Giordania - TOAssociati
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Amman, la capitale che verrà di Nanni Ruschena, da Meridiani Nessuna città in Medio Oriente sta cambiando così rapidamente, sovrapponendo al proprio profilo tradizionale quello di una metropoli da terzo millennio. ebrei, assiri, persiani, greci, egiziani, nabatei, romani, bizantini... e ovviamente l'Islam con i suoi i califfi, gli omayyadi di Damasco e gli abbasidi di Baghdad. Eā un progetto da almeno 5 miliardi di dollari, ma quando sarà ultimato (la prima fase è prevista per il 2010) non soltanto il profilo di Amman non sarà più lo stesso, ma l'intera città muterà la propria natura. Tuttavia ancora alla fine dell'Ottocento Amman era soprattutto un grosso villaggio circondato da illustri rovine. «Anzi, forse sarà tutta la Giordania a farlo, visto che l'impatto economico e sociale sarà assolutamente straordinario», spiega Jamal Itani, uno dei responsabili dell'Andali Investment and Development Psc, la società a capitale, libanese - che in un terreno del demanio militare, un tempo ai margini della città e ora quasi in centro, sta costruendo la downtown del futuro. Un milione e 730mila metri quadrati di edifici commerciali e residenziali, spazi verdi e torri disegnate da grandi architetti (fra gli altri Norman Poster e Claudio Nardi), cablati con fibra ottica e assistiti da un district energy system che provvedere a riscaldamento, raffreddamento ed energia elettrica per tutto il quartiere. Di fatto, con questo progetto, Amman si candida a diventare il principale business hub del Medio Oriente, il polo economico e finanziario della regione, il posto dal quale non si potrà prescindere se si vorrà fare affari (ma anche turismo) in questa parte del mondo. Un salto nel terzo millennio, insomma. Amman è una delle città più antiche al mondo: i primi insediamenti stabili risalgono a circa 8.500 anni prima di Cristo, e da allora c'è sempre stato qualcuno: ammoniti, poi Le cose cominciarono a cambiare quando, nel 1900, il sultano ottomano Abdui Hamid II che di casa stava a Istanbul - avviò la costruzione della cosiddetta "Hejaz Raiiway", la ferrovia che doveva collegare Damasco con La Mecca, per favorire i traffici commerciali e soprattutto facilitare il pellegrinaggio rituale dei musulmani, dal nord dell'impero. La ferrovia venne realizzata da manodopera turca e ingegneri tedeschi, e quella di Amman diventò presto una delle stazioni più importanti, lungo la linea. Tanto che quando, nel 1921, rè Abdallah I scelse Amman come capitale (prima di Transgiordania, quindi di Giordania) e vi si trasferì, non trovò alcun edificio da poter usare come palazzo del governo, e decise di avviare la costruzione del suo regno proprio dalla stazione, e da una carrozza ferroviaria che gli faceva da ufficio. Tuttavia, nel 1948, Amman era ancora una cittadina. Nel giro di alcuni decenni, però, si sarebbe gonfiata fino a diventare una metropoli: oggi i sette colli su cui è stata edificata in principio sono diventati diciannove, e metà della popolazione giordana sta qui! I nuovi abitanti sono arrivati a ondate: la prima è stata quella dei rifugiati palestinesi, dopo la creazione dello Stato di Israele; la seconda, ancora di palestinesi, è avvenuta nel '67, dopo la Guerra dei sei giorni. Poi ci sono stati i profughi del 1991, dopo la Guerra del Golfo, e quindi gli iracheni in fuga dal loro Paese dopo l'invasione americana nel 2003. Risultato? I residenti oggi sono poco meno di 3 milioni, e nessuna città del Medio Oriente è cresciuta così in fretta, vorticosamente, in assenza di pianificazione, almeno all'inizio. Con infiniti problemi: una ventina d'anni fa, per esempio, qui c'era abbastanza acqua per tutti. Ora ce n'è solo per pochi, viene razionata e ogni casa deve contare sui propri serbatoi. Senza considerare l'afflusso - ogni estate ā di almeno 700mila automobili, che vanno ad ammucchiarsi in strade già al limite della congestione. Da dove arrivano? Ci sono i lavoratori giordani all'estero, che tornano a casa per le ferie, ma ci sono soprattutto i gulfvacationeers, cioè la gente che abita nelle città affacciate sul golfo persico, che fugge dalle proprie case ribollenti e viene ad Amman ā incredibilmente - perché fa più fresco. «Qui si sta bene, specialmente a causa del clima, se lo paragoniamo a quello delle altre capitali del Medio Oriente. Siamo in altura, quasi a mille metri sul livello del mare. D'inverno nevica, perfino», conferma Robert Pingeon, americano di New York, ad Amman da tre anni, esperto in questioni energetiche. Come lui in città ce ne sono tanti: oltre al meteo, ad attirarli ci sono la stabilità (il fatto di essere in una monarchia garantisce, per esempio, la possibilità di investimenti a lungo termine, al riparo da contraccolpi politici), la quiete religiosa (musulmani e cristiani convivono senza problemi), la sostanziale mancanza di problemi di criminalità e di ordine pubblico, almeno secondo gli standard occidentali. Il problema più grave che deve affrontare un turista straniero, qui, sembrerebbe quello di attraversare la strada senza finire sotto un'auto o un camion: non c'è guida di Amman che non abbia un capitolo dedicato al problema del traffico, intenso e nevrotico. Così in una città dove la sola municipalità ha ben 18mila impiegati pubblici, l'afflusso dei dipendenti delle ambasciate (quella americana è una delle più grandi al mondo), degli enti non governativi, delle strutture dell'Onu e della Croce e Mezzaluna rosse, ha fatto esplodere il mercato immobiliare. D'altra parte Iraq, Siria, Arabia Saudita, Israele - tutti gli Stati confinanti - sono Paesi "scomodi" e le organizzazioni internazionali preferiscono, come sede per il proprio quartiergenerale in Medio Oriente, proprio Amman. Da ciò, un notevole aumento dei prezzi, negli ultimissimi anni. «Oggi per affittare cento metri quadrati nei quartieri residenziali della città si spendono 1.500 dollari al mese», aggiunge Pingeon. «Tanto vale comperare». E comperare si può, lo stanno facendo in tanti: uno straniero infatti può avere proprietà in Giordania, con il permesso del ministero dell'Interno, che viene generalmente concesso senza problemi. Unico limite: per evitare speculazioni, la proprietà non può essere rivenduta se non dopo tre anni. Ma sono tutti i prezzi in realtà, a crescere: secondo il Cost of living Survey di Mercer - un istituto americano specializzato in analisi economiche globali ā Amman nell'agosto scorso era al 53esimo posto nella classifica delle città più costose al mondo. Non ai vertici, certo, ma appena nel 2008 era all'88esimo posto! Aspettando la realizzazione di Abdali, intanto, ci sono due Amman. Anzi, tre. Forse quattro. La prima, quella dei lavori in corso è l'Amman occidentale: parchi, superstrade a tre corsie, grattacieli (fino a pochi anni fa qui non si poteva costruire un palazzo più alto di quattro piani), centri commerciali, alberghi a 4 o 5 stelle, pub, night club. Secondo molti, è quasi una nuova sin city che ricorda molto Beirut (con la quale Amman è "gemellata" dal 2000) con le ballerine di lap dance, le prostitute russe e marocchine, la disinvolta gay nightlife di Jabal Amman. Poi c'è l'Amman orientale, quella dove la storia ha lasciato tutti i suoi segni, con le case una a ridosso dell'altra, arrampicate sulla collina. Sono quasi sempre abitazioni monofamiliari affacciate su bazar e minuscoli negozi di artigiani: è qui che la città mostra la sua intima natura araba e musulmana, pur restando tollerante e amichevole. E, d'altra parte, nel Paese non esiste alcuna legge che obblighi a indossare determinati abiti, o imponga il velo alle donne. Vicina, vicinissima, c'è la terza Amman, quella che fa spalancare gli occhi ai turisti, con la cittadella, il teatro romano, il tempio di Ercole, il palazzo degli omayyadi, il museo archeologico e così via. E infine c'è la quarta Amman, quella dei sobborghi smisurati, che continuano a riempirsi di palestinesi, di lavoratori immigrati (egiziani, siriani, gente del Sudest asiatico), di muratori e donne di servizio, di iracheni in fuga (non più quelli ricchi che sono arrivati ad Amman con i propri capitali, ma quelli senza più nulla). Famiglie che spesso, quando hanno da mangiare, non hanno che patate, hummus e falafel, e che non possiedono la macchina, ma vanno a piedi o al massimo prendono il pullmino. Sono i bus riders, quelli che prendono l'autobus, i proletari che nelle case della Amman occidentale non entreranno una volta nella vita. Non c'è nulla di nuovo, in tutto questo: è la tragedia delle grandi metropoli. Una delle sfide della Giordania di oggi, e di chi la governa, è quella uscirne in fretta. La differenza fra la nuova città luccicante e queste periferie è bene illustrata nel fortunato Captain Abu Raed. La maggior parte dei ragazzi di periferia però non vedrà mai il film al cinema. Non ha i soldi. Ma lo vedrà comunque: un dvd pirata, in strada, si vende a un dinaro.