OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE
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OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE
OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE TORINO - VIA S. FRANCESCO DA PAOLA, 42 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in D.L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, DCB Torino nr. 1/2008 Ricordando Flora Giugno 2008 Pubblicazione Periodica dell’Opera di Nostra Signora Universale Fondatrice del periodico: Orsolina Prosa Direttore responsabile: Vittoria Gallo 10123 TORINO - V. S. Francesco da Paola, 42 Tel. 011/812.55.88 - Fax 812.57.62 C/C Postale n. 31279102 e-mail: [email protected] sito: www.istitutoflora.it Sabato 12 aprile 2008 alle ore 11 presso il “Centro Flora Manfrinati” di Strada Revigliasco 69 a Testona di Moncalieri, si è celebrata la festa del 54° anniversario della morte della Venerabile Flora Manfrinati, fondatrice delle Scuole all’Opera di Nostra Signora Universale. La Concelebrazione è stata presieduta da Mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria, membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Questa pubblicazione è inviata gratuitamente agli Amici dell’Opera Autorizzazione Tribunale di Torino n. 3682 in data 26-7-1986 Stampa: Geda srl, Nichelino Il presente numero è stato consegnato alle Poste Italiane di Torino il 25/06/2008 sommario 3 RICORDANDO FLORA 5 FLORA, DONNA DI FEDE MATURA 11come in un film 12 Walter ferrarotti 14la mia vocazione è questa ... 16chi è vincente 18 pensieri sulla venerabile flora 21docente d'amore: flora manfrinati 23et exaltavit humiles 25il prof. ferrarotti nel ricordo ... 26come la venerabile IL PRESIDE VOLEVA ... 28dialoghi di ca' civrai 29 scuola che vive 30 saluto degli allievi 31compagno di scuola 32 scuola e alunni di ieri e di oggi 34un regalo di natale 36 so perché faccio 38una vita dedicata all'educazione 39gli inizi dell'opera 40uomo aperto al dialogo 41 per walter ferrarotti 42ecco la scuola di domani 43dialogo e confronto 44la scuola: ambiente, educazione, ... 45il mio maestro 46l'adulto deve giocare spesso ... In copertina: in cordata a Ca' Civrai (Valli di Lanzo - TO) dopo le fatiche dell'anno scolastico è stato un giorno di festa per gli allievi delle scuole dell’Opera e per tutti gli Amici, Aggregati, che, nel passato o nel presente, sono entrati sotto la protezione della Venerabile. Flora, “docente d’amore” come è stata definita dal Centro di Cultura e di Studi “Giuseppe Toniolo” di Torino, è modello delle Educatrici Apostole dell’Opera da Lei fondata. Flora è sempre presente e attuale: attuale è il suo modello educativo, incentrato sulla persona e sulla sua formazione umana e cristiana; è sempre presente perché insegna ad Venerabile Flora Manfrinati Fondatrice Educatrici Apostole - Opera di Nostra Signora Universale * Mottatonda Nuova (Ferrara) 8.7.1906 † Torino 12.3.1954 Il suo stile: “La mia vocazione è questa: lavorare nel campo e sparire nell’ombra”. Il fondamento spirituale: “L’abbandono in Dio dà forza”. “Più che affanno abbiate fede”. La dimensione: “Il mondo è la mia patria e tutti sono miei fratelli”. PREGHIERA Padre santo e misericordioso, tu hai rivelato alla nostra sorella Flora Manfrinati la speranza che germoglia dalla croce e l'hai sostenuta nell'unire a Cristo Crocifisso le sue molteplici sofferenze per dedicarsi generosamente all'apostolato. Per intercessione della Vergine Maria, invocata come Nostra Signora Universale, effondi su di noi l'abbondanza dei doni dello Spirito Santo perché ci sia dato di amare il nascondimento operoso, di cercare la sapienza che viene dall'alto e di riconoscere e valorizzare la dignità della donna nella famiglia, nella società e nella Chiesa. Concedi a noi la grazia di veder esaudite le preghiere che ti rivolgiamo e la gioia di poter onorare la nostra sorella Flora nella schiera dei Beati. Per Cristo Nostro Signore. Amen. Pater, Ave, Gloria. + Giovanni Card. Saldarini Arcivescovo di Torino Al termine della Concelebrazione, i bambini della Scuola dell'Infanzia salutano con un canto sulla Speranza Uniti per raccogliere una testimonianza amare attraverso l’amore. Esercitando l’apostolato e nell’educazione delle giovani, Flora era esigente per il bene, ma sapeva aspettare e non scoraggiava nessuno; disse a proposito di una diciottenne che frequentava la scuola serale, giudicata troppo provocante con i compagni di scuola: “Tutti i fiori hanno le loro caratteristiche; sarebbe un errore e un’impossibilità il voler cambiare colore e forma alla corolla, mentre si può raddrizzare lo stelo e togliere gli eventuali petali brutti. Così nella gioventù non si devono soffocare e livellare i temperamenti e le attitudini, ma correggere le abitudini pericolose…”. Da questo piccolo esempio si può capire quale sia il modello educativo delle scuole dell’Opera, che si distinguono per una Flora, donna di fede matura Sabato 12 aprile scorso, la grande famiglia dell’Opera di Nostra Signora Universale si è riunita per celebrare il 54° anniversario del sereno transito della Venerabile Flora Manfrinati. Ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica S.E.R. Mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria. Condividiamo la ricchezza della Sua Omelia con i nostri Amici e lettori. L identità forte, per lo stile che la Venerabile ha incarnato in sé e trasmesso, uno stile fondato sulla centralità della persona, sull’importanza di educare istruendo, su ideali cristiani quali l’amore e il rispetto per la vita. Chi crede al Vangelo, tenta di viverlo; di fronte alle difficoltà della vita il cristiano non si arrende, ma lotta. Flora, così fragile nella salute, ma forte dello Spirito di Dio, ci insegna ancora oggi ad avere il coraggio di testimoniare dentro il vissuto concreto delle nostre realtà quotidiane. Sabato 12 aprile, nel ricordo della morte della Venerabile Flora, abbiamo pregato affinché il nostro operato rispecchi le linee educative da Lei trasmesseci, che altro non sono che il progetto di Dio, come Lei stessa disse a chi dubitava della continuità della sua Opera. Prof.ssa Marika Avagnina Preside Scuola Secondaria I° grado e letture, che sono state proclamate in questo sabato del tempo pasquale, se avete notato, apparentemente sembrano in contrasto. Nella prima lettura, infatti, come abbiamo sentito, Pietro, ormai pieno di Spirito Santo, non solo imita Gesù nell’annuncio della Buona Novella, ma lo imita anche in quei segni prodigiosi, con cui Gesù aiutava a leggere la misericordia del Signore e ad aprirsi ad accogliere l’inviato dell’Altissimo; Pietro, secondo la promessa di Gesù, ha questo dono di guarire gli infermi e addirittura anche di “risuscitare” quella giovane che tanto bene faceva nella Chiesa primitiva. Una Chiesa che guarisce, che “risuscita” i morti; certamente diversa da quelle parole, che hanno aperto il brano del Vangelo, in cui i discepoli di Gesù, non i nemici, ma i suoi discepoli, dicono: “Questo linguaggio è duro…” e molti si tirarono indietro – dice Giovanni – e non lo seguirono più”. Il Vescovo, Mons. Giuseppe Versaldi e il cerimoniere Don Giampaolo Orsini con il gruppo dei pellegrini provenienti da Alessandria, accompagnati da Aldina Furlan, bambina ai tempi di Flora Allora da una parte c’è una Chiesa che sembra trionfante: certamente, chi vede i propri cari guarire, chi vede addirittura risuscitare i morti, non può che accorrere ad una Chiesa così; dall’altra questo discorso di Gesù appare “duro” e sembra invece allontanare la gente; come mettere dunque insieme queste due pagine, che sono tutte e due ispirate? Ecco, dobbiamo collocarle nella pedagogia del Signore, che ci chiama alla fede: questa all’inizio è debole, immatura; ma poi, come il seme che diventerà albero, deve crescere fino alla maturità. Questo è l’insegnamento che Gesù ci dona con i Suoi gesti e le Sue parole. Accorrevano da Lui le folle, quando guariva gli infermi, risuscitava i morti, moltiplicava i pani: eventi strepitosi! Pensiamo, con le crisi che ci sono I Sacerdoti concelebranti: Mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria, Don Giampaolo Orsini, Parroco di Castelceriolo (Al); Mons. Italo Ruffino; Don Michele Pellegrino, parroco del Santuario Madonna degli Angeli; Don Raffaele Dinicastro; Don Roberto Zoccalli, parroco di Palera; Padre Bertolino Giovanni, Superiore della Chiesa di S. Domenico in Torino; Diacono Rossi Felice di Alessandria e Accolito Pietro Scabbia di Ferrara. anche oggi, a quale consenso avrebbe la Chiesa, se riuscisse a risolvere il problema della fame, delle malattie e della “durata della vita” nel mondo! Infatti, questi “miracoli” di Gesù, come quelli di Pietro, come quelli che ogni tanto ancora oggi, attraverso l’intercessione della Madonna e dei Santi, Dio compie, sono “segni” per aiutarMons. Giuseppe Versaldi spiega le letture del giorno cogliendo la testimonianza di Flora, con una profonda e intensa Omelia ci a crescere nella fede. Gesù, con la moltiplicazione dei pani, ha sfamato quella folla che l’aveva seguito e non aveva da mangiare. Ma questo gesto è l’annuncio di un altro pane, che non è per il corpo, ma per lo spirito, che aiuta non solo a vivere qualche anno in più, perché, quelle persone guarite o “risuscitate”, come lo stesso Lazzaro,che era già nel sepolcro, poi sono di nuovo ritornate alla terra, perché la vita naturale è limitata, anche se qualcuno oggi sventola il mito dell’immortalità, attraverso le tecniche e le scienze. C’è però una vita eterna, un bene superiore al pane materiale: “Io sono il Pane – dice Gesù – chi segue me, chi si nutre della mia Parola, ha la Vita Vera … perché Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Ma per la gente questo discorso è “duro”; infatti il passaggio dal pane per il corpo a quello dello Spirito indica la conversione del cuore, il superamento della nostra logica, l’abbandono fiducioso al Signore che, per il nostro bene, prepara per noi non solo giorni lunghi in questa vita, ma i giorni del- l’eternità, dove siamo chiamati a vivere in comunione con Lui. Questo discorso: “Io sono il Pane di vita” esige la crescita da una fede immatura, umana, debole, a una fede matura e piena, che significa: “Signore, mi fido ti te, perché ti ho conosciuto come l’amore che mi ha creato e mi ha redento”. Questo passaggio è “duro”; infatti “molti – dice l’evangelista – si allontanarono”. Ma Pietro, anche lui un debole, che ancora rinnegherà il Maestro, in questo momento, ispirato dallo Spirito Santo, alla domanda rivolta da Gesù agli Apostoli: “…volete andarvene anche voi?” risponde: “Da chi andremo, Signore? Tu solo hai parole di vita eterna, tu sei il Santo di Dio”. Ecco la professione di fede di Pietro, un pescatore, un uomo semplice, che avverte il limite della propria ragione e che c’è qualcosa che supera la sua mente; perciò si affida a Colui che ha “parole di vita eterna”. Questa è la fede matura, non un’adesione ad un’idea, a una dottrina, nemmeno semplicemente ad una morale, a ciò che è bene o a ciò che è male compiere, ma la nostra fede cristiana è un abbandono alla persona di Cristo, che ci rivela che Dio Padre è Amore e che ha, nel mistero che noi non possiamo comprendere fino in fondo, un disegno di amore per noi. Perciò Pietro dice: “Signore, io non so dove tu mi porti, ma mi fido di Te”. Quando invece, durante la passione Pietro voleva Gruppi di famiglie portano le offerte all’altare portare il Signore da un’altra parte, lo ha rinnegato. Le letture odierne, quindi, entrambe incentrate sulla fede, ci permettono di cogliere una testimonianza, un esempio di fede matura nella Venerabile Flora Manfrinati, la cui vita, spesa davanti agli occhi di tutti, ci aiuta ad approfondire la nostra fede. Vissuta come vera cristiana in tempi non facili, Flora ha precorso di parecchi anni la direttiva del Concilio Vaticano II sul ruolo dei laici in ambito ecclesiale, sull’essere essi Testimoni di Speranza. Dalle persone che l’hanno conosciuta e la lettura dei numerosi documenti, che mi sono stati offerti, ho colto in Flora una triplice testimonianza. Innanzitutto Flora è donna di fede solida e matura: la sofferenza che l’ha segnata sin dall’infanzia e per tutta la vita in forme diverse, poteva diventare, per una fede immatura, piccola, debole, un motivo per allontanarsi da Dio; l’esperienza della sofferenza è dura, “come può Dio, se è buono – questa è la logica umana – permettere il male?” Quante volte sentiamo e diciamo anche noi così! Invece Flora ha sentito la sofferenza come gesto d’amore in unione con Cristo, partecipazione alla salvezza del mondo. Donna di fede matura, Flora prende la sua croce e la ama perché, dice Gesù: “Il mio giogo è leggero”: attraverso la Croce si compie la salvezza. Come era necessaria la passione per giungere alla gloria del Risorto, così era necessaria per Flora la sua croce, perché potesse giungere oggi, in attesa di altri passi, a questa gloria di Venerabile. “L’abbandono – diceva – è il sorriso più bello che possiamo dare a Dio”. Il suo rapporto di fede, infatti, non è adesione ad una dottrina, né ad una istituzione e nemmeno ad un gruppo di appartenenza, ma è un rapporto personale, di amore e di abbandono. La seconda testimonianza che ho colto, leggendo e ascoltando, riguarda Flora come donna di sincera carità. Anziché ripiegarsi su se stessa a piangere sulle sue sventure, lei si è aperta agli altri, si è data ad un apostolato intenso, mirato specialmente alla formazione e all’educazione delle giovani, che a loro volta potessero essere educatrici di altri giovani e di altre giovani, nel cam- I bambini della Scuola dell’Infanzia, seduti ai piedi dell’altare, con i loro cappellini bianchi po difficile della scuola e della formazione. In maniera preveggente rispetto ai tempi, ha promosso e sostenuto il carisma della donna nella Chiesa, con una partecipazione attiva all’opera stessa dell’apostolato; ha avuto anche, nella sua umiltà, l’illuminazione di dire che bisognava dare continuità a questo suo dono ricevuto dall’amore del Signore, istituendo ed assicurando dopo di sé un’Opera, che ha voluto chiamare: Opera di Nostra Signora Universale, efficace e stabile nel tempo. Ha affidato tale missione soprattutto a delle donne come lei e l’ha posta sotto la protezione della Donna che è la prima discepola del Signore, Maria, Madre della Chiesa; in particolare ha elevato a dignità di vero apostolato l’opera educativa della scuola, con le Educatrici Apostole: il fattore educativo, questo mi ha colpito, è visto come apostolato. “Apostole” sono le Educatrici che Flora incoraggia ancora dicendo: “Non temete, pochi con Dio faranno di più di molti senza Dio”. Così, senza polemiche, Flora sottolinea il fondamento di ogni processo educativo: messaggio di particolare attualità ai giorni nostri, in cui la scuola incontra tante difficoltà ed opposizioni, nella cultura della nostra Italia così laica da non favorire istituzioni come questa, che sono un bene non solo per la Chiesa, ma per tutta la nazione. Infine, per le Educatrici Apostole è sempre presente la “vocazione” di Flora: “lavorare nell’ombra”, lavorare cioè per il Regno di Dio, in risposta all’amore di Dio. Come terza ed ultima sottolineatura, Flora è donna di sicura speranza, di quella virtù eroica di cui il Papa parla nella lettera-enciclica “Spe salvi”, virtù che si fonda sulla fede, cioè sulla certezza di ciò che Dio ci riserva nel suo Amore, quella virtù che ci fa riverberare la luce del futuro nel presente; il futuro è certo, il presente senza questa luce certa, che viene dal futuro, diventa insopportabile. Come Flora poteva sopportare non solo le difficoltà fisiche, le sue malattie, ma anche le prove morali, i contrasti, le difficoltà che del resto tutti incontriamo nella vita, senza realizzare pienamente in lei questa speranza? Il Papa dice appunto: “La speranza rende possibile e sopportabile il presente, perché abbiamo certo il futuro, siamo certi di arrivare alla gloria”. Allora sopportiamo, come Flora, anche nel presente, difficoltà e sofferenze, unendole a quelle di Cristo. E l’unione di Flora con Dio aveva il suo centro nell’Eucarestia. “La mia casa – diceva – è ovunque si trovi un tabernacolo”. 10 L’unione con il Signore nell’Eucarestia le faceva dire: “Le sofferenze, i travagli, le prove e le difficoltà, i dolori e gli affanni sono tanti ponti sui quali dobbiamo passare per raggiungere l’altra sponda della vita, la vita vera che ci garantisce la gioia senza fine”: Lei aveva già gettato il ponte nella vera vita. Così sofferenze, croci e travagli diventavano per Flora motivo di speranza per sé e di carità verso gli altri. In conclusione, dunque, noi dobbiamo quest’oggi, ricordando la sua morte che per lei e per noi cristiani è un ingresso – come lei diceva – nella vera vita, essere riconoscenti al Signore per il dono di Flora alla Chiesa, ricordando che ogni Santo, che ogni cristiano che testimonia, è solo una scintilla di quella luce del Cristo Risorto, che illumina il mondo come nella liturgia della notte santa e di Pasqua. Allora celebriamo questa Eucaristia come rendimento di grazie al Signore per il dono della Venerabile Flora, chiamati, sono sicuro, per intercessione sua, a seguirLa come modello esempla- re. I Santi come Flora sono testimoni di speranza e noi siamo chiamati a raccogliere la loro testimonianza, sapendo che abbiamo a disposizione gli stessi mezzi, cioè l’Eucarestia, la devozione alla Madonna, la contemplazione e la riflessione sulla Parola di Dio; sapendo che da soli nulla possiamo, ma anche che nulla è impossibile a Dio. Concludo citando una frase che deve essere di conforto soprattutto a coloro che hanno raccolto il carisma di Flora e sono chiamate a continuarne l’Opera in mezzo alle difficoltà, che non sono certamente minori di quelle ai tempi della Venerabile: “Quando non potrò più strappare doni da Dio in terra, - dice Flora - andrò in cielo, ma mica per lasciarvi!” Ecco, Flora non ha lasciato l’Opera da Lei fondata; dal cielo, più vicina a Dio ed a Maria, Regina dell’Universo, che ha tanto amato e invocato, ci incoraggia per portarci al Signore, in comunione con Lui, da Cui deriva ogni nostra forza, ogni nostro Bene. Il maestro Aldo Di Bisceglie e il coro degli allievi delle Scuole all’Opera Come in un film S ono vent’anni circa che conosco la bella storia di Flora! Fu Pietro Canella, che era nella stessa Ditta dove io lavoravo, a suggerirmi di fare il primo pannello a Nostra Signora Universale, e fu contento quando gli presentai il lavoro finito. - Don Fernando sarà certamente felice! – Mi disse ringraziandomi – E sarà una sorpresa anche per le Apostole di Torino! – Quindi, con l’invito a Torino per la Concelebrazione della Santa Messa per Flora Manfrinati, sono iniziati i nostri incontri. Ed ora mi ritrovo qui, assieme a tre amici di Maranello: Almerina, Maria e Luciano, tutti affascinati dall’Opera di Nostra Signora Universale e dalla vita di Flora. Non è con noi, questa volta, Don Fernando, convalescente da un delicato intervento, ma è come se ci fosse, perché tutti lo nominano ricordandolo con affetto. Mentre la Concelebrazione prosegue, presieduta da S.E.R. Mons. Giuseppe Versaldi, mi pare di vedere, come in un film, questi vent’anni, con tutto quello che la vita porta con sé. Il giovane Maestro Aldo Di Bisceglie guida il coro degli allievi con l’Alleluia: - Cantate al Signore con gioia, grandi prodigi ha compiuto, cantateLo in tutta terra! - E penso agli anni volati con le nostre storie quotidiane: i primi passi nel mondo, le fatiche per trovare il lavoro, poi la gioia per l’impiego sicuro; l’amore della famiglia con una sposa adorabile e coi figli, vive speranze per il futuro; gli spassosi raduni tra amici; i canti sublimi di Don Fernando; gli amici che ti danno la mano mentre si recita il Padre Nostro; l’intima preghiera a Flora, perché ci guidi nelle scelte del mondo. Toccanti pellegrinaggi. Storie di pochi giorni in comunità, ma di una intensità spirituale che trascina e dà coraggio. Amici tutti e preghiere per tutti. Nella gioia del “Sanctus”, nel dono Eu- caristico dell’Emanuele, Dio in mezzo a noi, che placa i nostri timori, fugando dubbi ed ombre, ci sentiamo tutti uniti in Flora, che ci sorride ed abbraccia, asciugando le lacrime delle trascorse pene e, con la sua volontà forte e vibrante, ci invita a non abbatterci, perché il “giogo” della Croce di Cristo è “lieve”. Un arcobaleno di luce è il sorriso dei bambini che chiudono in coro la Concelebrazione: rifiorisce in noi la candida ingenuità dell’anima e quell’adesione spontanea, profonda e totale al richiamo materno di Maria che ci vuole buoni, cooperatori di pace, testimoni d’Amore nel mondo. Tra quattro gocce di pioggia e barlumi di sole, ci avviamo al grande rinfresco che ci “prepara”, quasi sazi, al ricco e gustoso pranzo. La candida tomba di Flora è l’ultima tappa del nostro pellegrinaggio: è tutta un inno d’amore la vita della Venerabile; tutto il mondo va in cerca d’amore e Flora, che guarda in alto e che anche nella prova sussurrava: - Che tristezza se non posso cantare mentre soffro – ce ne indica la via. Flora, che trovava il sorriso anche tra le lacrime, ci accompagna nel viaggio di ritorno, con i canti di Almerina, con la preghiera del Santo Rosario. “Ave Maria … prega per noi … adesso e nell’ora della nostra morte”: il viaggio continua … e non dobbiamo spaventarci se lungo la strada qualcuno ci deve salutare … nulla andrà perduto … ci ritroveremo certamente e godremo di una gioia che sulla terra non avremo mai e poi mai provato… Grazie, Flora! Il nostro cuore canta con te! Nando Busati Aggregato dell’Opera 11 Dedichiamo questa parte de “L’Albero” al nostro Preside, il Prof. Walter Ferrarotti, mancato improvvisamente il 16 dicembre 2007 all’età di 72 anni. Fu già Lina Prosa, la prima Direttrice dell’Opera di Nostra Signora Universale, a chiamare, nel 1968, lo stimatissimo Walter Ferrarotti all’Istituto Flora per i Corsi autorizzati dal Ministero della Pubblica Istruzione quale docente per la formazione e l’aggiornamento delle Insegnanti delle Scuole Materne ed Elementari. A quel tempo, infatti, in Torino, presso il nostro Istituto si sono attuati i primi corsi sperimentali di Insiemistica sotto l’egida del Ministero della Pubblica Istruzione. La preziosa collaborazione del Prof. Ferrarotti è continuata negli anni con il nostro Istituto quale insegnante di Filosofia e poi, dal 1998 al 2007 in qualità di Preside del “Liceo della Comunicazione”, ruolo che ha svolto con competenza e intuizione fino a pochi mesi prima della sua scomparsa. 12 Il Prof. Ferrarotti è sempre stato una figura di riferimento nell’ambito dell’educazione, anche perché sapeva cogliere dal carisma della Venerabile Flora Manfrinati la sua pedagogia più attuale, la trasmetteva agli Insegnanti con particolare forza, originalità, facendone oggetto di riflessioni e dibattiti di grande interesse ed efficacia. Walter Ferrarotti N ato il 18 maggio 1935 a Torino, il Dott. Walter Ferrarotti visse gli anni della sua infanzia e fanciullezza in un piccolo comune del Vercellese, quindi studiò a Torino, fino a laurearsi in Pedagogia presso l’Ateneo torinese discutendo la tesi di laurea con il filosofo Carlo Mazzantini. Dopo aver fatto per alcuni anni l’educatore e il maestro elementare, verso la metà degli anni ’60 passò a lavorare presso il Comune di Torino, dove ben presto assunse l’importante incarico di Dirigente pedagogico dei servizi educativi. Di questo suo lungo e fecondo impegno pubblico rimangono, oltre al ricordo, la stima, l’amicizia di tanti collaboratori, alcune realizzazioni che costituiscono ancora oggi un fiore all’occhiello dei servizi educativi torinesi. I Centri di documentazione pedagogica e i Laboratori didattici furono sue originali invenzioni che fece nascere e sviluppare nel corso degli anni, come luoghi di confronto e di proposta pedagogica, fattivamente collegati alle sperimentazioni e all’attività educativa delle scuole materne e dei nidi. Servizi nati per la formazione permanente, animati da educatori ed insegnanti, da persone pronte a coniugare l’esperienza didattica con la competenza a programmare, a sperimentare, a verificare e a divulgare. Ma non meno importante è stato il suo ruolo nelle innovazioni promosse ed attuate per favorire la cura dei bambini portatori di handicap e soprattutto per il loro inserimento nella rete delle scuole materne del Comune di Torino, attuando così una strategia originale e feconda che anticipò di alcuni anni le riforme attuate a livello nazionale nel settore specifico dell’handicap. Pur preso dalle incombenze organizzative ed amministrative, il Dott. Ferrarotti non smise mai l’impegno di ricerca pedagogica e di divulgazione, soprattutto rivolti alla formazione e all’aggiornamento delle insegnanti, sia attraverso l’insegnamento, sia attraverso le numerose pubblicazioni di testi, saggi e articoli pedagogico-didattici. Mantenne questo incarico per ben 30 anni, fino al momento della pensione nel 1997, quando passò, per oltre un decennio, a dirigere, come Preside, l’Istituto Scolastico Superiore “Liceo della Comunicazione Flora”, assumendo un forte ruolo di formazione umana e culturale dei docenti e degli allievi, formazione legata all’esperienza ed ai valori della vita. Ci ha lasciato improvvisamente nei giorni precedenti al Natale, per andare a festeggiare una nuova nascita in Cielo il 16 dicembre 2007. 13 Il Prof. Walter Ferrarotti, in questo articolo apparso su “L’Osservatore Romano” il 4 marzo 2001, riflette sullo stile della Venerabile Flora Manfrinati alla luce delle “provocazioni” dei nostri tempi. “La mia vocazione è questa: lavorare nell’ombra” 14 “La mia vocazione è questa: lavorare nell’ombra”. Sembrano parole dette e scritte non si sa quando: fuori del tempo, in nessun tempo se si guarda al tempo della storia raccontata, scritta nei testi che si studiano. Sono parole che oggi provocano anche un senso di fastidio perché portano fuori da un mondo che esalta la competizione, la persona di successo, i vincenti, coloro che “appaiono”. Gli “altri” non esistono, se non come piedistallo o sfondo a chi è, anche solo per un istante, monumento. Il personaggio anacronistico a cui appartiene la citazione iniziale è la Venerabile Flora Manfrinati. Nacque a Mottatonda Nuova (FE) nel 1906 e morì a Torino nel 1954. Fu anima di sofferenze fisiche e morali eccezionali, di profonda carità, di fede travolgente, di umiltà e nascondimento a tutta prova, di eroica fortezza cristiana, di attività continua nella vita ordinaria e di apostolato. Fu proclamata Venerabile il 12 gennaio 1996 da parte di Sua Santità Giovanni Paolo II°. Non ebbe né maestri, né scuola, né istruzione di questo mondo, ma fu sapientissima nelle cose di Dio e abilissima nelle attività umane. L’importanza dell’istruzione e della formazione Intuì l’importanza dell’istruzione e della formazione della donna. Istituì con cri- teri moderni scuole materne per venire in aiuto a mamme lavoratrici. Si prodigò per attivare scuole elementari, centri estivi caratterizzati da iniziative sportive, teatrali e ricreative. Promosse la formazione umana e professionale delle giovani, preoccupandosi della loro sistemazione e inserimento nel mondo del lavoro. In mille modi aiutò genitori, ragazzi e ragazze bisognosi, malati, poveri, peccatori, Sacerdoti, Suore, intere famiglie in difficoltà e molti istituti religiosi, dandosi tutta a tutti senza nulla chiedere in cambio. Fondò la famiglia delle Educatrici Apostole per arrivare a tutti i bisogni delle anime. Morì tra indicibili sofferenze, dopo aver lasciato tutto il patrimonio delle sue ricchezze spirituali alle sue Sorelle in Cristo ed alle anime il 12 marzo 1954, nella casa dove nacque l’Istituto, che Lei stessa denominò: Opera di Nostra Signora Universale, in Torino, via San Francesco da Paola, 42. Questa sintesi di una vita molto intensa e feconda non vuole certamente fornire un’immagine adeguata di questo personaggio che è l’opposto dello stereotipo attuale della persona famosa, ma evidenziarne una caratteristica tanto più significativa nella sua inattualità. Infatti Flora Manfrinati ha realizzato molto, coinvolgendo gli altri, lasciando loro il merito delle iniziative e sopportando il peso delle difficoltà che le iniziative stesse compor- tavano. Non solo: ha fatto tutto superando difficoltà di ordine fisico e psichico che avrebbero scoraggiato chiunque. Secondo la mentalità corrente era persona bisognosa di aiuto e di assistenza. Invece si fece persona capace di portare aiuto agli altri e di promuovere iniziative che le persone colte ed efficienti non sapevano intraprendere. Tutto questo senza tentazioni di protagonismo e lasciando agli altri il compito di far conoscere l’Opera che si stava realizzando, ma soprattutto facendo ricorso al rapporto personale anziché ai mezzi di comunicazione di massa che si stavano ormai affermando come la ribalta su cui si deve salire per avere visibilità e per essere riconosciuti e seguiti. Sembrerebbe, questo, un messaggio inattuale, oggi, nel momento in cui si proclama che ad ogni messaggio deve essere garantita la massima diffusione. Ma in questa opposizione di metodi contrari si svela un grave limite della comunicazione contemporanea: la persona, l’individuo perde colore, scompare nella folla degli utenti, dei fruitori, dei clienti, degli appartenenti a categorie “target” di coloro che inviano messaggi. Scompare il dialogo; si è oggetto d’attenzione solo se si risponde a consegne precise. L’individuo è spinto verso la solitudine della massa, che costituisce l’alternativa al successo personale; la massa che dà base al successo senza che le sia riconosciuto altro valore che quello di piedistallo. Così viene umiliata la persona mentre Flora rivalutava l’umiltà, il lavoro ignorato di moltissimi individui che rendono possibile la nostra vita quotidiana, il contributo umile e sconosciuto di quei tanti che hanno tracciato strade, modellato campi, colline e montagne, di tutti coloro che, al di fuori di grandi organismi produttivi, rendono la vita vivibile. Il messaggio dell’umiltà Il messaggio dell’umiltà, così inattuale, è quello che riscatta la dignità della persona: che ci costringe a riconoscere che le grandi imprese, alle quali si dà spesso il nome di un solo individuo, sono state possibili solo per la solidarietà e l’impegno di tanti altri individui di cui non si ricorda il nome; che ogni giorno sono le opere, i gesti, i sorrisi di chi svolge il proprio ruolo con dedizione, convinzione e affetto che danno senso e gusto alla vita. Umiltà: humus, la terra, che calpestiamo, che ignoriamo e che tuttavia ci sostiene e ci mantiene. E’ ancora molto lontano il messaggio del Cristianesimo dalla cultura pubblicizzata: all’ingresso trionfale in Gerusalemme Gesù fa seguire la lavanda dei piedi. E’ così ribaltata una scala di valori ed anche ai discepoli riesce difficile accettare questo stravolgimento, e le loro reazioni vanno dalla fuga al tradimento. Oggi tuttavia è diffusa anche una cultura che non ha posto sulle grandi ribalte: proprio quella cultura dell’umiltà, di cui Flora Manfrinati è esempio rilevante per tante persone, il cui nome è conosciuto solo da quanti incontrano direttamente, legati nella trama dei rapporti umani. Cultura di azioni concretamente rivolte al bisogno, alla difficoltà, da superare nella solidarietà. E’ una cultura che non chiede spazi ai giornali e alle televisioni, che non si adombra perché è ignorata dai più e da quelli che “contano”. E’ cultura di religione vissuta perché ubi caritas et amor Deus ibi est. 15 Articolo scritto dal Prof. Ferrarotti in occasione del 48° anniversario della festa di Flora, pubblicato sul quotidiano cattolico “L’Avvenire” il 6 marzo 2003 Chi è vincente E ssere competitivi. E’ una parola d’ordine sostenuta dall’immagine sorridente dei vincenti: individui determinati che esibiscono un curriculum invidiabile, eccezionale, che li pone al di sopra della massa. Sono anche “belli”, trasfigurati dalla vittoria e all’ammirazione del “pubblico” a cui sono proposti. La pubblicità quando parla di loro presenta un mondo idilliaco in cui anche le difficoltà superate scompaiono dalla scena, suggerendo l’idea che tutti possano essere vincenti in un mondo disponibile a premiare lo spirito di iniziativa e la volontà di correre. Suggestione illusoria questa, perché sul podio salgono in pochi, mentre gli altri sono semplicemente ignorati. E anche il tempo della gloria di quei po- 16 Il Prof. Ferrarotti consegna il “Premio Lina Prosa” ad un’allieva che ha conseguito la maturità. Anno scolastico 1994-1995 chi passa in fretta, perché altre competizioni si propongono per dare la possibilità ai vinti, o ad altri che non hanno corso di farcela almeno una volta. Non è ovviamente solo un problema di successi sportivi o del mondo dello spettacolo. Nel mondo del lavoro (diversamente duro e competitivo da quello dello sport e dello spettacolo) i vincitori sono meno appariscenti, ma altrettanto coinvolti in una lotta continua per conservare il potere acquistato. In questo clima di battaglie molti vincenti, esaurite le forze e le risorse, scivolano malinconicamente nel limbo dei vinti. E la folla immensa di questi ultimi, ignorati da quella pubblicità che esalta solo i vincenti, che cosa vive? Certamente l’insoddisfazione di non vedersi riconosciuto nessun valore, quando non addirittura la disperazione di non riuscire a soddisfare i bisogni primari. Una società che si fonda sulla competizione produce continuamente scarti umani, che non riescono ad affermarsi o che non reggono agli impegni dell’affermazione. La massa degli scontenti e dei disperati cresce in questa visione della vita, che, dietro le immagini della attualità, maschera il primitivo meccanismo della selezione umana, ma l’umanità potrebbe anche superare tale visione in una prospettiva di solidarietà, che trova la sua giustificazione in un destino eterno, in rapporto al quale si definiscono i valori e i vincitori. In questa prospettiva così diversa dalla competizione, tutti possono vincere e conservare qualcosa, tutti possono sentirsi realizzati. Si dirà che è solo utopia, illusione per chi non ce la fa. Fortunatamente non è così. Ci sono personaggi di questa utopia, che raramente appaiono alla luce di una ribalta, ma che vale la pena di richiamare di tanto in tanto, per constatare gli effetti della loro opera, ispirata alla solidarietà, più duratura nel tempo della fama dei vincenti. La Comunità dell’Opera di Nostra Signora Universale festeggia la Sua Fondatrice, la Venerabile Flora Manfrinati, che ha avuto risorse e seguito un cammino fuori dei canoni dei personaggi vincenti. Colpita da un gravissimo infortunio dall’infanzia, sempre sofferente, impossibilitata a seguire un qualsiasi corso di studi, diventa persona capace di fondare e gestire istituzioni educative ed assistenziali, non sottraendo spazi ad altri come fanno i vincitori delle competizioni, ma creando spazi in cui altri possano trovare la loro ragione di vita. Così, quella che la società dell’essere competitivo avrebbe addirittura escluso in partenza dalle gare, perché non in possesso dei requisiti minimi per parteciparvi, diventa personaggio di fama più duratura di quelle proclamate con tante immagini di vittoria, perché ha dato vita ad un “albero” che cresce al di là del tempo della sua vita nella vita di tanti altri che vogliono “vivere”. 17 Nel giugno del 2003, in seguito alla pubblicazione della nuova biografia di Flora Manfrinati, scritta da Giovanni Raminelli, il Dott. Ferrarotti ci lasciò le sue riflessioni sulla vita dei Santi. Venerabile La vita "inimitabile" dei Santi Pensieri sulla A 18 Flora Manfrinati che cosa servono i Santi? Certamente a raccomandarci presso il Padreterno quando li invochiamo per risolvere i nostri problemi più gravi, vista l’attenzione privilegiata che il buon Dio ha avuto per loro, in certi casi fin dalla nascita, come documentano le biografie. Infatti eventi prodigiosi, capacità eccezionali, apparizioni di Gesù e della Madonna caratterizzano tutta la vita di qualcuno di loro, ponendoli subito in una posizione diversa da quella degli altri mortali. Il caso che mi ha fatto porre l’interrogativo di apertura e le considerazioni successive è quello della Venerabile Flora Manfrinati, vissuta tra il 1906 e il 1954, che le biografie ci presentano con quei caratteri di eccezionalità da suscitare stupore, ammirazione, ma anche, ad esser franchi, un senso di disagio. Un corpo piagato in modo orribile dall’infanzia, con sofferenze destinate a durare fino alla morte: anche dopo che le piaghe, scomparse miracolosamente alla vista, “per non far soffrire gli altri”, sono rimaste sotto pelle a tormentare Flora; incomprensioni, distacco e trattamenti “spartani” da parte di parenti; impossibilità di frequentare una scuola (tanto desiderata da far diventare Flora autodidatta capace di insegnare a chi a scuola ci andava); invidia e gelosia per la capacità di comunicare e realizzare al di là da ogni ostacolo, e calunnie sopportate in silenzio fino allo svelarsi della verità anche dopo anni. A questi motivi di dolore profondo fanno da contrappeso visioni della Madonna che le parla e di Gesù Bambino che gioca con lei, non visto da altri, profezie avverate, eventi prodigiosi, una fede incrollabile che le fa “volere” le sofferenze. E infine le opere: una vita impegnata a dare, ad “evangelizzare” con l’insegnamento, con iniziative personali e nell’Azione Cattolica, con incredibili capacità organizzative che hanno portato alla rinascita di opere religiose devastate dalla guerra e dalla mancanza di risorse umane e materiali, all’istituzione di opere nuove, fino alla fondazione della Famiglia delle Educatrici Apostole dell’Opera di Nostra Signora Universale. E di qui l’espandersi di una realtà che ora comprende in provincia di Torino una scuola elementare, una scuola media, un centro sportivo, un liceo della comunicazione, una scuola materna, un centro famiglia per bambini con meno di tre anni, un centro operativo per la formazione professionale e corsi di aggiornamento, una casa per stage, incontri formativi e vocazionali, un convitto universitario e, a Mottatonda Nuova, in provincia di Ferrara, dove Flora è nata e ha vissuto la sua giovinezza, un Centro di spiritualità. Una pubblicazione periodica, “L’albero”, illustra Il Prof. Ferrarotti alla Concelebrazione del 49° anniversario della Venerabile Flora Manfrinati le iniziative dell’Opera e dei suoi Aggregati ed amici. Ho detto, sopra, di provare un senso di disagio di fronte ad una vicenda che si è svolta in termini che non sono di questo mondo. Vien da chiedersi, infatti, in che senso un simile modello di santità possa incontrarsi con la vita della maggior parte delle persone, che, fortunatamente, non è tormentata da così grandi sofferenze, ma che, tuttavia, non ha neppure nessun segnale diretto, personale, da un Soprannaturale a cui sia incoraggiata a credere. L’attuale Pontefice insiste molto sulla possibilità di accedere alla Santità, dimostrando con le numerose elezioni agli onori degli altari che le vie e i modi sono innumerevoli e non necessariamente segnati da eventi straordinari. In altri termini, i santi possono darci molto di più con il loro esempio che con i miracoli, assai meno numerosi delle invocazioni che li sollecitano. Ma come leggere, allora, biografie, come quella della Venerabile Flora Manfrinati, dove lo straordinario è quasi una costante e dove la perfezione morale non è mai offuscata da nessuna ombra di peccato? Il Cristianesimo non è conservazione: è scommessa, col sostegno della Fede in una Promessa di vita. Nella vita di Flora ciò che è più significativo per noi è stata la sua volontà di “avventurarsi” per ogni strada o sentiero dell’evangelizzazione. Ha cercato instancabilmente di portare la “parola” ad ogni persona: bambini, adulti, persone sole e personalità, laici ed ecclesiastici, istituzioni, senza preoccuparsi del successo, anzi, ritirandosi nell’ombra, ad ogni impresa andata a segno. La società contemporanea proclama la necessità di competenze e risorse. Il che è razionalmente corretto per le imprese che si propone. Ma così facendo provoca spesso emarginazione e inerzia in quanti non dispongono di capacità adeguate e non sono aiutati a svilupparle. Flora, esclusa dalla scuola e dalle istituzioni, minata nella salute, impiega tutta l’intelligenza che ha e si lancia in avventure, sull’esito delle quali nessuno scommetterebbe. Le avventure sono il modo per superare i numerosi handicap. La fede e la preghiera sono i mezzi dell’avventura. Nessun ripiegamento sconsolato sui propri mali, nessuna richiesta di compatimento e di sostegno, ma l’audacia di dare ciò che rimane di sé. E’ questa una strategia umana di quanti hanno amato e amano l’avventura. “Adventura”: lo sguardo, i pensieri, l’azione al futuro. Ci sono tante e diverse avventure possibili: alcune sono per la vita, altre solo per chi le vive. In ogni caso occorre 19 20 aver fede, credere che quel futuro, che non si conosce ancora, è aperto anche a chi vuole l’avventura. Il cristiano “deve” crederci: andate e predicate. Dove, come, con che cosa? A qualcuno Dio parla, ad altri ispira le scelte. Gli esiti sono diversi, ma questo è giusto, perché quel Dio, che crea un universo che va incessantemente differenziandosi, evidentemente non vuole l’uniformità e provoca e favorisce cambiamento e diffusione di vita, nei modi più imprevedibili alla logica umana. La disponibilità di Flora all’avventura al di là di ciò che sarebbe ragionevole proporsi secondo la mentalità delle istituzioni chiuse, laiche o religiose, è un richiamo esemplare allo spirito del Vangelo, che vuole fondare una società che aspiri alla solidarietà, tanto difficile da realizzare perché mette in discussione i privilegi, giustificati da una competizione in cui rivive l’anima di Caino. La ricerca instancabile del Regno di Dio, nel dialogo, nel lavoro, nella disponibilità, in una dimensione molto umana hanno reso credibile Flora ai suoi simili, assai più degli aspetti e degli eventi straordinari su cui si soffermano le biografie e che possono diventare l’alibi per chi nasconde i talenti, non godendo di un rapporto confidenziale con Dio e la Madonna, come si racconta di Lei. Degli eventi prodigiosi Gesù ha fatto un uso parsimonioso, dando a pochi la testimonianza del più grande, ossia della Sua risurrezione, escludendo addirittura quei potenti e quella piazza che l’avevano condannato, a cui la logica umana l’avrebbe esibito prima che a tutti gli altri. C’è chi ha scritto, commentando il numero di Beati e Santi proclamati dall’attuale Pontefice, che si tratta di un’operazione destinata ad incrementare il turismo religioso, con una ricaduta economica non del tutto trascurabile per le casse del Vaticano in difficoltà. Se fosse vero, si tratterebbe pur sempre di “pubblicità-progresso” per i modelli positivi che propone, a fronte del giornalismo che si regge enfatizzando nelle prime pagine delitti e sventure di ogni genere. Ma, al di là di ogni più o meno felice considerazione sulla funzione pubblicitaria delle Beatificazioni, vale forse la pena parlare degli aspetti umani e “rivoluzionari” della santità, liberandola dagli onori degli altari, dove appare inarrivabile e con l’unica funzione per molti devoti di ottenere da Dio quei favori che altrimenti sarebbero negati. La Venerabile Flora Manfrinati potrebbe offrire spunti di riflessione importanti con la sua breve esistenza, segnata da sofferenze mai ostentate e da eventi prodigiosi, conosciuti dai più solo nelle biografie, ma protagonista di una grande avventura umana e artefice di realizzazioni, di cui solo ora si delinea la portata. A sentire chi l’ha conosciuta, ciò che può sorprendere non sono gli eventi prodigiosi che compaiono nelle sue biografie, ma la determinazione con cui ha perseguito le sue scelte avventurose, non suggerite né sostenute da un apparato istituzionale.Vissuta al di fuori delle istituzioni, alla fine ne ha creata una, l’Opera di Nostra Signora Universale, che è andata espandendosi in scuole di ogni grado, in centri di formazioni e spiritualità e in una rete di rapporti con persone ed enti, di cui offre testimonianza una rivista, l’Albero, felice metafora di chi sa trasformare ciò che è alla portata di tutti (terra, aria e acqua) in vita indispensabile a tutti. Durante gli incontri “Docenti d’Amore”, organizzati dal “Centro di Cultura e Studi Giuseppe Toniolo” sui Santi sociali a Torino il 21 aprile 2006, il Prof. Walter Ferrarotti ha presentato il metodo educativo della Venerabile Flora Manfrinati. Docente d'amore: Flora Manfrinati F lora Manfrinati, quasi analfabeta, ha creato un sistema educativo su cui tutti noi riflettiamo. Non ha assolutamente teorizzato nulla, ma merita un posto nella Storia della Pedagogia, perché, se la pedagogia è scienza dell’educazione, riguarda la vita, tutta la nostra esistenza. E Flora può essere collocata nella realtà di una pedagogia totalizzante come quella dei Gesuiti che, in Sud America, hanno tentato la realizzazione di una società cristiana che investe tutti gli aspetti e tutti i momenti dell’esistenza, o come i kibbutzim israeliani, in cui tutte le componenti sono fortemente integrate in una prospettiva storico-culturale-religiosa. Perciò Flora è stata oggetto di una Tesi di Laurea, all’Istituto Superiore di Scienze Religiose per la sua azione educativa, comparata a quella di San Giovanni Bosco e del Beato Faà di Bruno; i Suoi principi, infatti, informano il Progetto Educativo di tutta l’Opera da Lei fondata. Ciò che caratterizza la figura e la vita di Flora è la Fede, che le ha permesso di accogliere le sofferenze fisiche fin dall’infanzia senza vittimismi né ostentazioni e di superare il tormento donandosi tutta agli altri, al fine di “curare i corpi per salvare le anime” . Docente d’amore legittima con l’amore ogni pensiero ed ogni azione. Di qui scaturiscono la sua determinazione e il suo coraggio che Le permettono di superare quei limiti posti dal rispetto umano, che frenano gli slanci di molti educatori e impediscono loro di accettare quanti si trovano oltre tale soglia. Flora insegna a “vivere” intensamente il presente, guardando al futuro, alla meta, con “gli occhi al cielo” ma “i piedi sulla terra”. Quello che manca in molti di noi è questa dimensione, che è una tensione essenziale dell’esi- Il Preside del Liceo della Comunicazione, Prof. Ferrarotti, alla giornata di Studio organizzata dal “Centro di Cultura e di Studi “Giuseppe Toniolo” il 21 aprile 2006 21 22 stenza. Se non c’è questa tensione non c’è vita e allora parlare della vita dove questa manca vuol dire fare del vaniloquio, rimescolare parole memorizzate. Purtroppo gli studenti san bene che ne memorizzano tante che restano poi solo parole. Questo è triste. Flora insegna a riflettere, a pensare a ciò che si fa, ad essere responsabili delle proprie azioni e scelte. Flora insegna a superare croci e sofferenze, facendone “scala per il suo salire” a quell’Infinito verso il quale ella tendeva con tutte le sue forze, (“Benedetta sofferenza che mi sei scala per il mio salire”). Ma il salire sempre più in alto è forza e gioia, è il mettere a frutto i propri talenti che ciascuno ha e ciascuno deve dire: “Io voglio essere qualcuno, essere degno della vita”. Non autocompiacimento della sofferenza, quindi, ma sfidarci per arrivare alla realizzazione piena di sé come persona. Flora insegna la costanza della lotta perché sentiva Dio come Amore e quindi amava la vita, amava le cose dalle più umili, dalle piante alle persone. L’insegnamento essenziale di Flora è in questa adesione totale all’esistenza, in cui tutto può e deve servire per vivere, quando la nostra meta è l’Altro, senza fine. Flora insegna a porci la domanda essenziale: “Cosa voglio fare? Perché lo voglio? Non devo copiare un modello che altri mi propongono, ma devo rispondere a una mia esigenza profonda: cosa, come essere umano voglio essere, dove questo mio essere umano va, cosa combina. Flora insegna a godere di tutte le cose buone e belle della vita mentre insegna a superare momenti di insuccesso, di tristezza, perché il grande messaggio dell’amore è vivere al di là di ogni possibile morte. C’è nel messaggio evangelico l’idea di una Pasqua perenne e questo vuol dire che se anche oggi ho fatto qualche cosa di male, che mi ha reso infelice, domani potrò nascere, se non perdo di vista l’obiettivo che ho e se confido in quell’amore di cui anche io sono una piccola manifestazione. Questi sono i messaggi importanti che ci vengono da Flora. Flora aveva il coraggio del vero credente: non diceva “non si può, non ho i mezzi, non ho le capacità, non ci sono risorse”; non si nascondeva dietro l’impossibilità di fare. Molti sono tentati di dire: “Non faccio perché non ne ho la possibilità, perché altri non vogliono”. Flora invece, quasi analfabeta, sprovveduta e minata nella salute in tutti i modi, alla faccia di tutte le impossibilità, di tutte le burocrazie, di tutte le resistenze, di tutte le contrarietà, determinata a combattere, andava avanti e riusciva a realizzare tutto quello che noi ora ammiriamo. La sua pedagogia è l’esistenza vissuta pienamente verso una meta chiara. Il messaggio pedagogico di Flora è l’invito a sentirsi responsabili della propria vita. Ciascuno di noi deve avere il coraggio di dire: io voglio essere “quello”, e per essere “quello che voglio essere” ce la metto tutta, userò tutte le strategie possibili, senza scaricare ad altri la responsabilità delle scelte e degli esiti. La meta la indica Flora con la sua visione cristiana dell’esistenza, che la portava ad essere apostola del proprio agire e che ha voluto delle apostole, cioè persone che dessero testimonianza della possibilità e della realtà di un amore, che va al di là di tutte le meschinità e le sofferenze. Apostola-docente d’amore, Flora ci lascia il modello di una scelta responsabile, richiamo ad una realtà che deve crescere, perché solo così si realizza veramente la nostra esistenza, nel prendere coscienza di quanto sia importante l’amore, ossia quel desiderio, quel bisogno di unione con gli altri e con le cose, con tutto, perché noi non vediamo Dio in faccia, ma vediamo quello che Lui fa e sta facendo in questo mondo, noi vediamo le orme di Dio, perché anche nelle manifestazioni più sconcertanti e incomprensibili, come ci insegna la sapienza di Giobbe, e come ci insegna Flora con il suo amore per la Croce, c’è il richiamo dell’insondabile Mistero Divino. “La mia vocazione è questa: lavorare nel campo e sparire nell’ombra” Flora Manfrinati Frase di Flora commentata dal Dott. Ferrarotti nel marzo 2007, 53° della Venerabile Il Preside, Prof. Ferrarotti, alla festa di fine anno scolastico 2005 “ Et exaltavit humiles Umiltà” è la parola meno attuale ai giorni nostri, in cui si esalta la competizione, l’essere primi, l’essere, a qualsiasi costo e per qualsiasi motivo, agli onori della cronaca. Si confonde l’umiltà con l’umiliazione, la mortificazione, mentre la persona umile è una persona che dà tutta se stessa per ciò che sente di dover realizzare, è come la terra feconda (humus, appunto) dalla quale prendono vita tutti i viventi e sulla quale hanno le fondamenta anche le costruzioni più audaci. In un tempo in cui l’essere famosi è l’aspirazione più diffusa, o almeno la più pubblicizzata, non si prende coscienza di quanto precaria sia la fama perseguita come fine a se stessa 23 24 e quanto affanno costi prima di finire inesorabilmente nel nulla. Paradossalmente la fama più duratura, quella che addirittura cresce con il tempo, è quella non ricercata, anzi proprio non voluta. “La mia vocazione è questa: lavorare nel campo e sparire nell’ombra”. Così si esprimeva Flora Manfrinati, Apostola laica, mentre costruiva un’Opera che nel tempo cresce e ripropone il suo nome a tante persone sempre più lontane dal suo tempo. La dichiarazione di Flora è quanto di più distante si possa immaginare dal modo di pensare e di agire pubblicizzato oggi, perché esprime un rapporto con il mondo ispirato da una visione della vita in cui tutti sono chiamati a costruire il mondo con il suo Creatore. “Il mondo è la mia patria e tutti sono miei fratelli”. In questa prospettiva non si cerca di apparire, ma di fare tutto ciò che può essere bene anche per gli altri, con un totale abbandono in Dio, che trasforma la bambina Flora, sofferente nel corpo e priva di scuola, in fondatrice di un’Opera, l’Opera di Nostra Signora Universale, in cui si sviluppano i servizi educativi a favore dei giovani e delle famiglie. Queste realtà si sono sviluppate per l’iniziativa e lo spirito missionario delle Educatrici Apostole, “sorelle” laiche che hanno condiviso e continuato l’impresa di Flora, senza fermarsi di fronte alle difficoltà di natura culturale, tecnica ed economica che la crescita dell’Opera comporta. Lo spirito della Fondatrice, si manifesta e si diffonde sia nell’affrontare la novità, sia nel coinvolgere in forme e misure diverse altri collaboratori laici, con i quali si rinnova il miracolo di un corpo che cresce e si esprime armonicamente. La mancanza di conoscenze o di competenze adeguate e di risorse non costituisce mai un motivo sufficiente per rinunciare ad un progetto che sia un passo in avanti sulla strada dell’apostolato. Gli operai della vigna del Signore possono venire da ogni parte. Nostra Signora Universale è una denominazione e un programma che si traduce visivamente nell’immagine della Vergine sotto il cui manto sono il Vaticano e il mondo e che si sintetizza nell’invocazione “Nostra Signora Universale, proteggi il Vaticano e attraverso il Vaticano proteggi il mondo”, dove il Vaticano rappresenta il principio di unità e fraternità universale. Ci sono due linee guida dell’azione di Flora che hanno anticipato l’evoluzione dei nostri tempi: la valorizzazione della donna, per la quale sono nati i primi progetti educativi dell’Opera, e l’esigenza di un riferimento sicuro in un mondo che, nella globalizzazione, vive un momento di grande disorientamento, nell’incontro e nello scontro tra diverse culture. Ad ogni passo in avanti si rinnova comunque la meraviglia in chi sa che Flora ha avviato il tutto senza risorse né materiali né culturali, superando non pochi ostacoli, posti sul suo cammino. La sua fede, la sua determinazione unite ad una profonda umiltà hanno realizzato in lei le parole del Magnificat tante volte recitato: exaltavit humiles. Il Prof. Walter Ferrarotti fu Preside del Liceo della Comunicazione dell’Istituto “Flora” dal 1997 al 2007. E’ stato per lui un grande impegno di formazione dei giovani e degli Insegnanti alla luce della sua profonda esperienza in campo educativo. R Il Professor Ferrarotti nel ricordo del Vice-Preside icordiamo il suo amore per il dialogo, anche se acceso, con cui ci ha spronato negli anni; l’invito alla discussione, allo studio, all’approfondimento considerati per il loro significato educativo, sempre in riferimento all’esperienza dei giovani; l’invito a ragionare con, e talvolta contro, i ragazzi per suscitare in loro l’attenzione alla realtà, il senso della complessità dell’esistenza, il desiderio di lasciare un segno nel mondo con le azioni e le parole. Ricordo nelle riunioni la sua capacità di ridimensionare i conflitti senza negare i problemi, anzi chiarendoli; la sua sintesi sottile, frutto di pazienza, lungimiranza e intelligenza. Mi piace pensare che abbia affinato queste qualità nelle sue passeggiate in montagna, in città, da solo o in compagnia. Camminando si impara a resistere alla fatica, si dosano le parole nei passaggi ardui e ci si dilunga di fronte ai panorami. Ma quando si arriva vicino alla meta si tace, ascoltando il suono del silenzio che scioglie la stanchezza. Così Professor Ferrarotti, con gli studenti andremo in montagna, secondo il Suo programma: ma non se ne abbia a male se parleremo di lei anche nei passaggi ardui, per poi ascoltere il suono del silenzio, quando saremo in vista della vetta. Prof. Leslie Cameron Curry Vicepreside Il Preside Ferrarotti illustra la mostra “Ambiente – Natura e Cultura” preparata dagli allievi del Liceo della Comunicazione “Istituto Flora” nell’anno scolastico 1999-2000 25 Durante i Collegi Docenti e i Consigli di Classe il Preside, Prof. Walter Ferrarotti si ispirava e faceva spesso riferimento alla pedagogia della Fondatrice dell’Istituto. Come la Venerabile Flora Manfrinati il Preside voleva l’attenzione particolare alla persona, più che ai programmi da svolgere e alle nozioni da inculcare negli allievi. C 26 ome ogni buon dirigente, il nostro Preside, il prof. Walter Ferrarotti, guidava i nostri Collegi Docenti all’insegna del problema della didattica e dell’insegnamento nella specificità del nostro carisma: essere scuola Cattolica. Ricordava infatti a noi Docenti le origini dell’Istituto Flora, sottolineando che la scuola cattolica deve trasmettere una cultura alternativa a quella promossa oggi dai mass-media, una cultura che deve dare spiegazioni cristiane alla vita. Ci invitava pertanto a trovare momenti di educazione tipici della Scuola Cattolica, per dare ai giovani il senso del Cristianesimo, a cogliere tutte le occasioni per trasmettere loro la passione per la propria disciplina, facendo un costante richiamo all’attualità, affinché potessero liberarsi dall’attitudine a non pensare aderendo profondamente, invece, ai valori cristiani della vita. Richiamava e sottolineava con particolare slancio il problema del metodo, che suscitasse negli allievi quella curiosità e quell’interesse, necessari per affrontare lo studio con più entusiasmo e con la convinzione che la loro applicazione non fosse una noiosa acquisizione mnemonica di nozioni, ma un valido mezzo che li aiuta a non perdere il senso del rapporto tra mondo virtuale e reale. Il Preside ed alcuni insegnanti il 6 maggio 2005 con docenti russi per un seminario interculturale con gli allievi del Liceo della Comunicazione sul tema: “Il pensiero pedagogico di Wygotskij” Ci chiedeva in particolare di escogitare modalità di comunicazione che consentissero interazioni non solo tra docenti, genitori e allievi, ma anche con l’esterno, per confrontarsi con altre realtà scolastiche, coinvolgendo particolarmente gli allievi e inserendoli attivamente nella soluzione dei problemi, per allontanarli dalla loro tipica posizione di attesa. Fu promotore infatti di esperienze responsabilizzanti degli allievi, ad esempio “Non solo per gioco”, “Floraestate” per intrattenere ragazzi delle scuole elementari del quartiere e non solo durante il primo periodo estivo, attività con la Feralp, con la Gtt, ecc., perché voleva fare in modo che si diffondesse l’idea di studenti che possono operare concretamente, subito, nella società, fornendo un contributo anche economicamente rilevante. I problemi della società nella formazione degli allievi erano un punto fermo per il nostro Preside. Durante un Collegio richiamò la nostra attenzione leggendo un articolo di giornale dal titolo: “L’ossessione per il denaro da parte dei miei studenti”, dal quale emergeva che nei giovani i soldi occupano il primo posto nella brutale gerarchia delle loro aspirazioni. Ricordandoci che la scuola cattolica deve proporre modelli alternativi che aiutino a sviluppare nei giovani il senso della responsabilità, chiese ad ogni insegnante di aiutare gli allievi a fare delle ricerche nel reale, affinché fossero capaci di esplorarlo, per capire quanto c’è di buono nel mondo che li circonda e di inserire anche nei propri programmi questi aspetti, al fine di contrapporsi al mondo virtuale presentato dai mass-media, che induce nei giovani l’abitudine a vivere da spettatori e non da protagonisti della loro vita. Desiderava che fossero evidenziate le eccellenze degli allievi, facendo emergere le capacità di ogni studente in modo che ciascuno prendesse coscienza delle proprie attitudini verso quelle discipline più consone alla propria sensibilità e potesse esprimere e realizzare il meglio di se stesso. Godeva nel partecipare con gli studenti all’organizzazione di qualche visita didattica o viaggio di istruzione, perché voleva che imparassero a gestire la loro vita, ad essere protagonisti di ciò che vivevano; in molte occasioni li fece partecipi delle sue esperienze di viaggi in tutto il mondo e della sua conoscenza delle varie culture internazionali. Attento e sensibile anche alle nostre difficoltà di insegnanti, che quotidianamente affrontiamo lavorando con gli adolescenti, ci incoraggiava sempre a partire dal livello degli studenti, per non mortificarli, e ad accompagnarli nello studio con tanta passione e dedizione, per recuperare quanto la società, in senso solo più materialista e virtuale, non sa dare del vero senso della vita. Ci indicava sempre come fine la crescita e la formazione della persona: mai quindi scoraggiare nessuno, ma far sentire la bellezza della cultura anche a studenti che dello studio non vogliono saperne. Per questo di fronte a programmi ministeriali spesso enciclopedici, chiedeva a noi docenti di cercare la competenza professionale più che lo sterile nozionismo. Ci ha trasmesso la vera cultura della vita, la gioia profonda di appartenere al Creato, di sentirsi “una docile fibra dell’universo”, di favorire, come una vera “missione” (termine che usava spesso), la crescita globale della persona umana. In questo fu vero seguace della pedagogia di Flora Manfrinati, che certamente l’ha scelto a “presiedere” al suo Liceo della Comunicazione. Grazie di cuore, sig. Preside! Gli Insegnanti del Liceo 27 Durante il soggiorno dal 15 al 17 maggio 2000 a Ca’ Civrai, casa montana dell’Istituto nelle Valli di Lanzo con il Preside e gli Insegnanti, le allieve hanno avuto modo di discutere su alcuni argomenti di grande coinvolgimento personale: “I nostri modelli, le nostre aspirazioni: per quale futuro? Credere: in chi, in che cosa? Parole e silenzi: ciò di cui è difficile parlare a casa, a scuola, con gli amici”. Il Dott. Ferrarotti voleva una scuola attiva, concreta, che sa vedere e trasformare le necessità della società in progetti di vita. Per questo nel giugno del 2001 aveva sostenuto tenacemente la realizzazione del progetto “Floraestate”. Bisogno di concretezza? Non solo teorie…. Dialoghi di Ca' Civrai Sono tornato a Ca’ Civrai per vivere momenti di libertà profonda, senza i condizionamenti del mio ruolo di Preside. La comunicazione tra “più giovani” e “meno giovani”, è meno difficile quando si condividono momenti di vita osservando la natura, senza la preoccupazione di valutazioni e giudizi. Anche a scuola si parla di modelli, di aspirazioni, di fede, di libertà, ma il tutto avviene all’ombra di programmi e valutazioni che condizionano gli allievi anche quando non sono espressi. Ora con le raccomanda28 zioni di ordinanze Ministeriali e di corsi di formazione dove termini come “trasparenza, efficienza ed efficacia” sono continuamente richiamati, può essere ancora più difficile per l’insegnante parlare di vita, far sentire la vita, uscendo dagli schemi di una formale ricchezza professionale. Le preoccupazioni professionali, d’altra parte, possono farci sentire estranee al nostro esistere quelle idee, quella realtà che presentiamo dalla cattedra e che rischia di rimanere confinata in ambito scolastico. A Ca’ Civrai ritorniamo nel mondo, parliamo di noi, di chi siamo, di che cosa vogliamo, raccontando storie di un passato più o meno remoto e sognando un futuro più o meno lontano, in un clima che è anche religioso, perché più amichevole e fraterno. “Ubi caritas et amor, Deus ibi est”. L’incontro con la natura può anche comportare fatica (ma non necessariamente) se si sente il fascino di ciò che sta al di là dell’orizzonte. E qui devo manifestare un dubbio che mi è venuto guardando dall’alto le rive del lago di Malciaussia, su cui giacevano immobili per la siesta le gitanti affaticate: molti, tra i più giovani, sono veramente curiosi di questo mondo, al di là delle mete turistiche di moda? Cosa significa la mancanza di curiosità? Ha a che fare con la capacità di essere liberi, autonomi? Sono domande che forse potremo porci nei prossimi dialoghi. Intanto possiamo pensarci. Non c’è solo la curiosità televisiva per i fatti altrui e non basta percorrere la stessa strada per provare gli stessi sentimenti e avere pensieri simili. È comunque importante fare piccoli tratti di cammino insieme e discorrere di ciò che si vive. Le allieve, gli insegnanti e il Preside, finalmente giunti al lago di Malciaussia in occasione del soggiorno a Ca’ Civrai dal 15 al 17 maggio 2000 I Scuola che vive giovani sono spesso oggetto di giu- meno la funzione pedagogica, educatidizi contrastanti, opposti: si am- va che mira a realizzare progetti di vita, mira la loro generosità quando si un futuro possibilmente migliore del considerano iniziative di volontariato o presente. la partecipazione ad imprese di grande Bisogno di concretezza significa fare valore sociale; si esprime preoccupazio- subito qualcosa per il probabile e auspine per il futuro quando al centro dell’at- cabile futuro; non limitarsi a memoriztenzione c’è la droga, le manifestazioni zare teorie, a darsi strumenti culturali di massa per un tempo che degeneche non saprano o fatti piamo come di cronaca sarà. nera che In questa li hanno prospettiva si come prosta sviluppantagonisti. do il progetto Forse Floraestate. non ci si Il Liceo della rende conto Comunicache le conzione, che ha traddizioni come probleAl termine dell’esperienza di “FloraEstate2002”: bambini, evidenziate animatori, insegnanti con il Preside e Don Matteo Sorasio matica di fonnel compordo quella retamento dei giovani sono contraddi- lativa alla vita sociale, vuole realizzare zioni di una società che propone orien- uno spazio di incontro per bambini e tamenti contrastanti, incompatibili. ragazzi che questo spazio non hanno Ma, riconoscendo e rispettando e sono costretti a starsene rinchiusi in l’importanza delle indagini e delle in- casa o esposti ai rischi della strada. terpretazioni sociologiche, penso che Spazio di incontro significa luogo la scuola debba farsi carico di proposte ricco di opportunità di vita, a cui qui e di iniziative che promuovano concre- vogliamo alludere con una sequenza tamente il superamento delle contrad- disordinata di parole (speriamo suggedizioni evidenziate; diversamente viene stive) che saranno organizzate in pro- 29 30 grammi di attività: storie, illustrazioni, teatro, televideo, giochi, giocattoli, moda, mode, collezioni, esplorazioni, artisti, cantanti, cori, registrazioni, gare e altro ancora. Il tutto proposto a bambini e ragazzi dai 3 agli 11 anni in spirito di fraternità, poiché le esperienze di vita devono avere un senso, e il senso che si propone in Floraestate è quello cristiano, vissuto nell’entusiasmo di ogni atto, nella consapevolezza che il modo di vivere è anche un modo di pregare. Per gli studenti del Liceo della Comunicazione prepararsi a Floraestate comporta studi e ricerche, solo apparentemente al di là dei programmi scolastici; in realtà si tratta di scoprire come la cultura che la scuola propone per il bene della società si può tradurre subito in vita quotidiana e può trasformare i nostri rapporti con le persone, le cose e il tempo. In Floraestate gli studenti, comuni- cando, diventano educatori, si educano ed educano, non si limitano a rappresentarsi, a sognare una società nuova, ma diventano protagonisti di un concreto tentativo di cambiamento. E’ una scommessa importante quella che ha fatto il nostro Liceo, non perché si illuda di cambiare il mondo, ma perché è consapevole che al di là delle minime forze in gioco, ciò che conta sono le scelte di vita di ogni singolo individuo e che ogni singolo individuo ha importanza per il Creatore che l’ha voluto. Prima ancora di sapere come andrà questa scommessa si pensa già al dopo e si spera che questo centro d’incontro che nasce nell’estate 2001 sia la radice di un servizio extrascolastico che il Liceo continuerà a gestire durante tutto l’anno (e gli anni a venire), perché il Verbo deve incarnarsi e diffondersi. Saluto degli allievi dell’ Istituto “Flora” al loro Preside il giorno del funerale alla chiesa SS. Pietro e Paolo in Torino: Signor Preside, tutti noi siamo qui oggi per dirLe grazie di averci accompagnato nel nostro cammino e per averci aiutato a crescere parlandoci di lei, delle sue esperienze, facendoci riflettere sui problemi della vita. Siamo sicuri che Lei non smetterà mai di credere in noi e che non smetterà mai di trasmetterci i suoi insegnamenti. Grazie per essere stato un valido esempio e una guida disponibile all’ascolto e alla discussione sincera. A Lei, autentico maestro di vita, vogliamo ancora una volta esprimere il nostro grazie e dirle che per noi è stato un grande Preside e un grande uomo. La pensiamo ora nella pace del Signore con il suo sguardo di bontà e di protezione su ognuno di noi. Grazie, Preside. Lettera del Prof. Gianluigi Camera Compagno di scuola fin dalle prime classi elementari Walter, compagno di scuola e amico di sempre, siamo disorientati e confusi dalla tua morte. Così improvvisa, inaspettata, lacerante. Ma vogliamo esorcizzare il pianto che ci assale col ricordo di tanti momenti sereni che hanno attraversato la nostra amicizia. Da quando ci siamo conosciuti sui banchi del “Regina Margherita”. Era il 1949… Ce l’ hai insegnato tu a cercare frammenti positivi nel dolore, lembi di terra nel naufragio. Dobbiamo farlo per Ada, per Monica, per Ruben e per tutti i tuoi cari. Dobbiamo farlo perché non si perda nel tempo la lucidità del tuo pensiero, il tuo amore per la natura e per l’ arte , il tuo saper essere , in mezzo agli altri, un segno di conciliazione e di pace. Qui ci sono i tuoi compagni di scuola, resi solidali da una formazione intelligente, da uno scambio continuo con te, di esperienze di vita. Quante discussioni, quante riflessioni in ogni momento libero. In classe hai sempre primeggiato per umanità, saggezza, cultura. E dopo la scuola si è aperto il grande spazio della famiglia, del lavoro, della vita. Le tante strade si sono separate, ma è rimasto in tutti noi il gusto dell’ in- contro. Sono nate le amicizie profonde, quelle lunghe come l’ esistenza. I viaggi, le ferie, i figli cresciuti insieme, le escursioni in montagna, gli annuali incontri conviviali della IV B, le lunghe passeggiate domenicali alla ricerca di un castello, di una antica abbazia. Queste ultime esperienze sono state le più intense. Avevi il dono della comunicazione lucida, pacata, essenziale, convincente. Sapevi discutere di tutto. Dalla botanica alla filosofia, dalla politica all’arte alla letteratura. Le nostre camminate erano dense di analisi, di riflessioni, di proposte. La scuola era sempre nei nostri pensieri: ne condividevamo le enormi potenzialità, soffrivamo per le sue carenze. Emergeva il tuo gusto - direi la passione - per l’ ambiente naturale, per la cultura contadina della nostra infanzia, per l’ intelligenza delle mani, per il linguaggio che, ancorato all’esperienza, sa farsi tramite per infinite, creative rappresentazioni del mondo. Emergeva la tua tensione al Soprannaturale come ricerca di una ulteriore dimensione complementare alla conoscenza della realtà sensibile. Se pensiamo a tutto questo, carissimi Ada, Monica, Ruben, il nostro dolore si stempera nel privilegio di averti conosciuto. Prof. Gianluigi Camera a nome della IV B 31 Scuola e alunni di ieri e di oggi W 32 alter ed io venivamo, entrambi, dal mondo della campagna. La cultura contadina, l’intelligenza delle mani, gli orizzonti precisi e saldi della nostra infanzia, l’ambiente di vita lontano anni luce dall’attuale, ci riempivano di nostalgia. Nessuno di noi era così ingenuo da credere o anche solo auspicare la possibilità di un ritorno al passato. Ci si interrogava se alcune costanti di allora fossero ancora utili per aiutarci a pensare ad un futuro migliore. Le nostre scuole di paese – intendo le scuole elementari – erano quanto più distante si potesse immaginare anche dalla vita quotidiana di allora. La pedagogia positivista del periodo a cavallo tra otto e novecento non aveva sfiorato la didattica dei nostri insegnanti e quel poco di tradizione gabelliana era stato spazzato via dal nuovo verbo neo-idealista, senza peraltro lasciarvi impresse le pur valide istanze della fecondità creativa del pensiero gentiliano trasmesso alla scuola dalla lezione di Lombardo Radice. Era la nostra scuola nozioni- stica, astratta e arida. Era soprattutto mia questa analisi a tinte fosche, segnato come ero da una esperienza di scuola elementare particolarmente negativa. Ci si chiedeva quanto di quella prassi educativa sopravvivesse, nonostante le Riforme, nella scuola di oggi. E le nostre risposte non erano ottimistiche. Balzava però evidente una differenza tra gli allievi di ieri e di oggi. Noi, bimbi degli anni Trenta e Quaranta, entravamo nella scuola in possesso di un vissuto maturato attraverso un contatto continuo con la natura e l’ambiente. Avevamo conoscenze, linguaggi, regole di vita saldamente ancorati ad una precisa realtà ambientale, non ambigua, con riferimenti sicuri a fenomeni vissuti e sperimentati, possedevamo simboli forse ridotti perchè adatti ad una realtà circoscritta, ma sicuramente condivisi e comunicabili. La scuola che frequentavamo, pur con i limiti sopra denunciati, usava un linguaggio diverso dal nostro, ma con cui noi riuscivamo a confrontar- ci, perché la genesi delle nostre conoscenze aveva la chiarezza dei significati radicati nell’esperienza. È proprio l’esperienza del reale, inteso nella dimensione della concretezza, che manca ai bimbi di oggi; il loro linguaggio è spesso un “flatus vocis”; i significati non trovano un corrispondente nella realtà, negli oggetti, nei fenomeni. I nostri bimbi vivono in ambienti “virtuali” in cui il confine tra realtà e mass-media è incerto. Walter amava parafrasare il detto biblico: “…hanno piedi ma non sapranno camminare, orecchie ma non sapranno udire, occhi ma non sapranno vedere; le loro bocche non sapranno parlare…”. Il monitor è l’unica finestra aperta sul mondo. Spazi, tempi, causalità si appiattiscono e si annullano in un rettangolo bidimensionale. La manipolazione delle immagini si sostituisce al naturale ritmo delle esperienze dirette. Gli infiniti stimoli, spesso ambigui e contrapposti, generano assuefazione ed interessi effimeri e momentanei. La capacità di concentrazione si riduce a brevi istanti e si scioglie in atteggiamenti ipercinetici. Spesso si traduce in una continua ricerca di stimoli nuovi, orientata verso i troppi prodotti del nostro consumismo. Immane il compito che spetta alla scuola e alle famiglie per tentare un’alternativa educativa a questo stato di cose. Si tratta di impostare una didattica che, in una parola, avvicini i bambini alla vita. Si tratta di rifondare un linguaggio fatto di significati univoci, radicato saldamente nella concretezza delle cose e delle situazioni. Occorre che le famiglie ci siano vicine e ci capiscano. Si impone una capillare opera di formazione in servizio di tutto il personale della scuola, unito a forme di revisione dello stato giuridico del personale stesso. Di tutto ciò si fa un gran parlare, ma, in occasione dei rinnovi contrattuali, alle forze politiche e sindacali fa comodo barattare i pochi aumenti economici con una sostanziale conservazione dello status quo. Questi, o all’incirca questi, alcuni nostri ragionamenti, mentre a piedi, raggiungevamo un antico castello o un’abbazia lontana sull’orizzonte dei colli. A piedi, mentre Walter ripeteva un pensiero di Rousseau: “…conosco un sol modo migliore dell’andare a cavallo, l’andare a piedi…” Prof. Gianluigi Camera 33 Le ultime riflessioni del prof. Ferrarotti, lasciate all’Istituto Flora in occasione del Natale 2006, considerazioni legate alla sua terra di origine e alla sua infanzia. Un regalo di Natale “ 34 C’era una volta, tanti anni fa…” potrei cominciare così una storia vera, e continuare “… un bambino che andava alla Novena di Natale, la sera quand’era già buio, in un paesino in cui non c’era ancora la luce elettrica, l’acqua potabile e tante altre cose della città. Camminava, forse solo, forse in compagnia dei nonni, con gli zoccoli di legno che affondavano nella neve; ma non aveva paura, perché i nonni (e il papà e la mamma, lontani a lavorare) gli avevano insegnato a non averne, dicendogli semplicemente di fare attenzione e poche altre raccomandazioni. Così godeva della solitudine di chi si sente libero, non condotto a guinzaglio da nessuno, ma come protetto da una forza superiore che era garantita dall’attenersi alle raccomandazioni ricevute. Nella chiesa i canti gregoriani intonati da un parroco austero e cantati a squarciagola soprattutto dalle donne (Regem venturum Dominum, En clara vox redarguit) sono entrati nella memoria per rimanervi con l’eco dei passi che si allontanavano con il cigolio del portone e il profumo della cera delle candele che il sacrestano andava spegnendo. Fuori la neve rischiarava la stradina e la siepe che la separava dal fosso; qualche luce di lampada ad alcool usciva dalle imposte o dalle porte aperte da chi rientrava; nessuna voce, ma solo il rumore di zoccoli che affondavano nella neve. In casa c’era un piccolo presepio allestito sulla mensola del camino: il muschio ancora fresco, un ramo di edera, qualche striscia di stagnola per fosso e un pezzo di specchio per laghetto e, sotto il corpo del Bambino, un po’ di quella paglia argentata che i bombardieri buttavano per confondere i radar. Una piccola candela di sego era il luminoso tocco finale che ci lasciava tutti incantati.” Melensa retorica di molto cattivo gusto? No, tracce di memoria di un bambino vero, incantato dall’atmosfera del Natale vissuto senza l’attesa di doni, perché stava ricevendo un dono che l’avrebbe accompagnato per tutta la vita: la capacità di avvertire il fascino di ogni luogo e di ogni oggetto. Dio che si fa carne svela all’uomo, attraverso la carne, le meraviglie del creato, dell’opera che continua a creare chiamando a collaborare chi ha fatto a Sua immagine e somiglianza. Aprire gli occhi sul creato è sconvolgente, perché alla meraviglia si associa l’angoscia del male e del dolore che ne segue. Ma Dio condivide nella carne anche il dolore dell’uomo e lo riscatta. Non possiamo comprendere un mistero al di là di ogni ragione e umana capacità creativa, ma nel buio di una notte appena rischiarata dalla neve e qualche lumicino, nell’eco di canti antichi, un bambino ha sentito l’amorosa fiducia di genitori e nonni, comunicata senza gesti e senza parole, si è avviato, libero, nel cammino per quel mondo che è tutto un dono del Creatore. Oggi il Mercato si propone come depositario di tutti i regali che possono essere fatti per dare gioia, ma sa bene che quella gioia presto finirà, perché deve finire affinché lui non muoia. Gli occhi che si aprono sul mondo, l’orecchio che si schiude alle sue voci, il corpo tutto che sente ogni vibrazione, profumo, sapore, sono un miracolo per il resto della vita. Tante persone hanno preso co- scienza di aver avuto quel regalo e, dopo tanti anni, continuano a goderne. Quando le incontro, mi pare di aver fatto la stessa strada, invece hanno percorso cammini molto diversi che non hanno nulla in comune con il mio, ma per strade molto diverse abbiamo vissuto la meraviglia della scoperta di un mondo infinitamente affascinante anche nei suoi aspetti più sconvolgenti e ci scopriamo vicini nell’amore per la vita, che ci fa rinascere e ci fa capire ogni giorno qualcosa di più dell’infinito mistero dell’essere. Il Natale si ripropone quotidianamente, in un grande, infantile desiderio di scoprire qualcosa di nuovo che ci rallegri o che ci consoli di ciò che ci rattrista. Non abbiamo bisogno dei media per scoprire la novità: il regalo di Natale che abbiamo ricevuto con il primo Natale ci regala continuamente la novità del mondo. Walter Ferrarotti Torino, 21 dicembre 2007 – chiesa SS. Pietro e Paolo Caro Walter, grazie per l’esempio di vita che ci hai dato sin dai banchi di scuola. Sia questo ricordo, così bello, di conforto alla tua famiglia e a noi tutti. Rosanna Aceto compagna di scuola presso l’Istituto Magistrale “Regina Margherita” 35 Don Allais, amico di lunga data del dott. Walter Ferrarotti, ne ricorda l’impegno a favore della Fondazione Istituto Professionale “Pacchiotti” di Giaveno, per una SCUOLA OPERATIVA “So perché faccio” Dal Manifesto del progetto, “Amico Albero” scritto dal pedagogista Walter Ferrarotti emerge l’orientamento didattico, che vede nella natura, rappresentata dall’albero, un ambito di apprendimento, di rispetto, di promozione. “ 36 …La scuola si preoccupa, perlopiù, di comunicare i contenuti culturali con parole, immagini e numeri senza verificare la reale comprensione dei messaggi inviati e memorizzati dagli studenti. Questa, infatti, non è garantita dalla sola coerenza logica con la quale sono esposte e rielaborate le idee, perché tutto l’apparato simbolico dei discorsi rimanda ad una realtà che è altro dal simbolo. La mancata esperienza diretta (di questo altro) dà luogo a spiegazioni in cui la realtà non sperimentata viene ridotta e falsificata dalle esperienze effettivamente vissute. Ne consegue anche un vero e proprio disinteresse per quanto si è appreso solo in termini di discorso. Per i non pochi studenti che trascorrono il loro tempo tra casa, scuola e luoghi di svago, dove si ripropongono quasi sempre le stesse attività, una parte cospicua della formazione scolastica è solo un castello di parole privo di significati. Anche l’ambiente, che pure è sotto gli occhi di tutti, se non viene esplorato direttamente nella sua complessità sociale, biologica, geografica, storica, rischia di essere vissuto semplicemente come uno sfondo ad una serie di percorsi tra luoghi, dove si ripropongono esperienze prevedibili. I richiami drammatici in occasione di catastrofi naturali o le episodiche iniziative di sensibilizzazione, certamente encomiabili, come tutte le informazioni date nel corso dell’attività curricolare non producono effetti educativi importanti. Questi si possono ottenere favorendo un rapporto interessato e non occasionale con le piante, gli animali, le costruzioni e gli spazi pubblici e privati. Il modo e i tempi di relazione sono essenziali alla qualità degli effetti educativi. Il progetto Amico Albero, proponendo un intervento continuativo su alcuni spazi ambientali, comporta non solo l’acquisizione di conoscenze molto diverse e articolate, anche operative, ma anche un legame affettivo con la realtà ambientale, incoraggiandone la tutela al di là degli obblighi istituzionali. Riconoscere alle scuole che partecipano a tale progetto il marchio di Scuola Operativa significa accreditarle di un servizio pubblico e introdurre i loro alunni nella vita produttiva della società, concorrendo a creare un legame più profondo e significativo tra scuola e territorio. Si supera cosi, almeno in parte, la condizione di sola preparazione e attesa che caratterizza la vita studentesca di ogni ordine di scuola. Si prospetta inoltre l’ipotesi interessante di una Regione che gestisce con le scuole, ovviamente anche con i necessari accordi con la Direzione regionale del MIUR. una rete di servizio pubblico estensibile ad altri ambiti.” Walter Ferrarotti So perché faccio: il sapere scientifico, le vaste conoscenze del Prof. Ferrarotti nell’ambito della pedagogia e della didattica sono state sempre congiunte all’impegno diretto sul campo, riservando un’attenzione peculiare ai soggetti più piccoli e più sensibili ai valori della natura, sentita come un qualcosa di meraviglioso e di magico. So perché faccio: anche la sua religiosità, sincera ma in nessun caso ostentata, è stata caratterizzata da un credo proiettato verso l’agire concreto in uno spirito di servizio di cui gli diamo testimonianza con devoto ringraziamento. Grazie Walter! Don Luciano Allais 37 Una vita dedicata all’educazione D 38 ipendente del Comune di Torino dal 17.03.1958 all’8.04.1998 e presso i Servizi Educativi Scolastici dal 1963, arrivato il momento della pensione, dopo una vita dedicata all’educazione, quando avrebbe potuto dedicarsi a tempo pieno ai suoi hobby preferiti, come il giardinaggio nella sua casa di Stresa, alle passeggiate campestri e ai tanti interessi naturalistici, non riuscì a staccarsi dal mondo della scuola. E così continuò il suo impegno nella FISM torinese, ricoprendo per ben 10 anni l’incarico di responsabile del Coordinamento pedagogico-didattico delle scuole dell’infanzia federate. Animatore dei convegni di inizio d’anno scolastico per la formazione delle insegnanti, organizzò e guidò le attività delle reti scolastiche, instaurando un rapporto di fiducia e di stima reciproca con le coordinatrici di rete, facendole sempre più sentire protagoniste di un progetto pedagogico, di cui lui era il discreto ispiratore e guida. Un attivismo non fine a se stesso, mai autocelebrativo, mai autoreferenziale: ma la volontà di puntare in alto, ad una qualità dell’offerta formativa che ponesse sempre al centro i bisogni ed i diritti dei bambini, quali primi soggetti del processo educativo. L’attenzione ai bambini, ai giovani lo portarono ad assumere la presidenza della Scuola magistrale dell’Istituto “Flora” che ben aiutò a trasformare in Liceo della comunicazione. E anche qui ha lasciato un grande rimpianto tra gli studenti, che ne apprezzavano non solo lo spessore culturale, ma la profonda sensibilità umana e spirituale. In questi ultimi anni aveva iniziato anche la collaborazione con l’Università di Torino. Impegnato prima nei corsi di formazione dei dirigenti scolastici, poi nei corsi abilitanti per gli insegnanti di scuola dell’infanzia; infine, per l’anno accademico 2007/08, la Facoltà di Scienze della Formazione gli affidò l’incarico del corso di Pedagogia dell’infanzia. Corso che purtroppo non ha potuto nemmeno iniziare a causa dell’improvvisa scomparsa. I futuri insegnanti hanno senz’altro perso l’occasione di ricevere un insegnamento altamente qualificato, ma soprattutto una visione dell’educazione intesa non solo come attuazione di tecniche e metodologie didattiche, ma come missione e dono di sé nei confronti dei più piccoli. Una grave perdita per tutta la FISM, della quale era anche consigliere nazionale, ma l’esempio, l’esperienza e la strada che lui ha tracciato serviranno da guida per chi nella FISM continuerà il suo lavoro. Prof. Di Pol Redi Sante Gli inizi dell'opera del Dott. Ferrarotti Ho conosciuto il Dr. Ferrarotti intorno agli anni Sessanta, che mi fu assegnato per svolgere pratiche amministrative, quando con ordinanza del Provveditorato agli Studi fui distaccato al Municipio di Torino con l’incarico di sovrintendere alla Direzione centrale delle scuole materne locali. Il Municipio di Torino gestiva allora direttamente solo cinque scuole materne e ne sovvenzionava circa cento altre, tra cui quelle della Società degli asili e della Federazione degli asili, sostenendo una spesa che annualmente si aggirava sui 150 milioni di lire. Al Dr. Ferrarotti affidai lo stato giuridico del personale insegnante ed inserviente, gli stanziamenti dei contributi di funzionamento agli Enti con la stesura delle relative delibere, la gestione del pre-doposcuola e della refezione unica, organizzata in sostituzione del tradizionale cestino. Egli seppe attendere a questi compiti con cura e competenza, dimostrando di essere diligente, attivo e dotato di non comuni capacità organizzative. Successivamente, constatata in lui una viva partecipazione ai problemi umani ed assistenziali, lo impegnai nel campo educativo, specie quando si istituirono sezioni anche con portatori di handicap in età scolastica, che non venivano accolti nelle vigenti scuole speciali perché non scolarizzabili, ossia perché, secondo l’orientamento scolastico del tempo, non erano in grado di apprendere alcuna nozione del leggere, dello scrivere e del far di conto. Per essi il Dr. Ferrarotti ideò un sistema di schede minuziosamente articolate in graduate esercitazioni per ogni attività educativa, atte ad accertare il livello di ciascun assistito ed a promuoverne il possibile sviluppo. La sua cultura pedagogica si andò così perfezionando con l’esperienza diretta, il che gli consentì di maturare didatticamente e di avere l’incarico di professore di tirocinio presso la scuola magistrale comunale di Torino. Le sue pregevoli doti di temperamento e di carattere mi si andarono palesando quando, presa confidenza, ci aspettavamo dopo le prescritte ore di ufficio per andare insieme alla fermata del tram. In quel tratto di strada toccavamo argomenti diversi ma tutti convergenti su problematiche esistenziali. Ne ho così apprezzato l’animo profondamente buono, volitivo, saggio con quella singolare capacità di comunicare velata da sottile ironia; quel tratto garbato e affabile, mai accondiscendente a principi contrari ai suoi ideali; con quella fede intima e meditata. Lavorammo insieme per circa dieci anni, sino al 1970 quando, soppressi dal Ministero della Pubblica Istruzione i distacchi del personale dipendente presso i vari Enti, dovetti lasciare definitivamente la Direzione centrale delle scuole materne di Torino, che fu affidata al Dr. Ferrarotti. Da allora, anche se i nostri rapporti non furono più tanto frequenti, si è sempre mantenuta la nostra amicizia. Prof. Giuseppe Sacchetti 39 La Città di Torino deve molto al Dott. Ferrarotti Uomo aperto al dialogo A 40 l Dott. Ferrarotti la città (Istituzioni, Enti, cittadini, ecc.) deve molto per quello che ha saputo costruire durante il suo impegno lavorativo. Torino ha una struttura organizzativa e didattica fra le migliori d’Italia (invidiata e imitata) grazie all’impegno costante, che ha coinvolto diverse amministrazioni con assessori di ispirazione, formazione e cultura differenti. Uomo aperto al dialogo con tutti, ma capace di far valere le sue convinzioni in ambito formativo, che vedevano sempre al centro il bambino, posto in ambienti didatticamente adeguati alle tappe evolutive della prima infanzia, atti a stimolarne in modo ludico e gioioso intelligenza, sentimenti, motricità, creatività, cioè tutto il suo essere a livello mentale, sociale e fisico, in costante rapporto con le famiglie. Quando gli asili nido vennero aggregati alle scuole dell’infanzia, il Dott. Ferrarotti, convinto che il processo educativo dovesse iniziare proprio da questi, per continuare “naturalmente” negli anni successivi, si adoperò per l’aggiornamento del personale, in quanto quello proveniente dall’ex-Omni non era assolutamente preparato. Organizzò corsi, conferenze, dibattiti, ecc., finchè nacquero, nei lontani anni Settanta, i Centri di Documentazione, rivolti a insegnanti, a genitori, a persone interessate ai problemi dell’infanzia per approfondimenti educativi e didattici. Inoltre si aprirono laboratori specifici per la lettura, la pittura, il teatro, cioè per le diverse manifestazioni espressive del bambino, con particolare attenzione per la formazione musicale. Nella sua sensibilità, il Dott. Ferrarotti non ignorò i “diversamente abili”, ai quali dedicò particolari attenzioni: nacquero così i Centri Educativi Speciali, per accogliere soggetti in età scolare con gravi problemi di ordine motorio, sociale e mentale, in modo da offrire un valido supporto educativo alle scuole dell’obbligo e alle famiglie. Infine vorrei ricordare la creazione, grazie al Dott. Ferrarotti, delle ludoteche e del Centro della Cultura Ludica, punto di riferimento per gli studiosi, le insegnanti e i genitori, in risposta alle esigenze dei bambini, il cui sviluppo armonico e globale si compie, in età pre-scolastica, essenzialmente attraverso il gioco. La città, quindi, deve molto al Dott. Ferrarotti ed auspico un incontro, per riflettere in modo adeguato sul suo contributo nell’ambito della formazione per l’infanzia. Dott. Vinicio Lucci In ricordo di Walter. Ho perso un maestro. Abbiamo avuto un grande maestro, capace di farci riflettere perché diventassimo, ogni volta, autori consapevoli di una soluzione, di una mediazione, di una invenzione. Senza mai prevaricarci, incoraggiandoci a cercare dentro di noi, o con gli altri vicino a noi, la soluzione, la via più utile per educare, per accompagnare i bambini nella crescita, nella intima e straordinaria scoperta della realtà. Creativo nella totalità del suo agire. Lungimirante, acuto, determinato, paziente. Nella consapevolezza profonda che il mondo delle persone e delle cose è affascinante, proprio per la sue infinite diversità; e che proprio per questo è necessario essere disponibili a incontrare ciò che non si conosce. Per tutto questo gli sarò sempre riconoscente e debitore. Amilcare Acerbi C Per Walter Ferrarotti “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo”. Paulo Freire redo che Walter Ferrarotti abbia rappresentato, col suo stesso modo di fare, ciò che un educatore dovrebbe essere: una presenza autorevole, un punto di riferimento culturale e umano, ma soprattutto una persona capace di cogliere - negli altri – il tesoro della competenza e di farlo fruttare, offrendo a ciascuno un modo per partecipare al progetto dell’educazione: ciascuno secondo le proprie capacità. Nel suo ultimo intervento nella sede di ITER, Walter Ferrarotti ha ricordato con impressionante umiltà la storia dei Centri di Documentazione e dei Laboratori a Torino, sue creature, sue ideazioni. Luoghi di fermento propositivo e pedagogico, legati a doppio filo al lavoro delle scuole e dei nidi. Terreni di sperimentazione, di elaborazione, di memoria. Servizi nati per la formazione permanente, animati e abitati da educatori e insegnanti, da persone pronte a coniugare l’esperienza didattica con la competenza a program- mare, a comunicare, a divulgare. Ho voluto accompagnare i miei auguri per le prossime feste con una frase di Paulo Freire, un pedagogista che certamente ha fatto della relazione - quella vera, radicata nell’umano, fiduciosa nella risorsa della persona – il centro del proprio lavoro. Educare alla coscienza critica della realtà è stato per Freire un punto imprescindibile, per qualsiasi pedagogia degna di questo nome. Oggi, pensando a Walter Ferrarotti, sento di interpretare davvero l’emozione e il cordoglio di tutti, dedicandogli proprio le parole di Paulo Freire: Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo. Gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo, per quel senso profondo del mondo come mediatore indispensabile, per il vero agire educativo, che Lo ha caratterizzato e che mi ha trasmesso. Lo ringrazio. Luigi Saragnese 41 Ecco la scuola di domani Grazie Dottor Ferrarotti M 42 i è caro fermare il tempo, sull’ultimo tratto del mio percorso professionale, accanto allo stimatissimo Direttore Dott. Walter Ferrarotti, quando, chiamata a collaborare all’interno del coordinamento pedagogico FISM, insieme ad altre tre colleghe, mi era stato assegnato, come ambito di competenza, quello dell’attività espressiva, che si estrinsecava con proposte di formazione delle insegnanti attraverso attività laboratoriali. Il Dott. Ferrarotti spaziava con grande sensibilità e profonda conoscenza anche nel campo dell’arte: si avvicinava alla lettura degli elaborati dei bambini con grande rispetto, osservandoli come autentiche opere d’arte, sottolineando sempre l’importanza di promuovere l’espressività originale e autentica del bambino, lontana dagli stereotipi dettati dalla consuetudine. Ricordo la Sua preziosa presenza il 25 ottobre 2007, all’inaugurazione della mostra multimediale “Dal segno all’arte”; la Sua affabilità e il compiacimento per i lavori esposti; le Sue simpatiche sottolineature suscitate di fronte ad alcuni strumenti del pre-cinema realizzati da bambini e insegnanti, che gli ricordavano quelli da Lui stesso costruiti in modo empirico, con materiale di fortuna, nella Sua infanzia; la Sua ammirazione verso un nonno che proponeva di costruire l’episcopio per il suo nipotino. Ricordo che il percorso espositivo terminava con una domanda …… e DOMANI? La preziosa risposta-proposta è offerta proprio dal Dott. Walter Ferrarotti: "Ai bambini diciamo: abituatevi a raccontare con le tecniche che avete appreso la vostra storia e quella delle persone con le quali condividete parte del vostro tempo e scambiate con loro le storie, perché le storie sono i messaggi più ricchi di vita. Fatene strumento di dialogo soprattutto con gli anziani che hanno molto da dire e spesso sono condannati al silenzio e alla solitudine. Facciamo in modo che i lavori si diffondano in uffici e spazi pubblici e privati, rinnovandone l’immagine, con richiami a feste e ricorrenze che ci fanno sentire il nostro essere storia, esprimendone la bellezza, vista da chi sarà protagonista del futuro. Anche questo sarà un modo di far entrare subito da attori responsabili nella società coloro che la scuola di ogni ordine e grado di fatto tiene fuori, con la preoccupazione di dare prima di tutto una preparazione che renda pienamente adeguati al mondo del lavoro. Ma la preparazione è e deve essere anche frutto di un’interazione con la società e gli spazi in cui essa opera, per conoscere pensieri e significati e per misurare continuamente le proprie capacità di dialogare e di fare” (Walter Ferrarotti). Maria Teresa Serasso E Dialogo e confronto ducare è l’arte più difficile che ci sia al mondo, ne sono coscienti i genitori, gli educatori e gli insegnanti. Di questo il Dott. Walter Ferrarotti era pienamente consapevole e, nella sua intensa opera educativa, ha cercato di avvicinare la famiglia e la scuola riguardo agli obiettivi pedagogici attraverso il dialogo e il confronto. Tutti abbiamo beneficiato dei suoi insegnamenti e abbiamo cercato di farne tesoro. I suoi messaggi avevano lo scopo di aiutarci a mantenere un alto livello di attenzione su tutto lo scenario che la vita proponeva. Come un buon padre di famiglia, ci incoraggiava a “pensare con la propria testa”, a riflettere, a non lasciarci fagocitare dai mass-media e a non aver paura qualora il nostro pensiero si discostasse da quello che la moda del momento proponeva. Il rapporto educativo, diceva, deve essere autentico. Ciascuno deve dimostrare la propria originalità, nella diversità c’è la ricchezza. Nel contesto attuale diventa facile incorrere nel pericolo di non saper più bene cosa fare o cosa pensare e sentirci subissati nella realtà di tutti i giorni dai bombardamenti dei mass-media. Il campo è minato su tutta la linea. L’inadeguatezza al compito è il sentimento che chi educa prova nel momento in cui deve prendere decisioni, delineare percorsi e avanzare progetti che garantiscano, al meglio, il raggiungimento di obiettivi, di cui la società si possa avvantaggiare per migliorare il proprio futuro. Anche Lui che ricopriva il ruolo di guida pedagogica ha trovato un terreno accidentato, disseminato di ostacoli di ogni genere e in questo panorama è riuscito ad incrementare tutto l’impianto del Servizio Educativo del Comune di Torino, a dare espansione ai Servizi per trarre da ciascuno il meglio che poteva dare. In questo senso il Dott. Ferrarotti ha rappresentato un “faro” per tutti. Durante le sue riunioni ognuno aveva la consapevolezza che avrebbe ricevuto qualcosa su cui riflettere perché gli orizzonti a cui guardava avevano un alto significato educativo e umano. È stato un grande maestro di comunicazione, prima di tutto nel saper ascoltare. La sua umanità è sempre trapelata sia nei momenti di euforia per i risultati raggiunti, sia quando le difficoltà soffocavano l’entusiasmo. Il modo discreto, non invasivo ma convincente nel sollecitare ciascuno a dare il meglio di sé, scaturiva dal profondo rispetto che aveva per tutti, anche quando la diversità non portava alla convergenza delle idee. Confrontarsi con Lui su qualsiasi argomento era un piacere, si sapeva che in qualche modo ne uscivamo arricchiti, perché non c’era mai banalità o superficialità nello scambio di opinioni o di punti di vista. Credo che non potrò mai dimenticare quel che ho ricevuto da Lui. Sono grata e onorata di aver potuto fare con Lui un percorso lavorativo che non potrò mai dimenticare. Per tutto questo, “GRAZIE” dott. Ferrarotti. Mariarosa Bianco 43 La scuola: ambiente, educazione, sviluppo S 44 cuole e nidi d’infanzia, laboratori territoriali e dell’infanzia, la città ai ragazzi, Centri di Documentazione, Manifesto per l’Educazione all’Ambiente, Rassegne teatrali, cinematografiche, musicali, Torino Città Educativa, Torino Città Sostenibile delle Bambine e dei Bambini …. quanto è difficile riassumere una vita d’impegno e che tanti ha impegnato! Dirigente pedagogico per oltre trent’anni, Walter Ferrarotti ha posto le basi e costruito il sistema educativo torinese sempre con un sogno e un progetto che ogni volta realizzato cambiava la realtà e cambiava anche quanti intorno vi lavoravano, perché il senso del fare, il lavoro significava la costruzione di sé e dell’altro. Così è nata questa città sempre più ricca di iniziative, di esperienze, di servizi, questa Torino pluripremiata per l’attenzione ai suoi cittadini più piccoli. Quanti intorno alla scuola e nella scuola lavorano sono stati formati dalle sue parole quiete, intense, dettate non solo dalla cultura, ma da un profondo amore per le future generazioni: “E’ triste quel Robinson che si affanna a rivivere, ripetere, ricominciare il suo vissuto (come è squallido questo participio passato che non cresce nel futuro!), per ritrovarsi quello di prima e lega tutto, pensa, con un calendario”. Lieve nell’entrare nel merito, come lieve il tratto della sua matita quando annotava a margine i suoi appunti; ancora così è stato il 6 dicembre all’incontro di presentazione del libro: “Lusso? No, grazie: democrazia” dell’Istituzione Torinese per una Educazione Responsabile, in cui ha sottolineato l’importanza dell’impegno educativo. Ricordando a questo proposito il suo intervento nell’ambito del Seminario “Manifesto Ambiente Educazione Sviluppo per un nuovo rapporto scuola, individuo, ambiente 1988/1998”, si ha il senso della continuità di un progetto educativo: “… è necessario che la scuola, ormai responsabile di una parte molto importante della vita di ciascun individuo, faccia consapevolmente le scelte di come indirizzare i rapporti fra i giovani e il mondo, senza porre l’alibi dei programmi a proposte spersonalizzate che mascherano, dietro un Il Prof. Walter Ferrarotti - 6 dicembre 2007 - Via Revello gigantesco apparato di parole, numeri e immagini, il grande nulla di una realtà che non fa storia, ossia non crea né sviluppa legami personali. L’ambiente è il punto di partenza e quello di arrivo di ogni operazione intesa a favorire sviluppo e autonomia. La prima e fondamentale ricchezza, per ciascun individuo, consiste nella sua capacità di instaurare rapporti diversi con la realtà infinita che lo circonda. Questa capacità è il migliore antidoto alla paura del vuoto e della solitudine che un numero crescente di individui cerca di allontanare nelle manifestazioni di massa e nella droga”. Il suo insegnamento vive nel cuore e nella mente di quanti hanno scelto autonomia, creatività, avventura, curiosità, piacere, passione del proprio lavoro. Grazie, Dott. Ferrarotti per quanto ci ha dato! E come sempre sentiamo la sua voce “… e perché? Sono io che ringrazio voi”. Dott.ssa Viroglio Il mio Maestro Dott. Ferrarotti, dal sorriso acco-gliente ed i modi garbati, amichevoli! La cordialità e la correttezza sono sempre stati tratti distintivi del suo carattere; eclettico e di grande cultura, ha sempre cercato di promuovere esperienze significative sul piano pedagogico-didattico per il bene dei bambini, suo obiettivo primario. Per molte di noi è stato un maestro carismatico, non solo nell’attività professionale, in cui credeva fermamente e si applicava con grande passione e competenza, ma anche nelle questioni di vita privata: ha incentivato noi direttrici didattiche a cercare la parte migliore di ognuno, spronandoci a coltivare le nostre attitudini ed abilità, per trasmetterle nelle scuole. Diceva che il mondo si esplora, si conosce e si vive in un rapporto diretto, attraverso le infinite diversità e sfaccettature, che rendono unico ed irripetibile ogni essere vivente. Nel tempo ho potuto comprendere sempre meglio la sua alta filosofia di vita, che ben si compendia nelle parole di Sant’Agostino, ripetute da lui diverse volte: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Da vero cristiano, ha praticato il Credo, sia nel lavoro che nella vita. Conservo e faccio tesoro della sua elevata capacità di osservare e cogliere l’Infinito anche nelle piccole e umili cose: in un fiore… in un’ala di una libellula…, in una conchiglia… Sono orgogliosa di essere stata chiamata da lui per collaborare a progetti educativi anche dopo il pensionamento. Sono altrettanto orgogliosa per aver avuto il privilegio di conoscerlo anche fuori dell’ambito professionale. Lo ringrazierò sempre per aver creduto in me e per tutti i “tesori” che mi ha trasmesso. Lui sarà sempre il mio caro, insostituibile maestro, fonte di ispirazione! Laura Bruno 45 L’adulto deve giocare spesso con i bambini… Dott. Walter Ferrarotti coordinatore delle insegnanti di Tirocinio L’adulto deve giocare spesso con i bambini, introducendosi nel gioco con un elemento di novità: sono parole che il dott. Walter Ferrarotti ha pronunciato il 17 gennaio 1979, durante una delle riunioni con le insegnanti di Tirocinio e che ho trovato rileggendo, con molta commozione e con infinita riconoscenza, gli appunti che ho trascritto regolarmente nel periodo settembre 1978/giugno 1980. Radicata nel dott. Ferrarotti era la convinzione che la didattica seguita nella scuola non può essere un’applicazione di strategie ed argomenti sempre uguali a se stessi; infatti sottolineava come, anche le metodologie più valide (Agazzi, Montessori, Willems, Goitre, Papy, Deva, Vayer) per rigore ed utilità siano comunque strettamente connesse ai loro Autori e alla cultura in cui sono state delineate. Alla luce di tale considerazione, per esempio, il tradizionale cartellone sull’autunno o sulla primavera realizzato per lo più dall’insegnante doveva, per il Dott. Ferrarotti, strutturarsi in una continua relazione con le coordinate spazio-temporali nelle quali vivono oltre alle maestre, il bambino e la sua famiglia. Infatti, i contenuti ai quali riferirsi per scegliere attività ed organizzare esperienze non possono prescindere dall’ambiente di vita contemporaneo al bambino. “La scuola di solito ha considerato l’ambiente come notizia anzichè un luogo per vivere; ma solo vivendo s’impara”: sono parole dell’8 novembre 1978 i cui significati accompagneranno le considerazioni non solo del biennio 1978/1980, ma di tutto l’impegno lavorativo del 46 dott. Ferrarotti. L’ambiente è dunque il motivo, il contenuto, l’obiettivo dell’azione educativa e della didattica; la scuola ha la responsabilità di operare delle scelte ed avviare dei percorsi metodologici, ma non può non prendere spunto da idee, consuetudini ed eventi nei quali è inserita insieme ai bambini ed alle loro famiglie; i giochi spontanei e le attività programmate devono perciò tener conto anche degli aspetti naturali, architettonici ed urbanistici, dell’organizzazione civile, politica e religiosa, della storia, della produzione e delle professioni, per citare alcuni tra i molteplici aspetti della cultura d’appartenenza. Tali aspetti si conoscono, inoltre, non tanto parlandone od osservandone le immagini, ma organizzando delle esperienze, in cui i bambini siano protagonisti con consapevolezza riguardo le intenzioni e ruoli da svolgere. Il dott. Ferrarotti ha sostenuto ininterrottamente la convinzione che il bambino impara attraverso esperienze vere ed autentiche, in cui non si fa finta ma si agisce con entusiasmo e funzionalmente al raggiungimento di un risultato. Quindi, per concludere, il Piano di lavoro per il Dott. Ferrarotti si deve concretizzare in un’esperienza organico-unitaria, che preveda una preparazione e una realizzazione, la distribuzione di ruoli ed incarichi, l’apprendimento e la padronanza di tecniche di lavoro ed espressive, la ricostruzione di contesti quali il mercato, la banca, il circo, il teatro, ecc., non fine a se stessi ma inseriti in una vicenda unica, pensata ed attuata con i bambini, sottoposta a verifica a realizzazione avvenuta. Milva Capoia Per il nostro Preside, Walter Ferrarotti, benedetto sii Tu, Signore Dio dei padri nostri, degno di lode e di onore nei secoli. Benedetto sii Tu, per averci dato il tuo servo Walter Ferrarotti. Benedetto sii Tu, per i doni che hai trasfuso nella sua anima. Benedetto sii Tu, per la sua parola penetrante d’amore e di pace. Benedetto sii Tu, che ce l’hai posto come luce sul nostro cammino. Benedetto sii Tu, per la sua profonda contemplazione di Te nel creato. Benedetto sii Tu, per le schiere di educatori che ha preparato. Benedetto sii Tu, per lo zelo con cui credeva nell’uomo anche e soprattutto nel più debole. Grazie, Signore! Con la tua Chiesa diciamo: “I saggi splenderanno come il firmamento, i maestri di sapienza saranno come stelle nel Cielo!” Prof.ssa Antonietta Faoro Preside Liceo della Comunicazione Flora 47 OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE Via San Francesco da Paola, 42 10123 Torino Tel. 011/812.55.88 – fax 011/812.57.62 Sito: www.istitutoflora.it e-mail: [email protected] ISTITUTO FLORA Liceo della Comunicazione Centro Operativo Flora Via San Francesco da Paola, 42 10123 Torino Tel. 011/812.55.88 – fax 011/812.57.62 SCUOLA DELL’INFANZIA “CARLO LECCHIO” Via S. Ambrogio 2 10024 – Palera – Moncalieri (To) Tel. 011/64.70.856 e-mail: [email protected] CENTRO FAMIGLIA FLORA Via S. Ambrogio 2 10024 – Palera – Moncalieri (To) Tel. 011/64.70.856 CENTRO FLORA MANFRINATI Scuola Primaria Scuola Secondaria I° grado Str. Revigliasco, 69 10024 Testona – Moncalieri (To) Tel. 011/68.10.814 – fax 011/64.73.417 e-mail: [email protected] CENTRO DI SPIRITUALITA’ Casa Natale della Ven. Flora Manfrinati 44037 Mottatonda Nuova – Gherardi Iolanda di Savoia (Fe)