i maestri del design - Unitre Val di Cornia
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i maestri del design - Unitre Val di Cornia
I MAESTRI DEL DESIGN ACHILLE CASTIGLIONI (1918-2002) Nasce a Milano da una solida famiglia borghese, il padre scultore e medaglista presso la fonderia Johnson ( alcune opere: sacrario del Monte Grappa , Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, fontana di San Francesco a Milano in piazza Sant’Angelo, uno dei principali artefici del sacrario di Redipuglia), la madre figlia di un preside di un famoso liceo di Monza. E’ il terzogenito, gli altri fratelli sono Livio e Piergiacomo, i fratelli maggiori gli apriranno la strada verso un futuro d’architetto. I fratelli Castiglioni sono considerati tra i principali artefici del Design italiano, infatti produrranno alcuni tra i pezzi più importanti della storia del design. Con loro è nato il GOOD DESIGN, un sodalizio professionale e creativo tra architetti ed industriali che sta alla base del successo e della diffusione del design italiano. Ricordiamoci che il design fino ad oggi è fondamentale per l’evoluzione di una azienda. Design significa progetto ed il progetto è il risultato di una lunga serie di comportamenti che vanno dal direttore d’industria fino all’ultimo operaio per approdare alla vendita per cui bisogna tener conto anche del significato economico. Già da bambino era un collezionista di oggetti privi di valore ma che lo incuriosivano per la forma. Si laurea nel 1944, durante una licenza militare, con spirito si definiva “laureato di guerra”, diceva: “Mi sono laureato non per bravura ma perché stavano arrivando i bombardamenti a Milano e quindi in fretta e furia mi hanno laureato”. Decise di fare l’architetto perché essendo nato nell’ambiente è stato coinvolto, ed anche perché questo lavoro le permetteva di “giocare” collezionando oggetti legati all’uso e ai comportamenti, ognuno con una caratteristica da poter “succhiare e rielaborare”. Inizia la carriera di architetto presso la ditta AZUCENA, l’unica che in quel periodo produceva arredi e oggetti di design. Storicamente il periodo è influenzato ancora dai Futuristi. Siamo nel dopo-guerra, questa ha fatto tabula rasa con i bombardamenti, un periodo favorevole per i giovani architetti; il “miracolo economico”, la rinascita industriale, l’avvento della società dei consumi sono un trampolino di lancio per “pensare in grande”. “Lasciateci divertire” dicevano i FUTURISTI Milanesi, scandalosi, irriverenti, anche un po’ pessimisti perché non vedevano costruire “Cattedrali”, ma ciò che nasceva aveva un aspetto “Orizzontale”, (poco stimolante) essendo l’industria arretrata e gli artigiani poco propensi ad accettare i ritmi della nuova idea produttiva. Praticamente non credevano che il progresso tecnico potesse portare alla MODERNITA’. Anche con Castiglioni c’è un paesaggio orizzontale fatto di tanti oggetti non invadenti ma sapientemente progettati. L’oggetto è fine a se stesso ed al suo uso, come è stato con il RADIORICEVITORE 547 che non si nasconde più sotto un falso mobile ma ha una sua identità. Achille Castiglioni con i fratelli fondò l’ASSOCIAZIONE PER IL DISEGNO INDUSTRIALE, nel 1955 fu premiato con il Compasso d’Oro per la progettazione della lampada LUMINETOR che è l’esempio della semplificazione e del riutilizzo degli oggetti esistenti. Dal 1980 al 1993 occupa la cattedra di Disegno Industriale prima a Torino poi a Milano. Lavora sempre allo Studio sino al 2002 dove una caduta gli sarà fatale. Dal 2006 lo studio dei fratelli Castiglione, in piazza Castello 27, con un accordo tra gli eredi e la Triennale è diventato “LO STUDIO MUSEO ACHILLE CASTIGLIONI”, il Museo è aperto a tutti i visitatori e costituisce una testimonianza della progettazione italiana ed è un patrimonio disponibile al pubblico, è stato il laboratorio magico da cui sono usciti progetti di design, invenzioni luminose, storici allestimenti, oggi è un prezioso archivio. All’interno esiste una collezione di strumenti che sono diventati l’ispirazione per le “cose reinventate”, una ricerca nell’oggetto di significati più interessanti, più vicini al comportamento delle persone. Il metodo del RIDISEGNO è stata una progettazione tipica di Achille Castiglioni, la progettazione iniziava dall’osservazione di cose esistenti per darle una nuova vita e funzione, una sorta di razionalismo che insegnava all’industria la semplicità dell’artigianato. - MEZZADRO (1957) = il sedile del trattore diventa uno sgabello - LAMPADA TOIO (1962) = è composto da un faro da 300 di un automobile americana, il filo che scende si fissa al sostegno con gli anelli di una canna da pesca, la base è formata da profili ad elle che sostengono un trasformatore - SEDUTA SELLA (1957) = seduta da corridoio quando i telefoni erano a muro, così conversando scomodi le telefonate erano più brevi ! Formata da un sellino da bicicletta basculante su un’asta. Nel campo dell’arredamento Achille Castiglione cerca di costruire ambienti vissuti con pezzi di design contemporaneo in alternativa a quelli “in Stile” che dominavano il mercato, mettendo in evidenza le caratteristiche di una “casa abitata”, dove oggetti indispensabili, necessari o graditi, disegnati o anonimi si mescolano e si contrappongono dando alla casa un bagaglio affettivo e culturale. I risultati progettuali sia nell’ambito dell’arredamento sia in quello dell’oggetto ancora oggi stupiscono per l’invenzione, l’eleganza, anticipano di 40 anni il Minimalismo e rimangono dei punti fermi per ogni progettista e per chiunque si avvicini alla storia del design. - RADIOFONOGRFO BRIONVEGA (1965) = un oggetto tecnologico diventa “amichevole ”con un aspetto morfologico , innovativo perché è stereofonico, su rotelle, si compone e si scompone liberamente. - POLTRONA SAN LUCA (1960) = tipico esempio di una dinamicità pronta per una catena di montaggio (non ancora matura ma in via di formazione), infatti gli elementi che la compongono sono indipendenti e si possono montare in serie come un’automobile. Altresì ha una linea a serpentina morbida e seducente. Scherzando Castiglioni diceva: “Sembra Liberty, così freghiamo la signora che compra un pezzo nuovo credendolo antico”. - LAMPADA LUMINETOR (1955) = un pezzo anticipatore del minimalismo - LAMPADA SPLUGEN BRAU (1960) = l’ispirazione fu uno stampo per budino - LAMPADA TACCIA (1962) = fatta in tre pezzi che poggiano uno sull’altro indipendentemente - LAMPADA ARCO (1962) = un’idea di libertà spaziale - LAMPADA PARENTESI (1971) = proposta al pubblico in un kit d’imballaggio trasparente con maniglie per il trasporto Achille Castiglioni ha progettato molte lampade per la ditta FLOS tanto è vero che la ditta ha fatto del volto di Achille una sorta di logos. - RAMPA (1965) = mobile su ruote ispirato dagli espositori stradali dei fioristi, diventa contenitore, libreria, scrivania - TAVOLINO CUMANO (1977) = un esempio di ridisegno, un tavolino in metallo da bistrot parigino portato dalla strada alla casa , piegato ed appeso al muro perché non ingombri - JOI (1990) = mobile a ripiani rotanti che permettono un multiuso, scala, sgabello, scrivania, libreria Diceva Achille Castiglioni: “Se non siete curiosi, lasciate perdere, “andate a scopare il mare”. Se non vi interessano gli altri, ciò che fanno e come agiscono, allora quello del design non è un mestiere per voi. Continuate e fare questo lavoro finchè ci si diverte, nel momento in cui si smette di divertirsi…”chiudere , andare a casa!”. Un buon progetto nasce non dall’ambizione di lasciare un segno, ma dalla volontà di instaurare uno scambio, anche piccolo, con chi l’userà. L’obiettivo è comunicare ad altri messaggi di curiosità, divertimento ed anche affetto, perché un progetto ci mette in intima comunicazione, anche se per breve tempo, con sconosciuti. I MAESTRI DEL DESIGN GIO PONTI – Il maestro della leggerezza (1891-1979) Giovanni detto Gio, nato a Milano, proveniva da una famiglia alto-borghese, suo padre ricopriva un ruolo manageriale alla Edison. Sin da adolescente rivelò un talento artistico che lo avvicinò alla pittura, in ogni caso obbedendo alla volontà dei genitori si iscrisse alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, ritenuta più solida come professione. La sua personalità era caratterizzata da una grande calma, circospezione, gentilezza, catturava le persone con il suo humour e il suo radioso e disarmante sorriso. L’ospitalità di Ponti era leggendaria la sua casa era aperta a tutti i rappresentanti dell’arte e della cultura. Sposato a Giulia Vimercati (aristocratica milanese) è stato legato a lei per più di 50 anni di “litigiosità” quando lei spostando e riordinando le opere e i mobili faceva “danni cosmici” posizionandoli in modo sbagliato. Grande comunicatore era uno degli italiani più conosciuto al suo tempo. In quell’epoca la scena artistica del Nord Italia era influenzata dall’imprevidibilità del FUTURISMO e dalla classicità della METAFISICA. Un periodo di profonda incertezza che rispecchiava la società italiana incerta tra progresso e tradizione, ma non si hanno notizie che Ponti fosse coinvolto da queste avanguardie. Il movimento del FUTURISMO si formò nel 1909, chi sono i Futuristi: - Intellettuali, hanno un atteggiamento sdegnoso nei confronti dei valori classici e tradizionali, ricercano l’originalità a tutti i costi e l’irrazionalità. Il capo storico fu Marinetti pubblicando sul Figaro il MANIFESTO che esaltava il dinamismo. (ricordiamo SeveriniBalla-Carrà, questo si distaccherà dal movimento dopo aver incontrato De Chirico e diventerà Metafisico). L’amore per il pericolo, la guerra, il culto per il coraggio, la velocità, la lotta contro le cose del passato, l’aggressività, inducono Mussolini a considerare il Futurismo ARTE DI REGIME (nonostante l’irregolarità politica di MARINETTI che pur essendo un suo grande amico, si permette iniziative antifasciste come la liberazione di Ferruccio Parri da Lipari). Successivamente Marinetti si allontanerà dal Fascismo, però non fu mai accolto con benevolenza dal Movimento Comunista. Fu in questo clima che il giovane Gio Ponti assunse un ruolo importante come mediatore tra: Classicità-Modernità, NovitàTradizione, Dittatura-Democrazia, si affermava un “creatore autonomo” interpretando la modernità come se fosse un aspetto curioso del suo carattere, rinnovandosi ogni decennio senza mai rinnegare il passato grazie anche ad una conoscenza della classicità. Il classico costituisce la via d’accesso al moderno, il progresso alla fine si può raggiungere anche a piccoli passi. Negli anni ‘20 comincia la sua attività di design nell’industria Richard Ginori come art-director (ricordiamoci il successo nel 1926 all’Esposizione Internazionale di Parigi), per Venini come progettista di vetri artistici, con la Christofle parigina per gli argenti, con la Krupp per le posate, per Fontana Arte i cristalli, per Ideal Stand per i sanitari. - URNA CON COPERCHIO (1929) LAMPADA A SOSPENSIONE (1950) POSATE IN ARGENTO POSATE ACCIAIO (1951) SOSPENSIONE (1931) Già dal 1923 con lui ebbe inizio il MADE IN ITALY (una testimonianza dell’ingegno italiano), nel 1928 fondò DOMUS un periodico che voleva fare “ scuola di gusto” e celebrare la bellezza della produzione moderna industriale e artigianale, nel 1941 fondò STILE pensata per promuovere ed ampliare il dibattito a tutte le arti. Queste riviste ebbero un ruolo importante per promuovere il design, l’arredamento, l’architettura italiana, con loro è nato il GOOD DESIGN tanto apprezzato all’estero. Non fu ne’ un reazionario ne’ un riformista ma un rappresentante della cultura borghese, un personaggio tipico di un’epoca dove l’individualismo ha rappresentato un modo di essere sia nella politica sia nell’arte. Oggi è considerato il padre della POST-MODERNITA’, un modo di “fare” privo di metodo , basato solo sulla creatività. E’ stato inserito tra i 100 uomini più eleganti d’Italia, si disegnava gli abiti, aveva uno stile semplice e funzionale, modi affascinanti verso il gentil sesso (usava regalare innumerevoli piccoli disegni a innumerevoli Signore !) L’impostazione classica di Ponti si sviluppò con il movimento artistico NOVECENTO (De Chirico-Sironi-Carrà del periodo Metefisico) i cui principi erano: disciplina, serenità, compostezza. Moderno e tradizione si contrapponevano. La parola d’ordine era: “Ritorno all’ordine” i soggetti preferiti erano, natura morta, paesaggi, ritratti, scene di vita quotidiana fissate in momenti atemporali. La critica d’arte Margherita Sarfatti cercò di definire l’intero movimento che riunisce artisti di varie tendenze. Fu tra i fondatori del COMPASSO D’ORO promosso dalla Rinascente di Milano, dal 1936 diventa docente alla facoltà di Architettura e del Politecnico di Milano e inizia un graduale abbandono del simbolismo neoclassico, il suo riferimento poteva essere Firenze non l’antica Roma. La modernità di Ponti consisteva nel trasportare la sapienza dell’artigiano, l’idea del pezzo fatto a mano in una “invenzione” che potesse essere riprodotta in serie, la modernità diceva è un atteggiamento di vivere, pensare, conoscere, giudicare, prima che arredare. Un suo pensiero: “L’arte si è innamorata dell’industria, l’industria non è solo un mezzo per produrre una grande quantità d’oggetti ma diventa essa stessa un fenomeno culturale, attraverso il disegno delle “cose” bisognava diffondere il “gusto” per le cose senza far subire scosse alla tradizione italiana permettendo di aggiornarsi naturalmente e con continuità”. Un passo indietro per ricordare che nell’Italia all’inizio del secolo l’artigianato non riusciva a staccarsi dai soliti canoni nazionali, dal folklore regionale, non era solo una questione estetica, bisognava allinearsi all’Europa che si era sviluppata già da decenni e stimolare la nascita di un’industria competitiva puntando sul design, la tecnica, e i materiali. Questa fu l’idea vincente di Ponti; emancipare l’abilità manufattiera prospettando un futuro di “modernità” allo stile italiano. L’industria non solo è un mezzo per produrre una grande quantità d’oggetti ma diventa essa stessa un fenomeno culturale. Negli anni 50 il successo di Ponti raggiunse l’apice conquistando il riconoscimento internazionale lavorando con Wrigt, Aalto, Le Corbusier, Gropius al rinnovamento di Baghdad. Gli obiettivi di Ponti erano la LEGGEREZZA e l’ESSENZIALITA’, il suo motto “togliere materia” si attuava rendendo sottili le sezioni e far “lievitare” i mobili tradizionali (letti, cassettoni, etc.) senza ne sostegni ne gambe, pareti appese e spostabili. Mobili spostabili su ruote, multiuso, colorati, ingegnosi, a prezzi accettabili. Tutti i suoi arredi nascono da un’idea di abitare, lavorare, di usare uno spazio adattandolo ad un diverso modo di vivere la casa, diceva che la trasformabilità è sinonimo di versatilità, quindi lo spazio si adatta alla vita, per Ponti la casa doveva essere sobriapratica-fresca. Il gioco è un aspetto importante per Ponti, giocoso era l’uso del colore che deriva dal suo amore per la pittura, la passione per i materiali (non amava quelli di prima scelta addirittura faceva tagliare marmi, legni preziosi per inventarne dei nuovi). Era anche solito paragonare la casa all’automobile e domandava: “Perché pretendere l’ultimo rinnovato tecnologico per il trasporto ed accontentarsi invece di case antiquate?”. Per soddisfare il bisogno di fantasia collabora con FORNASETTI che con i suoi disegni “tatua” le sue opere. - ARMADIO = presentato alla IX Triennale nel 1951 - TAVOLO APTA = (1970) - SUPERLEGGERA = (1955) = gambe e spalle di sezione triangolare sono robuste come ali di aeroplano, in frassino, si alza con un dito. Di questi anni è l’idea della parete attrezzata, un mobile a parete che racchiudeva attrezzature ed apparecchiature che solitamente sono in vista. E’ un periodo in cui l’esaltazione del DISEGNO ITALIANO si sublima con l’arredamento dei transatlantici Andrea Doria e Giulio Cesare, Ponti chiede la collaborazione anche di FiumeCampigli-Fontana-Gambone-Fornasetti per decorare i sontuosi saloni e le cabine perché vuole trasformare le navi in manifestazioni della cultura italiana. Fece anche sperimentazioni ardite usando il Linoleun al posto del parquet, materie plastiche, alluminio anodizzato oro abbinato a ceramiche e vetro, soffitti luminosi. Già dal dopo-guerra instaurò l’idea della “FORMA FINITA” in cui nulla si può aggiungere nulla si può sottrarre (perfetto esempio è il Pirellone) Gio Ponti diceva che l’Archittetura pura è un cristallo e l’idea del cristallo è data dal diamante e quindi dall’esagono, un motivo dominante nelle sue opere che lui pensa come una smaterializzazione delle facciate come si può vedere a Taranto nella Cattedrale che lui riteneva il suo ultimo capolavoro. - CATTEDRALE GRAN MADRE DI DIO = (1964) Vuole collegare simbolicamente il cielo e la terra con un edificio “nave/castello” dove la nave è rappresentata dalla bassa navata e il castello dal campanile (finestre aperte sul cielo). Gli sarebbe piaciuto che la struttura fosse ricoperta da rampicanti e circondata da basse case bianche, invece l’edilizia locale l’opprime con case alte, l’unico effetto illusivo rimasto è lo specchio d’acqua a tre livelli che gli da respiro. All’interno le pareti e il pavimento sono verdi, aveva anche previsto che le pareti fossero decorate con i Santi Protettori della Puglia, invece ci sono solo alcune statue metalliche eseguite su suo disegno. - CHIESA DI SAN FRANCESCO = (Milano 1961) L’essenzialità delle linee esprime la semplicità di San Francesco, il sagrato forma una specie di piazza che è il cuore esterno e che sembra volersi inserire nella città. - VILLA NEMAZEE = (Teheran 1960) Il rivestimento esterno è in ceramica a diamante, c’è un contrasto tra le pareti corpose e le vetrate leggere. - TORRE PIRELLI – detto Pirellone = (Milano 1954) La progettò a 63 anni (diceva è così bella che quasi quasi la sposo!). Segna l’apice della carriera, è stato uno dei primi grattacieli europei con 127,10 metri di altezza. Con l’ing. Nervi crea la struttura interna in cemento armato, sono solo due i pilastri parete e sono posti al centro, al 31° piano da una larghezza di circa 2 metri si rastremano a 50 centimetri, 29 piani ospitano uffici open-space e l’ultimo è una terrazza panoramica a doppio volume. Per Ponti la forma perfetta era l’obelisco che rappresenta una forma arcana, non funzionale solo estetica, miracolosamente stabile se pensiamo al rapporto altezza-base. Usò l’obelisco come decorazione per la sua prima abitazione (1925) in via Randaccio a Milano, che può esere definita NEOCLASSICA per quanto riguarda la facciata ma all’interno ci sono spazi moderni, funzionali, pratici da vivere, tipici di Ponti. Si può dire che con il Pirellone l’idea dell’obelisco si trasformi in un’opera libera di carichi superflui per ottenere una perfetta condizione di equilibrio e forma-finita. Non amava la sfera, una forma infinita che diceva “Non sta, non comincia, non finisce, l’architettura comincia, finisce; l’architerrura stà. Negli anni ’70 porta all’estremo la sua idea progettuale di leggerezza dove non contano i metri quadri ma lo “spazio godibile”, questo si ottiene aprendo gli spazi con pareti scorrevoli, con spazi comunicanti uno verso l’altro, con grandi finestre perché come diceva Ponti “Entrino sole, luna, stelle”. Rese leggerissime le facciate con strutture d’acciaio e vetro che lasciano intravedere la vita che si svolge all’interno creando così LA FINESTRA ARREDATA. La facciata non ha una funzione portante ma estetica con giochi di ombre e luci. Difficilmente lo si incontrava senza matita e carta. Era solito disegnare e progettare instancabilmente (anche in macchina guidando) dedicandosi all’architettura, alla pittura, all’arredamento. NOTA: - Il design deve comprendere i desideri ed anticipare cosa vuole il pubblico. - Gli studi di architettura sono fondamentali per approdare al design per un un concetto più libero, sbagliare progetto per una azienda significa risentirne pesantemente. - Il lavoro dei designer è legato ai tempi, dopo il colore e i materiali plastici del Pop, il linguaggio è cambiato negli anni 90’ (crisi) si è rivolto verso materiali tradizionali, non è più un oggetto elittario ma aperto a tutti. Con la globalizzazione si è ispirato all’oriente, rivalutando gli oggetti con gli occhi di un occidentale. - La tecnologia serve alla realizzazione di nuove idee. I MAESTRI DEL DESIGN VICO MAGISTRETTI Ironico ed elegante interprete di un’informale domesticità (1920-2006) Nasce a Milano, dopo gli studi classici al Parini, si iscrive ad Architettura al Politecnico. Da sempre sapeva di dover fare l’Architetto, quando era piccolo girava in bicicletta nello studio del padre rovinandole i disegni. Figlio d’arte da generazione, con un pizzico di civetteria,era solito indicare agli ospiti stranieri in visita a Milano le case progettate dall’avo, dal padre e le sue. Frequentò poco l’università perché fu arruolato al 3° anno, tra il 43-44 decide come molti intellettuali dell’epoca di trasferirsi in Svizzera,si laureò nel 45 in breve tempo come si faceva in tempo di guerra. Tra i suoi Maestri ci fu l’architetto Gardella che conosceva perché frequentava la casa di suo padre, ed Ernesto Rogers suo insegnante al Campo Universitario di Losanna (direzione Casabella, Domus, collaboratore di un famoso Studio di Architettura e critico degli statuti del Razionalismo). Due parole su Gardella: Tra i suoi progetti c’è il Dispensario Antitubercolare di Alessandria, famoso per il suo grigliato di mattoni, che è un capolavoro dell’architettura razionalista, nell’ultimo periodo della sua vita progetta la facoltà d’Architettura di Genova. Nel 47 con Caccia Dominioni fonda l’Azienda Azucena (zingara del Trovatore) ancora oggi c’è una collezione unica composta da circa 150 pezzi che hanno più di 50 anni, prodotti da artigiani italiani di altissimo livello. L’architettura di Gardella è sempre composta, quasi classica, con un’estrema attenzione al dettaglio (case Borsalino). Nel 1993 progetta il palazzo Esselunga a Sesto Fiorentino. Magistretti è stato il primo docente italiano al Royal College of Art di Londra. Partecipò al Movimento Studi Architettura con Albini (era un’unione professionale fra coloro che avevano vissuto il Movimento Razionalista) un’idea nata sul mito della MEDITERRANEITA’ quasi una rivalsa contro il centro–nord Europa, dove era nata con la rivoluzione industriale la civiltà contemporanea e il design moderno. Il RAZIONALISMO nel campo del design si distingue per la riduzione di ogni forma alla forma geometrica elementare, l’uso di nuovi materiali (plastici), il recupero del rapporto con la tradizione come ad esempio: La sedia CARIMATE – Cassina (63): redesign di una sedia paesana ingentilita dalle proporzioni La sedia MARROCCA – De Padova (87): redesign di una sedia d’osteria veneta Tavolo VIDUN – De Padova (87): redesign di un tavolo di lavoro Condivideva l’idea di molti altri suoi colleghi dicendo che la semplicità è la cosa più difficile del mondo. All’inizio degli anni 50’ si dedica in prevalenza all’architettura nello studio del padre in via Conservatorio: Quartiere QT8 (quartiere ottava triennale) (46-49): case per reduci della guerra d’Africa Chiesa di SANTA MARIA NASCENTE (47-55) quartiere QT8 Case INA in varie città Diventa un esponente della “3^ Generazione” di Maestri grazie anche alla realizzazione di due edifici a Milano: La Torre al Parco in via Revere (53-56) Palazzo per uffici in corso Europa (55-57) Per il lavoro fatto costruendo vaste zone di villeggiatura nella campagna milanese, fu ironicamente chiamato il ”Palladio in Brianza” Dalla fine degli anni 50’ si fa strada la passione per la nascente produzione italiana di design, i suoi progetti rimarranno dei classici della produzione attuale. In quei tempi il lavoro del designer era facilitato perché erano le aziende che chiedevano le loro prestazioni. (Lo studio del padre era vicino a quello di Cesare Cassina che gli passava i modelli da una finestra!). C’era un rapporto diretto con i produttori, ed anche questo ha favorito lo sviluppo del “ITALIAN DESIGN”. La caratteristica di un oggetto di design è il numero, non si può lavorare come in un’impresa edile, bisogna lavorare a stretto contatto con gli operai che conoscono i materiali e la produzione cercando di produrre al minor costo. La differenza tra l’architettura e il design consiste nel fatto che una casa la realizzi una sola volta, una sedia la produci in 100 mila pezzi l’anno, quindi se si sbaglia, un errore si moltiplica per 100 mila volte e così lo stampo costa carissimo. Il designer è paragonabile ad un direttore d’orchestra, lavora al tavolo con il Presidente, il padrone dell’Azienda, il tecnico, il responsabile dell’ufficio vendite, l’esperto in stampi, con tutta l’equipe perché nel design non c’è approssimazione, tutto è influenzato dai problemi tecnici e si basa sulla stretta collaborazione con il produttore. E’ per questo metodo di lavoro che l’Italia è ritenuta la capitale del design. Magistretti pensa che la cosa peggiore che si possa fare nel design è seguire la moda, sono due mondi differenti, nel design non si può avere sempre un prodotto nuovo. Il design è senza tempo, tutto il contrario della moda, non sono tante le cose che durano nel tempo. Milano è la capitale del design con una cintura di artigianato straordinaria (in Brianza facevano mobili stile 700 ma hanno capito che era ora di cambiare e hanno iniziato a fare design). E’ solito affermare: “Il mondo sta cambiando in maniera incredibile, lavorare con il computer è semplice ma è sempre una macchina, non puoi chiedere di fare qualche cosa che tu non hai pensato e non hai creato, a me piace il CONCEPT DESIGN cioè quello che è talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo, molti progetti li ho trasmessi per telefono”. Per questa ragione nel suo studio non sono conservati disegni tecnici dei prodotti da lui studiati, ma soltanto schizzi che spiegano con immediatezza l’oggetto. Gli oggetti di Magistretti sono sempre pensati come arredamento di ambienti da vivere, ed hanno uno stile misurato ed elegante: Sedia PICCY (1946) – progettata per R.I.M.A. (Riunione Italiana Mostre di Arredamento presso la Triennale di Milano); rieditata da Campeggi (2011) Tavolino T8 (1949) – casa Arosio ad Arenzano Sedia CARIMATE – (63) Cassina: Club House Golf a Carimate Tavolino DEMETRIO (Cassina) e divano letto SILOE (T7O)– (70-72): Casa Albergo in via Siloe a Milano (residenza temporanea fatta di piccoli spazi adatti a chi si trasferisce, ai giovani, ai separati) Magistretti seguita negli anni a ideare pezzi che incontrano il favore del pubblico e sviluppa in tale modo una nuova “classicità dell’abitare confortevole” che si adatta a varie situazioni domestiche, con cinematismi “magie” che permettono di trasformare la configurazione adeguandola a particolari esigenze. Lampada ECLISSE (66) – Artemide (Compasso d’Oro 1967) Diceva: “Una scemata che però dura da più generazioni anche se si sono scottate le dita, è una bella soddisfazione perché evidentemente risponde ad una necessità che non ha niente di stilistico”. Poltrona e divani MARALUNGA (73) – Cassina (Compasso d’Oro 1979) Tavolo VIDUN (86) – De Padova Tavolo ovale regolabile in altezza per casa Bassetti e Gavazzi (55-58) – Azucena Serie BROOMSTIK (79) – Alias Poltrona ESTESA (2000) – Campeggi Libreria NUVOLA ROSSA (77) – Cassina Magistretti non esita a collaborare con aziende storiche ma con altrettanto entusiasmo anche con le ditte “giovani” come: ARTEMIDE (59) che sperimenta nuovi materiali plastici, è il caso della sedia SELENE stampata in resina rinforzata in fibra di vetro, resistente ai carichi grazie alla piegatura a S della sezione delle gambe e non per lo spessore del materiale, conservando anche un’immagine tradizionale. Nel caso della FLOU contribuisce alla creazione dell’identità aziendale con: Letto tessile NATHALIE (78) Letto smontabile TADAO (93) Gli oggetti disegnati da Magistretti trasmettono un’immagine innovativa ma alla portata di tutti, conferendole una sorta di “neutralità” rendendoli perfettamente adatti anche ad altri spazi da vivere (uffici, spazi pubblici, ecc.). Ha attraversato senza cedimenti le mode e gli eccessi postmoderni, una coerenza ed un’etica del fare testimoniata da molti esemplari entrati a far parte delle collezioni permanenti di musei europei e americani, quasi tutti sono ancora in produzione e continuano ad essere dei bestsellers. Il lavoro di MAGISTRETTI si conferma in via definitiva con l’assegnazione del Compasso d’Oro alla Carriera nel 1995. IL suo pensiero era :”Quando progetto penso: lo metterei o non lo metterei in casa mia? Se non posso metterlo non lo faccio. Si fanno oggetti da usare, un comportamento da artista è inutile, le soluzioni eccentriche possono durare un allestimento ma sono d’ostacolo alla quotidianità.” Il temperamento ironico e la capacità di osservare e reimpiegare “materiali” dandogli una nuova funzione di Magistretti possiamo notarlo con: Divano SINDBAD (81) – Cassina: una colorata coperta da cavallo “gettata” su una struttura Oggetti di redesign: Lampada ATOLLO (78) – Oluce: un’abat-jour reinventata (insignita del Compasso d’Oro nel 79) Lampada KUTA giapponese (80) – Oluce: simile ad un ventaglio Per Magistretti la geometria è qualcosa che da senso alla realtà e che fornisce uno strumento per misurarla, si può notare il suo amore per la geometria nella: Facciata del Dipartimento di Biologia a Milano (78-81) Chi gli ha chiesto cosa avrebbe voluto progettare ha detto “l’ombrello” per la sua semplicità e la sua utilità. Non amava le formulazioni teoriche, non perché le sapesse, ma forse per un rifiuto a dare troppa importanza ad un lavoro che considerava infondo, il prodotto di un’attitudine mentale e di un’osservazione della realtà, più che il risultato di una specializzazione progettuale. Diceva: “Il mio unico supporto teorico, quando faccio del design, è pensare se mi piace e se si usa, nel design ciò che conta è il concetto espresso con uno schizzo.” Muore il 19 settembre 2006 a 85 anni dopo una lunga malattia. I MAESTRI DEL DESIGN ALESSANDRO MENDINI Il pensiero negli oggetti 1931 Nasce a Milano nel 1931, l’architettura non era il suo sogno da ragazzo, in realtà voleva fare i cartoon o il pittore. Dopo la Laurea in Architettura al Politecnico, collabora con lo Studio Nizzoli, dirige nel ‘70 CASABELLA, che diventa il luogo d’incontro del gruppo che fondò il CONTRODESIGN. Un movimento che si oppone con forza alla tradizione, una contestazione radicale nei confronti del funzionalismo. Crea la rivista MODO ed infine succedendo a Gio Ponti, con cui ha avuto stretti ed interessanti rapporti, dirige DOMUS. Lavora con ALCHIMIA, fondata nel ’73 da Alessandro Guerriero a Milano, che ha dato luce ad una nuova estetica. Per Alchimia è importante disegnare non per un progetto ma per un libero movimento del pensiero, siamo in un’epoca di transizione che vede l’umanità immersa in una paura indefinita dovuta alla scomparsa di molti valori considerati certi, occorre ritrovare se stessi. Svolge un atto di introspezione con il solo pensiero di trovare la vocazione poetica e la fantasia individuale. Punta sulla produzione di oggetti con riferimenti popolari e al kitsck, aldifuori della produzione industriale e dalla funzionalità, una sfida nei confronti dei principi comuni. Un sogno alchimistico: trasformare il materiale più povero in un oggetto di valore. Con il fratello Francesco da vita all’ATELIER MENDINI, dove c’è la storia dei loro disegni che arriva fino ad un certo anno, poi non c’è più il disegno a matita ma solo computer e a volte solo per il gusto di averli li rifanno a matita a posteriori. Disegna molto bene ed ha una grande raffinatezza tecnica. Alla fine degli anni ’70 è tra i rinnovatori del design italiano sia come autore di scritti che intellettuale, è di carattere introverso e metodico, non ha “colpetti di genio” per arrivare ad un progetto, ma si basa solo sul ragionamento. Pensa che il mondo e il design siano dei “patcwork”, ci devono essere mentalità differenti da miscelare, nel senso che ci sono varie cose e vari pensieri che si intersecano e si assemblano e questi col riadattarli cambiano significato. Lavora molto sul paradosso, la POLTRONA DI PROUST è un paradosso (che va contro l’opinione comune e l’apparenza): un paradosso di design. E’ una rivisitazione in chiave Postmoderna di un comune modello di poltrona settecentesca prodotta in serie (kitsh), l’obiettivo è creare un oggetto interessante partendo da un falso. Un’esaltazione ironica di un oggetto banale. (Di Proust: pensando al suo modo e alla sua visione degli oggetti ed aggiungendo la passione per la pittura impressionista) Lavora in numerose Ditte: ALESSI – Cavatappi ANNA G (1994): effettivamente è l’immagine di una sua amica e le rassomiglia anche…..! VENINI – Vaso SIMIRA : non amava seguire la tecnica di produzione dei suoi progetti, come invece faceva Carlo Scarpa che tutte le mattine si recava a Murano per eseguire i vetri da lui progettati CARTIER – Riciclo inedito degli scarti delle pietre preziose SWATCH - Varie serie di orologi Ultimamente ha curato al Salone del Mobile 2012 un settore per i creativi “Autoproduzione a Milano”, (una mostralaboratorio, dove il pavimento è occupato dalle opere dei partecipanti messe in ordine alfabetico)un’associazione nata per promuovere le eccellenze di Autoproduttori e piccoli Editori di Design. I MAESTRI DEL DESIGN ETTORE SOTTSASS La sensibilità del gesto (1917 – 2007) Nasce ad Innsbruk nel 1917, si laurea in architettura al Politecnico di Torino e alla fine degli anni ’40 si trasferisce a Milano dove comincia l’attività professionale. Partecipa nel ’48 allo SPAZIALISMO fondato da Lucio Fontana (i pittori non hanno come priorità colorare le tele ma creare costruzioni tridimensionali). Nel 1949 conosce la scrittrice Fernanda Pirovano e si sposano. Negli anni ’50 inizia l’attività con il padre. Nel ’57 fu Art-Director della POLTRONOVA di Agliana con lavori di forte carattere sperimentale: Specchio ULTRAFRAGOLA (1970) Mobile in laminato (1966) SUPERBOX Molto importante è l’incontro con Adriano Olivetti nel ’58 (Glielo presentò un suo amico che aveva sposato una delle figlie) per la cui azienda diventa consulente del design disegnando gli armadi per l’elettronica della divisione Olivetti. Gli sembrava che maneggiare i cavi fosse pericoloso allora ha progettato grossi armadi in alluminio con grossi bulloni neri dall’aspetto repellente! Computer MAIN FRAME ELEA (1959) – Compasso d’Oro nel ‘59 Macchina da scrivere VALENTINA (1969) – Compasso d’Oro nel ’70 Tra giugno ed agosto del ’62 è colto da una grave malattia renale, sta malissimo, è in punto di morte ed Olivetti lo manda a curarsi in California, lo segue la moglie che l’assiste, è curato con medicine che lo tengono sveglio e gli mandano il “cervello a mille “ per distrarsi redige una rivista “Room East 128” un po’ pop ed assolutamente originale, fatta di delicati acquarelli con cui racconta la sua vita. In anticipo sugli anni della contestazione, aveva indicato il design come strumento di critica sociale, aprendo la via al RADICAL DESIGN (1966-1972) e all’affermazione della necessità di una nuova estetica: più poetica, sociale, politica, un momento di forte critica nei confronti del contesto culturale contemporaneo in cui l’architettura tradizionale viene sostituita da progetti utopici, ironici. Quella di Sottsass è un’architettura disegnata intorno all’uomo e tesa a conferire un contatto con la natura, le costruzioni seguono un’ideale di saggezza contadina. - CASA WOLF – Ridgay Colorado USA (87-85) - CASA OLABUENAGA – Maui Hawai USA (89-97) - Museo dell’Arredo Contemporaneo a Ravenna Ha fatto parte della corrente del CONTRODESIGN ( Mendini – Munari – Ponti) una Scuola di architettura e design controcorrente, un lungo ed interessante periodo dove si discuteva sul destino del design in rapporto con industria e con la gente, un momento di critica, di riflessione. Il design e l’architettura non sono un mezzo ma il fine per trovare un’unione con l’aspetto intimo delle cose, con una voglia di ricreazione dove l’uomo è sempre al centro della ricerca. Nel 1980 da’ vita insieme a giovani amici architetti al gruppo MEMPHIS che discute, progettando, sul valore industriale del design. (Hans Hollein Andrea Branzi Michele De Lucchi ed altri architetti di fama internazionale). Il principio dei mobili assurdi e monumentali è creare un’emozione prima della funzione, cambiare il volto del mobile tradizionale. MEMPHIS, è un grande fenomeno, si inserisce nel POSTDESIGN, il risultato di un periodo di discussioni, strafottenze, un periodo in cui si disegnavano cose non da produrre industrialmente ma disegnate in modo che qualcuno potesse pensare che le cose potessero essere diverse da come erano state, provando a vivere in un’altra maniera. Un fenomeno culturale degli anni ’80 che ha rivoluzionato le logiche creative-commerciali del mondo del design, della produzione, del modo di pensare nel mondo musicale, cinematografico, nella grafica e nella moda. Ha sconvolto e ribaltato tutti i presupposti esistenti fino allora circa l’idea dell’abitare. Con Sottsass il design ha acquistato una nuova concezione espressiva legata a nuove forme, nuovi materiai, nuovi patterns ribaltando i precedenti limiti creativi imposti dall’industria. E’ diventato il simbolo del ” NUOVO DESIGN”, la sua influenza è ancora evidente in moltissimi settori della produzione e questi mobili sono diventati icone della modernità: Mobile CASABLANCA Libreria CARLTON (a metà fra un totem ed un video-game) L’anno successivo apre la SOTTSASS ASSOCIATI. ( Marco Zanini - Aldo Cibic – Matteo Thun) Dice: Eravamo appena laureati e non capivamo niente, facevamo cose spaventose però avevamo tanta energia. Dice di aver amato a scuola la geometria e la filosofia, anche se non ne capiva molto, però gliene è rimasta traccia: I suoi grandi maestri furono il padre architetto (che appena nato gli mise in mano una matita) e il pittore Spazzapan ( 1889- 1958 uno dei principali esponenti della pittura ASTRATTA del primo dopoguerra) che gli ha insegnato tutto sui colori e sulle cose pratiche. La pittura astratta ricercava la forma tramite i colori e le forme geometriche (Mondrian – Wassily Kandisky – Mario Radice). Disegno per l’esame di arredamento 1936 Metafore (1974) – l’ombra di una finestra Metafore (1974) - struttura da ingegnere povero L’attività di Sottsass è rivolta esclusivamente alle gallerie d’arte, non ama disegnare per la produzione industriale, le poche che ha fatto sono state un insuccesso;”Non ho mai venduto niente, dice, tranne la serie di OLIERE PER ALESSI, certi progetti vengono bene altri male, se mi capita di vedere cose che ho disegnato vent’anni fa penso che c’è voluto un bel coraggio a farle……e sono contento!”. Pensa che saper disegnare con la matita è essenziale perché serve a comunicare a se stessi ed ad altri quello che si sta facendo, usando i colori si progetta un mondo dinamico, con le sue variazioni si può fare un vocabolario. Fa un esempio: il rosso per un comunista è una cosa; il colore della sua bandiera, per il chirurgo è un’altra cosa;il colore del sangue del suo paziente. ARCHITTETTURA ATTENUATA – Museo triste in memoria dei popoli massacrati (2003) Non ama l’era del consumismo infatti i suoi oggetti hanno quasi sempre una base pesante in modo tale che stiano fermi e diano la consapevolezza di esistere. Da un uso diverso al laminato plastico che da sempre era considerato una materia da usare solo in cucina, in bagno, con Memphis invece è entrato in soggiorno, magari abbinato ad un bel legno, ad un massello, ad un materiale prezioso, perché ogni materia ha i suoi riferimenti culturali. ABET – Bacterio 1978 (bianco-rosso decoro per laminato) Dice di se stesso: “ Sono determinato ed un rompi scatole, con grande abilità riesco a farmi aiutare da tutti coinvolgendoli a tal punto che non riescono a dirmi di no, non cedo ho un carattere e una volontà egocentrica perché so di esistere, non so quello che voglio ma so che devo volere qualche cosa.” Muore a Milano a 90 anni per uno scompenso cardiaco dopo un’influenza il 31 dicembre 2007.