei cantori della parrocchia, ma non c'è stato verso; sono venuti ad avvisarmi che erano
offesi perché soltanto loro in tutta la parrocchia non erano stati ritratti. Si lamentavano forte, dicevano che
non mi avevano fatto alcun male e che non meritavano un simile affronto”.
Con queste parole Courbet descrive all'amico Champfleury Funerale a Ornans, opera monumentale (cm
314,9 x 662,8) eseguita nel 1849, per la quale avevano posato una cinquantina di abitanti di Ornans, città
natale del pittore. Nel 1850, in una mostra personale a Ornans, il Funerale fu presentato al pubblico locale
che, presumibilmente, attendeva con ansia di veder ritratta la propria immagine.
La tela ritrae con figure a grandezza naturale - secondo il formato consueto alla pittura di storia - un episodio
di vita socio-familiare, ambientato nella provincia francese. Courbet trasforma la rappresentazione del
funerale in manifesto della pittura realista, suscitando l'indignazione della critica e scandalizzando il
pubblico al Salon del 1851, dove espone anche Gli spaccapietre. Il giudizio ufficiale è immediatamente
negativo e anticipa lo sdegno con cui il conte di Nieuwerkerke, sovrintendente dell'Accademia di Belle Arti,
accoglierà l'Atélier, un dipinto presentato da Courbet all'Esposizione Universale del 1855. Il disprezzo del
sovrintendente per il realismo di Courbet è lo stesso che egli aveva precedentemente espresso nei confronti
dei paesaggi della Scuola di Barbizon: "E' pittura di democratici, gente che non si cambia di biancheria e
che ha la pretesa di imporsi alla buona società”.
Anche nei confronti del Funerale la critica, lungi dal formulare valutazioni di natura estetica, assecondava i
pregiudizi della borghesia parigina nei riguardi del proletariato, ritratto con inquietante realismo. Non
stupisce che lo stesso Nieuwerkerke facesse acquistare dallo Stato La benedizione del grano nell'Artois,
esposto da Jules Breton al Salon del
1857. L'opera di Breton, infatti, analoga
nel soggetto a quella di Courbet, appare
di gran lunga più rassicurante. La
pittoresca processione contadina di
Breton procede, infatti, con ordine e
armonia; l'artista dipinge contadini
devoti, una comunità dignitosa,
politicamente innocua agli occhi del
pubblico conservatore. Ben diversa è la
forza di caratterizzazione della pittura di
Courbet: l'affollamento in primo piano di personaggi dalla fisionomia rude, talora caricaturale, determina
franchezza di rappresentazione, di certo percepita come provocatoria. L'espediente ardito della fossa aperta
lungo il lato inferiore del quadro, costringe l'osservatore a una immediata partecipazione all'evento, come se
egli si trovasse davvero di fronte al personaggio in ginocchio. Le figure si addensano in primo piano, ma,
nello stesso tempo, sono compresse, appiattite sullo sfondo, in uno spazio quasi contratto. Lionello Venturi
spiega tale costruzione spaziale proponendo l'immagine suggestiva di Courbet, costretto a dipingere la
grande tela nello spazio angusto del granaio-atélier ereditato dal nonno, senza possibilità di indietreggiare e
obbligato a "lavorare alla cieca”, per usare un'espressione dello stesso pittore.
Nella studiata e complessa composizione i personaggi sono ripartiti secondo tre nuclei omogenei: a sinistra il
clero, a destra le donne con i fanciulli, al centro le figure alle quali il pittore vuole attribuire maggior rilievo.
I toni neri dominanti sono abilmente rialzati dalle improvvise zone bianche del drappo funebre, dei mantelli,
dei copricapi, del cane, che contrastano con i rossi vivaci delle vesti dei notabili. Courbet evita con ogni
mezzo di idealizzare e nobilitare i personaggi: l'artista rinuncia alle convenzioni compositive in favore di
un'inquadratura quasi fotografica, suggerita dai margini laterali che tagliano le figure di alcuni partecipanti al
rito. La costruzione del dipinto è quindi palesemente intesa a sconcertare il pubblico borghese e
conservatore: è con questo scandalo che la pittura realista si impone all'attenzione del secolo.