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P R I M O P I A N O I N T E R V I S T A Annalisa Minetti oltre gli ostacoli © pinko pallino Storia di un’eclettica molto volitiva Annalisa Minetti nasce il 27 dicembre 1976 a Rho, in provincia di Milano. Papà ispettore di Polizia, mamma casalinga, è la primogenita di quattro figli - due sorelle e un fratello - tra i quali Fabio ha avuto un problema alla nascita, un ritardo mentale per una sofferenza spinale e Francesca, l’ultima, ha il suo stesso problema, la retinite pigmentosa che la porterà alla cecità. Poi c’è Valentina. Per i genitori una vita sempre complicata, ma le risposte in famiglia sono sempre venute dalla fede. A cinque anni Annalisa inizia con la danza, che proseguirà sino ai nove anni. A dodici anni è già modella nei fotoromanzi, la reclutano in un villaggio vacanze in Puglia, la mamma è consenziente. Lavora molto per Grand Hotel, testata storica di fotoromanzi e per i cataloghi del prêt à porter. Poi, a quindici anni, aiutata dallo zio Michele, già cantante negli anni Sessanta, scopre il mondo della musica, confortata da una voce di talento. Comincia come voce solista di un duo. Si propone nei piano bar tra Crema e Cremona, proponendo cover di Prince, Ray Charles, Celine Dion e Aretha Franklin, la sua cantante preferita. Nel frattempo, si iscrive alla scuola tecnica, corso di odontotecnica, che è costretta a lasciare per i problemi di vista. Si diploma poi in Ragioneria. A vent’anni la diagnosi irreversibile: retitinite pigmentosa e degenerazione maculare. Vale a dire progressiva cecità. Lei continua a esibirsi nei piano bar dove, una sera, accetta la proposta di sfilare per Miss Lombardia e vince. L’anno dopo parteciperà al concorso di Miss Italia, che conclude al settimo posto. Patron Mirigliani le dà l’opportunità di esibirsi accompagnata da Fabrizio Frizzi al piano in “Caruso” di Lucio Dalla. Due mesi dopo è a Sanremo Giovani con la canzone vincente “L’eroe che sei tu”. Secondo round, seconda vittoria con “Senza te o con te”. È il febbraio 1998, vince tra i Giovani e anche tra i Big. Nel 2007 riceve la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione. Il 3 gennaio 2008 diventa mamma di Fabio Massimiliano. Nel 2010 debutta come atleta e nel 2012 arriva la medaglia di bronzo alle Paralimpiadi nei 1.500 metri, distanza che non le è congeniale. Esce in questi giorni nelle librerie “Iride, veloce come il vento” (San Paolo), libro nel quale Annalisa si racconta. In una vita irta di difficoltà, a partire dalla retinite pigmentosa che l’ha resa cieca a vent’anni, la cantante milanese si è scoperta atleta di successo e a Londra ha trovato gli applausi di tutti. Dotata di tempra, di volontà strenua, ha nella gola e nelle prime vie respiratorie un lato debole che la costringe spesso in farmacia dove trova, per fortuna, “camici sempre amici” DI SERGIO MEDA N essun regalo dalla sorte, nessun successo a buon mercato, anche se qualche imbecille la pensava avvantaggiata dal suo handicap. Annalisa Minetti, ipovedente già a vent’anni, è cieca da molto tempo ma nulla e nessuno le proibisce di confrontarsi con i suoi limiti, per il semplice motivo che ne ha pochissimi. Talento plurimo, la bellezza vale solo agli esordi da fotomodella, al confronto per Miss Italia che non vincerà, sarà solo settima con qualche polemica - mostra qualità notevoli come cantante, tanto che il festival di Sanremo la premia, prima di rivelarsi, già adulta, atleta di eccellenza. La popolarità della Minetti - quella esente da critiche, l’Annalisa delle limpidezze - è esplosa con lo sport, dapprima in atletica leggera, settore mezzofondo, prossimamente nel ciclismo su pista, nel quale si cimenterà. Nel confronto fra agonisti strenui è emersa l’Annalisa che la gente ammira incondizionatamente, capace di ogni cosa, volitiva come pochi. Senza volerlo ha sempre pagato più del dovuto, persino la medaglia paralimpica, il bronzo conquistato a Londra, è un gioco bizzarro della sorte. Non solo l’hanno obbligata a gareggiare su una distanza inadatta (le hanno cancellato gli 800 metri piani, ha dovuto preparare e correre i 1.500) ma l’hanno messa a confronto con due atlete ipovedenti che hanno fatto gara a sé. Lei ha chiuso al terzo posto, medaglia di bronzo, non d’oro come sarebbe stato giusto. Colpa del Comitato olimpico internazionale, che ha ridotto il numero delle gare per esigenze televisive, accorpando atleti con gradi diversi di disabilità. Annalisa non si è lagnata, non ha mai lamentato ingiustizie, detesta anche solo l’idea di essere compatita. Si tratta di capire chi è oggi Annalisa Minetti. La parola a lei. Affinché si racconti in estrema sintesi. Chi sono è abbastanza semplice: una cantante costretta ai soli concerti per campare, visto che gli album non danno più di che vivere. Una moglie e una mamma che sta poco con Fabio, un bimbo bellissimo di quattro anni, un po’ sacrificato dalle attività frenetiche dell’ultimo anno per via dello sport che è la più recente scoperta e una vera passione, che non è un lavoro, purtroppo. Ci faccia capire, lei non ne ha vantaggi economici? Nessuno sin qui, non ho sponsor, forse lo sport interpretato dai disabili non ha ancora consistenza e quindi manca di valore economico. Al momento lo sport per me è pura dedizione, mi fa star bene, intendo di testa e di fisico. E tanto basta. Quindi l’avventura londinese rimarrà un episodio isolato. Ma nemmeno per sogno, intendo andare a Rio de Janeiro fra quattro anni e penso di farlo non solo negli 800 di atletica, la mia gara, ma di frequentare l’Olimpiade anche nel ciclismo su pista, nell’inseguimento. Sono specialità compatibili, sto già scegliendo chi mi accompagnerà sul tandem. Alla guida ci sarà una figura di riferimento di cui non voglio ancora fare il nome. Quanto all’atletica, spero di avere ancora al mio fianco Andrea Giocondi che mi ha avviato al mezzofondo. Io posso migliorare, lui dice che sarà vecchietto, con quattro anni di più. Ora ne ha 43. Spero di non doverlo avvicendare, è stato determinante per me. Oltretutto vi lega un cordino, correte fianco a fianco. Certo, quando Andrea mi dice «vai per quello che hai, a tutta» non è che lui si fa da parte. Dà anche lui il massimo. Qual è il prossimo appuntamento sportivo di rilievo? In pista i Mondiali di atletica paralimpica, a Lione, in Francia, dal 20 al 29 lu- > puntoeffe 13 P R I M O P I A N O I N T E R V I S TA Lo sport non è arrivato un po' tardi nella sua vita? A quello agonistico sono arrivata dopo i trent’anni, ma ho sempre lavorato sul mio fisico. Mi sono potenziata in palestra, a sedici anni ho cominciato anche la pesistica, ma aveva controindicazioni nell’eccessiva massa muscolare, del tutto inutile, e allora optai per l’aerobica. A diciannove anni la malattia, la retinite pigmentosa, mi ha fatto fare ulteriori scelte, ho pensato di imparare cose da insegnare agli altri. Aikido, Jujitzo e Tai chi sono stati la maniera per uscire dalla logica del mio muovermi nella mia realtà. Ho scelto tutte discipline che si muovevano intorno a me, che già non vedevo più, al massimo intuivo. Poi ho fatto step, fit boxe perché non potevo prendere lezioni ma potevo darle. C’è qualcosa che accomuni il canto e lo sport? Provi a considerare il vantaggio che dà la respirazione diaframmatica, mi dicono che un sacco di atleti respirano male. Problema che in effetti non mi tocca, io lavoro sempre di diaframma com’è giusto fare, come si respira da bambini. glio del 2013. Non posso mancare di far bene, devo velocizzare il recupero, ritrovare il passo sulla mia gara. Andrea dice che ho bei piedi, atleticamente, devo ritrovare le spinte giuste. Sacrifici tanti, immaginiamo, per fare sport avendo un’attività pubblica fatta di serate qua e là per la penisola, mentre s’imporrebbe una vita ben cadenzata. Come conciliare impegni così diversi? Tenga presente che quest’anno avevo una tournée con quaranta date e spesso sono andata in campo, ad allenarmi, dopo nottate trascorse in viaggio, magari con un paio di ore soltanto di sonno profondo. Giocondi ogni tanto mi faceva domande, non sapendosi spiegare certi cali di rendimento. Conoscendomi bene, non si capacitava. La battuta era «oggi non ci sei con le gambe» e io zitta, non potevo dirgli di essere ai minimi termini. 14 puntoeffe Conta sempre la volontà, rispetto al resto? Per me sì, le racconto cos’è accaduto quando mi sono resa conto di un errore involontario nella scelta degli studi. Frequentavo da tre anni un corso per odontecnici ma i professori, visto che la mia vista regrediva, mi suggerirono di trovare altre strade. Dovevo scegliere un altro istituto tecnico e quando un professore mi suggerì di trovare qualcosa che non comportasse la matematica, dove non ero brillante, scelsi Ragioneria per fargli un dispetto. Quando presi il diploma mi recai da lui e glielo sbattei sotto il naso. Non c’è verso di dirmi di non fare una cosa che mi va, perché mi impegno allo spasimo e la faccio, senza indugi, senza tentennamenti. Lo sport impone sacrifici, anche di tipo alimentare. Per allenarsi ha dovuto osservare una qualunque dieta? Giocondi ci ha provato, lui è uno che militarizza un po’ tutto, ma gli è andata male. Ha tentato di farmi seguire da un nutrizionista ma non c’è verso, mangio di tutto e in abbondanza. Mai ho seguito una dieta in vita mia. Faccio dei disastri, mangio Nutella, la pasta mi piace molto. Il fisico mi avvantaggia, non c’è dubbio, devo ringraziare il metabolismo che funziona benissimo. Brucio tutto quello che mangio. Quindi lei improvvisa, in qualche modo, mentre dà l'idea di essere un soldatino, rigorosissima. Impressione lecita ma completamente errata. L’improvvisazione si accompagna agli artisti, che non sono mai scontati, ma io improvviso quando prevengo e lo faccio. Prevenire è sempre meglio che curare, non l’ho inventata io. A proposito, il suo fisico dà sempre le risposte attese? Vero niente, mi chiamano “cerottino” perché ne ho sempre una, sono un disastro. In farmacia vado spesso e compro parecchio per i miei problemi che si legano alle infreddature, ai disagi che mi colgono alla gola. Di antinfiammatori, spray e caramelle faccio buon uso, sono spesso sotto trattamento di farmaci. Purtroppo non posso permettermi di stare male, io canto e quando non canto corro. Prima delle Paralimpaidi ho dovuto sottopormi a una cura blanda di cortisone per una fortissima laringite. Purtroppo i prodotti per risolverla sono tutti sotto tiro per il doping e il mio medico si è adoperato per le opportune denunce. Sotto controllo medico si possono assumere determinati farmaci, purché li si denunci per tempo. Come si esce da questo impasse con i farmaci? Adesso dovrò ragionare di omeopatia perché lo sport mi ha sicuramente debilitato, soprattutto se si considera la vita che faccio. Devo stare attenta a non intossicare mai il fisico, a partire dalle prime vie respiratorie, la gola in testa. Ci definisca la figura del farmacista. Un amico fraterno che ho sotto casa. Ogni tanto entro da lui e mi accoglie dicendo «Non dirmi che hai ancora la febbre». A volte per me 37,3 è già febbre. Non lo vedo ma so che si occupa intelligentemente di me. Avverto il camice come un amico, ovunque io mi trovi.