COSTI E VANTAGGI DEGLI ACQUISTI VERDI: ALCUNI CASI NEL
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COSTI E VANTAGGI DEGLI ACQUISTI VERDI: ALCUNI CASI NEL
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di Milano Facoltà di Economia Corso di Laurea in Management per l’Impresa COSTI E VANTAGGI DEGLI ACQUISTI VERDI: ALCUNI CASI NEL SETTORE DELLA RISTORAZIONE COLLETTIVA LOMBARDA Tesi di Laurea di: Francesca Brenna Anno Accademico 2008-2009 Gli acquisti verdi sono una pratica che si sta sempre più diffondendo sia tra le imprese che tra le pubbliche amministrazioni. In primo luogo può essere utile ricordare cosa si intende per acquisto verde dal momento che tale termine è sempre più diffuso: sono green quei tipi di prodotti che hanno il minor impatto ambientale possibile. Considerando l’ambito dell’alimentazione vengono ritenuti prodotti alimentari green i prodotti biologici, prodotti provenienti da agricoltura biodinamica, frutta e verdura di stagione e prodotti a chilometri zero. È possibile far rientrare tra gli acquisti verdi anche l’impiego di acqua del rubinetto o naturalizzata che, oltre ad evitare l’impiego e il conseguente smaltimento di contenitori in plastica, garantisce anche un grande risparmio economico, considerando il costo notevolmente inferiore rispetto all’acqua in bottiglia. In questo breve scritto vengono riassunti i risultati ottenuti da una ricerca, svolta in collaborazione con ARPA Lombardia, nell’ambito di un lavoro di tesi. Obiettivo dello studio è analizzare la diffusione di prodotti biologici, di stagione e provenienti dalla filiera corta presso RSA, ospedali e scuole in Lombardia. Per quanto riguarda ospedali e RSA, da un’analisi preliminare su un campione di 30 enti sparsi sul territorio regionale, è emerso che nessuno di essi impiega per la preparazione dei pasti prodotti biologici o provenienti dalla filiera corta; tale risultato ha portato a focalizzare l’attenzione dell’indagine sul settore della ristorazione collettiva scolastica. Come campione per l’analisi sono state scelte le scuole delle città capoluogo di provincia,per due motivazioni: • il servizio di ristorazione scolastica è gestito dai comuni (che possono fornirlo direttamente o appaltarlo esternamente); • si è ritenuto che il campione “città capoluogo di provincia” fosse sufficientemente ampio dal momento che il 22,55% della popolazione regionale vive nelle città capoluogo. Per effettuare l’analisi è stato inviato un questionario ai responsabili comunali del servizio ristorazione scolastica i quali hanno o risposto direttamente, o delegato il compito alle aziende di ristorazione collettiva che hanno in gestione l’appalto. Con il questionario si intendeva raccogliere dati circa: • la diffusione e il differenziale di costo dei prodotti biologici nelle scuole delle città capoluogo lombarde; • la diffusione e il differenziale di costo dei prodotti provenienti dalla filiera corta; • le motivazioni che hanno portato alla scelta di prodotti di stagione; • la diffusione dell’uso dell’acqua in bottiglia vs. quella naturalizzata/del rubinetto; • la destinazione dell’olio esausto; • le modalità di smaltimento dei rifiuti e la destinazione degli alimenti non serviti; • le iniziative di educazione volte a far conoscere a bambini e genitori i vantaggi dei prodotti biologici, a km 0 e di stagione. Da tale studio è emerso che la tendenza è quella di un progressivo e crescente impiego di prodotti verdi. Per quanto riguarda i prodotti biologici è stato osservato che effettivamente sono più costosi (mediamente il 15-20%) rispetto a quelli convenzionali, ma il loro costo incide poco sulle tasche dell’ente pubblico. La precedente affermazione è motivata dai seguenti punti: • l’unico comune che acquista direttamente i prodotti è Como, dove vengono serviti due prodotti ortofrutticoli biologici a settimana (offerti dal fornitori allo stesso prezzo del convenzionale), oltre a succhi e legumi; si può quindi osservare che l’incidenza sul totale dei costi dei due prodotti (in menù con cadenza bisettimanale), sia molto bassa; • per quanto riguarda gli altri comuni, la richiesta di prodotti biologici viene esplicitata nel testo del capitolato (con modalità differenti a seconda dell’ente locale). Gli enti che esternalizzano il servizio propongono gare d’appalto basate sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, metodologia di gara attraverso cui l’offerta migliore è selezionata non solo attraverso il criterio del prezzo più basso, ma anche attribuendo dei punti in base alla qualità dei prodotti e dei servizi offerti (ad esempio vengono dati dei punti per attività di educazione alimentare o per l’inserimento di prodotti biologici nei menù). In base al capitolato le percentuali di incidenza delle due variabili possono mutare. Parlando però con i responsabili delle varie aziende di ristorazione collettiva, è emerso che oggi l’offerta qualitativa è standard, la competizione si svolge sul prezzo. Tali imprese per essere competitive finiscono con l’offrire un pasto con prodotti biologici a un prezzo molto basso, pagando quasi interamente di tasca loro il differenziale di costo dei prodotti biologici. Differente è la situazione dei prodotti locali e provenienti dalla filiera corta, i quali sono ancora poco diffusi. Se impiegati, ne viene servita una gamma ristretta con una bassa frequenza. Tale situazione sembra più che altro causata da una scarsa capacità dei produttori di garantire costantemente nel tempo la quantità di prodotto necessaria per la produzione del pasto. I prodotti a “km0” sono stati introdotti più recentemente rispetto a quelli biologici (che hanno impiegato circa 15 anni per arrivare all’attuale livello di diffusione); si deve considerare che è necessario del tempo perché la filiera produttiva si adatti alle esigenze di un grande cliente quale può essere un comune. I costi di tali prodotti si sono rivelati pressoché simili rispetto a quelli degli alimenti, convenzionali, tale fattore potrebbe essere di indubbia rilevanza per favorirne la diffusione. È possibile sostenere che, quando le aziende produttrici saranno in grado di garantire la continuità delle forniture, i prodotti provenienti dalla filiera corta rappresenteranno, sul totale delle derrate acquistate, una percentuale molto più rilevante di quella attuale e forse, maggiore di quella riservata ai prodotti biologici. Per quanto riguarda frutta e verdura di stagione è emerso un dato decisamente positivo: tutte le mense forniscono esclusivamente prodotti stagionali, tendenzialmente per motivi sia economici che ambientali. L’acqua naturalizzata/del rubinetto, pare ormai essere la tendenza del futuro: la maggior parte delle mense comunali, spinte dai risparmi economici e dalla diminuzione nella produzione dei rifiuti, hanno adottato questa metodologia. La situazione attuale denota un crescente interessamento verso i temi della sostenibilità da parte di enti locali e cittadini. Molte buone pratiche, come esposto in questo lavoro, sono già diffuse. È opportuno continuare su questa strada e sensibilizzare i cittadini al fatto che le scelte alimentari non implicano solo conseguenze sulla propria salute ma anche sull’ambiente.