OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE

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OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE
OPERA DI NOSTRA SIGNORA UNIVERSALE
TORINO - VIA S. FRANCESCO DA PAOLA, 42
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003
(conv. in D.L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, DCB Torino nr. 1/2008
Ricordando Flora
Giugno 2008
Pubblicazione Periodica
dell’Opera di Nostra Signora Universale
Fondatrice del periodico: Orsolina Prosa
Direttore responsabile: Vittoria Gallo
10123 TORINO - V. S. Francesco da Paola, 42
Tel. 011/812.55.88 - Fax 812.57.62
C/C Postale n. 31279102
e-mail: [email protected]
sito: www.istitutoflora.it
Sabato 12 aprile 2008 alle ore 11
presso il “Centro Flora Manfrinati”
di Strada Revigliasco 69 a Testona di
Moncalieri, si è celebrata la festa del
54° anniversario della morte
della Venerabile Flora Manfrinati,
fondatrice delle Scuole all’Opera
di Nostra Signora Universale.
La Concelebrazione è stata presieduta
da Mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo
di Alessandria, membro del Supremo
Tribunale della Segnatura Apostolica.
Questa pubblicazione è inviata
gratuitamente agli Amici dell’Opera
Autorizzazione Tribunale di Torino n. 3682
in data 26-7-1986
Stampa: Geda srl, Nichelino
Il presente numero è stato consegnato alle
Poste Italiane di Torino il 25/06/2008
sommario
3 RICORDANDO FLORA
5 FLORA, DONNA DI FEDE MATURA
11come in un film
12 Walter ferrarotti
14la mia vocazione è questa ...
16chi è vincente
18 pensieri sulla venerabile flora
21docente d'amore: flora manfrinati
23et exaltavit humiles
25il prof. ferrarotti nel ricordo ...
26come la venerabile IL PRESIDE VOLEVA ...
28dialoghi di ca' civrai
29 scuola che vive
30 saluto degli allievi
31compagno di scuola
32 scuola e alunni di ieri e di oggi
34un regalo di natale
36 so perché faccio
38una vita dedicata all'educazione
39gli inizi dell'opera
40uomo aperto al dialogo
41 per walter ferrarotti
42ecco la scuola di domani
43dialogo e confronto
44la scuola: ambiente, educazione, ...
45il mio maestro
46l'adulto deve giocare spesso ...
In copertina: in cordata a Ca' Civrai (Valli di Lanzo - TO)
dopo le fatiche dell'anno scolastico
è
stato un giorno di festa per gli allievi delle scuole dell’Opera e per
tutti gli Amici, Aggregati, che, nel
passato o nel presente, sono entrati
sotto la protezione della Venerabile.
Flora, “docente d’amore” come è stata
definita dal Centro di Cultura e di Studi
“Giuseppe Toniolo” di Torino, è modello delle Educatrici Apostole dell’Opera
da Lei fondata. Flora è sempre presente
e attuale: attuale è il suo modello educativo, incentrato sulla persona e sulla sua formazione umana e cristiana;
è sempre presente perché insegna ad
Venerabile Flora Manfrinati
Fondatrice Educatrici Apostole - Opera di Nostra Signora Universale
* Mottatonda Nuova (Ferrara) 8.7.1906 † Torino 12.3.1954
Il suo stile:
“La mia vocazione è questa:
lavorare nel campo e sparire nell’ombra”.
Il fondamento spirituale: “L’abbandono in Dio dà forza”.
“Più che affanno abbiate fede”.
La dimensione:
“Il mondo è la mia patria e tutti sono miei fratelli”.
PREGHIERA
Padre santo e misericordioso, tu hai rivelato alla nostra
sorella Flora Manfrinati la speranza che germoglia dalla croce
e l'hai sostenuta nell'unire a Cristo Crocifisso le sue molteplici
sofferenze per dedicarsi generosamente all'apostolato.
Per intercessione della Vergine Maria, invocata come
Nostra Signora Universale, effondi su di noi l'abbondanza
dei doni dello Spirito Santo perché ci sia dato di amare il
nascondimento operoso, di cercare la sapienza che viene
dall'alto e di riconoscere e valorizzare la dignità della donna
nella famiglia, nella società e nella Chiesa.
Concedi a noi la grazia di veder esaudite le preghiere che ti
rivolgiamo e la gioia di poter onorare la nostra sorella Flora
nella schiera dei Beati.
Per Cristo Nostro Signore.
Amen.
Pater, Ave, Gloria.
+ Giovanni Card. Saldarini
Arcivescovo di Torino
Al termine della Concelebrazione,
i bambini della Scuola dell'Infanzia
salutano con un canto
sulla Speranza
Uniti per raccogliere una testimonianza
amare attraverso l’amore.
Esercitando
l’apostolato
e nell’educazione delle
giovani, Flora era esigente per il
bene, ma sapeva aspettare e non
scoraggiava
nessuno; disse a proposito di una diciottenne che
frequentava la scuola serale, giudicata
troppo provocante con i compagni di
scuola: “Tutti i fiori hanno le loro caratteristiche; sarebbe un errore e un’impossibilità il voler cambiare colore e
forma alla corolla, mentre si può raddrizzare lo stelo e togliere gli eventuali
petali brutti. Così nella gioventù non
si devono soffocare e livellare i temperamenti e le attitudini, ma correggere
le abitudini pericolose…”. Da questo
piccolo esempio si può capire quale
sia il modello educativo delle scuole
dell’Opera, che si distinguono per una
Flora, donna di fede matura
Sabato 12 aprile scorso, la grande famiglia dell’Opera di Nostra Signora Universale si è riunita per celebrare il 54° anniversario del sereno transito della Venerabile Flora Manfrinati.
Ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica S.E.R. Mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo di
Alessandria. Condividiamo la ricchezza della Sua Omelia con i nostri Amici e lettori.
L
identità forte, per lo stile che la Venerabile ha incarnato in sé e trasmesso,
uno stile fondato sulla centralità della
persona, sull’importanza di educare istruendo, su ideali cristiani quali
l’amore e il rispetto per la vita.
Chi crede al Vangelo, tenta di viverlo;
di fronte alle difficoltà della vita il cristiano non si arrende, ma lotta. Flora,
così fragile nella salute, ma forte dello
Spirito di Dio, ci insegna ancora oggi
ad avere il coraggio di testimoniare
dentro il vissuto concreto delle nostre
realtà quotidiane.
Sabato 12 aprile, nel ricordo della morte
della Venerabile Flora, abbiamo pregato affinché il nostro
operato rispecchi le linee educative da Lei trasmesseci, che
altro non sono che il progetto
di Dio, come Lei stessa disse
a chi dubitava della continuità
della sua Opera.
Prof.ssa Marika Avagnina
Preside Scuola Secondaria I° grado
e letture, che sono state proclamate in questo sabato del tempo pasquale, se avete notato,
apparentemente sembrano in contrasto. Nella prima lettura, infatti, come
abbiamo sentito, Pietro, ormai pieno
di Spirito Santo, non solo imita Gesù
nell’annuncio della Buona Novella, ma
lo imita anche in quei segni prodigiosi,
con cui Gesù aiutava a leggere la misericordia del Signore e ad aprirsi ad accogliere l’inviato dell’Altissimo; Pietro,
secondo la promessa di Gesù, ha questo dono di guarire gli infermi e addirittura anche di “risuscitare” quella giovane che tanto bene faceva nella Chiesa
primitiva. Una Chiesa che guarisce, che
“risuscita” i morti; certamente diversa
da quelle parole, che hanno aperto il
brano del Vangelo, in cui i discepoli di
Gesù, non i nemici, ma
i suoi discepoli, dicono: “Questo linguaggio
è duro…” e molti si tirarono indietro – dice
Giovanni – e non lo seguirono più”.
Il Vescovo, Mons. Giuseppe Versaldi
e il cerimoniere Don Giampaolo
Orsini con il gruppo dei pellegrini
provenienti da Alessandria,
accompagnati da Aldina Furlan,
bambina ai tempi di Flora
Allora da una parte c’è una Chiesa
che sembra trionfante: certamente, chi
vede i propri cari guarire, chi vede addirittura risuscitare i morti, non può che
accorrere ad una Chiesa così; dall’altra
questo discorso di Gesù appare “duro”
e sembra invece allontanare la gente;
come mettere dunque insieme queste
due pagine, che sono tutte e due ispirate? Ecco, dobbiamo collocarle nella
pedagogia del Signore, che ci chiama
alla fede: questa all’inizio è debole, immatura; ma poi, come il seme che diventerà albero, deve crescere fino alla
maturità. Questo è l’insegnamento
che Gesù ci dona con i Suoi gesti e le
Sue parole. Accorrevano da Lui le folle,
quando guariva gli infermi, risuscitava i
morti, moltiplicava i pani: eventi strepitosi! Pensiamo, con le crisi che ci sono
I Sacerdoti concelebranti: Mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria, Don Giampaolo Orsini,
Parroco di Castelceriolo (Al); Mons. Italo Ruffino; Don Michele Pellegrino, parroco del Santuario
Madonna degli Angeli; Don Raffaele Dinicastro; Don Roberto Zoccalli, parroco di Palera;
Padre Bertolino Giovanni, Superiore della Chiesa di S. Domenico in Torino; Diacono Rossi Felice
di Alessandria e Accolito Pietro Scabbia di Ferrara.
anche oggi, a quale consenso avrebbe
la Chiesa, se riuscisse a risolvere il problema della fame, delle malattie e della
“durata della vita” nel mondo!
Infatti, questi “miracoli” di Gesù,
come quelli di Pietro, come quelli che
ogni tanto ancora oggi, attraverso l’intercessione della Madonna e dei Santi,
Dio compie, sono “segni” per aiutarMons. Giuseppe Versaldi spiega le letture
del giorno cogliendo la testimonianza di Flora,
con una profonda e intensa Omelia
ci a crescere nella fede. Gesù, con la
moltiplicazione dei pani, ha sfamato
quella folla che l’aveva seguito e non
aveva da mangiare. Ma questo gesto è
l’annuncio di un altro pane, che non è
per il corpo, ma per lo spirito, che aiuta
non solo a vivere qualche anno in più,
perché, quelle persone guarite o “risuscitate”, come lo stesso Lazzaro,che
era già nel sepolcro, poi sono di nuovo
ritornate alla terra, perché la vita naturale è limitata, anche se qualcuno oggi
sventola il mito dell’immortalità, attraverso le tecniche e le scienze.
C’è però una vita eterna, un bene
superiore al pane materiale: “Io sono
il Pane – dice Gesù – chi segue me, chi
si nutre della mia Parola, ha la Vita Vera
… perché Io sono la Via, la Verità e la
Vita”. Ma per la gente questo discorso
è “duro”; infatti il passaggio dal pane
per il corpo a quello dello Spirito indica la conversione del cuore, il superamento della nostra logica, l’abbandono
fiducioso al Signore che, per il nostro
bene, prepara per noi non solo giorni
lunghi in questa vita, ma i giorni del-
l’eternità, dove siamo chiamati a
vivere in comunione con Lui.
Questo discorso: “Io sono il
Pane di vita” esige la crescita da
una fede immatura, umana, debole, a una fede matura e piena,
che significa: “Signore, mi fido
ti te, perché ti ho conosciuto
come l’amore che mi ha creato
e mi ha redento”. Questo passaggio è “duro”; infatti “molti
– dice l’evangelista – si allontanarono”. Ma Pietro, anche lui un
debole, che ancora rinnegherà il
Maestro, in questo momento,
ispirato dallo Spirito Santo, alla
domanda rivolta da Gesù agli
Apostoli: “…volete andarvene anche
voi?” risponde: “Da chi andremo, Signore? Tu solo hai parole di vita eterna,
tu sei il Santo di Dio”. Ecco la professione di fede di Pietro, un pescatore,
un uomo semplice, che avverte il
limite della propria ragione e che
c’è qualcosa che supera la sua
mente; perciò si affida a Colui che
ha “parole di vita eterna”.
Questa è la fede matura, non
un’adesione ad un’idea, a una
dottrina, nemmeno semplicemente ad una morale, a ciò che è
bene o a ciò che è male compiere,
ma la nostra fede cristiana è un
abbandono alla persona di Cristo,
che ci rivela che Dio Padre è Amore e che ha, nel mistero che noi
non possiamo comprendere fino
in fondo, un disegno di amore per
noi. Perciò Pietro dice: “Signore,
io non so dove tu mi porti, ma
mi fido di Te”. Quando invece,
durante la passione Pietro voleva
Gruppi di famiglie portano le offerte all’altare
portare il Signore da un’altra parte, lo
ha rinnegato.
Le letture odierne, quindi, entrambe
incentrate sulla fede, ci permettono di
cogliere una testimonianza, un esempio di fede matura nella Venerabile Flora Manfrinati, la cui vita, spesa davanti
agli occhi di tutti, ci aiuta ad approfondire la nostra fede.
Vissuta come vera cristiana in tempi
non facili, Flora ha precorso di parecchi
anni la direttiva del Concilio Vaticano II
sul ruolo dei laici in ambito ecclesiale,
sull’essere essi Testimoni di Speranza.
Dalle persone che l’hanno conosciuta e la lettura dei numerosi documenti, che mi sono stati offerti, ho
colto in Flora una triplice testimonianza. Innanzitutto Flora è donna di fede
solida e matura: la sofferenza che l’ha
segnata sin dall’infanzia e per tutta la
vita in forme diverse, poteva diventare,
per una fede immatura, piccola, debole, un motivo per allontanarsi da Dio;
l’esperienza della sofferenza è dura,
“come può Dio, se è buono – questa è
la logica umana – permettere il male?”
Quante volte sentiamo e diciamo anche noi così! Invece Flora ha sentito
la sofferenza come gesto d’amore in
unione con Cristo, partecipazione alla
salvezza del mondo.
Donna di fede matura, Flora prende la sua croce e la ama perché, dice
Gesù: “Il mio giogo è leggero”: attraverso la Croce si compie la salvezza.
Come era necessaria la passione
per giungere alla gloria del Risorto,
così era necessaria per Flora la sua
croce, perché potesse giungere oggi,
in attesa di altri passi, a questa gloria
di Venerabile.
“L’abbandono – diceva – è il sorriso
più bello che possiamo dare a Dio”. Il
suo rapporto di fede, infatti, non è
adesione ad una dottrina, né ad una
istituzione e nemmeno ad un gruppo
di appartenenza, ma è un rapporto personale, di amore e di abbandono.
La seconda testimonianza che ho
colto, leggendo e ascoltando, riguarda
Flora come donna di sincera carità. Anziché ripiegarsi su se stessa a piangere
sulle sue sventure, lei si è aperta agli altri, si è data ad un apostolato intenso,
mirato specialmente alla formazione e
all’educazione delle giovani, che a loro
volta potessero essere educatrici di altri giovani e di altre giovani, nel cam-
I bambini della Scuola
dell’Infanzia, seduti ai
piedi dell’altare, con i
loro cappellini bianchi
po difficile della scuola
e della formazione. In
maniera preveggente rispetto ai tempi, ha promosso e sostenuto il carisma della donna nella
Chiesa, con una partecipazione attiva all’opera
stessa dell’apostolato; ha avuto anche,
nella sua umiltà, l’illuminazione di dire
che bisognava dare continuità a questo
suo dono ricevuto dall’amore del Signore, istituendo ed assicurando dopo
di sé un’Opera, che ha voluto chiamare: Opera di Nostra Signora Universale,
efficace e stabile nel tempo. Ha affidato
tale missione soprattutto a delle donne
come lei e l’ha posta sotto la protezione della Donna che è la prima discepola del Signore, Maria, Madre della Chiesa; in particolare ha elevato a dignità di
vero apostolato l’opera educativa della
scuola, con le Educatrici Apostole: il
fattore educativo, questo mi ha colpito, è visto come apostolato. “Apostole”
sono le Educatrici che Flora incoraggia
ancora dicendo: “Non temete, pochi
con Dio faranno di più di molti senza
Dio”. Così, senza polemiche, Flora sottolinea il fondamento di ogni processo
educativo: messaggio di particolare attualità ai giorni nostri, in cui la scuola
incontra tante difficoltà ed opposizioni, nella cultura della nostra Italia così
laica da non favorire istituzioni come
questa, che sono un bene non solo per
la Chiesa, ma per tutta la nazione.
Infine, per le Educatrici Apostole è
sempre presente la “vocazione” di Flora: “lavorare nell’ombra”, lavorare cioè
per il Regno di Dio, in risposta all’amore di Dio.
Come terza ed ultima sottolineatura, Flora è donna di sicura speranza, di
quella virtù eroica di cui il Papa parla
nella lettera-enciclica “Spe salvi”, virtù
che si fonda sulla fede, cioè sulla certezza di ciò che Dio ci riserva nel suo
Amore, quella virtù che ci fa riverberare
la luce del futuro nel presente; il futuro
è certo, il presente senza questa luce
certa, che viene dal futuro, diventa insopportabile. Come Flora poteva sopportare non solo le difficoltà fisiche, le
sue malattie, ma anche le prove morali,
i contrasti, le difficoltà che del resto tutti
incontriamo nella vita, senza realizzare
pienamente in lei questa speranza?
Il Papa dice appunto: “La speranza
rende possibile e sopportabile il presente, perché abbiamo certo il futuro,
siamo certi di arrivare alla gloria”. Allora sopportiamo, come Flora, anche
nel presente, difficoltà e sofferenze,
unendole a quelle di Cristo. E l’unione di Flora con Dio aveva il suo centro
nell’Eucarestia. “La mia casa – diceva
– è ovunque si trovi un tabernacolo”.
10
L’unione con il Signore nell’Eucarestia
le faceva dire: “Le sofferenze, i travagli, le prove e le difficoltà, i dolori e gli
affanni sono tanti ponti sui quali dobbiamo passare per raggiungere l’altra
sponda della vita, la vita vera che ci garantisce la gioia senza fine”: Lei aveva
già gettato il ponte nella vera vita. Così
sofferenze, croci e travagli diventavano
per Flora motivo di speranza per sé e di
carità verso gli altri.
In conclusione, dunque, noi dobbiamo quest’oggi, ricordando la sua morte che per lei e per noi cristiani è un
ingresso – come lei diceva – nella vera
vita, essere riconoscenti al Signore per
il dono di Flora alla Chiesa, ricordando
che ogni Santo, che ogni cristiano che
testimonia, è solo una scintilla di quella luce del Cristo Risorto, che illumina
il mondo come nella liturgia della notte
santa e di Pasqua.
Allora celebriamo questa Eucaristia
come rendimento di grazie al Signore
per il dono della Venerabile Flora, chiamati, sono sicuro, per intercessione
sua, a seguirLa come modello esempla-
re. I Santi come Flora sono testimoni di
speranza e noi siamo chiamati a raccogliere la loro testimonianza, sapendo
che abbiamo a disposizione gli stessi
mezzi, cioè l’Eucarestia, la devozione
alla Madonna, la contemplazione e la
riflessione sulla Parola di Dio; sapendo
che da soli nulla possiamo, ma anche
che nulla è impossibile a Dio.
Concludo citando una frase che
deve essere di conforto soprattutto a
coloro che hanno raccolto il carisma
di Flora e sono chiamate a continuarne l’Opera in mezzo alle difficoltà, che
non sono certamente minori di quelle ai tempi della Venerabile: “Quando
non potrò più strappare doni da Dio in
terra, - dice Flora - andrò in cielo, ma
mica per lasciarvi!”
Ecco, Flora non ha lasciato l’Opera
da Lei fondata; dal cielo, più vicina a
Dio ed a Maria, Regina dell’Universo,
che ha tanto amato e invocato, ci incoraggia per portarci al Signore, in comunione con Lui, da Cui deriva ogni
nostra forza, ogni nostro Bene.
Il maestro Aldo Di Bisceglie e il coro degli allievi delle Scuole all’Opera
Come in un film
S
ono vent’anni circa che conosco la
bella storia di Flora! Fu Pietro Canella,
che era nella stessa Ditta dove io lavoravo, a suggerirmi di fare il primo pannello
a Nostra Signora Universale, e fu contento
quando gli presentai il lavoro finito.
- Don Fernando sarà certamente felice! – Mi
disse ringraziandomi – E sarà una sorpresa
anche per le Apostole di Torino! –
Quindi, con l’invito a Torino per la Concelebrazione della Santa Messa per Flora Manfrinati, sono iniziati i nostri incontri.
Ed ora mi ritrovo qui, assieme a tre amici
di Maranello: Almerina, Maria e Luciano, tutti
affascinati dall’Opera di Nostra Signora Universale e dalla vita di Flora. Non è con noi,
questa volta, Don Fernando, convalescente
da un delicato intervento, ma è come se ci
fosse, perché tutti lo nominano ricordandolo
con affetto.
Mentre la Concelebrazione prosegue,
presieduta da S.E.R. Mons. Giuseppe Versaldi, mi pare di vedere, come in un film, questi
vent’anni, con tutto quello che la vita porta
con sé. Il giovane Maestro Aldo Di Bisceglie
guida il coro degli allievi con l’Alleluia: - Cantate al Signore con gioia, grandi prodigi ha
compiuto, cantateLo in tutta terra! - E penso
agli anni volati con le nostre storie quotidiane: i primi passi nel mondo, le fatiche per
trovare il lavoro, poi la gioia per l’impiego
sicuro; l’amore della famiglia con una sposa
adorabile e coi figli, vive speranze per il futuro; gli spassosi raduni tra amici; i canti sublimi di Don Fernando; gli amici che ti danno la
mano mentre si recita il Padre Nostro; l’intima preghiera a Flora, perché ci guidi nelle
scelte del mondo.
Toccanti pellegrinaggi. Storie di pochi
giorni in comunità, ma di una intensità spirituale che trascina e dà coraggio. Amici tutti e
preghiere per tutti.
Nella gioia del “Sanctus”, nel dono Eu-
caristico dell’Emanuele, Dio in mezzo a noi,
che placa i nostri timori, fugando dubbi ed
ombre, ci sentiamo tutti uniti in Flora, che ci
sorride ed abbraccia, asciugando le lacrime
delle trascorse pene e, con la sua volontà forte e vibrante, ci invita a non abbatterci, perché il “giogo” della Croce di Cristo è “lieve”.
Un arcobaleno di luce è il sorriso dei
bambini che chiudono in coro la Concelebrazione: rifiorisce in noi la candida ingenuità
dell’anima e quell’adesione spontanea, profonda e totale al richiamo materno di Maria
che ci vuole buoni, cooperatori di pace, testimoni d’Amore nel mondo.
Tra quattro gocce di pioggia e barlumi
di sole, ci avviamo al grande rinfresco che
ci “prepara”, quasi sazi, al ricco e gustoso
pranzo.
La candida tomba di Flora è l’ultima tappa del nostro pellegrinaggio: è tutta un inno
d’amore la vita della Venerabile; tutto il mondo va in cerca d’amore e Flora, che guarda
in alto e che anche nella prova sussurrava:
- Che tristezza se non posso cantare mentre
soffro – ce ne indica la via.
Flora, che trovava il sorriso anche tra le
lacrime, ci accompagna nel viaggio di ritorno, con i canti di Almerina, con la preghiera
del Santo Rosario. “Ave Maria … prega per
noi … adesso e nell’ora della nostra morte”: il
viaggio continua … e non dobbiamo spaventarci se lungo la strada qualcuno ci deve salutare … nulla andrà perduto … ci ritroveremo
certamente e godremo di una gioia che sulla
terra non avremo mai e poi mai provato…
Grazie, Flora! Il nostro cuore canta
con te!
Nando Busati
Aggregato dell’Opera
11
Dedichiamo questa parte de “L’Albero” al nostro Preside, il Prof. Walter Ferrarotti, mancato improvvisamente il 16 dicembre 2007 all’età di 72 anni. Fu
già Lina Prosa, la prima Direttrice dell’Opera di Nostra Signora Universale,
a chiamare, nel 1968, lo stimatissimo Walter Ferrarotti all’Istituto Flora per
i Corsi autorizzati dal Ministero della Pubblica Istruzione quale docente per
la formazione e l’aggiornamento delle Insegnanti delle Scuole Materne ed
Elementari. A quel tempo, infatti, in Torino, presso il nostro Istituto si sono
attuati i primi corsi sperimentali di Insiemistica sotto l’egida del Ministero
della Pubblica Istruzione. La preziosa collaborazione del Prof. Ferrarotti è continuata negli anni con il nostro Istituto quale insegnante di Filosofia e poi,
dal 1998 al 2007 in qualità di Preside del “Liceo della Comunicazione”, ruolo
che ha svolto con competenza e intuizione fino a pochi mesi prima della sua
scomparsa.
12
Il Prof. Ferrarotti è sempre stato una figura di riferimento
nell’ambito dell’educazione, anche perché sapeva cogliere
dal carisma della Venerabile Flora Manfrinati la sua
pedagogia più attuale, la trasmetteva agli Insegnanti
con particolare forza, originalità, facendone oggetto
di riflessioni e dibattiti di grande interesse ed efficacia.
Walter Ferrarotti
N
ato il 18 maggio 1935 a Torino,
il Dott. Walter Ferrarotti visse
gli anni della sua infanzia e
fanciullezza in un piccolo comune del
Vercellese, quindi studiò a Torino, fino
a laurearsi in Pedagogia presso l’Ateneo torinese discutendo la tesi di laurea con il filosofo Carlo Mazzantini.
Dopo aver fatto per alcuni anni
l’educatore e il maestro elementare,
verso la metà degli anni ’60 passò a
lavorare presso il Comune di Torino,
dove ben presto assunse l’importante
incarico di Dirigente pedagogico dei
servizi educativi.
Di questo suo lungo e fecondo impegno pubblico rimangono, oltre al
ricordo, la stima, l’amicizia di tanti
collaboratori, alcune realizzazioni che
costituiscono ancora oggi un fiore all’occhiello dei servizi educativi torinesi.
I Centri di documentazione pedagogica e i Laboratori didattici furono sue
originali invenzioni che fece nascere e
sviluppare nel corso degli anni, come
luoghi di confronto e di proposta pedagogica, fattivamente collegati alle
sperimentazioni e all’attività educativa
delle scuole materne e dei nidi. Servizi nati per la formazione permanente,
animati da educatori ed insegnanti, da
persone pronte a coniugare l’esperienza didattica con la competenza a programmare, a sperimentare, a verificare
e a divulgare.
Ma non meno importante è stato il
suo ruolo nelle innovazioni promosse
ed attuate per favorire la cura dei bambini portatori di handicap e soprattutto
per il loro inserimento nella rete delle
scuole materne del Comune di Torino,
attuando così una strategia originale e
feconda che anticipò di alcuni anni le
riforme attuate a livello nazionale nel
settore specifico dell’handicap.
Pur preso dalle incombenze organizzative ed amministrative, il Dott.
Ferrarotti non smise mai l’impegno
di ricerca pedagogica e di divulgazione, soprattutto rivolti alla formazione
e all’aggiornamento delle insegnanti,
sia attraverso l’insegnamento, sia attraverso le numerose pubblicazioni di
testi, saggi e articoli pedagogico-didattici.
Mantenne questo incarico per ben
30 anni, fino al momento della pensione nel 1997, quando passò, per oltre
un decennio, a dirigere, come Preside,
l’Istituto Scolastico Superiore “Liceo
della Comunicazione Flora”, assumendo un forte ruolo di formazione
umana e culturale dei docenti e degli
allievi, formazione legata all’esperienza ed ai valori della vita.
Ci ha lasciato improvvisamente nei
giorni precedenti al Natale, per andare
a festeggiare una nuova nascita in Cielo il 16 dicembre 2007.
13
Il Prof. Walter Ferrarotti, in questo articolo apparso su “L’Osservatore
Romano” il 4 marzo 2001, riflette sullo stile della Venerabile Flora Manfrinati
alla luce delle “provocazioni” dei nostri tempi.
“La mia vocazione è questa: lavorare nell’ombra”
14
“La mia vocazione è questa: lavorare nell’ombra”. Sembrano parole dette e scritte non si sa quando: fuori del tempo, in
nessun tempo se si guarda al tempo della
storia raccontata, scritta nei testi che si
studiano.
Sono parole che oggi provocano anche
un senso di fastidio perché portano fuori
da un mondo che esalta la competizione,
la persona di successo, i vincenti, coloro
che “appaiono”. Gli “altri” non esistono,
se non come piedistallo o sfondo a chi è,
anche solo per un istante, monumento.
Il personaggio anacronistico a cui appartiene la citazione iniziale è la Venerabile
Flora Manfrinati.
Nacque a Mottatonda Nuova (FE) nel
1906 e morì a Torino nel 1954. Fu anima
di sofferenze fisiche e morali eccezionali,
di profonda carità, di fede travolgente, di
umiltà e nascondimento a tutta prova, di
eroica fortezza cristiana, di attività continua nella vita ordinaria e di apostolato. Fu
proclamata Venerabile il 12 gennaio 1996
da parte di Sua Santità Giovanni Paolo II°.
Non ebbe né maestri, né scuola, né
istruzione di questo mondo, ma fu sapientissima nelle cose di Dio e abilissima
nelle attività umane.
L’importanza dell’istruzione
e della formazione
Intuì l’importanza dell’istruzione e della formazione della donna. Istituì con cri-
teri moderni scuole materne per venire in
aiuto a mamme lavoratrici. Si prodigò per
attivare scuole elementari, centri estivi caratterizzati da iniziative sportive, teatrali e
ricreative.
Promosse la formazione umana e professionale delle giovani, preoccupandosi
della loro sistemazione e inserimento nel
mondo del lavoro.
In mille modi aiutò genitori, ragazzi e ragazze bisognosi, malati, poveri, peccatori,
Sacerdoti, Suore, intere famiglie in difficoltà e molti istituti religiosi, dandosi tutta a
tutti senza nulla chiedere in cambio.
Fondò la famiglia delle Educatrici Apostole per arrivare a tutti i bisogni delle
anime. Morì tra indicibili sofferenze, dopo
aver lasciato tutto il patrimonio delle sue
ricchezze spirituali alle sue Sorelle in Cristo ed alle anime il 12 marzo 1954, nella
casa dove nacque l’Istituto, che Lei stessa
denominò: Opera di Nostra Signora Universale, in Torino, via San Francesco da
Paola, 42.
Questa sintesi di una vita molto intensa e feconda non vuole certamente
fornire un’immagine adeguata di questo
personaggio che è l’opposto dello stereotipo attuale della persona famosa, ma
evidenziarne una caratteristica tanto più
significativa nella sua inattualità. Infatti
Flora Manfrinati ha realizzato molto, coinvolgendo gli altri, lasciando loro il merito
delle iniziative e sopportando il peso delle
difficoltà che le iniziative stesse compor-
tavano. Non solo: ha fatto tutto superando difficoltà di ordine fisico e psichico che
avrebbero scoraggiato chiunque.
Secondo la mentalità corrente era persona bisognosa di aiuto e di assistenza.
Invece si fece persona capace di portare
aiuto agli altri e di promuovere iniziative
che le persone colte ed efficienti non sapevano intraprendere.
Tutto questo senza tentazioni di protagonismo e lasciando agli altri il compito
di far conoscere l’Opera che si stava realizzando, ma soprattutto facendo ricorso
al rapporto personale anziché ai mezzi di
comunicazione di massa che si stavano
ormai affermando come la ribalta su cui si
deve salire per avere visibilità e per essere
riconosciuti e seguiti.
Sembrerebbe, questo, un messaggio
inattuale, oggi, nel momento in cui si proclama che ad ogni messaggio deve essere garantita la massima diffusione. Ma in
questa opposizione di metodi contrari si
svela un grave limite della comunicazione
contemporanea: la persona, l’individuo
perde colore, scompare nella folla degli
utenti, dei fruitori, dei clienti, degli appartenenti a categorie “target” di coloro che
inviano messaggi. Scompare il dialogo; si
è oggetto d’attenzione solo se si risponde
a consegne precise. L’individuo è spinto
verso la solitudine della massa, che costituisce l’alternativa al successo personale;
la massa che dà base al successo senza
che le sia riconosciuto altro valore che
quello di piedistallo.
Così viene umiliata la persona mentre
Flora rivalutava l’umiltà, il lavoro ignorato
di moltissimi individui che rendono possibile la nostra vita quotidiana, il contributo umile e sconosciuto di quei tanti che
hanno tracciato strade, modellato campi,
colline e montagne, di tutti coloro che, al
di fuori di grandi organismi produttivi,
rendono la vita vivibile.
Il messaggio dell’umiltà
Il messaggio dell’umiltà, così inattuale,
è quello che riscatta la dignità della persona: che ci costringe a riconoscere che
le grandi imprese, alle quali si dà spesso
il nome di un solo individuo, sono state
possibili solo per la solidarietà e l’impegno
di tanti altri individui di cui non si ricorda
il nome; che ogni giorno sono le opere, i
gesti, i sorrisi di chi svolge il proprio ruolo
con dedizione, convinzione e affetto che
danno senso e gusto alla vita.
Umiltà: humus, la terra, che calpestiamo, che ignoriamo e che tuttavia ci sostiene e ci mantiene.
E’ ancora molto lontano il messaggio
del Cristianesimo dalla cultura pubblicizzata: all’ingresso trionfale in Gerusalemme Gesù fa seguire la lavanda dei piedi. E’ così ribaltata una scala di valori ed
anche ai discepoli riesce difficile accettare
questo stravolgimento, e le loro reazioni
vanno dalla fuga al tradimento.
Oggi tuttavia è diffusa anche una cultura che non ha posto sulle grandi ribalte:
proprio quella cultura dell’umiltà, di cui
Flora Manfrinati è esempio rilevante per
tante persone, il cui nome è conosciuto
solo da quanti incontrano direttamente,
legati nella trama dei rapporti umani.
Cultura di azioni concretamente rivolte
al bisogno, alla difficoltà, da superare
nella solidarietà.
E’ una cultura che non chiede spazi
ai giornali e alle televisioni, che non si
adombra perché è ignorata dai più e da
quelli che “contano”.
E’ cultura di religione vissuta perché
ubi caritas et amor Deus ibi est.
15
Articolo scritto dal Prof. Ferrarotti in occasione del 48° anniversario della festa di
Flora, pubblicato sul quotidiano cattolico “L’Avvenire” il 6 marzo 2003
Chi è vincente
E
ssere competitivi. E’ una parola
d’ordine sostenuta dall’immagine sorridente dei vincenti: individui determinati che esibiscono un curriculum invidiabile, eccezionale, che li
pone al di sopra della massa.
Sono anche “belli”, trasfigurati dalla
vittoria e all’ammirazione del “pubblico” a cui sono proposti.
La pubblicità quando parla di loro
presenta un mondo idilliaco in cui anche le difficoltà superate scompaiono
dalla scena, suggerendo l’idea che tutti
possano essere vincenti in un mondo
disponibile a premiare lo spirito di iniziativa e la volontà di correre.
Suggestione illusoria questa, perché
sul podio salgono in pochi, mentre gli
altri sono semplicemente ignorati. E
anche il tempo della gloria di quei po-
16
Il Prof. Ferrarotti consegna il “Premio Lina Prosa” ad un’allieva che ha conseguito la maturità.
Anno scolastico 1994-1995
chi passa in fretta, perché altre competizioni si propongono per dare la possibilità ai vinti, o ad altri che non hanno
corso di farcela almeno una volta.
Non è ovviamente solo un problema di successi sportivi o del mondo
dello spettacolo. Nel mondo del lavoro (diversamente duro e competitivo
da quello dello sport e dello spettacolo) i vincitori sono meno appariscenti, ma altrettanto coinvolti in una lotta continua per conservare il potere
acquistato.
In questo clima di battaglie molti
vincenti, esaurite le forze e le risorse,
scivolano malinconicamente nel limbo
dei vinti.
E la folla immensa di questi ultimi,
ignorati da quella pubblicità che esalta
solo i vincenti, che cosa vive? Certamente l’insoddisfazione di non vedersi riconosciuto nessun valore, quando
non addirittura la disperazione di non
riuscire a soddisfare i bisogni primari.
Una società che si fonda sulla competizione produce continuamente scarti
umani, che non riescono ad affermarsi o che non reggono agli impegni
dell’affermazione.
La massa degli scontenti e dei disperati cresce in questa visione della vita,
che, dietro le immagini della attualità,
maschera il primitivo meccanismo della selezione umana, ma l’umanità potrebbe anche superare tale visione in
una prospettiva di solidarietà, che trova la sua giustificazione in un destino
eterno, in rapporto al quale si definiscono i valori e i vincitori.
In questa prospettiva così diversa
dalla competizione, tutti possono vincere e conservare qualcosa, tutti possono sentirsi realizzati.
Si dirà che è solo utopia, illusione
per chi non ce la fa. Fortunatamente
non è così. Ci sono personaggi di questa utopia, che raramente appaiono
alla luce di una ribalta, ma che vale la
pena di richiamare di tanto in tanto,
per constatare gli effetti della loro opera, ispirata alla solidarietà, più duratura
nel tempo della fama dei vincenti.
La Comunità dell’Opera di Nostra
Signora Universale festeggia la Sua
Fondatrice, la Venerabile Flora Manfrinati, che ha avuto risorse e seguito un
cammino fuori dei canoni dei personaggi vincenti.
Colpita da un gravissimo infortunio
dall’infanzia, sempre sofferente, impossibilitata a seguire un qualsiasi corso di studi, diventa persona capace di
fondare e gestire istituzioni educative
ed assistenziali, non sottraendo spazi ad altri come fanno i vincitori delle
competizioni, ma creando spazi in cui
altri possano trovare la loro ragione di
vita.
Così, quella che la società dell’essere
competitivo avrebbe addirittura escluso in partenza dalle gare, perché non in
possesso dei requisiti minimi per parteciparvi, diventa personaggio di fama
più duratura di quelle proclamate con
tante immagini di vittoria, perché ha
dato vita ad un “albero” che cresce al
di là del tempo della sua vita nella vita
di tanti altri che vogliono “vivere”.
17
Nel giugno del 2003, in seguito alla pubblicazione della nuova biografia di
Flora Manfrinati, scritta da Giovanni Raminelli, il Dott. Ferrarotti ci lasciò
le sue riflessioni sulla vita dei Santi.
Venerabile
La vita "inimitabile" dei Santi
Pensieri sulla
A
18
Flora Manfrinati
che cosa servono i Santi?
Certamente a raccomandarci
presso il Padreterno quando li
invochiamo per risolvere i nostri problemi più gravi, vista l’attenzione privilegiata che il buon Dio ha avuto per
loro, in certi casi fin dalla nascita, come
documentano le biografie. Infatti eventi prodigiosi, capacità eccezionali, apparizioni di Gesù e della Madonna caratterizzano tutta la vita di qualcuno di
loro, ponendoli subito in una posizione
diversa da quella degli altri mortali.
Il caso che mi ha fatto porre l’interrogativo di apertura e le considerazioni successive è quello della Venerabile
Flora Manfrinati, vissuta tra il 1906 e il
1954, che le biografie ci presentano con
quei caratteri di eccezionalità da suscitare stupore, ammirazione, ma anche,
ad esser franchi, un senso di disagio.
Un corpo piagato in modo orribile dall’infanzia, con sofferenze destinate a
durare fino alla morte: anche dopo che
le piaghe, scomparse miracolosamente
alla vista, “per non far soffrire gli altri”,
sono rimaste sotto pelle a tormentare
Flora; incomprensioni, distacco e trattamenti “spartani” da parte di parenti;
impossibilità di frequentare una scuola
(tanto desiderata da far diventare Flora
autodidatta capace di insegnare a chi a
scuola ci andava); invidia e gelosia per
la capacità di comunicare e realizzare
al di là da ogni ostacolo, e calunnie
sopportate in silenzio fino allo svelarsi
della verità anche dopo anni. A questi
motivi di dolore profondo fanno da
contrappeso visioni della Madonna
che le parla e di Gesù Bambino che
gioca con lei, non visto da altri, profezie avverate, eventi prodigiosi, una
fede incrollabile che le fa “volere” le
sofferenze.
E infine le opere: una vita impegnata a dare, ad “evangelizzare” con
l’insegnamento, con iniziative personali e nell’Azione Cattolica, con
incredibili capacità organizzative che
hanno portato alla rinascita di opere
religiose devastate dalla guerra e dalla mancanza di risorse umane e materiali, all’istituzione di opere nuove,
fino alla fondazione della Famiglia
delle Educatrici Apostole dell’Opera
di Nostra Signora Universale.
E di qui l’espandersi di una realtà che ora comprende in provincia di
Torino una scuola elementare, una
scuola media, un centro sportivo,
un liceo della comunicazione, una
scuola materna, un centro famiglia
per bambini con meno di tre anni,
un centro operativo per la formazione professionale e corsi di aggiornamento, una casa per stage, incontri
formativi e vocazionali, un convitto
universitario e, a Mottatonda Nuova,
in provincia di Ferrara, dove Flora è
nata e ha vissuto la sua giovinezza,
un Centro di spiritualità. Una pubblicazione periodica, “L’albero”, illustra
Il Prof. Ferrarotti alla Concelebrazione del
49° anniversario della Venerabile Flora Manfrinati
le iniziative dell’Opera e dei suoi Aggregati ed amici.
Ho detto, sopra, di provare un senso di disagio di fronte ad una vicenda
che si è svolta in termini che non sono
di questo mondo. Vien da chiedersi,
infatti, in che senso un simile modello
di santità possa incontrarsi con la vita
della maggior parte delle persone, che,
fortunatamente, non è tormentata da
così grandi sofferenze, ma che, tuttavia, non ha neppure nessun segnale diretto, personale, da un Soprannaturale
a cui sia incoraggiata a credere.
L’attuale Pontefice insiste molto sulla possibilità di accedere alla Santità,
dimostrando con le numerose elezioni
agli onori degli altari che le vie e i modi
sono innumerevoli e non necessariamente segnati da eventi straordinari.
In altri termini, i santi possono darci
molto di più con il loro esempio che
con i miracoli, assai meno numerosi
delle invocazioni che li sollecitano.
Ma come leggere, allora, biografie, come quella della Venerabile Flora
Manfrinati, dove lo straordinario è quasi una costante e dove la perfezione
morale non è mai offuscata da nessuna
ombra di peccato?
Il Cristianesimo non è conservazione: è scommessa, col sostegno della
Fede in una Promessa di vita.
Nella vita di Flora ciò che è più significativo per noi è stata la sua volontà
di “avventurarsi” per ogni strada o sentiero dell’evangelizzazione. Ha cercato
instancabilmente di portare la “parola”
ad ogni persona: bambini, adulti, persone sole e personalità, laici ed ecclesiastici, istituzioni, senza preoccuparsi
del successo, anzi, ritirandosi nell’ombra, ad ogni impresa andata a segno.
La società contemporanea proclama
la necessità di competenze e risorse.
Il che è razionalmente corretto per le
imprese che si propone. Ma così facendo provoca spesso emarginazione
e inerzia in quanti non dispongono di
capacità adeguate e non sono aiutati
a svilupparle.
Flora, esclusa dalla scuola e dalle
istituzioni, minata nella salute, impiega tutta l’intelligenza che ha e si lancia
in avventure, sull’esito delle quali nessuno scommetterebbe. Le avventure
sono il modo per superare i numerosi
handicap. La fede e la preghiera sono
i mezzi dell’avventura. Nessun ripiegamento sconsolato sui propri mali,
nessuna richiesta di compatimento e
di sostegno, ma l’audacia di dare ciò
che rimane di sé. E’ questa una strategia umana di quanti hanno amato
e amano l’avventura. “Adventura”: lo
sguardo, i pensieri, l’azione al futuro.
Ci sono tante e diverse avventure
possibili: alcune sono per la vita, altre
solo per chi le vive. In ogni caso occorre
19
20
aver fede, credere che quel futuro, che
non si conosce ancora, è aperto anche
a chi vuole l’avventura.
Il cristiano “deve” crederci: andate e
predicate. Dove, come, con che cosa?
A qualcuno Dio parla, ad altri ispira le
scelte. Gli esiti sono diversi, ma questo
è giusto, perché quel Dio, che crea un
universo che va incessantemente differenziandosi, evidentemente non vuole
l’uniformità e provoca e favorisce cambiamento e diffusione di vita, nei modi
più imprevedibili alla logica umana.
La disponibilità di Flora all’avventura al di là di ciò che sarebbe ragionevole proporsi secondo la mentalità delle
istituzioni chiuse, laiche o religiose, è
un richiamo esemplare allo spirito del
Vangelo, che vuole fondare una società
che aspiri alla solidarietà, tanto difficile
da realizzare perché mette in discussione i privilegi, giustificati da una competizione in cui rivive l’anima di Caino.
La ricerca instancabile del Regno di
Dio, nel dialogo, nel lavoro, nella disponibilità, in una dimensione molto umana hanno reso credibile Flora ai suoi
simili, assai più degli aspetti e degli
eventi straordinari su cui si soffermano le biografie e che possono diventare
l’alibi per chi nasconde i talenti, non
godendo di un rapporto confidenziale
con Dio e la Madonna, come si racconta di Lei.
Degli eventi prodigiosi Gesù ha fatto un uso parsimonioso, dando a pochi
la testimonianza del più grande, ossia
della Sua risurrezione, escludendo addirittura quei potenti e quella piazza
che l’avevano condannato, a cui la logica umana l’avrebbe esibito prima che a
tutti gli altri.
C’è chi ha scritto, commentando
il numero di Beati e Santi proclamati
dall’attuale Pontefice, che si tratta di
un’operazione destinata ad incrementare il turismo religioso, con una ricaduta economica non del tutto trascurabile
per le casse del Vaticano in difficoltà.
Se fosse vero, si tratterebbe pur sempre di “pubblicità-progresso” per i modelli positivi che propone, a fronte del
giornalismo che si regge enfatizzando
nelle prime pagine delitti e sventure di
ogni genere.
Ma, al di là di ogni più o meno felice
considerazione sulla funzione pubblicitaria delle Beatificazioni, vale forse
la pena parlare degli aspetti umani e
“rivoluzionari” della santità, liberandola dagli onori degli altari, dove appare
inarrivabile e con l’unica funzione per
molti devoti di ottenere da Dio quei favori che altrimenti sarebbero negati.
La Venerabile Flora Manfrinati potrebbe offrire spunti di riflessione importanti con la sua breve esistenza,
segnata da sofferenze mai ostentate e
da eventi prodigiosi, conosciuti dai più
solo nelle biografie, ma protagonista di
una grande avventura umana e artefice
di realizzazioni, di cui solo ora si delinea la portata.
A sentire chi l’ha conosciuta, ciò che
può sorprendere non sono gli eventi
prodigiosi che compaiono nelle sue
biografie, ma la determinazione con
cui ha perseguito le sue scelte avventurose, non suggerite né sostenute da
un apparato istituzionale.Vissuta al di
fuori delle istituzioni, alla fine ne ha
creata una, l’Opera di Nostra Signora
Universale, che è andata espandendosi in scuole di ogni grado, in centri di
formazioni e spiritualità e in una rete
di rapporti con persone ed enti, di cui
offre testimonianza una rivista, l’Albero, felice metafora di chi sa trasformare
ciò che è alla portata di tutti (terra, aria
e acqua) in vita indispensabile a tutti.
Durante gli incontri “Docenti d’Amore”, organizzati dal “Centro di Cultura e
Studi Giuseppe Toniolo” sui Santi sociali a Torino il 21 aprile 2006, il Prof. Walter
Ferrarotti ha presentato il metodo educativo della Venerabile Flora Manfrinati.
Docente d'amore: Flora Manfrinati
F
lora Manfrinati, quasi analfabeta,
ha creato un sistema educativo
su cui tutti noi riflettiamo.
Non ha assolutamente teorizzato nulla, ma merita un posto nella Storia della Pedagogia, perché, se la pedagogia
è scienza dell’educazione, riguarda la
vita, tutta la nostra esistenza. E Flora
può essere collocata nella realtà di una
pedagogia totalizzante come quella dei
Gesuiti che, in Sud America, hanno
tentato la realizzazione di una società
cristiana che investe tutti gli aspetti e
tutti i momenti dell’esistenza, o come
i kibbutzim israeliani, in cui tutte le
componenti sono fortemente integrate
in una prospettiva storico-culturale-religiosa. Perciò Flora è stata oggetto di
una Tesi di Laurea, all’Istituto Superiore di Scienze
Religiose per la
sua azione educativa, comparata a
quella di San Giovanni Bosco e del
Beato Faà di Bruno; i Suoi principi,
infatti, informano
il Progetto Educativo di tutta l’Opera da Lei fondata.
Ciò che caratterizza la figura e la
vita di Flora è la Fede, che le ha permesso di accogliere le sofferenze fisiche fin dall’infanzia senza vittimismi
né ostentazioni e di superare il tormento donandosi tutta agli altri, al fine di
“curare i corpi per salvare le anime” .
Docente d’amore legittima con l’amore ogni pensiero ed ogni azione. Di qui
scaturiscono la sua determinazione e
il suo coraggio che Le permettono di
superare quei limiti posti dal rispetto
umano, che frenano gli slanci di molti
educatori e impediscono loro di accettare quanti si trovano oltre tale soglia.
Flora insegna a “vivere” intensamente il presente, guardando al futuro,
alla meta, con “gli occhi al cielo” ma “i
piedi sulla terra”.
Quello che manca
in molti di noi è
questa dimensione,
che è una tensione
essenziale dell’esi-
Il Preside del Liceo
della Comunicazione,
Prof. Ferrarotti, alla
giornata di Studio
organizzata dal “Centro
di Cultura e di Studi
“Giuseppe Toniolo”
il 21 aprile 2006
21
22
stenza. Se non c’è questa tensione non
c’è vita e allora parlare della vita dove
questa manca vuol dire fare del vaniloquio, rimescolare parole memorizzate. Purtroppo gli studenti san bene che
ne memorizzano tante che restano poi
solo parole. Questo è triste. Flora insegna a riflettere, a pensare a ciò che
si fa, ad essere responsabili delle proprie azioni e scelte. Flora insegna a
superare croci e sofferenze, facendone
“scala per il suo salire” a quell’Infinito
verso il quale ella tendeva con tutte le
sue forze, (“Benedetta sofferenza che
mi sei scala per il mio salire”). Ma il
salire sempre più in alto è forza e gioia,
è il mettere a frutto i propri talenti che
ciascuno ha e ciascuno deve dire: “Io
voglio essere qualcuno, essere degno
della vita”. Non autocompiacimento
della sofferenza, quindi, ma sfidarci
per arrivare alla realizzazione piena di
sé come persona.
Flora insegna la costanza della lotta perché sentiva Dio come Amore e
quindi amava la vita, amava le cose dalle più umili, dalle piante alle persone.
L’insegnamento essenziale di Flora è in
questa adesione totale all’esistenza, in
cui tutto può e deve servire per vivere,
quando la nostra meta è l’Altro, senza
fine.
Flora insegna a porci la domanda
essenziale: “Cosa voglio fare? Perché lo
voglio? Non devo copiare un modello
che altri mi propongono, ma devo rispondere a una mia esigenza profonda: cosa, come essere umano voglio
essere, dove questo mio essere umano
va, cosa combina.
Flora insegna a godere di tutte le cose
buone e belle della vita mentre insegna
a superare momenti di insuccesso, di
tristezza, perché il grande messaggio
dell’amore è vivere al di là di ogni possibile morte. C’è nel messaggio evangelico l’idea di una Pasqua perenne e
questo vuol dire che se anche oggi ho
fatto qualche cosa di male, che mi ha
reso infelice, domani potrò nascere, se
non perdo di vista l’obiettivo che ho e
se confido in quell’amore di cui anche
io sono una piccola manifestazione.
Questi sono i messaggi importanti
che ci vengono da Flora. Flora aveva il
coraggio del vero credente: non diceva
“non si può, non ho i mezzi, non ho
le capacità, non ci sono risorse”; non
si nascondeva dietro l’impossibilità di
fare. Molti sono tentati di dire: “Non
faccio perché non ne ho la possibilità,
perché altri non vogliono”. Flora invece,
quasi analfabeta, sprovveduta e minata
nella salute in tutti i modi, alla faccia
di tutte le impossibilità, di tutte le burocrazie, di tutte le resistenze, di tutte
le contrarietà, determinata a combattere, andava avanti e riusciva a realizzare
tutto quello che noi ora ammiriamo. La
sua pedagogia è l’esistenza vissuta pienamente verso una meta chiara. Il messaggio pedagogico di Flora è l’invito a
sentirsi responsabili della propria vita.
Ciascuno di noi deve avere il coraggio
di dire: io voglio essere “quello”, e per
essere “quello che voglio essere” ce
la metto tutta, userò tutte le strategie
possibili, senza scaricare ad altri la responsabilità delle scelte e degli esiti. La
meta la indica Flora con la sua visione
cristiana dell’esistenza, che la portava
ad essere apostola del proprio agire e
che ha voluto delle apostole, cioè persone che dessero testimonianza della
possibilità e della realtà di un amore,
che va al di là di tutte le meschinità e le
sofferenze.
Apostola-docente d’amore, Flora ci
lascia il modello di una scelta responsabile, richiamo ad una realtà che deve
crescere, perché solo così si realizza veramente la nostra esistenza, nel prendere coscienza di quanto sia importante l’amore, ossia quel desiderio, quel
bisogno di unione con gli altri e con le
cose, con tutto, perché noi non vediamo Dio in faccia, ma vediamo quello
che Lui fa e sta facendo in questo mondo, noi vediamo le orme di Dio, perché
anche nelle manifestazioni più sconcertanti e incomprensibili, come ci insegna la sapienza di Giobbe, e come ci
insegna Flora con il suo amore per la
Croce, c’è il richiamo dell’insondabile
Mistero Divino.
“La mia vocazione è questa:
lavorare nel campo e sparire nell’ombra”
Flora Manfrinati
Frase di Flora commentata dal Dott. Ferrarotti
nel marzo 2007, 53° della Venerabile
Il Preside, Prof. Ferrarotti, alla festa
di fine anno scolastico 2005
“
Et exaltavit humiles
Umiltà” è la parola meno attuale
ai giorni nostri, in cui si esalta la
competizione, l’essere primi, l’essere, a qualsiasi costo e per qualsiasi motivo, agli onori della cronaca. Si
confonde l’umiltà con l’umiliazione, la
mortificazione, mentre la persona umile è una persona che dà tutta se stessa
per ciò che sente di dover realizzare, è
come la terra feconda (humus, appunto) dalla quale prendono vita tutti i viventi e sulla quale hanno le fondamenta anche le costruzioni più audaci.
In un tempo in cui l’essere famosi è l’aspirazione più diffusa, o almeno la più pubblicizzata, non si prende coscienza di quanto precaria sia la
fama perseguita come fine a se stessa
23
24
e quanto affanno costi prima di finire
inesorabilmente nel nulla.
Paradossalmente la fama più duratura, quella che addirittura cresce con
il tempo, è quella non ricercata, anzi
proprio non voluta.
“La mia vocazione è questa: lavorare
nel campo e sparire nell’ombra”. Così
si esprimeva Flora Manfrinati, Apostola laica, mentre costruiva un’Opera che
nel tempo cresce e ripropone il suo
nome a tante persone sempre più lontane dal suo tempo.
La dichiarazione di Flora è quanto di
più distante si possa immaginare dal
modo di pensare e di agire pubblicizzato oggi, perché esprime un rapporto
con il mondo ispirato da una visione
della vita in cui tutti sono chiamati a
costruire il mondo con il suo Creatore.
“Il mondo è la mia patria e tutti sono
miei fratelli”. In questa prospettiva non
si cerca di apparire, ma di fare tutto ciò
che può essere bene anche per gli altri,
con un totale abbandono in Dio, che
trasforma la bambina Flora, sofferente nel corpo e priva di scuola, in fondatrice di un’Opera, l’Opera di Nostra
Signora Universale, in cui si sviluppano
i servizi educativi a favore dei giovani e
delle famiglie.
Queste realtà si sono sviluppate
per l’iniziativa e lo spirito missionario
delle Educatrici Apostole, “sorelle” laiche che hanno condiviso e continuato
l’impresa di Flora, senza fermarsi di
fronte alle difficoltà di natura culturale, tecnica ed economica che la crescita
dell’Opera comporta. Lo spirito della
Fondatrice, si manifesta e si diffonde sia nell’affrontare la novità, sia nel
coinvolgere in forme e misure diverse
altri collaboratori laici, con i quali si rinnova il miracolo di un corpo che cresce
e si esprime armonicamente.
La mancanza di conoscenze o di
competenze adeguate e di risorse non
costituisce mai un motivo sufficiente
per rinunciare ad un progetto che sia
un passo in avanti sulla strada dell’apostolato. Gli operai della vigna del
Signore possono venire da ogni parte.
Nostra Signora Universale è una denominazione e un programma che si
traduce visivamente nell’immagine
della Vergine sotto il cui manto sono il
Vaticano e il mondo e che si sintetizza
nell’invocazione “Nostra Signora Universale, proteggi il Vaticano e attraverso il Vaticano proteggi il mondo”, dove
il Vaticano rappresenta il principio di
unità e fraternità universale.
Ci sono due linee guida dell’azione
di Flora che hanno anticipato l’evoluzione dei nostri tempi: la valorizzazione della donna, per la quale sono nati
i primi progetti educativi dell’Opera, e
l’esigenza di un riferimento sicuro in
un mondo che, nella globalizzazione,
vive un momento di grande disorientamento, nell’incontro e nello scontro tra
diverse culture.
Ad ogni passo in avanti si rinnova
comunque la meraviglia in chi sa che
Flora ha avviato il tutto senza risorse
né materiali né culturali, superando
non pochi ostacoli, posti sul suo cammino. La sua fede, la sua determinazione unite ad una profonda umiltà hanno
realizzato in lei le parole del Magnificat
tante volte recitato: exaltavit humiles.
Il Prof. Walter Ferrarotti fu Preside del Liceo della Comunicazione dell’Istituto “Flora” dal 1997 al 2007. E’ stato per lui un grande impegno di formazione dei giovani e degli Insegnanti alla luce della sua profonda esperienza
in campo educativo.
R
Il Professor Ferrarotti
nel ricordo del Vice-Preside
icordiamo il suo amore per il
dialogo, anche se acceso, con
cui ci ha spronato negli anni;
l’invito alla discussione, allo studio,
all’approfondimento considerati per il
loro significato educativo, sempre in
riferimento all’esperienza dei giovani; l’invito a ragionare con, e talvolta
contro, i ragazzi per suscitare in loro
l’attenzione alla realtà, il senso della
complessità dell’esistenza, il desiderio
di lasciare un segno nel mondo con le
azioni e le parole.
Ricordo nelle riunioni la sua capacità di ridimensionare i conflitti senza
negare i problemi, anzi chiarendoli; la
sua sintesi sottile, frutto di pazienza,
lungimiranza e intelligenza. Mi piace
pensare che abbia affinato queste qualità nelle sue passeggiate in montagna,
in città, da solo o in compagnia. Camminando si impara a resistere alla fatica, si dosano le parole nei passaggi
ardui e ci si dilunga di fronte ai panorami. Ma quando si arriva vicino alla
meta si tace, ascoltando il suono del
silenzio che scioglie la stanchezza.
Così Professor Ferrarotti, con gli
studenti andremo in montagna, secondo il Suo programma: ma non se ne
abbia a male se parleremo di lei anche
nei passaggi ardui, per poi ascoltere il
suono del silenzio, quando saremo in
vista della vetta.
Prof. Leslie Cameron Curry
Vicepreside
Il Preside Ferrarotti
illustra la mostra
“Ambiente – Natura
e Cultura” preparata
dagli allievi del Liceo
della Comunicazione
“Istituto Flora”
nell’anno scolastico
1999-2000
25
Durante i Collegi Docenti e i Consigli di Classe il Preside, Prof. Walter Ferrarotti
si ispirava e faceva spesso riferimento alla pedagogia della Fondatrice dell’Istituto.
Come la Venerabile Flora Manfrinati il Preside voleva
l’attenzione particolare alla persona, più che ai programmi
da svolgere e alle nozioni da inculcare negli allievi.
C
26
ome ogni buon dirigente, il nostro Preside, il prof. Walter Ferrarotti, guidava i nostri Collegi
Docenti all’insegna del problema della didattica e dell’insegnamento nella
specificità del nostro carisma: essere
scuola Cattolica. Ricordava infatti a noi
Docenti le origini dell’Istituto Flora, sottolineando che la scuola cattolica deve
trasmettere una cultura alternativa a
quella promossa oggi dai mass-media,
una cultura che deve dare spiegazioni
cristiane alla vita. Ci invitava pertanto
a trovare momenti di educazione tipici
della Scuola Cattolica, per dare ai giovani il senso del Cristianesimo, a cogliere
tutte le occasioni per trasmettere loro
la passione per la propria disciplina,
facendo un costante richiamo all’attualità, affinché potessero liberarsi dall’attitudine a non pensare aderendo profondamente, invece, ai valori cristiani
della vita.
Richiamava e sottolineava con particolare slancio il problema del metodo,
che suscitasse negli allievi quella curiosità e quell’interesse, necessari per affrontare lo studio con più entusiasmo e
con la convinzione che la loro applicazione non fosse una noiosa acquisizione mnemonica di nozioni, ma un valido mezzo che li aiuta a non perdere il
senso del rapporto tra mondo virtuale
e reale.
Il Preside ed alcuni insegnanti il 6 maggio 2005
con docenti russi per un seminario interculturale
con gli allievi del Liceo della Comunicazione sul
tema: “Il pensiero pedagogico di Wygotskij”
Ci chiedeva in particolare di escogitare modalità di comunicazione che
consentissero interazioni non solo tra
docenti, genitori e allievi, ma anche
con l’esterno, per confrontarsi con altre
realtà scolastiche, coinvolgendo particolarmente gli allievi e inserendoli attivamente nella soluzione dei problemi,
per allontanarli dalla loro tipica posizione di attesa. Fu promotore infatti di
esperienze responsabilizzanti degli allievi, ad esempio “Non solo per gioco”,
“Floraestate” per intrattenere ragazzi
delle scuole elementari del quartiere
e non solo durante il primo periodo
estivo, attività con la Feralp, con la Gtt,
ecc., perché voleva fare in modo che si
diffondesse l’idea di studenti che possono operare concretamente, subito,
nella società, fornendo un contributo
anche economicamente rilevante.
I problemi della società nella formazione degli allievi erano un punto
fermo per il nostro Preside. Durante un Collegio
richiamò la nostra attenzione leggendo un articolo di giornale dal titolo:
“L’ossessione per il denaro da parte dei miei studenti”, dal quale emergeva che nei giovani i soldi
occupano il primo posto
nella brutale gerarchia
delle loro aspirazioni. Ricordandoci che la scuola
cattolica deve proporre
modelli alternativi che
aiutino a sviluppare nei
giovani il senso della responsabilità,
chiese ad ogni insegnante di aiutare gli
allievi a fare delle ricerche nel reale, affinché fossero capaci di esplorarlo, per
capire quanto c’è di buono nel mondo
che li circonda e di inserire anche nei
propri programmi questi aspetti, al fine
di contrapporsi al mondo virtuale presentato dai mass-media, che induce nei
giovani l’abitudine a vivere da spettatori e non da protagonisti della loro vita.
Desiderava che fossero evidenziate le eccellenze degli allievi, facendo
emergere le capacità di ogni studente
in modo che ciascuno prendesse coscienza delle proprie attitudini verso
quelle discipline più consone alla propria sensibilità e potesse esprimere e
realizzare il meglio di se stesso.
Godeva nel partecipare con gli studenti all’organizzazione di qualche visita didattica o viaggio di istruzione, perché voleva che imparassero a gestire la
loro vita, ad essere protagonisti di ciò
che vivevano; in molte occasioni li fece
partecipi delle sue esperienze di viaggi
in tutto il mondo e della sua conoscenza delle varie culture internazionali.
Attento e sensibile anche alle nostre
difficoltà di insegnanti, che quotidianamente affrontiamo lavorando con
gli adolescenti, ci incoraggiava sempre
a partire dal livello degli studenti, per
non mortificarli, e ad accompagnarli
nello studio con tanta passione e dedizione, per recuperare quanto la società,
in senso solo più materialista e virtuale,
non sa dare del vero senso della vita.
Ci indicava sempre come fine la
crescita e la formazione della persona: mai quindi scoraggiare nessuno,
ma far sentire la bellezza della cultura
anche a studenti che dello studio non
vogliono saperne. Per questo di fronte
a programmi ministeriali spesso enciclopedici, chiedeva a noi docenti di cercare la competenza professionale più
che lo sterile nozionismo.
Ci ha trasmesso la vera cultura della
vita, la gioia profonda di appartenere al
Creato, di sentirsi “una docile fibra dell’universo”, di favorire, come una vera
“missione” (termine che usava spesso), la crescita globale della persona
umana. In questo fu vero seguace della
pedagogia di Flora Manfrinati, che certamente l’ha scelto a “presiedere” al
suo Liceo della Comunicazione.
Grazie di cuore, sig. Preside!
Gli Insegnanti del Liceo
27
Durante il soggiorno dal 15 al 17 maggio 2000 a Ca’ Civrai,
casa montana dell’Istituto nelle Valli di Lanzo con il Preside
e gli Insegnanti, le allieve hanno avuto modo di discutere
su alcuni argomenti di grande coinvolgimento personale:
“I nostri modelli, le nostre aspirazioni: per quale futuro?
Credere: in chi, in che cosa? Parole e silenzi: ciò di cui è difficile parlare a casa, a scuola, con gli amici”.
Il Dott. Ferrarotti voleva una scuola attiva, concreta, che sa vedere e trasformare le necessità della società in progetti di vita. Per questo nel giugno del 2001
aveva sostenuto tenacemente la realizzazione del progetto “Floraestate”.
Bisogno di concretezza? Non solo teorie….
Dialoghi di Ca' Civrai
Sono tornato a Ca’ Civrai per vivere momenti di libertà profonda, senza i condizionamenti del mio ruolo di Preside.
La comunicazione tra “più giovani” e
“meno giovani”, è meno difficile quando si
condividono momenti di vita osservando la
natura, senza la preoccupazione di valutazioni e giudizi.
Anche a scuola si parla di modelli, di
aspirazioni, di fede, di libertà, ma il tutto avviene all’ombra di programmi e valutazioni
che condizionano gli allievi anche quando
non sono espressi. Ora con le raccomanda28 zioni di ordinanze Ministeriali e di corsi di
formazione dove termini come “trasparenza, efficienza ed efficacia” sono continuamente richiamati, può essere ancora più
difficile per l’insegnante parlare di vita, far
sentire la vita, uscendo dagli schemi di una
formale ricchezza professionale.
Le preoccupazioni professionali, d’altra
parte, possono farci sentire estranee al nostro esistere quelle idee, quella realtà che
presentiamo
dalla cattedra
e che rischia di
rimanere confinata in ambito
scolastico.
A Ca’ Civrai ritorniamo nel mondo, parliamo di noi, di chi siamo, di che cosa vogliamo, raccontando storie di un passato
più o meno remoto e sognando un futuro
più o meno lontano, in un clima che è anche
religioso, perché più amichevole e fraterno.
“Ubi caritas et amor, Deus ibi est”.
L’incontro con la natura può anche comportare fatica (ma non necessariamente) se
si sente il fascino di ciò che sta al di là dell’orizzonte. E qui devo manifestare un dubbio che mi è venuto guardando dall’alto le
rive del lago di Malciaussia, su cui giacevano immobili per la siesta le gitanti affaticate:
molti, tra i più giovani, sono veramente curiosi di questo mondo, al di là delle mete turistiche di moda? Cosa significa la mancanza
di curiosità? Ha a che fare con la capacità di
essere liberi, autonomi? Sono domande che
forse potremo porci nei prossimi dialoghi.
Intanto possiamo pensarci. Non c’è solo la
curiosità televisiva per i fatti altrui e non basta percorrere la stessa strada per provare
gli stessi sentimenti e avere pensieri simili.
È comunque importante fare piccoli tratti
di cammino insieme e discorrere di ciò che
si vive.
Le allieve, gli insegnanti e il Preside, finalmente
giunti al lago di Malciaussia in occasione del
soggiorno a Ca’ Civrai dal 15 al 17 maggio 2000
I
Scuola che vive
giovani sono spesso oggetto di giu- meno la funzione pedagogica, educatidizi contrastanti, opposti: si am- va che mira a realizzare progetti di vita,
mira la loro generosità quando si un futuro possibilmente migliore del
considerano iniziative di volontariato o presente.
la partecipazione ad imprese di grande Bisogno di concretezza significa fare
valore sociale; si esprime preoccupazio- subito qualcosa per il probabile e auspine per il futuro quando al centro dell’at- cabile futuro; non limitarsi a memoriztenzione c’è la droga, le manifestazioni zare teorie, a darsi strumenti culturali
di massa
per un tempo
che degeneche non saprano o fatti
piamo come
di cronaca
sarà.
nera
che
In questa
li
hanno
prospettiva si
come prosta sviluppantagonisti.
do il progetto
Forse
Floraestate.
non ci si
Il Liceo della
rende conto
Comunicache le conzione, che ha
traddizioni
come probleAl termine dell’esperienza di “FloraEstate2002”: bambini,
evidenziate animatori, insegnanti con il Preside e Don Matteo Sorasio matica di fonnel compordo quella retamento dei giovani sono contraddi- lativa alla vita sociale, vuole realizzare
zioni di una società che propone orien- uno spazio di incontro per bambini e
tamenti contrastanti, incompatibili.
ragazzi che questo spazio non hanno
Ma, riconoscendo e rispettando e sono costretti a starsene rinchiusi in
l’importanza delle indagini e delle in- casa o esposti ai rischi della strada.
terpretazioni sociologiche, penso che Spazio di incontro significa luogo
la scuola debba farsi carico di proposte ricco di opportunità di vita, a cui qui
e di iniziative che promuovano concre- vogliamo alludere con una sequenza
tamente il superamento delle contrad- disordinata di parole (speriamo suggedizioni evidenziate; diversamente viene stive) che saranno organizzate in pro-
29
30
grammi di attività: storie, illustrazioni, teatro, televideo, giochi, giocattoli,
moda, mode, collezioni, esplorazioni,
artisti, cantanti, cori, registrazioni, gare
e altro ancora. Il tutto proposto a bambini e ragazzi dai 3 agli 11 anni in spirito
di fraternità, poiché le esperienze di vita
devono avere un senso, e il senso che
si propone in Floraestate è quello cristiano, vissuto nell’entusiasmo di ogni
atto, nella consapevolezza che il modo
di vivere è anche un modo di pregare.
Per gli studenti del Liceo della Comunicazione prepararsi a Floraestate
comporta studi e ricerche, solo apparentemente al di là dei programmi
scolastici; in realtà si tratta di scoprire
come la cultura che la scuola propone
per il bene della società si può tradurre
subito in vita quotidiana e può trasformare i nostri rapporti con le persone, le
cose e il tempo.
In Floraestate gli studenti, comuni-
cando, diventano educatori, si educano
ed educano, non si limitano a rappresentarsi, a sognare una società nuova,
ma diventano protagonisti di un concreto tentativo di cambiamento.
E’ una scommessa importante quella che ha fatto il nostro Liceo, non perché si illuda di cambiare il mondo, ma
perché è consapevole che al di là delle
minime forze in gioco, ciò che conta
sono le scelte di vita di ogni singolo
individuo e che ogni singolo individuo
ha importanza per il Creatore che l’ha
voluto.
Prima ancora di sapere come andrà
questa scommessa si pensa già al dopo
e si spera che questo centro d’incontro
che nasce nell’estate 2001 sia la radice
di un servizio extrascolastico che il Liceo continuerà a gestire durante tutto
l’anno (e gli anni a venire), perché il
Verbo deve incarnarsi e diffondersi.
Saluto degli allievi dell’ Istituto “Flora” al loro Preside
il giorno del funerale alla chiesa SS. Pietro e Paolo in Torino:
Signor Preside,
tutti noi siamo qui oggi per dirLe grazie di averci accompagnato nel nostro
cammino e per averci aiutato a crescere parlandoci di lei, delle sue esperienze,
facendoci riflettere sui problemi della vita.
Siamo sicuri che Lei non smetterà mai di credere in noi e che non smetterà mai
di trasmetterci i suoi insegnamenti.
Grazie per essere stato un valido esempio e una guida disponibile all’ascolto e
alla discussione sincera.
A Lei, autentico maestro di vita, vogliamo ancora una volta esprimere il nostro
grazie e dirle che per noi è stato un grande Preside e un grande uomo.
La pensiamo ora nella pace del Signore con il suo sguardo di bontà e di protezione su ognuno di noi.
Grazie, Preside.
Lettera del Prof. Gianluigi Camera
Compagno di scuola fin dalle prime classi elementari
Walter, compagno di scuola
e amico di sempre,
siamo disorientati e confusi dalla tua
morte. Così improvvisa, inaspettata,
lacerante.
Ma vogliamo esorcizzare il pianto
che ci assale col ricordo di tanti momenti sereni che hanno attraversato
la nostra amicizia. Da quando ci siamo conosciuti sui banchi del “Regina
Margherita”.
Era il 1949…
Ce l’ hai insegnato tu a cercare frammenti positivi nel dolore, lembi di terra
nel naufragio.
Dobbiamo farlo per Ada, per Monica, per Ruben e per tutti i tuoi cari.
Dobbiamo farlo perché non si perda
nel tempo la lucidità del tuo pensiero,
il tuo amore per la natura e per l’ arte ,
il tuo saper essere , in mezzo agli altri,
un segno di conciliazione e di pace.
Qui ci sono i tuoi compagni di scuola, resi solidali da una formazione intelligente, da uno scambio continuo con
te, di esperienze di vita.
Quante discussioni, quante riflessioni in ogni momento libero. In classe
hai sempre primeggiato per umanità,
saggezza, cultura.
E dopo la scuola si è aperto il grande spazio della famiglia, del lavoro, della vita.
Le tante strade si sono separate, ma
è rimasto in tutti noi il gusto dell’ in-
contro. Sono nate le amicizie profonde, quelle lunghe come l’ esistenza.
I viaggi, le ferie, i figli cresciuti insieme, le escursioni in montagna, gli
annuali incontri conviviali della IV B,
le lunghe passeggiate domenicali alla
ricerca di un castello, di una antica
abbazia.
Queste ultime esperienze sono state le più intense. Avevi il dono della
comunicazione lucida, pacata, essenziale, convincente. Sapevi discutere di
tutto. Dalla botanica alla filosofia, dalla
politica all’arte alla letteratura.
Le nostre camminate erano dense
di analisi, di riflessioni, di proposte. La
scuola era sempre nei nostri pensieri:
ne condividevamo le enormi potenzialità, soffrivamo per le sue carenze.
Emergeva il tuo gusto - direi la passione - per l’ ambiente naturale, per la
cultura contadina della nostra infanzia,
per l’ intelligenza delle mani, per il linguaggio che, ancorato all’esperienza,
sa farsi tramite per infinite, creative
rappresentazioni del mondo.
Emergeva la tua tensione al Soprannaturale come ricerca di una ulteriore
dimensione complementare alla conoscenza della realtà sensibile.
Se pensiamo a tutto questo, carissimi Ada, Monica, Ruben, il nostro dolore si stempera nel privilegio di averti
conosciuto.
Prof. Gianluigi Camera
a nome della IV B
31
Scuola e alunni
di ieri e di oggi
W
32
alter ed io venivamo, entrambi, dal mondo della
campagna. La cultura contadina, l’intelligenza delle mani, gli
orizzonti precisi e saldi della nostra
infanzia, l’ambiente di vita lontano
anni luce dall’attuale, ci riempivano
di nostalgia. Nessuno di noi era così
ingenuo da credere o anche solo auspicare la possibilità di un ritorno al
passato. Ci si interrogava se alcune
costanti di allora fossero ancora utili per aiutarci a pensare ad un futuro
migliore.
Le nostre scuole di paese – intendo le scuole elementari – erano quanto più distante si potesse immaginare
anche dalla vita quotidiana di allora.
La pedagogia positivista del periodo
a cavallo tra otto e novecento non
aveva sfiorato la didattica dei nostri
insegnanti e quel poco di tradizione gabelliana era stato spazzato via
dal nuovo verbo neo-idealista, senza
peraltro lasciarvi impresse le pur valide istanze della fecondità creativa
del pensiero gentiliano trasmesso
alla scuola dalla lezione di Lombardo
Radice. Era la nostra scuola nozioni-
stica, astratta e arida. Era soprattutto mia questa analisi a tinte fosche,
segnato come ero da una esperienza
di scuola elementare particolarmente
negativa.
Ci si chiedeva quanto di quella
prassi educativa sopravvivesse, nonostante le Riforme, nella scuola di
oggi. E le nostre risposte non erano
ottimistiche.
Balzava però evidente una differenza tra gli allievi di ieri e di oggi. Noi,
bimbi degli anni Trenta e Quaranta,
entravamo nella scuola in possesso
di un vissuto maturato attraverso
un contatto continuo con la natura
e l’ambiente. Avevamo conoscenze,
linguaggi, regole di vita saldamente
ancorati ad una precisa realtà ambientale, non ambigua, con riferimenti sicuri a fenomeni vissuti e sperimentati, possedevamo simboli forse
ridotti perchè adatti ad una realtà circoscritta, ma sicuramente condivisi e
comunicabili.
La scuola che frequentavamo, pur
con i limiti sopra denunciati, usava
un linguaggio diverso dal nostro, ma
con cui noi riuscivamo a confrontar-
ci, perché la genesi delle nostre conoscenze aveva la chiarezza dei significati radicati nell’esperienza.
È proprio l’esperienza del reale,
inteso nella dimensione della concretezza, che manca ai bimbi di oggi;
il loro linguaggio è spesso un “flatus vocis”; i significati non trovano
un corrispondente nella realtà, negli
oggetti, nei fenomeni. I nostri bimbi
vivono in ambienti “virtuali” in cui
il confine tra realtà e mass-media è
incerto. Walter amava parafrasare il
detto biblico: “…hanno piedi ma non
sapranno camminare, orecchie ma
non sapranno udire, occhi ma non
sapranno vedere; le loro bocche non
sapranno parlare…”.
Il monitor è l’unica finestra aperta
sul mondo. Spazi, tempi, causalità si
appiattiscono e si annullano in un rettangolo bidimensionale. La manipolazione delle immagini si sostituisce al
naturale ritmo delle esperienze dirette. Gli infiniti stimoli, spesso ambigui
e contrapposti, generano assuefazione ed interessi effimeri e momentanei. La capacità di concentrazione
si riduce a brevi istanti e si scioglie
in atteggiamenti ipercinetici. Spesso
si traduce in una continua ricerca di
stimoli nuovi, orientata verso i troppi
prodotti del nostro consumismo.
Immane il compito che spetta
alla scuola e alle famiglie per tentare
un’alternativa educativa a questo stato di cose. Si tratta di impostare una
didattica che, in una parola, avvicini i
bambini alla vita. Si tratta di rifondare
un linguaggio fatto di significati univoci, radicato saldamente nella concretezza delle cose e delle situazioni.
Occorre che le famiglie ci siano vicine
e ci capiscano. Si impone una capillare opera di formazione in servizio di
tutto il personale della scuola, unito a
forme di revisione dello stato giuridico del personale stesso.
Di tutto ciò si fa un gran parlare,
ma, in occasione dei rinnovi contrattuali, alle forze politiche e sindacali
fa comodo barattare i pochi aumenti
economici con una sostanziale conservazione dello status quo.
Questi, o all’incirca questi, alcuni
nostri ragionamenti, mentre a piedi,
raggiungevamo un antico castello o
un’abbazia lontana sull’orizzonte dei
colli.
A piedi, mentre Walter ripeteva un
pensiero di Rousseau: “…conosco un
sol modo migliore dell’andare a cavallo, l’andare a piedi…”
Prof. Gianluigi Camera
33
Le ultime riflessioni del prof. Ferrarotti, lasciate all’Istituto
Flora in occasione del Natale 2006, considerazioni legate alla
sua terra di origine e alla sua infanzia.
Un regalo di Natale
“
34
C’era una volta, tanti anni fa…”
potrei cominciare così una storia
vera, e continuare “… un bambino
che andava alla Novena di Natale, la
sera quand’era già buio, in un paesino
in cui non c’era ancora la luce elettrica,
l’acqua potabile e tante altre cose della
città. Camminava, forse solo, forse in
compagnia dei nonni, con gli zoccoli di
legno che affondavano nella neve; ma
non aveva paura, perché i nonni (e il
papà e la mamma, lontani a lavorare)
gli avevano insegnato a non averne, dicendogli semplicemente di fare attenzione e poche altre raccomandazioni.
Così godeva della solitudine di chi si
sente libero, non condotto a guinzaglio
da nessuno, ma come protetto da una
forza superiore che era garantita dall’attenersi alle raccomandazioni ricevute.
Nella chiesa i canti gregoriani intonati da un parroco austero e cantati
a squarciagola soprattutto dalle donne (Regem venturum Dominum, En
clara vox redarguit) sono entrati nella
memoria per rimanervi con l’eco dei
passi che si allontanavano con il cigolio del portone e il profumo della cera
delle candele che il sacrestano andava
spegnendo.
Fuori la neve rischiarava la stradina
e la siepe che la separava dal fosso;
qualche luce di lampada ad alcool usciva dalle imposte o dalle porte aperte da
chi rientrava; nessuna voce, ma solo il
rumore di zoccoli che affondavano nella neve.
In casa c’era un piccolo presepio allestito sulla mensola del camino: il muschio ancora fresco, un ramo di edera,
qualche striscia di stagnola per fosso
e un pezzo di specchio per laghetto e,
sotto il corpo del Bambino, un po’ di
quella paglia argentata che i bombardieri buttavano per confondere i radar.
Una piccola candela di sego era il luminoso tocco finale che ci lasciava tutti
incantati.”
Melensa retorica di molto cattivo
gusto? No, tracce di memoria di un
bambino vero, incantato dall’atmosfera del Natale vissuto senza l’attesa di
doni, perché stava ricevendo un dono
che l’avrebbe accompagnato per tutta
la vita: la capacità di avvertire il fascino
di ogni luogo e di ogni oggetto.
Dio che si fa carne svela all’uomo,
attraverso la carne, le meraviglie del
creato, dell’opera che continua a creare
chiamando a collaborare chi ha fatto a
Sua immagine e somiglianza. Aprire gli
occhi sul creato è sconvolgente, perché
alla meraviglia si associa l’angoscia del
male e del dolore che ne segue. Ma Dio
condivide nella carne anche il dolore
dell’uomo e lo riscatta.
Non possiamo comprendere un mistero al di là di ogni ragione e umana
capacità creativa, ma nel buio di una
notte appena rischiarata dalla neve e
qualche lumicino, nell’eco di canti antichi, un bambino ha sentito l’amorosa
fiducia di genitori e nonni, comunicata
senza gesti e senza parole, si è avviato,
libero, nel cammino per quel mondo
che è tutto un dono del Creatore.
Oggi il Mercato si propone come
depositario di tutti i regali che possono
essere fatti per dare gioia, ma sa bene
che quella gioia presto finirà, perché
deve finire affinché lui non muoia.
Gli occhi che si aprono sul mondo,
l’orecchio che si schiude alle sue voci,
il corpo tutto che sente ogni vibrazione, profumo, sapore, sono un miracolo
per il resto della vita.
Tante persone hanno preso co-
scienza di aver avuto quel regalo e,
dopo tanti anni, continuano a goderne.
Quando le incontro, mi pare di aver
fatto la stessa strada, invece hanno
percorso cammini molto diversi che
non hanno nulla in comune con il mio,
ma per strade molto diverse abbiamo
vissuto la meraviglia della scoperta di
un mondo infinitamente affascinante
anche nei suoi aspetti più sconvolgenti e ci scopriamo vicini nell’amore per
la vita, che ci fa rinascere e ci fa capire
ogni giorno qualcosa di più dell’infinito
mistero dell’essere.
Il Natale si ripropone quotidianamente, in un grande, infantile desiderio di scoprire qualcosa di nuovo che
ci rallegri o che ci consoli di ciò che ci
rattrista.
Non abbiamo bisogno dei media
per scoprire la novità: il regalo di Natale che abbiamo ricevuto con il primo
Natale ci regala continuamente la novità del mondo.
Walter Ferrarotti
Torino, 21 dicembre 2007 – chiesa SS. Pietro e Paolo
Caro Walter,
grazie per l’esempio di vita che ci hai dato sin dai banchi di scuola.
Sia questo ricordo, così bello, di conforto alla tua famiglia e a noi tutti.
Rosanna Aceto
compagna di scuola presso l’Istituto Magistrale
“Regina Margherita”
35
Don Allais, amico di lunga data del dott. Walter Ferrarotti, ne ricorda
l’impegno a favore della Fondazione Istituto Professionale “Pacchiotti” di
Giaveno, per una
SCUOLA OPERATIVA
“So perché faccio”
Dal Manifesto del progetto, “Amico Albero” scritto dal pedagogista Walter
Ferrarotti emerge l’orientamento didattico, che vede nella natura, rappresentata
dall’albero, un ambito di apprendimento, di rispetto, di promozione.
“
36
…La scuola si preoccupa, perlopiù, di comunicare i contenuti culturali con parole, immagini e numeri senza verificare la reale
comprensione dei messaggi inviati
e memorizzati dagli studenti.
Questa, infatti, non è garantita
dalla sola coerenza logica con la
quale sono esposte e rielaborate le
idee, perché tutto l’apparato simbolico dei discorsi rimanda ad una
realtà che è altro dal simbolo.
La mancata esperienza diretta (di
questo altro) dà luogo a spiegazioni in cui la realtà non sperimentata
viene ridotta e falsificata dalle esperienze effettivamente vissute. Ne
consegue anche un vero e proprio
disinteresse per quanto si è appreso solo in termini di discorso. Per i
non pochi studenti che trascorrono
il loro tempo tra casa, scuola e luoghi di svago, dove si ripropongono
quasi sempre le stesse attività, una
parte cospicua della formazione
scolastica è solo un castello di parole privo di significati.
Anche l’ambiente, che pure è
sotto gli occhi di tutti, se non viene esplorato direttamente nella
sua complessità sociale, biologica,
geografica, storica, rischia di essere
vissuto semplicemente come uno
sfondo ad una serie di percorsi tra
luoghi, dove si ripropongono esperienze prevedibili. I richiami drammatici in occasione di catastrofi
naturali o le episodiche iniziative di
sensibilizzazione, certamente encomiabili, come tutte le informazioni
date nel corso dell’attività curricolare non producono effetti educativi
importanti. Questi si possono ottenere favorendo un rapporto interessato e non occasionale con le piante,
gli animali, le costruzioni e gli spazi
pubblici e privati. Il modo e i tempi di relazione sono essenziali alla
qualità degli effetti educativi.
Il progetto Amico Albero,
proponendo un intervento
continuativo su alcuni spazi
ambientali, comporta non solo
l’acquisizione di conoscenze
molto diverse e articolate, anche operative, ma anche un
legame affettivo con la realtà
ambientale, incoraggiandone
la tutela al di là degli obblighi
istituzionali.
Riconoscere alle scuole che
partecipano a tale progetto
il marchio di Scuola Operativa significa accreditarle di un
servizio pubblico e introdurre
i loro alunni nella vita produttiva della società, concorrendo a
creare un legame più profondo
e significativo tra scuola e territorio. Si supera cosi, almeno
in parte, la condizione di sola
preparazione e attesa che caratterizza la vita studentesca
di ogni ordine di scuola.
Si prospetta inoltre l’ipotesi interessante di una Regione
che gestisce con le scuole, ovviamente anche con i necessari accordi con la Direzione regionale del MIUR. una rete di
servizio pubblico estensibile
ad altri ambiti.”
Walter Ferrarotti
So perché faccio: il sapere
scientifico, le vaste conoscenze
del Prof. Ferrarotti nell’ambito
della pedagogia e della didattica sono state sempre congiunte
all’impegno diretto sul campo,
riservando un’attenzione peculiare ai soggetti più piccoli e più
sensibili ai valori della natura,
sentita come un qualcosa di
meraviglioso e di magico.
So perché faccio: anche la sua
religiosità, sincera ma in nessun
caso ostentata, è stata caratterizzata da un credo proiettato verso l’agire concreto in
uno spirito di servizio di cui
gli diamo testimonianza con
devoto ringraziamento.
Grazie Walter!
Don Luciano Allais
37
Una vita dedicata all’educazione
D
38
ipendente del Comune di Torino dal 17.03.1958 all’8.04.1998
e presso i Servizi Educativi
Scolastici dal 1963, arrivato il momento
della pensione, dopo una vita dedicata
all’educazione, quando avrebbe potuto
dedicarsi a tempo pieno ai suoi hobby
preferiti, come il giardinaggio nella sua
casa di Stresa, alle passeggiate campestri e ai tanti interessi naturalistici, non
riuscì a staccarsi dal mondo della scuola. E così continuò il suo impegno nella FISM torinese, ricoprendo per ben
10 anni l’incarico di responsabile del
Coordinamento pedagogico-didattico
delle scuole dell’infanzia federate.
Animatore dei convegni di inizio
d’anno scolastico per la formazione
delle insegnanti, organizzò e guidò le
attività delle reti scolastiche, instaurando un rapporto di fiducia e di stima
reciproca con le coordinatrici di rete,
facendole sempre più sentire protagoniste di un progetto pedagogico, di cui
lui era il discreto ispiratore e guida.
Un attivismo non fine a se stesso,
mai autocelebrativo, mai autoreferenziale: ma la volontà di puntare in alto,
ad una qualità dell’offerta formativa
che ponesse sempre al centro i bisogni
ed i diritti dei bambini, quali primi soggetti del processo educativo.
L’attenzione ai bambini, ai giovani
lo portarono ad assumere la presidenza della Scuola magistrale dell’Istituto
“Flora” che ben aiutò a trasformare in
Liceo della comunicazione. E anche
qui ha lasciato un grande rimpianto tra
gli studenti, che ne apprezzavano non
solo lo spessore culturale, ma la profonda sensibilità umana e spirituale.
In questi ultimi anni aveva iniziato
anche la collaborazione con l’Università di Torino. Impegnato prima nei corsi
di formazione dei dirigenti scolastici,
poi nei corsi abilitanti per gli insegnanti di scuola dell’infanzia; infine, per
l’anno accademico 2007/08, la Facoltà
di Scienze della Formazione gli affidò
l’incarico del corso di Pedagogia dell’infanzia. Corso che purtroppo non ha
potuto nemmeno iniziare a causa dell’improvvisa scomparsa.
I futuri insegnanti hanno senz’altro
perso l’occasione di ricevere un insegnamento altamente qualificato, ma
soprattutto una visione dell’educazione intesa non solo come attuazione di
tecniche e metodologie didattiche, ma
come missione e dono di sé nei confronti dei più piccoli.
Una grave perdita per tutta la FISM,
della quale era anche consigliere nazionale, ma l’esempio, l’esperienza e la
strada che lui ha tracciato serviranno
da guida per chi nella FISM continuerà
il suo lavoro.
Prof. Di Pol Redi Sante
Gli inizi dell'opera del Dott. Ferrarotti
Ho conosciuto il Dr. Ferrarotti intorno
agli anni Sessanta, che mi fu assegnato
per svolgere pratiche amministrative,
quando con ordinanza del Provveditorato agli Studi fui distaccato al Municipio di Torino con l’incarico di sovrintendere alla Direzione centrale delle
scuole materne locali.
Il Municipio di Torino gestiva allora direttamente solo cinque scuole materne
e ne sovvenzionava circa cento altre,
tra cui quelle della Società degli asili e
della Federazione degli asili, sostenendo una spesa che annualmente si aggirava sui 150 milioni di lire.
Al Dr. Ferrarotti affidai lo stato giuridico del personale insegnante ed inserviente, gli stanziamenti dei contributi
di funzionamento agli Enti con la stesura delle relative delibere, la gestione
del pre-doposcuola e della refezione
unica, organizzata in sostituzione del
tradizionale cestino.
Egli seppe attendere a questi compiti
con cura e competenza, dimostrando
di essere diligente, attivo e dotato di
non comuni capacità organizzative.
Successivamente, constatata in lui una
viva partecipazione ai problemi umani
ed assistenziali, lo impegnai nel campo
educativo, specie quando si istituirono
sezioni anche con portatori di handicap in età scolastica, che non venivano accolti nelle vigenti scuole speciali
perché non scolarizzabili, ossia perché,
secondo l’orientamento scolastico del
tempo, non erano in grado di apprendere alcuna nozione del leggere, dello
scrivere e del far di conto.
Per essi il Dr. Ferrarotti ideò un sistema
di schede minuziosamente articolate in
graduate esercitazioni per ogni attività
educativa, atte ad accertare il livello di
ciascun assistito ed a promuoverne il
possibile sviluppo.
La sua cultura pedagogica si andò così
perfezionando con l’esperienza diretta,
il che gli consentì di maturare didatticamente e di avere l’incarico di professore di tirocinio presso la scuola magistrale comunale di Torino.
Le sue pregevoli doti di temperamento
e di carattere mi si andarono palesando
quando, presa confidenza, ci aspettavamo dopo le prescritte ore di ufficio per
andare insieme alla fermata del tram.
In quel tratto di strada toccavamo argomenti diversi ma tutti convergenti su
problematiche esistenziali. Ne ho così
apprezzato l’animo profondamente
buono, volitivo, saggio con quella singolare capacità di comunicare velata da
sottile ironia; quel tratto garbato e affabile, mai accondiscendente a principi
contrari ai suoi ideali; con quella fede
intima e meditata.
Lavorammo insieme per circa dieci
anni, sino al 1970 quando, soppressi
dal Ministero della Pubblica Istruzione
i distacchi del personale dipendente
presso i vari Enti, dovetti lasciare definitivamente la Direzione centrale delle
scuole materne di Torino, che fu affidata al Dr. Ferrarotti. Da allora, anche se
i nostri rapporti non furono più tanto
frequenti, si è sempre mantenuta la nostra amicizia.
Prof. Giuseppe Sacchetti
39
La Città di Torino deve molto al Dott. Ferrarotti
Uomo aperto al dialogo
A
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l Dott. Ferrarotti la città (Istituzioni, Enti, cittadini, ecc.) deve
molto per quello che ha saputo costruire durante il suo impegno
lavorativo.
Torino ha una struttura organizzativa e didattica fra le migliori d’Italia
(invidiata e imitata) grazie all’impegno
costante, che ha coinvolto diverse amministrazioni con assessori di ispirazione, formazione e cultura differenti.
Uomo aperto al dialogo con tutti,
ma capace di far valere le sue convinzioni in ambito formativo, che vedevano sempre al centro il bambino, posto
in ambienti didatticamente adeguati
alle tappe evolutive della prima infanzia, atti a stimolarne in modo ludico e
gioioso intelligenza, sentimenti, motricità, creatività, cioè tutto il suo essere
a livello mentale, sociale e fisico, in costante rapporto con le famiglie.
Quando gli asili nido vennero aggregati alle scuole dell’infanzia, il Dott. Ferrarotti, convinto che il processo educativo dovesse iniziare proprio da questi,
per continuare “naturalmente” negli
anni successivi, si adoperò per l’aggiornamento del personale, in quanto
quello proveniente dall’ex-Omni non
era assolutamente preparato. Organizzò corsi, conferenze, dibattiti, ecc., finchè nacquero, nei lontani anni Settanta, i Centri di Documentazione, rivolti
a insegnanti, a genitori, a persone interessate ai problemi dell’infanzia per
approfondimenti educativi e didattici.
Inoltre si aprirono laboratori specifici
per la lettura, la pittura, il teatro, cioè
per le diverse manifestazioni espressive del bambino, con particolare attenzione per la formazione musicale.
Nella sua sensibilità, il Dott. Ferrarotti non ignorò i “diversamente abili”,
ai quali dedicò particolari attenzioni:
nacquero così i Centri Educativi Speciali, per accogliere soggetti in età scolare
con gravi problemi di ordine motorio,
sociale e mentale, in modo da offrire
un valido supporto educativo alle scuole dell’obbligo e alle famiglie.
Infine vorrei ricordare la creazione,
grazie al Dott. Ferrarotti, delle ludoteche e del Centro della Cultura Ludica,
punto di riferimento per gli studiosi, le
insegnanti e i genitori, in risposta alle
esigenze dei bambini, il cui sviluppo
armonico e globale si compie, in età
pre-scolastica, essenzialmente attraverso il gioco.
La città, quindi, deve molto al
Dott. Ferrarotti ed auspico un incontro, per riflettere in modo adeguato sul
suo contributo nell’ambito della formazione per l’infanzia.
Dott. Vinicio Lucci
In ricordo di Walter.
Ho perso un maestro. Abbiamo avuto un grande maestro, capace di farci riflettere perché diventassimo, ogni volta, autori consapevoli di una soluzione, di una
mediazione, di una invenzione. Senza mai prevaricarci, incoraggiandoci a cercare
dentro di noi, o con gli altri vicino a noi, la soluzione, la via più utile per educare,
per accompagnare i bambini nella crescita, nella intima e straordinaria scoperta
della realtà. Creativo nella totalità del suo agire. Lungimirante, acuto, determinato, paziente. Nella consapevolezza profonda che il mondo delle persone e delle
cose è affascinante, proprio per la sue infinite diversità; e che proprio per questo
è necessario essere disponibili a incontrare ciò che non si conosce.
Per tutto questo gli sarò sempre riconoscente e debitore.
Amilcare Acerbi
C
Per Walter Ferrarotti
“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo”. Paulo Freire
redo che Walter Ferrarotti abbia
rappresentato, col suo stesso
modo di fare, ciò che un educatore dovrebbe essere: una presenza autorevole, un punto di riferimento culturale
e umano, ma soprattutto una persona
capace di cogliere - negli altri – il tesoro
della competenza e di farlo fruttare, offrendo a ciascuno un modo per partecipare al progetto dell’educazione: ciascuno secondo le proprie capacità.
Nel suo ultimo intervento nella sede
di ITER, Walter Ferrarotti ha ricordato con
impressionante umiltà la storia dei Centri
di Documentazione e dei Laboratori a Torino, sue creature, sue ideazioni. Luoghi
di fermento propositivo e pedagogico,
legati a doppio filo al lavoro delle scuole e dei nidi. Terreni di sperimentazione,
di elaborazione, di memoria. Servizi nati
per la formazione permanente, animati
e abitati da educatori e insegnanti, da
persone pronte a coniugare l’esperienza
didattica con la competenza a program-
mare, a comunicare, a divulgare.
Ho voluto accompagnare i miei auguri per le prossime feste con una frase
di Paulo Freire, un pedagogista che certamente ha fatto della relazione - quella
vera, radicata nell’umano, fiduciosa nella
risorsa della persona – il centro del proprio lavoro.
Educare alla coscienza critica della
realtà è stato per Freire un punto imprescindibile, per qualsiasi pedagogia degna
di questo nome.
Oggi, pensando a Walter Ferrarotti,
sento di interpretare davvero l’emozione
e il cordoglio di tutti, dedicandogli proprio
le parole di Paulo Freire: Nessuno educa
nessuno, nessuno si educa da solo. Gli uomini si educano insieme, con la mediazione
del mondo, per quel senso profondo del
mondo come mediatore indispensabile,
per il vero agire educativo, che Lo ha caratterizzato e che mi ha trasmesso. Lo ringrazio.
Luigi Saragnese
41
Ecco la scuola di domani
Grazie Dottor Ferrarotti
M
42
i è caro fermare il tempo, sull’ultimo tratto del mio percorso professionale, accanto
allo stimatissimo Direttore Dott. Walter Ferrarotti, quando, chiamata a collaborare all’interno del coordinamento
pedagogico FISM, insieme ad altre tre
colleghe, mi era stato assegnato, come
ambito di competenza, quello dell’attività espressiva, che si estrinsecava con
proposte di formazione delle insegnanti attraverso attività laboratoriali.
Il Dott. Ferrarotti spaziava con grande sensibilità e profonda conoscenza
anche nel campo dell’arte: si avvicinava
alla lettura degli elaborati dei bambini
con grande rispetto, osservandoli come
autentiche opere d’arte, sottolineando
sempre l’importanza di promuovere
l’espressività originale e autentica del
bambino, lontana dagli stereotipi dettati dalla consuetudine.
Ricordo la Sua preziosa presenza
il 25 ottobre 2007, all’inaugurazione
della mostra multimediale “Dal segno
all’arte”; la Sua affabilità e il compiacimento per i lavori esposti; le Sue
simpatiche sottolineature suscitate di
fronte ad alcuni strumenti del pre-cinema realizzati da bambini e insegnanti,
che gli ricordavano quelli da Lui stesso
costruiti in modo empirico, con materiale di fortuna, nella Sua infanzia; la
Sua ammirazione verso un nonno che
proponeva di costruire l’episcopio per
il suo nipotino.
Ricordo che il percorso espositivo
terminava con una domanda …… e
DOMANI?
La preziosa risposta-proposta è offerta proprio dal Dott. Walter Ferrarotti:
"Ai bambini diciamo: abituatevi a raccontare con le tecniche che avete appreso
la vostra storia e quella delle persone con
le quali condividete parte del vostro tempo e scambiate con loro le storie, perché
le storie sono i messaggi più ricchi di vita.
Fatene strumento di dialogo soprattutto
con gli anziani che hanno molto da dire e
spesso sono condannati al silenzio e alla
solitudine.
Facciamo in modo che i lavori si diffondano in uffici e spazi pubblici e privati,
rinnovandone l’immagine, con richiami
a feste e ricorrenze che ci fanno sentire
il nostro essere storia, esprimendone la
bellezza, vista da chi sarà protagonista
del futuro. Anche questo sarà un modo
di far entrare subito da attori responsabili
nella società coloro che la scuola di ogni
ordine e grado di fatto tiene fuori, con
la preoccupazione di dare prima di tutto
una preparazione che renda pienamente
adeguati al mondo del lavoro.
Ma la preparazione è e deve essere anche frutto di un’interazione con la società
e gli spazi in cui essa opera, per conoscere
pensieri e significati e per misurare continuamente le proprie capacità di dialogare
e di fare” (Walter Ferrarotti).
Maria Teresa Serasso
E
Dialogo e confronto
ducare è l’arte più difficile che ci
sia al mondo, ne sono coscienti i genitori, gli educatori e gli
insegnanti.
Di questo il Dott. Walter Ferrarotti
era pienamente consapevole e, nella
sua intensa opera educativa, ha cercato di avvicinare la famiglia e la scuola
riguardo agli obiettivi pedagogici attraverso il dialogo e il confronto. Tutti
abbiamo beneficiato dei suoi insegnamenti e abbiamo cercato di farne tesoro. I suoi messaggi avevano lo scopo
di aiutarci a mantenere un alto livello
di attenzione su tutto lo scenario che la
vita proponeva. Come un buon padre
di famiglia, ci incoraggiava a “pensare
con la propria testa”, a riflettere, a non
lasciarci fagocitare dai mass-media e a
non aver paura qualora il nostro pensiero si discostasse da quello che la
moda del momento proponeva.
Il rapporto educativo, diceva, deve
essere autentico. Ciascuno deve dimostrare la propria originalità, nella diversità c’è la ricchezza.
Nel contesto attuale diventa facile
incorrere nel pericolo di non saper più
bene cosa fare o cosa pensare e sentirci subissati nella realtà di tutti i giorni
dai bombardamenti dei mass-media.
Il campo è minato su tutta la linea.
L’inadeguatezza al compito è il sentimento che chi educa prova nel momento in cui deve prendere decisioni,
delineare percorsi e avanzare progetti
che garantiscano, al meglio, il raggiungimento di obiettivi, di cui la società si
possa avvantaggiare per migliorare il
proprio futuro.
Anche Lui che ricopriva il ruolo di
guida pedagogica ha trovato un terreno accidentato, disseminato di ostacoli
di ogni genere e in questo panorama è
riuscito ad incrementare tutto l’impianto del Servizio Educativo del Comune
di Torino, a dare espansione ai Servizi
per trarre da ciascuno il meglio che poteva dare.
In questo senso il Dott. Ferrarotti ha
rappresentato un “faro” per tutti.
Durante le sue riunioni ognuno aveva la consapevolezza che avrebbe ricevuto qualcosa su cui riflettere perché
gli orizzonti a cui guardava avevano un
alto significato educativo e umano.
È stato un grande maestro di comunicazione, prima di tutto nel saper
ascoltare. La sua umanità è sempre trapelata sia nei momenti di euforia per
i risultati raggiunti, sia quando le difficoltà soffocavano l’entusiasmo.
Il modo discreto, non invasivo ma
convincente nel sollecitare ciascuno a
dare il meglio di sé, scaturiva dal profondo rispetto che aveva per tutti, anche quando la diversità non portava
alla convergenza delle idee.
Confrontarsi con Lui su qualsiasi argomento era un piacere, si sapeva che
in qualche modo ne uscivamo arricchiti, perché non c’era mai banalità o superficialità nello scambio di opinioni o
di punti di vista. Credo che non potrò
mai dimenticare quel che ho ricevuto
da Lui. Sono grata e onorata di aver potuto fare con Lui un percorso lavorativo
che non potrò mai dimenticare. Per tutto questo, “GRAZIE” dott. Ferrarotti.
Mariarosa Bianco
43
La scuola:
ambiente, educazione, sviluppo
S
44
cuole e nidi d’infanzia, laboratori
territoriali e dell’infanzia, la città
ai ragazzi, Centri di Documentazione, Manifesto per l’Educazione
all’Ambiente, Rassegne teatrali, cinematografiche, musicali, Torino Città
Educativa, Torino Città Sostenibile delle Bambine e dei Bambini …. quanto è
difficile riassumere una vita d’impegno
e che tanti ha impegnato!
Dirigente pedagogico per oltre
trent’anni, Walter Ferrarotti ha posto
le basi e costruito il sistema educativo torinese sempre con un sogno e un
progetto che ogni volta realizzato cambiava la realtà e cambiava anche quanti
intorno vi lavoravano, perché il senso
del fare, il lavoro significava la costruzione di sé e dell’altro.
Così è nata questa città sempre
più ricca di iniziative, di esperienze,
di servizi, questa Torino pluripremiata per l’attenzione ai suoi cittadini più
piccoli.
Quanti intorno alla scuola e nella
scuola lavorano sono stati formati dalle sue parole
quiete, intense, dettate non
solo dalla cultura, ma da un
profondo amore per le future generazioni: “E’ triste quel
Robinson che si affanna a rivivere, ripetere, ricominciare il
suo vissuto (come è squallido
questo participio passato che
non cresce nel futuro!), per
ritrovarsi quello di prima e lega tutto,
pensa, con un calendario”.
Lieve nell’entrare nel merito, come
lieve il tratto della sua matita quando
annotava a margine i suoi appunti;
ancora così è stato il 6 dicembre all’incontro di presentazione del libro: “Lusso? No, grazie: democrazia” dell’Istituzione Torinese per una Educazione
Responsabile, in cui ha sottolineato
l’importanza dell’impegno educativo.
Ricordando a questo proposito il
suo intervento nell’ambito del Seminario “Manifesto Ambiente Educazione
Sviluppo per un nuovo rapporto scuola, individuo, ambiente 1988/1998”, si
ha il senso della continuità di un progetto educativo: “… è necessario che la
scuola, ormai responsabile di una parte
molto importante della vita di ciascun
individuo, faccia consapevolmente le
scelte di come indirizzare i rapporti
fra i giovani e il mondo, senza porre
l’alibi dei programmi a proposte spersonalizzate che mascherano, dietro un
Il Prof. Walter Ferrarotti - 6 dicembre 2007 - Via Revello
gigantesco apparato di parole, numeri
e immagini, il grande nulla di una realtà che non fa storia, ossia non crea né
sviluppa legami personali. L’ambiente
è il punto di partenza e quello di arrivo di ogni operazione intesa a favorire
sviluppo e autonomia. La prima e fondamentale ricchezza, per ciascun individuo, consiste nella sua capacità di
instaurare rapporti diversi con la realtà
infinita che lo circonda. Questa capacità è il migliore antidoto alla paura del
vuoto e della solitudine che un numero
crescente di individui cerca di allontanare nelle manifestazioni di massa e
nella droga”.
Il suo insegnamento vive nel cuore
e nella mente di quanti hanno scelto
autonomia, creatività, avventura, curiosità, piacere, passione del proprio
lavoro.
Grazie, Dott. Ferrarotti per quanto ci
ha dato! E come sempre sentiamo la
sua voce “… e perché? Sono io che ringrazio voi”.
Dott.ssa Viroglio
Il mio Maestro
Dott. Ferrarotti, dal sorriso acco-gliente
ed i modi garbati, amichevoli! La cordialità e la correttezza sono sempre stati
tratti distintivi del suo carattere; eclettico e di grande cultura, ha sempre cercato
di promuovere esperienze significative sul piano pedagogico-didattico per il
bene dei bambini, suo obiettivo primario. Per molte di noi è stato un maestro
carismatico, non solo nell’attività professionale, in cui credeva fermamente e
si applicava con grande passione e competenza, ma anche nelle questioni di
vita privata: ha incentivato noi direttrici didattiche a cercare la parte migliore di
ognuno, spronandoci a coltivare le nostre attitudini ed abilità, per trasmetterle
nelle scuole.
Diceva che il mondo si esplora, si conosce e si vive in un rapporto diretto, attraverso le infinite diversità e sfaccettature, che rendono unico ed irripetibile ogni
essere vivente.
Nel tempo ho potuto comprendere sempre meglio la sua alta filosofia di vita,
che ben si compendia nelle parole di Sant’Agostino, ripetute da lui diverse volte:
“Ama e fa’ ciò che vuoi”.
Da vero cristiano, ha praticato il Credo, sia nel lavoro che nella vita.
Conservo e faccio tesoro della sua elevata capacità di osservare e cogliere l’Infinito anche nelle piccole e umili cose: in un fiore… in un’ala di una libellula…, in
una conchiglia…
Sono orgogliosa di essere stata chiamata da lui per collaborare a progetti educativi anche dopo il pensionamento. Sono altrettanto orgogliosa per aver avuto il
privilegio di conoscerlo anche fuori dell’ambito professionale.
Lo ringrazierò sempre per aver creduto in me e per tutti i “tesori” che mi ha trasmesso. Lui sarà sempre il mio caro, insostituibile maestro, fonte di ispirazione!
Laura Bruno
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L’adulto deve giocare spesso con i bambini…
Dott. Walter Ferrarotti coordinatore delle insegnanti di Tirocinio
L’adulto deve giocare spesso con i bambini, introducendosi nel gioco con un elemento
di novità: sono parole che il dott. Walter Ferrarotti ha pronunciato il 17 gennaio 1979,
durante una delle riunioni con le insegnanti di Tirocinio e che ho trovato rileggendo,
con molta commozione e con infinita riconoscenza, gli appunti che ho trascritto regolarmente nel periodo settembre 1978/giugno 1980.
Radicata nel dott. Ferrarotti era la convinzione che la didattica seguita nella scuola
non può essere un’applicazione di strategie ed argomenti sempre uguali a se stessi;
infatti sottolineava come, anche le metodologie più valide (Agazzi, Montessori, Willems, Goitre, Papy, Deva, Vayer) per rigore ed utilità siano comunque strettamente
connesse ai loro Autori e alla cultura in cui sono state delineate. Alla luce di tale
considerazione, per esempio, il tradizionale cartellone sull’autunno o sulla primavera realizzato per lo più dall’insegnante doveva, per il Dott. Ferrarotti, strutturarsi in
una continua relazione con le coordinate spazio-temporali nelle quali vivono oltre alle
maestre, il bambino e la sua famiglia.
Infatti, i contenuti ai quali riferirsi per scegliere attività ed organizzare esperienze non
possono prescindere dall’ambiente di vita contemporaneo al bambino. “La scuola di
solito ha considerato l’ambiente come notizia anzichè un luogo per vivere; ma solo vivendo s’impara”: sono parole dell’8 novembre 1978 i cui significati accompagneranno le
considerazioni non solo del biennio 1978/1980, ma di tutto l’impegno lavorativo del
46 dott. Ferrarotti.
L’ambiente è dunque il motivo, il contenuto, l’obiettivo dell’azione educativa e della
didattica; la scuola ha la responsabilità di operare delle scelte ed avviare dei percorsi metodologici, ma non può non prendere spunto da idee, consuetudini ed eventi
nei quali è inserita insieme ai bambini ed alle loro famiglie; i giochi spontanei e le
attività programmate devono perciò tener conto anche degli aspetti naturali, architettonici ed urbanistici, dell’organizzazione civile, politica e religiosa, della storia, della
produzione e delle professioni, per citare alcuni tra i molteplici aspetti della cultura
d’appartenenza.
Tali aspetti si conoscono, inoltre, non tanto parlandone od osservandone le immagini, ma organizzando delle esperienze, in cui i bambini siano protagonisti con consapevolezza riguardo le intenzioni e ruoli da svolgere. Il dott. Ferrarotti ha sostenuto
ininterrottamente la convinzione che il bambino impara attraverso esperienze vere
ed autentiche, in cui non si fa finta ma si agisce con entusiasmo e funzionalmente al
raggiungimento di un risultato. Quindi, per concludere, il Piano di lavoro per il Dott.
Ferrarotti si deve concretizzare in un’esperienza organico-unitaria, che preveda una
preparazione e una realizzazione, la distribuzione di ruoli ed incarichi, l’apprendimento e la padronanza di tecniche di lavoro ed espressive, la ricostruzione di contesti
quali il mercato, la banca, il circo, il teatro, ecc., non fine a se stessi ma inseriti in una
vicenda unica, pensata ed attuata con i bambini, sottoposta a verifica a realizzazione
avvenuta.
Milva Capoia
Per il nostro Preside, Walter Ferrarotti,
benedetto sii Tu, Signore Dio dei padri nostri,
degno di lode e di onore nei secoli.
Benedetto sii Tu, per averci dato
il tuo servo Walter Ferrarotti.
Benedetto sii Tu, per i doni
che hai trasfuso nella sua anima.
Benedetto sii Tu, per la sua parola
penetrante d’amore e di pace.
Benedetto sii Tu, che ce l’hai posto
come luce sul nostro cammino.
Benedetto sii Tu, per la sua profonda
contemplazione di Te nel creato.
Benedetto sii Tu, per le schiere
di educatori che ha preparato.
Benedetto sii Tu, per lo zelo con cui credeva
nell’uomo anche e soprattutto nel più debole.
Grazie, Signore!
Con la tua Chiesa diciamo:
“I saggi splenderanno come il firmamento,
i maestri di sapienza saranno
come stelle nel Cielo!”
Prof.ssa Antonietta Faoro
Preside Liceo della Comunicazione Flora
47
OPERA DI NOSTRA
SIGNORA UNIVERSALE
Via San Francesco da Paola, 42
10123 Torino
Tel. 011/812.55.88 – fax 011/812.57.62
Sito: www.istitutoflora.it
e-mail: [email protected]
ISTITUTO FLORA
Liceo della Comunicazione
Centro Operativo Flora
Via San Francesco da Paola, 42
10123 Torino
Tel. 011/812.55.88 – fax 011/812.57.62
SCUOLA DELL’INFANZIA “CARLO LECCHIO”
Via S. Ambrogio 2
10024 – Palera – Moncalieri (To)
Tel. 011/64.70.856
e-mail: [email protected]
CENTRO FAMIGLIA FLORA
Via S. Ambrogio 2
10024 – Palera – Moncalieri (To)
Tel. 011/64.70.856
CENTRO FLORA MANFRINATI
Scuola Primaria
Scuola Secondaria I° grado
Str. Revigliasco, 69
10024 Testona – Moncalieri (To)
Tel. 011/68.10.814 – fax 011/64.73.417
e-mail: [email protected]
CENTRO DI SPIRITUALITA’
Casa Natale della Ven. Flora Manfrinati
44037 Mottatonda Nuova – Gherardi
Iolanda di Savoia (Fe)