i maestri del design - Unitre Val di Cornia

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i maestri del design - Unitre Val di Cornia
I MAESTRI DEL DESIGN
ACHILLE CASTIGLIONI
(1918-2002)
Nasce a Milano da una solida famiglia borghese, il padre
scultore e medaglista presso la fonderia Johnson ( alcune opere:
sacrario del Monte Grappa , Famedio del Cimitero Monumentale di
Milano, fontana di San Francesco a Milano in piazza Sant’Angelo,
uno dei principali artefici del sacrario di Redipuglia), la madre figlia
di un preside di un famoso liceo di Monza.
E’ il terzogenito, gli altri fratelli sono Livio e Piergiacomo, i
fratelli maggiori gli apriranno la strada verso un futuro d’architetto.
I fratelli Castiglioni sono considerati tra i principali artefici del
Design italiano, infatti produrranno alcuni tra i pezzi più importanti
della storia del design.
Con loro è nato il GOOD DESIGN, un sodalizio professionale e
creativo tra architetti ed industriali che sta alla base del successo e
della diffusione del design italiano. Ricordiamoci che il design fino
ad oggi è fondamentale per l’evoluzione di una azienda. Design
significa progetto ed il progetto è il risultato di una lunga serie di
comportamenti che vanno dal direttore d’industria fino all’ultimo
operaio per approdare alla vendita per cui bisogna tener conto
anche del significato economico.
Già da bambino era un collezionista di oggetti privi di valore ma
che lo incuriosivano per la forma. Si laurea nel 1944, durante una
licenza militare, con spirito si definiva “laureato di guerra”, diceva:
“Mi sono laureato non per bravura ma perché stavano arrivando i
bombardamenti a Milano e quindi in fretta e furia mi hanno
laureato”.
Decise di fare l’architetto perché essendo nato nell’ambiente è
stato coinvolto, ed anche perché questo lavoro le permetteva di
“giocare” collezionando oggetti legati all’uso e ai comportamenti,
ognuno con una caratteristica da poter “succhiare e rielaborare”.
Inizia la carriera di architetto presso la ditta AZUCENA, l’unica
che in quel periodo produceva arredi e oggetti di design.
Storicamente il periodo è influenzato ancora dai Futuristi.
Siamo nel dopo-guerra, questa ha fatto tabula rasa con i
bombardamenti, un periodo favorevole per i giovani architetti; il
“miracolo economico”, la rinascita industriale, l’avvento della
società dei consumi sono un trampolino di lancio per “pensare in
grande”.
“Lasciateci divertire” dicevano i FUTURISTI
Milanesi,
scandalosi, irriverenti,
anche un po’ pessimisti perché non
vedevano costruire “Cattedrali”, ma ciò che nasceva aveva un
aspetto “Orizzontale”, (poco stimolante)
essendo l’industria
arretrata e gli artigiani poco propensi ad accettare i ritmi della
nuova idea produttiva. Praticamente non credevano che il
progresso tecnico potesse portare alla MODERNITA’.
Anche con Castiglioni c’è un paesaggio orizzontale fatto di tanti
oggetti non invadenti ma sapientemente progettati.
L’oggetto è fine a se stesso ed al suo uso, come è stato con il
RADIORICEVITORE 547 che non si nasconde più sotto un falso
mobile ma ha una sua identità.
Achille Castiglioni con i fratelli fondò l’ASSOCIAZIONE PER IL
DISEGNO INDUSTRIALE, nel 1955 fu premiato con il Compasso
d’Oro
per la progettazione della lampada LUMINETOR che è
l’esempio della semplificazione e del riutilizzo degli oggetti esistenti.
Dal 1980 al 1993 occupa la cattedra di Disegno Industriale
prima a Torino poi a Milano.
Lavora sempre allo Studio sino al 2002 dove una caduta gli sarà
fatale.
Dal 2006 lo studio dei fratelli Castiglione, in piazza Castello 27,
con un accordo tra gli eredi e la Triennale è diventato “LO STUDIO
MUSEO ACHILLE CASTIGLIONI”, il Museo è aperto a tutti i visitatori
e costituisce una testimonianza della progettazione italiana ed è un
patrimonio disponibile al pubblico, è stato il laboratorio magico da
cui sono usciti progetti di design, invenzioni luminose, storici
allestimenti, oggi è un prezioso archivio.
All’interno esiste una collezione di strumenti che sono diventati
l’ispirazione per le “cose reinventate”, una ricerca nell’oggetto di
significati più interessanti, più vicini al comportamento delle
persone.
Il metodo del RIDISEGNO è stata una progettazione tipica di
Achille Castiglioni, la progettazione iniziava dall’osservazione di
cose esistenti per darle una nuova vita e funzione, una sorta di
razionalismo
che
insegnava
all’industria
la
semplicità
dell’artigianato.
- MEZZADRO (1957) = il sedile del trattore diventa uno sgabello
- LAMPADA TOIO (1962) = è composto da un faro da 300 di un
automobile americana, il filo che scende si fissa al sostegno
con gli anelli di una canna da pesca, la base è formata da
profili ad elle che sostengono un trasformatore
- SEDUTA SELLA (1957) = seduta da corridoio quando i telefoni
erano a muro, così conversando scomodi le telefonate erano
più brevi ! Formata da un sellino da bicicletta basculante su
un’asta.
Nel campo dell’arredamento
Achille Castiglione cerca di
costruire ambienti vissuti con pezzi di design contemporaneo in
alternativa a quelli “in Stile” che dominavano il mercato,
mettendo in evidenza le caratteristiche di una “casa abitata”,
dove oggetti indispensabili, necessari o graditi, disegnati o
anonimi si mescolano e si contrappongono dando alla casa un
bagaglio affettivo e culturale.
I risultati progettuali sia nell’ambito dell’arredamento sia in
quello dell’oggetto ancora oggi stupiscono per l’invenzione,
l’eleganza, anticipano di 40 anni il Minimalismo e rimangono dei
punti fermi per ogni progettista e per chiunque si avvicini alla
storia del design.
- RADIOFONOGRFO BRIONVEGA (1965) =
un oggetto
tecnologico diventa “amichevole ”con un aspetto morfologico ,
innovativo perché è stereofonico, su rotelle, si compone e si
scompone liberamente.
- POLTRONA SAN LUCA (1960) = tipico esempio di una
dinamicità pronta per una catena di montaggio (non ancora
matura ma in via di formazione), infatti gli elementi che la
compongono sono indipendenti e si possono montare in serie
come un’automobile.
Altresì
ha una linea a serpentina
morbida e seducente. Scherzando Castiglioni diceva: “Sembra
Liberty, così freghiamo la signora che compra un pezzo nuovo
credendolo antico”.
- LAMPADA LUMINETOR (1955) = un pezzo anticipatore del
minimalismo
- LAMPADA SPLUGEN BRAU (1960) = l’ispirazione fu uno
stampo per budino
- LAMPADA TACCIA (1962) = fatta in tre pezzi che poggiano
uno sull’altro indipendentemente
- LAMPADA ARCO (1962) = un’idea di libertà spaziale
- LAMPADA PARENTESI (1971) = proposta al pubblico in un kit
d’imballaggio trasparente con maniglie per il trasporto
Achille Castiglioni ha progettato molte lampade per la ditta
FLOS tanto è vero che la ditta ha fatto del volto di Achille una
sorta di logos.
- RAMPA (1965) = mobile su ruote ispirato dagli espositori
stradali dei fioristi, diventa contenitore, libreria, scrivania
- TAVOLINO CUMANO (1977) = un esempio di ridisegno, un
tavolino in metallo da bistrot parigino portato dalla strada alla
casa , piegato ed appeso al muro perché non ingombri
- JOI (1990) = mobile a ripiani rotanti che permettono un
multiuso, scala, sgabello, scrivania, libreria
Diceva Achille Castiglioni: “Se non siete curiosi, lasciate
perdere, “andate a scopare il mare”. Se non vi interessano gli
altri, ciò che fanno e come agiscono, allora quello del design
non è un mestiere per voi. Continuate e fare questo lavoro
finchè ci si diverte, nel momento in cui si smette di
divertirsi…”chiudere , andare a casa!”.
Un buon progetto nasce non dall’ambizione di lasciare un
segno, ma dalla volontà di instaurare uno scambio, anche
piccolo, con chi l’userà.
L’obiettivo è comunicare ad altri messaggi di curiosità,
divertimento ed anche affetto, perché un progetto ci mette in
intima comunicazione, anche se per breve tempo, con
sconosciuti.
I MAESTRI DEL DESIGN
GIO PONTI –
Il maestro della leggerezza
(1891-1979)
Giovanni detto Gio, nato a Milano, proveniva da una famiglia
alto-borghese, suo padre ricopriva un ruolo manageriale alla
Edison. Sin da adolescente rivelò un talento artistico che lo avvicinò
alla pittura, in ogni caso obbedendo alla volontà dei genitori si
iscrisse alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, ritenuta
più solida come professione.
La sua personalità era caratterizzata da una grande calma,
circospezione, gentilezza, catturava le persone con il suo humour e
il suo radioso e disarmante sorriso. L’ospitalità di Ponti era
leggendaria la sua casa era aperta a tutti i rappresentanti dell’arte
e della cultura. Sposato a Giulia Vimercati (aristocratica milanese) è
stato legato a lei per più di 50 anni di “litigiosità” quando lei
spostando e riordinando le opere e i mobili faceva “danni cosmici”
posizionandoli in modo sbagliato.
Grande comunicatore era uno degli italiani più conosciuto al suo
tempo.
In quell’epoca la scena artistica del Nord Italia era influenzata
dall’imprevidibilità del
FUTURISMO e dalla classicità della
METAFISICA. Un periodo di profonda incertezza che rispecchiava la
società italiana incerta tra progresso e tradizione, ma non si hanno
notizie che Ponti fosse coinvolto da queste avanguardie.
Il movimento del FUTURISMO si formò nel 1909, chi sono i
Futuristi:
- Intellettuali, hanno un atteggiamento sdegnoso nei confronti
dei valori classici e tradizionali, ricercano l’originalità a tutti i
costi e l’irrazionalità.
Il capo storico fu Marinetti pubblicando sul Figaro il
MANIFESTO che esaltava il dinamismo. (ricordiamo SeveriniBalla-Carrà, questo si distaccherà dal movimento dopo aver
incontrato De Chirico e diventerà Metafisico).
L’amore per il pericolo, la guerra, il culto per il coraggio, la
velocità, la lotta contro le cose del passato, l’aggressività,
inducono Mussolini a considerare il Futurismo ARTE DI REGIME
(nonostante l’irregolarità politica di MARINETTI che pur
essendo un suo grande amico, si permette iniziative
antifasciste come la liberazione di Ferruccio Parri da Lipari).
Successivamente Marinetti si allontanerà dal Fascismo, però
non fu mai accolto con benevolenza dal Movimento Comunista.
Fu in questo clima che il giovane Gio Ponti assunse un ruolo
importante come mediatore tra: Classicità-Modernità, NovitàTradizione, Dittatura-Democrazia,
si affermava un “creatore
autonomo” interpretando la modernità come se fosse un aspetto
curioso del suo carattere, rinnovandosi ogni decennio senza mai
rinnegare il passato grazie anche ad una conoscenza della
classicità.
Il classico costituisce la via d’accesso al moderno, il progresso
alla fine si può raggiungere anche a piccoli passi.
Negli anni ‘20 comincia la sua attività di design nell’industria
Richard Ginori come art-director (ricordiamoci il successo nel 1926
all’Esposizione Internazionale
di Parigi), per Venini come
progettista di vetri artistici, con la Christofle parigina per gli argenti,
con la Krupp per le posate, per Fontana Arte i cristalli, per Ideal
Stand per i sanitari.
-
URNA CON COPERCHIO (1929)
LAMPADA A SOSPENSIONE (1950)
POSATE IN ARGENTO
POSATE ACCIAIO (1951)
SOSPENSIONE (1931)
Già dal 1923 con lui ebbe inizio il MADE IN ITALY (una
testimonianza dell’ingegno italiano), nel 1928 fondò DOMUS un
periodico che voleva fare “ scuola di gusto” e celebrare la bellezza
della produzione moderna industriale e artigianale, nel 1941 fondò
STILE pensata per promuovere ed ampliare il dibattito a tutte le
arti.
Queste riviste ebbero un ruolo importante per promuovere il
design, l’arredamento, l’architettura italiana, con loro è nato il
GOOD DESIGN tanto apprezzato all’estero.
Non fu ne’ un reazionario ne’ un riformista ma un rappresentante
della cultura borghese, un personaggio tipico di un’epoca dove
l’individualismo ha rappresentato un modo di essere sia nella
politica sia nell’arte.
Oggi è considerato il padre della POST-MODERNITA’, un modo di
“fare” privo di metodo , basato solo sulla creatività. E’ stato
inserito tra i 100 uomini più eleganti d’Italia, si disegnava gli abiti,
aveva uno stile semplice e funzionale, modi affascinanti verso il
gentil sesso (usava regalare innumerevoli piccoli disegni a
innumerevoli Signore !)
L’impostazione classica di Ponti si sviluppò con il movimento
artistico NOVECENTO (De Chirico-Sironi-Carrà del periodo
Metefisico) i cui principi erano: disciplina, serenità, compostezza.
Moderno e tradizione si contrapponevano. La parola d’ordine era:
“Ritorno all’ordine” i soggetti preferiti erano, natura morta,
paesaggi, ritratti, scene di vita quotidiana fissate in momenti
atemporali. La critica d’arte Margherita Sarfatti cercò di definire
l’intero movimento che riunisce artisti di varie tendenze.
Fu tra i fondatori del COMPASSO D’ORO promosso dalla
Rinascente di Milano, dal 1936 diventa docente alla facoltà di
Architettura e del Politecnico di Milano e inizia un graduale
abbandono del simbolismo neoclassico, il suo riferimento poteva
essere Firenze non l’antica Roma.
La modernità di Ponti consisteva nel trasportare la sapienza
dell’artigiano, l’idea del pezzo fatto a mano in una “invenzione” che
potesse essere riprodotta in serie, la modernità diceva è un
atteggiamento di vivere, pensare, conoscere, giudicare, prima che
arredare.
Un suo pensiero:
“L’arte si è innamorata dell’industria,
l’industria non è solo un mezzo per produrre una grande quantità
d’oggetti ma diventa essa stessa un fenomeno culturale, attraverso
il disegno delle “cose” bisognava diffondere il “gusto” per le cose
senza far subire scosse alla tradizione italiana permettendo di
aggiornarsi naturalmente e con continuità”.
Un passo indietro per ricordare che nell’Italia all’inizio del secolo
l’artigianato non riusciva a staccarsi dai soliti canoni nazionali, dal
folklore regionale, non era solo una questione estetica, bisognava
allinearsi all’Europa che si era sviluppata già da decenni e stimolare
la nascita di un’industria competitiva puntando sul design, la
tecnica, e i materiali.
Questa fu l’idea vincente di Ponti; emancipare l’abilità
manufattiera prospettando un futuro di “modernità” allo stile
italiano.
L’industria non solo è un mezzo per produrre una grande
quantità d’oggetti ma diventa essa stessa un fenomeno culturale.
Negli anni 50 il successo di Ponti raggiunse l’apice conquistando il
riconoscimento internazionale lavorando con Wrigt, Aalto, Le
Corbusier, Gropius al rinnovamento di Baghdad.
Gli obiettivi di Ponti erano la LEGGEREZZA e l’ESSENZIALITA’, il
suo motto “togliere materia” si attuava rendendo sottili le sezioni e
far “lievitare” i mobili tradizionali (letti, cassettoni, etc.) senza ne
sostegni ne gambe, pareti appese e spostabili.
Mobili spostabili su ruote, multiuso, colorati, ingegnosi, a prezzi
accettabili.
Tutti i suoi arredi nascono da un’idea di abitare, lavorare, di
usare uno spazio adattandolo ad un diverso modo di vivere la casa,
diceva che la trasformabilità è sinonimo di versatilità, quindi lo
spazio si adatta alla vita, per Ponti la casa doveva essere sobriapratica-fresca.
Il gioco è un aspetto importante per Ponti, giocoso era l’uso del
colore che deriva dal suo amore per la pittura, la passione per i
materiali (non amava quelli di prima scelta addirittura faceva
tagliare marmi, legni preziosi per inventarne dei nuovi).
Era anche solito paragonare la casa all’automobile e
domandava: “Perché pretendere l’ultimo rinnovato tecnologico per
il trasporto ed accontentarsi invece di case antiquate?”.
Per soddisfare il bisogno di fantasia collabora con FORNASETTI
che con i suoi disegni “tatua” le sue opere.
- ARMADIO = presentato alla IX Triennale nel 1951
- TAVOLO APTA = (1970)
- SUPERLEGGERA = (1955) = gambe e spalle di sezione
triangolare sono robuste come ali di aeroplano, in frassino, si
alza con un dito.
Di questi anni è l’idea della parete attrezzata, un mobile a
parete che racchiudeva attrezzature ed apparecchiature che
solitamente sono in vista.
E’ un periodo in cui l’esaltazione del DISEGNO ITALIANO
si sublima con l’arredamento dei transatlantici Andrea Doria e
Giulio Cesare, Ponti chiede la collaborazione anche di FiumeCampigli-Fontana-Gambone-Fornasetti per decorare i sontuosi
saloni e le cabine perché vuole trasformare le navi in
manifestazioni della cultura italiana.
Fece anche sperimentazioni ardite usando il Linoleun al
posto del parquet, materie plastiche, alluminio anodizzato oro
abbinato a ceramiche e vetro, soffitti luminosi.
Già dal dopo-guerra instaurò l’idea della “FORMA FINITA”
in cui nulla si può aggiungere nulla si può sottrarre (perfetto
esempio è il Pirellone)
Gio Ponti diceva che l’Archittetura pura è un cristallo e
l’idea del cristallo è data dal diamante e quindi dall’esagono,
un motivo dominante nelle sue opere che lui pensa come una
smaterializzazione delle facciate come si può vedere a Taranto
nella Cattedrale che lui riteneva il suo ultimo capolavoro.
- CATTEDRALE GRAN MADRE DI DIO = (1964)
Vuole collegare simbolicamente il cielo e la terra con un
edificio “nave/castello” dove la nave è rappresentata dalla
bassa navata e il castello dal campanile (finestre aperte sul
cielo). Gli sarebbe piaciuto che la struttura fosse ricoperta da
rampicanti e circondata da basse case bianche, invece l’edilizia
locale l’opprime con case alte, l’unico effetto illusivo rimasto è
lo specchio d’acqua a tre livelli che gli da respiro. All’interno le
pareti e il pavimento sono verdi, aveva anche previsto che le
pareti fossero decorate con i Santi Protettori della Puglia,
invece ci sono solo alcune statue metalliche eseguite su suo
disegno.
- CHIESA DI SAN FRANCESCO = (Milano 1961)
L’essenzialità delle linee esprime la semplicità di San
Francesco, il sagrato forma una specie di piazza che è il cuore
esterno e che sembra volersi inserire nella città.
- VILLA NEMAZEE = (Teheran 1960)
Il rivestimento esterno è in ceramica a diamante, c’è un
contrasto tra le pareti corpose e le vetrate leggere.
- TORRE PIRELLI – detto Pirellone = (Milano 1954)
La progettò a 63 anni (diceva è così bella che quasi quasi la
sposo!). Segna l’apice della carriera, è stato uno dei primi
grattacieli europei con 127,10 metri di altezza. Con l’ing. Nervi
crea la struttura interna in cemento armato, sono solo due i
pilastri parete e sono posti al centro, al 31° piano da una
larghezza di circa 2 metri si rastremano a 50 centimetri, 29
piani ospitano uffici open-space e l’ultimo è una terrazza
panoramica a doppio volume.
Per Ponti la forma perfetta era l’obelisco che rappresenta
una
forma
arcana,
non
funzionale
solo
estetica,
miracolosamente stabile se pensiamo al rapporto altezza-base.
Usò l’obelisco come decorazione per la sua prima
abitazione (1925) in via Randaccio a Milano, che può esere
definita NEOCLASSICA per quanto riguarda la facciata ma
all’interno ci sono spazi moderni, funzionali, pratici da vivere,
tipici di Ponti.
Si può dire che con il Pirellone l’idea dell’obelisco si
trasformi in un’opera libera di carichi superflui per ottenere
una perfetta condizione di equilibrio e forma-finita.
Non amava la sfera, una forma infinita che diceva “Non
sta, non comincia, non finisce, l’architettura comincia, finisce;
l’architerrura stà.
Negli anni ’70 porta all’estremo la sua idea progettuale di
leggerezza dove non contano i metri quadri ma lo “spazio godibile”,
questo si ottiene aprendo gli spazi con pareti scorrevoli, con spazi
comunicanti uno verso l’altro, con grandi finestre perché come
diceva Ponti “Entrino sole, luna, stelle”. Rese leggerissime le
facciate con strutture d’acciaio e vetro che lasciano intravedere la
vita che si svolge all’interno creando così LA FINESTRA ARREDATA.
La facciata non ha una funzione portante ma estetica con
giochi di ombre e luci.
Difficilmente lo si incontrava senza matita e carta. Era
solito disegnare e progettare instancabilmente (anche in
macchina guidando) dedicandosi all’architettura, alla pittura,
all’arredamento.
NOTA:
- Il design deve comprendere i desideri ed anticipare cosa vuole
il pubblico.
- Gli studi di architettura sono fondamentali per approdare al
design per un un concetto più libero, sbagliare progetto per
una azienda significa risentirne pesantemente.
- Il lavoro dei designer è legato ai tempi, dopo il colore e i
materiali plastici del Pop, il linguaggio è cambiato negli anni
90’ (crisi) si è rivolto verso materiali tradizionali, non è più un
oggetto elittario ma aperto a tutti. Con la globalizzazione si è
ispirato all’oriente, rivalutando gli oggetti con gli occhi di un
occidentale.
- La tecnologia serve alla realizzazione di nuove idee.
I MAESTRI DEL DESIGN
VICO MAGISTRETTI
Ironico ed elegante interprete di un’informale domesticità
(1920-2006)
Nasce a Milano, dopo gli studi classici al Parini, si iscrive ad
Architettura al Politecnico.
Da sempre sapeva di dover fare l’Architetto, quando era
piccolo girava in bicicletta nello studio del padre rovinandole i
disegni.
Figlio d’arte da generazione, con un pizzico di civetteria,era
solito indicare agli ospiti stranieri in visita a Milano le case
progettate dall’avo, dal padre e le sue.
Frequentò poco l’università perché fu arruolato al 3° anno,
tra il 43-44 decide come molti intellettuali dell’epoca di
trasferirsi in Svizzera,si laureò nel 45 in breve tempo come si
faceva in tempo di guerra.
Tra i suoi Maestri ci fu l’architetto Gardella che conosceva
perché frequentava la casa di suo padre, ed Ernesto Rogers
suo insegnante al Campo Universitario di Losanna (direzione
Casabella, Domus, collaboratore di un famoso Studio di
Architettura e critico degli statuti del Razionalismo).
Due parole su Gardella:
Tra i suoi progetti c’è il Dispensario Antitubercolare di
Alessandria, famoso per il suo grigliato di mattoni, che è un
capolavoro dell’architettura razionalista, nell’ultimo periodo
della sua vita progetta la facoltà d’Architettura di Genova.
Nel 47 con Caccia Dominioni fonda l’Azienda Azucena
(zingara del Trovatore) ancora oggi c’è una collezione unica
composta da circa 150 pezzi che hanno più di 50 anni, prodotti
da artigiani italiani di altissimo livello.
L’architettura di Gardella è sempre composta, quasi classica,
con un’estrema attenzione al dettaglio (case Borsalino).
Nel 1993 progetta il palazzo Esselunga a Sesto Fiorentino.
Magistretti è stato il primo docente italiano al Royal College
of Art di Londra.
Partecipò al Movimento Studi Architettura con Albini (era
un’unione professionale fra coloro che avevano vissuto il
Movimento Razionalista) un’idea nata sul mito della
MEDITERRANEITA’ quasi una rivalsa contro il centro–nord
Europa, dove era nata con la rivoluzione industriale la civiltà
contemporanea e il design moderno.
Il RAZIONALISMO nel campo del design si distingue per la
riduzione di ogni forma alla forma geometrica elementare,
l’uso di nuovi materiali (plastici), il recupero del rapporto con
la tradizione come ad esempio:
La sedia CARIMATE – Cassina (63): redesign di una sedia
paesana ingentilita dalle proporzioni
La sedia MARROCCA – De Padova (87): redesign di una sedia
d’osteria veneta
Tavolo VIDUN – De Padova (87): redesign di un tavolo di
lavoro
Condivideva l’idea di molti altri suoi colleghi dicendo che la
semplicità è la cosa più difficile del mondo.
All’inizio degli anni 50’ si dedica in prevalenza
all’architettura nello studio del padre in via Conservatorio:
Quartiere QT8 (quartiere ottava triennale) (46-49): case per
reduci della guerra d’Africa
Chiesa di SANTA MARIA NASCENTE (47-55) quartiere QT8
Case INA in varie città
Diventa un esponente della “3^ Generazione” di Maestri
grazie anche alla realizzazione di due edifici a Milano:
La Torre al Parco in via Revere (53-56)
Palazzo per uffici in corso Europa (55-57)
Per il lavoro fatto costruendo vaste zone di villeggiatura
nella campagna milanese, fu ironicamente chiamato il ”Palladio
in Brianza”
Dalla fine degli anni 50’ si fa strada la passione per la
nascente produzione italiana di design, i suoi progetti
rimarranno dei classici della produzione attuale.
In quei tempi il lavoro del designer era facilitato perché
erano le aziende che chiedevano le loro prestazioni. (Lo studio
del padre era vicino a quello di Cesare Cassina che gli passava
i modelli da una finestra!).
C’era un rapporto diretto con i produttori, ed anche questo
ha favorito lo sviluppo del “ITALIAN DESIGN”.
La caratteristica di un oggetto di design è il numero, non si
può lavorare come in un’impresa edile, bisogna lavorare a
stretto contatto con gli operai che conoscono i materiali e la
produzione cercando di produrre al minor costo.
La differenza tra l’architettura e il design consiste nel fatto
che una casa la realizzi una sola volta, una sedia la produci in
100 mila pezzi l’anno, quindi se si sbaglia, un errore si
moltiplica per 100 mila volte e così lo stampo costa carissimo.
Il designer è paragonabile ad un direttore d’orchestra,
lavora al tavolo con il Presidente, il padrone dell’Azienda, il
tecnico, il responsabile dell’ufficio vendite, l’esperto in stampi,
con tutta l’equipe perché nel design non c’è approssimazione,
tutto è influenzato dai problemi tecnici e si basa sulla stretta
collaborazione con il produttore.
E’ per questo metodo di lavoro che l’Italia è ritenuta la
capitale del design.
Magistretti pensa che la cosa peggiore che si possa fare nel
design è seguire la moda, sono due mondi differenti, nel
design non si può avere sempre un prodotto nuovo.
Il design è senza tempo, tutto il contrario della moda, non
sono tante le cose che durano nel tempo.
Milano è la capitale del design con una cintura di
artigianato straordinaria (in Brianza facevano mobili stile 700
ma hanno capito che era ora di cambiare e hanno iniziato a
fare design).
E’ solito affermare: “Il mondo sta cambiando in maniera
incredibile, lavorare con il computer è semplice ma è sempre
una macchina, non puoi chiedere di fare qualche cosa che tu
non hai pensato e non hai creato, a me piace il CONCEPT
DESIGN cioè quello che è talmente chiaro che puoi anche non
disegnarlo, molti progetti li ho trasmessi per telefono”.
Per questa ragione nel suo studio non sono conservati
disegni tecnici dei prodotti da lui studiati, ma soltanto schizzi
che spiegano con immediatezza l’oggetto.
Gli oggetti di Magistretti sono sempre pensati come
arredamento di ambienti da vivere,
ed hanno uno stile
misurato ed elegante:
Sedia PICCY (1946) – progettata per R.I.M.A. (Riunione
Italiana Mostre di Arredamento presso la Triennale di Milano);
rieditata da Campeggi (2011)
Tavolino T8 (1949) – casa Arosio ad Arenzano
Sedia CARIMATE – (63) Cassina: Club House Golf a Carimate
Tavolino DEMETRIO (Cassina) e divano letto SILOE (T7O)–
(70-72): Casa Albergo in via Siloe a Milano (residenza
temporanea fatta di piccoli spazi adatti a chi si trasferisce, ai
giovani, ai separati)
Magistretti seguita negli anni a ideare pezzi che incontrano
il favore del pubblico e sviluppa in tale modo una nuova
“classicità dell’abitare confortevole” che si adatta a varie
situazioni domestiche, con cinematismi “magie” che
permettono di trasformare la configurazione adeguandola a
particolari esigenze.
Lampada ECLISSE (66) – Artemide (Compasso d’Oro 1967)
Diceva: “Una scemata che però dura da più generazioni anche
se si sono scottate le dita, è una bella soddisfazione perché
evidentemente risponde ad una necessità che non ha niente di
stilistico”.
Poltrona e divani MARALUNGA (73) – Cassina (Compasso
d’Oro 1979)
Tavolo VIDUN (86) – De Padova
Tavolo ovale regolabile in altezza per casa Bassetti e Gavazzi
(55-58) – Azucena
Serie BROOMSTIK (79) – Alias
Poltrona ESTESA (2000) – Campeggi
Libreria NUVOLA ROSSA (77) – Cassina
Magistretti non esita a collaborare con aziende storiche ma
con altrettanto entusiasmo anche con le ditte “giovani” come:
ARTEMIDE (59) che sperimenta nuovi materiali plastici, è il
caso della sedia SELENE stampata in resina rinforzata in fibra
di vetro, resistente ai carichi grazie alla piegatura a S della
sezione delle gambe e non per lo spessore del materiale,
conservando anche un’immagine tradizionale.
Nel caso della FLOU contribuisce alla creazione dell’identità
aziendale con:
Letto tessile NATHALIE (78)
Letto smontabile TADAO (93)
Gli
oggetti
disegnati
da
Magistretti
trasmettono
un’immagine innovativa ma alla portata di tutti, conferendole
una sorta di “neutralità” rendendoli perfettamente adatti anche
ad altri spazi da vivere (uffici, spazi pubblici, ecc.).
Ha attraversato senza cedimenti le mode e gli eccessi
postmoderni, una coerenza ed un’etica del fare testimoniata
da molti esemplari entrati a far parte delle collezioni
permanenti di musei europei e americani, quasi tutti sono
ancora in produzione e continuano ad essere dei bestsellers.
Il lavoro di MAGISTRETTI si conferma in via definitiva con
l’assegnazione del Compasso d’Oro alla Carriera nel 1995.
IL suo pensiero era :”Quando progetto penso: lo metterei
o non lo metterei in casa mia? Se non posso metterlo non lo
faccio. Si fanno oggetti da usare, un comportamento da artista
è inutile, le soluzioni eccentriche possono durare un
allestimento ma sono d’ostacolo alla quotidianità.”
Il temperamento ironico e la capacità di osservare e
reimpiegare “materiali” dandogli una nuova
funzione di
Magistretti possiamo notarlo con:
Divano SINDBAD (81) – Cassina: una colorata coperta da
cavallo “gettata” su una struttura
Oggetti di redesign:
Lampada ATOLLO (78) – Oluce: un’abat-jour reinventata
(insignita del Compasso d’Oro nel 79)
Lampada KUTA
giapponese
(80)
–
Oluce:
simile
ad
un
ventaglio
Per Magistretti la geometria è qualcosa che da senso alla
realtà e che fornisce uno strumento per misurarla, si può
notare il suo amore per la geometria nella:
Facciata del Dipartimento di Biologia a Milano (78-81)
Chi gli ha chiesto cosa avrebbe voluto progettare ha detto
“l’ombrello” per la sua semplicità e la sua utilità.
Non amava le formulazioni teoriche, non perché le
sapesse, ma forse per un rifiuto a dare troppa importanza ad
un lavoro che considerava infondo, il prodotto di un’attitudine
mentale e di un’osservazione della realtà, più che il risultato di
una specializzazione progettuale.
Diceva: “Il mio unico supporto teorico, quando faccio del
design, è pensare se mi piace e se si usa, nel design ciò che
conta è il concetto espresso con uno schizzo.”
Muore il 19 settembre 2006 a 85 anni dopo una lunga
malattia.
I MAESTRI DEL DESIGN
ALESSANDRO MENDINI
Il pensiero negli oggetti
1931
Nasce a Milano nel 1931, l’architettura non era il suo sogno
da ragazzo, in realtà voleva fare i cartoon o il pittore.
Dopo la Laurea in Architettura al Politecnico, collabora con
lo Studio Nizzoli, dirige nel ‘70 CASABELLA, che diventa il
luogo d’incontro del gruppo che fondò il CONTRODESIGN.
Un movimento che si oppone con forza alla tradizione, una
contestazione radicale nei confronti del funzionalismo.
Crea la rivista MODO ed infine succedendo a Gio Ponti, con
cui ha avuto stretti ed interessanti rapporti, dirige DOMUS.
Lavora con ALCHIMIA, fondata nel ’73 da Alessandro
Guerriero a Milano, che ha dato luce ad una nuova estetica.
Per Alchimia è importante disegnare non per un progetto ma per
un libero movimento del pensiero, siamo in un’epoca di transizione
che vede l’umanità immersa in una paura indefinita dovuta alla
scomparsa di molti valori considerati certi, occorre ritrovare se
stessi.
Svolge un atto di introspezione con il solo pensiero di trovare la
vocazione poetica e la fantasia individuale.
Punta sulla produzione di oggetti con riferimenti popolari e al
kitsck, aldifuori della produzione industriale e dalla funzionalità, una
sfida nei confronti dei principi comuni.
Un sogno alchimistico: trasformare il materiale più povero in un
oggetto di valore.
Con il fratello Francesco da vita all’ATELIER MENDINI, dove
c’è la storia dei loro disegni che arriva fino ad un certo anno,
poi non c’è più il disegno a matita ma solo computer e a volte
solo per il gusto di averli li rifanno a matita a posteriori.
Disegna molto bene ed ha una grande raffinatezza tecnica.
Alla fine degli anni ’70 è tra i rinnovatori del design italiano
sia come autore di scritti che intellettuale, è di carattere
introverso e metodico, non ha “colpetti di genio” per arrivare
ad un progetto, ma si basa solo sul ragionamento.
Pensa che il mondo e il design siano dei “patcwork”, ci
devono essere mentalità differenti da miscelare, nel senso che
ci sono varie cose e vari pensieri che si intersecano e si
assemblano e questi col riadattarli cambiano significato.
Lavora molto sul paradosso, la POLTRONA DI PROUST è
un paradosso (che va contro l’opinione comune e l’apparenza):
un paradosso di design.
E’ una rivisitazione in chiave Postmoderna di un comune
modello di poltrona settecentesca prodotta in serie (kitsh),
l’obiettivo è creare un oggetto interessante partendo da un
falso. Un’esaltazione ironica di un oggetto banale. (Di Proust:
pensando al suo modo e alla sua visione degli oggetti ed
aggiungendo la passione per la pittura impressionista)
Lavora in numerose Ditte:
ALESSI – Cavatappi
ANNA G (1994): effettivamente è
l’immagine di una sua amica e le rassomiglia anche…..!
VENINI – Vaso SIMIRA : non amava seguire la tecnica di
produzione dei suoi progetti, come invece faceva Carlo Scarpa
che tutte le mattine si recava a Murano per eseguire i vetri da
lui progettati
CARTIER – Riciclo inedito degli scarti delle pietre preziose
SWATCH - Varie serie di orologi
Ultimamente ha curato al Salone del Mobile 2012 un
settore per i creativi “Autoproduzione a Milano”, (una mostralaboratorio, dove il pavimento è occupato dalle opere dei
partecipanti messe in ordine alfabetico)un’associazione nata
per promuovere le eccellenze di Autoproduttori e piccoli Editori
di Design.
I MAESTRI DEL DESIGN
ETTORE SOTTSASS
La sensibilità del gesto
(1917 – 2007)
Nasce ad Innsbruk nel 1917, si laurea in architettura al
Politecnico di Torino e alla fine degli anni ’40 si trasferisce a
Milano dove comincia l’attività professionale.
Partecipa nel ’48 allo SPAZIALISMO fondato da Lucio
Fontana (i pittori non hanno come priorità colorare le tele ma
creare costruzioni tridimensionali).
Nel 1949 conosce la scrittrice Fernanda Pirovano e si
sposano.
Negli anni ’50 inizia l’attività con il padre.
Nel ’57 fu Art-Director della POLTRONOVA di Agliana con
lavori di forte carattere sperimentale:
Specchio ULTRAFRAGOLA (1970)
Mobile in laminato (1966) SUPERBOX
Molto importante è l’incontro con Adriano Olivetti nel ’58
(Glielo presentò un suo amico che aveva sposato una delle
figlie) per la cui azienda diventa consulente del design
disegnando gli armadi per l’elettronica della divisione Olivetti.
Gli sembrava che maneggiare i cavi fosse pericoloso
allora ha progettato grossi armadi in alluminio con grossi
bulloni neri dall’aspetto repellente!
Computer MAIN FRAME ELEA (1959) – Compasso d’Oro nel ‘59
Macchina da scrivere VALENTINA (1969) – Compasso d’Oro nel
’70
Tra giugno ed agosto del ’62 è colto da una grave malattia
renale, sta malissimo, è in punto di morte ed Olivetti lo
manda a curarsi in California, lo segue la moglie che l’assiste,
è curato con medicine che lo tengono sveglio e gli mandano il
“cervello a mille “ per distrarsi redige una rivista “Room East
128” un po’ pop ed assolutamente originale, fatta di delicati
acquarelli con cui racconta la sua vita.
In anticipo sugli anni della contestazione, aveva indicato il
design come strumento di critica sociale, aprendo la via al
RADICAL DESIGN (1966-1972) e all’affermazione della
necessità di una nuova estetica: più poetica, sociale, politica,
un momento di forte critica nei confronti del contesto culturale
contemporaneo in cui l’architettura tradizionale viene sostituita
da progetti utopici, ironici.
Quella di Sottsass è un’architettura disegnata intorno
all’uomo e tesa a conferire un contatto con la natura, le
costruzioni seguono un’ideale di saggezza contadina.
- CASA WOLF – Ridgay Colorado USA (87-85)
- CASA OLABUENAGA – Maui Hawai USA (89-97)
- Museo dell’Arredo Contemporaneo a Ravenna
Ha fatto parte della corrente del CONTRODESIGN ( Mendini
– Munari – Ponti) una Scuola
di architettura e design
controcorrente, un lungo ed interessante periodo dove si
discuteva sul destino del design in rapporto con industria e con
la gente, un momento di critica, di riflessione.
Il design e l’architettura non sono un mezzo ma il fine per
trovare un’unione con l’aspetto intimo delle cose, con una
voglia di ricreazione dove l’uomo è sempre al centro della
ricerca.
Nel 1980 da’ vita insieme a giovani amici architetti al
gruppo MEMPHIS che discute, progettando, sul valore
industriale del design. (Hans Hollein Andrea Branzi Michele De Lucchi ed altri architetti di fama internazionale).
Il principio dei mobili assurdi e monumentali è creare
un’emozione prima della funzione, cambiare il volto del mobile
tradizionale.
MEMPHIS, è un grande fenomeno, si inserisce nel
POSTDESIGN, il risultato di un periodo di discussioni,
strafottenze, un periodo in cui si disegnavano cose non da
produrre industrialmente ma disegnate in modo che qualcuno
potesse pensare che le cose potessero essere diverse da
come erano state, provando a vivere in un’altra maniera.
Un fenomeno culturale degli anni ’80 che ha rivoluzionato
le logiche creative-commerciali del mondo del design, della
produzione, del modo di pensare nel mondo musicale,
cinematografico, nella grafica e nella moda.
Ha sconvolto e ribaltato tutti i presupposti esistenti fino
allora circa l’idea dell’abitare.
Con Sottsass il design ha acquistato una nuova concezione
espressiva legata a nuove forme, nuovi materiai, nuovi
patterns ribaltando i precedenti limiti creativi imposti
dall’industria.
E’ diventato il simbolo del ” NUOVO DESIGN”, la sua
influenza è ancora evidente in moltissimi settori della
produzione e questi mobili sono diventati icone della
modernità:
Mobile CASABLANCA
Libreria CARLTON (a metà fra un totem ed un video-game)
L’anno successivo apre la SOTTSASS ASSOCIATI. ( Marco
Zanini - Aldo Cibic – Matteo Thun) Dice: Eravamo appena
laureati e non capivamo niente, facevamo cose spaventose
però avevamo tanta energia.
Dice di aver amato a scuola la geometria e la filosofia,
anche se non ne capiva molto, però gliene è rimasta traccia:
I suoi grandi maestri furono il padre architetto (che
appena nato gli mise in mano una matita) e il pittore
Spazzapan ( 1889- 1958 uno dei principali esponenti della
pittura ASTRATTA del primo dopoguerra) che gli ha insegnato
tutto sui colori e sulle cose pratiche.
La pittura astratta ricercava la forma tramite i colori e le
forme geometriche (Mondrian – Wassily Kandisky – Mario
Radice).
Disegno per l’esame di arredamento 1936
Metafore (1974) – l’ombra di una finestra
Metafore (1974) - struttura da ingegnere povero
L’attività di Sottsass è rivolta esclusivamente alle gallerie
d’arte, non ama disegnare per la produzione industriale, le poche
che ha fatto sono state un insuccesso;”Non ho mai venduto niente,
dice, tranne la serie di OLIERE PER ALESSI, certi progetti vengono
bene altri male, se mi capita di vedere cose che ho disegnato
vent’anni fa penso che c’è voluto un bel coraggio a farle……e sono
contento!”.
Pensa che saper disegnare con la matita è essenziale perché
serve a comunicare a se stessi ed ad altri quello che si sta facendo,
usando i colori si progetta un mondo dinamico, con le sue variazioni
si può fare un vocabolario. Fa un esempio: il rosso per un
comunista è una cosa; il colore della sua bandiera, per il chirurgo è
un’altra cosa;il colore del sangue del suo paziente.
ARCHITTETTURA ATTENUATA – Museo triste in memoria dei
popoli massacrati (2003)
Non ama l’era del consumismo infatti i suoi oggetti hanno
quasi sempre una base pesante in modo tale che stiano fermi
e diano la consapevolezza di esistere.
Da un uso diverso al laminato plastico che da sempre era
considerato una materia da usare solo in cucina, in bagno, con
Memphis invece è entrato in soggiorno, magari abbinato ad un
bel legno, ad un massello, ad un materiale prezioso, perché
ogni materia ha i suoi riferimenti culturali.
ABET – Bacterio 1978 (bianco-rosso decoro per laminato)
Dice di se stesso: “ Sono determinato ed un rompi scatole,
con grande abilità riesco a farmi aiutare da tutti coinvolgendoli
a tal punto che non riescono a dirmi di no, non cedo ho un
carattere e una volontà egocentrica perché so di esistere, non
so quello che voglio ma so che devo volere qualche cosa.”
Muore a Milano a 90 anni per uno scompenso cardiaco dopo
un’influenza il 31 dicembre 2007.