L`Altrementi - Istituto Pontano

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L`Altrementi - Istituto Pontano
L’Altr(e)menti
Rivista bimestrale a cura degli alunni dell’Istituto Pontano
Napoli, Ottobre-Novembre 2012
N. 1 ns
I PRIMI GRANDI EVENTI
DELL’ANNO SCOLASTICO
CINEFORUM
CAFFÈ LETTERARIO
l’Altro come Diverso?
DIRETTORE: FRANCESCO MONTIBELLO
REDATTORI: ERICA ARCHIVOLTI, ANDREA
MATRONE,
GIACINTO
BOCCIA,
ANTONIO
D’ANGIOLELLA, ANDREA GOLIA, SABRINA DE
SIMONE, ROBERTO VITIELLO, DARIO SPIEZIA, LORENZO NIGRO, FLAVIA RUBINO.
GRAZIE DI CUORE A TUTTI I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO!: Laura Paternò,
Mara Palomba, Giulia Leone, Alessandro
Rea, Salim e Yasmine Chakroun, tutti i ragazzi del I sc. e del IV ginn.
SOMMARIO
L’EDITORIALE
P. 3
GLI EVENTI DEL PONTANO: IL CINEFORUM
GLI EVENTI DEL PONTANO: IL CAFFÈ LETTERARIO
L’INCHIESTA: XENOFOBO? A CHI?
IL MISTERO DI LOURDES
IN ATTESA DEL NUOVO KAIROS
NEGLI ALTRI ISTITUTI DELLA RETE
IN DIRETTA DALLA LEGA (MISSIONARIA STUDENTI)
AT HOME
IL GAZZETTINO DELLO SPORT
ENGLISH PAGE
UN’ALTRA MUSICA
IL CONCORSONE FOTOGRAFICO
C’ERA UNA VOLTA… LE FAVOLE SCRITTE DA NOI
P. 4-5
P. 6-7
P. 8
P. 9
P. 10
P. 11
P. 12-13
P. 14-15
P. 16
P. 17-18
P. 19
P. 20-21
P. 22-23
La foto di copertina è di Federico Previti, primo vincitore del Concorsone fotografico.
2
L’Editoriale
di Francesco Montibello
che questi, in particolare la struttura del
giornalino che ora è qualcosa di più
simile ad una rivista.
Molte cose cambiano, è vero.
Ma non tutte.
E infatti, quando abbiamo programmato le pagine di questo nuovo L’Altr(e)menti, ci siamo accorti che le idee erano sempre le stesse di anni fa e che
desideravamo esprimerle con semplicità e fermezza. La cadenza della rivista
sarà bimestrale e, nel corso dell’anno
scolastico, i nostri articoli scandiranno
le attività scolastiche con un pizzico di
necessaria provocazione e di stimolo
verso gli argomenti che sono stati maggiormente graditi o, peggio, evidenziando i punti deboli.
Quindi, svilupperemo il tutto con innovative rubriche che –speriamo– vi siano gradite. Approfondiremo di più
l’informazione e cercheremo di rendere
l’aspetto estetico più gradevole agli occhi dei lettori.
Tutti gli studenti sono invitati a contribuire, anche se in piccola parte, a tale
progetto, avendo anche la possibilità di
esprimere le proprie opinioni o di proporre qualcosa di nuovo. Ci si accinge
ad iniziare il lavoro in modo che i lettori
possano avere un resoconto costante riguardo il progetto che sta avendo luogo.
Probabilmente tali parole risulteranno insufficienti e non adatte a ciò che ne verrà fuori,
ma è solo l’inizio di qualcosa che sta diventando sempre più parte della trasformazione
dell’Istituto.
In questo numero ci occuperemo dell’Altro
come Diverso, con particolare attenzione
all’Altro in quanto Straniero.
I progetti Cineforum e gli appuntamenti del
Caffè Letterario sono stati interessanti punti
di partenza per capire in che modo noi pontaniani affrontiamo l’argomento. Paura, orgoglio nazionale, vergogna…
Scopriamolo insieme!
È
incredibile! Quante cose sono cambiate nel mio percorso scolastico, dagli
anni delle medie a quelli del liceo! Nuovi professori, nuovi compagni, novità tra le attività
extra scolastiche ecc.
Spesso le cose mutano tanto velocemente
che si finisce per confondere ciò che era il
passato con il presente che si sta vivendo.
La medesima cosa è successa al sottoscritto, il quale si accinge a scrivere questo articolo a distanza di otto anni da quando ebbe
il suo primo incarico nel giornalino scolastico.
Tra i mutamenti sopra enunciati ci sono an3
I grandi eventi del Pontano
Il Cineforum
a cura di Andrea Matrone ed Erica Archivolti
I
Un sogno per domani
n questa rubrica ci siamo proposti di fare un resoconto del
Cineforum, attività che coinvolge tutte
le classi del nostro Istituto attraverso la
visione e la discussione critica su film
che trattano lo stesso argomento su cui
si basa l’intero numero della nostra rivista.
La nostra intenzione, oltre a segnalare i titoli dei film visti dalle varie classi,
è anche quella di fornire informazioni
su quelli che hanno registrato il più alto
indice di gradimento, riportando le opinioni degli alunni sulle motivazioni per
le quali un film è piaciuto o meno.
Dopo la visione del film siamo stati
divisi in gruppi e abbiamo lavorato in
classe a un questionario che i professori ci avevano precedentemente somministrato. Al termine dell’attività vi è
stato un dibattito sulle tematiche emerse. I ragazzi del biennio hanno lavorato
anche sulle emozioni suscitate dalla
visione del film e hanno elaborato alcuni disegni, come si può vedere nelle
foto alla pagina seguente.
Saremo lieti se qualche alunno nei
prossimi numeri vorrà rilasciare
un’intervista contenente le proprie impressioni sul film a cui ha assistito.
È particolarmente piaciuto agli alunni della I
e della II media tanto da essere stato gradito
da 30 spettatori su 32 per le emozioni che ha
suscitato e per il contenuto particolarmente
toccante.
Un sogno per domani (Pay It Forward) è un film del
2000 diretto da Mimi Leder, ispirato al libro La formula
del cuore di Catherine Ryan Hyde.
Trevor, il protagonista, è un bambino molto intelligente di undici anni che vive una vita difficile con la
madre ex alcolizzata di nome Arlene in un modesto
quartiere di Las Vegas. È solo ed introverso ma, nonostante la sua giovane età, è più maturo della madre
ed è infatti lui a prendersi cura di lei. Eugene Simonet,
il suo insegnante di scienze sociali, gli insegna ad
avere speranza. In effetti Eugene all'inizio di ogni anno assegna lo stesso compito: trovare un modo per
cambiare il mondo e metterlo in pratica. Il primo passo
che Trevor fa per mettere in pratica il suo "sogno per
domani" è quello di far mettere insieme sua madre e
Eugen.
Il tema dei film del primo appuntamento è stato L’altro come straniero.
Gli alunni delle medie hanno visto Un
sogno per domani, il biennio Verso
l’Eden, il II liceo classico Picnic ad
Hanging Rock e le restanti classi del
triennio K Pax.
FOTOGRAFIA: Oliver Stapleton
MONTAGGIO: David Rosenbloom
MUSICHE: Thomas Newman
PRODUZIONE: TAPESTRY FILM, BEL AIR ENTERTAINMENT, WARNER BROS.
DISTRIBUZIONE: WARNER BROS (2001)
PAESE: USA 2000
DURATA: 123 Min
FORMATO: Colore TECHNICOLOR
Dalla nostra indagine è emerso che i film
che, in percentuale, hanno riscosso il maggior successo sono stati Un sogno per do- SOGGETTO:
ROMANZO DI CATHERINE RYAN HYDE
mani e K pax.
4
K-PAX
Registrando pochissimi
pareri negativi, è particolarmente piaciuto agli
alunni del triennio per
l’approfondimento delle
tematiche psicologiche
da un punto di vista originale e per la conclusione lasciata ad una duplice
possibilità d’interpretazione da parte dello
spettatore.
K-PAX - Da un altro mondo è un film del 2001, diretto da Iain Softley e tratto dall'omonimo romanzo scritto da Gene Brewer.
Prot, il protagonista, ricoverato in una clinica psichiatrica, è convinto di essere un alieno proveniente
dal pianeta K-Pax . Nella clinica la sua strada si incrocia con quella del dottor Powell convinto, in un primo
momento, che Prot soffra di disturbi della personalità.
Col passare del tempo, tuttavia, il medico comincia a
dubitare della sua analisi. Le cose peggiorano quando
le affermazioni di Prot vengono esaminate da un
gruppo di astronomi scettici che rimangono disorientati dalle sue cognizioni. Alla fine Prot scomparirà in
un raggio di luce, lasciando il corpo in cui si era vivificato nella stanza, ancora in vita. Insieme a Prot è
scomparsa anche una paziente, di nome Bess, che
non parlava più da quando aveva visto bruciare la
casa dei suoi genitori, quando era piccola. Con il tempo, i pazienti della clinica guariscono, uno ad uno,
Powell inizia ad occuparsi del suo corpo, caduto per
sempre in uno stato catatonico. Il film si conclude con
i due che camminano insieme per le sale della stazione dei treni.
TITOLO: K-PAX
ANNO: 2001
GENERE: DRAMMATICO, FANTASCIENZA
REGISTA: JAIN SOFTLEY
SCENEGGIATORE: GENE BREWER, CHARLES
LEAVITT
MUSICA: ED SHEAUMUR
DURATA : 120 MINUTI
NAZIONE: USA, GERMANIA
5
IL BIENNIO HA RACCONTATO
LE EMOZIONI SUSCITATE
DALLA VISIONE DEL FILM
ATTRAVERSO DISEGNI ….
MOLTE LE CRITICHE SUL FINALE.
I grandi eventi del Pontano
Il Caffè Letterario
a cura di Giacinto Boccia
I
Un incontro
per soli genitori?
l
Caffè Letterario nasce nel 2007 e
pochi degli attuali alunni hanno mai
pensato ad una scuola priva di questa manifestazione. È nostra intenzione in questo articolo
indagare le sue finalità originarie e correnti, gli
obiettivi raggiunti e i suoi possibili sviluppi.
Per fare ciò analizzeremo lo statuto stesso
del Caffè Letterario: il fine è analizzare tematiche legate alla città attraverso quelle arti che vi
sono legate, cercando di coinvolgere gli studenti e gli ex-alunni, chiamati a dare un concre-
to esempio di vita cittadina. Ogni anno il Caffè
sceglie un tema e organizza diversi incontri ad
esso inerenti.
Sui mezzi concreti per raggiungere tutto questo abbiamo sentito il Prof. Angelo Maiello, da
sempre
ap passio nato
organizza to re
dell’evento.
Partiamo subito con una domanda
provocatoria: è soddisfatto dell’affluenza
degli studenti agli incontri del Caffè? Ritiene che dei toni meno artificiosi sarebbero
più utili?
Non credo che i temi siano stati trattati in maniera artificiosa, la percentuale dei partecipanti
pontaniani è del 10-15%. Non ci soddisfa e non
ci consola la giustificazione: la cultura è di po-
chi. Saremo soddisfatti quando l’85% dei nostri
studenti verrà liberamente. Stiamo lavorando
per questo.
Professore, ritiene possibile fare un paragone fra le antiche scuole filosofiche grecoromane e il Caffè Letterario?
L’approccio dialogico fra gli ospiti del Caffè ha
come sfondo la magna vita socratica. C’è sempre stato in noi il desiderio di non creare disparità fra l’approccio in aula e quello extrascolastico. C’è lo sforzo di essere onesti e sinceri:
libertà di esprimere la propria essenza senza
prestare la propria testimonianza a secondi fini.
E finalmente giunge il primo evento del Caffè
Letterario: la cena sociale del 23 Novembre.
Un’aria effervescente si respira nella scuola sin
dalla mattina: i professori chiedono aiuto per il
servizio d’ordine e graziose locandine vengono
seminate nel luoghi di passaggio di alunni e
genitori.
Ho assistito per voi all’appuntamento, come
inviato speciale.
Nel corso della serata sono state presentate
le attività del Caffè e si è parlato del gemellaggio del istituto con la fondazione Pol.i.s., suggellato dall’adozione di Annalisa Durante, innocente giovane vittima della camorra.
Tra le autorità erano presenti, oltre al dottor
Paolo Siani, anche il presidente della fondazione Con il sud, Carlo Borgomeo, e un referente
dell’associazione Libera. Di seguito riportiamo
una parte dell’intervista che ho potuto svolgere.
6
Dott. Borgomeo, come si fa a sensibilizzare la popolazione attraverso una fondazione?
La nostra è una fondazione privata che riceve
risorse che le vengono dalle fondazioni di origine bancaria di tutt’Italia. Aiutiamo associazioni del terzo settore,
dal
volontariato, alle
cooperative sociali e alle associazioni
di promozione sociale. Questi organismi devono presentare dei
progetti che hanno come obiettivo la coesione
sociale, cioè lottano contro l’evasione scolastica, fanno progetti per la gestione dei beni confiscati ecc. Cerchiamo di dimostrare che la coesione sociale ha bisogno anche di gesti di responsabilità e di cultura del dono:
queste cose funzionano se c’è qualcuno disposto
a mettersi in gioco, a donare se stesso in modo responsabile. In una città come Napoli e
nel Sud abbiamo tutti quanti bisogno di capire
che il nostro sviluppo dipende al 90% da noi. E
invece siamo stati abituati a credere che dipende al 90% da chi ci deve fornire il denaro e un
po’ da noi. Questa è un’operazione importantissima da fare.
Dott. Siani, la sua associazione tenta di
sottolineare, se ho capito bene, l’esistenza
di martiri della legalità e la possibilità di fare del bene anche per mezzo di beni usati
per fini illeciti…
Esattamente questo, cioè dimostrare a tutte
quelle le persone, diciamo un po’ distratte, ma
non per questo non per bene, che c’è un gran
lavoro che fanno questi ragazzi e che è un
lavoro che trasforma quello che era negativo in
positivo e lo immette nella società.
7
A questo punto interviene
l’associazione
Libera…
Libera, come è noto, è un coordinamento di
associazioni in tutt’Italia. Il presidente è don
Luigi Ciotti e in Campania io sono uno dei referenti. In realtà i beni confiscati sono gestiti da
associazioni che fanno riferimento a Libera, e
non direttamente da Libera. Le associazioni
che fanno riferimento a noi si occupano di assistenza agli anziani, recupero di ragazzi e agricoltura. In Campania c’è una forte sinergia, infatti noi siamo presenti nel consiglio di amministrazione della fondazione Pol.i.s. La fondazione è un punto di snodo fondamentale. Grazie ai prodotti qui presenti, che sono prodotti
buoni, noi diamo un doppio schiaffo morale:
facciamo un pacco alla Camorra e produciamo
cose buone. Capovolgiamo quel
concetto del pacco come inganno. Il doppio riscatto
consiste
nel fatto che si
crea una nuova
economia sociale:
cooperative
giovanili, formate
anche da persone svantaggiate, che lavorano su quei terreni.
E questo lo facciamo con un’idea: noi dobbiamo riscattare la bellezza della cultura e liberarla dalle mafie. Il che può essere riassunto nella
frase: “Alla fine della vita non ci sarà chiesto se
siamo stati credenti: ci sarà chiesto se siamo
stati credibili”.
Dottor Siani, apprezzerà le iniziative del
nostro istituto nel promuovere i vostri stessi ideali di giustizia….
La parola chiave di questo incontro e di questa unione fra la fondazione Pol.i.s. e il Pontano è rete. Facciamo rete, facciamo squadra.
Perché soltanto così ci accorgeremo in modo
eclatante che siamo molti di più quelli a favore
del bene.
L’inchiesta
Xenofobo? A chi?
a cura di Antonio D’Angiolella e Andrea Golia
N
ell’ultimo mese, da buone iene, vi abbiamo fatto rispondere a quattro
semplici domande a risposta chiusa (SI-NO)
riguardanti l’argomento di questo numero del
giornalino.
1 Sai cos’è la xenofobia?
2 Ritieni sia importante l’interazione fra diverse culture?
3 Sei favorevole alla globalizzazione?
4 A tuo parere gli stranieri devono adeguarsi agli usi e
costumi del paese che li ospita?
In realtà abbiamo scelto un campione di cinquanta studenti del nostro istituto divisi tra
scuola media (cinque), biennio (quindici) e triennio (trenta). Il nostro intento era quello di capire –per grandi linee– quale fosse l’opinione
dei pontaniani in merito alla xenofobia.
Di seguito vi riportiamo i risultati.
88%
68%
61%
53%
47%
39%
32%
12%
Domanda 1
Domanda 2
Domanda 3
Domanda 4
Dividendo i risultati tra scuola media, biennio e
triennio, abbiamo ottenuto le seguenti percentuali:
TRIENNIO
DOMANDA 1
DOMANDA 2
DOMANDA 3
DOMANDA 4
SI: 36%
SI: 91%
SI: 59%
SI: 48%
NO: 64%
NO: 9%
NO: 41%
NO: 52%
BIENNIO
DOMANDA 1
DOMANDA 2
DOMANDA 3
DOMANDA 4
SI: 27%
SI: 89%
SI: 63%
SI: 45%
NO: 73%
NO: 11%
NO: 37%
NO: 55%
SCUOLA MEDIA
DOMANDA 1 SI: 10%
DOMANDA 2 SI: 83%
DOMANDA 3 SI: 68%
DOMANDA 4 SI: 46%
NO: 90%
NO: 17%
NO: 32%
NO: 54%
I dati non mentono e a quanto pare le risposte
sono piuttosto eterogenee fra loro e ci inducono a qualche riflessione.
Dal primo quesito evinciamo il dato forse più
preoccupante fra quelli proposti: nel nostro istituto il 68% degli studenti non sa cos’è la xenofobia.
Certo, la statistica comprende anche gli studenti più piccoli, ma vi facciamo notare che soltanto al triennio il 64% degli intervistati ha risposto di non sapere il significato di
questa parola. Il gap sale quando confrontiamo i dati tra il Classico e lo Scientifico. In termini semplici e per chi non lo
sapesse: “per xenofobia si intende
l’odio fanatico per tutto ciò che è straniero”, mentre lo xenofobo è “colui che
sente e rivela odio per tutto ciò che è
SI
straniero” (da lo Zingarelli minore).
NO
La risposta alla seconda domanda è
quasi ovvia: molti riconoscono
l’importanza del confronto fra culture
diverse e sono convinti che l’apertura
ad altri usi e costumi possa valorizzare
una nazione.
Il risultato del terzo quesito è interessante dal
momento che gli studenti sono particolarmente
favorevoli alla globalizzazione, anche a discapito delle tradizioni del proprio paese d’origine.
L’ultimo quesito evidenzia pareri contrastanti.
In generale possiamo dire che l’istituto risulta
diviso a metà fra studenti più liberali e quelli più
conservatori. Fin qui la nostra inchiesta.
E tu da che parte stai?
8
Il mistero di Lourdes
Il racconto di Laura Paternò e Mara Palomba
C
i hanno sempre detto che non si
può capire cos’è Lourdes senza averla vista e ora possiamo capirne il motivo!
Il nostro cammino è iniziato domenica 7
ottobre, quando noi studenti dell’Istituto Pontano, insieme ad altri volontari, ci siamo recati a Lourdes. Siamo partiti senza sapere
che cosa avremmo vissuto e quali emozioni
sarebbero state suscitate in noi. Il viaggio è
iniziato con 27 ore di treno in cui abbiamo
dovuto pulire e aiutare chiunque ne avesse
avuto bisogno. È stato molto faticoso, ma
alla fine, oggi possiamo dire, davvero appagante.
Arrivati a destinazione eravamo stanchi,
eppure curiosi di sapere cosa sarebbe successo l’indomani.
Nei giorni seguenti
la sveglia ci sembrava
suonare sempre più
presto. Ogni giorno
abbiamo combattuto
contro il sonno, ma
alla fine ci alzavamo
dai nostri letti sempre
in tempo. E così iniziava una nuova giornata.
A r r i v a v a m o
all’ospedale e lì si
svolgeva uno dei momenti più toccanti della giornata: abbiamo
incontrato tante persone e ci accorgevamo
che, seppur nel nostro
piccolo,
regalavamo
loro un sorriso. Non
credo possa esistere
una sensazione più
bella di quella: la consapevolezza di rendere felice il prossimo, l’altro che -chissà per
quale ragione- è ammalato.
A Lourdes si cambia, si dimenticano tutte
le futilità che un tempo sembravano vitali,
tutti i capricci e tutte le lacrime spese.
A Lourdes sembrano esplodere i reali valori
della vita, le cose che davvero ti fanno stare
bene e ti fanno sorridere, non solo con il cervello ma anche con il cuore.
È infatti impagabile vedere una bambina
malata che ti sorride, che gioca con te, come
se ti conoscesse da una vita, e che ti tratta
come la sua migliore amica. Così abbiamo
compreso che una persona “debole” riesce a
darti tantissima forza soltanto con uno sguardo.
Una forza vera, quella stessa che ti fa sorridere per la fortuna di aver ricevuto un dono
come la vita e ti dà il coraggio di capire che
quella stessa vita purtroppo non è uguale per
tutti.
9
In attesa di un nuovo Kairos
La testimonianza di Erica Archivolti
L
’anno scorso, in primavera, l’Istituto
Pontano ha proposto a me e altri
otto alunni di partecipare al progetto Kairos.
Il termine Kairos è greco, significa opportunità, ed in effetti è proprio quello che ci è
stato offerto. Siamo partiti per Roma senza
alcuna idea su ciò che avremmo dovuto affrontare: “Cos’è questo Kairos? Cosa ci faranno fare? Speriamo non sia il solito noioso ritiro spirituale”.
Troppi dubbi e nessuna certezza.
Quando due ragazzi di Roma, che avevano precedentemente partecipato al Kairos,
ci hanno presentato questa esperienza, non
hanno fatto altro che dire: “È una meravigliosa opportunità, non perdetevela”; a chiunque chiedessimo qualcosa in più, la risposta era sempre la stessa: “Trust the process”. Nessuno di noi si era mostrato molto
disponibile a quell’esperienza, così la professoressa Petito ha provveduto a scegliere
chi avrebbe partecipato.
Siamo arrivati a Roma, nel luogo dove si
sarebbe tenuto il Kairos, abbiamo incontrato
alcuni ragazzi del Massimo, del Leone XIII
di Milano e del Sociale di Torino. Poi… non
si può dire di più, si deve passare a pie’ pari
a quella che è stata la nostra reazione, a ciò
che ci è rimasto del Kairos. Ho chiesto a
due dei miei compagni cosa è stato per loro
questa esperienza: “È un’esperienza surreale, tocca la parte più profonda di ognuno di
noi, porta a galla i sentimenti più forti, quelli
che spesso neghiamo anche a noi stessi,
repressi dalle futilità quotidiane”. Parlare del
Kairos è mooolto difficile, come ogni volta ci
troviamo a dover mettere a nudo ciò che ci
scuote dentro. “Il Kairos non si può descrivere con semplici parole, bisogna solo viverlo. Si provano emozioni fortissime, aiuta
a rafforzare se stessi e conoscere ciò che ci
circonda. Non è il solito ritiro spirituale, ma
un ritiro che ha lo scopo di far conoscere
meglio noi stessi e gli altri e di imparare a
condividere”.
10
Negli altri Istituti della Rete…
a cura di Sabrina De Simone
O
rmai siamo sempre più spesso
chiamati a svolgere attività in
comune con gli altri Istituti della Rete. Ma
perché? Allora abbiamo pensato di curiosare nei siti di riferimento di ogni Collegio e di
riportare qui un breve resoconto delle attività svolte da ciascuno. Abbiamo scoperto
che gli istituti condividono la maggior parte
dei progetti e che, in particolare, la partecipazione alla Lega Missionaria e alle attività
dedite al volontariato è aperta a tutti i membri di questa grande famiglia.
Il progetto missionario è il più importante a
livello internazionale e noi abbiamo l’obbligo
di confrontarci con i diversi Istituti affinché
possa esserci un miglioramento anche nel
nostro, sotto questo punto di vista.
In particolare, l’Istituto Massimo a Roma
ha intrapreso un progetto africano. Coloro
che ne hanno preso parte si sono dedicati
alla costruzione di una scuola a Ongata
Rongai e hanno sostenuto un orfanotrofio
nella baraccopoli di Kanobangl.
I membri dell’Istituto Leone XIII a Milano
abbracciano il progetto JEEP, Jesuit European Education Project. Gli studenti sono
chiamati a simulare i compiti delle diverse
fazioni del parlamento Europeo. Quest’anno
la fase finale di questo progetto avrà luogo
a Marsiglia. Gli studenti milanesi sono in
collaborazione con i compagni degli istituti
diretti dalla Compagnia di Gesù presenti
all’estero, tra i quali il Collegio di Marsiglia e
quello di Barcellona.
L’Istituto Cei di Palermo è dedito al progetto MAGIS. La fondazione ONLUS ha avuto
modo di crescere e diventare importante
grazie a vari incontri tenuti nella struttura
palermitana. Il maggiore fine di
quest’associazione è la formazione degli
orfani della provincia del Kasai Orientale,
nella Repubblica democratica del Congo.
Ad ogni modo, dalla nostra indagine risulta
evidente che tutti gli istituti della Rete hanno
lo stesso obiettivo: una formazione eccellente e globale che determina soprattutto
una maturazione e una crescita attiva nel
sociale.
Negli ultimi anni i membri di ogni istituto
collaborano sempre più, condividendo mete
di viaggi ed esperienze importanti poiché
l’unione di tutti gli studenti della Rete è una
delle maggiori prerogative delle nostre
scuole.
E questo non può che giovare a tutti agli
studenti e alla loro formazione!
Cosa ne pensate? Aspettiamo vostre opinioni e vostre testimonianze…
.
11
In diretta dalla Lega (Missionaria Studenti)
L’esperienza di Giulia Leone
21 Ottobre 2012
Cronaca della Giornata
Mondiale Missionaria
All’inizio può sembrare semplice, ma non è
così...
In compagnia è sicuramente meno difficile
superare l’imbarazzo iniziale ed è anche più
divertente. Motivati da una giusta causa, ci
siamo incoraggiati l’un l’altro e abbiamo
P
er la XIII Giornata Mondiale Missionaria la lega Missionaria Studenti ha organizzato un’attività che ha coinvolto gli alunni per raccogliere fondi da
destinare in beneficenza.
Di domenica mattina, superando la voglia di rimanere più a lungo a dormire, ci
siamo svegliati presto per recarci in Piazza del Gesù, punto d’incontro per iniziare
la nostra attività.
Abbiamo formato due gruppi. Il primo
gruppo, del quale facevo parte, ha lavorato di mattina mentre l’altro è stato impegnato
nel pomeriggio.
Dopo aver incontrato i professori davanti
alla storica chiesa del Gesù Nuovo e aver
preso i volantini da distribuire, abbiamo indossato il cappellino blu, segno distintivo
della LMS, e ci siamo divisi, percorrendo
strade diverse.
È imbarazzante, soprattutto per i più timidi,
svolgere un’attività di volontariato come questa: dover fermare persone che non si conoscono e chiedere loro del denaro.
chiesto a chiunque di contribuire, anche con
poco, per aiutare chi è meno fortunato ed è
costretto ad affrontare le difficoltà che la vita
gli ha riservato.
Il ricavato della raccolta è stato destinato
all’acquisto di beni di prima necessità per le
case famiglia che si trovano in paesi poveri.
È stato ribadito più volte e in diverse occasioni che nel nostro piccolo possiamo superare il nostro egoismo e adoperarci per migliorare le condizioni di chi non ha la possibilità economica di affrontare il quotidiano e
guardare con speranza al futuro.
Quella domenica siamo riusciti, più concretamente, ad aiutare il prossimo.
Tornata a casa, mi sentivo soddisfatta e
allo stesso tempo contenta perché avevo avuto la fortuna di incontrare persone, di ogni età e, con sorpresa, tra queste anche miei coetanei, che si sono
mostrate disponibili e fiduciose nel lavoro che svolgevamo.
Tutti possiamo, se vogliamo, impegnarci
perché si possano realizzare i sogni.
Basta crederci!
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In diretta dalla Lega (Missionaria Studenti)
L’esperienza di Alessandro Rea
Sighet
Una gioia che travolge
7-23 Luglio 2012. Sighet. Un'esperienza meravigliosa. Il mio viaggio è cominciato con
l'arrivo alla stazione centrale di Napoli. Lì ho
incontrato i miei amici e padre Angelo
Schettini, con i quali ho preso il treno che ci
avrebbe portati a Roma. E così è iniziata
quest’esperienza, non sapendo cosa avrei
fatto e senza nemmeno pensarci tanto. A
Roma, ho conosciuto i seminaristi di Posillipo, ma soprattutto ho incontrato i ragazzi dei
vari istituti d'Italia, la cui amicizia dura ancora adesso ed è sempre più forte.
Dopo la Messa, abbiamo preso un aereo e
un pullman, giungendo finalmente a Sighet,
distrutti e affamati. Ed ecco che cresce la mia
gioia nel ricordare la calorosa accoglienza e il
grande amore che la famiglia che mi ha ospitato ha saputo offrirmi quella notte, così come
per tutta la durata del campo, tanto che ancora adesso continuo a chiamare la padrona di
casa "mamma romena".
È dalla mattina successiva, però, che il mio
lavoro è iniziato. Desideravo prestare il mio
servizio in ospedale, accanto ai malati, ma mi
hanno affidato il compito di insegnare a scuola
a bimbi rumeni, il cui sorriso è grande e che
spesso mancano del giusto affetto.
Col passare dei giorni ho capito che la casa,
la famiglia, il cibo buono, quello preparato dalla mamma, che appena ti vede ti abbraccia,
come un sommozzatore che, ormai stanco per
l'apnea, finalmente torna in superficie e respira, gli amici veri, che sono con te anche se ti
trovi nell'abisso più profondo, sono cose che
appaiono scontate ai nostri occhi ciechi.
Nel frattempo, capivo che più insegnavo ai
miei alunni, insieme ad un'altra volontaria, più
ero felice di stare con loro. E più
vivevo quella cittadina e più comprendevo la povertà che domina
quei luoghi.
Nel complesso posso testimoniare che è stata una bellissima esperienza, ricca di gioie, di fatiche e a volte di dolori, come
quando siamo andati in visita ad
Auschwitz.
Adesso che sono a casa desidero ritornare da quelle persone
che ho lasciato, sapendo che esse hanno davvero bisogno di
qualcuno con cui parlare, giocar e ,
d i v e r t i r s i . . .
13
At Home
a cura di Roberto Vitiello
C
della loro vecchiaia. In particolare in Campania è tutto da programmare in tema di assistenza garantita.
hi è considerato “diverso” nella “Diverso” non è, però, solo il diversamente abile….
comunità sociale?
No, probabilmente il diversamente abile è la
persona che presenta una diversità, per così
Per i più il concetto di normalità è associato
dire, più visibile. Esistono tante altre realtà
a quello di ‘maggioranza’, ma accettare queche vengono catalogate tra le non normalità,
sta equazione ci porterebbe a considerare
magari non ufficialmente riconosciute, ma
anormali, ad esempio, tutti coloro che non
comunque fonte di comportamenti discrimiseguono il Grande Fratello o le partite di calnanti e di emarginazione.
cio. Ciò è ovviamente assurdo.
Nella nostra cultura viene espresso un bisogno di onnipotenza che condiziona la rispo- Di quali realtà parla?
sta alla diversità. Ad esempio, rispetto al pre- Parlo delle diversità legate alla razza, alla
sentarsi di una malattia grave ed invalidante, religione, alla fase del ciclo vitale (ad esemla società si sente attaccata e sfidata e si pio la terza età), all’identità di genere
preoccupa di essere accusata di inefficienza. (sessuale) o, semplicemente, all’essere donLa risposta è spesso di tipo compensatorio na in una comunità sociale in cui ancora il
(miglioramento delle risorse, aumento degli femminile è fattore che discrimina nel lavoro.
sforzi tecnici), ma non sempre è la risposta
vincente.
L’impegno efficientista delle scienze del XX
secolo è sconfitto dal “malato non curabile”
che con la sua presenza ci ricorda che non
possiamo pianificare tutto; in una società
concepita per i sani l’handicap, quindi, resta
una spina nel fianco.
Il diversamente abile è percepito e vissuto
come una presenza problematica, quasi imbarazzante, per il suo discostarsi dalle aspettative sociali; si affida alla cura riabilitativa il
compito di cancellare le differenze e quando,
dopo anni, ci si accorge che la differenza
non si riesce a colmare, spesso sopraggiunge l’oblio ed il totale rimando alla famiglia.
Si consideri che il 34% dei disabili vive con i
genitori e nel 90% dei casi l’unico riferimento
è la famiglia (fonte ISTAT).
Questa realtà è causa del cosiddetto problema del DOPO DI ME che affligge i genitori
dei ragazzi diversamente abili.
Non esistono, infatti, istituzioni sufficienti per
accogliere i portatori di handicap dopo la
morte dei genitori o con il sopraggiungere
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trascendere le individualità rendendoli capaci di provare il dolore degli altri o di gioire con gli
altri. Lo sforzo che bisogna compiere è quello di andare oltre
l’empatia naturale arricchendo
questa dote innata con la capacità di cooperare, socializzare,
al fine di produrre risposte sociali più adeguate.
Non nasciamo egoisti! Quindi,
non dovrebbe essere difficile per noi tutti- comprendere le ragioni di coloro che solo apparentemente sono “diversi” dalla cosiddetta maggioranza “normale”.
Come concluderebbe questo
suo contributo?
Quindi il diverso viene vissuto come una Con le parole di un bambino rumeno di 10 ansorta di “corpo estraneo” verso il quale si ni citato da una mia collega in un suo lavoro:
“Secondo me, i bambini, se non sapevano che
provano sentimenti di rifiuto…
erano nati tutti in paesi diversi, era più facile
Proprio così. All’immigrato, ad esempio, non andare d’accordo, anche da grandi”.
viene riconosciuto il diritto di vivere al pari degli altri, di integrarsi nel tessuto sociale affinché la sua identità non ne risulti mortificata e Intervista alla dott.ssa Lucia Somconferisca all’io di ciascuno il sentimento di mella, psicologa, psicoterapeuta,
vivere con dignità.
coordinatrice del settore psicotera-
La psicologia può aiutarci a cambiare que- pia centro di riabilitazione Dinastar
sta realtà?
Sicuramente il dialogo tra operatori professionisti e la rete istituzionale presente sul territorio,
nonché la gente comune, in
merito a queste tematiche può
risultare un utile punto di partenza per scambiare esperienze, idee, emozioni in merito.
Le neuroscienze, con la scoperta dei neuroni specchio, ci
ricordano che gli esseri umani
posseggono un software biologico che li predispone ad essere empatici sin dalla nascita, a
15
Il gazzettino dello sport
a cura di Dario Spiezia
U
na manifestazione sportiva che
potremmo definire, ormai storica.
Il Torneo Pontano, chiamato quest'anno
Pontano Superliga, ha preso il via nel mese
di ottobre sotto la guida di Paolo Pesce e
Alessandro Dimola.
I due organizzatori, con il loro contributo,
hanno fatto sì che il torneo iniziasse nel migliore dei modi, nonostante la partecipazione
di sole nove squadre.
La difficoltà principale incontrata dai due
coordinatori è infatti consistita nel reperire
squadre formate da giocatori esterni all'istituto Pontano.
Il torneo, dunque, si articolerà su nove giornate in cui si sfideranno otto squadre interne
all'istituto ed una sola squadra composta di
ragazzi provenienti da altre scuole, per un
totale di circa 56 partecipanti.
Ogni turno prevede lo scontro diretto di otto
squadre, mentre, a rotazione, una effettuerà
il riposo. Nella prima giornata lo stop è toccato alla squadra dei Pampers, mentre,
A.C.Hicchi - A.C.RT è finita 7 - 2, Furie Rosse - Stella Rossa 8 - 4, The Warriors - Sventoola 5 - 12 e Fellatio - Bho United si è conclusa con un pareggio 5 - 5.
La classifica, quindi, vede in prima posizione, con 3 punti, la squadra dello Sventoola,
capitanata da Pasquale De Carlo a pari punti
con A.C.Hicci e Furie Rosse, mentre, in seconda posizione, con un solo punto, ci sono
Fellatio e Bho Utd. A seguire, tutte le altre.
La seconda giornata, che ha subito numerosi rinvii per cause varie, vede protagoniste
Boh United contro Furie Rosse, The Warriors contro A.C. Hicchi, I Pampers contro
Stella Rossa, mentre la partita Sventoola vs
A.C.RT sarà rinviata a data da definire.
Fellatio riposa.
È facile prevedere il solito bagno di emozioni per tutti i partecipanti e per i loro tifosi.
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English Page
a cura di Andrea Matrone
We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed
by their Creator with certain unalienable Rights; that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.
Thomas Jefferson, Declaration of Independence, 1776
THANKS A LOT TO
MARIA CHIARA FUSCO
FOR THE PICTURE!!
W
e wanted to surprise you with
special effects! And so we decided to put up an English page! Our purpose
is to provide the same topic of the magazine
with an international twist, in a language
which is part of our daily lives. So in future
issues of the magazine we are going to
choose an English text to comment on it
without claiming to be exhaustive, but only for
the sake of sharing something with you. So
we accept your comments and suggestions to
improve this section.
Racial discrimination, often defined as ra-
cism, is based on the belief that
one race is superior to others.
This is founded on the idea
that people’s social behaviour
and moral characteristics are
predetermined by their inborn
traits such as skin colour or national origin. This has shown its
influence on wars, slavery, legislation and formation of nations. During the 19th century
scientific racism tried to provide
a racial classification of mankind and in the last part of the
century Darwin’s theory became the basis of the new nationalist and ethnocentric view.
Pureness of race, associated
with nationality and language,
was the motivating factor in social discrimination, violence and
racial segregation. In history
racism has been a major part of
the political and ideological underpinning of genocides such
as the Holocaust. It was also a driving force
behind the transatlantic slave trade, and behind states based on racial segregation, such
as the USA in the nineteenth and early twentieth centuries and South Africa under apartheid. Practices and ideologies of racism are
universally condemned by the United Nations
in the Declaration of Human Rights. In 1965
the United Nation General Assembly formulated the international convention on the
elimination of all forms of Racial Discrimination (ICERD) to promote understanding and
integration a among all races. Unfortunately,
white nationalism are and the “White Power
Skinheads”.
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Telephone conversation, by Wole Soyinka
Wole Soyinka was born in Nigeria in 1934. He moved to Great Britain in 1954 to study English
literature. When he went back to his home country, he became an active member of Nigerian
political life. He was arrested for his attempts to find a solution to the Nigerian-Biafran War.
During the twenty- two month spent in prison, he wrote several poems, published in the collection “Poems from prison”. Under General Abacha’s dictatorial regime, he was forced to
leave Nigeria secretly, but he greatly helped the country’s return to democracy. Back to his
country he became a national hero and in 1986 he was awarded the Nobel Prize for Literature.
The price seemed reasonable, location
Indifferent. The landlady swore she lived
Off premises. Nothing remained
But self-confession. “Madam,” I warned,
“I hate a wasted journey—I am African.”
Silence. Silenced transmission of
Pressurized good-breeding. Voice, when it came,
Lipstick coated, long gold-rolled
Cigarette-holder pipped. Caught I was, foully.
“HOW DARK?” . . . I had not misheard . . .
“ARE YOU LIGHT
OR VERY DARK?” Button B. Button A. Stench
Of rancid breath of public hide-and-speak.
Red booth. Red pillar-box. Red double-tiered
Omnibus squelching tar. It was real! Shamed
By ill-mannered silence, surrender
Pushed dumbfoundment to beg simplification.
Considerate she was, varying the emphasis—
“ARE YOU DARK? OR VERY LIGHT?”
Revelation came.
“You mean—like plain or milk chocolate?”
Her assent was clinical, crushing in its light
Impersonality. Rapidly, wavelength adjusted,
I chose. “West African sepia”—and as an afterthought,
“Down in my passport.” Silence for spectroscopic
Flight of fancy, till truthfulness clanged her accent
Hard on the mouthpiece. “WHAT’S THAT?”
conceding,
“DON’T KNOW WHAT THAT IS.” “Like brunette.”
“THAT’S DARK, ISN’T IT?” “Not altogether.
Facially, I am brunette, but madam, you should see
The rest of me. Palm of my hand, soles of my feet
Are a peroxide blonde. Friction, caused—
Foolishly, madam—by sitting down, has turned
My bottom raven black—
One moment madam!”—sensing
Her receiver rearing on the thunderclap
About my ears—“Madam,”
I pleased, “wouldn’t you rather
See for yourself?”
Written in the early 60s, this poem is based
on Soyinka’s own experiences in England.
It reports a telephone call made while looking for accomodation and it voices the difficulties a black person encounters in everyday life because of his skin colour.
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Un’Altra Musica
a cura di Flavia Rubino
P
orre in risalto la questione dello
“straniero” è un traguardo che la nostra redazione ha affrontato nell’inaugurare
la nuova rivista, con l’intento di dedicare uno
spazio di riflessione autogestito da noi. È risaputo che tale argomento, a volte sminuito
dalle grandi testate giornalistiche, vada rivisto e rivalutato. Il mio compito, per tale motivo, sarà di evidenziare lo stretto rapporto che
lega il tema ad una delle arti più apprezzate
nella storia: la musica.
Già da anni l’imminente problema
dell’immigrazione e del razzismo ha toccato
le corde più sensibili della nostra società e i
cantanti hanno tentano più volte di far emergere nelle loro canzoni tutte le emozioni represse dai fan. La musica, dunque, diventa
l’unico mezzo di espressione possibile per
allertare la popolazione su accadimenti e
sentimenti comuni quasi del tutto trascurati.
Ogni giorno assistiamo in modi diversi alla
svolgimento di tragedie animate da odio per
il prossimo, compromessi inarrivabili e incapacità di arrendersi. Aspetti che negli anni
hanno causato guerre continue.
Un odio immane, ormai inguaribile.
Morale? Forse non saremo mai tutti realmente fratelli. E la musica?
“Trovo inopportuna la paura per una cultura diversa”, canta Caparezza in Vengo
dalla Luna. Dire che qualcuno sia diverso
solo perché è di una nazionalità differente
dalla nostra mi sembra davvero surreale.
Eppure in Italia sempre più spesso accadono fenomeni indicibili, si attuano comportamenti disumani, sostenuti dalla paura
che qualcuno, in qualche modo, possa
danneggiarci.
Ma la cosa peggiore è ciò a cui sono spesso sottoposti gli stranieri: innumerevoli insulti e ammonizioni, oltre che un modo di
vivere disumano.
Così canta Angelo Branduardi nella sua Lo
Straniero: “la gente ci diceva non fidarti di
quell’uomo lui del mal ti farà, è un nemico
ma straniero mala sorte parlerà”.
Gli “extracomunitari” sono costretti a lavorare a volte per un guadagno spropositatamente inferiore a quello meritato, maltrattati come se non fossero costituiti della nostra stessa materia, come se non avessero anch’essi
un cuore nel petto. Questo rende l’uomo un
essere spregevole.
Dunque, cos’è l’ arte? L’arte è qualcosa capace di accomunare persone di tutti i paesi
sotto un solo sentimento, una sola sensazione.
E questo è ciò che fa la musica.
È questo che una canzone riesce a creare: il
senso comune di pace, amore e uguaglianza. Perché non importa se sei un “nero” o un
“bianco”, non importa che lingua parli. Hai il
sangue che scorre nelle vene dello stesso
colore degli altri.
Noi siamo il mondo, affermava M. Jackson in
una delle canzoni più belle del suo repertorio. È bello ciò che è naturale e We Are The
World esprime tutta la bellezza di questo
rapporto, un rapporto che rende ognuno di
noi un po’ più umano e meno “animale politico”, intento solo ai propri interessi.
Un cuore di musica al posto del silenzio di
una prigione sociale.
FOTO SCATTATA A BERGAMO
IN VISITA ALLA FABBRICA DEI
SOGNI—CONVEGNO CVX-LMS
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Foto di Lorenzo Nigro
Grazie a Yasmine Chakroun
per la foto in abito tipico scattata
con il fratello Salim!!
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Il concorsone fotografico
a cura di Lorenzo Nigro
Grazie a Salim Chakroun per
aver messso a disposizione
del giornalino le sue foto.
Nel deserto….
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C’era una volta…
U
n giorno nel nostro quartiere arrivò un cane che sembrava diverso da tutti noi. Si
chiamava Rudi. Il suo pelo non era lucido come il
nostro e non aveva il collare tempestato di diamanti. Si comportava in modo strano. Ci raccontò di
essere stato abbandonato, quando era ancora cucciolo. Io provavo compassione per lui, mentre tutti
gli altri, compreso il mio amico Jack, lo deridevano.
Io cercavo di inserirlo nel nostro gruppo, ma finii
per litigare con Jack che cercava di ostacolare in
tutti i modi l’amicizia tra me e il nuovo arrivato.
Passò il tempo e alla fine io e Rudi diventammo
letteralmente inseparabili. E anche il gruppo lo
accettò, dopo che Jack si era trasferito in un altro
quartiere.
C
Le Favole scritte da Noi
ome ogni mattina mi svegliai sulla
linea di fondocampo. Era sabato e, come sempre,
Josef arrivò sul campo da tennis per disputare una
partita. Con lui c’era anche la racchetta Andrea,
con le nuove corde tese. Josef iniziò a scaldarsi, impugnando la racchetta ed iniziò a “schiaffeggiare”
la PallaBovy. Dopo qualche minuto mi afferrò con
la sua grossa mano e mi ritrovai faccia a faccia con
Andrea che mi squadrò e mi disse: “Ehy, stupida
palla, ci divertiremo oggi”. Con aria malvagia iniziò a farmi girare la testa, ma la implorai:
“Fermati, lasciami stare”. Dopo trenta minuti di
sofferenza Josef ci afferrò, inserendoci nella stessa
borsa, iniziammo ad interloquire, facemmo pace e
diventammo grandi amici.
La favola insegna che, anche se si è diversi, bisogna Questa favoletta dimostra che, perdonando, si vive
accettare gli altri così come sono, perché potrebbero felici!
dimostrarsi migliori di quello che pensiamo.
Massimo Rega, Cristiana Cuccurullo, Pierluigi
Francesca Cusati, Andrea Tipo, Carolina Car- Rosato
bone
I
n un deserto vi erano diversi cammelli e solo io ero un dromedario. Fin da piccolo mi
sentivo escluso: tutti i cammelli avevano infatti
due gobbe e io soltanto una. I cammelli mi prendevano spesso in giro con stupide e cattive battute.
Mi chiamavano: “Il mono-gobba”. Ogni giorno,
tornando a casa, piangevo. Mi sentivo diverso da
tutti, ma sapevo fare una cosa in più rispetto agli
altri: io sapevo cantare…
Antonio De Rosa, Maria Cristina Bova, Valerio
Di Palo
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C’era una volta…
Le Favole scritte da Noi
P
I
l mio nome è Andrea. Io e la mia famiglia vivevamo in un rifugio insieme ad altre famiglie. Poi alla porta sono arrivate due donne che hanno dato tanti soldi ai miei genitori e a quelli di Rosa, la mia migliore amica. Le due signore ci hanno
preso per un braccio e ci hanno portato via. I miei
genitori sembravano contenti perché le loro facce
erano felici. Rosa piangeva. Dopo poche ore di viaggio in autobus siamo arrivati al cancello di una fabbrica di jeans. In quel momento ho capito che non
ero più un bambino. Per molti mesi ho lavorato in
quel tugurio, mentre ogni giorno sentivo fuori dalla
finestra bambini che si divertivano e giocavano per
le strade. Avevo 11 anni, quando un giorno arrivò
una signora. Sembrava una donna buona. Attirai
La favola insegna che nell’amicizia non esistono subito la sua attenzione. Diventammo molto amici e
differenze.
venne a trovarmi ogni giorno. Poi per un periodo
non venne più. Ci rimasi male. Un giorno finalNunzia Zeno, Lucrezia Della Pietra
mente tornò e mi portò via da quel luogo….
ochi anni fa in una biblioteca vivevano vari libri. Tra questi in particolare c’era un libro
d’avventura chiamato Harry Glotter. Harry, quando andò a vivere in quella biblioteca, conobbe un
Romanzo Rosa di nome Colazione da Darcy. Divennero subito inseparabili. Un giorno, mentre erano
impegnati a chiacchierare, si avvicinò a loro un antico libro. Le sue pagine con il passare degli anni si
erano ingiallite. Supponeva che i libri di diverso
genere non potessero essere amici, poiché erano
molto diversi tra loro. All’inizio i due pensarono
che fosse vero, ma si accorsero presto che non potevano stare l’uno senza l’altro. Da allora la loro amicizia si rafforzò ancora di più.
Sergio
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NEL PROSSIMO NUMERO
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