12-13-14 intervista:18-19

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12-13-14 intervista:18-19
P R I M O P I A N O
I N T E R V I S T A
Annalisa Minetti
oltre gli ostacoli
© pinko pallino
Storia di un’eclettica
molto volitiva
Annalisa Minetti nasce il 27 dicembre 1976 a Rho,
in provincia di Milano. Papà ispettore di Polizia, mamma
casalinga, è la primogenita di quattro figli - due sorelle
e un fratello - tra i quali Fabio ha avuto un problema
alla nascita, un ritardo mentale per una sofferenza spinale
e Francesca, l’ultima, ha il suo stesso problema, la retinite
pigmentosa che la porterà alla cecità. Poi c’è Valentina.
Per i genitori una vita sempre complicata, ma le risposte
in famiglia sono sempre venute dalla fede. A cinque anni
Annalisa inizia con la danza, che proseguirà sino ai nove
anni. A dodici anni è già modella nei fotoromanzi,
la reclutano in un villaggio vacanze in Puglia, la mamma
è consenziente. Lavora molto per Grand Hotel, testata
storica di fotoromanzi e per i cataloghi del prêt à porter.
Poi, a quindici anni, aiutata dallo zio Michele, già cantante
negli anni Sessanta, scopre il mondo della musica,
confortata da una voce di talento. Comincia come voce
solista di un duo. Si propone nei piano bar tra Crema
e Cremona, proponendo cover di Prince, Ray Charles,
Celine Dion e Aretha Franklin, la sua cantante preferita.
Nel frattempo, si iscrive alla scuola tecnica, corso
di odontotecnica, che è costretta a lasciare per i problemi
di vista. Si diploma poi in Ragioneria. A vent’anni la diagnosi
irreversibile: retitinite pigmentosa e degenerazione
maculare. Vale a dire progressiva cecità. Lei continua
a esibirsi nei piano bar dove, una sera, accetta la proposta
di sfilare per Miss Lombardia e vince. L’anno dopo
parteciperà al concorso di Miss Italia, che conclude
al settimo posto. Patron Mirigliani le dà l’opportunità
di esibirsi accompagnata da Fabrizio Frizzi al piano
in “Caruso” di Lucio Dalla. Due mesi dopo è a Sanremo
Giovani con la canzone vincente “L’eroe che sei tu”.
Secondo round, seconda vittoria con “Senza te o con te”.
È il febbraio 1998, vince tra i Giovani e anche tra i Big.
Nel 2007 riceve la laurea honoris causa in Scienze
della comunicazione. Il 3 gennaio 2008 diventa mamma
di Fabio Massimiliano. Nel 2010 debutta come atleta
e nel 2012 arriva la medaglia di bronzo alle Paralimpiadi
nei 1.500 metri, distanza che non le è congeniale.
Esce in questi giorni nelle librerie “Iride, veloce come
il vento” (San Paolo), libro nel quale Annalisa si racconta.
In una vita irta di difficoltà,
a partire dalla retinite pigmentosa
che l’ha resa cieca a vent’anni,
la cantante milanese si è scoperta
atleta di successo e a Londra
ha trovato gli applausi di tutti.
Dotata di tempra, di volontà
strenua, ha nella gola
e nelle prime vie respiratorie
un lato debole che la costringe
spesso in farmacia dove trova,
per fortuna, “camici sempre amici”
DI SERGIO MEDA
N
essun regalo dalla sorte, nessun successo a buon mercato, anche se qualche imbecille la pensava avvantaggiata dal suo handicap. Annalisa Minetti, ipovedente già a
vent’anni, è cieca da molto tempo ma
nulla e nessuno le proibisce di confrontarsi con i suoi limiti, per il semplice motivo che ne ha pochissimi. Talento plurimo, la bellezza vale solo agli esordi da fotomodella, al confronto per Miss Italia che non vincerà, sarà solo settima con
qualche polemica - mostra qualità notevoli come cantante, tanto che il festival di
Sanremo la premia, prima di rivelarsi,
già adulta, atleta di eccellenza. La popolarità della Minetti - quella esente da critiche, l’Annalisa delle limpidezze - è
esplosa con lo sport, dapprima in atletica leggera, settore mezzofondo, prossimamente nel ciclismo su pista, nel quale si cimenterà. Nel confronto fra agonisti strenui è emersa l’Annalisa che la
gente ammira incondizionatamente, capace di ogni cosa, volitiva come pochi.
Senza volerlo ha sempre pagato più del
dovuto, persino la medaglia paralimpica, il bronzo conquistato a Londra, è un
gioco bizzarro della sorte. Non solo
l’hanno obbligata a gareggiare su una distanza inadatta (le hanno cancellato gli
800 metri piani, ha dovuto preparare e
correre i 1.500) ma l’hanno messa a
confronto con due atlete ipovedenti che
hanno fatto gara a sé. Lei ha chiuso al
terzo posto, medaglia di bronzo, non
d’oro come sarebbe stato giusto. Colpa
del Comitato olimpico internazionale,
che ha ridotto il numero delle gare per
esigenze televisive, accorpando atleti
con gradi diversi di disabilità. Annalisa
non si è lagnata, non ha mai lamentato
ingiustizie, detesta anche solo l’idea di
essere compatita. Si tratta di capire chi
è oggi Annalisa Minetti.
La parola a lei. Affinché si racconti in
estrema sintesi.
Chi sono è abbastanza semplice: una
cantante costretta ai soli concerti per
campare, visto che gli album non danno più di che vivere. Una moglie e una
mamma che sta poco con Fabio, un
bimbo bellissimo di quattro anni, un po’
sacrificato dalle attività frenetiche dell’ultimo anno per via dello sport che è la
più recente scoperta e una vera passione, che non è un lavoro, purtroppo.
Ci faccia capire, lei non ne ha vantaggi
economici?
Nessuno sin qui, non ho sponsor, forse lo sport interpretato dai disabili non
ha ancora consistenza e quindi manca
di valore economico. Al momento lo
sport per me è pura dedizione, mi fa
star bene, intendo di testa e di fisico. E
tanto basta.
Quindi l’avventura londinese rimarrà un
episodio isolato.
Ma nemmeno per sogno, intendo andare a Rio de Janeiro fra quattro anni e
penso di farlo non solo negli 800 di atletica, la mia gara, ma di frequentare l’Olimpiade anche nel ciclismo su pista,
nell’inseguimento. Sono specialità compatibili, sto già scegliendo chi mi accompagnerà sul tandem. Alla guida ci
sarà una figura di riferimento di cui non
voglio ancora fare il nome. Quanto all’atletica, spero di avere ancora al mio
fianco Andrea Giocondi che mi ha avviato al mezzofondo. Io posso migliorare, lui dice che sarà vecchietto, con
quattro anni di più. Ora ne ha 43. Spero
di non doverlo avvicendare, è stato determinante per me.
Oltretutto vi lega un cordino, correte fianco a fianco.
Certo, quando Andrea mi dice «vai per
quello che hai, a tutta» non è che lui si fa
da parte. Dà anche lui il massimo.
Qual è il prossimo appuntamento sportivo
di rilievo?
In pista i Mondiali di atletica paralimpica, a Lione, in Francia, dal 20 al 29 lu-
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I N T E R V I S TA
Lo sport non è arrivato un po' tardi nella
sua vita?
A quello agonistico sono arrivata dopo i
trent’anni, ma ho sempre lavorato sul
mio fisico. Mi sono potenziata in palestra, a sedici anni ho cominciato anche
la pesistica, ma aveva controindicazioni
nell’eccessiva massa muscolare, del
tutto inutile, e allora optai per l’aerobica. A diciannove anni la malattia, la retinite pigmentosa, mi ha fatto fare ulteriori scelte, ho pensato di imparare cose da insegnare agli altri. Aikido, Jujitzo
e Tai chi sono stati la maniera per uscire dalla logica del mio muovermi nella
mia realtà. Ho scelto tutte discipline
che si muovevano intorno a me, che già
non vedevo più, al massimo intuivo. Poi
ho fatto step, fit boxe perché non potevo prendere lezioni ma potevo darle.
C’è qualcosa che accomuni il canto e lo
sport?
Provi a considerare il vantaggio che dà la
respirazione diaframmatica, mi dicono
che un sacco di atleti respirano male.
Problema che in effetti non mi tocca, io
lavoro sempre di diaframma com’è giusto fare, come si respira da bambini.
glio del 2013. Non posso mancare di
far bene, devo velocizzare il recupero,
ritrovare il passo sulla mia gara. Andrea
dice che ho bei piedi, atleticamente,
devo ritrovare le spinte giuste.
Sacrifici tanti, immaginiamo, per fare
sport avendo un’attività pubblica fatta di
serate qua e là per la penisola, mentre
s’imporrebbe una vita ben cadenzata. Come conciliare impegni così diversi?
Tenga presente che quest’anno avevo
una tournée con quaranta date e spesso sono andata in campo, ad allenarmi, dopo nottate trascorse in viaggio,
magari con un paio di ore soltanto di
sonno profondo. Giocondi ogni tanto mi
faceva domande, non sapendosi spiegare certi cali di rendimento. Conoscendomi bene, non si capacitava. La
battuta era «oggi non ci sei con le gambe» e io zitta, non potevo dirgli di essere ai minimi termini.
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Conta sempre la volontà, rispetto al resto?
Per me sì, le racconto cos’è accaduto
quando mi sono resa conto di un errore
involontario nella scelta degli studi. Frequentavo da tre anni un corso per odontecnici ma i professori, visto che la mia vista regrediva, mi suggerirono di trovare
altre strade. Dovevo scegliere un altro
istituto tecnico e quando un professore
mi suggerì di trovare qualcosa che non
comportasse la matematica, dove non
ero brillante, scelsi Ragioneria per fargli
un dispetto. Quando presi il diploma mi
recai da lui e glielo sbattei sotto il naso.
Non c’è verso di dirmi di non fare una cosa che mi va, perché mi impegno allo
spasimo e la faccio, senza indugi, senza
tentennamenti.
Lo sport impone sacrifici, anche di tipo
alimentare. Per allenarsi ha dovuto osservare una qualunque dieta?
Giocondi ci ha provato, lui è uno che
militarizza un po’ tutto, ma gli è andata
male. Ha tentato di farmi seguire da un
nutrizionista ma non c’è verso, mangio
di tutto e in abbondanza. Mai ho seguito una dieta in vita mia. Faccio dei disastri, mangio Nutella, la pasta mi piace
molto. Il fisico mi avvantaggia, non c’è
dubbio, devo ringraziare il metabolismo
che funziona benissimo. Brucio tutto
quello che mangio.
Quindi lei improvvisa, in qualche modo,
mentre dà l'idea di essere un soldatino,
rigorosissima.
Impressione lecita ma completamente
errata. L’improvvisazione si accompagna agli artisti, che non sono mai scontati, ma io improvviso quando prevengo
e lo faccio. Prevenire è sempre meglio
che curare, non l’ho inventata io.
A proposito, il suo fisico dà sempre le risposte attese?
Vero niente, mi chiamano “cerottino”
perché ne ho sempre una, sono un disastro. In farmacia vado spesso e compro
parecchio per i miei problemi che si legano alle infreddature, ai disagi che mi colgono alla gola. Di antinfiammatori, spray e
caramelle faccio buon uso, sono spesso
sotto trattamento di farmaci. Purtroppo
non posso permettermi di stare male, io
canto e quando non canto corro. Prima
delle Paralimpaidi ho dovuto sottopormi a
una cura blanda di cortisone per una fortissima laringite. Purtroppo i prodotti per
risolverla sono tutti sotto tiro per il doping
e il mio medico si è adoperato per le opportune denunce. Sotto controllo medico
si possono assumere determinati farmaci, purché li si denunci per tempo.
Come si esce da questo impasse con i
farmaci?
Adesso dovrò ragionare di omeopatia
perché lo sport mi ha sicuramente debilitato, soprattutto se si considera la vita
che faccio. Devo stare attenta a non intossicare mai il fisico, a partire dalle prime vie respiratorie, la gola in testa.
Ci definisca la figura del farmacista.
Un amico fraterno che ho sotto casa.
Ogni tanto entro da lui e mi accoglie dicendo «Non dirmi che hai ancora la febbre». A volte per me 37,3 è già febbre.
Non lo vedo ma so che si occupa intelligentemente di me. Avverto il camice come un amico, ovunque io mi trovi.