dossier - Torino Nord Ovest

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dossier - Torino Nord Ovest
DOSSIER
/ FEBBRAIO 2011
AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Sfide e ipotesi di trasformazione in cinque grandi utilities, a Torino.
A cura di Sandro Baraggioli
Con il contributo e la collaborazione della
PRESENTAZIONE
In qualità di attori economici, le aziende di servizio pubblico locale, o public utilities secondo la
terminologia anglosassone ormai entrata nell’uso comune, sono state troppo a lungo ignorate. Poco
distinguibili dal punto di vista del “prodotto che vendono”, la reale dimensione e l’importanza di queste
imprese è sfuggita alla percezione collettiva diffusa, confinata fra gli interessi specifici di un pubblico tutto
sommato ristretto, fatto da amministratori locali, tecnici, studiosi di politiche. Si tratta di un paradosso,
poiché il “prodotto” di tali imprese è oggetto di valutazione quotidiana da parte di chiunque viva in una
città, la frequenti per lavoro, la visiti come turista: i mezzi pubblici funzionano? La città è pulita? L’acqua
del rubinetto è buona da bene? Quando è segnalato un guasto si interviene in fretta?
Torino Nord Ovest si occupa dell’argomento da tempo, studiando in particolare la rapida metamorfosi di
queste imprese, sempre meno municipalizzate e sempre più alla ricerca di opportunità di mercato.
Tracciando il quadro normativo e progettuale in cui si muovono, intendiamo offrire un contributo
conoscitivo per mantenere vivo il dibattito su un tema che ci appare fra i più importanti dell’agenda
pubblica locale.
Come soggetti economici, specialmente considerate nel loro insieme, le imprese di servizio pubblico locale
mettono in campo numeri importanti: sono ampi i fatturati, il numero dei dipendenti, gli investimenti, ed
è ampio anche l’indotto che riescono a generare sul territorio; in questo senso esse funzionano come una
malta a buona tenuta per la solidità dell’economia locale. Come imprese in rapida trasformazione, che
stanno perdendo il loro carattere esclusivamente pubblico, esse saranno sempre più laboratorio per
progettare strumenti e meccanismi nuovi, da mettere in campo per consentire agli enti locali di regolarne
il funzionamento virtuoso data l’importanza sociale dei servizi che erogano. Infine come imprese a rete, le
public utilities sono una carta da giocare per stringere alcune di quelle alleanze, piccole e grandi, che le città
come Torino dovrebbero cercare continuamente per garantirsi un futuro di sviluppo.
Il dossier che presentiamo intende restituire una fotografia sintetica delle dinamiche strategiche,
economiche e sociali generate da cinque società di servizi pubblici locali torinesi – AMIAT, GTT, IREN,
SAGAT
e SMAT – oggetto della relazione annuale dell’Agenzia dei Servizi Pubblici Locali del Consiglio
comunale di Torino, della quale confidiamo che questo documento venga inteso come un’utile
integrazione.
Annalisa Magone, Presidente Torino Nord Ovest
Indice
L’ANNO DELLE SCELTE STRATEGICHE
p. 4
AMIAT
p. 7
GTT
p. 12
IREN
p. 18
SAGAT
p. 22
SMAT
p. 25
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
L’ANNO DELLE SCELTE STRATEGICHE
Il 2012 sarà per il Comune di Torino l’anno delle scelte strategiche indifferibili per il sistema delle
partecipazioni, sia per quanto riguarda gli assetti proprietari, sia dal punto di vista industriale e delle
prospettive di sviluppo delle imprese. Il quadro normativo è intanto nuovamente mutato. Nel tentativo di
reintrodurre alcuni aspetti dell’art.23 bis decaduti a seguito del referendum, il decreto legge 13 agosto
2011 n. 138 (noto come “manovra di Ferragosto”), convertito con modificazioni nella legge 14 settembre
2011 n. 148, ha esteso i termini dell’in house al 31 marzo 2012; la scadenza è stata successivamente
prorogata, così come le Autorità d’Ambito Ottimale in predicato di decadere alla fine dell’anno, al 31
dicembre 2012. Se prima della tornata referendaria le ipotesi di trasformazione di GTT, SMAT e AMIAT
pressoché aderivano alle poche opzioni offerte dal 23 bis, il nuovo quadro normativo ha liberato il servizio
idrico dai vincoli temporali all’in house provinding e l’espletamento della gara per il trasporto pubblico
locale ha restituito al Gruppo Torinese Trasporti una ragionevole stabilità per i prossimi anni (al netto
dell’evoluzione delle contribuzione pubbliche al servizio).
Nel corso del 2011 il Comune ha intrapreso un percorso di riconfigurazione dei rapporti con il sistema
delle partecipate. Alla Holding Finanziaria Città di Torino sono stati conferiti i pacchetti di azioni in
capo al Comune di alcune fra le principali imprese del territorio. Il percorso avviato culminerà nelle
intenzioni con la progressiva riduzione delle quote all’interno delle imprese.
Partecipazioni detenute dalla Holding Fct al 18.02.2012
Fonte: www.comune.torino.it
SOCIETÀ
N. AZIONI (%)
AMIAT SPA
89.700 (100%)
GTT SPA
76.006.664 (100%)
TNE SPA
26.800.000 (40,00%)
FINANZIARIA CENTRALE DEL LATTE SPA
SITAF SPA
1.342.243 (10,6527%)
SMAT SPA
300.618 (5,62%)
AGENZIA DI POLLENZO SPA
FINPIEMONTE PARTECIPAZIONI SPA
AUTOSTRADA TORINO SAVONA SPA
IREN SPA
4
39.000 (20,00%)
30.000 (5%)
308.727 (0,756%)
66.253 (0,02%)
94.500.000 azioni di risparmio (11,358%)
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La costituzione delle holding è una procedura comune in Emilia-Romagna: qui un numero crescente
di Comuni ha preferito questa forma organizzativa per dichiarati vantaggi fiscali. Un altro esempio è la
Città di Roma, che da tempo ha perseguendo una profonda riorganizzazione delle sue numerose società
partecipate, riconducendole all’interno di una struttura finanziaria unica. In questo caso l’obiettivo non è
soltanto di natura fiscale: l’idea è sfruttare i margini garantiti dalle attività più remunerative per coprire gli
ammanchi delle imprese in difficoltà (una logica d’azione che potrebbe mettere in crisi la sostenibilità
dell’intero sistema delle partecipate).
La holding di Torino è il primo passo di un processo più completo di riassetto del sistema delle
partecipate, che riguarderà anche il ruolo finale giocato dal Comune nel capitale delle imprese. Se saranno
rispettate le ipotesi di riduzione del peso del Comune all’interno delle imprese, o in caso di apertura di
nuove gare (ciclo ambientale), risulterà assolutamente necessario potenziare gli strumenti di regolazione e
interlocuzione con i concessionari. L’attore pubblico sarà sempre di più chiamato a governare la
complessità di imprese con una fisionomia autonoma rispetto alle vecchie aziende municipali, sia dal
punto di vista degli assetti proprietari sia per perimetro di business e necessità di sostenere il proprio
modello di sviluppo.
La condizione di AMIAT non è mutata nella sostanza rispetto all’anno passato. La chiusura della
discarica di Basse di Stura ha focalizzato l’attività su segmenti labour intensive (raccolta e spazzamento)
che offrono margini ridotti e accrescono la dipendenza dal contratto di servizio con il Comune. AMIAT
conferma l’importante azione di efficientamento che, dopo il 2009, è proseguita anche lo scorso anno
producendo un utile netto di 14 milioni di euro. Tuttavia non si può dimenticare l’instabilità dell’attuale
assetto a causa della prossima scadenza della concessione, sia essa ex lege (31.12.2012) o naturale
(31.12.2014). Da capire anche quale ruolo svolgeranno le Autorità di Ambito, prorogate ma di fatto
commissariate dalla legge regionale in discussione: il 2012 dovrebbe infatti portare al superamento del
vincolo regionale, apposto nel 2004, aprendo nuovi scenari al riassetto industriale del settore. Come
anticipato nell’indagine svolta da Torino Nord Ovest del 2010, il futuro e la trasformazione di AMIAT
dipendono da scelte che non competono al management e che sono al momento solo parzialmente nelle
disponibilità della proprietà.
A seguito della riconferma di GTT come operatore del trasporto pubblico locale, si aprono nuovi
scenari di crescita sul territorio regionale. Il Gruppo, forte di una concessione decennale, può giocare un
ruolo di polo aggregatore della frammentata e poco coordinata realtà piemontese (un primo passo è stato
la nascita di Extra.To) ma anche candidarsi a promuovere alleanze con le maggiori imprese di trasporto
pubblico locale del Nord, rilanciando il percorso per fare nascere il primo operatore del mercato italiano.
Si tratta di strade che possono non essere alternative, ma che si caratterizzano per il differente ruolo
giocato dalla Regione Piemonte. Nel primo caso, come sta avvenendo in altre regioni italiane, l’ente
giocherebbe un ruolo centrale, cabina di regia di un processo che porterebbe a costituire un operatore
unico su tutto il territorio. Nel secondo caso l’iniziativa si assesterebbe più al livello degli azionisti e del
management, cercando partner finanziari strategici per supportare processi di aggregazione sui principali
flussi di traffico.
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DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Per quanto riguarda il Gruppo IREN, il 2011 è stato un anno di assestamento dopo il processo di
fusione per incorporazione di ENIA. A fine dell’anno la ridiscussione dei patti parasociali di Edison ha
precipitato gli eventi culminando con l’acquisizione da parte dei soci italiani (con IREN al 20,5%) di
Edipower, terzo produttore elettrico nazionale. Con tutta probabilità questo segnerà una trasformazione
profonda del Gruppo, e la possibilità che già nel corso del 2012 si aprano tavoli per avviare nuovi processi
di integrazione al Nord. Nel sistema delle partecipate torinesi il ruolo di IREN resta centrale: oltre ad
essere il soggetto di maggiori dimensioni e il primo distributore di dividendi, negli ultimi anni ha anche
generato l’indotto più importante sul territorio. Oggi IREN è indubbiamente il soggetto principale da
osservare per il riassetto del servizio ambientale in ambito torinese.
Per SAGAT, nel 2012 il Comune e gli altri soci pubblici dovranno ridiscutere la convenzione
quinquennale con i partner privati. Uno scenario possibile sarebbe l’evoluzione della compagine azionaria,
con riduzione della parte pubblica analogamente a quanto avvenuto in tempi recenti a Milano per SEA, e
in ogni caso il rilancio del piano di investimenti per definire nuovi collegamenti.
SMAT
è in attesa di conoscere le decisioni prese a livello centrale per ridefinire la sostenibilità
industriale del servizio idrico integrato. Da esse dipenderanno gli investimenti contrattati nel piano
d’ambito e la sostenibilità degli investimenti effettuati in Società Acque Potabili e Acque Potabili
Siciliane. Sul piano regionale regionale, il ridisegno degli ambiti e la spinta a ridurre la frammentazione
delle gestioni potrebbe offrire un quadro strategico di sviluppo futuro per il Gruppo.
L’aggregato delle imprese qui analizzate mostra numeri di assoluto rilievo: il valore della produzione
complessivo dei gruppi AMIAT, GTT, IREN, SAGAT e SMAT raggiunge i 3.840 milioni di euro, con un
margine operativo lordo di 664 milioni. I dati sulla performance economica dimostrano la grande capacità
di produrre ricchezza, specialmente se valutata alla luce di una quadro economico stagnante: l’utile netto
supera i 186 milioni (la maggior parte dei quali provengono dall’esercizio 2010 del gruppo IREN) in
crescita rispetto al 2009. Nel complesso i Gruppi analizzati radunano oltre 10.000 dipendenti e generano
un volano economico importante sul territorio.
Chi intenda analizzare l’impatto strategico delle utility sul territorio non può non considerare la
capacità di tali imprese di generare ricchezza attraverso il valore aggiunto trasferito nella remunerazione
dei dipendenti, i ricavi generati di gestione (che in taluni casi garantisce un ritorno finanziario al Comune)
e soprattutto attraverso la costruzione di un indotto locale di servizio. Il radicamento locale del business
delle imprese di servizio pubblico locale produce una domanda consistente di beni e di attività di servizio,
mentre una parte importante della fornitura prevede un supporto locale: manutenzione dei mezzi per il
trasporto pubblico locale o l’esternalizzazione delle attività di gestione degli impianti, le attività di scavo,
la raccolta differenziata della carta e altro ancora. Il mercato che si compone intorno a questa domanda di
servizi si caratterizza per una competizione giocata principalmente a livello locale. Nel complesso, nel
2010 AMIAT, GTT, IREN, SAGAT e SMAT hanno fatto ordini di pagamento superiori al miliardo di euro,
di cui 350 milioni sono andati (al netto delle spese per investimento regolate da contratti pluriennali) a
imprese della provincia di Torino.
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DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
AMIAT
Il ciclo dei rifiuti si è rapidamente evoluto negli ultimi anni, da servizio di raccolta e conferimento di materiali a una sempre più complessa attività industriale, che concentra tecnologie, competenze e conoscenze, specialmente nella fase post-raccolta (lavorazione, riciclaggio, smaltimento). Tale sviluppo ha comportato investimenti e, di conseguenza, costi crescenti per pubbliche amministrazioni e cittadini: il peso della
gestione dei rifiuti nell’economia nazionale è aumentato, in rapporto al PIL, dallo 0,40% (2000) allo 0,47%
(2007). In linea con il rapporto tra gettito complessivo e PIL, il numero complessivo degli addetti rappresenta lo 0,5% circa dell’occupazione nazionale (83.000 unità, di cui oltre 44.000 con il contratto collettivo
nazionale di lavoro Federambiente). La dimensione degli operatori, in continua crescita, ha in alcuni casi
raggiunto un livello transnazionale. Il fatturato dei top-15 sul mercato europeo rappresenta, da solo, quasi
31 miliardi di euro.
Il mercato internazionale è composto da leader nazionali cresciuti all’estero, investendo in particolare
nelle attività a maggior valore aggiunto: gestione discariche, impianti di termovalorizzazione e di recupero
biogas. I principali operatori internazionali – Veolia Environnement, Suez Environment e Remondis che
ha recentemente incorporato le attività di RWE – rappresentano circa il 61% del totale (Davies, 2003;
Hall, 2009).
Valore della produzione 2010 (dati riferiti all’attività del solo settore ambientale)
10000
9312
9000
8000
7000
6000
5863
5300
5000
3672
4000
2700
3000
2000
790
1000
703
699
265
0
REMONDIS (F)
VEOLIA ENV (F)
SUEZ ENV (F)
7
ALBA (D)
FCC (E)
A2 A
AMA ROMA
HERA
222
221
IREN
AMIAT TORINO
BIANCAMANO
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
In particolare, Veolia e Suez (controllata del gruppo GDF Suez) sono leader mondiali nel servizio di igiene ambientale e nei servizi idrici. I maggiori operatori domestici evidenziano valori della produzione
difficilmente comparabili a quelli dei migliori operatori internazionali, nonostante gli indici di performance
e la capacità di produrre reddito. Il mercato italiano resta fortemente frammentato, complice l’instabilità
normativa e la mancanza di un progetto strategico di livello nazionale come quello che ha favorito
l’emergere dei big player francesi: sia Veolia che GDF Suez vedono la partecipazione dello Stato francese o
dalla Caisse des Dépôts et Consignations. Allo stesso tempo non sono presenti soggetti privati specializzati leader del settore così come capita in Spagna (FCC) o in Germania (Remondis), l’unico soggetto di
rilievo è il Gruppo Biancamano, quotato in Borsa, con una dimensione tuttavia poco superiore a quella di
AMIAT.
Le caratteristiche del mercato italiano hanno premiato lo sviluppo delle grandi multiutility del Nord e
soprattutto i soggetti industriali che hanno investito nello sviluppo del segmento dello smaltimento. Tanto il Gruppo HERA quanto il Gruppo A2A evidenziano la forte incidenza dei ricavi da smaltimento sulle
attività della filiera ambientale. Dagli anni settanta in avanti, l’esempio pionieristico di ASM Brescia ha
mostrato quali fossero le potenzialità di crescita delle imprese di igiene ambientale: lo sviluppo tecnologico ha consentito di sviluppare il recupero del biogas e la sua trasformazione in energia e calore per le abitazione, ma sopra a tutto ha aperto un nuovo segmento di mercato, il waste-to-energy (wte).
Nel caso di HERA questa si coniuga con un’organizzazione di livello regionale e la presenza di 77 impianti dedicati allo smaltimento di cui 7 inceneritori, indicativamente uno per provincia.
A2 A
ha unito la presenza storia di AMSA in ambito milanese con l’esperienza maturata da ASM a Brescia.
Il Gruppo lombardo costituisce, di fatto, una sovrastruttura di comando da cui dipendono quattro società
separate: Aprica (che gestisce il business bresciano e bergamasco), AMSA (divenuta società partecipata),
Partenope Ambiente (cui fa capo l’inceneritore di Acerra), Ecodeco, società di engineering e di servizi per
la pianificazione del ciclo ambientale e la progettazione di impianti di smaltimento.
Oggi tutti i maggiori gruppi nazionali e internazionali segnano una presenza rilevante nella produzione energetica da smaltimento e nella cogenerazione per la produzione e vendita di calore. I due maggiori
soggetti nazionali hanno attuato una politica di sviluppo extraterritoriale incentrata sulla realizzazione e
gestione e di impianti di smaltimento al di fuori del territorio di elezione (come detto A2A in Campania e
oggi in attesa di partecipare all’ipotizzata gara per il nuovo inceneritore di Napoli est, mentre HERA ha
vinto la selezione come partner industriale per la realizzazione del termo valorizzate di Firenze – Case
Passerini) e sulla vendita di servizi e know-how.
In questo quadro AMIAT è la seconda impresa monobusiness sul panorama nazionale dopo AMA Roma.
Con 221 milioni di euro di valore della produzione, realizzato principalmente nelle attività di raccolta,
spazzamento e trasporto (segmenti a basso valore aggiunto e labour intensive), il Gruppo AMIAT si posiziona alle spalle delle tre maggiori multiutility nazionali e dell’impresa romana.
8
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
900
800
790
703
700
699
600
500
400
300
222
221
200
161
116
114
100
0
A2A
HERA
AMA ROMA
IREN
AMIAT TORINO
AMIU
ACEGAS
QUADRIFOGLIO
Si conferma anche nel 2010 il ruolo di AMIAT nella valorizzazione di un indotto di fornitura locale:
rispetto al 2009 le risorse spese dal gruppo un favore di imprese del territorio è cresciuto notevolmente,
passando da 28 milioni ad oltre 52,3 milioni di euro, in ragione principalmente del servizio di smaltimento operato a Cassagna.
VALORE TOTALE
FORNITURA
GRUPPO AMIAT
88,3
VALORE FORNITURA
IN PROV. DI TORINO
(%)
52,3 (59,2%)
TOTALE
FORNITORI
1.000 C.A.
FORNITORI
IN PROV. DI
TORINO
600 C.A. (60%)
Alla luce dei trend di sviluppo di tutte le principali imprese del settore, il modello di business di AMIAT
fondato su attività di basso valore aggiunto, raccolta e spazzamento, rappresenta un vulnus strategico di
portata considerevole; nel corso degli ultimi due esercizi è cresciuta l’incidenza del contratto di servizio
stipulato con il Comune di Torino sul totale del fatturato di Gruppo, una percentuale che è passata dal
66,9% del 2008 (quando Basse di Stura contribuiva alla copertura dei costi del servizio di raccolta) ad oltre
l’88% del 2011. La mancata diversificazione delle fonti di reddito espone il Gruppo a problemi di liquidità
legati alle dinamiche di pagamento del servizio; i vincoli imposti dall’affidamento in house riducono le
opportunità di valorizzazione su nuovi mercati delle notevoli competenze tecniche e gestionali presenti.
L’evoluzione del quadro normativo sulle concessioni ha spostato al 31 dicembre 2012 il termine in cui
andranno in scadenza gli affidamenti diretti dei servizi pubblici locali, anticipando di due anni il termine
naturale previsto dal contratto siglato con il Comune di Torino. Si prospettano tre possibili scenari:
• L’avvio di una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di raccolta e spazzamento
entro il 2012.
• La gara “a doppio oggetto” con cessione di almeno il 40% a un socio privato.
• L’aggregazione di tutti gli operatori presenti nell’ambito provinciale con conseguente estensione di
3 anni dell’affidamento come evidenziato all’art. 25 comma 1, n. 6 del Decreto Liberalizzazioni1).
1
In deroga, l'affidamento per la gestione «in house» può avvenire a favore di azienda risultante dalla integrazione
operativa, perfezionata entro il termine del 31 dicembre 2012, di preesistenti gestioni dirette o in house tale da
configurare un unico gestore del servizio a livello di ambito o di bacino territoriale ottimale ai sensi dell'articolo 3 bis".
9
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Attualmente, lo scenario più probabile appare la gara ad evidenza pubblica per affidamento pluriennale
del servizio di raccolta e spazzamento. La procedura va avviata entro il termine di legge (31 dicembre
2012) e offre la possibilità di confrontare sul mercato le offerte di una pluralità di concorrenti. Alle condizioni attuali una gara di questo tipo è per AMIAT al tempo stesso un rischio e un’opportunità, poiché il
Gruppo risulta particolarmente esposto alla concorrenza di soggetti italiani e internazionali, più capitalizzati e presenti su una molteplicità di mercati locali. Torino è indubbiamente uno dei maggiori mercati urbani italiani, tuttavia va tenuto in considerazione che una gara limitata alle attività downstream di minor
valore aggiunto potrebbe risultare meno appetibile per gli operatori maggiori. Il vantaggio principale della
gara è il superamento del regime di vincoli proprio delle concessioni in house: una conferma di AMIAT aprirebbe la possibilità di valorizzare, in chiave imprenditoriale, alcune competenze del Gruppo oggi confinate in azienda. In questo senso vale la pena ricordare i tentativi messi in campo negli anni passati partecipando a gare internazionali
Nel novero delle gare, la seconda possibilità offerta dalla legislazione è la gara “a doppio oggetto”, che
prevede di cedere almeno il 40% dell’impresa avendo in cambio la possibilità di mantenere l’affidamento
in house fino a naturale scadenza. Si tratta di uno scenario sostenuto dalla delibera comunale in precedenza
citata; resta da valutare nei prossimi mesi il reale interesse del mercato: la scadenza del contratto di servizio nel 2014 non sembra offrire sulla carta margini di ritorno economico tali da giustificarne l’opportunità
di un investimento in ogni caso rilevante.
Da ultimo, il terzo scenario appare la strada più difficile, sia per motivi di natura organizzativa sia per
ragioni industriali. Implicherebbe infatti di investire nella riconfigurazione organizzativa del servizio su
area vasta: una prospettiva che, sulla carta, apre interessanti opportunità di efficentamento e vantaggi in
termini di riduzione dei costi del servizio. Tuttavia i tre anni di deroga previsti dal decreto sono uno spazio temporale piuttosto ridotto per portare a regime un progetto del genere.
Il contesto torinese è notoriamente caratterizzato da una scarsa dotazione infrastrutturale per quanto
riguarda gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, si tratta di un elemento, come ricordato nel
caso di AMIAT, che limita molto lo sviluppo imprenditoriale dei soggetti incumbent. È questa una delle
principali cause della precaria situazione economica di molti operatori locali, e rappresenta un ostacolo alla
costruzione di un soggetto industriale competitivo capace di confrontarsi sul mercato e nelle gare che si
apriranno.
Sullo sfondo è possibile intravvedere uno scenario alternativo, che chiama in causa il ruolo della Regione Piemonte e la necessità di riorganizzazione della catena di governance multilivello dei servizi pubblici locali. L’attuale separazione del ciclo ambientale, definita dalla Legge Regionale del 2004 (unico esempio in Italia), è il principale ostacolo alla riconfigurazione in chiave industriale di AMIAT. La legge ha
prodotto effetti distorsivi sulla crescita dei player territoriali e ha di fatto impedito, in una delle aree più
ricche d’Italia, la nascita di soggetti industriali di livello nazionale come è invece avvenuto per SMAT o per
il Gruppo HERA, benchmark di riferimento nel settore.
La durata dell'affidamento in house all'azienda risultante dall'integrazione non può essere in ogni caso superiore a tre
anni” (art. 25, comma 1, n. 6, Decreto Liberalizzazioni).
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DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
È oggi in fase di discussione una bozza di Legge Regionale che intende proporre il superamento di
questo vincolo e rilanciare la chiusura del ciclo ambientale. Se questo avvenisse durante il 2012 si aprirebbero nuove opportunità di sviluppo per AMIAT, innanzitutto sarebbe possibile una riunificazione con TRM
portando reciproci vantaggi: dal coordinamento delle attività di conferimento, alla garanzia di qualità del
prodotto portato al termovalorizzatore, allo sviluppo di un soggetto presente in un mercato che offre alte
potenzialità di crescita. Il sistema torinese si doterebbe così di un soggetto più competitivo in vista delle
gare, e di un asset sicuramente appetibile per il mercato, a partire da IREN che con AMIAT e TRM condivide un radicamento storico sul territorio e interessi a sviluppare le sinergie con il ciclo ambientale.
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DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
GTT
Sullo scenario europeo sono emersi numerosi processi di aggregazione tra operatori, che perseguono
l’obiettivo di costruire player integrati, presenti sia nel mercato del trasporto su gomma sia del trasporto su
ferro. I leader europei del trasporto pubblico locale hanno da tempo inserito l’Italia nelle loro traiettorie di
sviluppo internazionale, acquistando imprese (SADEM) o partecipazioni (AMT Genova), oppure partecipando con successo alle gare per il trasporto pubblico locale in numerose regioni, in particolare nel Nord.
I processi di concentrazione avvenuti negli ultimi anni hanno portato alla nascita di grandi gruppi internazionali di trasporto pubblico, sulla stessa linea suggerita dalla convergenza ferro-gomma, che ha a sua volta favorito lo sviluppo di soggetti integrati capaci di proporsi come operatori a 360° in tutte le modalità di
trasporto pubblico. La fusione di Deutsche Bahn (ferrovie tedesche) con il gruppo inglese Arriva (presente anche in Piemonte nel trasporto extraurbano con SADEM) e Veolia-Transdev ha prodotto un differenziale difficilmente colmabile fra i leader internazionali e i nostri maggiori operatori italiani.
35000
30000
29000
25000
20000
15000
10000
8000
4243
5000
3711
3535
2594
2191
2050
1049
903
0
480
DEUTSHE BAHM
FIRST
NATIONAL
STAGE
ATAC
GTT
ARRIVA (D)
GROUP (UK)
EXPRESS (UK)
COACH (UK)
ROMA
TORINO
VEOLIA
RATP (F)
KEOLIS (F)
TRANSDEV (F)
GO AHEAD
ATM
(UK)
MILANO
Il grado di concentrazione del mercato italiano è piuttosto ridotto in confronto ai principali paesi europei: i primi tre operatori italiani raccolgono nell’insieme meno di un terzo (29%) del mercato domestico,
contro il 64% della media europea e l’82% della Francia.
Questa condizione incide profondamente sulle performance economiche del settore: le imprese italiane registrano una capacità di coprire i costi industriali inferiore al 30%, contro una media europea del
54%. In un quadro complessivamente non favorevole, GTT si mostra comunque come una delle imprese
più virtuose, con un valore superiore al 34%.
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DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Fonte: Bilanci di esercizio 2009; conto nazionale trasporti 2008-2009
REGIONI
RICAVI DA TRAFFICO/COSTI OPERATIVI (%)
LOMBARDIA
41%
VENETO
36%
GTT
34%
FRIULI VENEZIA GIULIA
34%
LIGURIA
33%
PIEMONTE
32%
MARCHE
31%
EMILIA-ROMAGNA
31%
UMBRIA
31%
ABRUZZO
30%
TOSCANA
26%
LAZIO
26%
SARDEGNA
25%
CAMPANIA
21%
TRENTINO ALTO ADIGE
19%
PUGLIA
19%
SICILIA
18%
CALABRIA
14%
I dati riportati in tabella richiamano due elementi: i) le imprese italiane hanno una dipendenza accentuata rispetto alle omologhe europee nei confronti della contribuzione pubblico; ii) il settore del trasporto
pubblico locale è strutturalmente dipendente dal sostegno pubblico, perché si configura come servizio ad
alta valenza sociale che difficilmente sarebbe riproducibile sul libero mercato.
Questo richiama la centralità strategica delle scelte delle amministrazioni pubbliche nell’indirizzare lo
sviluppo delle imprese. Negli anni passati, come ricorda una recente indagine (Danovi, Kerletsos 2011),
gli operatori nazionali hanno adottato due diverse strategie:
• La prima, essenzialmente difensiva, si sostanzia nei tentativi di alcuni enti concedenti di modellare
le gare per l’affidamento del servizio sulle caratteristiche dell’impresa di casa, trasformata in spa,
ma ancora di proprietà pubblica.
• La seconda, con un approccio più imprenditoriale, mira a costruire soggetti leader di aree territoriali più ampie, sia attraverso processi di fusione sia soprattutto attraverso la costituzione di ATI, col
risultato di una crescita dimensionale complessiva dell’impresa.
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DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Alcune grandi città hanno fatto accordi per mettere in comune delle proprie imprese, avviando una fase di concentrazione locale: esempio su tutti è l’accordo stretto tra ATM Milano, da sempre tra le imprese
più attive, ATB Bergamo e Brescia Trasporti, per partecipare alla gara organizzata dal Comune di Mantova. Sono operazioni che rispondono a una visione di crescita per linee extra-locali, dove la ratio non è la
promozione di economie di scopo (limitate in questo caso alla riduzione i costi per l'approvvigionamento
dei mezzi e del materiale rotabile), ma la possibilità di agire su una maggiore leva finanziaria e raccogliere
risorse per promuovere investimenti. È la strategia che da anni i grandi soggetti internazionali hanno adottato, presentandosi al mercato con portafogli ricchi di concessioni.
L’attuale panorama nazionale vede al vertice le società di trasporto che fanno capo dei maggiori territori metropolitani, con l’eccezione di Napoli in cui trasporto pubblico locale è suddiviso tra diversi operatori. Il Gruppo GTT occupa la terza posizione, sia per fatturato che per numero di dipendenti e produzione chilometrica annua.
Valore della produzione 2010 (dati da bilancio consolidato)
1200
1049
1000
903
800
600
480
400
206
200
112
56
70
0
14
ATAC
ATM
GTT
ATC
ATAF
APS
CTP
ROMA
MILANO
TORINO
BOLOGNA
FIRENZE
PADOVA
NAPOLI
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
PRODUZIONE
DIPENDENTI
12.600
(MLN-KM/ANNO)
112
ATM MILANO
9.484
166
GTT TORINO
5.409
89,3
ATC BOLOGNA
1.885
47
AMT GENOV
2.485
31
ATAF FIRENZE
1.407
18,4
APS PADOVA
609
9
CTP NAPOLI
1.313
18
ATAC ROMA
Nel corso del 2011, complice il robusto taglio dei trasferimenti statali, è cresciuta la tensione tra Regioni, enti locali e imprese sulla sostenibilità del servizio di trasporto pubblico locale. Lo scenario nazionale, caratterizzato dall’estrema polverizzazione degli operatori, ha visto di recente emergere alcuni interessanti progetti di concentrazione locale tra imprese, guidati proprio dagli enti regionali (Emilia Romagna,
Toscana, Umbria).
In Emilia Romagna sono stati costituiti tre grandi soggetti industriali: SETA (holding delle imprese
emiliane), ATC-FER e START (holding delle imprese romagnole) per tutto il territorio regionale, con
l’obiettivo esplicito di arrivare a costituire un operatore unico per tutto il territorio entro pochi anni. Su
questa strada la Regione Toscana ha fatto numerosi passi avanti. Già nel 2010 la Giunta regionale aveva
approvato una delibera per sospendere le gare in corso e in scadenza per tutto il 2010, individuando le linee guida per la futura tornata di gare basate sull’accorpamento dei bacini. Il 23 dicembre ha pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (GUCE) il preavviso di asta, riferito a 80 milioni di bus/km
l'anno per complessivi 190 milioni di euro l’anno (160 di corrispettivo di servizio e 30 per l’acquisto di
nuovi autobus) per 9 anni (2013-2021) che possono aumentare se Comuni e Province decideranno di aggiungere finanziamenti propri.
La tendenza che emerge da questi processi e dalle ipotesi al vaglio in Liguria, in Abruzzo e in altre
Regioni è favorire la concentrazione degli operatori e un nuovo disegno complessivo del servizio su base
regionale. La riduzione della frammentazione avrebbe l’indubbio vantaggio di semplificare il quadro regionale e creare potenziali economie di scala. La riorganizzazione del servizio si accompagna con una progressiva riduzione della percorrenza chilometrica annua e del numero di occupati sul livello regionale.
Nel 2011 il Gruppo GTT si è aggiudicato la gara indetta dal Comune di Torino per la gestione dei servizi di trasporto urbano e suburbano, la gestione della linea metropolitana e dei servizi per la sosta e il parcheggio. La durata del contratto è di 10 anni (scadenza 31.12.2021) e il corrispettivo per le attività è stato
fissato in 194 milioni di euro (rispetto al quale è prevista una revisione ordinaria ogni tre anni).
Questa gara ha modificato l’approccio strategico del Gruppo al mercato. Nel 2010 la costituzione di
Infratrasporti Torino srl e lo scorporo delle infrastrutture della metropolitana e degli impianti fissi ferrofilo tranviari, avevano posto le basi per la nascita di una nuova GTT gravata da un peso minore
dell’indebitamento e una maggiore propensione a muoversi sul mercato. La costituzione del consorzio
15
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Extra.To scarl (di cui GTT è socio di maggioranza col 38,05%) e l’aggiudicazione della gara per la gestione
del trasporto della Provincia di Torino (al posto delle 21 precedenti concessionarie) ha offerto un ulteriore
contributo al consolidamento industriale del Gruppo. Di assoluto interesse il volano economico che GTT
produce in ambito provinciale: nel 2010 ha generato un volume di spesa per beni e servizi superiore ai 206
milioni di euro, il 45,5% dei quali (93,7 milioni) ha sostenuto un imponente indotto locale (856 imprese
del territorio provinciale).
In prospettiva è interessante notare che GTT è l’unico operatore tra i leader italiani ad occupare tutti i
segmenti della mobilità urbana. Come mostra la tabella, le competenze del Gruppo spaziano su diversi
fronti, non ultimo il settore dei servizi alla mobilità con l’esempio di 5T, potenziale asset strategico da valorizzare sul mercato vendendo le competenze maturate in anni di sperimentazione.
ATAC
ATM
GTT
ATC
ATAF
ROMA
MILANO
TORINO
BOLOGNA
FIRENZE
URBANO
√
√
√
√
√
EXTRA URBANO
√
√
√
√
√
METRO
√
√
√
TRENO
√
PARK
√
Agenzia Roma
servizi
per la mobilità
CAR SHARING
√
Ferrovia
suburbana
√
√
√
Firenze
parcheggi
√
√
√
Car sharing
Firenze
Alla luce di quanto osservato e delle dinamiche di sviluppo del settore in Italia, possiamo affermare
che le prospettive di sviluppo del Gruppo dipendano in misura considerevole dalle scelte che saranno
compiute tanto a livello nazionale (istituzione dell’Authority dei trasporti, i cui poteri non sono ancora
stati chiariti) quanto soprattutto a livello regionale. Come detto, molte Regioni si sono attrezzate con politiche strategiche di riconfigurazione dei rispettivi mercati locali; la creazione di player unici su bacini
composti da milioni di utenti potrebbe contribuire a risolvere l’eccessiva frammentazione del mercato nazionale.
16
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Ad oggi, tuttavia, non vi è notizia di un piano strategico di riorganizzazione del trasporto pubblico locale né del rilancio del protocollo d’intesa siglato tra Comune di Torino e Regione Piemonte. GTT si trova
pertanto di fronte a due possibili scenari, non necessariamente incompatibili tra loro:
• Il primo scenario contempla la possibilità di affermarsi come soggetto leader di un mercato regionale. Il Gruppo potrebbe fare da punto di riferimento per una concentrazione degli operatori, come sta accadendo (con le dovute proporzioni) nel caso di FER in Emilia Romagna. Questa prospettiva poggia sulla competenza e sulle concessioni di GTT sia sul trasporto gomma che su quello su
ferro, e richiama la centralità delle scelte da parte delle istituzioni regionali e un maggior potere di
indirizzo strategico.
• Il secondo scenario poggia sulla costruzione di alleanze, non di livello regionale ma lungo i principali flussi di trasporto interregionali. Si tratta in altri termini di costruire nuove alleanze con le
principali municipalità del Nord Ovest per la nascita di un gruppo di dimensione nazionale.
Come detto, le prospettive non sono alternative: se nel primo caso il ruolo regionale risulta imprescindibile, nel secondo è possibile una maggiore capacità imprenditoriale delle singole imprese e delle singole
amministrazioni pubbliche.
17
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
IREN
IREN
è la più giovane e la minore tra le più grandi multiutility italiane. È nata il 25 maggio 2010 da un
atto di fusione per incorporazione di ENIA spa (Gruppo multiutilities nato dall’integrazione tra le imprese
pubbliche di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e di oltre 180 Comuni emiliani) in IRIDE spa.
Il Gruppo IREN è il leader territoriale di un’area che si estende tra il Piemonte, la Liguria e parte
dell’Emilia, uno dei bacini più ricchi sul panorama nazionale, uno spazio di mercato in cui la presenza di
potenziali competitor è piuttosto limitata, fatto salvo il Gruppo EGEA ad Alba, la CVA in Valle d’Aosta e
alcune sporadiche incursioni di A2A (Novara, Alessandria e Cuneo) in qualità di azionista minore.
Valore della produzione e margine operativo lordo delle maggiori multiutilities italiane 2010
7000
6000
+11,8%
6041
5000
12,7%
3666,6
4000
+22,0%
3599,7
+3,3%
3380,9
3000
2000
+12,0%
855,9
1000
+0,1%
462,1
+0,2%
214,2
0
A2A
HERA
IREN
ACEA
Fatturato (mln euro)
1200
ASCOPIAVE
ACEGAS
ACSM-AGAM
Crescita % vs. 2009
+11,8%
1040
1000
+18,8%
666,5
800
600
+7,0%
+7,1%
607,3
603,5
400
+13,9%
200
0
108,3
A2A
ACEA
HERA
Mol (mln euro)
18
IREN
ACEGAS
+26,8
78
ASCOPIAVE
Crescita % vs. 2009
+44,2%
39,6
ACSM-AGAM
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
La grande sfida del Gruppo è costruire le sinergie promesse dal piano industriale, passando da un modello multipolare a quello di una più ampia diffusione sul territorio. La separazione geografica e settoriale
tra il polo torinese (posizionato sulla filiera dell’energy), il polo ligure (acqua e in parte mercato) e il polo emiliano (caratterizzato dal settore ambientale) rappresenta un fattore di criticità nel coordinamento e
nell’organizzazione del Gruppo. Allo stesso tempo però tale condizione offre al Gruppo interessanti spazi
di crescita, perché apre alla possibilità di sviluppare un numero maggiore di attività nei poli in cui già oggi
è presente.
IREN
ha raggiunto posizioni di eccellenza nel settore della distribuzione e vendita di calore da cogene-
razione (district heating). La recente entrata in funzione della centrale di Torino Nord IREN ha consolidato la leadership del gruppo in Italia e ha portato all’aumento del parco generativo di 400 MW elettrici e
220 MW termici. Il contributo della nuova centrale consolida il primato di Torino come città più teleriscaldata d’Italia: a regime 550.000 abitanti (55% dell’utenza totale) utilizzeranno il calore distribuito al
posto degli impianti di riscaldamento autonomi, con drastica contrazione dell’emissione di CO2 in atmosfera.
Ebitda district heating 2010
160
140
136
120
100
80
60
42
40
35
18
20
0
IREN
HERA
A2A
ACEGAS
8
5
ACEA
ACSM-AGAM
Le performance fatte registrare nel 2010 offrono una visione solo parziale delle trasformazioni in
corso: per fare una valutazione più accurata delle economie e delle potenzialità consentite dalla fusione tra
IRIDE
ed ENIA si dovrà attendere il bilancio 2011. IREN ha chiuso i primi nove mesi del 2011 con ricavi in
lieve flessione e un MOL sostanzialmente in linea rispetto al corrispondente periodo 2010. A fronte di un
indebitamento molto consistente e in crescita a 2,67 miliardi di euro, il Gruppo mostra di aver iniziato a
costruire alcune importanti economie a livello gestionale.
19
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Ragionando in termini prospettici sullo sviluppo del gruppo multiutility possiamo partire dalle
iniziative progettuali indicate dal piano industriale. In base allo scenario prospettato avverrà un
mutamento profondo nella caratterizzazione industriale di IREN entro quattro anni: il management ha
ipotizzato un forte posizionamento sul business idrico che dovrebbe portare il settore ad occupare il primo
posto per redditività tra tutti i business nel Gruppo (30%) al 2014.
Primo tassello di questa strategia è l’operazione F2I – Mediterranea delle Acque (IREN Acqua e Gas)
attraverso la quale il Gruppo ha dato continuità al processo di riorganizzazione delle attività nel settore
idrico, favorendo l’uscita di un partner industriale (Veolia) e l’ingresso di un partner finanziario utile a
realizzare gli investimenti previsti dal Piano d’Ambito dell’ATO Genovese. La strategia adottata per la
Nuova Mediterranea delle Acque costituisce, verosimilmente, una direttrice di sviluppo lungo la quale si
concretizzeranno i prossimi processi di sviluppo del settore.
Il completamento dei maggiori investimenti previsti tra il 2011 e il 2012 – la Centrale di Torino Nord,
il Termovalorizzatore di Parma e probabilmente il rigassificatore al largo di Livorno OLT – offriranno una
spinta al segmento di distribuzione che, secondo previsioni, supererà per marginalità la generazione
elettrica entro quattro anni. Va da sé che le ipotesi espresse dal Gruppo debbano oggi confrontarsi con
uno scenario economico, e soprattutto normativo, profondamente differente. Né va dimenticato che le
previsioni per i settori energetici continuano ad essere negative, sia a causa della congiuntura economica
sfavorevole sia per effetto dell’introduzione della Robin Hood Tax che incide pesantemente sugli utili di
impresa. Il debito e i suoi costi iniziano a preoccupare, poiché ciò che era compatibile prima della
recessione e della crisi del debito sovrano è diventato ora elemento di rischio.
L’elemento di discontinuità principale rispetto alle previsioni è senza dubbio la partecipazione
all’acquisizione di Edipower e l’uscita dal capitale di Edison a seguito del riassetto operato tra DELMI ed
EDF.
Sulla scia di questa operazione che ha portato IREN e A2A ad divenire i maggiori azionisti del terzo
gruppo energetico nazionale (rispettivamente con il 20,5% e 57%) potrebbe prendere il via un processo di
riconfigurazione dell’attuale mercato multiutility italiano.
Il disegno strategico della megautility del Nord non è un tema inesplorato; da alcuni anni, in
concomitanza con le principali operazioni di M&A, è riecheggiata la suggestione della Große Koalition
come possibile risposta all’atavica frammentazione delle gestioni che caratterizza il mercato italiano, e
ancor più come via per creare un soggetto in grado di competere a livello internazionale. Da più parti si
ritiene che la megautility sia l’approdo naturale e necessario del processo di concentrazione degli operatori
locali iniziato negli anni Novanta.
Nel coso degli ultimi anni, e, ancor più degli ultimi mesi, sono riecheggiate ipotesi diverse di
configurazione, e nomi a queste abbinati: megautility, maxiutility, la Grande A2A o Super Edipower. Al di là
della questione nominalistica è interessante la presenza di un denominatore comune: l’idea che le
prospettive di sviluppo del mercato delle multiutility passino necessariamente dall’aggregazione tra i leader
di mercato IREN, HERA e A2A oppure attraverso la fusione tra i leader del Nord estesa ad altri operatori
multiutility quotati come ACEA Roma, ACEGAS-APS, ma anche ASCOPIAVE e AGAM-ACSM.
20
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Per IREN la possibilità di contribuire alla nascita di un grande operatore del mercato elettrico
significherebbe conferire ad Edipower o ad una newco la propria capacità di generazione quantomeno
sull’idrico, partecipando di fatto alla nascita del secondo gruppo elettrico nazionale dopo l’Enel. Ma si
porrebbero alcuni interrogativi sulla struttura di IREN che risulterebbe da questo processo. Immaginare un
grande multiutility nazionale all’interno della quale trovino posto gli attuali operatori, somma di tutti gli
asset attuali delle maggiori imprese nazionali, è un prospettiva che solleva incognite, sia a livello industriale
(le probabilità di creare sinergie operative tra territori e aziende spesso lontane tra loro è sempre ridotta,
con l’eccezione della generazione elettrica) sia a livello finanziario (la posizione debitoria delle principali
multiutility offre spazi di manovra ridotti).
La suggestiva ipotesi della megautility (o maxiutility) dovrà tenere conto delle profonde differenze tra i
settori di business occupati. Se la filiera energetica evidenzia l’opportunità di creare grandi aziende
monobusiness, i servizi a rete come idrico e distribuzione e la filiera ambientale, sono più radicati al
territorio, dunque sul territorio trovano le proprie economie e sinergie. In attesa di leggere il nuovo piano
industriale, il futuro di IREN è legato alle conseguenze dell’operazione Edipower e dalla volontà di lavorare
con le maggiori multiutility del Nord alla creazione di un aggregato di livello nazionale.
21
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
SAGAT
Come si evince dalla relazione Assaeorporti 2012, il sistema aeroportuale italiano chiude il 2011 con una
crescita del traffico passeggeri del 6,4%, corrispondente a oltre 9 milioni di passeggeri in più rispetto al
2010: con precisione, i passeggeri transitati negli scali aeroportuali italiani sono stati 148.781.361 milioni.
I principali scali nazionali – Fiumicino, Malpensa e Linate – hanno visito crescere il numero di passaggi
rispettivamente del 3,6%, dell’1,8% e di oltre il 9%. Da notare la performance di Venezia che con oltre 8,5
milioni di passeggeri (+25,0%) ha fatto registrare uno dei tassi più alti del 2011 (complice probabilmente
la chiusura del vicino aeroporto di Treviso, nel secondo semestre del 2011). Tra gli aeroporti sotto i 10
milioni di passeggeri si distinguono infine i risultati della base low-cost di Orio al Serio (+9,7%).
In questa classifica, Torino Caselle è sceso nel 2011 di una posizione, collocandosi al tredicesimo posto
del ranking nazionale. Il numero di passeggeri risulta in aumento (+4,2%) ma il tasso di crescita è
decisamente più basso di quello di Bari, il quale ha superato lo scalo torinese a causa di un consistente
incremento dei voli internazionali.
Classifica degli aeroporti italiani per numero di passeggeri nel 2011 e confronto con il 2010
AEROPORTO
PASSEGGERI 2011
1
ROMA FIUMICINO
37.651.700
3,6%
1
2
MILANO MALPENSA
19.303.131
1,8%
2
3
MILANO LINATE
9.128.522
9,2%
4 (+1)
8.584.651
25%
5 (+1)
POSIZIONE
4
VENEZIA
Inclusi voli da Treviso
GEN-DIC 2010
POSIZIONE 2010
5
BERGAMO
8.419.948
9,7%
4 (-1)
6
CATANIA
6.794.063
7,5%
6
7
BOLOGNA
5.885.884
6,8%
8 (+1)
8
NAPOLI
5.768.873
3,3%
9 (+1)
9
PALERMO
4.992.798
14,3%
10 (+1)
10
ROMA CIAMPINO
4.781.731
4,8%
9 (-1)
11
PISA
4.526.723
11,3%
11
12
BARI
3.725.629
9,6%
14 (+2)
13
TORINO CASELLE
3.710.485
4,2%
12 (-1)
14
CAGLIARI
3.698.982
7,4%
13 (-1)
15
VERONA
3.385.794
12%
15
22
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Quando, nel 2012, scadrà la convenzione che regola i rapporti tra gli azionisti di SAGAT, tale atto sarà
un banco di prova per comprenderne le traiettorie future. Il Gruppo SAGAT, privatizzato nel 2000, è oggi
controllato da azionisti pubblici riuniti all’interno di un patto, e da un gruppo di investitori privati guidati
da Sintonia ed Equiter. Al fine di mantenere il controllo pubblico della SAGAT, pur cedendone quote di
capitale sociale, i soci pubblici hanno siglato una convenzione con quelli privati della durata di 5 anni, per
regolare i rapporti di governo dell’impresa e le caratteristiche gestionali. Tali accordi, rinnovati nel 2007,
scadranno nel mese di giugno 2012, le prospettive di SAGAT e dell’Aeroporto di Torino sono pertanto
legate alle trattative che i soci apriranno i questi mesi, e alla possibilità che nuovi investitori siano
interessati ad entrare nella compagine azionaria.
È in questo senso interessante considerare il protagonismo del Fondo infrastrutturale F2I nel settore
aeroportuale, una delle dinamiche più evidenti degli ultimi anni. Il 16 dicembre 2011 il Fondo Italiano
per le Infrastrutture (F2I) si è ufficialmente aggiudicato la gara per la cessione del 29,75% di SEA, la
società aeroportuale che gestisce gli scali di Linate e Malpensa, con una offerta di 385 milioni più un euro
(un euro in più rispetto alla base d'asta delle quote messe in vendita dal Comune di Milano. In
precedenza, nel 2010, F2I aveva rilevato il 65% delle quote di GESAC (Aeroporto Capodichino di Napoli)
detenute dal Gruppo Ferrovial per 150 milioni di euro.
È ragionevole immaginare che l’interesse manifestato per questi due scali e le recenti trattative, finite
tuttavia senza esito, per l’acquisizione del 60% dell’Aeroporto Cristoforo Colombo di Genova, possa
rivolgersi a SAGAT, candidando il Fondo a un ruolo nell’eventuale riduzione di impegno più volte
manifestata dal Comune di Torino.
Un secondo aspetto da tenere in considerazione sono gli investimenti industriali. A marzo 2012 è
scaduto l’accordo con Ryanair per l’accompagnamento dei voli sull’aeroporto torinese. Nei mesi passati è
stata aperta una trattativa con il vettore irlandese per discuterne la presenza e le prospettive per il futuro,
aprendo alla possibilità di realizzare una base low-cost per voli nazionali e internazionali. Un recente
comunicato della società torinese sottolinea la necessità di allungare i tempi della trattativa a causa di una
riorganizzazione interna a Ryanair e alla verifica della disponibilità di investimento in particolare da parte
dei soci pubblici.
Il vettore ha radicalmente riorganizzato la sua struttura commerciale dopo l’uscita del Direttore Sviluppo
Network Ken O'Toole. Inoltre, a causa della crisi generale del settore, Ryanair nel 2012 immetterà molti
meno aerei sul mercato, con la conseguenza di aver reso più severa l’analisi delle opportunità di apertura di
nuove basi. Tutto ciò sta comportando un rallentamento nei negoziati e la conseguente richiesta di
Ryanair di estendere gli attuali contratti in essere in scadenza a marzo 2012, prima della messa in
vendita della stagione estiva, per consentire al riguardo un confronto più approfondito su un tema cosi
delicato.
23
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Dall’esito di questo confronto emergeranno le linee di sviluppo dell’aeroporto di Torino e la
possibilità che allo zoccolo duro del trasporto business possa essere abbinata una percentuale maggiore
di collegamenti low-cost. Le prospettive di Caselle vanno in ogni caso inquadrate all’interno di
dinamiche più ampie e complesse e che chiamano in causa l’organizzazione del mercato aeroportuale
nel Nord Italia: numerosi documenti testimoniano, infatti, l’eccesso di offerta sul territorio e la
necessità di riorganizzare quest’offerta in una logica di sistema.
24
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
SMAT
Il riordino del sistema idrico italiano è avvenuto sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) che ad
oggi sono 91. La legge Galli dettava, inoltre, il superamento della cosiddetta “gestione in economia”,
quella cioè effettuata direttamente dai Comuni.
Pur non cancellando bruscamente tale modalità (l’art. 10 prevedeva che le gestioni esistenti, anche se
in economia, continuassero a gestire i servizi il fino all’attuazione del nuovo Sistema Idrico Integrato), la
normativa si adeguava ai mutati indirizzi amministrativi (introdotti dalla Legge 142/90) e si orientava su
strumenti “privatistici” quali la concessione a terzi o l’affidamento diretto ad aziende speciali e a spa o srl
miste a capitale prevalente pubblico. Ad oggi 67 ATO hanno affidato la gestione del servizio, nella
maggior parte dei casi a società pubbliche. La riforma impone l’obbligo del pareggio economico
finanziario della gestione, da ottenere attraverso una politica tariffaria che assicurasse la copertura
integrale dei costi di investimento e di esercizio (full cost pricing).
All’interno di questo quadro è stata avviata una riconfigurazione delle gestioni, e l’avvio in alcuni casi
di processi di concentrazione locale tra operatori. Queste dinamiche non hanno tuttavia risolto la
frammentazione degli operatori e le difficoltà di fare investimenti. Va infatti notato che numerosi territori
evidenziano un’arretratezza accentuata nella realizzazione degli impianti di depurazione.
Ancora oggi, a fronte di una penetrazione molto ampia degli acquedotti (la copertura supera il 96%), il
sistema delle fognature arriva solo all'86% del fabbisogno e la depurazione si ferma al 70%. Per chiudere il
ciclo dell'acqua servono 64 miliardi di euro in trent'anni. L’Unione europea ha avviato le procedure di
infrazione per 820 aggregati urbani responsabili per la mancata depurazione. La disciplina comunitaria
prevede, in caso di violazione delle norme, una penalità di mora, che per l’Italia va da un minimo di
11.904, a un massimo di 714.240 euro per ogni giorno di ritardo nell’adeguamento, a decorrere dalla
pronuncia della sentenza emessa; inoltre una somma forfetaria verrà calcolata sulla base del PIL nazionale.
Anche se è più presente nel Sud, si tratta di un ritardo che attraversa l’intero Paese: secondo la Corte di
giustizia dell'Ue, in Lombardia 36 agglomerati urbani, con più di 10.000 abitanti, hanno trascurato la
depurazione delle acque e negato sicurezza ai cittadini, aggirando la richiesta dell'Unione di ridurre
l'inquinamento di fiumi e laghi.
A seguito del referendum del 12 e 13 giugno 2011, che ha disposto l’abrogazione dell’art. 23 bis del
“Decreto Ronchi” in materia di affidamento e del “Codice Ambientale”, nella parte in cui riconosceva
nella tariffa del sistema idrico integrato una componente a garanzia di una adeguata remunerazione del
capitale investito, il settore è piombato in un vuoto regolativo da cui è necessario uscire. La remunerazione
del capitale era il costo del denaro che le aziende idriche (sia pubbliche che private) devono chiedere al
mercato per fare gli investimenti; in assenza la copertura dei costi è messa a repentaglio specialmente in
una fase in cui i tassi di interesse sono cresciuti enormemente.
25
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
I decreti n.138 del 18 agosto 2011 e n.1 del 24 gennaio 2012 sono successivamente intervenuti sulla
materia, con l’obiettivo di promuovere una maggiore concorrenza nei servizi pubblici locali escludendo
esplicitamente il servizio idrico integrato. Per quanto concerne la remunerazione del capitale investito, è
stato ritenuto che il referendum non possa pregiudicare i principi comunitari di recupero dei costi in
tariffa a garanzia dell’equilibrio economico-finanziario delle gestioni e non possa pertanto produrre effetti
sugli affidamenti già in essere. Ciononostante, il referendum ha introdotto diversi elementi di incertezza,
generando interrogativi sulla possibilità di sostenere nuovi investimenti nel servizio idrico fino
all’emanazione di una disposizione normativa chiarificatrice.
Il metodo tariffario vigente (normalizzato secondo il decreto ministeriale 1 agosto 1996) rimane in
vigore fino a quando non sarà riformato. In altri termini gli organi competenti AATO mancano di una
capacità di ridefinire il costo del servizio, e le imprese strette fra le urgenze e i tempi della gestione e gli
investimenti stabiliti dai piani d’ambito incontrano difficoltà nell’accesso al credito e meditano la
costruzione di un fondo di garanzia per fronteggiare le richieste di risarcimento della quota di
remunerazione oggi abolita.
In ambito nazionale i maggiori player si sono costituiti in imprese multiutility. I gestori del servizio
idrico non svolgono attività in altri comparti dei servizi pubblici locali nei due terzi dei casi nelle regioni
del Nord Ovest, del Centro e del Mezzogiorno; nel Nord Est sono invece multiutility nella maggioranza
dei casi. Nelle regioni settentrionali le imprese multiutility operano quasi sempre anche nella raccolta dei
rifiuti urbani; nelle altre aree del paese per lo più nel settore energetico. SMAT e Acquedotto Pugliese sono
le uniche imprese monobusiness a primeggiare sia dal punto di vista del valore della produzione sia della
marginalità.
Confronto Ebitda tra le maggiori multiutility e i maggiori gruppi monobusiness italiani (2010)
350
300
296
250
200
142
150
132
108
100
80
38
50
0
26
68
ACEA
HERA
AQP
IREN
SMAT
PUBLIACQUA ACEGAS
26
22
A2A
AMIACQUE
DOSSIER AMIAT, GTT, IREN, SAGAT, SMAT.
Sebbene la scelta multiutility sia stata operata da numerosi Gruppi non esiste un’evidenza perfetta del
vantaggio a diversificare il business per chi opera il servizio idrico integrato. A tal proposito una indagine
Banca d’Italia ho sottolineato come la stima non parametrica dell’efficienza delle gestioni affidatarie del
servizio mostra che le multiutility hanno un’efficienza di scala significativamente superiore rispetto alle
monoutility, ma un’efficienza tecnica significativamente inferiore, a indicare la scarsa presenza di economie
di scopo tra i processi produttivi dell’acqua e del gas, dei trasporti, dell’energia o dello smaltimento dei
rifiuti. I risultati, tuttavia, individuano una significativa variabilità tra il grado di efficienza tecnica dei
singoli gestori, che permane – seppure attenuata – quando dell’analisi vengono escluse le osservazioni
influenti.
In altri termini l’efficienza delle multiutility si misura sulla capacità di sostenere gli investimenti in
quanto più grandi e diversificate (nei settori a maggiore marginalità come l’energy), ma questa capacità
non è supportata dalla possibilità di generare sinergie significative tra settori. Questa è la ragione per cui
imprese delle dimensioni di SMAT e Acquedotto Pugliese sono in grado di concorrere con le maggiori
multiutility nazionali nel servizio idrico integrato.
Un recente report dell’International Water Association (International Search for Best Practices in
Management and Operations), diretto a valutare in chiave comparativa le performance di trenta imprese
europee, ha portato in luce un posizionamento di rilievo per il Gruppo SMAT. Per quanto riguarda la
distribuzione, SMAT si posiziona al vertice della classifica per il costo del servizio per metro3 di acqua
erogata, uno dei più bassi d’Europa, e allo stesso modo ricopre posizioni di rilievo sia per i costi generali
che per le attività di customer service e controllo di qualità della risorsa.
Nel 2010 SMAT ha sviluppato un indotto superiore ai 108 milioni di euro, la maggior parte dei quali si
è tradotta in un acquisti per beni e servizi da imprese e soggetti localizzati sul territorio provinciale.
Esercizio 2010
VALORE TOTALE
FORNITURA
108.046637
NUMERO
TOTALE
FORNITORI
1105
VALORE
FORNITURA/SISTEMA
METROPOLITANO
NUMERO
FORNITORI/SISTEMA
METROPOLITANO
58.799.231 (54%)
686 (62%)
Come per le altre imprese del settore idrico, le prospettive di sviluppo del Gruppo SMAT sono legate
alle future scelte che saranno assunte a livello nazionale. L’attuale quadro normativo non risolve i
problemi di sostenibilità industriale delle imprese, perché non individua soluzioni alternative a garantire la
copertura totale dei costi in tariffa dopo l’abrogazione degli articoli oggetto di referendum. Allo stesso
modo l’esito del referendum non è di fatto stato recepito, in quanto non è ancora stato stabilito il metodo
per definire le tariffe: la competenza per individuare il metodo è passata all’Authority per l'energia, la
quale è tuttora in fase di trasformazione dopo il recente ampliamento dei poteri.
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Una seconda fonte di attenzione è il recente “Decreto Liberalizzazioni” sui servizi pubblici locali (n.1
del 24 gennaio 2012). Nonostante si escluda esplicitamente il servizio idrico integrato dalle procedure di
cessazione degli affidamenti in house al 31.12.2012, è fonte di ambiguità il possibile assoggettamento delle
imprese in house ai vincoli del patto di stabilità. Allo stesso tempo non è chiaro quale normativa vada
seguita per le operazioni di reclutamento del personale.
Un ultimo aspetto da considerare è il momentaneo quadro di incertezza dovuto dalla bozza di riforma
regionale delle autorità d’ambito, avendo la Regione Piemonte presentato a dicembre 2011 una bozza di
riassetto della filiera ambientale e del servizio idrico integrato. In attesa di conoscere l’assetto finale del
documento, può valere la pena considerare l’esempio dell’Emilia-Romagna (Legge Regionale n.23 del 23
dicembre 2011) che ha promosso un riassetto organizzativo e di governo del sistema istituendo un unico
Ambito Territoriale Ottimale regionale. L’obiettivo della legge è ridurre il numero di attori in campo,
partendo già da una situazione storicamente diversa, meno eterogenea e frammentata rispetto a quella
piemontese. Una via a cui si dovrebbe forse ragionevolmente tendere, nel volgere di alcuni anni.
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DOSSIER
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Internazionale per svolgere attività di studio, consulenza, valutazione e proposta nel campo
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