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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
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Unicuique suum
Anno CLVI n. 119 (47.254)
Città del Vaticano
giovedì 26 maggio 2016
.
All’udienza generale Papa Francesco lancia un nuovo appello per la pace
Ban Ki-moon chiude il summit mondiale
Si fermi la violenza in Siria
Al vertice umanitario
senza i leader del G7
E ricorda il dovere di proteggere i bambini da sfruttamento e abbandono
Un’avemaria per «l’amata Siria»,
dove «lunedì scorso sono avvenuti
alcuni attentati terroristici, che hanno provocato la morte di un centinaio di civili inermi»: l’ha chiesta
Papa Francesco ai fedeli presenti in
piazza San Pietro al termine
dell’udienza generale di mercoledì 25
maggio. In particolare Francesco ha
auspicato che si «converta il cuore
di quanti seminano morte e distruzione». Parole che hanno trovato
concretezza nel dono ricevuto dalle
mani di un rappresentante di un’associazione umanitaria impegnata nel
soccorso ai profughi nell’isola greca
di Lesbo: si tratta del giubbotto salvagente indossato proprio da una
bambina siriana morta in mare nel
tentativo di fuggire dal conflitto.
In precedenza, nei saluti ai gruppi
che partecipano all’incontro settimanale, il Pontefice aveva ricordato
due appuntamenti particolarmente
significativi: la giornata internazionale per i bambini scomparsi, con la
sottolineatura di come sia «un dovere di tutti proteggere i bambini, soprattutto quelli esposti ad elevato rischio di sfruttamento, tratta e condotte devianti» e l’auspicio «che ciascuno di essi sia restituito all’affetto
dei propri cari»; e la tradizionale celebrazione del Corpus Domini di
giovedì 26, con la messa in piazza
San Giovanni in Laterano e la successiva processione verso Santa Maria Maggiore. «Invito romani e pellegrini — ha detto Francesco — a
Un’auto colpita durante un bombardamento a Tartus, nei pressi di Damasco (Afp)
partecipare a questo solenne atto
pubblico di fede e di amore a Gesù
realmente presente nell’Eucaristia».
All’inizio dell’udienza, continuando le sue riflessioni sulla misericordia nella prospettiva evangelica, il
Papa si è soffermato sulla parabola
del giudice e della vedova, narrata
da Luca (18, 1-8). Essa, ha spiegato,
«contiene un insegnamento impor-
tante: “La necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Dunque,
non si tratta di pregare qualche volta», ma di «pregare sempre, senza
stancarsi». Certo, il Pontefice si è
detto consapevole che «tutti proviamo momenti di stanchezza e di scoraggiamento, soprattutto quando la
nostra preghiera sembra inefficace.
Ma — ha assicurato — Dio esaudisce
prontamente i suoi figli, anche se ciò
non significa che lo faccia nei tempi
e nei modi che noi vorremmo». Del
resto, ha aggiunto, «la preghiera
non è una bacchetta magica», però
«aiuta a conservare la fede in Dio,
ad affidarci a lui anche quando non
ne comprendiamo la volontà».
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ISTANBUL, 25. Soddisfazione per i
risultati del primo vertice umanitario mondiale, ma anche disappunto
per l’assenza dei leader del G7, ad
eccezione di Angela Merkel. Sono
le considerazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-moon, a conclusione del summit a Istanbul.
Chiarissimo l’appello: «Servono
240 milioni di dollari all’anno» per
far fronte alle crisi. Una cifra non
irraggiungibile se si pensa, ha sottolineato Ban Ki-moon, che «rappresenta solo l’1 per cento delle
spese militari mondiali». Un altro
dato deve far riflettere: «l’80 per
cento delle finanze messe in campo
interviene su crisi create dall’uomo», come le guerre.
E Ban Ki-moon ha chiamato in
causa direttamente i membri del
Consiglio di sicurezza, chiedendo
che «intraprendano passi importanti». Il monito è forte: l’assenza
«non è una scusa per non fare
niente in campo umanitario». E il
Segretario generale ha indicato un
appuntamento preciso: «A settembre riferirò all’Assemblea generale
delle Nazioni Unite i risultati di
questo summit».
È certamente da considerarsi un
risultato positivo anche il solo fatto
di aver riunito, a dibattiti e tavole
rotonde incentrati sui bisogni
dell’umanità, rappresentanti di 173
Paesi, tra cui 55 capi di Stato e di
Governo. La stessa organizzazione
dell’Onu, nei suoi 70 anni di vita,
non aveva mai promosso un vertice
Nuovi fondi Ue alla Grecia per i profughi mentre prosegue lo sgombero del campo di Idomeni
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Ancora morti nel Mediterraneo
BRUXELLES, 25. Stavolta i soccorritori non ce l’hanno fatta a salvare tutti. E così sette persone sono morte
nel naufragio di un barcone con circa 500 migranti a bordo, al largo
della Libia. L’imbarcazione si è infatti rovesciata quando già era stata
avvistata da una unità della Marina
italiana. Si teme ci siano altre persone disperse.
Questa ennesima tragedia arriva
nel giorno in cui i dati sottolineano
che il numero delle persone morte
annegate nel mese corrente è diminuito del 24 per cento rispetto allo
stesso periodo di un anno fa. Un
dato positivo, verrebbe da dire, non
fosse che si tratta comunque di ben
1.370 vite umane stroncate. Ma è anche un dato che conferma come le
traversate nel Canale di Sicilia non
conoscano tregua. Come dimostrano
i 5.000 migranti salvati negli ultimi
due giorni.
A proposito degli arrivi, l’O rganizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) stima a oltre 191.000
il numero di migranti e rifugiati
giunti in Europa attraversando il
Mediterraneo dall’inizio del 2016 fino al 21 maggio. In particolare, si
tratta di arrivi in Italia e Grecia, ma
anche a Cipro e in Spagna.
Intanto, per la gestione dei migranti, a favore della Grecia la Commissione europea ha stanziato altri
25 milioni di euro. I finanziamenti,
provenienti dal Fondo per asilo e
migrazione, Amif, verranno utilizzati
per attuare l’accordo con la Turchia
e il piano di ricollocamenti per i rifugiati. Consentiranno di dispiegare
ulteriori esperti e interpreti provenienti dagli Stati membri, oltre a
mettere in piedi uffici mobili negli
hotspot per fornire assistenza a chi
presenta domanda di asilo. D all’inizio del 2015 a oggi la Commissione
europea ha assegnato alla Grecia
262 milioni di euro in assistenza
d’emergenza, oltre ai 509 milioni già
allocati nell’ambito dei programmi
2014-2020.
E intanto a Idomeni, al confine
con l’ex Repubblica jugoslava di
Macedonia, prosegue lo sgombero
del campo profughi. Nella prima
giornata sono state spostate circa
2.000 persone su un totale di oltre
8.000.
Sulla frontiera tra Italia e Austria,
invece, nonostante l’annuncio del
ministro degli Interni di Vienna,
Wolfgang Sobotka, continua la costruzione della barriera che potrebbe
essere usata per il cosiddetto «management dei migranti», qualora gli
austriaci lo giudicassero opportuno.
Sobotka afferma che «sono già stati
predisposti i pilastri e nei prossimi
giorni verrà fissato il tetto della
struttura che, come al valico di
Spielberg con la Slovenia, sarà usata
per identificare i migranti in arrivo,
sempre che lo si ritenga necessario».
Nel frattempo la direzione della
polizia della regione del Tirolo conferma che altri 50 agenti di polizia
austriaci hanno cominciato a controllare il traffico nelle immediate vicinanze del confine del Brennero in
territorio tirolese. I controlli vengono effettuati sull’autostrada, sulla
strada statale e sui treni. In totale
sono 80 gli agenti austriaci impegnati in quello che viene definito un
servizio di perlustrazione.
Di barriere è tornato a parlare ieri
il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, in occasione
delle commemorazioni del centenario della Grande Guerra. In visita
ad Asiago, località del Veneto simbolo della battaglia passata alla storia come “offensiva di primavera” e
teatro di un terribile bombardamento che la rase completamente al suolo, Mattarella ha parlato di pace
non scontata, sottolineando che «il
progresso e le conquiste civili possono essere mantenute dall’Europa solo garantendo la pace e non alzando
le barriere». Il presidente ha inoltre
raccomandato di non anteporre «gli
ideali alla ricerca, effimera, del consenso ad ogni costo». Il rischio è
quello di chiudersi «nei recinti di
malintesi interessi nazionali».
In sostanza Mattarella ha lanciato
un monito ai Governi affinché non
si disperda l’eredità più preziosa
avuta in dote dall’Europa dopo il
disastro di due immani conflitti.
«Sono state le intese — ha sottolineato — le alleanze non aggressive,
le unioni sovranazionali e non le
chiusure e le barriere a garantire
all’Italia e agli altri la libertà e il benessere».
Chiesa e comunicazione
In occasione della solennità
del Corpus Domini
il nostro giornale non uscirà.
La pubblicazione riprenderà
con la data 27-28 maggio.
Con o senza
la tecnologia
Migranti salvati al largo della costa libica (Afp)
JORGE OESTERHELD
A PAGINA
5
Da qui, dalle montagne di Asiago, dove durante la Grande Guerra
morirono 230.000 uomini, il capo
dello Stato italiano ha voluto ribadire che «è stata la pace e non la
guerra ad assicurare stabilità e progresso, è stato il dialogo non lo
scontro a permettere le grandi conquiste civili ed economiche di questi
70 anni». E infine ha parlato di «rischio concreto che forze disgregatrici, minacce terroristiche, crisi economiche, flussi migratori, facciano fare
pericolosi balzi all’indietro».
del genere sulle sofferenze delle
persone vittime di conflitti o
disastri.
Ma non può finire qui. Il motivo
della convocazione del vertice è
stato l’allarmante moltiplicarsi dei
teatri di crisi. «Sfide urgenti che si
dovevano innanzitutto capire nelle
loro reali dimensioni», ha sottolineato Ban Ki-moon, ricordando i
130 milioni di persone toccate da
gravi
sofferenze
e
bisogni.
D all’analisi bisogna però passare
ora all’azione. «Call to action», come si legge al primo punto del documento finale.
Dal vertice deve prendere il via
innanzitutto «un impegno nuovo a
livello di diplomazie, per scongiurare o portare a soluzione i conflitti». E poi un rinnovato sforzo a
«far rispettare almeno le normative
internazionali vigenti in caso di
conflitti». Resta l’urgenza di assicurare assistenza, perché l’umanità
sia trattata da umanità.
Il carattere inclusivo del vertice,
che ha riunito rappresentanti di nazioni e di organizzazioni non governative, esponenti di istituzioni
religiose e private, deve lasciare un
segno.
In due giorni, sette tavole rotonde al più alto livello, quindici sessioni speciali, 132 dibattiti su iniziative precise. Uno scambio ricco di
opinioni, di dati e di proposte che
«avrà un ruolo nel raggiungere gli
obiettivi fissati da tutte le Agende
e gli Accordi elaborati in questi anni, in tema di sviluppo sostenibile
o cambiamenti climatici».
Il documento finale sintetizza
così l’essenziale: «Siamo stati
testimoni delle storie dei più bisognosi».
Ban Ki-moon è perentorio:
«Non possono essere parole, deve
tutto tradursi in finanziamenti». Su
più piani, bisognerà vedere come
da dichiarazioni e annunci si passi
ad azioni concrete, per rispondere
davvero ai bisogni di tante vittime,
nel rispetto della loro dignità e dei
loro inalienabili diritti umani.
A Istanbul una sessione sui migranti
Risposte durature
CHARLES
DE
PECHPEYROU
A PAGINA
2
Assemblea dell’Onu sull’ambiente a Nairobi
Sviluppo sostenibile
e cambiamento climatico
NAIROBI, 25. Oltre 2.300 delegati
da 170 Paesi sono riuniti a Nairobi,
capitale del Kenya, in occasione
della seconda Assemblea dell’O nu
sull’ambiente. Al centro delle discussioni, lo sviluppo sostenibile, il
cambiamento climatico e i rifiuti in
mare, oltre al traffico illegale di animali. In vista del rapporto globale
sull’ambiente (Global Environmental Outlook, Geo6), che sarà diffuso prima del 2018, i partecipanti al
summit di Nairobi hanno redatto
degli studi sulla allarmante situazione dei singoli continenti, raccomandando ai vari Governi di proteggere
gli ecosistemi, ridurre l’inquinamento, lo sfruttamento delle risorse naturali e la dipendenza da combustibili fossili, investire nella ricerca per
lo sviluppo sostenibile e aumentare
la cooperazione fra gli Stati.
In America latina e nei Caraibi,
sono aumentate fortemente le emissioni di gas serra e la maggior parte
delle grandi città ha livelli di polveri sottili superiori ai limiti fissati
dall’Oms. Il cambiamento climatico
scioglie i ghiacciai andini e i disastri naturali si moltiplicano.
In Asia e Pacifico, la crescita economica ha portato a inquinamento
atmosferico, scarsità d’acqua, produzione incontrollata di rifiuti.
Ogni anno vengono distrutti oltre
un milione di ettari di foresta e il
30 per cento della popolazione beve acqua contaminata. In Asia occidentale, la desertificazione avanza,
provocando scarsità d’acqua e di cibo, mentre le continue guerre provocano milioni di profughi, che sovraccaricano i sistemi di raccolta rifiuti e creano rischi di epidemie.
Riguardo all’Africa, l’inquinamento atmosferico causa 600.000
vittime ogni anno, con solo il 68
per cento della popolazione che ha
accesso ad acqua potabile. Inoltre,
metà della popolazione subsahariana non ha assistenza sanitaria.
Gli unici dati positivi riguardano
il Nord America, dove la situazione
ambientale è migliorata. L’aria è
sempre più pulita, l’acqua potabile
è ottima, aree protette difendono la
biodiversità, anche se 140 milioni di
persone sono ancora esposte a forte
inquinamento atmosferico.
Lo studio sull’Europa sarà invece
presentato il prossimo 8 giugno a
Batumi, in Georgia, alla conferenza
dei ministri dell’Ambiente europei.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
giovedì 26 maggio 2016
Profugo abbandona il campo greco
di Idomeni sgomberato dalla polizia (Afp)
Trovato il compromesso tra creditori europei e Fondo monetario internazionale
Sarà rinegoziato il debito greco
L’Eurogruppo sblocca gli aiuti alla Grecia
L’Eurogruppo ha trovato un accordo complessivo sulla Grecia che
non appariva scontato. Il compromesso che è stato difficile da trovare
è quello sull’alleggerimento del debito. Arriverà, come voleva l’Fmi che
ha ottenuto un impegno scritto con
tanto di misure previste, ma non prima del 2018, come chiedeva la Germania. Per il commissario agli Affari
economici, Pierre Moscovici, è un
successo: «Abbiamo voltato pagina
insieme in questa lunga storia del
programma greco, c’è voluto un lavoro intenso, non era facile».
Una preoccupazione dei creditori
europei era quella che al programma
da 86 miliardi in tre anni partecipasse l’Fmi. Priorità per l’istituto di
Washington era che ci fossero garanzie su una ristrutturazione del debito
e sulla sostenibilità degli obiettivi di
risanamento. Il punto è che la presidente dell’Fmi, Christine Lagarde,
ha ribadito più volte che un avanzo
primario del 3,5 per cento al 2018
non può essere ritenuto credibile.
Il compromesso sul debito consiste nel prevedere la rimodulazione
BRUXELLES, 25. Via libera a 10,3 miliardi di aiuti e soprattutto ristrutturazione del debito della Grecia. Sono le decisioni dell’Eurogruppo che
permettono la conferma dell’intervento del Fondo monetario internazionale (Fmi) al terzo programma di
assistenza finanziaria ad Atene.
Provvedimenti
per stimolare
la crescita
economica russa
MOSCA, 25. L’economia russa potrebbe raggiungere il livello di
crescita stabile del quattro per
cento entro due, tre anni. Lo ha
dichiarato oggi all’agenzia di
stampa Tass il consigliere presidenziale Andrei Belousov, nel
giorno in cui è attesa la sessione
del Consiglio economico del
Cremlino che dovrà studiare misure per stimolare la crescita.
Belousov ha detto che l’attuale
modello dell’economia nazionale
«è datato e inadeguato». «Uno
degli obiettivi principali è dare
impulso alla crescita economica»,
ha detto il consigliere di Vladimir
Putin. «Ci troviamo nella situazione in cui il precedente modello
di crescita economica si è esaurito», ha sottolineato. «C’è già una
comprensione tra le elite che senza crescita economica, un mare di
questioni saranno impossibili da
risolvere o potrebbero essere risolte solo ad alto prezzo», ha ammesso Belousov. «Allo stesso tempo — ha aggiunto — è ancora possibile ottenere la crescita economica sebbene le ricette varino
molto. Una crescita economica
stabile si può avere in due o tre
anni». Questo, a suo dire, significa che la Russia deve cercare
«nuove fonti di crescita».
Se l’obiettivo del quattro per
cento non verrà realizzato, Belousov ha già avvertito — parlando
con il quotidiano «Vedomosti» —
sui rischi di stagnazione. «Senza
nuovi investimenti — ha dichiarato — si degraderà l’infrastruttura
sociale e crescerà il malcontento».
L’economia russa ha sofferto in
modo particolare il crollo dei
prezzi del petrolio nel 2014, a cui
si sono aggiunte la svalutazione
del rublo e le sanzioni occidentali
per la crisi ucraina. Gli analisti ritengono che il Paese abbia bisogno di riforme strutturali per evitare un lungo periodo di stagnazione. Il Consiglio economico
presidenziale — che si riunisce oggi per la prima volta in tre anni —
discuterà un pacchetto di misure
destinate a stimolare la crescita.
Violenti
scontri a Bruxelles
BRUXELLES, 25. Almeno 60.000
persone sono scese in piazza ieri a
Bruxelles per protestare contro il
Governo di centrodestra del premier, Charles Michel, e i tagli al
welfare introdotti senza contrattazione con le parti sociali. Dieci
persone, otto manifestanti e due
agenti di polizia, sono rimaste ferite negli scontri — con scene da
guerriglia urbana tra lanci di pietre, uova e bottiglie — provocati da
alcuni infiltrati nel corteo pacifico,
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PARIGI, 25. Non si ferma in Francia
la mobilitazione contro la riforma
del codice del lavoro. Gli scioperi
nelle raffinerie aumentano e il Paese
rischia il blocco, a pochi giorni
dall’inizio degli Europei di calcio.
Almeno sei delle otto raffinerie
francesi hanno fermato o ridotto la
propria produzione. Almeno un
quinto dei 12.000 distributori di carburante è a secco o in difficoltà. Le
agitazioni riguardano anche il settore dei trasporti su gomma, rotaia e
per via aerea. Una situazione che,
come avviene regolarmente, viene
aggravata da migliaia di auto e camion che si mettono in fila per ore.
Stamane, la polizia ha effettuato
un nuovo intervento a un deposito
strategico di carburante bloccato dai
dimostranti a Douchy-les-Mines, nel
nord, per protesta contro il jobs act.
La situazione è molto tesa. La penuria di carburante, dopo Nantes,
Rennes e Le Havre, comincia a farsi
sentire anche a Parigi.
Il presidente dell’Unione delle industrie petrolifere ha ammesso che
da due giorni sono intaccati gli
stock di riserva. Nel quadro delle
agitazioni, i dipendenti della centrale nucleare di Nogent-sur-Seine, nella regione della Champagne-Ardenne, hanno deciso di scioperare e fermare la produzione di elettricità.
organizzato da tutte le sigle sindacali. Tra i feriti c’è anche il commissario di polizia responsabile per
la sicurezza della manifestazione,
colpito alla testa da un grosso sasso. Una trentina di persone sono
state arrestate. In una nota, il primo ministro, nonostante le proteste
contro la riforma delle pensioni, i
tagli allo stato sociale e le modifiche del mercato del lavoro, ha fatto
sapere che intende «proseguire le
riforme».
Poliziotti belgi arrestano un dimostrante (Ap)
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
Risposte umanitarie
durature
di CHARLES
DE
PECHPEYROU
«Viviamo in un periodo di crisi
senza precedenti: mai, nel corso
della storia, tante persone sono state dislocate e costrette a emigrare,
una crisi di fronte alla quale le autorità internazionali sembrano sopraffatte». È questa l’osservazione
formulata da uno dei partecipanti
al vertice umanitario mondiale di
Istanbul, durante la sessione speciale, svoltasi il 22 maggio, dedicata all’azione a favore dei migranti.
Nel corso dei lavori, la testimonianza di padre Juan Luis Carbajal, segretario esecutivo della commissione per la pastorale dei migranti della Conferenza episcopale
del Guatemala, ha confermato questa osservazione. «Vengo dal cosiddetto triangolo del nord dell’America centrale, tra Guatemala, Honduras ed El Salvador, considerato
una delle zone più pericolose al
mondo, anche se non viviamo un
tempo di guerra» ha spiegato. «Di
fatto — ha aggiunto — le numerose
piaghe subite dal nostro paese, come lo sfruttamento illecito delle risorse naturali, la violenza, la circolazione di migliaia di armi nelle
strade, le persecuzioni, gli omicidi
di giornalisti, in un contesto dominato dal crimine organizzato, costringono molti cittadini a fuggire,
nella maggior parte dei casi in
America del nord. Purtroppo, ha
poi sottolineato, gran parte di loro
viene nuovamente scacciata dagli
Stati Uniti o dal Messico.
Di fronte a questa tragica situazione, «occorrono risposte umanitarie durature e i paesi non devono
lesinare sforzi e risorse; abbiamo
bisogno di organizzazioni sul posto
che vivano da vicino la quotidianità di queste persone e dobbiamo
fornire protezione e assistenza ai rifugiati», ha aggiunto padre Carbajal, che è anche direttore di una
struttura di accoglienza a Città del
Guatemala chiamata Casa del migrante.
«Siamo tutti coinvolti in queste
situazioni — ha concluso il religioso
scalabriniano — siamo tutti nel dolore perché ci sono persone perseguitate a causa della loro fede, perché ci sono barconi stracolmi di
Nomination repubblicana per la Casa Bianca più vicina
WASHINGTON, 25. Come ampiamente previsto, Donald Trump ha
nettamente vinto le primarie repubblicane di ieri nello Stato di Washington, conquistando il 76 per
cento dei voti e aggiudicandosi i 44
delegati in palio. Il senatore texano,
Ted Cruz, e il governatore
dell’Ohio, John Kasich — i cui nomi figuravano ancora sulle schede,
nonostante si siano già ritirati —
hanno raccolto ciascuno il 10 per
cento circa delle preferenze.
Trump — informa la Cnn — ha
così raggiunto quota 1.229 delegati
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segretario di redazione
Al vertice di Istanbul si parla di migranti
A Trump le primarie nello Stato di Washington
sare lo Stato, ma l’Esecutivo di Temer vuole riavere almeno 70 miliardi entro i prossimi mesi. L’obiettivo, secondo il ministero delle Finanze, è quello di ottenere un risparmio di circa sette miliardi l’anno. Un’altra proposta per abbattere
l’indebitamento pubblico è quella
di attingere ai circa due miliardi di
reais applicati nel Fondo sovrano
istituito da Lula con le risorse provenienti dai giacimenti petroliferi e
destinato all’istruzione. Allo studio
ci sono la riforma delle pensioni e
un tetto per le spese sulla sanità.
L’OSSERVATORE ROMANO
vatizzazioni. C’è poi il cosiddetto
“meccanismo di emergenza”, richiesto in particolare da Germania e
Fmi, che in sostanza farà scattare tagli di bilancio o aumento di introiti
fiscali automatici nel caso in cui non
sia raggiunto l’obiettivo fissato per
l’avanzo primario. Così è giunto il
via libera politico allo sblocco della
tranche di aiuti per complessivi 10,3
miliardi, che verranno pagati in due
momenti diversi: 7,5 miliardi a giugno, e i restanti 2,8 a settembre. Su
esborsi aggiuntivi c’è da dire che
l’Eurogruppo è stato chiaro nel vincolarli ai progressi legati al percorso
di privatizzazioni.
Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, si pronuncia dicendo che «la fiducia reciproca dopo l’approvazione delle nuove misure da parte del Governo ellenico ci
ha consentito di aprire una nuova
fase». Da parte sua, il ministro delle
Finanze greco, Euclide Tsakalotos,
afferma che «la Grecia può uscire
dal circolo vizioso recessione-taglirecessione e aprire di nuovo l’era degli investimenti esteri».
Ancora
proteste
e scioperi
in Francia
Manifestazioni contro i tagli al welfare
Nuove misure in Brasile
per frenare il deficit
BRASILIA, 25. Il presidente brasiliano ad interim, Michel Temer, ha
annunciato ieri le misure all’insegna
dell’austerity che il Governo presenterà al Congresso per frenare il
deficit nei conti pubblici. Tra i
provvedimenti, figura l’anticipazione delle somme dovute dalla Banca
statale per lo sviluppo (Bndes).
Tra il 2009 e il 2014, i Governi di
Lula prima e di Rousseff poi iniettarono oltre 500 miliardi nella
Bndes per elevare i prestiti e stimolare l’economia. Attualmente, la
Banca ha fino al 2060 per rimbor-
del debito ma solo a metà 2018, che
significa la fine del programma di
assistenza definito nell’estate 2015.
Le prime misure saranno attuate fin
da subito, non appena si completerà
la prima revisione del programma,
che ormai è questione di giorni. Si
interverrà sui tempi delle scadenze e
sui rischi dei tassi d’interesse.
Nessun taglio immediato, dunque
e nessuna promessa di condono sui
futuri pagamenti. Ma l’impegno a ridurre gli oneri per il servizio del debito, che in sostanza significa gli interessi da pagare, a meno del 15 per
cento del prodotto interno lordo a
medio termine e meno del 20 per
cento a lungo termine.
Meno problematico è stato il capitolo degli aiuti economici. Tutti hanno riconosciuto gli sforzi compiuti
dal Governo greco, guidato da Alexis Tsipras, nell’approvazione delle
riforme strutturali richieste. Si tratta
della riforma delle pensioni, dell’aumento dell’Iva, della creazione di
uno strumento per gestire i crediti
deteriorati del sistema bancario e
della creazione del Fondo per le pri-
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e, a questo punto, al tycoon
newyorchese ne mancano solo otto
per raggiungere la fatidica soglia
dei 1.237 che gli assicureranno la
nomination automatica alla Casa
Bianca prima della convention in
programma dal 18 al 21 luglio a
Cleveland, in Ohio. Soglia che
Trump, a detta degli analisti politici, supererà già il prossimo 7 giugno
con le primarie in New Jersey, New
Mexico, Montana, Sud Dakota e,
soprattutto, in California, lo Stato
con il bottino più grosso (172 delegati).
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Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
Sul fronte democratico, ad aggiudicarsi la maggioranza dei voti è
stata Hillary Clinton (54 per cento,
contro il 46 per cento di Bernie
Sanders), anche se i delegati erano
già stati assegnati con i caucus del
26 marzo scorso, che avevano fatto
registrare la vittoria di Sanders.
L’ex first lady ha raggiunto 2.301
delegati (di cui 1.776 “semplici” e
525 super-delegati, i big del partito)
a soli 82 dai 2.383 necessari per
conquistare la nomination. Il suo rivale Sanders ne ha 1.533, di cui solo
42 super-delegati.
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persone, tra cui molti bambini, che
fuggono dalla violenza».
Nel corso di questa sessione speciale — ce ne sono state una decina
durante il vertice — i rappresentanti
di diversi paesi dell’emisfero nord
non hanno mancato di ricordare il
loro impegno a favore dei rifugiati.
Per esempio il Canada, che ha accolto circa 30.000 profughi siriani,
garantendo loro ospitalità e istruzione, e che conta di incrementare
la partecipazione degli attori locali.
D all’altro lato dell’Atlantico, la
Germania, il cui cancelliere Angela
Merkel era presente al vertice, ha
assicurato che si attiverà per garantire ai rifugiati un accesso incondizionato agli aiuti umanitari.
Tra le riflessioni più interessanti,
c’è stata quella del direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni William
Lacy Swing. Forte delle sue esperienze sul campo, in Libia nel 2011
e attualmente nello Yemen, il responsabile americano ha potuto
trarre varie lezioni per costruire
un’efficace politica di aiuto ai rifugiati. Non è più possibile, per
esempio, come è avvenuto durante
l’evacuazione
dalla
Libia
di
250.000 migranti originari di 54
paesi, che i rifugiati non figurino
in nessun registro. Questi migranti
“invisibili” hanno bisogno di una
protezione internazionale al pari di
tutti gli altri. «Attualmente si stanno evacuando rifugiati dallo Yemen
a Djibouti, dall’altro lato del Mar
Rosso, ma molto lentamente, perché bisogna aspettare il cessate il
fuoco. Abbiamo bisogno di protezione», ha dichiarato.
Ma per William Lacy Swing
l’aiuto ai migranti richiede soprattutto una rivoluzione delle coscienze. «Bisogna farla finita con quei
racconti tanto velenosi sui migranti, per ritornare a una visione storicamente più corretta, ossia che i
migranti sono gli attori originali
dello sviluppo», ha precisato. Un
concetto, del resto, valido ancora
oggi, secondo la sua concittadina
Ruma Bose, presidente dalla Chobani
Foundation
e
membro
dell’Unhcr. A suo parere, «accogliere i rifugiati non è solo un obbligo, ma anche un investimento
economico che può essere molto
redditizio». Un euro per aiutare i
rifugiati permette di guadagnare
due euro grazie al ritorno economico che può avere in un arco di cinque anni, ha affermato, purché il
settore pubblico e quello privato
accettino di collaborare per condividere i rischi.
«Le migrazioni non sono un
problema da risolvere, ma una realtà umana che ci precede e che dobbiamo imparare a gestire», ha concluso il presidente dell’Oim. «Oggi
per esempio, dobbiamo imparare a
gestire la diversità sociale, etnica e
religiosa, in continuo aumento».
Un cambiamento di paradigma che
meriterebbe di figurare ai primi posti tra le risoluzioni della riunione
plenaria di alto livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a
New York — dedicata ai movimenti
su vasta scala di rifugiati e di migranti — prevista per il prossimo 19
settembre.
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L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 26 maggio 2016
pagina 3
L’esercito iracheno avanza
verso la città di Falluja (Reuters)
Dopo la morte di Mansour per ricucire le divisioni
DAMASCO, 25. Russi e americani
puntano su Raqqa, la roccaforte del
cosiddetto Stato islamico (Is) in Siria. Protagonista sul terreno è la formazione curdo-araba che ha dato il
via a un’offensiva da nord contro la
“capitale” dell’Is, appoggiata dai
raid aerei della coalizione internazionale a guida statunitense. Lo ha reso
noto da Baghdad il portavoce militare statunitense, colonnello Steve
Warren.
Si tratta di «diverse migliaia» di
militari, alcuni dei quali addestrati
da istruttori statunitensi. Scarsa finora la resistenza da parte dell’Is, che
a Raqqa conta dai 3.000 ai 5.000
combattenti. Sul fronte opposto i
miliziani curdi sono 25.000 e 5.000
quelli arabi.
«Non è in corso l’attacco a Raqqa», spiegano fonti militari anonime
ma secondo l’Osservatorio siriano
dei diritti umani i raid aerei sono decine. E Warren sottolinea che se
Raqqa cade, ciò significa «l’inizio
della fine dell’Is». L’importanza
dell’operazione si evince dall’annuncio di una cooperazione con i russi
proprio in relazione all’imminente
battaglia di Raqqa, fatto da Serghiei
Lavrov. «Superando le reticenze si è
giunti a un accordo con i colleghi
americani — ha detto il ministro de-
Scelto all’unanimità
il leader dei talebani
Nelle roccaforti siriana di Raqqa e irachena di Falluja
Offensiva contro l’Is
gli Esteri russo — per uno scambio di
informazioni». «Raqqa — ha aggiunto — è uno degli obiettivi dell’operazione antiterrorismo, così come Mosul in Iraq. Ma potremo liberarle rapidamente se vi sarà un coordinamento militare che dia sostegno a chi
sul terreno si confronta con i terroristi, ovvero le forze armate siriane e i
diversi gruppi di miliziani curdi».
Prioritario il cammino verso il presidenzialismo
Il premier turco annuncia
il nuovo Esecutivo
ANKARA, 25. «La Turchia deve avere
più amici e meno nemici». Queste le
parole con cui il nuovo premier turco, Binali Yildirim, ha annunciato
ieri sera al Parlamento un’inversione
di rotta rispetto a un biennio in cui
il Paese ha rotto le relazioni con
partner importanti come Egitto e
Russia. Il nuovo premier ha poi definito «senza senso» la guerra in Siria, garantendo l’impegno della Turchia alla ricerca di una soluzione alla
crisi. Come già dichiarato in seguito
alla presentazione della lista della
squadra di Governo al presidente
Erdoğan, Yildirim ha voluto ribadire, anche dinanzi al Parlamento, che
il processo di riforma costituzionale
verso il sistema presidenziale rappresenta una priorità per questo Governo.
Al via
il vertice economico
di Astana
ASTANA, 25. Appuntamento ormai
annuale, l’Astana Economic Summit apre oggi i battenti all’Indipendence Palace della capitale kazaka, alla presenza di politici ed
economisti, scienziati, organizzazioni internazionali e premi Nobel. Un vertice tutto incentrato su
investimenti dall’estero, nuova Via
della Seta, infrastrutture e tecnologie, con l’obiettivo di rilanciare
l’economia regionale.
Di fatto, indicano gli analisti,
sarà la debolezza dei Paesi regionali emergenti, causata dal petrolio in calo, la vera tematica da affrontare per il presidente kazako,
Nursultan Nazarbayev, che nel
suo piano nazionale, illustrato in
vista delle scorse elezioni, aveva
dettato i passi per la ripresa a colpi di riforme: dalle privatizzazioni
alla riforma dell’apparato statale,
dal private banking alla creazione
di un hub finanziario proprio ad
Astana, che, dal 2018, dovrebbe
fare concorrenza a Londra, Dubai
e Wall Street. Altro tema, il progetto rinnovato di una Via della
seta moderna, in grado di connettere Europa e Asia con infrastrutture e tecnologie. Saranno presenti l’ex vice ministro cinese, Zhang
Xiaoqiang, e dirigenti di Onu,
Ocse, Fmi e Banca mondiale.
Ospite di eccezione di questa
edizione sarà il direttore dell’Fmi,
Christine Lagarde.
KABUL, 25. Dopo la frattura tra i
talebani registrata lo scorso anno
con la nomina contestata a leader
di Akhtar Mansour, ucciso sabato
scorso da un drone statunitense, gli
insorti riuniti nella shura in Pakistan hanno eletto «all’unanimità e
giurato fedeltà» a Mawlavi Hebatullah Akhundzada. Quest’ultimo è
considerato una figura in grado di
ricucire gli strappi nel movimento
che recentemente ha subito emorragie importanti a favore del cosiddetto Stato islamico (Is).
Il nuovo leader dei talebani era
uno dei due vice di Mansour insieme a Sirajuddin Haqqani (figlio
del potente signore della guerra Jalaluddin, ucciso nel 2014), comandante delle operazioni militari e
uomo forte della formazione. L’attuale leader è conosciuto più per la
sua attività spirituale che militare.
E già la sua prima scelta, quella
dei nuovi vice, è vista come unificante: ha confermato Haqqani e,
novità estremamente rilevante, ha
nominato Mullah Yakoub. Quest’ultimo è il figlio del fondatore
del movimento, il mullah Omar,
deceduto nel 2013 e la cui morte fu
«I lavori necessari a cambiare la
Costituzione per realizzare il presidenzialismo inizieranno subito», ha
dichiarato il nuovo premier, prima di
sottolineare che «il Paese è pronto a
questo cambiamento, un sistema in
cui il presidente si esponga in prima
persona». Oltre al presidenzialismo,
che dovrebbe portare poteri esecutivi
in dote al presidente Erdoğan, Yildirim ha voluto ribadire la continuità
con la linea tenuta con il Governo
uscente su altri due temi definiti
prioritari: la lotta al terrorismo e
l’approvvigionamento energetico.
Il nuovo Esecutivo di Ankara, che
nei prossimi giorni andrà in Parlamento per la fiducia, sostituisce
quello guidato dopo il trionfo elettorale di novembre da Ahmet Davutoğlu, e tra i nomi nuovi, spicca
quello del ministro per gli Affari europei, che sarà l’ex portavoce del
partito governativo Giustizia e Sviluppo (Akp), Ömer Çelik. La sostituzione di Volkan Bozkir, capo negoziatore con l’Ue e diplomatico di
lungo corso, potrebbe indicare un
cambio di strategia nei rapporti con
Bruxelles. Per il resto, molte le conferme nei posti chiave. Mevlüt Çavuşoğlu rimane ministro degli Esteri
e Efkan Ala è stato confermato al
ministero dell’Interno. All’Economia
arriva Nihat Zeybekçi, che era già
stato ministro tra il 2013 e il 2015.
Intanto, la fase cruciale dell’offensiva militare contro l’Is è cominciata
anche in Iraq. Sarebbero quasi
45.000 gli uomini schierati nell’operazione Breaking Terrorism delle forze irachene per liberare la città di
Falluja, a 60 chilometri da Baghdad.
Avanzando da sud-est, sud-ovest,
nord-ovest, l’esercito iracheno e le
milizie alleate con l’aiuto della coali-
zione internazionale guidata dagli
Stati Uniti, hanno liberato le aree
intorno alla città e sono in attesa
dell’ordine per entrare nell’ultima
grande città dell’Is nella provincia di
Al Anbar.
Il Governo di Baghdad avrebbe
schierato quattro unità delle Forze
per le operazioni speciali. In tutto
circa 5.000 uomini.
Progredisce
il negoziato
avviato
sullo Yemen
SANA’A, 25. L’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen ha
annunciato che le parti in conflitto — il Governo del legittimo presidente Abd Rabbo Mansour Hadi e i ribelli huthi — sono «più vicine a un accordo» e che riferirà
nelle prossime ore al Consiglio di
sicurezza dell’Onu l’andamento
dei colloqui di pace in corso nel
Kuwait e iniziati il 21 aprile.
Ismail Ould Cheikh Ahmed ha
precisato che il negoziato «progredisce verso un’intesa generale
includendo le posizioni delle parti in conflitto» e ha aggiunto che
«le discussioni sono diventate più
sensibili e più delicate e si avvicinano a un accordo globale».
I negoziati diretti tra il Governo Hadi e i ribelli huthi sono ripresi lunedì scorso dopo una settimana di interruzione. La delegazione del presidente yemenita sosteneva che i ribelli huthi boicottavano i colloqui, ma poi ha ricevuto garanzie regionali e internazionali. Ieri le discussioni hanno
portato sul tavolo «questioni militari e di sicurezza», tra cui «i ritiri e i movimenti di truppe» ha reso noto il mediatore dell’Onu. Il
ministro degli Esteri yemenita,
Abdel Malak Al Mekhlafi, ha
promesso di fare concessioni per
favorire la pace nel Paese.
Focus sui diritti delle donne
Giornata mondiale
dell’Africa
ROMA, 25. Si celebra oggi su iniziativa dell'Unione africana (Ua), la
Giornata mondiale dell’Africa, che
si inserisce nel quadro di un 2016
che è stato dichiarato l’Anno africano per i diritti umani, con un focus
specifico sui diritti delle donne, così come sancito dall’Ua.
La ricorrenza coincide con l’anniversario della fondazione dell’O rganizzazione per l’unità africana
(Oua), avvenuta nel 1963 ad Addis
Abeba, sostituita poi, nel 2002,
dall’attuale organismo panafricano.
Data l’importanza di quel momento
storico, il 25 maggio è stato istituito
dall’allora Oua come Giornata
dell’Africa, nel 1972.
Numerose le attività e cerimonie
organizzate nel continente, nella
diaspora africana, e nel mondo per
celebrare un giorno che riveste un
profondo significato nella memoria
collettiva dei popoli del continente
e dimostra l’obiettivo comune di
unità e solidarietà degli africani nella lotta per lo sviluppo economico,
politico e sociale. Ma parlare di
Africa significa parlare di una realtà
complessa caratterizzata da rilevanti
differenze linguistiche, culturali, sociali, politiche ed economiche. E
proprio questo sembra essere l’obbiettivo di questa giornata dedicata
al continente, che vuole porre l’attenzione non solo sugli enormi problemi che affliggono il continente,
Donne e bambini lavorano il grano in Malawi (Ap)
ma anche focalizzare una realtà
complessa che dovrebbe essere sempre considerata nella sua pluralità,
andando al di la di ogni semplificazione che tende ad appiattire un
continente costituito da più di cinquanta Nazioni.
A Roma, l’associazione culturale
Le Réseau — che opera per la promozione della cultura africana in
Italia — ha organizzato un convegno in collaborazione con il Grup-
Su richiesta del Governo di concordia nazionale
La Nato pronta a intervenire in Libia
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a Roma (Reuters)
tenuta segreta per due anni. Yakoub non aveva mai riconosciuto la
legittimità della nomina del predecessore Mansour.
Al momento il vero dubbio che
resta sulla figura di Hebatullah
Akhundzada è la sua determinazione a procedere o meno nei negoziati di pace con il Governo del
presidente afghano, Ashraf Ghani.
Secondo
l’analista
Rahimullah
Yousafzai, la nomina di Hebatullah
Akhundzada non cambierà nulla:
«lo status quo resterà immutato.
Non prevedo nessun cambiamento
rispetto alle politiche di Mansour.
È altamente improbabile che negozierà con il Governo afghano». Altri osservatori sottolineano che essendo un esponente spirituale e
non un comandante militare «anche se fosse a favore delle trattative
è improbabile che intavolerà negoziati senza il placet della shura»
dove la maggioranza si oppone con
forza a qualsiasi contatto con Ghani, anche perché nella cultura tribale afghana trattare potrebbe essere considerato un elemento di debolezza che contribuirebbe a rafforzare la branca locale dell’Is.
TRIPOLI, 25. «La Nato è pronta a intervenire in Libia per costruire le sue
nuove strutture di difesa, su richiesta
del nuovo Governo che si è appena
insediato», ha dichiarato ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dopo aver incontrato a Roma il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi. Tale impegno si inquadra «come parte di
uno sforzo congiunto allargato di
Stati Uniti e Unione europea». L’Alleanza atlantica sta studiando «come
collaborare con questo nuovo Governo e come aiutarlo», ha aggiunto.
Nel frattempo, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed
bin Nayef bin Abdulaziz, che è ministro dell’Interno e vicepremier, ha incontrato a Gedda il premier designato del Governo di concordia nazionale libico, Fayez Al Sarraj. L’incontro
si è tenuto lunedì, come hanno riferi-
to ieri i media ufficiali della monarchia del Golfo persico. Non sono stati forniti ulteriori dettagli sull’agenda
dei colloqui. Al Sarraj, che prima di
Gedda aveva già fatto tappa ad Abu
Dhabi, ha chiesto ai responsabili sauditi — come ha scritto il quotidiano
«Libya Herald» — più sostegno per il
suo nascente Governo di concordia
nazionale.
Dal canto suo, il presidente egiziano, Abdel Fattah Al Sisi, ha ribadito
ieri il sostegno alla Libia «contro tutte le organizzazioni terroristiche e
non solo quella del cosiddetto Stato
islamico (Is)», sottolineando anche
l’importanza di «garantire l’unità del
territorio libico, lottare contro il riciclaggio di denaro, il contrabbando di
armi e il traffico di combattenti stranieri in Libia», come ha riferito il
portavoce presidenziale Alaa Yousef.
po degli ambasciatori africani a Roma, dal titolo «Donne e diritti
umani».
Temi del convegno: l’emancipazione delle donne in Africa, la diplomazia femminile, diritti umani e
donne, e immigrazione. Con la partecipazione delle ambasciatrici africane in Italia si affronterà inoltre il
tema del maschilismo dei Governi
africani e come scardinare questo
stereotipo.
Al via il dialogo
sulla crisi
mozambicana
MAPUTO, 25. È ripreso il dialogo
in Mozambico tra Governo e Renamo, il principale partito d’opposizione. Il presidente mozambicano, Filipe Nyusi, la settimana
scorsa aveva esortato la Renamo a
indicare i referenti incaricati di riprendere i colloqui per risolvere la
crisi politica e militare che affligge
il Paese, soprattutto in seguito
all’intensificarsi degli scontri armati. Afonso Dhlakama, leader
dell’opposizione, ha indicato le tre
persone che, insieme alla squadra
governativa, formeranno la commissione congiunta chiamata a
preparare i termini per la ripresa
del dialogo. Quattro i punti in
agenda. Tra questi il pacchetto
elettorale e la depoliticizzazione
dell’apparato statale, insieme alle
questioni economica e militare.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 26 maggio 2016
Ritratto di Angela da Foligno
(XV secolo)
Il Corpus Domini tra teologia, antropologia e politica
Non c’è posto più santo
del tabernacolo
tiva: l’Eucaristia, il Corpus Domini,
Urbano IV e la bolla Transiturus, il
Corporale, che si venera nel Duomo
di Orvieto, sono stati oggetto di costante studio storiografico, tuttavia
gli anni recenti non hanno offerto
occasioni di analisi e discussioni rigorose sui medesimi temi. Un volume da poco pubblicato cerca di colmare questa lacuna: Il «Corpus Domini». Teologia, antropologia e politica, a cura di Laura
Andreani e Agostino
Paravicini
Bagliani
(Firenze, Edizioni Sismel, 2015, pagine
380, euro 62)
Il semplice prospetto del programma editoriale dà l’impressione della vastità di una
ricerca che sembra
esauriente. Dalla cura
eucaristica, liturgica e
perfino
cerimoniale
del papato del Duecento si passa a quattro grandi aree di indagine: esperienza ancorata alla teologia, liturgia, relazioni esterne allo stretto ambito
del culto, corpi sociali
diversi coinvolti nella
visibilità
dell’evento
eucaristico.
Attorno a queste vive tematiche si sono
dati convegno ben sedici studiosi con altrettanti contributi che
vanno a coprire un
ampio campo di competenze, dalla teologia
Jan Davidsz de Heem, «Ghirlanda di fiori con il Santo Sacramento»
alla antropologia e da
(Vienna, Kunsthistorisches Museum)
qui alla politica.
di FORTUNATO FREZZA
a fastosa solennità della
festa del Corpus Domini,
la scenografia spesso sontuosa che la accompagna
nelle chiese e nelle strade, in risposta alle esigenze di una
diffusa quanto convinta religiosità
popolare, possono aver distolto l’attenzione da una costatazione ogget-
L
Se è ovvio occuparsi del culto eucaristico liturgico ed extraliturgico,
nel giorno della festa e lungo tutto
l’anno, desta interesse l’attenzione
riservata all’influsso dell’eucaristia
su mistica, vita sociale, credenze popolari, storiografia, mentalità, o sulle stesse relazioni con posizioni ereticali e credenze magiche.
L’evento eucaristico esteso alla vita urbana ha provocato interventi
da parte degli stessi responsabili del
governo della civitas. La religione
civica, infatti, non ha lasciato passare inosservata la festività del Corpus
Domini, anche solo per la sua ricaduta sulle manifestazioni pubbliche.
Principi e vescovi, cardinali e artisti,
confraternite e corporazioni hanno
lasciato segni tenaci sul nascere della festa così come nell’immaginario
popolare.
Vale la pena cogliere, tra i sedici
saggi del pregevole volume, quella
che potrebbe apparire, considerando l’età medievale, come una sorpresa, vale a dire il sussulto mistico
della pietà eucaristica ad opera prevalente di donne, che dal Brabante
si estende alla Renania per approdare in Umbria, «Umbria brabantina», a Bolsena del miracolo e a Orvieto del Corporale, quasi a preparare la grande stagione delle mistiche umbre Angela da Foligno, Margherita da Cortona, Chiara da
Montefalco, tra il 1247 e il 1309.
Le donne, «poste ai margini della
religione del libro, mettono al centro della propria fede il corpo adorato di Cristo». I biografi del tempo le vedono come escluse, sì, dal
ministero sacerdotale, dal contatto
fisico con le cose sacre, ma elevate a
diventare, insieme, altare, incenso,
vittima offerta in sacrificio. Angela
Solitudine e moribondi
Una mattina
di maggio
da Foligno, che vive insieme estasi
trinitaria ed estasi eucaristica, le racconta così: «Avendo la mia anima
molta letizia ed essendo dentro la
Trinità, dentro quella piccola cassa
dove si ripone il corpo di Cristo,
Colpisce la pietà eucaristica
alimentata dalle donne
In particolare dalle mistiche umbre
come Angela da Foligno
e Chiara da Montefalco
capiva che egli era in ogni luogo e
riempiva le cose».
Anche oggi gli storici della pietà,
mentre rilevano la molteplice valenza del pellegrinaggio ai santuari famosi per miracoli e apparizioni,
all’uomo moderno ricordano che
non c’è posto più santo del tabernacolo. E concludono: «Lì si compiono giornalmente i miracoli eucaristici del tempo moderno, di cui la storia dovrà, prima o poi, cominciare
ad interessarsi».
Storia dell’Accademia delle belle arti di Firenze
Una repubblica di uguali
di ANTONIO PAOLUCCI
a Firenze di fine Cinquecento, nell’autunno del Rinascimento, è la città delle “esemplarità” nel senso che in questa città prendono forma,
proprio nello scorcio del XVI secolo, i
modelli istituzionali destinati a governare in futuro l’universo delle arti. Poniamo mente alle date: 1563, 1568, 1581. Nel
1563 nasce a Firenze per una felice congiunzione astrale che vede uniti tre grandi uomini Giorgio Vasari, il Principe
Cosimo de’ Medici e il vecchio Michelangelo, l’Accademia delle Arti del Disegno. Nasce dunque a Firenze l’“istituzione Accademia”, una repubblica di uguali
dove, sotto la protezione dello Stato, gli
artisti possono coltivare e teorizzare i loro specialismi, creare modelli, educare
allievi. Oggi non c’è città del mondo di
qualche importanza, da Montréal a San
Pietroburgo, da Londra a Santiago del
Cile, che non abbia la sua Accademia di
Belle Arti.
Ancora, il 1568. Esce, in questa data,
la seconda e definitiva edizione delle Vi-
L
Il frontespizio delle «Vite» di Giorgio Vasari
(prima edizione, 1550)
te di Giorgio Vasari. È nata la storia
dell’arte così come ancora oggi noi la
pratichiamo: una disciplina specialistica
che con metodi e saperi professionali
analizza la singola opera d’arte nella sua
specificità tecnica, iconografica, stilistica
e la studia contemporaneamente come
sistema di relazioni. Perché l’opera d’arte è in relazione con la vita del suo autore, è in relazione con la storia, con le
opere che sono venute prima e con
quelle che verranno dopo, è in relazione
infine con la committenza e dunque con
la società (religione, cultura, ordinamento sociale, sistema di valori e immaginario poetico) all’interno della quale l’opera si colloca. Questa è la storia dell’arte
per Giorgio Vasari e secondo questi criteri la si continua a praticare in tutto il
mondo.
Infine — ultima data fatale — il 1581,
quando all’ultimo piano degli Uffizi, il
Palazzo delle Magistrature che Giorgio
Vasari aveva costruito «sopra il fiume e
quasi in aria», il Granduca Francesco,
figlio di Cosimo, decide di allestire la
sua “Galleria delle Statue”.
Galleria è una parola italiana, anzi
fiorentina, indica un corridoio coperto
che riceve luce da un lato ed espone
sull’altro le opere d’arte. Sull’esempio e
sul modello degli Uffizi la parola “galleria” ha conquistato il mondo, tanto è
vero che così si chiamano le grandi collezioni pubbliche, dalla Gemäldegalerie
di Berlino alla Grande Galerie del
Louvre, alla National Gallery di Washington.
Ecco quindi nascere, nella Firenze di
fine Cinquecento, i “fondamentali” sui
quali ancora oggi si sostiene il sistema
delle arti. Perché ovunque nel mondo un
artista si forma in una accademia, spera
di incontrare uno storico dell’arte che
promuova, valorizzi e imponga la sua
opera, si augura infine di approdare un
giorno in un pubblico museo.
Oggi un libro importante, edito in
modo ammirevole dalla fiorentina Olschki e curato da Bert Meiyer e da Luigi Zangheri, quest’ultimo presidente
dell’istituto prima che il prestigioso incarico passasse all’attuale, Cristina Acidini, affronta a tutto azimut la storia
cinque volte secolare dell’Accademia
d’Arte più antica del mondo.
Più di trenta specialisti hanno collaborato alla impresa dislocata su due volumi
e magnificamente illustrata. Nell’opera si
parla della nascita dell’Accademia che assorbe l’antica fraglia medievale degli artisti, del ruolo svoltovi da grandi personalità come il monaco benedettino Vincenzo Borghini, Spedalingo degli Innocenti,
teologo, iconologo, biblista fra i più
grandi del secolo. Sfilano i pittori, gli
scultori, gli architetti che nei secoli hanno abitato l’Accademia e che hanno dato
immagine ai luoghi identitari dell’illustre
sodalizio, veri e propri “manifesti” delle
tendenze stilistiche dominanti: la Cappella di san Luca nel santuario della SS.
to scolastico superiore, di rango universitario, per la formazione artistica.
Varie sedi storiche ha conosciuto, in
Firenze, l’Accademia; dall’ex Oratorio
di Cestello, al Palazzo della Crocetta,
all’attuale Palazzo dei Beccai, di fianco
a Orsanmichele, la sede che nel 1972
scelse, allestì e inaugurò il presidente
dell’epoca Rodolfo Siviero.
L’Accademia i cui statuti il Granduca
Cosimo firmò nel 1563 e alla quale il
vecchio Michelangelo romano, un anno
prima della morte, concesse il suo patrocinio, è ancora ben viva e vitale. Accoglie nei suoi ranghi artisti e studiosi italiani e stranieri, organizza mostre e con-
La biblioteca
Annunziata, e lo studiolo di Francesco I
in Palazzo Vecchio.
L’Accademia granducale svolgeva
funzioni di magistratura per dirimere le
vertenze fra maestri e allievi, fra committenti e artisti, ma anche di soprintendenza vigilando sull’esportazione delle
opere d’arte e sulla tutela dei monumenti. Dobbiamo alla ferma opposizione dei professori dell’Accademia se,
all’inizio del Settecento, gli affreschi di
Masaccio e di Masolino in Santa Maria
del Carmine non sono stati abbattuti
per edificare al loro posto una cappella
barocca.
Nel 1785 le riforme lorenesi separano
la rappresentanza accademica dalle funzioni didattiche. Nasceva l’Accademia di
Belle Arti così come è intesa oggi: istitu-
vegni, gode di un vasto e meritato prestigio internazionale.
La storia dell’Accademia fiorentina è
anche la storia di una intuizione di governo che i Granduchi Medici seppero
attuare con straordinaria intelligenza ed
efficacia. Infatti, la Toscana di fine Cinquecento era uno stato a sovranità limitata, irrilevante dal punto di vista politico.
I sovrani di Firenze, prima Cosimo poi
suo figlio Francesco, promossero e valorizzarono l’arte e la cultura con la fondazione dell’Accademia, con l’opera del Vasari, con la nascita degli Uffizi, convinti
che tutto ciò avrebbe compensato l’irrilevanza politica fin quasi a rovesciarla nel
suo contrario. Sul sagace sfruttamento di
questa idea politica geniale, la Firenze di
oggi vive ancora di rendita.
di FERDINAND O CANCELLI
i entra insieme nella stanza
numero quattro, io e l’infermiera. Penombra di un mattino troppo grigio per essere di
maggio, troppo fresco e gradevole per la stagione. La signora Emilia è seduta sul letto, vestita come se
dovesse andare al mercato, il figlio, magrissimo, l’ha accompagnata in hospice
e sta seduto sotto la televisione spenta
in un angolo della stanza. Lui è tossicodipendente, lei ha avuto problemi di
dipendenza dall’alcol, ha perso il marito qualche anno fa e un figlio per la
droga. I suoi settant’anni sembrano
cento per il moltiplicarsi delle rughe.
«Cosa devo fare?» — mi dice bruscamente mentre mi avvicino al letto —
«non vorrà mica visitarmi?». Non ho il
tempo di rispondere e dall’angolo della
stanza una voce esclama: «devo uscire?». Non un saluto, non un sorriso,
poche parole, la fredda realtà di una situazione che, penso, devono avere vissuto tante volte. La fretta, la mancanza
di cortesia, la superficialità, il lavoro
concepito come routine dalla quale
uscire al più presto possibile, la marginalità sociale che diviene una colpa
hanno scolpito il volto e le maniere di
tanti malati e di tanti familiari che arrivano in hospice. Le strade dalle quali
giungono sono spesso periferiche, tortuose, abbandonate da chi “conta” e loro, i malati di oggi, emergono da una
realtà nella quale manca la cosa più importante, quella della normalità.
Dopo parecchi anni di lavoro accanto ai malati inguaribili penso che una
S
La normalità è diventata
così eccezionale che si ha l’impressione
che non succeda mai
Eppure alle volte
è quella che può cambiare la vita
delle medicine più importanti che si
possa dare a queste persone sia la sensazione di vivere, almeno per un po’ di
tempo, nella tranquilla normalità.
Una porta che si apre dopo che
qualcuno bussa, una tazza di tè alle
cinque del pomeriggio, una persona
che si siede accanto al letto per fare
due chiacchiere, un medico che spiega
cosa sta succedendo, un infermiere premuroso sono, in un ambiente tranquillo
e pulito, il farmaco più efficace. La migliore risposta a chi, ancora una volta
complice di quella società della fretta e
di quella cultura dello scarto della quale spesso parla Papa Francesco, vorrebbe convincere anche gli ultimi che forse
sarebbe meglio suicidarsi piuttosto che
vivere con una malattia allo stadio terminale, la danno le persone come Emilia e suo figlio. E bastano pochi giorni
di terapia: il volto si distende, ricompare il dialogo, la televisione resta spenta,
si guardano le Alpi dalla finestra, ci si
saluta, si sorride se si ha la forza. E
non è che non si soffra più, solo lo si
fa in modo diverso, pienamente umano,
come se uno intravedesse nel volto delle persone quella benignità che gli pareva d’aver perduto per sempre, a tal
punto da pensare che forse non è mai
esistita.
Abbiamo detto a Fabio di restare con
noi in camera anche stamattina: sul letto c’era Emilia, mancata questa notte
con il figlio vicino, il volto sereno pur
nella fissità della morte. «Non mi era
mai successa una cosa così — mi dice
Fabio mentre mi abbraccia piangendo
— restatemi vicino». La normalità è diventata talmente eccezionale che si ha
l’impressione che non succeda mai, eppure alle volte è quella che può cambiare la vita, come un abbraccio in una
mattina di maggio.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 26 maggio 2016
pagina 5
Stratos Kalafatis
«Due sarti»
Chiesa e comunicazione al tempo di internet
Con o senza la tecnologia
di JORGE OESTERHELD
i siamo pian piano abituati a un linguaggio
nuovo, nel nostro vocabolario sono apparse
parole sconosciute e il
cui significato abbiamo appreso con
qualche difficoltà. Ci siamo pure
abituati a un certo numero di termini che non capiamo ma che utilizziamo perché ci servono per com-
C
piere alcune azioni con i computer,
i telefoni o altri dispositivi. Ascoltiamo anche parole, e talvolta c’imbattiamo in alcuni simboli e sigle, il
cui significato ignoriamo completamente e non siamo disposti a fare
lo sforzo di assimilare.
Da un po’ di tempo abbiamo imparato che possiamo “scaricare” archivi da internet e che possiamo anche “caricarli” in quello stesso luogo indeterminato. “Scaricare” e “ca-
Il logo spezzato di iCloud in 3D
L’oggi e l’eternità
di SILVINA PÉREZ
Il segreto del successo e della popolarità di cui
Francesco gode oggi sta nel suo particolare modo di
comunicare. Usa strumenti infallibili e potenti per
attirare gli interlocutori: identificazione, inclusione e
trasparenza. È un Papa normale che, come dice egli
stesso, «ride, piange, ha amici» e «commette persino
peccati». Quando Francesco parla e agisce, credenti e
non credenti s’identificano con lui: un uomo comune a
cui piacciono il calcio, la musica e la pasta, che non
giudica ma ha uno sguardo inclusivo. Si tratta di una
strategia potente per avvicinarsi alla gente. Inoltre usa
un linguaggio semplice, diretto, che arriva al cuore delle
persone. I suoi messaggi sono pieni di aneddoti, di
esperienze, e si possono applicare alla vita quotidiana. In
tal senso Jorge Oesterheld, nel suo libro No basta con un
click (Buenos Aires, Ppc, 2016, pagine 120, con
prefazione di Antonio Pelayo), del quale pubblichiamo
uno stralcio in questa pagina, ci conduce, attraverso
un’analisi della situazione mediatica, alla radice del
problema che ci interessa: come comunicare in modo
credibile ed efficace la persona di Gesù Cristo, la sua
Buona Novella? Come evangelizzare in un mondo di
trasformazioni tecnologiche in costante evoluzione? E
qui il nostro autore ci dà una risposta: «Il Vangelo abita
in uomini e donne in carne e ossa, e non in fogli di
carta». Noi comunicatori lavoriamo sul filo dell’attualità
e questo ha fatto sì che nella Chiesa abbiamo ottenuto
un posto «di scarso valore», per dirlo con una certa
eleganza. Questa ossessione per l’attualità, che è tanto
valorizzata in altri contesti, è poco apprezzata e in molti
casi screditata nell’ambiente ecclesiastico. Vediamolo da
un altro punto di vista: in un’istituzione con duemila
anni di storia e consacrata alle verità eterne, dedicarsi
all’“attualità” è come occuparsi di cose poco importanti.
È interessante collegare questi pregiudizi sull’“attualità”
a quello che Francesco a Rio de Janeiro ha detto
sull’“oggi”: «Dio è reale e si manifesta nell’“oggi” (...)
L’“oggi” è il più simile all’eternità; ancora di più:
l’“oggi” è scintilla di eternità. Nell’“oggi” si gioca la vita
eterna». Una frase molto potente per noi che vogliamo
rendere presente il Signore nei media, assicura l’autore.
«Dio non si stanca di perdonare. Siamo noi che ci
stanchiamo di chiedere la sua Misericordia». È una delle
frasi ricorrenti di Francesco, che caratterizza il suo
pontificato. La Chiesa smette di essere una fortezza
assediata per diventare “ospedale da campo” per le
numerose ferite del mondo. Francesco vuole trasformare
la misericordia e il perdono in strumenti della politica e
della diplomazia. Vuole affermare la logica del perdono.
Un perdono che, a suo giudizio, non dipende da quello
che l’altro fa. È un dono asimmetrico, disinteressato,
assoluto, che non esige contropartite e va ben al di là
della logica del do ut des.
Misericordia e perdono che si plasmano a livello
personale nella tenerezza. Tenerezza che, da buon
psicologo, predica agli altri, e al tempo stesso, pratica.
Perché Bergoglio elimina le distanze, tocca i sentimenti.
Non ha paura di baciare, abbracciare e accarezzare. Non
ha paura del suo corpo. Al contrario, lo utilizza come
strumento per dimostrare amore e tenerezza.
ricare” sono verbi che ci collocano
“sotto”, non sappiamo a che cosa,
ma “questa cosa” che possiede la
nostra informazione, sta “sopra”.
Non c’è voluto molto tempo perché
questo misterioso luogo ricevesse un
nome apparentemente meno enigmatico: cloud, nuvola. I contenuti
stanno nella “nuvola” e noi stiamo
nelle nuvole. Scarichiamo e carichiamo i nostri dati, i nostri pensieri, persino i nostri soldi e qualche
dichiarazione d’amore, senza sapere
con chiarezza né dove sta tutto ciò
né chi lo legge e lo utilizza. Quella
che prima era una conversazione
che iniziava e terminava con un abbraccio o un bacio e che trascorreva
tra sguardi, silenzi e gesti, ora è un
breve messaggio popolato da abbreviazioni e simboli sconosciuti fino a
poco tempo fa.
Siamo di fronte a uno sconcertante regresso? Abbiamo disumanizzato le comunicazioni? Se così fosse, perché l’abbiamo fatto? Perché
milioni e milioni di persone hanno
adottato questo nuovo modo di comunicare in così poco tempo?
Il Papa emerito Benedetto XVI,
che non è stato un Papa formato
nella “nuvola” di internet e ancor
meno una persone che vive “nelle
nuvole”, dice che «sebbene sia motivo di meraviglia la velocità con
cui le nuove tecnologie si sono evolute (...) la loro popolarità tra gli
utenti non dovrebbe sorprenderci,
poiché esse rispondono al desiderio
fondamentale delle persone di entrare in rapporto le une con le altre.
Questo desiderio di comunicazione
e amicizia è radicato nella nostra
stessa natura di esseri umani e non
può essere adeguatamente compreso
solo come risposta alle innovazioni
tecnologiche» (Messaggio per la
XLIII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 maggio 2009).
Vale a dire che la motivazione non
sta nel fascino esercitato dai dispositivi ma nel «desiderio di comunicazione e di amicizia» che ha la sua
origine nella nostra stessa natura.
Tutte le tecnologie che stanno cambiando il pianeta servono solo per
incanalare questo bisogno di comunicazione che c’è in ogni essere
umano.
Le parole sono importanti e il
modo in cui parliamo di qualunque
problema incide sulla possibilità di
trovare una soluzione. Parlare di
“ciberspazio” o di “continente digitale”, o di altre espressioni simili,
racchiude il pericolo d’installare nel
nostro modo di esprimerci e di pensare l’illusione che stiamo parlando
di una realtà in qualche maniera
“extraterrestre”. La realtà è che tali
dispositivi e noi persone che li usiamo stiamo in questo mondo in cui
ci sono fame, guerre, ingiustizie e
anche amore, solidarietà, impegno.
Quanti, a partire dalla Chiesa, sono
presenti e impegnati nella società e
vicini a chi soffre, utilizzano le attuali tecnologie e sanno con chiarezza di non stare nelle nuvole.
C’è un tranello nell’espressione
“il mondo delle comunicazioni”.
Non ci sono diversi mondi e il compito della Chiesa si concretizza
nell’unico mondo che esiste. Evangelizzare attraverso le tecnologie
della comunicazione significa evangelizzare questo mondo in cui vivono le nostre famiglie e comunità e
in cui abitiamo con i nostri corpi.
Pertanto il compito del comunicatore, tra le altre cose, non può essere
isolato dalla vita di una comunità
Papa Francesco ci invita
a uscire dai piccoli mondi
delle sacrestie
Per fare nostra la condizione
dell’unico mondo che esiste
concreta, nella quale si alimenta e si
arricchisce.
La questione non è se le tecnologie ci alienano e allontanano dalla
realtà, ma se abbiamo deciso o meno di impegnarci nella realtà, con o
senza la tecnologia. Quanti sono disposti a vivere “nelle nuvole” trovano nella tecnologia un buon aiuto
per la loro alienazione. Quanti decidono di vivere in questo mondo
trovano nella nuvola un aiuto
straordinario per il loro compito
trasformatore; un ausilio accessibile
ed economico per lavorare alla costruzione di una società più giusta;
un buono strumento per fare di
questo mondo un luogo in cui tutti
possano vivere con dignità. Lo stesso accade in altri ambiti. Quando le
università diventano “il mondo universitario”, perdono tutta la loro ricchezza e la loro forza trasformatrice
della realtà, in quanto quelli che vi
lavorano vedono se stessi come “un
mondo” e non come parte della
realtà che tutti noi mortali viviamo,
e la loro stessa esistenza si svuota
del suo significato. Lo stesso accade
nel “mondo della politica”, nel
“mondo sindacale” e in diversi altri
mondi.
Quando Papa Francesco ci invita
ad andare nelle periferie, ci sta esortando a uscire da questi piccoli
mondi che si creano nelle sacrestie,
o in altri luoghi simili, per inviarci
a fare nostra la tragedia dell’unico
mondo che esiste. Anche l’ambito
delle comunicazioni ecclesiali può
cadere in questo errore quando parla di se stesso come di “un mondo”
speciale. Allora sì che stiamo nelle
nuvole e l’evangelizzazione sarà solo un’illusione.
Fotografie di Stratos Kalafatis
Fascino
sul Monte Athos
di ROSSELLA FABIANI
on capita spesso di
vedere i monaci del
Monte Athos fotografati e ripresi nelle loro attività quotidiane. Questi maestri sorprendenti che insegnano l’arte di vivere il Vangelo hanno avuto fiducia
nel paziente lavoro di un uomo
che ha fatto loro visita ben 25
volte in cinque anni. Duecento
giorni di pellegrinaggi fotografici
che Stratos Kalafatis ha compiuto
tra il 2008 e il 2013 e che gli hanno permesso di arrivare a una
profonda comprensione di questo
mondo di fede e di spiritualità
raccontato attraverso le 120 immagini che compongono la mostra
curata da Afrodite Oikonomidou
«Athos, i colori della fede» ospitata all’Accademia di Romania a
Roma fino al 22 maggio con un
catalogo (edizioni Agras) aperto
N
Stratos Kalafatis, «Allievo»
da una sentita introduzione di
Nikos Xydakis, ex ministro della
cultura greco.
Le foto testimoniano questa
esplorazione e conoscenza quinquennale del Monte Athos, dei
suoi paesaggi e dei suoi monasteri, ma soprattutto degli uomini
che vi abitano.
Modifiche nel modo di calcolare la lunghezza dei tweet
Twitter e Pascal
L’originalità di Twitter è quella di limitare a 140 caratteri i tweet, i cinguettii. Modificare questo aspetto
può cambiare il senso stesso di uno dei social network più utilizzati al mondo. Sembra però che sia
stato trovato un modo per farlo senza scontentare i
puristi: i caratteri a disposizione rimarranno gli stessi, ma cambierà il modo di contarli. In particolare
non saranno più compresi nel computo foto, video e
altro. L’intervento è stato deciso per rilanciare il social network che ultimamente sta segnando il passo.
In tre mesi Twitter ha perso quasi 80 milioni di dollari, in particolare perché i ricavi derivanti dalla pubblicità sono inferiori alle aspettative. È stato lo stesso
direttore finanziario Anthony Noto ad ammettere in
un’intervista al «New York Times» che «la domanda
è stata più debole» del previsto. Blaise Pascal, che
non conosceva i social network ma era piuttosto
creativo con la penna, scrisse testualmente a un amico: «Scusa se ti ho scritto una lettera lunga, ma non
ho avuto il tempo per scriverne una corta». Sintetizzare è più difficile che dilungarsi, come è noto a
chiunque si cimenti con la scrittura. Ora gli utenti di
Twitter avranno vita più facile. Ma soprattutto questa vicenda ci insegna che quando si ha a che fare
con la lingua, non importa il mezzo che si utilizza,
alcune regole non cambiano. (marcello filotei)
«Il Monte Athos è difficile da
fotografare — spiega Stratos Kalafatis — non tanto perché resiste al
carattere laico della fotografia, ma
piuttosto perché ha bisogno di
tempo per essere svelato. Da più
di mille anni rimane nascosto dietro una pittoresca semiologia, un
folklore sentimentale, dietro interpretazioni mistiche e rivelazioni
miracolose. È un mondo fatto di
silenzio e di mistero, un luogo sospeso, in bilico tra passato e presente, tradizione e libertà, forza e
debolezza, tra il buio e la luce. E
non è semplice superare la sua
storia poderosa, la sua religiosità
profonda e creare immagini che
rispettano il luogo senza ledere
l’autonomia creativa del fotografo».
Lo sguardo più spirituale che
estetico di Kalafatis ha dato vita a
immagini che riescono a trasmettere l’essenza di questo posto unico descrivendo la sua storia e tradizione millenaria e documentando la natura rimasta quasi incontaminata e la bellezza selvaggia
del paesaggio. Tuttavia la sensibilità del fotografo si rivolge al profondo, si ferma sui volti, sui dettagli della vita quotidiana, sulla
lentezza del tempo, sul contrasto
tra la ricchezza interiore e la povertà ascetica. Elementi che si
combinano a forme e linguaggi
del tutto contemporanei per costruire un racconto insolito del
Monte Athos. E la lettura che
Stratos Kalafatis ci propone di
questa singolare penisola monastica diventa un anello della lunga catena di documentazioni fotografiche del più importante
centro spirituale del monachesimo
cristiano-ortodosso. Il primo fotografo ad arrivare al Monte Athos
fu il russo Sebastianof che, nel
1860, produsse circa quarantamila
immagini su lastra di vetro. Seguirono, nel XX secolo, nomi illustri, come Stephane Passet e Fred
Boissonnas, oltre a una serie di
famosi fotografi greci negli anni
Cinquanta e Sessanta, come Takis
Tloupas, Kostas Balafas e Spyros
Metletzis. Come i suoi colleghi
prima di lui, Kalafatis subisce il
fascino singolare e irresistibile del
Monte Santo dell’ortodossia e,
catturando la vita conventuale da
una nuova prospettiva, offre una
versione inedita del più spettacolare complesso monastico d’Europa. Non è stato un turista, né
tantomeno un fotografo invadente. Ha visitato il Monte Athos
con estremo rispetto, si è avvicinato ai monaci gradualmente, ha
parlato con loro, è stato ospite
nelle loro celle, ha accettato la loro benedizione e i loro doni. E alla fine si è guadagnato la loro fiducia e ha avuto il permesso di
immortalarli con la macchina fotografica creando una eccezionale
galleria di ritratti di straordinaria
forza. Anche per Kalafatis la scelta monastica, con il suo culto della preghiera e dell’adorazione,
l’arte del discernimento degli spiriti e dei pensieri nascosti, la sua
cultura dell’attenzione spirituale,
la sua strategia di combattimento
invisibile, è stata uno specchio in
cui guardarsi. Perché, come scriveva San Teodoro Stilita nella sua
lettera a un dignitario bizantino,
stilando il programma della vita
monastica: «Non crediate che
questa lista valga per il monaco e
non, tutta intera e ugualmente,
per il laico».
La mostra, dopo Roma, sarà al
museo Manege di San Pietroburgo.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 26 maggio 2016
Antoine Lafréry
«Le sette chiese di Roma» (1575)
A Dublino la Settimana biblica ecumenica
di ED OARD O ALD O CERRATO*
Si chiude giovedì 26 con la solenne
celebrazione presieduta dal cardinale
Pietro Parolin, segretario di Stato,
nella chiesa romana di Santa Maria
in Vallicella, il quinto centenario
della nascita dell’apostolo di Roma,
il fiorentino Filippo Neri, diventato
romano senza perdere le caratteristiche della sua fiorentinità. Il santo
che, scrisse Giovanni Papini, «deve
la sua originalità, e quasi unicità, la
sua fisionomia riconoscibile fra tutte
quelle di tutti i santi del mondo
all’impronta incancellabile della sua
nascita fiorentina» e che «per l’intervento soprannaturale d’un amore
immoderato per Cristo, s’è innalzato
fino ai vertici della santità, rimanendo in parte quel che era, cioè fanciullo, faceto e oltrarnino».
Lo ricordiamo oggi con lo sguardo di stima e di affettuosa venerazione che ebbe per lui il beato Antonio Rosmini. «O amabil Filippo, se
a te mi rivolgo, sì basso e da nulla
come io sono, in te ritrovo nulla di
meno che me stesso», scrisse in
un’opera giovanile — Lo spirito di
san Filippo Neri — composta nel
1818, ma che l’autore continuò a rimaneggiare fino all’edizione definitiva del 1843.
«Tra il Neri e il Rosmini — afferma Fulvio De Giorgi nell’ampio
commento al testo — esiste uno stretto legame. Il filosofo roveretano ebbe, infatti, una grande devozione
per san Filippo e la sua vita spirituale fu intimamente permeata dallo
spirito filippino. Si può anzi affermare che proprio in questo incontro
tra il Rosmini e il Neri si decanti e
si definisca il fondamento spirituale
profondo dell’indirizzo pedagogico
rosminiano e della proposta educativa che a esso si collega. Rosmini assumeva la lezione oratoriana: l’esperienza rosminiana maturava all’interno dell’esperienza filippina. Lo “spirito” di Rosmini si modellava sullo
spirito di san Filippo Neri. E non
faceva un’opera di archeologia filippina, non si limitava a un’antiquaria
spirituale o a una ripetitiva e piatta
ripresa di luoghi tradizionali. Era attento al clima culturale del suo tempo, ai suoi grandi indirizzi di fondo,
alla ricerca intellettuale più aggiornata ed era, al contempo, sensibile a
quelli che gli apparivano come i
nuovi e autentici bisogni spirituali.
La rinascita filippina che egli promuoveva si iscriveva dunque in un
Custodi
della creazione
Filippo Neri con gli occhi di Rosmini
Né scrupoli né malinconia
disegno consapevolmente perseguito
e si fondava sulla convinzione che la
spiritualità filippina fosse la base più
idonea, più adeguata ai tempi, per
una rinnovata azione educativa, catechetica e pastorale».
Sulla scia della Vita di san Filippo
di Pietro Giacomo Bacci, l’opera del
Rosmini mette in evidenza le fondamentali caratteristiche del Neri:
l’ascetica personale e lo spirito di
orazione, l’atteggiamento contemplativo e l’attivo esercizio della carità,
l’umiltà e il sapiente distacco dai beni materiali, con una speciale sottolineatura ovvero la dolcezza che dal
cuore infiammato di Filippo si
espandeva, la “spiritualità della dolcezza”, rilevata dal letterato oratoriano Antonio Cesari, amico del Rosmini. «Filippo — scrive il giovane
Rosmini — ama l’età nostra, la giovialità e il sollazzo, ama le amicizie,
le strette unioni degli animi, ci santifica queste nostre amicizie, ce le rende costanti e perfette»: per «una religione che tiri dietro a sé gli uomini», che sia «di viso leggiadro e
amabile alla natura umana».
Anche il rosminiano Della educazione cristiana — che riecheggia fin
nel titolo l’opera di Silvio Antoniano, figlio spirituale di Filippo — è
intriso di spirito filippino. «L’esperienza oratoriana — scrive il De
Giorgi — veniva a informare i principi pedagogici di fondo, quale che
fosse poi il metodo che si intendeva
adottare. Questa struttura pedagogica che innervava ogni azione educativa può essere sintetizzata in tre
principi fondamentali: l’educatore
deve aprire il suo cuore alla legge
divina; deve parlare al cuore dei suoi
discepoli; deve calare il suo insegnamento nelle situazioni concrete e
specifiche dei discepoli quasi ponendo il suo cuore nel loro». «Il fine di
tutta l’educazione è la formazione
del cuore umano», dirà Rosmini anche nel suo Saggio sull’unità dell’educazione.
In vari altri scritti — lettere ad
amici e a discepoli nell’Istituto della
carità — abbondano i riferimenti ai
principi pedagogici che hanno in Filippo Neri una forte sottolineatura.
Particolarmente insistito, per esempio, quello della fuga dalla malinconia, che è la condizione per impostare una sana vita spirituale: «Sopra
ogni cosa vi prego di non lasciarvi
cogliere dalla malinconia, nemica al
corpo e allo spirito; ma di studiarvi
di procurarvi quella ilarità d’animo
tanto raccomandata da san Filippo
di cui anche lì troverete la scuola nei
filippini», scriveva a Giulio Franchi.
«La prego caldamente — sottolineava a un sacerdote — di farsi coraggio
e di non lasciarsi pigliare dalla malinconia. Ella conosce bene che cosa
diceva il buon san Filippo: “Scrupoli e malinconia non voglio in casa
mia”»: una massima filippina considerata dal Rosmini una giaculatoria
di cui consigliava la recita.
In tutti i membri dell’Istituto della carità voleva «un cuor gioviale e
dolcissimo» e in alcuni Avvisi spirituali scriveva: «Studiate l’ilarità e la
piacevolezza di san Filippo Neri,
procurando d’imitarla col trattare famigliarmente e alla buona, evitando
la troppa serietà e il fare solenne e
maestoso. Con questo studio della
carissima virtù della mansuetudine
acquisterete tutte le altre: l’ubbidienza, l’umiltà, la rassegnazione e la pazienza, come pure quella che san
Filippo Neri chiamava la mortificazione razionale». Nel 1839 al
promotore di un nuovo istituto religioso scriveva: «Si dia uno sguardo
alla Congregazione dell’O ratorio
fondata dall’amabilissimo nostro san
Filippo».
*Vescovo di Ivrea
Incontri di preghiera, momenti
conviviali, convegni di studio, tavole rotonde: con queste e molte
altre iniziative si è celebrata la Settimana biblica ecumenica che, dal
15 al 22 maggio, dalla Pentecoste
alla domenica della Santissima Trinità, ha coinvolto Dublino e il suo
hinterland. Cattolici, battisti, anglicani, metodisti, membri dell’Esercito della Salvezza e ortodossi si sono ritrovati per promuovere la conoscenza delle sacre Scritture e per
rafforzare il cammino ecumenico,
per il quale il condividere le ricchezze della Bibbia costituisce una
tappa fondamentale di una testimonianza sempre più efficace
dell’evangelo nella società irlandese.
Quest’anno la Settimana biblica,
che è giunta alla sua terza edizione, partiva dalla lettura del passo
della Scrittura «In principio Dio
creò…» (Genesi, 1, 1), scelto per
porre l’attenzione sulla responsabilità dei cristiani nella custodia del
creato e sul rapporto tra l’annuncio
del Vangelo e la cura della casa comune.
La Settimana si è aperta con
un’iniziativa dedicata alle famiglie
per offrire l’opportunità di condividere le gioie e le difficoltà
nell’esperienza quotidiana della trasmissione della fede in Cristo da
genitori e figli, anche alla luce del
dibattito ecumenico sulla natura
della famiglia. Uno dei momenti
centrali della Settimana è stato il
convegno teologico che ha affrontato il tema di cosa i cristiani possono fare di fronte ai mutamenti
climatici in corso, che incidono pesantemente nella vita economica e
sociale di tante comunità. Inoltre,
si è discusso dello stato del dibattito scientifico sulle possibili soluzioni per ridurre l’inquinamento nel
mondo, dell’importanza della lettura della Bibbia per comprendere il
dono della creazione, della riflessione nel mondo ortodosso, in
particolare delle iniziative del
patriarca ecumenico Bartolomeo
sulla centralità del rapporto tra
dialogo ecumenico e salvaguardia
del creato, e infine del ruolo della
teologia ecumenica nella promozione di un dialogo che coinvolga la
società e le altre religioni nella cura
della casa comune a partire dall’enciclica Laudato si’ di Papa
Francesco.
Nel programma della Settimana,
particolarmente interessante è stato
il progetto che ha coinvolto gli
alunni di alcune scuole elementari,
ai quali è stato chiesto di rappresentare il racconto della Pentecoste
così da esprimere cosa è stato e cosa è il dono dello Spirito per un
ragazzo del XXI secolo; i testi preparati dagli alunni sono stati poi
presentati nell’incontro conclusivo
della Settimana biblica. Tra gli incontri tematici, oltre quaranta hanno animato questa settimana; di
particolare interesse sono stati
quelli dedicati al dibattito sulle diverse interpretazioni del racconto
biblico della creazione, sulle radici
bibliche dei diritti umani, proprio a
partire dai primi capitoli della Genesi, sul rapporto tra sviluppo economico e salvaguardia del creato e
sulla ricerca di percorsi ecumenici
di catechesi per i giovani sulla custodia della creazione.
Numerosi sono stati gli incontri
promossi dai gruppi di lettura e di
preghiera della Bibbia, alcuni dei
quali testimoniano un impegno
ecumenico decennale in Irlanda
nella scoperta del patrimonio comune che è costituito dalle sacre
Scritture. L’incontro conclusivo è
stato animato da cori e gruppi musicali delle diverse tradizioni cristiane, che hanno mostrato la pluralità di modi con cui rendere grazie al Signore: in questo momento
conclusivo i cristiani irlandesi hanno voluto così manifestare il loro
grazie a Dio per il dono della creazione, riaffermando l’impegno ecumenico quotidiano per custodire e
per condividere questo dono «buono e giusto». (riccardo burigana)
In Israele associazione lancia una campagna di sensibilizzazione
Incontro a Londra dei presidenti di Ccee e Kek
Contro l’odio religioso
Collaborazione da rafforzare
GERUSALEMME, 25. Una nuova
campagna volta a sensibilizzare
le forze politiche israeliane intorno all’emergenza rappresentata dagli attacchi contro obiettivi
religiosi cristiani e musulmani
compiuti da bande estremiste è
stata annunciata da «Tag Meir»,
associazione (della quale fanno
parte anche rabbini) che da al-
cuni anni si batte contro il razzismo in Israele. L’iniziativa dovrebbe iniziare nei prossimi
giorni e sarà sostenuta dal cartello di organizzazioni impegnate nella lotta contro gli atti e le
manifestazioni di odio religioso
e razzista che si registrano nel
Paese.
In pellegrinaggio
alla più antica sinagoga d’Africa
GERBA, 25. Sono tra millecinquecento e duemila gli ebrei che oggi e domani
parteciperanno, nell’isola tunisina di Gerba, al tradizionale pellegrinaggio alla sinagoga El Ghriba, considerata la più antica dell’Africa. Nonostante l’allarme per possibili attentati terroristici lanciato dai servizi di sicurezza, sono
anche quest’anno numerosi i fedeli che celebreranno la ricorrenza del Lag
Ba’omer, nel trentatreesimo giorno della Pesach. La comunità ebraica tunisina, pur numericamente esigua, è ben integrata nella società. L’origine di El
Ghriba risalirebbe addirittura alla distruzione del tempio di Salomone a Gerusalemme (586 prima dell’era cristiana) quando alcuni ebrei, fuggendo dalla
Palestina, si rifugiarono a Gerba.
Fondata nel 2011, «Tag Meir»
(“Segnale luminoso”) intende
sottolineare il proprio porsi in
totale contrasto con gli episodi
di violenza e di intimidazione
compiuti negli ultimi anni ai
danni di moschee o luoghi cristiani come Tabgha, Beit Jamal,
Latrun, la Dormizione. Nel nome, «Tag Meir» intende opporsi
a Tag Mechir (“Il cartellino del
prezzo”), la scritta con la quale
gli autori degli attentati o delle
minacce firmano le loro azioni. I
crimini di Tag Mechir esprimono
l’odio razziale di una deriva
dell’ebraismo
ultranazionalista
che, secondo l’associazione, va
condannato senza esitazioni.
In un documento diffuso da
«Tag Meir» — riferisce Fides —
vengono riportati i nomi di arabi che sono stati vittime di crimini di odio, esclusivamente per
il fatto di avere un aspetto arabo o di aver osato parlare arabo.
Essi «si aggiungono alle centinaia di vittime di attacchi di Tag
Mechir in Cisgiordania e in
Israele, e comprendono cinque
case abitate date alle fiamme negli ultimi due anni, quarantaquattro luoghi di culto bruciati
o fatti oggetto di atti di vandalismo dal dicembre 2009, con alberi sradicati e centinaia di automobili danneggiate. Inoltre, ci
sono stati gli efferati omicidi di
due neonati». E si esprime
preoccupazione per l’ascesa dei
gruppi oltranzisti ebraici che incitano all’odio etnico e religioso
e per gli innumerevoli libri, articoli e iniziative pubbliche che
alimentano il fanatismo attraverso i social network.
LONDRA, 25. Discutere su alcune
questioni ecumeniche del vecchio continente e valutare la
cooperazione di lunga data tra il
Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e la
Conferenza delle Chiese europee
(Kek): è stato questo il motivo
dell’incontro dei presidenti del
Ccee e della Kek, rispettivamente il cardinale Péter Erdő e il reverendo Christopher Hill, avvenuto martedì a Londra su invito
dell’arcivescovo di Westminster,
nonché presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e
Galles, cardinale Vincent Gerard
Nichols. Nel corso del colloquio, i presidenti hanno parlato
dell’importanza che gli attuali
conflitti e sfide rivestono per il
lavoro del Ccee e della Kek, a
cominciare dalla situazione dei
rifugiati e dei migranti in Europa, dalla pace da costruire nel
Vicino oriente, dalla cooperazione all’interno e all’esterno
dell’Ue. Hanno inoltre riaffermato l’impegno per rafforzare il
loro rapporto, in attesa della
prossima riunione del comitato
congiunto Ccee-Kek prevista per
l’inizio del 2017, la quale verterà
sulla salvaguardia del creato e la
libertà di religione.
Intanto, dal 30 maggio al 1°
giugno si svolgerà a Strasburgo
l’incontro europeo dei cappellani penitenziari sul tema «Radicalizzazione nelle carceri: una
visione pastorale», promosso dal
Ccee in collaborazione con la
missione permanente della Santa Sede presso il Consiglio
d’Europa e la Commissione in-
Il dramma dei profughi fra i temi al centro dell’incontro (Ap)
ternazionale della pastorale cattolica nelle prigioni (Iccppc). La
riunione ha due obiettivi principali: in primo luogo, aggiornare
i cappellani sugli sviluppi delle
norme del Consiglio d’Europa
sui diritti umani nelle carceri e
sulla lotta contro il fenomeno
della radicalizzazione (in particolare la giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo e le «Linee guida per i servizi carcerari e di affidamento ai
servizi sociali in materia di radicalizzazione ed estremismo violento»); in secondo luogo, durante i lavori si discuterà sul
contributo che la pastorale può
offrire alla lotta contro la radicalizzazione e nella promozione
della dignità umana nelle carceri. All’incontro prenderanno parte cinquanta partecipanti provenienti da venti Stati membro. La
maggior parte sono cappellani
cattolici incaricati della pastorale
nelle carceri. Ci saranno anche
cappellani di Chiese ortodosse e
protestanti, nonché musulmani
coinvolti nella stessa attività.
L’accompagnamento spirituale dei detenuti è sempre stato
oggetto di particolare attenzione
nella Chiesa, concretizzandosi
con la presenza dei cappellani
penitenziari e negli sforzi di tanti volontari e associazioni che
collaborano nell’assistenza ai detenuti.
I loro servizi non sono rivolti
solo ai cattolici. L’assistenza spirituale va di pari passo con gli
sforzi per garantire migliori condizioni di vita e un sostentamento morale, in uno spirito di
fratellanza, e per contribuire a
migliorare sostanzialmente l’atmosfera nelle prigioni.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 26 maggio 2016
pagina 7
Il cardinale Filoni nel vicariato apostolico
di Guapi (23 maggio)
«Il Santo Padre, attraverso la mia presenza, ha voluto esservi vicino. Pertanto, anche se vi trovate in un territorio
che può sembrare geograficamente remoto, non smettete di essere nel cuore
della Chiesa». Con queste parole il cardinale Fernando Filoni ha portato il saluto di Papa Francesco ai fedeli del vicariato apostolico di Puerto Leguízamo
- Solano, nell’Amazzonia colombiana.
Il prefetto della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli vi si è recato martedì 24 maggio nell’ambito del
viaggio che sta compiendo in Colombia. Giunto in aereo da Cali, accompagnato dal nunzio Balestrero, il porporato è stato accolto dal vescovo Joaquín
Humberto Pinzón Güiza, dei missionari della Consolata, e dai vicari apostolici di San Vicente del Caguán, dal cui
territorio è stato desunto il territorio di
Puerto Leguízamo - Solano, e il vicario
apostolico del vicino vicariato di San
Miguel di Sucumbios in Ecuador.
Il primo appuntamento è stato con i
catechisti che si occupano dell’evangelizzazione di due popoli indigeni; i
murui e i quichua, che vivono a ridosso
dei confini colombiani, ecuadoriani e
peruviani, spostandosi continuamente
fra le frontiere dei tre Paesi, e sono animati pastoralmente dai padri della
Consolata. Ringraziandoli per il loro
lavoro, il cardinale Filoni ha ricordato
come esso venga svolto talvolta in aree
lontane e di difficile accesso — per raggiungerle occorrono fino a due giorni
di viaggio — incoraggiandoli a continuare la missione evangelizzatrice.
All’Hospice perinatale del policlinico Gemelli
Servizio
non selezione
Incontri del prefetto di Propaganda fide in Colombia
Gli indigeni dell’Amazzonia
nel cuore della Chiesa
Successivamente il porporato ha anche incontrato una di queste comunità
indigene, esortando i presenti a non
permettere che i valori spirituali delle
loro culture ancestrali — senso profondo di Dio creatore e della fraternità —
vengano oscurati dalla globalizzazione,
e a mantenere viva la loro relazione con
l’ambiente naturale.
A conclusione della mattinata il cardinale ha celebrato la messa nella cattedrale di Nostra Signora del Carmen.
All’omelia ha ricostruito la storia di
questa giovane Chiesa, eretta appena
tre anni fa — il 21 febbraio 2013, pochi
giorni prima dell’elezione di Papa Francesco — ma ancora carente di personale
missionario: un solo sacerdote locale,
undici preti religiosi, altrettante suore e
venti catechisti a tempo pieno. Da qui
l’invito a puntare sulle nuove genera-
zioni attraverso la pastorale vocazionale
e quella familiare, per avere un maggior
numero di candidati al presbiterato e
alla vita consacrata, e coppie che vivano il matrimonio in modo coerente con
i principi del Vangelo.
In particolare il porporato ha auspicato un rapporto più diretto con la parola di Dio, che — ha raccomandato —
«va ascoltata nel corso della giornata e
ovunque ci si trovi». Perché, quando
essa «trova spazio in noi», aiuta a stare
lontani da comportamenti contrari «alla vita cristiana, cedendo all’alcool, alle
droghe e al materialismo». In proposito
il celebrante ha chiesto di «raddoppiare
gli sforzi per consentire ai catechisti e
ai laici, in particolare ai giovani, di acquisire una solida formazione cristiana»
per fronteggiare «attraverso il dialogo,
il proselitismo delle sette».
Infine, ampliando il discorso all’intera nazione colombiana, il cardinale Filoni ha di nuovo lanciato un appello
alla pacificazione, perché — ha spiegato
— «dopo tanti anni di sofferenze causate da mali come la guerriglia e la corruzione che ancora persistono nel territorio, è il momento di vincere con il perdono e la creazione di una cultura di
pace e di riconciliazione».
Al termine della celebrazione, dopo
aver condiviso il pranzo con i rappresentanti delle istituzioni civili, militari
ed ecclesiali della regione e dopo due
brevi soste alla cappella della Consolata
e alla parrocchia del Divino Niño, il
cardinale ha lasciato Puerto Leguízamo
ed è rientrato in aereo a Bogotá. Nella
capitale, nel pomeriggio ha visitato l’ufficio nazionale delle Pontificie opere
missionarie.
Il «bambino con gravi patologie» vive in una «situazione di
massima povertà» alla quale bisogna rispondere con «il massimo dell’amore, diffondendo un concetto di scienza che si fa
servizio e non seleziona». Lo raccomanda Francesco in un
messaggio inviato all’assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del Sacro cuore, in occasione del convegno
svoltosi mercoledì 25 maggio, al policlinico romano Agostino
Gemelli, per riflettere sull’attività dell’Hospice perinatale e
sulle risposte scientifiche, etiche e umane che esso offre quando sorgono complicazioni e problemi nella diagnosi prenatale.
Nel messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il Pontefice auspica «nuovi traguardi al servizio
della persona e nel progresso della scienza medica in costante
riferimento ai perenni valori umani e cristiani» e invita in particolare il “personale qualificato” del nosocomio «al quotidiano impegno di attuazione del progetto di Dio sulla vita, proteggendola con coraggio e amore, con lo stile della vicinanza
e della prossimità». Come? «Prendendo le distanze dalla cultura dello scarto, che propone solo itinerari di morte, pensando di eliminare la sofferenza sopprimendo chi soffre».
Organizzato dal Polo per la salute della mamma e del bambino, dalla scuola di specializzazione gineocologia e ostetricia,
dal centro di ateneo per la vita e dalla fondazione «Il cuore in
una goccia», e coordinato dal professor Giuseppe Noia, l’incontro ha l’obiettivo — ha spiegato il vescovo assistente ecclesiastico Claudio Giuliodori — di far conoscere l’Hospice perinatale come «una presenza coraggiosa, di alto profilo scientifico e con un chiaro approccio etico e umano alle problematiche dei nascituri e delle loro famiglie, di fronte a una cultura
e a una prassi sanitaria che hanno imboccato le scorciatoie
dell’abbandono delle persone più fragili e dei loro familiari».
Gruppi di fedeli all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 25 maggio, in piazza San Pietro, erano presenti i
seguenti gruppi.
Da diversi Paesi: Partecipanti al Capitolo generale delle Suore di Nostra
Signora del Cenacolo; Suore Adoratrici del Sangue di Cristo; Suore Piccole
Operaie dei Sacri Cuori; Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucaristia; Religiose del Collegio Missionario Mater
Ecclesiae, di Castel Gandolfo; Missionarie del Sacro Costato.
Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle
Parrocchie: Santi Felice e Fortunato,
in Noale; San Zenone, in Borsea; San
Clemente, in Valdagno; San Giorgio,
in Lucinico; Sant’Antonio, in Novi Ligure; San Giovanni Evangelista, in
Monzuno; San Biagio, in Pianello;
San Francesco al Bastardo, in Giano
dell’Umbria; Sant’Antonio abate, in
Castel Sant’Elia; San Giovanni Battista, in Castel Lubriano; San Nicola, in
Mazzano Romano; San Giuseppe Artigiano, in San Giovanni Rotondo;
Beata Vergine Maria della Stella, in
Stornarella; Maria Santissima Assunta,
in Canosa di Puglia; Santa Maria della Pace, in Noicàttaro; Maria Santissima del Carmine, in Massafra; Cristo
Re dell’universo, in Collepasso; Santa
Croce, in San Cipriano d’Aversa; San
Sossio, in Somma Vesuviana; Sacro
Cuore di Gesù, in Portici; Maria Santissima del Rosario di Pompei, in Vibo
Marina; San Nicolò, in Chiusa Sclafani; San Vincenzo de’ Paoli, in Palermo; Parrocchia di Camisano Vicentino; Unità pastorale San Michele e San
Giovanni Gualberto, in Pontassieve;
gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Natività di Maria Santissima, in Castello
di Codego; San Michele; Sant’Andrea;
Santi Jacopo e Cristoforo, in Crèspina; San Frediano, in Fòrcoli; Santa
Maria del mare, in Castel Volturno;
Lutto nell’episcopato
Monsignor József Tempfli, vescovo emerito di Oradea Mare dei Latini (Romania), è morto alle 10.30 di mercoledì 25
maggio.
Il compianto presule era nato a Csanálos-Urziceni, in diocesi di Satu Mare,
il 9 aprile 1931 ed era stato ordinato sacerdote il 31 maggio 1962. Eletto alla sede residenziale vescovile di Oradea Mare
dei Latini il 14 marzo 1990, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 26 aprile
successivo. Aveva rinunciato al governo
pastorale della diocesi il 23 dicembre
2008.
I funerali saranno celebrati lunedì 30,
alle 11, nella cattedrale latina di Oradea.
Santa Teresa del Bambino Gesù, in
Palermo; Unità pastorale Aloisiana, di
Castiglione delle Stiviere; Collaborazione pastorale, di Preganziol; Unità
pastorale, di Agna; gruppi di fedeli
dalle Parrocchie di: San Pietro in
Trento, Casumaro, Alberone, Reno
Centese, Sotto il Monte; Associazione
Campo delle stelle, di Pessano con
Bornago; Associazione Famiglia di
Nazareth, di Spresiano; Associazione
ANTEAS, di Catanzaro; Associazione
pro handicap, di Monte di Procida;
gruppo Cral Sant’Anna, di Como;
gruppo Giose school, di Lentini; gruppo Apostolato della preghiera, di Pordenone; gruppo Cral Consorzio agrario, di Parma; Confraternita di Misericordia, di Campi Bisenzio; Circolo Dipendenti Asl Samarcanda, di Empoli;
Fondazione AD O, di Ferrara; Ordine
Ingegneri, di Roma; Comando provinciale Guardie eco ambientali, di Torremaggiore; Cooperativa La chimera, di
Brescia; Unione italiana ciechi e ipovedenti, di Latina; gruppi di fedeli da:
Sant’Antonino di Saluggia, Amantea,
Marostica, Sarteano, Roma, Cagliari,
Padova; Ordine francescano secolare,
di San Marco in Lamis; Confraternita
San Paolino da Nola, di Termini Imerese; Confraternita di Misericordia, di
Pievelago; gruppo dell’Unitalsi; gruppo di preghiera «Eccomi», di Carbonera; Quarto Reggimento Sostegno
AVES «Scorpione», di Viterbo; gruppo
Alpini, di Solbiate Olona; Vigilanza
antincendi boschivi, di Villafranca in
Lunigiana; Associazione La Palombella, di Palombara Sabina; Associazione
terza età, di Lecce; Associazione ReUse with love, di Bologna; Associazione Toppy show, di Pescara; Associazione seniores, di Saonara; Associazione
Angeli bianchi, di Reggio Calabria;
Federazione nazionale pensionati, di
Udine; Fondazione Piccola Opera
Charitas, di Teramo; Centro di riabilitazione Sanatrix nuovo elaion, di Eboli; Cooperativa Iside, di Carini; Rotaract club, di Enna; Commenda di Maria Santissima degli Alemanni, di Monreale; Polisportiva Andriensis, di Andria; Istituto per i servizi alla persona
per l’Europa, di Lecce; Ente nazionale
Sordi, di Firenze; Polo universitario,
di Brindisi; Scuola cani salvataggio
nautico, di Bari; gruppo anziani CISL,
di Latina, Terracina, Fondi; Calabria
camper club, di Rende; gruppi di studenti: Istituto Maria Immacolata, di
Bergamo; Istituto Santa Maria Mazzarello, di Torre Annunziata; Scuola Torasso, di Chivasso; gruppi di fedeli da:
Mondovì, Carate Brianza, Castel Goffredo.
Dalla Svizzera: Missione cattolica
italiana, di Solothurn.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da:
Croazia; Repubblica Ceca.
Romania;
I polacchi: Księża seniorzy z Domu
Księży Emerytów im. św. Józefa ze
Świdnicy; młodzież i nauczyciele z
Gimnazjum Nr 34 ze Szczecina;
młodzież z rodzicami i nauczyciele z
Gimnazjum im. ks. Tischnera z Zakopanego; grupy: z Centrum Edukacji i
Turystyki «Sokrates» ze Swarzędza
oraz NSZZ «Solidarność» Gdańskiej
Stoczni Remontowej im. Józefa
Piłsudskiego; młodzi zwycięzcy konkursu wiedzy o św. Joannie Beretcie
Molli i o św. Janie Pawle II z Solca
Kujawskiego i Bydgoszczy; pielgrzymka z Warszawy; ogólnopolska grupa
turystyczna; pielgrzymi indywidualni.
De France: groupe de pèlerins de
l’archidiocèse de Toulouse, avec S.Exc.
Mgr Robert Le Gall; Paroisse SaintAntoine, de Cronembourg; Paroisse de
Herrlisheim; Collège Saint-Paul, de
Hem; Collège Saint-Charles, de Pignan; Ecole Sainte-Anne, de Uzès;
Compagnons de la Tourlandry, de Beaupreau; Délégation du Secours catholique de Corse, et Paroisse de Porticcio Saint-François-Régis, d’Ajaccio;
Délégation du Mouvement international ATD Quart Monde; groupe de jeunes du Verbe de Vie, de Josselin; Association des retraités de l’enseignement catholique, de Paris; groupe de
pèlerins de Paris; Paroisse Saint-Julien,
Les Metz.
De Belgique: groupe de pèlerins de
Bruxelles; Paroisse du Divin Enfant
Jésus, de Laeken.
Du Bénin: Académie internationale,
de Cotonou.
From England: Pilgrims from: The
Ordinariate of Our Lady of Walsingham; Members of the Brentwood Re-
Pennsylvania; Benedictine College
PreparatorySchool, Staunton, Virginia.
ligious Education Service, Diocese of
Brentwood; Our Lady of Lourdes Parish, Thames Ditton, Arundel and
Brighton; Saint Elizabeth’s Parish,
Minsteracre.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden Hl. Benno, Dresden; St. Cäcilia, Düsseldorf; Heilige Dreifaltigkeit, Donaueschingen; St. Goar, Flieden; Heiligstes Herz Jesu, Grafenau;
St. Georg, Hiddingsel; St. Martin,
Hutthurm; Pfarrverband am Luitpoldpark, München; Maria Himmelfahrt,
Marpingen; St. Felix von Cantalice,
Neustadt an der Waldnaab; St. Martin, Urloffen; Pilgergruppe aus dem
Erzbistum München und Freising; Pilgergruppen aus: Augsburg; Bad
Urach; Betzenstein; Donaueschingen
und Bad Dürrheim; Erfurt; Essen;
Hamburg; Köln; Merzalben; Olpe;
Radevormwald; Trier; Mitglieder des
Förderkreises der Ludwig-WindthorstStiftung; Chaldäische Katholische Gemeinde, München; Württembergischer
Christusbund; St. Matthias-Bruderschaft, Mayen; Katholisches Ferienwerk Oberhausen; Musikverein 1871
Fremdingen e.V.; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus der Gesamtschule,
Rödinghausen.
From Ireland: A group of Pilgrims.
From Scotland: A group of pilgrims
from Glasgow, led by Archbishop
Philip Tartaglia; Pilgrims from Saint
Joseph’s Paris, Whitburn.
From Denmark: Pilgrims from:
Saint Knud’s Parish, Svendborg; Saint
Nicholas Parish, Esbjerg.
From Switzerland: A group of Vietnamese Pilgrims; A group of business
professionals, Geneva.
From China: A group of pilgrims;
Pilgrims from the Parish of Guangzhou.
From Indonesia: Seminarians and
Faculty from: Tinggi Pineleng Seminary, Manado; Tinggi Saint Petrus,
Pematang Siantar; Parishioners from:
the Cathedral of Jakarta; Saint
Laurentius Parish, Bandung; Immaculate Heart of Mary Parish, Tangerang,
Banten; Santa Maria Tak Bernoda
Church Bogor.
From Japan: A group of pilgrims.
The Philippines: A group of pilgrims.
From Nigeria: A group of Pilgrims.
From The Seychelles: Pilgrims from
the Diocese of Port Victoria.
From Canada: Pilgrims from: Saint
John of the Cross Parish, Mississauga,
Ontario; Saint Thomas Parish, Waterdown, Ontario.
From the United States of America:
Pilgrims from: The Archdiocese of
Detroit; The Archdiocese of Los
Angeles; The Diocese of Lake Charles,
Louisiana, led by Bishop Glen Provost; Deacons and their families from:
EI Paso, Texas; Los Angeles, California; Paso Robles, California; Reno,
Nevada; Parishioners of: Saint Robert
Bellarmine, Arlington; the Church of
the Transfiguration, New York; Saint
Bernadette Parish, Metuchen, New
Jersey; Saint John Vianney Parish,
Metuchen, New Jersey; Saint Gabriel’s
Parish, Saddle River, New Jersey; Pilgrims from Saint Mary’s House of
Prayer, Orlando, Florida; Alumni of
the Loyola University John Felice
Rome Center, Syracuse, New York;
Students and Staff from: The Catholic
University of America; The University
of Saint Thomas, Houston, Texas;
Saint John’s University, Queen’s, New
York; The University of Mary, Bismarck, North Dakota; The Association of
Franciscan Colleges and Universities;
The Augustine Institute, Denver, Colorado; Walsh University, Castel Gandolfo Campus; Wyoming Catholic
College, Lander, Wyoming; Duquesne
University Nursing Program, Pittsburgh, Pennsylvania; Barry University;
Saint Vincent College, Latrobe,
Aus der Republik Österreich: Pilger
aus der Pfarre St. Paul, Graz; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus der
Höheren Lehranstalt für Wirtschaft,
Haag.
Aus der Schweizerischen Eidgenos-
senschaft: Katholische Vietnamesische
Mission; Katholische Italienische Mission, Solothurn.
Aus der Provinz Bozen - Republik
Italien: Pilger aus Lana.
De España: Federaciò de Cristians
de Catalunya; grupo de Villafranca de
los Caballeros; Empresa Thermomix;
Parroquia San Andrés, de Madrid.
De México: grupo Encuentras bíblicos; grupo de peregrinos de Guadalajara.
De Costa Rica: grupo de peregrinos.
De Ecuador: Centro Salesiano, de
Quito; grupo de peregrinos.
De Colombia: Parroquia Santo Domingo Savio, de Bogotá; grupo de peregrinos de Tunja.
De Argentina: grupos de peregrinos.
De Portugal: Paróquia de São Julião da Barra; Paróquia de Santo António, de Nova Oeiras; Junta de Freguesia, do Lumiar.
Do Brasil: Associação Evangelizar é
preciso, Curitiba; grupos de visitantes.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 26 maggio 2016
Harold Copping (1863-1932)
«Il giudice e la vedova»
In ricordo
di una piccola
profuga
All’udienza generale Papa Francesco parla della necessità di pregare
Senza stancarsi
Nella vita quotidiana «non si tratta
di pregare qualche volta, quando mi
sento. No, Gesù dice che bisogna
“pregare sempre, senza stancarsi”».
Lo ha ricordato il Papa all’udienza
generale di mercoledì 25 maggio, in
piazza san Pietro. Proseguendo le
riflessioni sul tema giubilare alla
luce del Vangelo, il Pontefice ha
commentato la parabola del giudice e
della vedova narrata da Luca (18,
1-8) per parlare della preghiera
come fonte di misericordia.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La parabola evangelica che abbiamo appena ascoltato (cfr. Lc 18, 18) contiene un insegnamento importante: «La necessità di pregare
sempre, senza stancarsi mai» (v.
1). Dunque, non si tratta di pregare qualche volta, quando mi sento.
No, Gesù dice che bisogna «pregare sempre, senza stancarsi». E
porta l’esempio della vedova e del
giudice.
Il giudice è un personaggio potente, chiamato ad emettere sentenze sulla base della Legge di
Mosè. Per questo la tradizione biblica raccomandava che i giudici
fossero persone timorate di Dio,
degne di fede, imparziali e incorruttibili (cfr. Es 18, 21). Al contrario, questo giudice «non temeva
Dio né aveva riguardo per alcuno» (v. 2). Era un giudice iniquo,
senza scrupoli, che non teneva
conto della Legge ma faceva quello che voleva, secondo il suo interesse. A lui si rivolge una vedova
per avere giustizia. Le vedove, insieme agli orfani e agli stranieri,
erano le categorie più deboli della
società. I diritti assicurati loro dalla Legge potevano essere calpestati con facilità perché, essendo persone sole e senza difese, difficilmente potevano farsi valere: una
povera vedova, lì, sola, nessuno la
difendeva, potevano ignorarla, anche non darle giustizia. Così anche l’orfano, così lo straniero, il
migrante: a quel tempo era molto
forte questa problematica. Di
fronte all’indifferenza del giudice,
la vedova ricorre alla sua unica arma: continuare insistentemente a
importunarlo, presentandogli la
sua richiesta di giustizia. E proprio con questa perseveranza raggiunge lo scopo. Il giudice, infatti, a un certo punto la esaudisce,
non perché è mosso da misericordia, né perché la coscienza glielo
impone; semplicemente ammette:
«Dato che questa vedova mi dà
fastidio, le farò giustizia perché
non venga continuamente a importunarmi» (v. 5).
Da questa parabola Gesù trae
una duplice conclusione: se la vedova è riuscita a piegare il giudice
disonesto con le sue richieste insistenti, quanto più Dio, che è Pa-
dre buono e giusto, «farà giustizia
ai suoi eletti che gridano giorno e
notte verso di lui»; e inoltre non
«li farà aspettare a lungo», ma
agirà «prontamente» (vv. 7-8).
Per questo Gesù esorta a pregare “senza stancarsi”. Tutti proviamo momenti di stanchezza e di
scoraggiamento, soprattutto quando la nostra preghiera sembra
inefficace. Ma Gesù ci assicura: a
differenza del giudice disonesto,
Dio esaudisce prontamente i suoi
figli, anche se ciò non significa
che lo faccia nei tempi e nei modi
che noi vorremmo. La preghiera
non è una bacchetta magica! Essa
aiuta a conservare la fede in Dio,
ad affidarci a Lui anche quando
non ne comprendiamo la volontà.
In questo, Gesù stesso — che pregava tanto! — ci è di esempio. La
Lettera agli Ebrei ricorda che «nei
giorni della sua vita terrena Egli
offrì preghiere e suppliche, con
forti grida e lacrime, a Dio che
poteva salvarlo da morte e, per il
suo pieno abbandono a lui, venne
esaudito» (5, 7). A prima vista
questa affermazione sembra inverosimile, perché Gesù è morto in
croce. Eppure la Lettera agli Ebrei
non si sbaglia: Dio ha davvero salvato Gesù dalla morte dandogli su
di essa completa vittoria, ma la via
percorsa per ottenerla è passata attraverso la morte stessa! Il riferimento alla supplica che Dio ha
esaudito rimanda alla preghiera di
Gesù nel Getsemani. Assalito
dall’angoscia incombente, Gesù
prega il Padre che lo liberi dal calice amaro della passione, ma la
sua preghiera è pervasa dalla fiducia nel Padre e si affida senza riserve alla sua volontà: «Però — dice Gesù — non come voglio io, ma
come vuoi tu» (Mt 26, 39). L’oggetto della preghiera passa in secondo piano; ciò che importa prima di tutto è la relazione con il
Padre. Ecco cosa fa la preghiera:
trasforma il desiderio e lo modella
secondo la volontà di Dio, qualunque essa sia, perché chi prega
aspira prima di tutto all’unione
con Dio, che è Amore misericordioso.
La parabola termina con una
domanda: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede
sulla terra?» (v. 8). E con questa
domanda siamo tutti messi in
guardia: non dobbiamo desistere
dalla preghiera anche se non è
corrisposta. È la preghiera che
conserva la fede, senza di essa la
fede vacilla! Chiediamo al Signore
una fede che si fa preghiera incessante, perseverante, come quella
della vedova della parabola, una
fede che si nutre del desiderio della sua venuta. E nella preghiera
sperimentiamo la compassione di
Dio, che come un Padre viene incontro ai suoi figli pieno di amore
misericordioso.
Il Pontefice ricorda il dovere di proteggere i bambini e lancia un nuovo appello per la pace in Siria
Il giubbotto salvagente indossato da
una bambina siriana morta in mare
nel tentativo di salvarsi è stato
consegnato al Papa da Òscar
Camps, rappresentante
dell’associazione spagnola Proactiva
open arms che sta soccorendo i
profughi soprattutto davanti all’isola
di Lesbo. È stato uno dei momenti
più toccanti dell’udienza in piazza
San Pietro.
A far da protagoniste dell’incontro
con il Pontefice anche le persone
con disabilità mentali, che «possono
costruire ponti e spalancare porte al
dialogo usando il linguaggio
dell’amicizia, della fiducia e della
solidarietà»: questo il significato
dell’abbraccio tra Francesco e trenta
disabili cinesi assistiti
dall’associazione Huiling, gemellata
con la Piccola opera Charitas di
Giulianova. «Un intreccio di
solidarietà concreta che continua a
dare risultati inimmaginabili»
confida monsignor Michele Seccia,
vescovo di Teramo. Protagonisti di
questa «straordinaria avventura»
sono il missionario italiano
Fernando Cagnin, in Cina dal 1989,
e Meng Weina, instancabile
promotrice dei diritti dei disabili,
convertita al cristianesimo dopo aver
letto su un giornale un articolo su
madre Teresa. E Teresa è il nome
che lei, «figlia di un eroe comunista
di prima classe», ha scelto al
momento del suo battesimo.
«Huiling è divenuta una realtà
importante in Cina: i disabili sono
accolti in case famiglia e coinvolti in
progetti di lavoro come i panifici»
spiega padre Cagnin.
Con particolare affetto Francesco ha
poi salutato Nunzia Gugliandolo,
venuta da Messina per festeggiare i
suoi novantatré anni: per
abbracciarla personalmente è sceso
dalla jeep, sulla quale intanto aveva
già fatto salire tre bambini, durante
il lungo giro in piazza San Pietro
all’inizio dell’udienza. E sempre
Si convertano i cuori di chi semina morte
Il Papa ha concluso l’udienza generale del 25 maggio con un pensiero
rivolto agli attentati terroristici, che lunedì scorso in Siria «hanno
provocato la morte di un centinaio di civili inermi», e con un’esortazione
a pregare perché si «converta il cuore di quanti seminano morte e
distruzione». In precedenza, salutando i diversi gruppi linguistici, aveva
anche ricordato la giornata internazionale per i bambini scomparsi e
invitato i romani e i pellegrini a partecipare alla celebrazione del Corpus
Domini in programma giovedì 26.
Saluto cordialmente i pellegrini
di lingua francese, in particolare
il pellegrinaggio dell’Arcidiocesi
di Tolosa, con Mons. Robert Le
Gall, una delegazione del Movimento ATD Quart Monde, come
pure i fedeli venuti dal Benin e
dal Belgio.
Fratelli e sorelle, non abbandoniamo mai la preghiera, anche
se a volte essa sembra vana. Dio
ci esaudisce sempre con misericordia in un modo che noi non
ci aspettiamo.
Che Dio vi benedica!
Saluto i pellegrini di lingua
inglese
presenti
all’odierna
Udienza, specialmente quelli
provenienti da Inghilterra, Irlanda, Scozia, Danimarca, Svizzera,
Cina, Indonesia, Giappone, Nigeria, Filippine, Seychelles, Canada e Stati Uniti d’America.
Con fervidi auguri che il presente Giubileo della Misericordia
sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rin-
novamento spirituale, invoco su
voi tutti la gioia e pace del Signore Gesù!
Saluto con affetto i pellegrini
e visitatori di lingua tedesca. La
Chiesa dedica questo bel mese
di maggio in particolare alla preghiera mariana. Rivolgiamo la
nostra supplica alla Madre di
Dio, che è anche la nostra madre, affinché ci insegni le vie
della salvezza. Il Signore benedica voi e le vostre famiglie.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en
particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica. Pidamos al Señor una fe
que se convierta en oración incesante que se nutra de la esperanza en su venida y que nos haga
experimentar la compasión de
D ios.
Cari pellegrini di lingua portoghese, in particolare i fedeli di
São Julião da Barra, Nova Oei-
ras, Lumiar, Pias e i gruppi brasiliani, vi auguro che questo pellegrinaggio rinforzi in voi la fede in Gesù Cristo che chiama
ogni uomo e donna a far parte
della sua Chiesa Santa. Ritornate a casa certi che la misericordia
di Dio è più potente di qualsiasi
peccato. Iddio benedica ciascuno di voi!
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba,
in particolare a quelli provenienti dall’Iraq e dalla Giordania. La
preghiera non cambia il pensiero
di Dio ma il pensiero dell’orante, per conformarsi alla volontà
di Dio. Per questo il Signore ci
invita a pregare sempre e senza
stancarsi affinché la preghiera
diventi il luogo dove manifestiamo a Dio il nostro amore, la nostra fede e tutto ciò che aleggia
nel nostro cuore e nella nostra
mente; e diventi soprattutto il
nostro cibo quotidiano, la nostra
arma potente e il bastone del
nostro viaggio. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga dal
maligno!
Do un cordiale benvenuto ai
polacchi. Saluto in particolare
gli allievi del Ginnasio Kostka
dei gesuiti di Cracovia e delle altre scuole.
Cari pellegrini, chiediamo al
Signore la grazia della fede che
si fa preghiera incessante e perseverante. Chiediamo una fede
che ci permetta di affidarsi fiduciosi alla bontà di Dio in qualsiasi circostanza della vita. Nella
preghiera sperimentiamo la compassione di Dio, che come un
Padre viene incontro ai suoi figli
pieno di amore misericordioso.
La Sua benedizione vi accompagni sempre! Sia lodato Gesù
Cristo!
Oggi ricorre la Giornata internazionale per i bambini scomparsi.
È un dovere di tutti proteggere i
bambini, soprattutto quelli esposti ad elevato rischio di sfruttamento, tratta e condotte devianti. Auspico che le Autorità civili
e religiose possano scuotere e
sensibilizzare le coscienze, per
evitare l’indifferenza di fronte al
disagio di bambini soli, sfruttati
e allontanati dalle loro famiglie e
dal loro contesto sociale, bambini che non possono crescere serenamente e guardare con speranza al futuro. Invito tutti alla
preghiera affinché ciascuno di
essi sia restituito all’affetto dei
propri cari.
Domani a Roma vivremo la
tradizionale processione del Corpus Domini. Alle 19 in Piazza
San Giovanni in Laterano cele-
brerò la Santa Messa, e quindi
adoreremo il Santissimo Sacramento camminando fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore.
Invito romani e pellegrini a partecipare a questo solenne atto
pubblico di fede e di amore a
Gesù realmente presente nell’Eucaristia.
Cari pellegrini di lingua italiana: benvenuti!
Saluto le Suore di Nostra Signora del Cenacolo, in occasione del Capitolo Generale; la
Fondazione
“Piccola
Opera
Charitas” con il Vescovo di Teramo-Atri Mons. Michele Seccia.
Saluto le Suore del Collegio
Missionario Mater Ecclesiae di
Castel Gandolfo, in partenza per
i loro Paesi, i gruppi parrocchiali, particolarmente i fedeli di
Sotto il Monte Giovanni XXIII e
gli ospiti del centro di riabilitazione Sanatrix di Eboli. Vi invito a vivere con fede il Giubileo
della Misericordia: il passaggio
attraverso la Porta Santa accresca in tutti il senso di appartenenza alla Chiesa e la necessità
delle opere di misericordia verso
i fratelli.
Un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria del Papa San Gregorio VII. Il
suo amore per il Signore indichi
a voi, cari giovani, l’importanza
del rapporto con Dio nella vostra vita; incoraggi voi, cari ammalati, ad affrontare con fede i
momenti di sofferenza; e stimoli
voi, cari sposi novelli, a educare
cristianamente i figli che il Signore vorrà donarvi.
Infine, dopo la recita del Padre
nostro, il Papa ha lanciato un
nuovo appello per la pace in Siria.
Lunedì scorso, nell’amata Siria, sono avvenuti alcuni attentati terroristici, che hanno provocato la morte di un centinaio di
civili inermi. Esorto tutti a pregare il Padre misericordioso e la
Madonna affinché doni il riposo
eterno alle vittime, la consolazione ai familiari e converta il cuore
di quanti seminano morte e distruzione. Tutti insieme preghiamo la Madonna.
dalla jeep il Papa ha rivolto il
classico saluto nella lingua dei segni
— che si compie agitando e
ruotando il palmo della mano con le
braccia in alto — alle numerose
persone sorde presenti in piazza. A
tradurre per loro la catechesi del
Pontefice ci hanno pensato suor
Veronica Donatello, responsabile per
i disabili dell’ufficio catechistico
della Conferenza episcopale italiana,
e Maria Cristina Cuccurullo.
Francesco ha accolto con un
abbraccio i cinque bambini che
hanno vinto il concorso di disegno
promosso ogni anno dal 1993
nell’ambito della lotta al tabagismo,
su iniziativa dell’Associazione
italiana volontari per la lotta contro
i tumori. Sono stati coinvolti anche
alunni delle scuole bulgare,
macedoni, romene e ucraine.
A presentare i loro progetti «per
combattere le povertà» sono venuti i
rappresentanti del movimento Agir
tous pour la dignité - Quart mond.
Al Papa hanno spiegato che i tre
obiettivi di fondo dell’associazione,
«nata nelle periferie francesi negli
anni Cinquanta, sono l’educazione,
la promozione di un’economia che
rispetti persone e ambiente e la
mobilitazione per la pace e i diritti
umani». Il Pontefice ha quindi
salutato la redazione del programma
armeno della Radio Vaticana, in
occasione dei cinquant’anni di
trasmissioni, e cinque coppie di
sposi che celebrano l’anniversario di
matrimonio.