Qualità della vita delle donne caregivers

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Qualità della vita delle donne caregivers
LETTI PER VOI:
" Qualità della vita delle donne caregivers:
dalla Penisola Scandinava al Mar Mediterraneo”
"
a cura di
Cinzia Di Novi∗
Università Ca’ Foscari di Venezia,
Dipartimento Economia
L’Europa nel corso degli ultimi decenni ha sperimentato una caduta nel tasso di fertilità, cui
si è accompagnata una crescente longevità, due fattori demografici che indicano il progressivo
invecchiamento della sua popolazione. Il calo delle nascite ha ridotto la consistenza delle coorti di
giovani generazioni, mentre l’allungamento della speranza di vita ha posticipato il momento del
decesso. La percentuale di anziani over-65 su tutta la popolazione è più alta in Europa che in
qualsiasi altro continente ed il fenomeno dell’invecchiamento è un problema che si imporrà per
tutto il secolo. In Italia, che vanta il primo posto di paese più vecchio del vecchio continente, una
persona su quattro fa parte di una “rete informale” e fornisce cure ad amici, vicini ma soprattutto a
familiari anziani. Questo è il cosidetto “welfare all’italiana” che l’Istat descrive nel “Rapporto
annuale sulla situazione del Paese – 2011”. La solidarietà intragenerazionale coinvolge circa 15
milioni di persone (il 27% della popolazione italiana).
Il popolo dei caregiver - termine
anglosassone utilizzato per definire i donatori di cure - è composto soprattutto da donne, in gran
parte sposate, con un livello di istruzione basso o medio basso, non occupate o con una occupazione
meno impegnativa in termini di ore. Caratteristiche che accomunano le donne caregiver italiane a
quelle del resto del Sud dell’Europa.
∗
e-mail: [email protected].
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Nei paesi del Nord Europa il sistema di welfare prevalente è quello del modello della defamiliarizzazione nel quale le risposte ai bisogni di cura degli anziani vengono dal settore pubblico,
principalmente attraverso la fornitura di servizi formali e in via residuale, attraverso il supporto
finanziario all’attività dei caregivers informali. I paesi dell’Europa continentale si collocano, invece,
in una posizione intermedia in cui le politiche di cura coprono una porzione limitata della
popolazione anziana e l’aiuto alle famiglie per far fronte alle responsabilità di cura ed economiche
avviene attraverso trasferimenti monetari. Ad esempio, se in Germania il ruolo del caregiver è
previsto dalla legge, in altri Paesi dell’Europa occidentale – quali Finlandia e Svezia – sono stati
introdotti schemi assicurativi che compensano i caregiver per il lavoro svolto (di fatto ponendo le
cure informali sullo stesso piano di un lavoro, tanto da prevederne schemi remunerativi per il
caregiver).
L’Italia, come altri paesi dell’Europa Mediterranea, presenta ancora un modello di welfare di
cura degli anziani che poggia fondamentalmente sulle spalle della famiglia e in particolare su quelle
delle figlie, con una scarsa offerta pubblica di servizi formali di supporto specifico per caregivers.
Come è possibile notare dal grafico sottostante, che mostra le risorse destinate alla LTC (Long
Term Care) rispetto al Prodotto Interno Lordo (GDP- Gross Domestic Product), tra i Paesi dell’
Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), sono i Paesi Scandinavi ad
avere un sistema più generoso che destina in media circa il 3% del PIL alle cure degli anziani .
Long-term care public expenditure (health and social components), as share of GDP, 2009 (or nearest year)
Total
0.01
0.20
0.09
0.30
0.21
0.30
0.43
0.41
0.65
0.60
0.84
0.84
0.91
1.00
1.00
1.30
1.30
1.20
0.90
1
1.70
1.39
1.90
2.20
3.70
1.80
2
2.20
3
Social LTC
2.50
4
3.80
% of GDP
0
Source: OECD Health Data 2011.
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Il fanalino di coda è rappresentato invece dai Paesi del Sud Europa, che si assestano intorno allo
0,65% del Prodotto Interno Lordo. La carenza dei servizi dell’Europa Mediterranea comporta
soprattutto per le donne rinunce, sia sul piano professionale sia su quello personale, mettendo in
gioco salute fisica e soprattutto psicologica.
Questo tema trova spazio in una recente ricerca basata sui dati SHARE (Survey of Health,
Ageing and Retirement in Europe). La ricerca, che verrà presentata qui di seguito, ha riguardato 11
stati Europei. Oltre all’Italia: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi,
Spagna, Svezia e Svizzera. La popolazione target dello studio è composta da 1825 donne
raggruppate in tre campioni che rispecchiano la macro-area di residenza rispettivamente Nord,
Centro e Sud Europa in linea con due elementi ritenuti significativi ai fini della ricerca: i) la
tipologia di sistema di welfare e di Long Term Care ii) il contesto sociale e culturale condizionante i
legami familiari all’interno delle tre zone europee.
C. Di Novi, R. Jacobs, M. Migheli (2013) “The Quality of Life of Female Informal Caregivers:
From Scandinavia to the Mediterranean Sea” , CHE Research Paper 84, York: University of
York.
www.york.ac.uk/media/che/documents/papers/researchpapers/CHERP84_QoL_female_informal_ca
regivers.pdf
I dati impiegati in questo studio fanno riferimento ai dati delle prime due indagini SHARE
la prima condotta nel 2004 e la seconda tra il 2006 e il 2007. SHARE è la prima banca dati Europea
che contiene informazioni dettagliate sullo stato di salute, sulle caratteristiche socio-economiche,
sulle relazioni familiari degli ultracinquantenni in Europa. Il disegno su cui si fonda è riconducibile
a quello dello studio americano Health and Retirement Study (HRS) e allo studio inglese English
Longitudinal Study of Ageing. L’ analisi è basata sulla versione 2.5.0 della prima e della seconda
indagine SHARE. La popolazione target di questo studio è costituita dalle donne di età compresa
tra i 50 e i 65 anni con almeno un genitore in vita al momento della prima intervista. Sono state
definite “caregiver” le donne che forniscono assistenza non formale a favore dei genitori anziani.
Per assistenza si intendono cure e lavoro domestico, comprese le mansioni amministrativoburocratiche, non formale.
Un possibile problema di uno studio che intende esplorare gli effetti sulla salute e sulla qualità della
vita del fornire cure ad un genitore anziano è costituito dalla possibilità che i caregivers si siano
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auto selezionati nello status di “donatore di cura” grazie a determinate caratteristiche pre-esistenti
(ad esempio un migliore stato di salute rispetto a chi non fornisce cure ai genitori anziani).
L’eventualità è affrontata nella ricerca tramite il metodo del matching statistico abbinando a
ciascun caregiver un non-caregiver sulla base di tutte le caratteristiche associate con lo status di
caregiver e con lo stato di salute e la qualità della vita individuale (Caliendo & Kopeinig, 2008).
L’abbinamento è stato realizzato usando la procedura di Propensity Score (PS) matching,
formalizzata da Rosenbaum and Rubin (1983). Il metodo prevede prima di tutto di calcolare la
probabilità di essere caregiver attraverso un semplice modello probit. La variabile dipendente è una
variabile binaria che assume valore 1 se l’intervistata fornisce assistenza ad almeno un genitore o
suocero anziano e 0 se non fornisce assistenza. Le stime dei parametri della probabilità di essere
caregiver vengono trasformate in un punteggio (score) che riassume le caratteristiche osservabili
(età, sesso, stato maritale, livello di istruzione, composizione familiare ecc.) che differenziano i
caregivers dai non-caregiver. Lo score permette di selezionare tra i caregiver un individuo
“gemello” tra coloro che non si occupano di assistere i propri genitori così da minimizzare tutte le
differenze sistematiche che possono influire sulla stato di salute individuale e sulla qualità della
vita. I “gemelli” non-caregivers sono coloro che presentano un punteggio il più vicino possibile
all’individuo di riferimento che svolge attività di cura. Infine, l’effetto medio del donare cure
(Average treatment effect on the treated, Att) è misurato dalla differenza negli indicatori di salute e
di qualità della vita: l’ipotesi è che dati due individui il più possibile simili in termini di
caratteristiche osservabili, eventuali differenze nello stato di salute e di qualità della vita sono
imputabili allo status di caregiver.
Al fine di studiare le conseguenze del lavoro di cura sul benessere individuale delle donne
caregiver l’analisi considera due indicatori di salute: la salute percepita e una misura soggettiva di
qualità della vita (CASP-12). Per quanto riguarda la salute percepita il quesito è quello
raccomandato dall’Oms: alla domanda “Come va in generale la sua salute?” l’intervistato risponde
esprimendo un giudizio con una scala verbale a cinque valori (molto male, male, discretamente,
bene, molto bene). L’indicatore di qualità della vita CASP-12 copre quattro domini: Controllo,
Autonomia, Self-Realization (realizzazione personale) e Piacere. Ciascuna dimensione prevede tre
domande che verificano il soddisfacimento della dimensione stessa. Ciascuna domanda prevede una
scala a quattro valori (spesso, qualche volta, raramente, mai). Il punteggio totale parte da 12 e può
arrivare fino a 48. Ad un punteggio più elevato corrisponde una qualità della vita migliore. Qui di
seguito mostriamo il questionario relativo al CASP-12 contenuto in SHARE:
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Dai risultati, forse non sono troppo sorprendenti, emerge un forte gradiente Nord-Sud nella
salute percepita e anche nella qualità della vita dei caregiver. I meno fortunati sembrerebbero i Paesi
Mediterranei, dove le donne percepiscono maggiormente il cosidetto caregiver-burden.
In tutti i Paesi considerati la solidarietà intergenerazionale spinge le “figlie” a svolgere il
lavoro di cura a favore dei genitori anziani. Ma nei Paesi del Nord Europa, i caregiver possono
contare su strumenti di tutela che riconoscono a livello giuridico il valore di questo impegno (non
solo morale ma anche economico), e su un sistema di LTC più generoso. Per questi Paesi prevale
l’effetto gratificazione con una miglioramento dello stato di salute delle donne caregivers. Nei Paesi
del Sud dell’Europa, dove l’assistenza agli anziani è quasi esclusivamente a carico delle famiglie, i
caregiver si trovano gravati da una maggiore responsabilità e questo ha effetti negativi in particolare
sul loro stato di salute psicologico.
Bibliografia
1. C. Di Novi “ In Italia Donne Caregiver con meno tutele”, Il Sole24Ore - Sanità, nr.20, pag.8 (28
giugno 2013).
2. C. Di Novi, R. Jacobs, M. Migheli (2013) “The Quality of Life of Female Informal Caregivers: From
Scandinavia to the Mediterranean Sea” , CHE Research Paper 84, York: University of York.
3. Rosenbaum PR, Rubin DB. 1983. The Central Role of the Propensity Score in Observational Studies
for Causal Effects. Biometrika 70: 41-55.
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