Mare e bosco, il regno dell`Ogliastra

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Mare e bosco, il regno dell`Ogliastra
Baunei
Mare e bosco,
il regno dell’Ogliastra
Si va nel fascinoso
mondo dell’Ogliastra, con le sue
formidabili tradizioni che molto parlano anche di cibo. Da Sud, verso
Tertenia, nota per i suoi formaggi, c’è un incontro di rocce e spianate fertili, altipiani e laghetti artificiali, torrenti e boscaglia, massi solitari; “pirastru” (pero selvatico) e montagna, foraggiere, vigneti e oliveti collinari.
Spazi aperti, dalle variabili tonalità di verde, gustosissimi fichi d’india e
“quel” mirto del mito sardo, liquoroso e non solo: con i suoi rametti s’infilzano i tordi lessati (e coperti appunto di mirto) per prepararne spiedini, le deliziose Tacculas. C’è una sensazione d’inesplorato, tra aranci,
peschi, rilievi archeologici e pecore sul greto d’un corso d’acqua, mentre
lo sguardo corre già a esplorare le mille forme del carsismo e dei suoi
monumenti naturali, in lontananza. Terra antica anche di Cannonau, a
Jerzu, Città del Vino, dove già dal 1130 si parla di una donazione di vigne
in un atto notarile; di agricoltura e turismo in crescita esponenziale; di
p e r l e d e l l ’ A l t o T i r re n o
Infine, si compie il salto verso Baunei, antico centro di
pastori e boscaioli, il cui nome potrebbe derivare dal greco “Bainos”, ovvero “fornace per fondere i metalli o per
cuocere la roccia calcarea per ricavarne la calce”.
pane Pintau (decorato) e Pistoccu, o Conciu perché cotto nel vino; e
dolci derivati dall’abbondanza di mandorli (gattou, amaretti) da Cardedu e dintorni, a Barisardo.
La salubrità del clima, a Lanusei, tappa del TreninoVerde che raggiunge le alture panoramiche di Pizzu Cuccu e Su Carmu, è un ulteriore
invito a conoscere la storia di questo centro importante, tra le culle della
cultura ogliastrina, sede pure dell’osservatorio astronomico, sulla cima
del Monte Armidda. Da qui, l’itinerario si lascia attrarre dal borgo di Villagrande Strisaili, con i suoi allevamenti di visoni e maiali, quaglie e
ovaiole; e la sua produzione di miele e notevoli formaggi caprini; oppure si guarda alla finestra sul mare di Tortolì. C’è Arbatax, con il porto e,
alle spalle del cantiere nautico, verso la spiaggia di ponente, le peschiere
che abbondano di vongole veraci, ostriche ricercate; orate, spigole,
mormore, ma anche di anguille e triglie; ed ancora, tutti i tipi di
Baunei
La capra...
servita in 200 spiedi
A SANTA MARIA Navarrese,
sbocco marino e portuale di
Baunei, il sabato dopo
Ferragosto, per la festa
dell’Assunta, accanto alla
chiesetta del 1050, si celebra una
sagra della capra (si preparano
200 spiedi), che è l’emblema di
una cultura pastorale
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straordinaria che non ha subito
alcuna mutazione indotta dal
turismo ma che anzi dall’incontro
di culture diverse, ancorché
vacanziere, trae una maggiore
consapevolezza. Il “sacrificio”
collettivo degli animali bradi svela
un segreto... naturale. Sugli
impervi rilievi calcarei, per mesi,
muggine presenti nel Mediterraneo che, dunque, consentono la produzione di una bottarga di alto pregio. Per il resto, la pesca, qui come altrove sulla costa tirrenica, ha assorbito i mestieri degli uomini di mare arrivati dall’isola di Ponza, da un secolo e passa.Vi si pratica anche l’ittiturismo, opportunità che in pochi si lasciano sfuggire, non solo per godersi
un piatto di gamberi appena catturati nell’acqua cristallina. Orientandosi
verso l’entroterra, si diventa facile preda delle meraviglie del Supramonte con la sua roccia calcarea modellata dall’acqua e dal vento, che fa il verso alla porosità del sughero; e degli ogliastri millenari che inducono a
svoltare fino alle calette di Santa Maria Navarrese con il suo porticciolo
turistico, tra campi di fave e vigne, giardini. La cucina assorbe tutte le sollecitazioni di queste montagne sul mare pure nell’accostamento di vongole e funghi, con cozze, patate e bottarga. Infine, si compie il salto
verso Baunei, antico centro di pastori e boscaioli, il cui nome potrebbe
derivare dal greco “Bainos”, ovvero “fornace per fondere i metalli o per
cuocere la roccia calcarea per ricavarne la calce”. Un significato che racchiude uno stile di vita e, soprattutto, un territorio di falesie, bastioni e
guglie; di altipiani basaltici come il Golgo e voragini come Su Sterru, che
è la più profonda del continente europeo (290 metri). L’aquila reale e del
Bonelli; il falco pellegrino e della Regina: volano alti a scrutare i mufloni
e, in particolare, i cinghiali che, naturalmente, abbondano anche sulla...
tavola. Un patrimonio faunistico e naturalistico che è al cuore di sentieri
per il trekking, tracciati con assoluta precisione: guide specializzate accompagnano ogni anno migliaia di esploratori della meraviglia paesaggistica che non trascurano i 120 villaggi nuragici, le venti tombe dei giganti
ed i cinque templi d’adorazione, opere megalitiche che contribuiscono a
definire il carnet di emozioni. Scorci vertiginosi tra i quali saltellano inLa cordura di agnello allo
spiedo. Su in alto, Baunei
immersa nel verde
le capre non bevono acqua e si
cibano solo di germogli della
macchia mediterranea: il latte e le
carni mutuano così un sapore
unico. E, nell’arrosto, si sublimano
in profumi ineguagliabili. Come
per sa Tratalia, gli spiedini
preparati con le animelle coperte
con la retina (sa Nappa).
Baunei
Su cunfettu, mandorle e arance
per il matrimonio
È IL DOLCE DEL MATRIMONIO a Baunei. Un’icona del gusto, principe del
rinfresco nuziale, su Cumbidu, servito subito dopo la messa. Il mercoledì
prima della festa, si riuniscono le donne delle famiglie della sposa e dello
sposo: prima di procedere recitano una formula augurale, seguendo una
tradizione vivissima. Gli ingredienti? Mandorle, bucce d’arancia e miele.
La scorza d’arancia si fa essiccare dopo aver eliminato la parte interna
bianca. Le mandorle sbucciate, lessate brevemente e tagliate a spicchi
lunghi, si fanno tostare al forno. Le scorze si immergono in acqua bollente, si eliminano accuratamente i residui bianchi; macinate, si avvolgono in
un sacchetto di lino, che viene lavato, spremuto e cambiato più volte fino
a quando l’acqua perde l’agro e la tinta giallastra. Si strizza e si asciuga. Il
miele, in quantità uguale (come volume) alla scorza d’arancia, si versa
in una bacinella di rame pulita con aceto e sale. Nel recipiente,
con un pezzo di sughero, si evita che il verderame si sciolga e rovini l’impasto. A fuoco basso, si mescola senza
interruzione con un bastone tondo e lungo: in
piedi, perché occorre molta forza. Si aggiungono le mandorle rimescolando con
vigore. Su un tavolo di legno bagnato, si
stende l’impasto con un mattarello fino a
raggiungere lo spessore di un centimetro.
Si lascia raffreddare e, con un coltello, si incide formando rombi di cinque centimetri per
lato: si poggiano su foglie d’arancio e si servono con del vino bianco dolce.
Bottarga,
l’oro dello stagno
NELLA LAGUNA di Arbatax,
gestita da una storica cooperativa
di pescatori, si pescano tutte le
specie di pesce della zona. Dal
cefalo, il mugil cephalus, si
produce la famosa bottarga dello
stagno di Tortolì. I cefali adatti si
prelevano negli impianti di
cattura: si trovano in
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corrispondenza del canale che
unisce il mare alla laguna, nel
periodo durante il quale i pesci
tentano di raggiungere il largo per
deporre le uova. I cefali sono
eviscerati, e le uova che si
trovano al loro interno, nella
sacca ovarica trasparente,
vengono asportate. La sacca
differenti le capre: forniscono latte, formaggi
e carni che caratterizzano da sempre l’alimentazione locale. La capra si fa arrosto o, oggi più
raramente, in panada, ed è il proseguimento
perfetto di primi piatti di pasta fresca, a cominciare dai culurgiones, ravioli salati che qui hanno una forma rotonda, e si preparano con il caprino, le patate, senza menta, e il sugo di pomodoro fresco.
Sul Golgo, l’area che ospita la chiesetta di
San Pietro (è della seconda metà del XVI secolo, e vi
si celebra una seguitissima festa campestre), c’è un ovilerifugio dove i culurgiones si fanno con il caprino freschissimo: si sciolgono letteralmente in bocca. Qui ci sono i resti della antica strada romana
orientale, tra piscine nuragiche basaltiche, abbeveratoi di asinelli, mucche e maiali bradi incrociati con i cinghiali. Se si decide di seguire altri
percorsi montanari, lungo i vecchi sentieri tracciati dai carbonai fino alla
riva del mare, a Cala Sisina, a Cala Biriola (e siamo già nel golfo di Orosei) si fanno ulteriori scoperte: quella, ad esempio, del forno dove si metteva a cuocere il pane di ghiande. Pesante, poverissimo, impastato con
l’acqua d’argilla: Lande cottu o Pan’ispéli. La memoria va ai tempi in
cui dominava l’essenzialità del cibo, e il pesce non veniva consumato: i
contadini non sapevano cosa farsene delle aragoste barattate con i pescatori in cambio di frutta, ortaggi. Dal mare, si prendeva solo ciò che aveva
un senso pratico: lo testimoniano gli ovili costruiti con i pezzi di un relitto negli anni’60...
In alto, una scultura di pane.
Qui sotto la bottarga di
Arbatax affettata col classico
coltello sardo.
A sinistra, su confettu.
viene messa sotto sale per un
paio d’ore, e quindi lavata.
Successivamente si sistema il
prodotto in una sala di
essiccazione per quindici giorni
circa ad una temperatura di 15
gradi. La bottarga è così pronta
per essere confezionata e
commercializzata.
Baunei