Difficoltà e successo formativo in matematica

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Difficoltà e successo formativo in matematica
Pesaro, dicembre 2013
Anna Paola Longo (Gruppi di ricerca GRIMED e Ma.P.Es)
Difficoltà e successo formativo in matematica
Introduzione
Le esperienze di insegnanti, allievi e genitori, insieme a numerosi interventi sui mass media,
indicano che le difficoltà in matematica tendono attualmente a dilagare ed a sfuggire al controllo
degli insegnanti. Si creano fin dall'inizio della scolarizzazione situazioni di frustrazione e ansia nei
bambini e di emarginazione di alcuni nella classe, e contemporaneamente una sgradevole
sensazione di impotenza negli insegnanti. Questi fenomeni, se esaminati nei singoli allievi,
tendono ad ingigantirsi negli anni, diventando spesso irreversibili, se non si riesce ad operare
presto per superarli.
Saper ragionare
Gli insegnanti dichiarano che gli studenti non ragionano, o meglio non sanno ragionare, non
vogliono ragionare, ma questo cosa significa? Chi insegna a ragionare e come si impara? E' solo un
fatto spontaneo? E inoltre, quali sono i passi e le condizioni del saper ragionare in matematica?
Come si incrementa l'abitudine ad usare la propria testa, a porre domande all'oggetto dello studio,
ad esprimersi nel linguaggio specifico? Certamente non basta aspettare che il tempo passi e che
l'allievo sviluppi da solo le proprie capacità naturali, perché se anche questo avvenisse, si
troverebbe a quel punto capace, ma carico di lacune che gli impedirebbero di inserirsi
nuovamente nel contenuto di cui si sta occupando la classe. Il processo con cui si sviluppa la
matematica è una concatenazione lineare, che rende molto difficile inserirsi in un cammino già
sviluppato, se si ignorano i fondamenti su cui poggia. Il recupero in una situazione del genere
comporterebbe un aiuto nella ripresa personale dei contenuti, facile da teorizzare ma difficile da
attuare, per la necessità di un'analisi accurata delle conoscenze e delle lacune pregresse e per
l'alternarsi di un lavoro comune con momenti personali. Inclusione e recupero sono situazioni
concatenate: intendo per inclusione la possibilità offerta a ciascuno, almeno come tentativo, di
lavorare nel contesto della classe secondo le sue possibilità personali.
Dalle Indicazioni Nazionali. La costruzione del pensiero matematico è un processo lungo e
progressivo, nel quale concetti, abilità, competenze e atteggiamenti vengono ritrovati,
intrecciati, consolidati e sviluppati a più riprese; è un processo che comporta anche difficoltà
linguistiche e che richiede un’acquisizione graduale del linguaggio matematico,
Concreto-astratto
Un'altra causa spesso indicata come fonte di difficoltà è l'astrazione della matematica. Si
dimentica però che il pensiero (la matematica è un pensiero!) esiste solo se è astratto, perché
questa è la sua natura fin dall'inizio dell'apprendimento, e ogni processo didattico che tenti di
utilizzare (per la matematica) esperienze concrete deve necessariamente traghettare l'allievo
dall'esperienza al pensiero, dal concreto all'astratto (Longo, 2002). L'abilità didattica è proprio nel
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provocare questo trasferimento. L'astrazione è ciò che rende utile la matematica, ciò che la rende
adatta a generalizzare, a individuare le analogie tra situazioni percettivamente diverse,
evidenziando la struttura operativa (stabile) invece dei particolari (che cambiano).
Rimanere ancorati ad una separazione tra livello concreto e livello astratto significa proporre
prima esperienze di cui non si riconosce il contenuto teorico e poi bruscamente (in genere nel
passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado) proporre di lavorare in un piano
astratto fatto di formule e di linguaggio specifico in cui non si riconosce più alcun legame con i
contesti reali e con le esperienze fatte precedentemente.
Questo è il contrario della continuità auspicata tra i due livelli scolastici.
Dalle Indicazioni nazionali. Le conoscenze matematiche contribuiscono alla formazione culturale
delle persone e delle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il
“pensare” e il “fare” e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro
fenomeni naturali, concetti e artefatti costruiti dall’uomo, eventi quotidiani.
Ricerca di un modello didattico
Una lunga esperienza di studio e presenza nella scuola, in collaborazione con la dott. Adriana
Davoli (Università Statale Milano), autrice di un interessante Curriculum per l’aritmetica nella
scuola primaria (Davoli, 2009), e con alcune insegnanti (Torino, Milano, Fidenza, ecc.) mi ha
permesso di verificare dal vivo l'utilità di molti risultati della ricerca didattica (con particolare
riferimento alle idee di C.F.Manara, H.Freudenthal, G.Vergnaud). Tenendo conto anche dei
suggerimenti di pedagogisti e psicologi, e lavorando con buon senso, attenendosi alla situazione
reale della classe e di ciascuno, è possibile individuare elementi utili per una didattica inclusiva
della matematica, e per il recupero, sia individuale che svolto su tutta la classe.
Le condizioni che contribuiscono nel tempo al successo in matematica vengono fondate all’inizio
del processo scolastico, come l'abitudine ad alternare momenti di lavoro personale e momenti di
lavoro comune, a rispettare l'ordine e il silenzio, ad ascoltare ed a raccontare.
Dalle Indicazioni Nazionali. (...) la matematica (…) contribuisce a sviluppare la capacità di
comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le
argomentazioni degli altri.
Timore degli studenti
Tali condizioni non riguardano solo lo sviluppo dell’intelligenza e la capacità degli insegnanti di
“spiegare bene”, come segnalato in uno stralcio di una intervista fatta a G. Vergnaud:
D-Gli studenti presentano generalmente timore o resistenza a confrontarsi con la matematica. Perché
succede questo?
R-La risposta è ovvia perché realmente la matematica non è facile; inoltre in questo campo o si sa o non si
sa e questo è molto più chiaro in questa materia che nelle altre. La matematica tende ad essere difficile
perché lo studente deve accumulare una serie di conoscenze, alle quali deve appoggiarsi per costruire nuove
conoscenze, in modo da percorrere una scala dove non si può passare al secondo gradino senza aver
compreso il primo e generalmente questi processi si insegnano in forma rapida per cui gli studenti restano
frequentemente indietro.
Un altro motivo è che molte volte la matematica non è ben insegnata perché gli insegnanti non possono
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contare su una buona formazione per insegnarla.
D-Quale è la sua raccomandazione per gli insegnanti di matematica?
R-Raccomando di cercare e ricevere informazioni migliori circa la concettualizzazione, cercare la forma in cui
i bambini assimilano la conoscenza; molti insegnanti si illudono che se insegnano bene i concetti, i bambini li
devono apprendere bene. Tuttavia, il processo di apprendimento richiede un certo tempo che di solito è
lungo e non sempre, anche se si spiega bene, si apprende bene.(Vergnaud 1998)
Il successo è legato anche all’affettività, (che determina interesse, motivazione, adesione al
compito, tenacia, libertà di spirito nei confronti dei propri errori), al confronto tra pari,
all'interesse alla realtà (anche un problema o un esercizio sono parti di realtà di cui si può fare
esperienza) .
Attività
L’apprendimento della matematica avviene solo come risultato dell’attività personale di chi
impara:
“Se la conoscenza si elabora lentamente, con leggi di sviluppo che psicologi e pedagogisti devono
studiare, è proprio perché essa riflette l’attività del soggetto nel mondo materiale e non soltanto il
mondo materiale di per se stesso. Il simbolo non è che la parte direttamente visibile dell’iceberg
concettuale; la sintassi di un sistema simbolico non è che la parte direttamente comunicabile del
campo di conoscenza che esso rappresenta. Questa sintassi non avrebbe nessun valore senza la
semantica che l’ha prodotta, cioè senza l’attività pratica e concettuale del soggetto nel mondo
reale” (Vergnaud, 1994, pag. 25).
La classe
Nella classe l'allievo è integrato in un contesto di apprendimento potenzialmente ricco, poiché la
classe è fonte di rapporti costruttivi. Teniamo conto che imparare non è solo memorizzare, ma
anzitutto elaborare: ogni allievo, lavorando personalmente e confrontandosi con i compagni,
compie un cammino di elaborazione dell'esperienza partendo dal suo livello personale, utilizzando
le sue doti personali, impiegando tutto il tempo a lui necessario. Costruisce e riconosce oggetti
ideali, relazioni tra questi oggetti, idealizza schemi di azione che diventano procedimenti operativi.
Solo dopo questo processo personale, creativo, il linguaggio specifico sarà significativo e la
memoria potrà entrare in funzione rendendo stabile l'apprendimento.
Quando molti sono i percorsi personali e i tempi di realizzazione, la classe non può essere un
insieme caotico e casuale, ma occorre una atmosfera di lavoro che permetta un’effettiva rete di
scambi personali, sotto la guida dell’insegnante, indispensabile motore e regolatore dell’attività
complessiva.
Reinvenzione guidata
Ispirandoci al processo di “reinvenzione guidata”, ampiamente illustrato dal matematico
H.Freudenthal, valorizziamo al massimo il rapporto didattico e quindi sia la funzione dell’allievo
che quella dell’insegnante:
Quale che sia l’importanza dei contenuti e delle abilità, essa è molto minore nella matematica che
nelle altre materie. Poiché ho presentato insistentemente la matematica come un’attività, la
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risposta alla domanda : “Qual è la meta?” sarà: “Un’attività”. In altre parole, il discente deve
reinventare il fare matematica piuttosto che la matematica; l’azione di astrarre piuttosto che le
astrazioni; il formalizzare piuttosto che costruire delle formule; il costruire algoritmi piuttosto che
gli algoritmi; il parlare piuttosto che il linguaggio.
Se il discente viene guidato a reinventare tutte queste cose, allora le conoscenze e le abilità
verranno apprese più facilmente, e più facilmente saranno trattenute e applicate. (Freudenthal,
1994, pag.76)
Nella scuola primaria e secondaria di primo grado, una didattica della matematica inclusiva (e
facilitante) parte dalla proposta di un lavoro a cui ciascuno possa partecipare secondo il suo livello,
esige che l’alunno sia stimato per il passo compiuto nel lavoro personale e non per il risultato
ottenuto nei tempi prefissati dall’insegnante e dall’Istituzione. La valutazione sarà anzitutto
formativa (Longo, 2008), cioè un contributo alla precisazione del cammino di ciascuno. Deve
essere compresa dall'allievo e perciò la modalità più efficace è una correzione interattiva, dentro
un dialogo (Longo, Barbieri, Davoli, 2005).
Dalle Indicazioni Nazionali. In matematica (…) è elemento fondamentale il laboratorio, inteso sia
come luogo fisico sia come momento in cui l’alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne
controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a
raccogliere dati, negozia e costruisce significati, porta a conclusioni temporanee e a nuove
aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive.
Ancora sulla ragione
Il lavoro individuale è condizione indispensabile perché ciascun allievo possa mettersi alla prova
per interpretare il compito ed attuare tentativi di soluzione, mettendo in opera la sua razionalità
personale, sempre esistente, anche negli alunni in difficoltà, con qualsiasi tipo di difficoltà.
E’ questa razionalità che deve crescere, prima dell'abilità nei procedimenti meccanici: la
matematica forma la persona se non è solo applicazione meccanica di regole, ma se è anzitutto un
pensiero creativo fatto sia di ragionamento che di immaginazione, che si alimenta nella libertà.
Il lavoro personale favorisce il successivo lavoro comune, lo rende possibile preparando materia e
clima di confronto.
Siamo tornati alla questione iniziale dell'imparare a ragionare, cominciando a considerarla come il
frutto di una attività personale di tentativi e verifiche, che fa crescere una dote di cui tutti siamo
dotati dalla natura, anche se in modo diverso.
Il problema: strumento didattico
All’applicazione di tutti questi criteri didattici risponde bene l’uso di situazioni problematiche e di
problemi (Longo, Barbieri, 2008), il cui nucleo fondante non è il testo e lo schema classico di
soluzione predisposto dall’insegnante (o da un libro di testo), ma una domanda pregnante che
provochi ciascuno ad elaborare liberamente una risposta, con l’unico vincolo di giustificare le
proprie scelte. Non c’è bambino così sperduto che non possa tentare, inizialmente riproducendo la
situazione con oggetti o disegni, contando con le dita o inventando vie personali. E' da questa
partenza personale che si generano, con una evoluzione che può essere controllata, i concetti e i
metodi standard della disciplina. Dunque, atteggiamento indispensabile di ciascun insegnante è
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l'osservazione di ciascun allievo mentre lavora, non limitata a questionari o altri strumenti tecnici,
ma continuamente attuata nel rapporto (detta “osservazione partecipe”).
A scuola l'insegnamento/apprendimento non può avvenire se è avulso dal rapporto tra
l'insegnante e l'allievo. Approfondirò successivamente la riflessione sul problema e sulle
dinamiche conoscitive che può generare.
Dalle Indicazioni Nazionali. Caratteristica della pratica matematica è la risoluzione di problemi,
che devono essere intesi come questioni autentiche e significative, legate alla vita quotidiana, e
non solo esercizi a carattere ripetitivo o quesiti ai quali si risponde semplicemente ricordando
una definizione o una regola.
Il linguaggio comune
Torniamo ora a comporre una sintesi della questione didattica. Permettere a ciascun allievo di
esplicitare un suo percorso arricchisce la classe perché offre la possibilità di scambi costruttivi.
Una parte fondamentale nel percorso di insegnamento/apprendimento spetta al linguaggio
comune (Ferrari, 2004). Infatti gli oggetti matematici sono ideali (Maier, 1998): prima di introdurre
il linguaggio proprio della disciplina, occorrono esperienze e riflessioni (espresse nel linguaggio
comune) che generino questi oggetti della mente. Cosa è un punto? Una retta? Un numero? Non
si può partire dalle definizioni (anche questo è un punto da sviluppare per comprenderne la
portata culturale ed educativa), occorre generare idee. Le prime esperienze, esaminate nel
linguaggio comune, sono successivamente rappresentate (Visconti, 2009), primo passo verso
procedimenti risolutivi di problemi ed astrazione. L’ultima fase sarà quella dell’introduzione del
linguaggio specifico come “traduzione” del linguaggio comune e della rappresentazione. La
rappresentazione libera è essenziale per provocare adeguate rappresentazioni mentali. Alcuni
esempi ed approfondimenti mostreranno concezioni di apprendimento, matematica, educazione
che facilitano l’opera del maestro.
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Ferrari P.L., 2004, Matematica e linguaggio. Quadro teorico e idee per la didattica, Pitagora,
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Imperiale, Piochi, Sandri, Alunni, insegnanti, matematica (progettare, animare, integrare), Pitagora,
Bologna, 2005, pag.110/115
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apprendimento, Erickson, Trento
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