Sul romanzo - Bollati Boringhieri

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Home › Blog › Jonathan Gottschall a Milano: “L’istinto di narrare”
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Jonathan Gottschall a Milano: “L’istinto di narrare”
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Autore: Annamaria Trevale
Lun, 15/09/2014 - 09:30
Invia Jonathan Gottschall ha parlato alla Fondazione Feltrinelli di Milano del
suo ultimo libro L’istinto di narrare – come le storie ci hanno resi umani
(traduzione di Giuliana Olivero, Bollati Boringhieri, 2014), all’interno di una
serie di incontri culturali tesi ad approfondire le tematiche legate al futuro
del libro.
Il titolo originale del libro The Storytelling Animal. How Stories Make Us
Human, introduce meglio di quello italiano il succo delle teorie di
Gottschall, esponente di ciò che viene definito darwinismo letterario:
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l’uomo è per natura un animale narratore, e nessun altro animale dipende
come lui dalla narrazione, un comportamento antichissimo che si può
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considerare innato.
Secondo Gottschall, la propensione dell’uomo alla narrazione discende da
ragioni evolutive. Noi passiamo la maggior parte della nostra
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esistenza ad assorbire storie, non solo leggendo romanzi e racconti,
naturalmente, ma anche guardando diverse ore di televisione al giorno,
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fatte soprattutto di fiction (molti più film, telefilm e reality che notiziari o altro),
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e persino ascoltando canzoni. Sebbene non sempre ce ne rendiamo
giorni
conto, passiamo anche molto tempo a raccontare storie:
Interviste a scrittori
chiacchierando con le altre persone, a cui riferiamo spesso notizie in forma
Case editrici
di racconto, e leggendo fiabe ai nostri figli, senza dimenticare i sogni, in cui
Interviste a editor e redattori
l’inconscio ci trasmette i suoi messaggi sotto forma di vicende compiute, che spesso possiamo raccontare al risveglio.
Interviste a blog letterari
L’istinto di narrare non è solo un testo letterario, perché per spiegare le sue tesi Gottschall ricorre alle neuroscienze,
Interviste a docenti
dedicando alcuni capitoli ai più recenti studi sul funzionamento del cervello umano e agli esperimenti condotti per registrarne le
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reazioni in determinate situazioni.
Letture
Ricordando lo spavento provato dagli spettatori che assistettero alla prima proiezione del film dei fratelli Lumière L’arrivo del treno
alla stazione di La Ciotat, e confrontandolo con le reazioni registrate pochi anni fa in un cinema tra coloro che assistevano a
Paranormal Activity, ci si può chiedere perché un disincantato spettatore contemporaneo, sapendo benissimo che ciò che
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appare sullo schermo è un racconto di finzione, possa ancora provare ansia, paura, addirittura terrore di fronte a certe
immagini.
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assolutamente nella vita, una
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La risposta sta nel fatto che il cervello reagisce
modi utili
automaticamente a determinate situazioni, rendendoci partecipi
Intervista a Paola Gallo,
più di quanto noi pensiamo e facendoci condividere le sensazioni
responsabile narrativa italiana
dei personaggi, a dispetto del fatto che, a livello razionale, siamo
Einaudi
consapevoli che si tratta di una finzione. Per questo le storie di
Classifica dei libri più venduti di
finzione – un film, un libro, così come una vicenda raccontataci a
tutti i tempi nel mondo
voce – possono emozionarci, commuoverci, divertirci anche se non
Agenzie letterarie: sei uno
sono vicende reali. Non sempre il loro effetto è positivo, ci
scrittore e vuoi un agente
avverte Gottschall attraverso due esempi in parallelo: se La
letterario? Pensaci bene prima
capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe fece crescere il
di…
movimento per l’abolizione della schiavitù negli USA, le vicende
narrate nelle opere di Wagner ebbero di sicuro un’influenza
notevole sulla formazione ideologica di Hitler.
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Le storie di finzione seguono sempre questo schema di base, in
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tutte le sue variazioni possibili: protagonista / problema da
affrontare / soluzione del problema.
Elucubrazioni
Pensieri della blogosfera
Tutti noi abbiamo bisogno di evadere periodicamente dalla realtà
per rifugiarci nelle storie di finzione, perché accrescono le nostre
competenze, ci fanno prefigurare le conseguenze di azioni o eventi
Fari Internazionali
La letteratura nel mondo
senza farci correre rischi (imparo dal protagonista a superare un
problema che potrei dover affrontare personalmente), ci fanno vivere più vite parallele.
In base a queste considerazioni, il capitolo più interessante di L’istinto di narrare è forse quello in cui, contestando tutte le
teorie sulla presunta “morte del romanzo”, Gottschall sostiene che l’innato bisogno umano di storie di finzione stia trovando
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uno sbocco fondamentale nei videogiochi, e soprattutto nei giochi di ruolo.
Cosa c’è di meglio per un impiegato, costretto a stare per tutta la settimana seduto a una scrivania in un anonimo ufficio, nel quale
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deve svolgere mansioni ripetitive, dell’ accendere il suo computer, a casa, per immedesimarsi nell’audace protagonista di un
videogioco ambientato nel Rinascimento, tra complotti, battaglie e dame da conquistare, oppure nel soldato impegnato nei
combattimenti della seconda guerra mondiale, provando una gamma sterminata di emozioni ma restandosene sano e salvo
davanti allo schermo?
Questo si avverte ancora di più nei giochi di ruolo, dove i partecipanti fanno uso di costumi e raggiungono un livello molto alto di
immedesimazione nei personaggi: a chi giudica negativamente questo tipo di passatempi, Gottschall ricorda che non sono molto
diversi dalle rappresentazioni teatrali, che fanno parte da millenni di tutte le culture in ogni parte del mondo.
In conclusione, L’istinto di narrare ci rende consapevoli di molti aspetti ignorati o trascurati del nostro continuo e fondamentale
rapporto con lo sterminato mondo della fiction.
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