LookOut Magazine n. 17 - lug-ago 2015

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LookOut Magazine n. 17 - lug-ago 2015
CLIMA E GLOBALIZZAZIONE L’Enciclica di Papa Francesco
anno III - n. 17 luglio-agosto 2015 |
www.lookoutnews.it
I DOSSIER “CALDI” DELL’ESTATE
di Mario Mori
L’editoriaLe
entre l’Italia si appresta a
“chiudere per ferie”, il resto del mondo continua a
essere interessato da tensioni, conflitti e crisi di varia natura. Per questo motivo, abbiamo pensato di
comporre un numero speciale, che
speriamo vi accompagni in vacanza,
polarizzato sui tre principali focolai
di instabilità internazionale del momento - la crisi ucraina, la crisi greca e il Medio Oriente - con sullo sfondo l’ultimo
messaggio rivolto da Papa Francesco all’umanità con l’Enciclica Laudato Si’.
Anche se i media hanno attenuato
l’attenzione sul problema, la crisi
ucraina continua a mettere in discussione non soltanto la pace nella regione ma anche il nuovo confronto
Est-Ovest, un confronto che vede
l’Amministrazione americana pericolosamente incline a valutare opzioni di guerra, senza che il tema
dell’autonomismo delle regioni russofone venga affrontato con razionalità e attenzione.
In tema di Grecia, ci siamo tolti i
guanti del “politicamente corretto”,
ponendo chiaramente in discussione
la volontà egemonica di una Germania che non sembra in grado di entrare
M
nella geopolitica europea senza pretendere di riaffermare un ruolo di
strapotere che già in passato è stato
fonte di disastri per il Vecchio Continente. All’analisi politico-economica
della crisi tra Grecia, UE e Germania,
abbiamo affiancato una ricostruzione puntigliosa dello scandalo che
nel 2011 distrusse la carriera politica
di Dominique Strauss-Kahn, impedendogli l’accesso all’Eliseo e privando la Grecia di un “creditore”
(DSK era direttore del FMI) disposto
- in tempi non sospetti - a ridiscutere il debito di Atene senza distruggerne l’economia.
Il terzo punto del nostro dossier riguarda il Medio Oriente, il suo presente e il suo futuro prossimo alla luce dell’aggressività del Califfato e di
quel confronto tra sciiti e sunniti che
probabilmente comporterà la definizione di nuove frontiere geografiche
e politiche.
Insomma, i lettori che vorranno seguirci anche durante le meritate vacanze avranno l’opportunità di continuare a riflettere sui problemi che
inevitabilmente alla ripresa autunnale ci ritroveremo ad affrontare come
cittadini di un Continente tutt’altro
che pacifico e tranquillo.
16IL QUARTO REICH
| anno III - numero 17 - luglio-agosto 2015
ambiente
6 città deL vaticano
Conversione ecologica
16 mondo
Una lunga estate calda
europa
6
16 bruxeLLes
Il quarto Reich
22 germania
Comandiamo noi
conversione ecoLogica
L’encicLica di papa francesco
24 francia
Come trombare
un presidente
L’inchiesta
guerra ucraina
3828
L’inchiesta
Materiale inedito
proveniente
da fonti autorizzate
del governo ucraino
di Kiev
guerra ucraina
28 dombass
Who are you?
32 La versione di Kiev
sulle “spie” russe
34 donetsk
La prima linea
tempi moderni
Nella Umma, la comunità islamica
intesa in senso universale, è in
corso una guerra civile per
disegnare le future istituzioni
che governeranno l’Islam.
Dove andrà la “riespansione
islamica”? La posta in gioco è
alta e la guerra è ancora
il mezzo per raggiungerla
24
come
trombare
un
presidente
iL giaLLo
deLLo scandaLo
strauss-kahn
medio oriente
38 stato isLamico
Tempi moderni
42 egitto
Niente luci in fondo
al tunnel
46 sinai
Formicaio della Jihad
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l’aggiornamento quotidiano dal mondo
48 siria-iraq
Il nuovo volto
del Medio Oriente
FACES
Storico patto
nucleare
Vienna
dopo un decennio
di negoziati, l’iran e le sei
maggiori potenze mondiali
hanno raggiunto un accordo
sul nucleare martedì 14 luglio
2015, anniversario della
rivoluzione francese.
Protagonisti della storica
intesa, il ministro degli esteri
iraniano Mohammad Javad
Zarif e l’alto rappresentante
dell'unione europea per gli
affari esteri e la Politica di
Sicurezza Comune, Federica
Mogherini. un successo
personale di Lady PeSC e del
governo italiano che, in
questo modo, si è aperto la
strada
a importanti accordi
economici che potrebbero
portare l’export italiano a un
balzo di 3 miliardi di profitti.
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geopoLitica
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ambiente
CONVERSIONE
ECOLOGICA
Solo un nuovo modello
di sviluppo globale basato
sulla centralità della famiglia,
sulla giustizia sociale e sulla
responsabilità ambientale può
salvare il nostro pianeta.
Parola di Jorge Mario Bergoglio
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ambiente
CITTÀ DEL VATICANO
a seconda enciclica del pontificato di Papa Francesco,
Jorge Mario Bergoglio, già vescovo di Buenos Aires e
primo uomo dell’Ordine della Compagnia del Gesù a
salire al soglio di Pietro, ha il titolo inequivocabile di
Laudato Si’ ed è dedicata al rapporto tra umanità e
ambiente naturale. La lunga riflessione del Pontefice
affronta tutte le tematiche prodotte dallo sfruttamento indiscriminato da parte dell’uomo dell’ambiente naturale da un punto di vista olistico. Il titolo è un chiaro richiamo a San Francesco e al suo Laudato Si’ come “esempio
per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo
dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani.
Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione
di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era
amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo
cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva
con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con
gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino
a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la
pace interiore” (paragrafo 10).
L
coMe convivere sulla Terra
Il fine dell’Enciclica è quello di unire l’umanità nella ricerca di un sentiero di sviluppo sostenibile e integrale, che
riconosca come il libro della natura sia indivisibile e riaffermi l’indissolubile unità dell’uomo con la casa che lo
ospita e la loro intima relazione poiché sono costituiti dagli
stessi elementi chimici. La Lettera Enciclica affronta quindi
tutti i temi della convivenza sul pianeta Terra, dai rapporti
tra e nelle generazioni, alla giustizia sociale, allo sfruttamento sostenibile delle risorse, alla tutela della biodiversità, al diritto all’accesso ai beni primari come l’acqua, nella
prospettiva di definire una nozione di sviluppo che si distingua da quella di crescita economica. Quest’ultima viene caratterizzata negativamente, perché guidata dalla semplice ricerca del profitto e, per sua stessa natura, dissipativa e distruttiva di ogni risorsa naturale e ambientale e, soprattutto, caratterizzata da un consumismo fine a se stesso, per ciò stesso senza limiti.
L’Enciclica riconosce “l’intima relazione tra i poveri e la
fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è
intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle
forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia;
la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita. Questi
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I TEMI
AFFRONTATI
giustizia sociale,
sfruttamento
sostenibile delle
risorse, tutela
della biodiversità,
diritto all’accesso
ai beni primari
come l’acqua
temi non vengono mai chiusi o abbandonati, ma anzi costantemente ripresi
e arricchiti” (paragrafo 16).
Il Papa inizia la sua riflessione osservando come i cambiamenti imposti
al sistema Terra siano troppo veloci a
fronte dei lenti tempi biologici che ne
hanno scandito l’evoluzione: “La continua accelerazione dei cambiamenti
dell’umanità e del pianeta si unisce
oggi all’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro, in quella che in spagnolo alcuni chiamano ‘rapidación’ (rapidizzazione, ndr). Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei
sistemi complessi, la velocità che le
azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica. A ciò si aggiunge il problema che gli obiettivi di questo cambiamento veloce e costante non
necessariamente sono orientati al bene comune e a uno sviluppo umano,
sostenibile e integrale” (paragrafo 18).
Il clima è un bene comune e il riscaldamento globale (global warming) - caratterizzato dall’esplosione
ambiente
della frequenza dei fenomeni metereologici estremi come alluvioni, siccità e bolle
di calore - altro non è se non
la manifestazione di questo
impetuoso cambiamento. Il
cambiamento climatico, che
anche il Papa attribuisce in
massima parte all’azione dei
gas serra prodotti dall’azione dell’uomo (produzione di
energia, deforestazione, allevamento, antropizzazione,
etc.) ha e avrà sempre più
effetti destabilizzanti e devastanti sulle comunità, in particolare su quelle più deboli.
Il cambiamento climatico
produrrà l’innalzamento dei
mari e la loro acidificazione,
compromettendo i sistemi di
sostentamento di intere popolazioni e originando imponenti e inarrestabili migrazioni (paragrafo 22).
Anche l’acqua è un bene
comune e il suo accesso libero va garantito a tutti gli uomini, così come va tutelata la biodiversità, non solo perché
ha un valore per l’uomo, ma anche per il valore che ha in
sé, in quanto come ricorda il Vangelo quando Gesù parla
degli uccelli dice che “nemmeno uno di essi è dimenticato
davanti a Dio” (Lc 12,6) (paragrafo 96).
l’aBuso della Tecnologia e la difesa
dell’aMBienTe
Il Papa critica direttamente e in modo appassionato la fede
che l’uomo ripone nella tecnologia. Afferma che la sottomissione della politica
alla tecnologia e alla finanza è il principale responsabile dello stato di criticità in
cui versa il pianeta e l’umanità. Il Papa
denuncia, quindi, la natura umana della
crisi ecologica e critica direttamente l’assurda e insensata fede che l’umanità manifesta nei confronti della tecnologia, della globalizzazione e nell’azione del mercato. Quale equilibrio può esserci in un
modello di sviluppo che dissipa e distrugge le risorse che consentono di generarlo, che riproduce
miseria ed esclusione e che non misura i danni che esso
stesso produce?
L’enciclica affronta poi tutti i temi caldi dell’ecologia: gli
organismi geneticamente modificati, la biodiversità, la
deforestazione, l’uso della terra, l’uso dei combustibili fossili, l’uso delle risorse esauribili, i beni comuni, l’applicazione del principio di precauzione, l’equità intergenerazionale e la giustizia intragenerazionale (centinaia di milioni
di individui sotto la soglia di povertà a fronte dell’abbondanza del Nord del Mondo).
Il Pontefice dichiara che “la protezione ambientale non
può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario
di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di
promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene
evitare una concezione magica del mercato, che tende a
pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei
profitti delle imprese o degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti
si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle
prossime generazioni? All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi
tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati
dall’intervento umano. Inoltre, quando si parla di biodiversità, al massimo la si pensa come una riserva di risorse
economiche che potrebbe essere sfruttata, ma non si considerano seriamente il valore reale delle cose, il loro significato per le persone e le culture, gli interessi e le necessità
dei poveri” (paragrafo 190).
In questo contesto i fallimenti delle conferenze mondiali
sul clima e sull’ambiente testimoniano l’insensibilità ai temi ecologici e, soprattutto, che “le vie di mezzo sono solo
un piccolo ritardo nel disastro” (paragrafo 194).
Si tratta quindi di realizzare una vera e propria conversione ecologica, che partendo dalla famiglia riaffermi la
centralità nell’agire dell’uomo dell’estetica e dell’educazione alla responsabilità ambientale, a cominciare dal principio che “meno è di più”, e realizzi un’alleanza tra l’umanità e l’ambiente (paragrafo 202). In sintesi, affermare un
L’AMBIENTE È UNO DI QUEI BENI
“
CHE I MECCANISMI DEL MERCATO
”
NON SONO IN GRADO DI DIFENDERE
nuovo modello di sviluppo globale che punti su nuovi stili
di vita capaci di “esercitare di una sana pressione su coloro
che detengono il potere politico, economico e sociale” (paragrafo 206). Due preghiere per la Terra e il Creato concludono
l’Enciclica di Papa Francesco.
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ambiente
MONDO
disagi di questi giorni raccontano
di quello che passerà alla cronaca come il luglio più caldo degli
ultimi cento anni, prossimo a
quell’incredibile bolla di calore
che investì l’Europa nel 2003. Le
temperature nelle città hanno superato i 40 gradi e l’acqua dei mari si
è avvicinata pericolosamente ai 30
gradi. Questa situazione, assolutamente eccezionale per la prolungata
permanenza delle temperature attorno ai 40 gradi, è originata dalla presenza di una profonda depressione
nell’Oceano Atlantico settentrionale,
dove si è assistito a un brusco calo
della temperatura. Questa depressione
atlantica ha fatto si che sull’Europa
mediterranea si installasse un anticiclone africano responsabile delle elevate temperature e dell’elevato grado
di umidità dell’aria.
La situazione, a meno di temporanee interruzioni dovute a cedimenti
del fronte anticiclonico africano, potrebbe durare almeno fino a ferragosto,
poiché nessuno è in grado di predire se
continuerà a prevalere l’anticiclone
africano o si installerà sulla penisola il
più benevolo Anticiclone delle Azzorre, il protagonista indiscusso delle piacevoli estati del secolo scorso.
Già in primavera i meteorologi avevano avvertito che dopo cinque anni
di assenza si era andata formando al
largo del Pacifico Equatoriale l’imponente corrente di acqua calda conosciuta con il nome di El Niño (il Bambino), giacché si forma nei giorni di
Natale. A luglio El Niño-Southern
Oscillation (ENSO), che già ha provocato piogge torrenziali in Perù ed
Ecuador e indotto le autorità di questi
Paesi a dichiarare lo stato di emergenza, ha mostrato una tendenza a rafforzarsi determinando un aumento della
temperatura dell’oceano ben oltre i
valori medi di +0,5°.
Secondo l’ultimo rapporto del NOAA (National Oceanic and Atmopheric Administration) degli USA, la più
I
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UNA
LUNGA
CALDA
ESTATE
Temperature
attorno ai 40
gradi destinate
a durare
almeno fino
a ferragosto.
Quanto incidono
i cambiamenti
climatici dovuti
al riscaldamento
globale?
qualificata agenzia per lo studio del clima, continua lo stato anomalo delle temperature nell’Oceano Pacifico con livelli di anomalia superiori a +1° nel mese di giugno. Le
anomalie registrate anche negli indici delle oscillazioni tradizionali ed equatoriali delle temperature oceaniche e la
presenza di venti anomali in quota, riflettono la tenANIDRIDE
denza al rafforzamento di El Niño. In queste condizioni, le previsioni del NOAA indicano che, con
CARBONICA
una probabilità maggiore del 90%, El Niño inveE GAS SERRA
stirà l’emisfero boreale nell’inverno del 2016 e
sTanno
che, con una probabilità dell’80%, si protrarrà anModificando
che alla primavera del prossimo anno.
IL CLIMA
QuanTo incide il riscaldaMenTo
gloBale?
Si tratta di un evento ciclico-stagionale o di un effetto del
cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale?
Difficile rispondere univocamente a questa domanda sulla
base di un singolo evento, seppure importante e generale.
Tuttavia è possibile avanzare alcune considerazioni.
Seppure le temperature globali abbiano manifestato una
certa stabilità nell’ultimo decennio, contro le previsioni del
ambiente
cosiddetto modello a “mazza da hockey” (hockey stick) teorizzato da Michael Mann e dai suoi colleghi dell’IPCC (Intergovernmental Panel on
Climate Change), è innegabile che
l’aumento della concentrazione di
anidride carbonica e di altri gas serra
nell’atmosfera terrestre stia modificando il clima del pianeta. Lo scioglimento
dei ghiacciai perenni, dei Poli e dei
ghiacciai a causa della maggiore velocità di fusione dell’acqua e il conseguente scivolamento del ghiaccio, stanno facendo crescere il livello degli oceani.
Allo stesso modo, l’aumento delle temperature delle acque oceaniche e la loro
acidificazione sta provocando la scomparsa di numerose forme di vita, in primo luogo dei coralli che costituiscono
le barriere, cioè il più importante ecosistema ambientale marino.
Il documento di riferimento sul tema del clima non può che essere il 5°
Rapporto Cambiamento Climatico
Globale dell’IPCC (2014). Il rapporto è
0,85
GRADI CENTIGRADI
La CreSCita deLLa
teMPeratura gLobaLe
neL Periodo 1880-2012
9,5
GIGATONNELLATE
DI CARBONIO
Le eMiSSioni di Co2
neL 2011
il frutto di ricerche e analisi durate circa
sei anni, che hanno coinvolto centinaia
di scienziati in tutto il mondo. Le evidenze presentate sono allarmanti e disegnano scenari per i prossimi decenni
preoccupanti, quando non catastrofici.
Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile e dal 1950 sono
stati osservati cambiamenti mai avvenuti in decine di millenni. L’atmosfera
e gli oceani si sono riscaldati, la quantità di neve e ghiaccio è diminuita, il
livello dei mari è cresciuto e la concentrazione di anidride carbonica
(CO2) e altri gas serra nell’aria è cresciuta. La temperatura globale (terra e
mari) è cresciuta nel periodo 18802012 di 0,85 C° (0.65-1.06) e dal 1950
si è osservata una crescita dei fenomeni metereologici estremi (ondate di
calore, ondate di gelo, precipitazioni
alluvionali, siccità prolungate). Il riscaldamento delle acque superficiali
(0-700 metri) degli oceani nel periodo
1971-2010 è certo.
ANOMALIE DELLE TEMPERATURE DELLE ACQUE SUPERFICIALI EQUATORIALI
nel corso delle ultime quattro settimane, si è verificato un aumento delle anomalie nelle acque equatoriali nella parte
orientale del Pacifico centrale.
fonte: noaa - national oceanic and atmopheric administration (luglio 2015)
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ambiente
Negli ultimi due decenni i ghiacci dell’Antartide e della
Groenlandia si sono ridotti ed è diminuita, e continua a ridursi, la copertura di ghiaccio del Mare Artico e la copertura nevosa dell’emisfero boreale. Il livello dei mari è cresciuto come non mai nei due millenni precedenti, nell’ultimo secolo di circa 19 centimetri e negli ultimi anni al ritmo record di 3,2 millimetri all’anno. Sembra poco ma le
Maldive hanno un’altezza media sul mare di 2,4 metri e 50
centimetri mandano sott’acqua New York.
La concentrazione di CO2 nell’aria ha raggiunto le 391
parti per milione (picco assoluto) e sta acidificando gli
oceani. Inoltre, la CO2 prodotta dalle attività umane è ritenuta essere la causa principale del cambiamento dei flussi
di energia nel pianeta, per intenderci i motori che governano il clima (venti, piogge, stagioni, etc.). Le emissioni annuali di CO2 da combustibili fossili e per la produzione di
cemento sono state di 8,3 gigatonnellate (1015 grammi) di
carbonio l’anno nel periodo 2002-2011 e di 9,5 gigatonnellate di carbonio nel 2011, il 54% in più del 1990.
scenari fuTuri
Nella sezione “E” il Rapporto presenta le analisi di scenario, la cui attendibilità è, come detto, attribuita attraverso
giudizi qualitativi di probabilità. Nello scenario più probabile si ritiene che, continuando in questo modo, entro la fine del secolo si determinerà un aumento medio della temperatura di 1,5 C°. La stima corregge al ribasso quanto previsto dal precedente rapporto che parlava di 2 C°, ma non
cambia la sostanza delle cose. La temperatura degli oceani
GLI EFFETTI DEI
CAMBIAMENTI
CLIMATICI
diffusione
delle malattie
trasmesse
da insetti come
malaria, febbre
gialla, dengue,
lyme, lesmaniosi
e febbre del nilo
e flussi migratori
dall’africa sempre
più massici
continuerà a crescere, come pure il loro livello. I ghiacci continueranno a ridursi e le precipitazioni aumenteranno, come pure le bolle di calore e le
siccità. Inoltre va chiarito bene che
una media di 1,5 C° vuol dire che le
variazioni saranno difformi su base regionale, come già avvenuto in questo
secolo dove i picchi di temperatura (oltre 2,5 C°) si sono verificati in Sud
America, Canada, Russia e Africa. Allo
stesso modo i picchi delle precipitazioni (oltre 100 mm) si sono concentrati
nelle Americhe, in Australia, in Europa, Cina, India e Sud Est Asiatico.
In queste condizioni sono attesi
eventi capaci di sconvolgere le più o
meno ordinate esistenze degli abitanti
del Nord del mondo. Anche in Italia, il
Paese del clima mite, è atteso un aumento degli eventi estremi, come le recenti elevate temperature o le alluvioni
primaverili, con i relativi costi in termini economici e di vite umane. In generale, si avrà anche una recrudescenza e
diffusione delle malattie trasmesse da
insetti come malaria, febbre gialla, dengue, lyme, lesmaniosi e febbre del Nilo.
Soprattutto, si dovranno considerare i
ENTRO LA FINE DEL SECOLO SI DETERMINERÀ UN AUMENTO
“MEDIO
DELLA TEMPERATURA DI 1,5 GRADI CENTIGRADI
”
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ambiente
massici e inarrestabili flussi di disperati, dall’Africa soprattutto, che cercano
approdo sulle coste dell’Europa mediterranea, non come effetti temporanei
dovuti a cause occasionali (guerre, pulizie etniche o religiose), ma come
avanguardie di inarrestabili migrazioni
indotte da siccità, alluvioni, carestie,
distruzioni di raccolti e allevamenti.
La Grande Recessione, avviata dalla
crisi dei mutui subprime e nella quale
ancora si dibatte l’Unione Europea, ha
determinato una drastica riduzione a
livello globale dell’emissione di anidride carbonica in atmosfera (attorno
al 11% nei soli USA), ma ciò non è
stato sufficiente a evitare gli eventi climatici estremi.
In conclusione, la stabilizzazione della quantità di CO2 in atmosfera, su cui
le nazioni litigano da anni, non è più rimandabile giacché il cambiamento climatico indotto è irreversibile su di una
scala di millenni. Già da ora è lecito attendersi una prolungata (per secoli)
azione inerziale del surriscaldamento
con inevitabili manifestazioni estreme,
anche qualora dovessero essere rimosse
le cause che l’hanno determinato.
ANOMALIE NELLA TEMPERATURA ANNUALE E GLOBALE
DELLA SUPERFICIE TERRESTRE E DEI MARI 1986-2005
CAMBIAMENTI RELATIVI ANNUALI E GLOBALI
DEL LIVELLO DEI MARI 1986-2005
CONCENTRAZIONI DI ANIDRIDE CARBONICA (VERDE) E GAS SERRA
(METANO-ARANCIO-E PROTOSSIDO DI AZOTO-ROSSO) NELL’ATMOSFERA
fonte: iPcc
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PLACES
I luoghi meno
conosciuti al mondo
Sistema solare
Plutone fotografato
dal reconnaissance imager
Long range (Lorri) a bordo
della navicella spaziale new
Horizons della naSa.
L’immagine è stata scattata
il 13 luglio 2015 quando
la sonda, dopo nove anni
e mezzo di viaggio
nello spazio, ha compiuto
il passaggio ravvicinato a
12.500 chilometri da Plutone,
il lontano e oscuro pianeta
ai confini del nostro
Sistema Solare.
alle 13.49, ora italiana,
ha inviato questa immagine
al Johns Hopkins university
applied Physics Laboratory
(aPL) di Laurel, Maryland
(foto sotto).
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geopoLitica
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europa
IL QUARTO
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REICH
Se la partita per
la Grexit è chiusa
e lo spettro dell’uscita
dall’UE è scongiurato,
altre difficoltà
attendono l’Unione
Europea. Una su tutte?
Lo strapotere tedesco,
che impone sacrifici
e regole a proprio
vantaggio
di Luciano Tirinnanzi
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europa
consapevoli del fatto che il popolo greco capirà l’alto valore politico del gesto, anziché far implodere la Grecia e
l’Unione Europea in un sol colpo. Una scelta che ha pagato
anche l’Italia a suo tempo. A che prezzo però?
BRUXELLES
“Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il
nostro governo favorisce i molti invece dei
pochi e, per questo, viene chiamato demo- la feriTa del referenduM greco
I mercati al momento sembrano aver dato ragione all’accrazia. Qui ad Atene noi facciamo così […] cordo.
Anche perché, come ormai fanno tristemente notare
Un uomo che non s’interessa allo Stato noi gli analisti e i commentatori politici, ormai sono solo loro
non lo consideriamo innocuo ma inutile, e i veri protagonisti della politica degli Stati. Ciò nonostante,
“la strada sarà lunga, e, a giudicare dai negoziati di
benché in pochi siano in grado di dar
stasera, difficile”, ha tuonato il cancelliere tedevita a una politica, beh, tutti qui
sco Angela Merkel, con una punta d’irritazione
LA STRADA
e di sonno arretrato nella voce. A farle da conad Atene siamo in grado di giudiSARÀ LUNGA,
traltare, come ormai ci ha abituato l’Eliseo, è
carla. Noi non consideriamo la E, A GIUDICARE stato il commento di Francois Hollande: “AbDAI NEGOZIATI,
biamo anche dovuto dimostrare che l’Europa
discussione come un ostacolo sulla
DIFFICILE
è
in grado di risolvere una crisi che ha minacvia della democrazia”.
ciato la zona euro per diversi anni” ha detto il
presidente francese. Sarà, ma lo scenario che si
profila davanti a noi sembra piuttosto quello di un
Quarto Reich euro-tedesco.
Una settimana fa Berlino e Bruxelles si sono dovute piegare alla democrazia perché, nonostante tutto, “Qui ad
Atene noi facciamo così”. Ma l’orgoglio ateniese e lo schiaffo ai diktat tedeschi potevano durare giusto il tempo di capire che bisogna comunque piegarsi alle regole euro-tedesche. “Ci aspettiamo che il parlamento di Atene approvi
tutte le condizioni” anche perché “non esiste un piano B”
ha chiosato la Merkel sull’argomento.
a. Merkel
on sono le parole di Alexis Tsipras all’indomani della lunga domenica greca che ha consentito al suo governo di evitare il default, ma
quelle pronunciate nel Discorso agli Ateniesi del
431 a.C. da Pericle, il generale simbolo dell’età dell’oro greca, nell’imminenza della guerra del Peloponneso (che poi vedrà Atene sconfitta).
Queste parole ben si attagliano al sentimento che deve
aver guidato le scelte del leader di Syriza verso la “battaglia
finale” per evitare la Grexit: meglio dialogare con la Troika,
N
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europa
Il referendum greco brucia ancora agli occhi dei guardiani dell’austerity economica e, secondo
alcuni, la soluzione di quella lunga notte di contrattazioni è frutto
anche del rancore nei confronti
del governo Tsipras, reo di aver
schiaffeggiato pubblicamente
proprio l’austerity (il cui copyright è notoriamente tedesco)
con un “colpo di democrazia”.
Così la pensa anche un premio
Nobel per l’Economia come Paul
Krugman, che dalle colonne del
New York Times scrive come le
richieste avanzate alla Grecia
siano una “follia vendicativa”,
una “completa distruzione della
sovranità nazionale” e “un grottesco tradimento di tutto quello
che significa il progetto europeo” al punto che l’economista
immagina “un colpo fatale” inferto al progetto europeo. Il colpevole? “Qualunque cosa voi
pensiate di Syriza o della Grecia,
non sono stati i greci a
darlo”. L’accusa è rivolta alla
Germania, ovviamente.
il doMinio Tedesco
sull’euroPa
Berlino, come noto, oggi mantiene intatto il proprio inossidabile potere economico sull’Eurozona, al punto che il corposo
pacchetto di riforme imposto alla Grecia non solo dovrà essere
approvato dal parlamento greco
entro tre giorni, ma sarà sottoposto anche all’accettazione e al
controllo sistematico dei creditori, ovvero la Troika, dietro cui si
celano i mastini burocratici che
tanto piacciono al ministro delle
Finanze tedesco, Wolfgang
Schauble, autore di uno scontro
verbale persino contro il serafico
e pacatissimo capo della BCE,
Mario Draghi.
Atene ha certo responsabilità
gigantesche in questa storia: ha
falsificato i bilanci dello Stato,
ha mantenuto un sistema di spesa
pubblica allegra, ha creato mostri
come le baby pensioni, ha permesso un’evasione fiscale colossale e offerto una spregiudicata protezione fiscale agli armatori greci,
tutelati persino in Costituzione. E
l’Unione Europea ha ragione nel
volersi tutelare e nel puntare a sopravvivere.
Ma è altrettanto vero che Berlino, pur nel recinto dell’Unione
Europea, agisce con una tecnica
finanziaria così aggressiva e tracotante, che ormai ha superato la sovranità stessa degli Stati e la politica tout court. Il cancelliere Merkel e il suo ministro Schauble
sembrano essersi impossessati
UN GROTTESCO TRADIMENTO DI TUTTO
“QUELLO
CHE SIGNIFICA IL PROGETTO EUROPEO
”
delle istituzioni europee e mirano
evidentemente a una cessione di
sovranità da parte dei popoli degli
Stati membri, in favore di organismi tecnici gestiti da Berlino con
l’appoggio dei suoi ex alleati della
Seconda Guerra Mondiale. L’Italia
e Silvio Berlusconi, destinatario di
una lettera ultimativa della Troika,
lo ricorderanno di certo.
Tutto questo potrebbe non portare l’Europa al disastro, ma di
certo potrebbe condurre verso il
Quarto Reich euro-tedesco. E la
storia insegna che ogni volta che
la Germania si affaccia nella geopolitica superando il recinto dei
confini nazionali per diluirsi in
quello europeo, crea disastri. Ma,
attenzione, guai a dire che ciò che
fanno i tedeschi oggi è sbagliato in
assoluto: se c’è una colpa, quella
non è di Berlino, ma di tutti noi
che glielo permettiamo.
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19
europa
Discorso di Pericle sulla democrazia
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei
pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per
tutti nelle loro dispute private, ma noi non
ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso
sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo
Stato, ma non come un atto di privilegio, come
una ricompensa al merito, e la povertà non
costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla
vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno
dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo
se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci
piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare
qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici
affari quando attende alle proprie faccende
private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci
è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non
dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che
ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi
non scritte che risiedono nell’universale sentimento di
ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non
lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in
pochi siano in grado di dare vita ad una politica,
beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un
ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della
libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola
dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando
in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la
prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è
per questo che la nostra città è aperta al mondo e
noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Pericle - Discorso agli Ateniesi, 431 a.C.
GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE ANNO PER ANNO
1952
20
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1973
1981
1986
europa
le daTe chiave su coMe i crediTori si PreParano
a disTriBuire gli 86 Miliardi di euro coMe ParTe del PaccheTTo di aiuTi
giugno 2015
La bCe termina il finanziamento d’emergenza. La grecia
chiude le banche, impone controlli sui capitali e indice
referendum sulle condizioni di salvataggio dell’ue.
13 luglio
L'eurogruppo dei ministri delle Finanze della zona euro ha
discusso le opzioni del finanziamento ponte per la grecia
che aiuteranno rafforzare la sua economia nel breve termine.
16 luglio
La banca Centrale europea (bCe) si riunisce. all’ordine
del giorno il credito alle banche greche attraverso
l’emergency liquidity assistance (eLa).
20 luglio
giornata cruciale: previsto il pagamento di 3,5 miliardi
di euro da parte della bCe. atene presenta i piani di
ammodernamento e di ristrutturazione amministrativa.
agosTo 2015
atene avrà probabilmente bisogno di ulteriori
5 miliardi di euro.
oTToBre 2015
Verifica dei creditori sulla riforma delle pensioni
del governo greco, entro la fine del mese.
fonte: cnBc
1995
2004
5 luglio
al referendum vince il “no” alle condizioni dell’europa
da imporre alla grecia, con il 61,3% dei voti. il ministro
delle Finanze greco Yanis Varoufakis si dimette.
15 luglio
il parlamento greco vota sia il pacchetto di salvataggio
sia le misure che il governo deve attuare per ricevere
la ricezione di fondi di emergenza. gli Stati membri
iniziano a votare al piano di salvataggio.
17 luglio
La germania vota gli aiuti alla grecia.
22 luglio
revisione del sistema giudiziario greco e processo
di riduzione dei costi. atene deve adottare il “libro delle
regole” ue sui protocolli per le banche in difficoltà.
auTunno 2015
Le autorità di vigilanza bCe condurranno una valutazione
globale del programma di salvataggio greco dopo
l'estate.
Marzo 2016
L’aiuto finanziario del FMi alla grecia giunge alla fine.
in caso di necessità, atene dovrà fare domanda per un
ulteriore sostegno da parte del Fondo dopo questa data.
2007
2013
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21
europa
BERLINO
el 2009 le banche francesi e
tedesche hanno immobilizzato ingenti capitali nei titoli dei
Paesi dell’Eurozona mediterranea, che forniscono differenziali d’interesse. Per la
Germania sono essenzialmente il risultato degli impressionanti
attivi nella bilancia dei pagamenti, garantiti dall’euro forte, dall’allargamento a est dell’UE in aree dove è possibile decentrare le produzioni intermedie
dei prodotti tedeschi, dalla compressione salariale delle riforme Hartz e
dalla sostanziale assenza d’inflazione.
Quando si è manifestata la crisi greca
Nicholas Sarkozy, un presidente opaco che tutti davano come perdente
contro il candidato socialista Strauss
Kahn nelle elezioni del 2012 (peraltro,
coinvolto in diversi scandali come
l’Affaire Tapie), e Angela Merkel, che
aveva dovuto già rifinanziare per oltre
250 miliardi le banche locali tedesche
e salvare dalla bancarotta CommerzBank, erano consapevoli che l’eventuale ristrutturazione del debito dei
Paesi mediterranei dell’Eurozona
avrebbe potuto determinare effetti disastrosi sulle loro economie nazionali
N
L’EUROPA
CHE CONTA
Francois Hollande
e angela Merkel
si stimano
ma non si amano
di Ottorino Restelli
Comandiamo NOI
e rendere impossibile la loro rielezione. Si è formata così quell’innaturale e
opportunistica alleanza continentale,
che a partire da quell’epoca determinerà non solo lo sviluppo della Grande Recessione nell’UE, ma anche
l’esplosione del fenomeno dell’immigrazione in seguito alla destabilizzazione, senza alternative e senza piani,
dei regimi mediorientali.
Nonostante l’opposizione netta
dell’allora direttore generale del FMI
22
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Strauss Kahn, si è formata ben presto
l’idea che il debito dei Paesi in crisi
non debba essere ristrutturato (haircut) ma sostituito con dei prestiti internazionali (bailout). A complemento di quest’azione è stata adottata come linea guida la teoria dell’austerità
espansiva, che prevede l’attuazione di
manovre pro-cicliche (tagli di spesa,
aumenti della tassazione, nessuna politica monetaria, etc.) per risolvere la
crisi che via via si andava estendendo
esM
il Meccanismo europeo di Stabilità
(anche detto Fondo Salvastati)
è lo strumento istituito dagli Stati
membri dell’eurozona il 9 maggio
2010 per far fronte alla grande
recessione e finanziare gli Stati
membri preservando la stabilità
dell’eurozona in simili casi
di difficoltà.
europa
322
miliardi di euro
iL debito CHe atene non
Ha onorato neL 2009
Bailout
Grecia
atene è aL terZo
SaLVataggio traMite
PreStito Per eVitare
La banCarotta
dall’Irlanda al Portogallo, dalla Spagna a Cipro e
Italia, fino a lambire la
Francia.
Quindi, Francia e Germania - in seno alla Commissione Europea e attraverso la Troika - hanno imposto il rimborso dei titoli
greci in mano alle loro
banche e, come se non bastasse, anche il pagamento
degli interessi, operando
così la prima grande violazione delle regole del mercato. Infatti, lo spread tra i
titoli del debito sovrano paga il premio al rischio, cioè
la maggiore probabilità che
il Paese che li emette non
sia in grado di onorarli. Si
chiama “rischio Paese” e
per la sua copertura esiste
uno strumento derivato,
chiamato Credit Default
Swap, che viene quotidianamente quotato. Invece, le
banche francesi e tedesche,
che si erano ben guardate
dal sottoscrivere una polizza assicurativa, quando la
Grecia è andata in default
hanno semplicemente voluto indietro tutti i soldi investiti, senza se e senza ma,
alla faccia delle regole di mercato.
Quando nel 2009 la Grecia ha dichiarato di non essere in grado di onorare il debito di 322 miliardi e ha chiesto una sua ristrutturazione, se si fosse operato un haircut del 30% del debito greco, come molti suggerivano, il
costo dell’operazione sarebbe stato di
circa 100 miliardi. La scelta della Troika ha comportato a oggi, invece, due
bailout da 240 miliardi e un haircut da
106 miliardi per i titoli in mano privata.
Come noto, il terzo bailout, secondo
l’accordo raggiunto nella lunga notte di
domenica 12 luglio 2015, è di 86 miliardi. Nel frattempo, l’economia greca
è stata distrutta e il suo patrimonio infrastrutturale messo in vendita.
Mario draghi
La banca Centrale europea,
dopo la nomina di Mario draghi
a governatore, ha cambiato
radicalmente il proprio
orientamento e da neutrale
è passata a un deciso
interventismo culminato
nell’avvio, tardivo ma non per
scelta, del Quantitative easing
da 1.800 miliardi. draghi ha
sempre cercato di sostenere la
grecia e ha assicurato ancora a
luglio 2015 liquidità alle banche
greche fino a 89 miliardi,
seppure in cambio di un aumento
delle garanzie (congelamento
del 27% dei depositi
delle banche elleniche).
chrisTine lagarde
il Fondo Monetario
internazionale guidato
da Christine Lagarde ha
manifestato una spaccatura tra
i politici e tecnici, a favore della
ristrutturazione del debito.
Lagarde si è dimostrata
assolutamente inadatta
a mediare tra le parti,
imprigionata nel ruolo
di subalternità ai desiderata
di berlino disegnati dal suo
grande elettore nicholas
Sarkozy e, soprattutto, si è
dimostrata incapace di tenere
un comportamento coerente
palesando gravi cali di
leadership. il suo contributo
alla soluzione dell’impasse
greco è stato nullo e, perciò,
questo potrebbe pregiudicare
la sua rielezione a direttore
generale.
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europa
iL giaLLo deLLo SCandaLo
sTrauss-kahn
COME
TROMBARE
UN
PRESIDENTE
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europa
Il 14 maggio del 2011
la corsa alla presidenza
francese dell’ex presidente
del Fondo Monetario
Internazionale si schianta
contro uno “strano” caso
di violenza sessuale.
Ecco cosa è emerso a
quattro anni di distanza
sullo scandalo del
canditato socialista
alle presidenziali francesi
Dominique Strauss-Kahn
di Alfredo Mantici
FRANCIA
ono settimane che i media di tutto il
mondo e i governi dell’Eurozona discutono della crisi greca ma non è stato possibile salvaguardare contemporaneamente l’orgoglio dei greci e i soldi dei suoi creditori. Così, hanno vinto
i secondi. E, tra questi, il Fondo Monetario Internazionale, guidato con soave spregiudicatezza da Christine Lagarde, il ministro
preferito dell’ex presidente francese Nicolas
Sarkozy.
La vulgata sostiene che la storia non si fa
con i “se”. Il padre della storiografica moderna,
Max Weber, affermava però l’esatto contrario.
Per comprendere l’evoluzione degli eventi, secondo Weber, a volte è necessario ragionare
sul “cosa sarebbe successo se”. Proviamo allora a chiederci cosa sarebbe successo se il 24
maggio del 2011 l’allora direttore generale del
Fondo Monetario Internazionale (FMI), Dominique Strauss-Kahn, non fosse stato arrestato a
New York con l’accusa, poi rivelatasi falsa, di
violenza sessuale nei confronti di una cameriera dell’albergo nel quale alloggiava.
S
segue
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
25
europa
14 maggio 2011:
quella maledetta
giornata. Chi ha
complottato contro
Strauss-Kahn?
La mattina del 14 maggio era cominciata male per Strauss-Kahn, in
quanto DSK (il suo acronimo) era stato avvisato del fatto che il suo cellulare blackberry era probabilmente sotto
controllo. Alcune mail destinate a
quel numero, infatti, erano “misteriosamente” comparse sugli schermi dei
computer del quartier generale dell’UMP (Union pour un Mouvement
Populaire), il partito di Sarkozy, allora
presidente della Francia.
Strauss-Kahn in quel momento non
era soltanto direttore del FMI, era soprattutto il candidato alle elezioni presidenziali del 2012 per il Partito Socialista francese. Un candidato forte, visto che i sondaggi lo davano di molte
lunghezze davanti a Sarkò. Quest’ultimo, proprio perché in difficoltà, si era
totalmente legato al carro tedesco della cancelliera Angela Merkel, della
quale condivideva per convenienza
del momento l’approccio severo e rigoristico nei confronti del problema
greco. Strauss-Kahn al contrario, pur
essendo “creditore” del governo di
Atene, era favorevole alla ristrutturazione del debito greco. Quella stessa
ristrutturazione che il governo Tsipras
ha chiesto scontrandosi con il muro
dei Paesi del Nord Europa che gli hanno preferito il bailout, e cioè la concessione di ulteriori prestiti a condizioni molto gravose.
Il 14 maggio del 2011 è il giorno in cui
crollano le sue speranze di diventare
presidente della Repubblica francese.
Un crollo che trascina con sé anche le
speranze della Grecia di sfuggire alla
morsa dei creditori inflessibili guidati
dalla Merkel e dal suo arcigno ministro
delle Finanze Wolfgang Schauble.
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LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
FMI
iL Fondo
annoVera tra
i Suoi MeMbri 186
Stati e Ha Sede a
WaSHington d.C.
Il “giallo” che coinvolge il direttore del FMI
inizia nella suite presidenziale dell’Hotel Sofitel di New York.
Strauss-Kahn è in partenza. Uscendo dalla doccia, si trova di fronte la bella cameriera Nafissatou Diallo. Strauss-Kahn è un
famoso tombeur de femmes e quello che
succede nei sei minuti successivi lo conferma. Secondo la cameriera - che non sarebbe dovuta entrare per fare le pulizie
perché la stanza era ancora occupata - in
quei pochi minuti Strauss-Kahn l’avrebbe
aggredita sessualmente costringendola a
un rapporto orale. Secondo DSK, si è invece trattato di un veloce rapporto a pagamento tra adulti consenzienti.
12:07
Qui sorgono già i primi dubbi. Secondo la criminologia, infatti, il rapporto
orale rappresenta una tipologia di violenza che può essere esercitata soltanto
con la minaccia di un’arma, che DSK
però non possedeva. La costrizione a
subire un rapporto orale è, inoltre,
l’unica tipologia di violenza che non lascia tracce sul corpo della vittima. Particolari rilevanti che sarebbero stati riscontrati cinque mesi dopo, quando il
Gran Giurì di New York avrebbe riconosciuto che la Diallo aveva mentito su
tutta la linea e che DSK era innocente.
Troppo tardi: la reputazione del direttore del FMI era ormai distrutta e la sua
carriera politica ridotta in briciole.
europa
I RAPPORTI TRA SARKOZY E LA LAGARDE
il resto è storia nota. dopo essere
stata allertata con più di due ore di
ritardo, la polizia di new York arresta
dominique Strauss-Kahn sull’aereo
che sta per riportarlo in Francia e lo
getta in pasto alla stampa, mentre il
mondo assiste stupefatto alla
character assassination di uno degli
esponenti di primo piano del sistema
finanziario globale. Quel che è più
importante è che uno strenuo difensore
dei diritti della grecia è stato spinto
fuori dalla scena per essere rimpiazzato
da Christine Lagarde, una super
manager francese legatissima a nicolas
Sarkozy e, quindi, portatrice di un
mandato di continuità e di assenso rispetto alle politiche rigoriste nei confronti
di atene concordati dall’asse berlino-Parigi. una donna che, invischiata in una
brutta faccenda legale (un mega risarcimento al finanziere bernard tapie, amico e
finanziatore di Sarkozy), si è vista sequestrare dalla polizia in casa un biglietto
indirizzato al suo presidente nel quale, tra le altre cose, scrive: “Caro nicolas… sono al
tuo fianco per servire te e i tuoi progetti per la Francia. usami per il tempo che serve
a te e alla tua azione…”. i fatti che si sono verificati dopo quella lettera parlano da soli.
Questo non è stato l’unico aspetto
poco chiaro di tutta questa vicenda. La
Diallo, come hanno dimostrato le riprese delle telecamere dell’albergo, prima
di entrare nella stanza di Strauss-Kahn
ha sostato per diversi minuti all’interno
della stanza accanto. Dopo aver subito
la “violenza”, la cameriera non è uscita
urlando dalla stanza dello stupratore
ma è rientrata nella stessa stanza dove
si era fermata in precedenza, trattenendovisi per qualche minuto.
DSK va a pranzo con la
figlia prima di dirigersi
all’aeroporto JFK per
prendere un volo Air France diretto a
12:28
Parigi. Alle 12:13 aveva fatto l’ultima
telefonata con il blackberry intercettato. Per due ore, dopo il presunto fattaccio, i capi della sicurezza dell’albergo Sofitel si comportano in modo
strano. John Sheehan, direttore della
security della società Accor (proprietaria dell’hotel), avvisato dal capo
della sicurezza dell’albergo, non chiama la polizia ma telefona a René-Georges Querry, il suo superiore, ex collega e amico di Ange Mancini, che
guardacaso è coordinatore per l’intelligence del presidente Sarkozy. Quando Querry riceve la telefonata, si sta
recando al Parco dei Principi per assistere a una partita di calcio, a fianco di chi direte voi? - proprio del presidente francese.
La seconda telefonata di Sheehan è
diretta a Xavier Graff, funzionario di
servizio del gruppo Accor a Parigi e
responsabile della gestione delle
emergenze. In una mail pubblicata dal
quotidiano Le Figaro, qualche giorno
dopo l’arresto di DSK, Graff si vanta
con un amico di aver contribuito a
“buttare giù” il direttore del FMI.
Fa il suo ingresso sulle scene di questo
dramma anche l’ingegnere capo Brian Yearwood, capo
dell’ufficio tecnico del Sofitel. Yearwood è importante per due motivi:
un minuto dopo la sua comparsa il
blackberry di Strauss-Kahn cessa di
emettere segnali e sparisce dai radar.
Inoltre, le telecamere mostrano l’ingegnere a colloquio con il funzionario
della sicurezza che aveva parlato per
primo con la Diallo. I filmati delle telecamere dell’albergo lo inquadrano
mentre si lancia con il collega in una
danza di gioia che dura ben tre minuti, al termine della quale i due si
scambiano il cinque.
12:52
Insomma, tornando a Max Weber,
cosa sarebbe successo se Dominique
Strauss-Kahn non fosse incappato in
una cameriera probabilmente manipolata dai suoi nemici? Oggi l’ex direttore del FMI sarebbe presidente di
Francia, Angela Merkel starebbe all’angolo e la Grecia, forse, si sarebbe
salvata.
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
27
L’inchiesta
guerra ucraina
WHO
ARE
YOU?
28
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
Quello che state per
leggere è materiale inedito
proveniente da fonti
autorizzate del governo
ucraino di Kiev. Per quanto
credibile e documentato,
esso rappresenta solo
la versione ucraina dei
fatti avvenuti nel maggio
2015 in territorio ucraino,
sul fronte di guerra.
I rappresentanti di Mosca
non hanno rilasciato
commenti in merito.
Fuori da ogni giudizio
od opinione, dunque,
Lookout News pubblica
quanto segue solo
per dovere di cronaca.
DONBASS
ue militari russi di un’unità d’élite
delle forze speciali di ricognizione, sono stati catturati lo scorso 18 maggio
dalle forze di sicurezza ucraine mentre combattevano nella regione del
Donbass con il battaglione volontario
ucraino “Aidar”. I due uomini apparterrebbero alla Brigata Spetsnaz, una brigata
delle forze speciali del GRU (servizi segreti
russi) appartenente alle Forze Armate della Federazione Russa, di stanza a Togliatti.
Per il governo di Poroshenko, questa è la
prova delle ingerenze russe nella guerra civile, che dimostrerebbe come effettivamente
soldati russi siano impegati nei combattimenti al fianco dei ribelli di Donetsk e Luhansk. Mosca nega ostinatamente che i due
fossero in servizio attivo al momento della
loro cattura. Trasferiti a Kiev per rispondere
delle accuse di terrorismo, hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni.
D
segue
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
29
L’inchiesta
inTerrogaTorio* di
ALEKSANDROV ALEKSANDR ANATOLIEVIC
inTerrogaTore: Dicci chi sei?
a.a.a.: Io, Aleksandrov Aleksandr
Anatolievic, sono nato il 7 gennaio 1987
e sono cittadino della Federazione Russa,
abito nella regione di Kirov, provincia di
Malmizh. Sono un militare regolare della
Federazione Russa. Il mio grado militare è
sergente. Il mio ruolo è quello di spia-infermiere. Sono al servizio militare nell’unità
21208, della terza brigata separata di guardia con destinazione speciale che si trova
presso la città di Togliatti. Il comandante
della brigata è il colonnello Schepel Serghey Anatolievic. Siamo entrati nel territorio dell’Ucraina il 26 marzo 2015. Siamo entrati facendo parte del secondo battaglione in duecentoventi persone. Il comandante del battaglione è il maggiore Napolskikh Konstantin Nikolaevic, cittadino della Federazione Russa. Il secondo
battaglione è entrato nel territorio dell’Ucraina composto da:
tre gruppi d’esploratori, un gruppo della comunicazione di
corrispondenza, gli autisti e la compagnia dell’armamento
speciale. Al gruppo appartengono: il comandante, che è il capitano Erofeev Evgheniy Vladimirovic, nome di battaglia
“Chit”, cittadino della Federazione Russa; il vicecomandante
del gruppo, l’aspirante ufficiale Azimov Murat Erbulatovic,
nome di battaglia “Casakh”; il comandante della prima
squadra, sergente Yulaev Denis, il cui patronimico non ricordo, nome di battaglia “Iulay”; l’esploratore-mitragliere superiore, caporale Kononovalov Viaceslav, il cui patronimico
non ricordo, che non ha un nome di battaglia; l’esploratore-cecchino Culmukhametov Kirill Dimovic, nome di battaglia “Pulia”; l’esploratore-geniere, caporale Spiridonov Kirill
Alekseevic, nome di battaglia “Melkiy”; l’esploratore-infermiere Grigoriev Vladimir, il cui patronimico non conosco, nome di battaglia “Grishin”; il comandante della seconda squadra, caporale Cutulakhmetov Ruslan Zaurovic, nome di battaglia “Bashkir”; l’esploratore-mitragliere, caporale Krasnov
Vladimir Petrovic, nome di battaglia “Baron”; l’esploratorececchino Nemov Aleksey Vasilievic, nome di battaglia “Mordvin”; l’esploratore-geniere Gladkov Aleksandr Leonidovic,
nome di battaglia “Babushka”; l’esploratore-infermiere Aleksandrov Aleksandr Anatolievic, nome di battaglia “Aleks”; i
radiotelegrafisti Birchin Serghey, il cui patronimico non ricordo e che non ha nomi di battaglia, e Makorin Vladimir, neanche di lui conosco il patronimico, nome di battaglia “Makhouni”. A tutti noi è stato dato come obiettivo l’osservazione delle Forze Armate dell’Ucraina.
30
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
inTerrogaTore: Qual era il
vostro punto di raccolta nel territorio dell’Ucraina?
il comandante
evgen,
soprannominato
“Kit”, come
appariva il 18
maggio (sopra)
dopo l’arresto,
e sul territorio
di guerra il 5
maggio (sotto).
noMe di
battagLia
“KIT”
a.a.a.: La città di Luhansk, la provincia di Octiabr. Nel giorno della cattura il comandante del gruppo ha ordinato di fare una ricognizione addizionale della località nella zona del ponte
davanti alla città Sciastie. Siamo
avanzati occupando una posizione e
abbiamo trovato la zona di rinforzo.
Abbiamo cominciato l’osservazione in
due, per circa un’ora. Non trovando
segnali di movimenti o di vita di soldati ucraini, abbiamo deciso di avvicinarci. Dopo esserci avvicinati, abbiamo osservato ancora per un po’ di
tempo. Non trovando nessuno soldato
ucraino, abbiamo deciso di avvicinarci
il più possibile, ritenendo che questa
zona di rinforzo fosse stata abbandonata o che i soldati si fossero trasferiti
in un’altra zona. Avvicinandomi quatto quatto alla trincea, sono andato a
esaminare il rifugio interrato. Il capitano Erofeev e il caporale Krasnov mi
hanno coperto. Appena ho sentito sparare, mi sono voltato e ho visto un militare ucraino a terra ferito. Dopodiché,
abbiamo ricevuto l’ordine “Ritirata”.
Abbiamo corso. Dopo quindici-venti
metri di corsa sono caduto a causa di
un proiettile che mi ha colpito alla gamba, e mi ha procurato
una frattura del femore.
Mi sono trascinato via
come potevo e, dopo
cinquanta metri, ho occupato la posizione nella trincea e ho iniziato a
prestarmi la prima assistenza medica. Mentre
mi medicavo, sono stato
catturato dai militari
dell’esercito ucraino.
* la versione integrale dell’interrogatorio
è conosciuta solo dal governo di Kiev.
L’inchiesta
inTerrogaTorio* di
EROFEEV EVGHENIY VLADIMIROVIC
e.e.v.: Io, cittadino di Russia, Erofeev
Evgheniy Vladimirovic, abito nella città
di Togliatti, e sono un militare della Federazione Russa. Il mio grado militare è
capitano. Servo nella terza brigata separata di guardia. Il posto di dislocazione è
la città di Togliatti.
inTerrogaTore: I dati personali
del comandante della brigata?
e.e.v.: Il tenente colonnello Schepel
Serghey Anatolievic. È arrivato nel territorio della regione di Lugansk a inizio
aprile, non ricordo esattamente la data.
Si è unito al secondo distaccamento della
terza brigata di guardia, con un obiettivo speciale. L’incaricato ad interim del
comandante del distaccamento è il maggiore Napolskikh. È
cittadino della Federazione Russa e militare. L’obiettivo era
fare una ricognizione, osservando le prime linee del nemico
e le unità che erano vicino, le unità di resistenza e cosacca.
Il distaccamento è stato stabilito nella città di Luhansk - non
ricordo esattamente l’indirizzo - mentre il settore privato
nella zona del quartiere di Vavilov. Il distaccamento è composto da tre compagnie formate da quattro gruppi. Il mio
gruppo è composto da 12 persone. Io, il comandante del
gruppo, il vicecomandante del gruppo, 2 comandanti della
squadra, 2 cecchini, 2 mitraglieri, 2 genieri, 2 esploratori, 2
esploratori superiori. Tutti sono cittadini della Federazione
Russa. Il vicecomandante del gruppo è l’aspirante ufficiale
Azimov, il comandante della squadra è il caporale Cutulakhmetov, il sergente superiore è Yulaev, gli esploratori-genieri sono Spiridonov Kirill e Gladkov Aleksandr, gli esploratori-infermieri Grigoriev Vladimir e Aleksandr Aleksandrov.
il comandante
Vladimirovic,
soprannominato
“aleks”, come
appariva il 18
maggio (sopra)
dopo l’arresto,
e sul territorio
di guerra il 5
maggio (sotto).
Abbiamo cominciato a ritirarci. Quindi hanno aperto il fuoco su di noi. Io
sono stato ferito al braccio da un colpo
d’arma da fuoco. L’osso si è fratturato,
sono caduto e ho perso i sensi per un
po’ di tempo. Quando sono tornato in
me, ho cominciato a trascinarmi ma
non sono andato lontano, e sono sopraggiunti i soldati [ucraini] dalle
trincee. Non mi hanno ucciso, mi hanno catturato e prestato assistenza.
Adesso sono qui. Al momento della
cattura, a dire la verità, ho pensato
che mi avrebbero ucciso subito. Ho
tentato di farmi esplodere con la granata ma il braccio destro non mi ubbidiva e non sono riuscito neanche con
il sinistro. Mentre ci provavo, sono arivati i militari che mi hanno arrestato
e mi hanno portato su una barella, poi
mi hanno trasportato nell’ospedale
della città di Sciastie. Lì mi è stata prestata la prima assistenza medica.
inTerrogaTore: Qual è la
sua opinione sulle Forze Armate
dell’Ucraina?
e.e.v.: Ne raccontano delle belle
su di noi […] Io penso che questa
guerra non sia necessaria a nessuno.
Mentre i vertici scremano, gli inferiori
si dissanguano.
inTerrogaTore: Quali erano i vostri ordini?
e.e.v.: Fare osservazione. In quel tempo c’era ancora
l’ordine di non attraversare la linea di contatto, non aprire
il fuoco senza necessità. A causa del fuoco costante sulle
[nostre] postazioni, ho deciso cambiare la posizione e avanzare in gruppi di 3 persone in cerca di nuova posizione. Cercando delle nuove posizioni, ci siamo imbattuti nelle vecchie trincee. Mi è sembrato che le trincee fossero state abbandonate, così abbiamo deciso di verificare. Ho dato l’ordine a due persone di verificare le trincee e io stesso sono rimasto lì nascosto. Quando i militari sono entrati nella trincea, c’erano i flop, e loro corrono con il grido: “Ritiriamo”.
noMe di
battagLia
“ALEKS”
* la versione integrale dell’interrogatorio
è conosciuta solo dal governo di Kiev.
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
31
L’inchiesta
La versione di Kiev sulle “spie” russe
l 17 maggio di quest’anno, il Dipartimento Investigazioni della SSU (il
Servizio di Sicurezza dell’Ucraina)
ha avviato il procedimento penale
N. 22015000000000142 ai sensi
dell’articolo 258-3 del codice penale dell’Ucraina nei confronti di
sospetti soldati russi appartenenti al
GRU (il Servizio d’Intelligence militare
russo), arrestati in zona di guerra all’in-
I
terno del territorio ucraino e poi alloggiati nell’ospedale militare del ministero
della Difesa dell’Ucraina poiché feriti.
I soggetti, ritenuti senza mezzi termini “spie” russe, avrebbero confessato e rivelato i nomi di altri componenti della brigata di cui facevano
parte, il secondo battaglione della 3rd
GRU Separate Spetsnaz Brigade, un
corpo destinato agli interventi speciali
e alle attività antisabotaggio, diviso in
quindici battaglioni complessivi. Secondo Kiev, la brigata operava dall’ottobre del 2014 all’interno dell’Ucraina,
con base nella città di Luhansk e si
componeva di un totale di 220 uomini
tra il personale militare, 3 squadre di ricognizione (Signal Company, Support
Company, Engineer Company) e un totale di 12 gruppi di ricognizione.
IL QUARTIER GENERALE DEGLI UOMINI DEL GRU A LUHANSK
LA SEDE DI TOGLIATTI (OBLAST DI SAMARA)
32
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
L’inchiesta
CHE COS’È IL GRU
il gru, “direttorato
Principale per le
informazioni”, nacque
all’indomani della
rivoluzione d’ottobre
con la duplice funzione
di fornire all’armata rossa
le notizie necessarie
per combattere le forze
controrivoluzionarie
dell’armata bianca e mettere
il governo nelle condizioni di
contrastare efficacemente
l’aperta ostilità delle
potenze occidentali.
il gru riuscì a evitare tutte
le trasformazioni che invece
subì la Čeka, acquisendo
progressivamente
un’importanza strategica e
una sostanziale autonomia
dal potere politico centrale,
anche in virtù del fatto che
è rimasto sempre l’unico
Servizio militare russo e,
quindi, senza la
“concorrenza” che ha
sovente minato l’efficienza
degli omologhi Servizi
occidentali. almeno un
rappresentante del gru
opera ancora oggi, sotto
copertura, in ogni
rappresentanza diplomatica
della Federazione e coordina
efficienti reti informative.
il Servizio dispone anche di
numerose unità particolari,
tra cui quella degli
“Specnaz”, un corpo fondato
nel 1930 destinato agli
interventi speciali e alle
attività antisabotaggio.
attualmente nell’esercito
russo, sempre ricompresi
sotto quella dizione,
operano quindici battaglioni
di “Specnaz”, mentre le
quattro principali flotte della
Marina dispongono ciascuna
di una brigata di “Specnaz”.
anche il Kgb e poi l’FSb, per
le loro esigenze, hanno
costituito analoghi reparti.
CRISI UCRAINA
La guerra tra l'Ucraina e i ribelli
filo-russi, che ha avuto inizio poco
dopo l’annessione della Crimea
alla Russia nel 2014, è la peggiore
crisi nei rapporti tra Est e Ovest
dalla Guerra Fredda.
AREA CONTROLLATA DAI SEPARATISTI
Maggio 2015
Giugno 2014
Settembre 2014
CONFINI
Ribelli
Ucraina
Sotto il controllo
di Kiev
Volo MH17 della
Malaysia Airlines
Sospetta
presenza
militare russa*
(luogo dello schianto)
Kiev
RUSSIA
• TaJikisTan
dal 28 settembre 1992
al 24 novembre 1992.
• PriMa guerra
cecena
dal 17 gennaio 1995
al 31 maggio 1995.
• kosovo
dal luglio 1999
all’ottobre 2001.
• seconda guerra
cecena
dall’aprile 2002
al gennaio 2007.
• afghanisTan
dal 21 luglio 2001
al novembre 2004
(protezione della
missione diplomatica
a Kabul).
Luhansk
Kharkiv
Donetsk
Slaviansk
Kramatorsk
Kostyantynivka
UCRAINA
Scontri
recenti*
LE PRINCIPALI
PARTECIPAZIONI
DELLA TERZA
BRIGATA NEI
CONFLITTI ARMATI
Sieverodonetsk
Stanytsia
Luhanska
Lysychansk
Hirske
Artemivsk
Slovianoserbsk
Popasna
Horlivka
Avdiivka
Krasnohorivka
Luhansk
Debaltseve
Krasnyi Luch
Donetsk
Marinka
Novotroits’ke
Amvrosiivka
RUSSIA
Volnovakha
Starohnativka
UCRAINA
ROMANIA
MOLDAVIA
Shchastya
Rostov-on-Don
Mariupol
Novoazovsk
Shyrokyne
Sea of Azov
Crimea
25 miles
25 km
* I luoghi di scontro sono approssimati
fonte: national security and defense council of ukraine (nsdc)
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
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L’inchiesta
La prima
linea
G
Tre distinte strutture militari, decine di brigate,
pezzi d’artiglieria pesante e droni. Per l’esercito
ucraino invadere i “confini” della Repubblica
Popolare di Donetsk non sarà un’impresa semplice
dal nostro corrispondente, Cristiano tinazzi
DONETSK
li accordi relativi al Protocollo
di Minsk prevedono che la Repubblica Popolare di Donetsk
(DPR) non possa avere ufficialmente una forza armata regolare. Il suo esercito, quindi, è
definito “Milizia del Popolo”.
Nella DPR si trovano tre strutture
militari distinte e separate. La prima
ha come referente il ministero della
Difesa. La seconda, costituita dalla
Guardia Repubblicana, è legata direttamente al presidente Alexander Zacharchenko, ed è considerata una sorte
34
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
di forza di élite con armamenti ed
equipaggiamenti speciali. La terza struttura risponde invece al ministero degli
Affari Interni e ha numerose brigate sotto il suo controllo, chiamate “truppe interne”. Si occupano di fornire supporto
alla polizia, effettuare operazioni speciali
e svolgere compiti di polizia militare.
Inoltre, vi sono due battaglioni
che, se anche formalmente rispondono al ministero della Difesa, hanno
una sorta di status speciale. Si tratta
del battaglione tattico Somalia di Mikhail “Givi” Tolstykh e del battaglione marines Sparta di Arseny “Motorola” Pavlov.
Nello specifico, la struttura dell’esercito della Repubblica Popolare
di Donetsk consta di uno o due corpi
d’armata (non è chiaro dalle informazioni rese pubbliche, ndr). Ogni corpo è formato da numerose brigate.
Ogni brigata include due o tre battaglioni di fanteria motorizzata, due o
tre compagnie di carri, una o due divisioni di artiglieria (dai 12 ai 24 cannoni, inclusi lanciamissili BM-21 Grad
e Howitzer) e un gruppo di artiglieria
composto dai 30 ai 50 cannoni. Infine, sono presenti anche battaglioni di
ricognizione e di supporto tattico e
logistico.
L’inchiesta
la Tregua di Minsk
La tregua stipulata con il
Protocollo di Minsk il 5 settembre del 2014, nei fatti non
è mai entrata in vigore. Se è
vero che alcune parti dell’accordo sono state rispettate, come ad esempio le operazioni di
monitoraggio degli ispettori dell’OSCE (Organizzazione per la
Cooperazione e la Sicurezza in
Europa) e la parziale rimozione
delle armi pesanti (15 chilometri dietro la linea di contatto)
come previsto nel memorandum supplementare concordato il 29 settembre 2014, non si è
proceduto a creare una zona
smilitarizzata e neanche a imporre un effettivo cessate il fuoco, con un continuo e quotidiano utilizzo di mortai sotto i 100
mm (ma anche qui spesso
vengo usati calibri maggiori) e
un continuo fuoco di armi leggere, mitragliatrici pesanti e
utilizzo di cecchini. Nella periferia di Donetsk, ad esempio,
il quartiere di Petrovsky è sottoposto a un costante bombardamento soprattutto nelle ore
serali, che colpisce anche abitazioni civili poste dietro le linee di combattimento.
le zone di frizione
Attualmente i punti più caldi
dove si affrontano l’esercito
ucraino e le milizie dei ribelli
filorussi sono nella zona di
Donetsk: Pisky e Spartak
(adiacenti l’aeroporto) e Marinka, nella periferia cittadina
dopo Petrovsky District. A sud,
sulla strada costiera che porta
a Mariupol, si è creata una “no
man’s land” di circa 5 chilometri tra Shirokino e Sakhanka, dopo che le forze della DPR
si sono ritirate dal primo villaggio. Nel nord e nord-est, invece, le zone calde sono fuori
Gorlovka e Debaltsevo..
IL PRIMO CORPO D’ARMATA
DELLA REPUBBLICA
POPOLARE DI DONETSK
firsT seParaTe “slavyanskaya”
Brigade unità di fanteria. è formata
dalle unità che hanno combattuto
sotto il comando di igor Strelkov a
Slavyiansk e in altre città durante la
campagna militare dell’estate 2014.
Third seParaTe MoBile Brigade
“BerkuT”
unità di fanteria corazzata. Formata
dalle unità che hanno combattuto a
gorlovka sotto il comando di igor
bezler (soprannominato “demone”).
fifTh seParaTe MoBile Brigade
“oPloT”
unità di fanteria. Formata dalle unità
del battaglione “oplot”, dal
battaglione pagano “Figli di Svarog”,
dal battaglione del russian orthodox
army e da altre unità.
sevenTh seParaTe
“slavyanskaya” Brigade
unità di fanteria, legata al primo
battaglione.
seParaTe sPecial PurPose
Brigade “vosTok”
Formata da tre battaglioni di forze
speciali e da una divisione di artiglieria.
seParaTe Brigade for sPecial
PurPorses “kalMius”
brigata di artiglieria pesante (inclusi
obici). Formata sulla base del
battaglione “Kalmius”, costituita dai
lavoratori delle miniere e dell’industria
pesante sotto il comando di igor
Strelkov.
second seParaTe uManskiy
Tank BaTallion “diesel”
battaglione carri.
seParaTe coMMandanT’s
regiMenT
Polizia militare. Si occupa della
gestione di strutture e del controllo
delle prigioni militari.
MiliTary inTelligence
deParTMenT of MinisTry
of defense
include diverse forze speciali e una
unità di droni.
ALTRE UNITÀ
firsT seParaTe
BaTTalion TacTical
grouP “soMalia”
Compagnia di fanteria,
carri e artiglieria. Formata
da ex combattenti dello
Slavyansk.
seParaTe
reconnaissance
Marines BaTTalion
“sParTa”
Forze speciali.
seParaTe
reconsTrucTion and
reBuilding BaTTalion
kongo
battaglione genio militare.
rePuBlican guard
Forze speciali subordinate
al leader della dPr
alexander Zacharchenko,
formate per sua precisa
volontà nel gennaio del
2015. Sono costituite da
4/5 battaglioni tattici
formati da elementi del
battaglione “oplot”, dal
russian orthodox army
e da altre unità tra cui
la brigata Pyatnashka.
PyaTnashka
inTernaTional
Brigade
unità costituita dal
comandante abkhazo
akhra avidzb, formata
da soldati di quindici
nazionalità diverse.
è stata inglobata nella
guardia repubblicana
nell’estate del 2014.
hoMe office inTernal forces
Squadre speciali di polizia
e team di ricognizione con
armamento più pesante
rispetto alle normali unità
di polizia.
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
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RAGES
Le principali
manifestazioni
di rabbia e dissenso
Greeleyville, USA
Vigili del fuoco tentano
di domare le fiamme
dell’incendio scoppiato al
Mont Zion african Methodist
episcopal Church di
greeleyville, Carolina
del Sud, il 30 giugno 2015.
La chiesa afro-americana
era già stata bruciata dal
Ku Klux Klan vent’anni fa.
oggi, la situazione si è
ripetuta e il gesto ha un alto
e pericoloso valore
simbolico. Questo, infatti, è
solo uno di numerosi incendi
dolosi che sono scoppiati
recentemente nelle chiese
frequentate dalle comunità
nere negli Stati uniti del sud,
in un ritorno di fiamma di
tensioni razziali che da
sempre contraddistinguono
la società americana.
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LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
geopoLitica
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
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LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
medioriente
TEMPI
MODERNI
Nella Umma, la comunità
islamica intesa in senso
universale, è in corso una
guerra civile per disegnare
le future istituzioni che
governeranno l’Islam.
Dove andrà la
“riespansione islamica”?
La posta in gioco è alta
e la guerra è ancora
il mezzo per raggiungerla
di Ciro Sbailò
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
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medio oriente
STATO ISLAMICO
l “Califfato nero” è uno Stato ed è
Islamico. Non è, si scrive qua e là,
“sedicente”. Lo dicono sia la dottrina giuridica occidentale sia il diritto islamico. Lo Stato Islamico
(ISIS) controlla il territorio, batte
moneta, amministra la giustizia, riscuote le tasse, garantisce alla popolazione i diritti di cittadinanza, fino a
quelli di nuova generazione (c’è persino
un’agenzia che difende i diritti dei consumatori). Ha confini mobili, all’interno
dei quali, comunque, c’è un nucleo territoriale stabile. In esso vige un regime
religioso totalitario, come in Turkmenistan, e si fa un ampio uso della pena di
morte, come in Iran. Inoltre, è uno Stato
non riconosciuto, come il Somaliland.
Giuridicamente parlando, ISIS può essere considerato come un organismo politico particolare, con proprie fonti e proprie regole, espressione di una comunità transtatuale e transnazionale, quale
la Umma (comunità) islamica.
La minoranza dei musulmani a livello
globale che si riconosce in esso non è
esigua e, in ogni caso, è in fase espansiva. I suoi simboli e i suoi leader parlano
alla memoria storica dell’Islam. La sua
area di espansione originaria corrisponde a quella del Califfato omayyade (VII
secolo), oggi spezzettata in una serie di
entità statuali, vissute come artificiose
da molti musulmani. Il Califfo è il dottor
Ibrahim Awwad Ibrahim al-Badri, giovane giurista e teologo iracheno, che si richiama ad Abu Bakr Abd Allah ibn Abi
Quhafah, detto al-Siddiq (“il grandemente veritiero”), amico del Profeta
Muhammad e suo primo successore.
Il fatto che ISIS costituisca effettivamente uno Stato Islamico non vuol dire
che esso non possa essere abbattuto, proprio per mano islamica. Anzi, la qualificazione statuale fa sì che il suo abbattimento si configuri come la chiusura di
un’esperienza ben precisa e circoscritta,
agli occhi della comunità islamica mondiale. L’abbattimento dello Stato Islamico
va, dunque, giuridicamente costruito,
all’interno della Umma.
I
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LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
FRATELLI
MUSULMANI
La Fratellanza
è il movimento
islamico più
antico e diffuso
in tutto il mondo
arabo. Fondato in
egitto nel 1928
da Hassan
al banna, segue
rigorosamente la
legge islamica
e persegue
la sua piena
applicazione, in
contrapposizione
alla
secolarizzazione
e all’occidente
corrotto.
Il 24 settembre 2014 è stata resa pubblica una “lettera di
126 studiosi musulmani al dottor Ibrahim Awwad al-Badri,
alias Abu Bakr al-Baghadi e ai combattenti e seguaci dell’auto-proclamato Stato Islamico” firmata dai più noti e autorevoli dottori e giuristi dell’Islam sunnita mondiale. In effetti,
l’autoproclamazione califfale, nel diritto islamico pubblico,
non è illegittima. L’accusa più grave riguarda, invece, l’utilizzo delle fonti sciaraitiche: ISIS viene accusato di commettere gravi scorrettezze procedurali nell’emanazione dei propri decreti e di arrogarsi il diritto di libera interpretazione, al
fine di provocare la fitna, la “discordia interna”, la “guerra
civile”, che per l’Islam è il male per eccellenza.
Il documento dei giuristi musulmani (come altri, simili,
che seguiranno), dunque, ben si presta a funzionare da base
per una “risoluzione” in nome della Umma, l’intera comunità islamica, che autorizzi le forze militari di Paesi islamici interessati a intervenire contro lo Stato islamico. Risolto il problema militare - la sconfitta o una stabile limitazione della
espansione dello Stato Islamico - per l’Occidente si porrà il
problema del confronto con la “riespansione del principio ordinatore islamico”, che ormai non pare contenibile. L’ideale
califfale, infatti, non è mai morto. Non solo, ma l’universalismo islamico conosce oggi una stagione di straordinario successo geopolitico e culturale. Di fatto, si può parlare di un costituzionalismo globale di stampo islamico, che si pone come alternativa a quello occidentale, considerato in declino
inarrestabile, sotto il profilo sia geopolitico sia etico.
Al successo crescente di questa dottrina, nel mondo islamico, certamente ha contribuito il tragico epilogo delle varie politiche di “esportazione della democrazia” realizzate
dopo la fine della Guerra Fredda, in Medio Oriente e specialmente in Iraq e in Afghanistan. I più significativi maitre
à penser del mondo islamico - sia nei Paesi islamici, sia nelle
medio oriente
università occidentali - lanciano la sfida della “risposta”
islamica al “tramonto” del principio ordinatore occidentale, laico e individualistico, e ripropongono in varie modalità l’attualità della “Costituzione originaria ed eterna”
dell’Islam, destinata a fare da fondamento non a un singolo Paese, ma all’umanità intera, in quanto essa disciplina non solo i rapporti tra gli uomini, ma il rapporto
dell’uomo con Dio (vedi la Costituzione egiziana del
2012, poi abrogata dalla giunta militare nel 2013).
Si tratta di un progetto antagonistico rispetto alla tradizionale visione occidentale dello spazio pubblico, ma
sarebbe un errore demonizzarlo. Stiamo parlando di politiche e interventi economici (da attuarsi, ad esempio,
attraverso la riproposizione di un approccio “comunitaristico” e non più statal-individualistico alle questioni sociali), e non di strategie eversive. La linea neo-ottomana
teorizzata dall’attuale premier turco Ahmet Davutoglu
va, per l’appunto, in questa direzione e s’incontra con la
strategia dei Fratelli Musulmani. Un tale progetto comporta, di per sé, una de-radicalizzazione dell’antagonismo islamico nei confronti dell’Occidente, che non rappresenta più un nemico da abbattere, bensì una cultura
con cui confrontarsi e, semmai, da superare.
Ma ci sono altre anime dell’Islam che non condividono questa prospettiva e, anzi, la avversano profondamente, vuoi perché vedono la realizzazione
dell’ideale islamico nell’aggressione totale all’Occidente e nell’eliminazione di ogni pluralismo culturale interno all’Islam, vuoi perché intendono difendere
la “cittadella” dei regimi islamici consolidati da ogni
possibile stravolgimento geopolitico. Al di là del dato
geopolitico, sta di fatto che è in corso una guerra interna all’Islam. In questa chiave vanno lette le recrudescenze dei conflitti tra sunniti e sciiti in Medio
Oriente e gli attacchi di tipo terroristico contro gli
esperimenti d’integrazione costituzionale dell’Islam
nell’area nordafricana (vedi gli attentati in Tunisia).
La comprensione di questo conflitto richiede, evidentemente, da parte dello studioso occidentale, un
certo sforzo per il superamento di antichi e ben radicati pregiudizi, a cominciare da quello secondo cui
nelle società musulmane, contrariamente alle società
occidentali, non si è sviluppata una società civile autonoma, per cui non è possibile che vi siano esperienze di tipo costituzionale, se non attraverso l’imposizione dei parametri statuali euro-americani (peraltro,
in crisi anche in Europa e in America, come ben sanno i giuristi che studiano la globalizzazione). Sono
pregiudizi che ci hanno impedito di comprendere in
tempi utili ciò che è accaduto nel mondo islamico, già
dai tempi della guerra in Afghanistan e fino alla Primavera araba, tali che potrebbero avere un grave effetto inibitorio sulle politiche occidentali nel futuro.
differenze Tra sciiTi e sunniTi
2012
DICEMBRE
La nuoVa CoStituZione
egiZiana è durata
Meno di un anno
2014
GIUGNO
Lo Stato iSLaMiCo
Ha SuPerato iL PriMo
anno di “naSCita”
in questa sconfinata guerra i sunniti,
ovvero i seguaci della Sunna
(la consuetudine), costituiscono la
corrente ortodossa e maggioritaria.
Mentre gli sciiti (il cui nome deriva
dall’espressione abbreviata “fazione
di alì”) sono nettamente inferiori
di numero: fatto cento il numero di
musulmani, la proporzione è almeno
di settanta-trenta a favore dei sunniti.
La divisione ebbe origine in seguito
alla morte di Maometto, nel 632 d.C.,
quando i fedeli si contesero l’eredità
religiosa e politica tra abu bakr,
amico e padre della moglie di
Maometto, ed alì, cugino e genero
del Profeta. una discordanza che
non si sarebbe mai del tutto sopita,
né a livello teologico né politico.
devoti alla tradizione, secondo i
sunniti l’eredità e la guida dell’islam
spettano a coloro che seguono gli
insegnamenti di Maometto, senza
particolari legami di sangue. al
contrario, gli sciiti hanno sempre
ritenuto che il successore di Maometto
dovesse essere necessariamente un
consanguineo del Profeta.
Che cosa ci trattiene oggi
dal definire i focolai di guerra che
infiammano tutto il Medio oriente
come l’inizio di una grande “guerra
di religione”? Certo, la storia
insegna che le guerre, anche quelle
religiose, sono innescate da
motivazioni politico-economiche
(si vedano le Crociate). resta il
fatto che la “guerra di religione”
sia ormai una realtà non soltanto in
Siria ma anche in iraq e in Yemen, e
presto potrebbe estendersi al
Libano e al nord africa. una guerra
che ha per protagonisti i due rami
opposti dell’islam, sunnismo e
sciismo, e che almeno in parte
spiega sia la nascita delle
Primavere arabe sia dei conflitti
che ne sono seguiti.
ora, nonostante l’occidente stenti
a comprenderlo o riconoscerlo,
sunniti e sciiti si considerano
alternativi gli uni agli altri e né gli
uni né gli altri accettano del tutto i
confini nazionali nei quali si
ritrovano. Per molti di loro, infatti,
la guerra è trasversale agli Stati
nazionali, ed è tesa piuttosto a
creare un unico grande Medio
oriente islamico, riprendendo quel
sogno del grande Califfato
interrotto dalle potenze europee.
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
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medio oriente
EGITTO
daLLa FrateLLanZa
aLLo Stato iSLaMiCo
Niente
luci
in fondo
al tunnel
L’escalation jihadista
in Egitto risponde
principalmente al malessere
sociale, all’alienamento
e alla disillusione dei tanti
giovani traditi dal nuovo
regime, sempre più
militarizzato e repressivo
di Marta Pranzetti
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LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
ell’ultima pagina dell’ultimo numero
di Dabiq (una delle riviste ufficiali della propaganda in inglese dello Stato
Islamico) è racchiusa tutta l’evoluzione del jihadismo interno allo Stato egiziano. I 79 fogli di macabra incitazione all’odio e di inviti graficamente appetibili a raggiungere il Califfato, si chiudono
con una foto che ritrae parlamentari egiziani
del partito islamista salafita Al-Nur mentre
sonnecchiano ai loro posti, definiti dal magazine murtaddin (“apostati”).
Quest’immagine sfruttata dagli specialisti
della comunicazione di ISIS spiega nel tempo
di uno sguardo gli ultimi due anni di storia egiziana, quando il Paese ha subito un’escalation
di violenza e terrore pari solo al rafforzamento
del pugno di ferro del regime di Al Sisi contro
ogni forma di dissenso, nel quasi vano tentativo di contrastare il terrorismo.
La foto dei governatori disinteressati, secondo gli autori di Dabiq, dimostra come essi abbiano rinnegato la vera versione dell’Islam per
sedere al tavolo del potere in un Paese cosiddetto democratico, ma dominato da impostori
e apostati. È anche così, attraverso simili immagini, che gli uomini di Al Baghdadi incitano
i loro adepti nel Sinai - la wilayat Sinaa’ è una
delle tante province inglobate dal Califfato islamico di Siria e Iraq - a condurre la sacra jihad
contro gli immeritevoli.
Questo è ciò che ISIS vuole mostrare dell’Egitto: un’immagine di declino e indolenza da contrapporre a quella dello Stato Islamico, moralmente integro e religiosamente ortodosso, che
si adopera e lotta per la sua Umma (“comunità”). L’Egitto, del resto, è uno Stato già vessato
economicamente, fiaccato da anni di mai sopita
ribellione anti-governativa, ed esasperato dalle
crescenti restrizioni alle libertà civili. Dunque,
in bilico tra stabilità e rivoluzione.
Nella foto della propaganda ISIS sembra anche di rivedere i vecchi manifesti di Al Qaeda.
Per quanto gli esperti si siano ingegnati a mettere in risalto le divergenze ideologiche, strategiche e logistiche tra queste due organizzazioni
terroristiche, infatti, si tratta di una lotta comune in fondo. Forse la vera differenza sussisteva
N
IL CAIRO
un uomo
trasporta i Fanous,
le lanterne per il
mese di ramadan
geopoLitica
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
43
medio oriente
più con la vecchia Al Qaeda di Bin Laden, che mirava al
“Far Enemy” ovvero gli americani e i sionisti. Ma con la
predicazione dell’egiziano Ayman Al-Zawahiri (nuovo leader di Al Qaeda dal 2011) che ha puntato di più sul “Near
Enemy”, ovvero gli Stati arabi traditori e miscredenti perché
alleati con gli occidentali, questa differenza si è affievolita.
LA MECCA
Città dell’arabia
Il dito è puntato allora contro i governi dei Paesi arabi,
Saudita e
la cui popolazione è sottomessa, fiaccata economicamente
capoluogo della
e in cui l’Islam politico, che aspira alla giustizia e all’ugua- provincia omonima,
glianza tra i suoi fedeli, è generalmente relegato ai margini
è la città santa
(si pensi all’Egitto di Mubarak, alla Tunisia di Ben Ali o aldell’islam e luogo
di nascita del
la Libia di Gheddafi).
L’odierna lotta degli jihadisti della provincia islamica del profeta Maometto.
il pellegrinaggio
Sinai è volta dunque ad abbattere un regime che essi ritenalla Mecca è un
gono corrotto, infedele e particolarmente ingiusto, che ha
obbligo di fede
ridotto un popolo in povertà e inasprito le disuguaglianze
e uno dei cinque
pilastri per i fedeli
sociali. L’intento della loro lotta non è fare del Sinai una
musulmani.
terra nullius, bensì quello di installarvi uno Stato Islamico
dove attecchiscano la Sharia e le forme di welfare sociale
che il Califfo Al Baghdadi ha attentamente congeniato per
assicurarsi un popolo remissivo, al quale però vengono garantite le necessità primarie (l’assistenza sanitaria, l’acqua
e l’elettricità in primis).
L’escalation terroristica che subisce oggi l’Egitto mescola
dunque due fattori fondamentali: la consolidata lotta dei
44
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
Fratelli Musulmani per la propria affermazione e legittimazione sulla scena politica (da Nasser fino a Mubarak
la Fratellanza è infatti stata sempre
costretta alla clandestinità) e il jihadismo di stampo califfale, che insegue
la “liberazione” dell’Egitto e la fondazione di un Emirato islamico.
Entrambe le componenti dell’opposizione extraparlamentare egiziana Fratellanza e Califfato - mirano ad abbattere la leadership militare egiziana,
ieri rappresentata da Mubarak e oggi
da Al Sisi. Messe da parte le strategie
non violente, dopo la parentesi che ha
visto al potere un governo islamista in
Egitto guidato da Mohamed Morsi
(2012-2013), e soprattutto con il golpe
militare che ha destituito il primo presidente islamista della storia egiziana,
è evidente che la lotta dell’Islam politico in Egitto si è acuita, forte anche
della dissidenza e del malcontento popolare generalizzato a fronte di tante
restrizioni imposte dal nuovo regime.
medio oriente
È qui - e forse qui soltanto - che in qualche modo si saldano le opposizioni.
Dal luglio 2013 gli scontri tra gli attivisti sostenitori della coalizione islamista “Alleanza contro il colpo di Stato” e le forze di sicurezza sono all’ordine del giorno, al Cairo come in molte altre località del Paese. Ma con il
passare del tempo alle tensioni politiche si sono aggiunti, con particolare
recrudescenza a partire dalla fine del
2014, attentati e assassini politici, rivolti soprattutto ai magistrati che
hanno “imprigionato” i Fratelli Musulmani. I gruppi sovversivi militanti
hanno preso a colpire anche edifici
istituzionali, basi militari e checkpoint di polizia e hanno perpetrato
radicalizzando ulteriormente i sentimenti di odio e violenza che sapientemente ISIS convoglia e sfrutta a
proprio vantaggio. Del resto, sono
sempre di più i giovani egiziani
alienati e disillusi che non credono
alla strategia quietista professata
dalla Fratellanza e che, a parità di
rischio (finire in carcere e subire
torture o condanne inique, come
prevedono le nuove misure antiterrorismo) e di clandestinità, preferiscono darsi alla lotta armata con la
speranza di abbattere, attraverso
questa forma di jihad del terzo millennio, quel regime che oggi incarna le aspirazioni tradite della Rivoluzione del 2011.
“
LA LOTTA DELL’ISLAM POLITICO IN EGITTO
SI È ACUITA, FORTE ANCHE DELLA DISSIDENZA
E DEL MALCONTENTO POPOLARE
”
attacchi mirati a strutture e infrastrutture strategiche (gasdotti, oleodotti,
strade, ponti, università, compagnie
straniere e mezzi di trasporto).
La stessa recrudescenza si è poi registrata nel Sinai, dove aumentano i
soldati uccisi e le basi militari attaccate. Gli attacchi prima sporadici (2011)
con il tempo sono diventati sistematici sotto la guida di Ansar Beyt al-Maqdis (“partigiani di Gerusalemme”),
un’organizzazione jihadista che dal
novembre del 2014 ha giurato fedeltà
allo Stato Islamico. L’offensiva dell’esercito egiziano nel Sinai in corso
da gennaio non riesce però a sradicare
il seme della discordia.
La recente ondata di condanne a
morte sentenziate dal governo contro
i vertici dei Fratelli Musulmani ha
forse inferto agli islamisti egiziani il
colpo più duro, esasperando la pazienza dei tanti che invocano giustizia e
la fraTellanza al PoTere
un tribunale egiziano ha condannato
l’ex presidente Mohamed Morsi e
altri 14 esponenti della Fratellanza a
20 anni di carcere per aver ordinato
l’arresto e la tortura di manifestanti
durante il suo governo, nel dicembre
2012. i Fratelli Musulmani hanno
preso il potere nel 2012, quando il
rappresentante del partito giustizia
e Libertà ha vinto le elezioni
presidenziali nel giugno del 2012.
dopo le veementi proteste
di Piazza tahrir, però, l’esercito
è intervenuto e ha attuato un colpo
di Stato, instaurando nel luglio del
2013 una dittatura militare.
La Fratellanza ha spesso percorso
linee politiche per nulla
pragmatiche, proprio perché
vincolate a presupposti ideologici.
all’inesperienza politica si è unita
una colpa forse più grave: non la
corruzione, che connota qualunque
regime politico, bensì la mancanza
di contatto con la realtà del Paese,
con la sua “pancia”. Morsi e gli
alleati hanno dimostrato in più
occasioni scarsa empatia con
il popolo, preoccupandosi più di
garantirsi l’egemonia piuttosto che
guadagnarsi il consenso tramite
politiche economiche efficaci e
attraverso una lotta più incisiva
ai veri mali della società egiziana:
la povertà e la conseguente
esclusione di milioni di egiziani
dall’accesso all’istruzione, a servizi
di qualità e, più in generale, dalla
prospettiva di una vita migliore.
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
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medio oriente
Sinai,
formicaio
della
Jihad O
L’avanzata di ISIS
nella penisola, le proteste
dei Fratelli Musulmani,
le infiltrazioni di jihadisti
dalla Libia.
È un momento decisivo
per il futuro dell’Egitto.
Il commento
di Maurizio Molinari,
corrispondente
de La Stampa
dal Medio Oriente
di Rocco Bellantone
VALICO
DI RAFAH,
Palestinesi
fuggono dopo il
bombardamento
di uno dei tunnel
verso l’egitto da
parte dell’esercito
di al Sisi
46
LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
ltre che in Libia la sfida decisiva per
fermare l’avanzata dello Stato Islamico
in Nord Africa si gioca anche in Egitto.
Gli ultimi attentati, compreso quello al
consolato italiano al Cairo dell’11 luglio
(il cui reale obiettivo non è stato ancora chiarito), dimostrano però che la
strategia del pugno di ferro attuata dal presidente
Abdel Fattah Al Sisi non basta a neutralizzare la
minaccia jihadista. “Ciò che serve al governo egiziano - spiega Maurizio Molinari, corrispondente
de La Stampa dal Medio Oriente - è aggiungere
medio oriente
un’offensiva di riforme, anzitutto
economiche, per elevare il tenore di
vita dei più poveri. Senza dimenticare il fronte della risposta religiosa”.
La bomba esplosa di fronte al consolato italiano al Cairo è un messaggio
diretto che lo Stato Islamico ha mandato al nostro Paese?
L’attacco all’Italia punta ad allontanare il Maghreb - e più in generale il
mondo arabo - dall’Europa. È la stessa
logica che ha partorito la strage di turisti in Tunisia, sulla spiaggia di Sousse,
e prima ancora quella al Bardo. Il duello è sull’idea di Mediterraneo: da un lato ci sono i terroristi che lo vogliono allargare, dividendo il più possibile il
Nord dal Sud al fine di indebolire i governi arabi fino a rovesciarli; dall’altro,
ci sono Paesi come l’Italia impegnati a
costruire opportunità di collaborazione
con tutti gli Stati rivieraschi.
In Egitto ormai lo Stato Islamico non
è più confinato nella sola Penisola
del Sinai. Cosa non sta funzionando
nella strategia antiterrorismo del
presidente Al Sisi?
Al Sisi è alle prese con tre sfide contemporanee: ISIS nel Sinai, i Fratelli
Musulmani nell’Egitto centrale, i ribelli islamici libici alle frontiere occidentali. Sono gruppi diversi, per tipo
di attività e per modo di operare, ma in comune hanno l’ideologia
jihadista,
che punta
a trasformare l’Egitto facendo leva su
miseria e analfabetismo. Al Sisi è un
generale che sta adottando il pugno di
ferro militare contro gli jihadisti.
Adesso ha iniziato a fare pressione sugli ulema (dotti religiosi, ndr) di AlAzhar, affinché siano più incisivi nel
fronteggiare i gruppi jihadisti dentro
le moschee.
Israele per migliorare la prevenzione
anti-ISIS. Il controllo del territorio è
indispensabile per arginare gli jihadisti. Ma da solo non basta. Servono
buone amministrazioni e scuole
funzionanti.
La decisione degli USA di costruire
una base per droni nel Nord Africa
potrebbe facilitare il compito di Al
Quale strada deve seguire l’Egitto Sisi?
per impedire il proliferare di cellule
La base americana di droni in Nord
jihadiste?
Africa avrà molteplici scopi, ma soL’esercito egiziano deve anzitutto prattutto rivela come il Comando Afriimpedire a ISIS di controllare
ca del Pentagono oggi abbia
aree di territorio nel Nord
più facilità a trovare basi e
Sinai, per scongiurare lo
strutture laddove, fino a
LA BASE
scenario di uno “Stato
pochi anni fa, gran parte
AMERICANA DI
Islamico” che si afferma
dei Paesi della regione
DRONI IN AFRICA
e si sviluppa a macchie
gliele negavano. Anche
È CONSEGUENZA
come sta avvenendo il
questa è una conseDELL’AVANZATA
Libia, o come è avvenuguenza del rafforzamenJIHADISTA
to nel 2014 in Siria. A tal
to jihadista.
fine, la priorità è comprendere quanti e quali clan o triChe nesso c’è tra l’escalation
bù di beduini collaborano con ISIS
di attentati in Egitto e la situazione
nel Sinai. È uno scenario pericoloso, in Libia?
perché consente a ISIS di poter contaIl nesso sono le infiltrazioni jihadire su rifornimenti e logistica.
ste dalla Libia. In Egitto vi sono 1,5
milioni di profughi libici - su un totale
Bisogna bloccare il passaggio di ji- di circa 5 milioni di popolazione - che
hadisti dal confine egiziano con i portano con sé il rischio dello sconfiterritori palestinesi?
namento di gruppi estremisti. Ciò che
Il confine di Rafah tra Gaza e Sinai più si teme in Egitto è che Libia e Siè considerato dai militari egiziani uno nai divengano due “polmoni jihadisti”
dei maggiori punti di rifornimento di capaci di diventare le retrovie dei FraISIS. Il Cairo sta costruendo una zona- telli Musulmani, al cui interno stanno
cuscinetto lungo i confini con la Stri- già nascendo gruppi armati sempre
scia, cooperando strettamente con più agili ed efficaci.
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medio oriente
SIRIA-IRAQ
el settembre del 2013, Robin
Wright, analista per il New
York Times, scrisse un articolo ardito sulla possibile disgregazione del Medio Oriente, ipotizzando la suddivisione
di Siria, Iraq, Yemen, Arabia
Saudita e anche della Libia in nuovi micro-stati, ripartiti a seconda delle proprie etnie e confessioni. Un disegno che
avrebbe modificato per sempre i confini nazionali cui siamo abituati.
Nel nuovo mappamondo del NYT,
un Paese come la Libia sarebbe tornato alla classica suddivisione regionale
di Cirenaica, Tripolitania e Fezzan,
con un ruolo da protagonista della città di Misurata, nuova capitale della
Tripolitania al posto di Tripoli, simbolo di un’epoca ormai scaduta.
Stessa ipotesi veniva fatta per lo Yemen, dove il territorio sarebbe tornato
alla suddivisione precedente al 1990
quando, a seguito della dominazione
britannica conclusasi nel 1967 e dopo
anni di scontri tra le tribù locali, nord
N
Il nuovo volto
del Medio Oriente
Esiste la possibilità concreta che tra
qualche tempo non esisteranno più alcuni
Paesi che eravamo abituati a chiamare con
il nome di Siria, Iraq e Yemen.
Secondo il NYT anche Libia e Arabia Saudita
di Luciano Tirinnanzi
I TENTATIVI DI DESTABILIZZAZIONE DELLA REGIONE
Sousse
26 Giugno
38 morti nell’attentato
a due resort locali
TUNISIA
Derna
Febbraio - 21 egiziani
cristiani copti decapitati
Tripoli
Sirte
Area controllata dall’ISIS
Kuwait
26 Giugno - 27 morti
nell’attentato a una
SIRIA
moschea sciita
LIBANO
IRAQ
Jalalabad
18 Aprile - 33 morti
nell’attentato
a una banca
AFGHANISTAN
(Attacchi in serie)
LIBIA
EGITTO
ARABIA SAUDITA
Nord del Sinai
1 Luglio - Almeno 30
persone e 17 soldati
egiziani uccisi in attacchi
simultanei
Dammam
29 Maggio - 4 morti in un attentato
vicino a una moschea sciita
YEMEN
Sanaa
20 Marzo - 137 morti negli attentati dinamitardi
a due moschee
fonte: reuters; institute for the study of War. area of control as of June 19
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LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015
medio oriente
e sud si unirono nell’attuale Repubbli- dalle milizie di Abu Bakr Al Baghdadi,
ca dello Yemen. Nell’ipotesi, Aden sa- dove oggi lo Stato Islamico (ISIS) non
rebbe tornata ad essere capitale dello solo torreggia ma ha già predisposto
Yemen del Sud e Sanaa dello Yemen un’amministrazione tipica di uno
del Nord.
Stato vero e proprio, con tanto di tarPer quanto riguarda la Siria e l’Iraq, ghe, passaporti, tribunali, polizia loinvece, la disgregazione del territorio cale, stipendi e pensioni. È questo il
avrebbe visto la sparizione definitiva caso più avanzato di nascita di un
dei due Paesi e la contestuale nascita nuovo Paese.
di quattro nuove entità statuali: il
Per quanto riguarda lo Shiitestan,
Kurdistan, stabilito lungo la fascia ormai il governo di Baghdad gestisce
nord che va dall’attuale confine turco e controlla soltanto le regioni sciite
fino al Kurdistan iracheno, con capita- che dal Golfo Persico e dal confine irale Erbil; lo Shiitestan, con capitale niano lambiscono la capitale e la proBaghdad, corrispondente all’attuale vincia di Anbar, cioè quella frontiera
meridione del Paese, dove vive la po- labile e contesa dove si verificano i
polazione musulmana sciita e dove il più violenti scontri con i jihadisti di
governo mantiene ancora il potere; il Mosul.
Sunnistan, ovvero l’area a maggioAnche l’Alawitestan in Siria è una
ranza sunnita che ingloberebbe realtà, sia pure informalmente. La
un’area immensa che sul lato siriaguerra civile-confessionale lo sta
no va da Aleppo sino al confirendendo evidente ogni giorne giordano e che in Iraq si
no di più. L’esercito siriaestende da Mosul fino alno, infatti, si sta progresIL SUNNITAN
la grande provincia di
sivamente ritirando per
ESISTE GIÀ
Anbar, il cui capoluogo
proteggere le grandi citE VA SOTTO
è Ramadi; infine, il cotà in cui si trova la magsiddetto Alawitestan,
gior parte della popolaIL NOME DI
ovvero la fascia occidenzione sciita-alawita, ovCALIFFATO
tale della Siria che corrivero la gente del presisponde più o meno alla pordente Bashar Al Assad. E
zione di territorio dove oggi
una fonte interna al governo di
mantiene ancora il controllo il gover- Damasco afferma testuale: “La divino di Damasco e che, partendo da sud sione della Siria è ormai un fatto inesi snoda lungo l’area di confine con il vitabile. Il regime vuole controllare la
Libano, fino a tutta la zona costiera costa, le due città centrali di Hama e
che affaccia sul Mediterraneo e che a Homs e la capitale Damasco. Le linee
nord arriva fino al confine con la Tur- rosse per le autorità sono oggi l’autochia (esclusa Aleppo).
strada Damasco-Beirut e l’autostrada
Damasco-Homs, così come la costa
con le città di Latakia e Tartus”.
l’aderenza dell’analisi con
Un simile scenario si sta replicanla realTà della guerra
Quest’ipotesi di scuola, a due anni do in Yemen dove l’insurrezione dei
di distanza e con il proliferare della ribelli Houthi ha creato una spaccagrande guerra del Medio Oriente, è di- tura che potrebbe riportare l’orologio
venuta terribilmente aderente alla re- al Novecento, quando la punta estrealtà, e ciò è particolarmente evidente ma della penisola araba aveva due
in Yemen, Siria e Iraq. Qui ciò che Ro- stati e due capitali: a nord la Repubbin Wright pronosticava, si è infatti blica Araba dello Yemen a maggiorealizzato, almeno temporaneamente. ranza sciita e a sud la Repubblica
Il Sunnitan esiste praticamente già Democratica Popolare dello Yemen, a
e, anche se va sotto il nome di Califfa- maggioranza quasi esclusivamente
to, corrisponde al territorio conquistato sunnita.
KURDISTAN
i curdi sono un’etnia che abita
le regioni montuose a cavallo tra
turchia, iraq, Siria, iran e armenia.
Spesso ci si riferisce al loro territorio
con espressioni come “enclave”
e “regione autonoma”. La parola
“Stato curdo” è fuorviante perché
il Kurdistan non è uno Stato.
i curdi sono in totale circa 30 milioni
di persone, la maggior parte delle
quali vive all’interno del territorio
turco, e costituiscono il quarto
gruppo etnico in Medio oriente.
La loro storia è caratterizzata da
nomadismo: storicamente erano
pastori erranti che pascolavano
per le pianure della Mesopotamia
e gli altopiani che vanno dalla
turchia sud-orientale fino all’area
sud-occidentale dell’armenia.
i curdi non hanno una vera e propria
lingua né un’unica religione, sebbene
per la maggior parte siano
musulmani sunniti. non avendo una
propria patria, hanno però l’esigenza
di crearla. i curdi sono rimasti
“incastrati” dopo la prima guerra
mondiale, con la sconfitta
dell’impero ottomano, quando
gli alleati occidentali, vincitori della
guerra, previdero la creazione di uno
stato curdo (nel trattato di Sèvres
del 1920) ma poi dimenticarono
di dargli sostanza.
Così, le varie enclave curde
reclamano da allora l’indipendenza
- ma si accontenterebbero anche
di federazioni e vere autonomie
regionali - e costituiscono un
problema politico per ciascuno dei
Paesi in cui abitano. La popolazione
curda non è stata esente
da persecuzioni e massacri.
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medio oriente
LA DISINTEGRAZIONE DEI CONFINI NEI PAESI ARABI
i confini degli Stati nazione arabi stabiliti a partire dagli accordi di Skyes Picot del 1916 in poi dalle potenze colonialiste,
oggi non reggono più e sono divenuti oltre ogni evidenza anacronistici e fuori dalla storia. all’islam tocca oggi il compito
di ridisegnare il nuovo volto del Medio oriente. anche se a parlare per adesso sono le armi.
KUR DISTAN
AL AW I TESTAN
SU NNISTAN
IRAN
SH IITESTAN
TR I POL I TAN I A
AR ABI A DEL NO RD
ALGERIA
C IRENA IC A
EGITTO
FEZZAN
AR ABI A DEL L’ EST
WAH HAB I STAN
AR ABI A DEL L’ OV EST
OMAN
AR ABI A DEL SU D
NIGER
CiAD
SUDAN
YE ME N DEL NOR D
YE ME N DEL S U D
ETIOPIA
fonte: The new york Times
LIBIA
SIRIA-IRAQ
ARABIA SAUDITA
YEMEN
TriPoliTania
fezzan
cirenaica
alaWiTesTan
sunnisTan
kurdisTan
shiiTesTan
araBia del nord
araBia dell’ovesT
araBia dell’esT
WahhaBisTan
araBia del sud
yeMen del nord
yeMen del sud
il risultato della
destituzione manu
militari di gheddafi ha
prodotto il proliferare
di rivalità tribali
e regionali. tripoli oggi
è una capitale fantasma
e il Paese è già spaccato
in due, con il governo
riconosciuto a livello
internazionale, “esiliato”
a tobruk. anche il
Fezzan, guidato dalle
tribù, potrebbe staccarsi
dal resto della Libia.
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il Califfato è duro a
morire e lotterà fino
all’ultimo uomo per
affermarsi nelle aree a
predominanza sunnita.
anche se lo scopo finale
dell’offensiva militare
è imporre l’idea califfale
a tutto l’islam,
al baghdadi potrebbe
scendere a più miti
pretese, consolidandosi
nel territorio
oggi occupato.
L’arabia Saudita
attraversa un periodo
difficile e complicato,
poiché ai suoi confini
infuriano guerre e la
contemporanea ascesa
dello sciismo. riad
conoscerà dunque
minacce crescenti,
ma l’ipotesi di un
frazionamento del
regno in più emirati
è poco convincente.
è il Paese più povero
dell’intero Medio
oriente. gli scontri
tribali tra sciiti e sunniti
e le rivalità
indipendentiste di una
parte della popolazione
sono eco di un’epoca in
cui il Paese era diviso in
Yemen del nord, con
Sanaa capitale, e Yemen
del Sud, con capitale
aden. era solo il 1990.
Venticinque anni dopo la
situazione generale è
precipitata nuovamente.
medio oriente
il caso liBico
Più incerte le aderenze con la Libia e l’Arabia Saudita. I
destini di questi due Paesi devono infatti ancora compiersi,
soprattutto per quanto riguarda la Libia. Qui, infatti, la caduta del colonnello Gheddafi ha liberato le forze centrifughe e determinato una situazione di guerra civile nella quale la Tripolitania è sotto scacco da parte di un governo islamista che, con l’ala militare Alba Libica, governa Tripoli e
Misurata sulla costa, con grandi incertezze per quanto riguarda la fascia interna della regione, dove le tribù berbere
adottano una politica indipendente. Mentre in Cirenaica il
governo laico di Tobruk, riconosciuto a
livello internazionale, tenta (senza suc- LA FRONTIERA
cesso) di riprendere le redini della guerra il confine saudita
civile e quantomeno di avere la meglio con lo Yemen
è oggi una
sulle forze jihadiste rappresentate da Sta- delle zone più
to Islamico e Ansar Al Sharia. Gli jihadi- calde del golfo
sti libici, strisciando a suon di bombe e
incursioni lungo la costa mediterranea
tra Sirte, Bengasi e Derna, appaiono al
momento come una vera serpe in seno a
entrambi i governi. Solo nel Fezzan, dove la giurisdizione è pertinenza dei gruppi etnici berberi, touareg e tebu, regna
una calma relativa.
la desTaBilizzazione in
araBia saudiTa
L’Arabia Saudita, il potente regno
sunnita wahhabita della famiglia Saud,
non è immune da rischi, seppure l’ipotesi americana in questo caso sia ancora
lungi dal divenire realtà. Non è un segreto che molte forze straniere avversino il grande potere che Riad esercita su
tutto il Medio Oriente e oltre. A ben vedere, sembra quasi che ciò che accade
oggi ai confini sauditi (e in parte anche
all’interno del Paese, con attentati e contestazioni in aree a presenza sciita) sia
una sorta di accerchiamento progressivo
volto a isolare e strozzare il Paese, ordito
o favorito con ogni probabilità dall’Iran. È
in questo senso che vanno lette le mosse
di Riad e la guerra preventiva in Yemen,
che tenta di soffocare la ribellione Houthi
per evitare il contagio. A conferire un ulteriore un senso d’inquietudine sono anche le recenti parole di Moqtada al-Sadr, la controversa guida
religiosa sciita, grande protagonista dell’insurrezione irachena contro le truppe americane di occupazione durante la Seconda Guerra del Golfo, che ha creato uno “Stato nello Stato”
a Sadr City, l’inespugnato quartiere sciita di Baghdad.
Al Sadr non esclude che presto anche in Arabia Saudita
ci possa essere una “Primavera Araba contro le correnti interne al governo saudita che alimentano l’estremismo sunnita (il riferimento è allo Stato Islamico, ndr) e che gli ultimi episodi di sangue (come l’attentato alla moschea sciita
di Qatif, ndr) sono destinati a ripetersi”.
Per dirla con Robin Wright, insomma, “la Primavera
Araba è stata solo la miccia. Gli arabi non volevano solo cacciare i dittatori, ma volevano un potere decentrato che riflettesse l’identità locale o il diritto di accedere
alle risorse”.
“
GLI ULTIMI EPISODI DI SANGUE IN
ARABIA SONO DESTINATI A RIPETERSI
”
Se quanto preconizzato dal NYT avverrà sarà solo la storia a dircelo. In ogni caso, è evidente ogni giorno di più come i campi di battaglia si stiano ampliando e fondendo tra
loro, alimentando un conflitto che, sia come sia, avrà conseguenze enormi e prolungate per tutto il Medio Oriente.
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La storia di Igor Markevič.
Un direttore d’orchestra nel caso Moro
gioVanni FaSaneLLa
e giuSePPe roCCa
Chiarelettere
496 pagine
14 euro
ubblicato da Einaudi nel 2003,
sparito dagli scaffali per più di
dieci anni perché ripudiato
dall’editore e tornato nelle librerie solo nel 2014 con Chiarelettere. Il libro-inchiesta La
storia di Igor Markevic. Un direttore d’orchestra nel caso Moro continua a far parlare di sé. Ancora oggi,
a 37 anni dall’omicidio del presidente
della Democrazia Cristiana. Il perché
lo spiega a Lookout News il giornalista
Giovanni Fasanella, autore del libro
insieme a Giuseppe Rocca.
anno III - numero 17 - luglio-agosto 2015
EDITORE
G-Risk - Via Tagliamento, 25 00198 Roma
Tel. +39 06 8549343 - Fax +39 06 85344635
[email protected] - www.grisk.it
P
Quali veriTà sul caso
Moro si celano dieTro la
sToria del MaesTro igor
Markevic?
Dietro la figura di Markevic si celano
la dimensione internazionale della vicenda Moro, gli ambienti diplomatici,
intellettuali e dell’intelligence che si
occuparono a vario titolo del caso, soprattutto nella fase finale. È un terreno
minato perché entrano in gioco le relazioni tra gli Stati.
Perché ProPrio Markevic
fu scelTo coMe
MediaTore Per TraTTare
con i BrigaTisTi?
Naturalmente non abbiamo la certezza di un suo ruolo di mediatore,
questa è al momento un’ipotesi, per
quanto molto attendibile. Rimanendo
quindi su un piano ipotetico, Markevic
fu scelto come mediatore per la sua
DIRETTORE SCIENTIFICO
Mario Mori
DIRETTORE EDITORIALE
Alfredo Mantici
[email protected]
DIRETTORE RESPONSABILE
Luciano Tirinnanzi
@luciotirinnanzi
[email protected]
storia personale e per il suo sistema di
relazioni. Era espressione di ambienti
e interessi tra loro pubblicamente inconciliabili, ma che, proprio attraverso
una personalità così complessa come
la sua, riuscivano a trovare un qualche
punto di contatto. Markevic era insomma una sorta di “camera di compensazione”. In ogni caso, una
trattativa ci fu, è certo. E se c’è ancora
un “mistero”, è proprio questo: perché
Moro fu assassinato quando tutto lasciava ormai credere che fosse a un
passo dalla liberazione?
l’iTalia è PronTa Per fare
i conTi con QuesTo caso?
Non credo che il nostro Paese sia
pronto e nemmeno che ci sia una volontà politica di fare chiarezza. C’è una
dimensione internazionale della nostra
storia recente oscura che è ormai facilmente intuibile, ma non può essere
certificata attraverso sentenze giudiziarie o atti di commissioni parlamentari
d’inchiesta per le conseguenze che ne
deriverebbero. Siccome nessuno ha il
coraggio di dirlo, si fa finta di indagare.
Ma è solo “ammuina”.
@RoccoBellantone
la videoinTervisTa all’auTore:
hTTPs://WWW.youTuBe.coM/WaTch?v=hlcP-y_To2W
CAPOREDATTORE
Rocco Bellantone
@RoccoBellantone
REDAZIONE
Marta Pranzetti
Brian Woods
Hugo
Ottorino Restelli
HANNO COLLABORATO
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Ciro Sbailò
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