GR artisti della cartapesta leccese nella

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GR artisti della cartapesta leccese nella
GR
artisti della
cartapesta leccese
nella pubblicistica
salentina
Continuazione
II
ACHILLE DE LUCREZI
(l827- 1913)
Verso il 1840 era accaduto che
la classe dei barbieri aveva cominciato a imitare e copiare i lavori dei cartapestai, interessata ai
guadagni che essi procuravano.
« Ogni bottega di figaro divenne anche laboratorio di Cristi, di immagini
sacre e dì pastori da presepe. I figari apprendisti cominciarono a modellare
e dai pastori di creta che esponevano schierati su le « bancarelle » alla fiera
di Santa Lucia, passavano a comporre i Cristi in cartapesta e ogni tanto un
barbiere si rivelava artista. E crescevano e si moltiplicavano questi artisti,
per germinazione spontanea, come avessero facile e accesa la scintilla dell'estro
e tramandandosi di padre in figlio la tradizione, le inclinazioni, anzi, l'abitudine per quest'arte che sentivano nel sangue come una seconda natura» (1).
Come apprendista presso un barbiere cominciò a modellare anche Achille
de Lucrezi, nato a Lecce il 27 novembre 1827, circa nove mesi dopo la morte
del Surgente, da Giuseppe e Michela Margariti.
« Ne' primi anni plasticò di creta « Pasturi ed animali de la Presepia »
poscia entrò a lavorare di cartapesta col Guerra, ma volendo sottrarsi
(1) - ANGELO CAGGIULA - CARLUCCI o. c.
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ad ogni convenzionalismo studiò disegno in Lecce cori Andrea Majola (celebrato per la miniatura in avorio), ed in. Roma con Filippo Cipolla » (1).
Altro maestro del De Lucrezi, pare sia stato Francesco Calabrese vissuto
a Lecce dal 23 luglio 1802 al 2 settembre 1877, soprannominato «rnesciu Chiccu Pierdifumu », « che aveva la sua botteguccia con un balconcino, dirimpetto alla drogheria Olita verso la via, così detta, del Bambino » ; in cui,
oltre al De Lucrezi, furono apprendisti : Salvatore Franco, Basilio Bandello,
un tal maestro Lazzero e Francesco Cosma. Quest'ultimo conosciutissimo sotto
il nomignolo di « mescite, Chiccucurtu » per la sua statura bassa e pel fisico
stremenzito » (2).
« Ingegno facile e pronto, spirito ardimentoso ed intraprendente, il De Lucrezi non appartenne mai alla scuola del Maccagnani » (3).
« Alla bottega del Maccagnani era stato solo da piccolo e per breve tempo
a macinare i colori e per altri piccoli servigi, poi, scontento del maestro che
non voleva insegnargli nulla, fece un po' di vita randagia, in preda ad una
vera febbre d'apprendere, tra Roma e Napoli » (4).
A Roma potè recarsi grazie al mecenatismo di Cesare Potenza, uso a
proteggere artisti e pittori, e qui visse sotto lo stesso tetto col pittore salen- tino Filippo Cipolla che lo aiutò anche a modellare i « Cristi» di cartapesta
che vendeva « non per 32 denari, ma per 7 scudi l'uno, a dozzene » (5).
« Una tempesta toccatagli nel navigare da Napoli a Roma, i nuovi casi
del Napoletano, il voler vivere tra' liberati fratelli, l'amore della città natia »,
lo ricondussero a Lecce ; dove « la sua modesta bottega di barbiere mutò in
bottega di statuario » e la fece divenire un « semenzaio di artisti di plastica
cartacea » (6).
.Tra questi citiamo: Francesco Malecore, suo capogiovane, Domenico Conte,
Luigi Giannotta, Oronzo De Simone, Gaetano Sergio, Marcello Castellucci,
Giuseppe Monaco, Carlo Marazia, Vincenzo e Giulio Caprioli ; e i più apprezzati Andrea De Pascalis, Giuseppe Manzo e Salvatore Sacquegna.
Nella bottega del De Lucrezi « che era posta al vicolo dei Marescallo, (7) si
potevano incontrare negli ultimi tempi : Trifone Nutricati, gentile ed arguto
(1) - L. GIUSEPPE DE SIMONE o. c.
(2) - ABELARDO LUCREZI (figlio di Achille) - « Prancesco Calabrese e i primordi
della cartapesta in Lecce» - in « Rivista Storica Salentina », Anno XII, n. 9-12 - Lecce, dicembre 1920.
(3) - PIETRO MAR'Z'I o. c.
(4) - ANGELO CAGGIULA - CARLUCCI o. c.
(5) - L. GIUSEPPE DE SIMONE o. e.
(6) - L. GIUSEPPE DE SIMONE o. e.
(7) - « L'intitolazione di questa via ai Marescallo immutata sino al 1929, quando,
scopertosi per caso il Teatro Romano, il vice rimase spezzato in due tronconi (il suo
originario tracciato, infatti, menava, innanzi questa data, dalla piazza Vittorio Ema~le 110 alla via Degli Ammirati) .uno dei quali su questa via (Iato oveste dell' ex
Palazzo dell'intendenza dí Finanza). ormai divenuto una corte, ostento ancora a distanza
&i trent'anni l'antica denominazione di vico dei Marescallo. Dopo il 1929, quindi, il
vico in questione fu indistintamente e alternativamente chiamalo ora dei Marescallo,
ora del Teatro Romano, finche, mandato nel limbo di ogni dimenticatolo il ricordo di
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Letterato, i tre poeti in vernacolo Giuseppe de I )ominicis (Capitan !Mak),
Enrico Rozzi (Conte di Luna) ed. Oberdan Leone, quest'ultimo allora alle
prime armi, i pittori Agesilao Flora e Michele Palumbo con lo zio Víto Domenico Palumbo che era verseggiatore e poliglotta insigne, Francesco D'Elia
giornalista e letterato, Io scultore e pittore Augusto De Lucrezí figlio del
Maestro, l'appassionato mandolinista Pantaleo Aprile e qualche altro ». Perchè
in quel tempo le affumicate ed ingombre botteghe dei cartapestai leccesi
erano divenuti . dei veri e propri cenacoli d'arte, in cui convenivano poeti e
scultori, pittori e musicisti, per quella forza che accomuna e tiene insieme
legati i culti di ogni manifestazione del bello » (1).
Il De Lucrezi, più che continuare l'opera del Maccagnani « cercò nuove
forme e in questa ricerca supplì alla mancanza di cultura e di studi, procurandosi ora dall'uno ora dall'altro degli artisti che capitavano a Lecce e
nella sua bottega, anche di passaggio, dei suggerimenti, dei consigli, delle
correzioni di « forme » addirittura. In modo che il suo gran merito, fra gli
altri, è stato quello di rendere la sua bottega una collezione, un museo di
« forme» che egli metteva in mano ai suoi discepoli, quasi tesoro, e a cui ricorreva egli stesso come un giovane medico ricorre alle formule del ricettario » (2).
Siccome le sue facoltà concorrevano a fare di lui un uomo d'azione più
che un uomo di studi, egli asservì l'arte all'industria, senza però sciuparne
la dignità, dopo aver compreso che l'arte della cartapesta poteva avere due
fisionomie : appunto quella di arte e quella di industria.
Infatti : « Mentre una ottiene degli effetti sorprendenti che appagano il
gusto delle moltitudini e si prestano a tutte le manifestazioni del culto esterno,
l'altra produce con facilità di tempo e di mezzi e si adatta alle esigenze del
commercio. Mentre l'una è un medio fra la pittura e la scultura ed ha di
quella il colore e di questa le forme ; l'altra è fiorente perchè, nel tempo
stesso, sveglia il sentimento estetico e può ornare la casa del potente e il
tugurio del povero » (3).
Fu spiegato così il segreto dello straordinario successo che le opere del
De Lucrezi riscuotevano sui mercati di Roma e Parigi, fino « in regioni
lontanissime dell'America e dell'Asia ». Tanto che i suoi Crocifissi, « di varie dimensioni (dai cm. 12 ai 50 ed oltre fino alla grandezza naturale) venivano commissionati in apposito astuccio triangolare di cartone, alla cui manifattura attendeva con lavoro continuo il rilegatore Errico Nhai »
quell'antico casato fu, credo nel 1944, intitolato, previa promozione a via, dettata da
da chissà quali oscuri motivi, alla A RT E DELLA CA llTA PESI' A, denominazione non
nuova del resto in città (Lecce), poicli0 già era stata usata per designare l'attuale via
Salvatore Stampacchia (parallela al viale Taranto)».
ARTAS (Michele Paone) - « Guida di Lecce - Via arte della Cartapesta» - in «Voce
del Sud», Anno VI, n. 9, pag. 2, del 28 febbraio 1959.
(1) - « L'arte della cartapesta » -- in « Le cento città d' Italia illustrate — Lecce 1' Atene delle Puglie » — Fase, 57 0 pag. 14 — Casa Editrice Sonzogno — Milano.
(2) - ANGELO CAGGIULA - CARLUCCI o. e.
(3) - PIETRO MAR'Z'I o. e.
(4) - ABELARDO LUCREZI o. e.
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ACHILLE
DE LUCREZI
Sacra Famiglia
(Nella Chiesa Catterale
di Brindisi)
« Come industriale — scrisse Pietro Marti o. c. — il De Lucrezi ha compreso la importanza della modellatura in carta, ha studiato le esigenze dei
credenti ed ha universalizzato una produzione che, prima di lui camminava
ancora a rilento ».
Achille De Lucrezi morì il 7 novemhe 1913, la sua « bottega », divenuta
« stabilimento » fu ereditata da Marcello Castellucci e Giuseppe Croce. In
essa erano state modellate le statue premiate con : la medaglia d'oro e diploma d'onore all'Esposizione Vaticana del 1888, l'unica medaglia d'argento
all'Esposizione di Torino del 1898 e la medaglia di bronzo all'Esposizione
id Parigi del 1900.
Per evitarci il lungo elenco delle sue opere, ricordiamo : la statua di S.
Oronzo nella Chiesa di S. Teresa in Lecce, eseguita nel 1869 su commissione del Duca (li San Cesario ; l'Angelo Custode sullo scalone interno dello
Istituto Marcel] ine di Lecce (1); e la statua allegorica rappresentante la Pro-
(1) - La statua fu donata all'Istituto nel 1895 dalle educande: Azzariti Antonietta, Candido Angelina, Ceo Lina, Guerrieri. Mariannina, Lembo Maria, Argentieri Angelina, Cap-
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5 LA ZAGAGLIA
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vincia, eseguita per la venuta a Lecce di Umberto I o nel 1889, che si conserva nel Liceo Pahnieri.
GIOVANNI ANDREA DE PASGALIS - (1862 - 1995)
«Se l'arte del Maccagnani non poteva bastare ai bisogni nuovi, nè poteva soddisfare le crescenti esigenze del gusto. Quel tanto che ancora resisteva di convenzionale e di manierato, doveva cedere -- comunque — il posto ad una più fresca manifestazione della verità ; e il De Lucrezi, universalizzando la geniale industria, aveva resa necessaria la riforma. Occorreva,
dunque, un ingegno vigoroso, capace d'intendere la voce che saliva dalle
masse ; occorreva una tempra audace, disposta a sfidare le opposizioni che,
o per gelosia, o per timore, potevano venirgli dalla vecchia scuola » (1).
Questo « ingegno vigoroso » fu Giovanni Andrea De Pascalis, nato a Lecce il 31 gennaio 1862 ; che « apprese i primi elementi del disegno e della
modellatura da Anselmo De Simone nello Stabilimento di ceramica Paladini
in San Pietro in Lama, e l'arte della cartapesta nella « bottega » del De Lucrezi » (2). « Si rivelò nel 1885 con due statuette decorative fatte per il Battistero della cattedrale di Lecce : Ezechiele e Mosè, il veggente e il legislatore» (3). Aveva messo su bottega da poco in società con Giuseppe Manzo,
dal quale si divise dopo cinque anni di lavoro in comune, invasato dalla
convinzione che « la vera opera d'arte dev'essere espressione di un solo pensiero e d'una sola volontà » (4).
« Spirito di riposo impaziente » — come lo definì Pietro Marti — sin da
giovanetto sentì «il bisogno di dare carattere alla sua produzione» e in lui dominò sempre « il bisogno di volgersi allo studio dei grandi maestri ». Lottò
« contro tutte le avversità della fortuna e dell'ambiente », perchè le convenzioni della vecchia maniera non tarpassero le ali al suo progresso, e non aveva
ancora trent'anni che già il suo nome godeva fama anche all'estero, come
nessun nome dei cartapestai che lo avevano preceduto. A Parigi, in « Rue du
Bac », aveva una rappresentanza ed una esposizione stabile delle sue opere.
Morì giovanissimo, all'età di 33 anni, il 18 settembre 1895. Qualche anno
dopo, Giuseppe Gigli scrisse : « Il De Pascalis dette alla cartapesta un sen-
timento mondano che gli accrebbe la rinomanza » (5).
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9.
Perciò, per il moltiplicarsi delle missioni cattoliche sul finire del secolo diciannovesimo che elevarono di molto il numero delle chiese, e per
pelluti Angelina, Colonna Regina, Colucci Adele, Messina Leyla, Sinisgalli Teresina e Taurino Gemma.
(1) - PIETRO MARTI o. c.
(2) - ARTAS (Michele Paone) — « Artisti e artigiani della cartapesta nel primo
novecento leccese » — in « Voce del Sud ». Anno VI, n. 15. pag. 2 - Lecce, 11 aprile 1959.
(3) - PIETRO MARTI o. c. — Questo il commento alle due statue: «I volti sembrano
ispirati, le pieghe degli abiti sono semplici e severe, le pose caratterizzano l'episodio
cercato dall'artista, Il tutto poi è modellato con tocco largo e sicuro ».
(4) - PIETRO MARTI o. c.
(5) - GIUSEPPE. GIGLI - « La lavorazione della cartapesta in Lecce » in « Almanacco
Bemporad
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il successo che le statue di cartapesta modellate a Lecce riscuotevano in
tutte le « Esposizioni » nazionali e internazionali, riportando in patria medaglie d'oro, d'argento, di bronzo e diplomi d' onore : i cartapestai leccesi cominciarono a moltiplicarsi a vista d'occhio e con essi le loro « botteghe »,
tanto che alla morte del De Lucrezi queste ospitavano una categoria di artisti - artigiani numerosa di centinaia di unità.
I nuovi cartapestai modellavano « come sentivano, per intuito e per gusto naturale, modificando da per loro, aggiungendo ognuno una cosa di proprio, dando ognuno una certa impronta personale alla produzione ». Digiuni
di studi, i più non riuscivano a spogliarsi « della vecchia impressione primitiva » e nelle loro statue era facile scorgere « sempre gli stessi colori, le
stesse forme stereotipate, le stesse pieghe nel manto della Madonna. I Cristi
sempre con le stesse palme delle mani aperte, alle volte anche la stessa vernice lucida per tutto il corpo, la barba elegantemente arricciata, i capelli diligentemente pettinati e cadenti in anella come in una spuma bionda su gli
omeri » (1).
Angelo Caggiula - Carlucci scrisse: « Si direbbe che i barbieri hanno fatto
pesare su l'arte la loro influenza, e l'artista non si é saputo staccare dal-
la figura prima di crocifiggerla, se non facendole con accuratezza l'ultima
pettinatura ». Poichè molte delle nuove « botteghe », erano state messe su da
barbieri, ex modellatori di « papi » in creta per il presepe, per l'alto reddito
che l'attività di cartapestaio, in quell'epoca, faceva registrare nel portafoglio,
di chi la esercitava, alla fine dell'anno.
Ciò determinò il lento decadimento dello « Artigianato Artistico » iniziale del Surgente, del Maccagnani, del De Lucrezi e del De Pascalis e dette
inizio al secondo periodo della cartapesta leccese che in altra occasione ho
battezzato « Arte Industriale » : durante il quale Guacci, Manzo, Malecore,
Caretta e Sacquegna combatterono tra loro la dura battaglia concorrenziale,
per la divulgazione del proprio prodotto, che durò sino all'ottobre 1934 allorchè si concluse con un formale e temporaneo armistizio. In quel mese,
infatti, essi furono solidali con i loro rappresentanti alla seconda Settimana
di Arte Sacra per il Clero (in Roma dal 7 al 14 ottobre), durante la quale
le loro statue furono oggetto di un'aspra polemica diffamatoria che ancora.
oggi le perseguita malgrado nessuna condanna ufficiale e definitiva della
Commissione Pontificia per l'Arte Sacra le abbia messe al bando.
Fu una battaglia combattuta con cataloghi illustrati delle opere più riuscite e più note, inserzioni pubblicitarie, pezzi giornalistici di favore, esposizione dell'opera più recente nelle vetrine dei negozi cittadini (2); doni a] Papa
(I) - ANGELO CAGGIULA - CARLUCCI o. c.
(2) da « L'ORDINE » - Settimanale Cattolico Salentino del 2 settembre 1932, Pag.
3, ecco la cronaca della esposizione di un'opera di cartapesta nella vetrina di un negozio leccese.
« UN OPERA D'ARTE » - L'arte del Maestro Manzo non muore : il tempo che passa non la scolora, ma la mette sempre più in luminoso rilievo.
Non è chi non abbia ammirato in questi giorni il gruppo di S. Vincenzo de,' Paoli
esposto in una delle vetrine del negozio Andretta.
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e alle alte gerarchie della Chiesa e dello Stato, propagandati da una collezione
di noterelle di cronaca in cui si riferiva il fatto e compensati con « diplomi »
e « cavalierati » ; visite di illustri personaggi nella propria « bottega », ribattezzata « laboratorio» per( lì d'apprendisti, ottenute per una serie
d'intercessioni (l'amicizie influenti ; e riconoscimenti ufficiali di Vescovi e
Cardinali (1).
(continua)
ENZO Rossi
È un capolavoro della nostra arte plastica. il Santo, col sorriso che aleggia spontaneo sulle sue labbra rivela l' anima del Santo, tutta plasmata di carità verso Dio e
amore verso il prossimo.
ll bambino che stringe tra le sue braccia e di cui Egli ha coverto la nudità, mostra di essere un abbandonato, un derelitto che ha trovato un dolce rifugio tra le braccia di quel Santo che per antonomasia è chiamato il Padre dei Poveri.
La giovinetta, -sperduta nel fango della via, ha trovato in Vincenzo un usbergo di
,difesa alla sua purezza, ed una mano benefica che l'accolga e le spezzi il pane della
.carità cristiana.
Pari alla bellezza del concetto è la bellezza dell'esecuzione.
Nulla di manierato, tutto al suo posto, la linea, l'espressione, l'atteggiamento, il
colorito, tutto.
Altri magnifici lavori ci attendiamo dal genio artistico del Maestro Manzo, al quale gli anni nulla hanno tolto, al quale l'arte concede in ogni nuovo lavoro nuora luce
e nuovi tesori ».
(1) - Vedere : ENZO ROSSI — « Bruceremo i santi di carta
del Salento ». Anno II, n. 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37. - Lecce 1960.
— in « La Tribuna
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