A Vicoforte c`è il mare! Remigio Bertolino

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A Vicoforte c`è il mare! Remigio Bertolino
A Vicoforte c'è il mare!
Remigio Bertolino, rabdomante di storie
di Federico Carle
Vicoforte è un paese di tremila
abitanti a trenta chilometri da Cuneo
e quaranta in linea d’aria dalla costa;
coi suoi seicento metri d’altitudine è
una cittadina quasi di montagna. Ma
a Vicoforte, c’è il mare! “Il poeta
Francesco Comino diceva che
Mondovì Piazza (la parte alta di
Mondovì, ndr) vista da qui sembra
la prua di una nave”, racconta
Remigio Bertolino con un sorriso.
Effettivamente una frase del genere
non potrebbe far altro che sorridere,
ma non è così. Andiamo per ordine. Bertolino è un poeta dialettale, uno dei più importanti d’Italia. Scrive nella parlata di Montaldo
Mondovì, dov’è nato, anche se oggi vive nella suggestiva via delle Cappelle, che porta a Vicoforte.
Ha sessantott’anni e dopo aver insegnato a lungo alle scuole elementari oggi si gode la pensione e
scrive di quel “mondo di voci e di silenzi che non c’è più”, delle storie della gente che ha conosciuto
nella sua infanzia: “Un universo di saggi e di vinti che vivevano con sforzi enormi, con grandi
fatiche e che tuttavia mostravano serenità; persone che seguivano il ritmo delle stagioni senza
affanni". Gente che ha lasciato una scia di luce, e che lui chiama i lümìn, le lucciole.
Ci accoglie a casa sua e percorrere via delle Cappelle sembra di salire in un altrove mistico, verso il
luogo della poesia che non ha tempo né spazio, come un paradiso: “Il progetto iniziale delle
cappelle, racconta, è del Seicento, ma queste che vediamo sono dell’Ottocento. Avrebbero dovuto
essere quattordici, dedicate al rosario, ma solo cinque vennero costruite”. Oggi molte hanno la copertura in
rame come il santuario di Vicoforte,
dalla cupola ellittica più grande del
mondo. Rame ossidato, verde rame o verde mare, perché lì, dicevamo,
c’è il mare! Il mare d’inverno – cioè di neve - prima di tutto: “Mar dla fiòca,/ ënco fiòca/ sensa fin... (Mare di
neve,/ ancora neve/ senza fine…)”, metafora che Bertolino fa propria, forse perché il Monregalese è
terra di confine per antonomasia tra Langhe, montagna e Liguria. Via di transito in cui qualcosa al
mare va sempre (come la neve in primavera) e altro ritorna. Perché dal mare arriva il Marìn, “il vento
umido che a febbraio scioglie la neve, e fa apparire i primi bucaneve come un miracolo”. Però Mare, in dialetto, vuol dire anche “madre”. Quella che il poeta perse quando era adolescente:
“È morta d’infarto nella neve quando ero piccolo; era venuta a piedi da Montaldo a Mondovì, per
parlare coi professori. Andavo bene, sarà morta felice almeno…”, dice con un sorriso di nostalgia.
Quella madre assente che la poesia ha cercato di colmare. Una presenza femminile che salva: la
natura, l’acqua, la luce, la neve, la parola… “Për la poesia/ e j’orfanej/ la fiòca a l’eva/ na bon-a
mare (Per la poesia/ e gli orfani/ la neve era/ una buona madre)”. Alto, magrissimo, essenziale: Remigio Bertolino è come la sua poesia, come quelle storie che non
ammettono svolazzi retorici perché è il dialetto di Montaldo a essere così: “Vicino alle vicende che
volevo descrivere; una parlata più dura, per esempio, rispetto alla koinè torinese e per questo più
vera”. Ma il mare restituisce, anche. Per la
valle la cosa più preziosa che
arrivava dalla Liguria era il sale, e i
Savoia
lo
sapevano
bene.
Nonostante Mondovì avesse sempre
goduto di libertà dal pagamento dei
dazi sul sale, a un certo punto i
sovrani imposero una gabella sulla
merce che arrivava lungo la Via del
sale. Tassa che fece insorgere la
popolazione e scatenò due guerre:
una nel 1680, quando la situazione
venne controllata; l’altra nel 1699
quando
non
ci
fu
pietà.
Deportazioni, stupri, decapitazioni e
violenze. “Tagliarono tutti gli alberi
di castagno, che allora erano una delle poche fonti di sopravvivenza del territorio. Sette delle nove
frazioni distrutte. Fu una tragedia che mio padre raccontava sempre la sera davanti al fuoco, perché
come una sorta di Omero voleva tramandare il ricordo per un fatto così cupo, per paura che
andasse perso”. La sua ultima raccolta poetica, Litre d’ënvern (Lettere d’inverno), uscita per Aragno nella collana di
poesia diretta da Giovanni Tesio, un’intera sezione è dedicata alla Guerra del sale: “Tesio dice che le
mie sono ‘parole di legno’ perché dure, semplici, ma vive. Come il legno che ha calore, venature e si
adatta ai tempi pur rimanendo nella propria compattezza”. Ma cos’è la poesia per Remigio Bertolino? “Uno strumento archeologico quasi, uno scavo alla
ricerca delle nostre radici attraverso la lingua. È come strofinare le vecchie pentole di rame che una
volta pulite rilucono di nuovo, riverberano di luce. Perché un altro elemento importante per me è
proprio la luce e il fuoco”. E se alcuni le dicessero che la sua poesia è totalmente anacronistica
perché rappresenta una sorta di Spoon River di un mondo ormai morto, cosa risponderebbe? “La mia
non è una poesia crepuscolare, ma zenitale. Queste vite sono rappresentate nel massimo del loro
acume, come se impressionassi una lastra fotografica nell’istante di maggiore luce, sono degli Sbaluch (Bagliori), per citare un’altra mia raccolta. Vite misere, ma splendide e splendenti. Vite
viventi e non morenti. Perché se la poesia è sogno, come diceva Calderon de la Barca, e se ciascuno
cresce solo se sognato, come sosteneva Danilo Dolci, sognare queste vite e depositarle sul foglio le
fa continuamente vivere, attraverso di noi. Per ricordarci chi siamo stati e dove andiamo”. Ma Davide Rondoni diceva anche
che “la poesia mette a fuoco la vita”.
Cosa significa vivere a Vicoforte
facendo poesia? Vicini cioè alla
cupola ellittica del santuario di
Vicoforte? L’ellisse ha per natura,
geometricamente, più fuochi: è un
cerchio schiacciato, un centro fuori
dal centro o con più centri… “È così
tutta la mia vita, schiacciata fra più
fuochi, disallineata: sono sceso da
Montaldo, dalla Roamarenca (la
strada del mare, letteralmente - ecco
il mare, ancora una volta) per
andare a studiare a Mondovì. Lì il
mio insegnate (il padre di Flavio
Briatore, ndr) mi strappò il primo quaderno e lo buttò nel fuoco: ‘Cosa perdi tempo scrivendo versi’,
mi disse, ‘studia piuttosto!’. Da quel giorno è nata la mia voglia sovversiva di capire la vita con la
poesia, forse naufragare anche…", ride. Curioso, soprattutto per uno che si chiama Remigio, cioè
“rematore”. Ma curioso anche perché San Remigio, festeggiato il primo ottobre, un tempo
coincideva proprio con l’inizio dell’anno scolastico, al cui nome alcuni associano la parola
rimedium, inteso come rimedio spirituale. Ma la poesia è rimedio, salva? “Aiuta!”. E se lo dice uno come lui che ha ottenuto premi importanti,
ci si deve credere. Per citarne alcuni il "Pascoli" e il "Lerici Pea", intitolato alla memoria dell’amico
Paolo Bertolani, che da ligure, quasi come un controcanto ideale, scrisse Raità de neve (Rarità della
neve). Inoltre Bertolino, da vicepresidente dell’associazione culturale Gli Spigolatori, ha fatto venire
a Mondovì, tra gli altri, niente meno che un premio Nobel: “Sì, Nadine Gordimer, Nobel per la
Letteratura, ha presentato qui un suo racconto inedito; aveva una figlia residente qui vicino, a
Briglia, e quando l’abbiamo scoperto non ci siamo fatti scappare l’occasione”. Insomma, se qualcuno avesse pensato di trovare un eremita o un asceta isolato nell’incontrare
Bertolino si sarebbe sbagliato. È piuttosto uno stilita, un’antenna che capta messaggi; un rabdomante
di storie. Ed è bella l’immagine di una sua poesia intitolata "Il Profeta", in cui il contadino d’inizio
Novecento “Cin” s’inginocchia e prega ogni volta che deve falciare l’erba, nel rispetto massimo del
Creato: “It ciam përdon/ se la rosà dë staneucc/ a treuvrà pì ël taragnà/ da pende soe stèile. (Ti
chiedo perdono/ se la rugiada di stanotte/ non troverà più ragnatele/ per appendere le sue stelle.)”. Bello perché è giusto non dare sempre tutto per scontato, e la poesia di Bertolino in questo aiuta. Per
alzare lo sguardo e cambiare almeno il punto di vista, per mettere a fuoco. Perché inaspettatamente a
volte anche una periferia può farsi centro, come la montagna può diventare mare.