La Gazzetta Dello Sport - 27 marzo 2013

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La Gazzetta Dello Sport - 27 marzo 2013
MERCOLEDÌ 27 MARZO 2013
TERZO TEMPO
GazzaFocus
PortoFranco
Il fioretto femminile e un dominio
iniziato con l’oro di Barcellona ’92
A CURA DI FRANCO ARTURI
Fax: 0262827917. Email: [email protected]
Twitter: @arturifra
Inter, finalmente si apre
il «dopo Mourinho» (?)
La Trillini ha debuttato nello staff azzurro: «Abbiamo tante giovani. Punto
su Volpi e Mancini, brave in attacco, e sulla Palumbo, più attendista»
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MARISA POLI
Giovanna Trillini aveva
il fioretto in mano nel 1992 a
Barcellona, per il primo oro
olimpico del Dream Team accanto a Diana Bianchedi, Dorina Vaccaroni, Francesca Bortolozzi e Margherita Zalaffi. Era
a bordo pedana nelle nuove vesti di maestro, domenica per
la tappa di Coppa del Mondo
Torino, quando con la sola
Arianna Errigo reduce del titolo olimpico di Londra il fioretto femminile azzurro ha battuto la Russia.
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«Credo ci siano diversi fattori.
Il primo è che in tutti questi anni ci sono state grandi atlete,
quindi il livello tecnico del
gruppo è sempre stato alto,
perché si lavora e ci si allena
insieme. E poi quando c’è l’opportunità di farsi vedere per
conquistare un posto (attualmente Vezzali è in maternità e
Salvatori si è presa una pausa,
a Torino non c’era la Di Francisca influenzata), tutte cercano
di farsi trovare pronte, come è
successo domenica. Chi
l’avrebbe mai detto: abbiamo
battuto la Russia».
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«Ci sono under 20 che gareggiano già in Coppa del mondo
come Mancini e Palumbo, c’è
Alice Volpi che a vent’anni è
già salita sul podio tra le grandi, ci sono under 16 che stanno crescendo bene. Volpi e
Ma come nasce un fenomeno
come il nostro fioretto?
«C’è un movimento notevole
che aiuta. Voi vedete solo le
quattro che vanno all’Olimpiade, ma dietro ci sono tantissime atlete. In questo momento
c’è anche una situazione particolare, perché con il nuovo
commissario tecnico tutte
stanno cercando di dare il meglio».
Il c.t. Cipressa è campione
olimpico a squadre, nello staff
altri due olimpionici come lei e
Simone Puccini. La «scuola»
continua anche così?
«Tutti abbiamo lo stesso malanno: ci piace la scherma. Aiuta, perché per esempio io a Torino ero alla prima trasferta in
La sua lettera mi piace molto (salvo il riferimento alle manette: una spacconata insensata), nel sentimento e nella ragione. Il destino di Stramaccioni dipende in modo stretto dai risultati: del resto senza quell’epilogo trionfale che lei ricorda con bella
passione, anche la parabola di Mourinho a Milano sarebbe tramandata in altro modo. Ma si capisce che il giovane tecnico,
nonostante i suoi errori di gioventù, è ben dentro l’anima nerazzurra. A meno che non ci sia un colpo di scena...
Su Balotelli
non scherziamo
Per il futuro siamo a posto?
Mancini sono due attaccanti,
sono alte, hanno una struttura
fisica che permette loro di andare avanti. Diversa invece la
scherma della Palumbo, che
ha appena vinto una gara di
Coppa under 20, lei ha uno stile più di attesa, sfrutta la misura e la ripartenza».
Ricordo quella notte del 22 maggio 2010, quando El Principe
lasciò sul posto Van Buyten (ancora oggi è lì a cercare il pallone) e scaraventò il pallone alle spalle di Butt. In quel preciso
istante si ferma la vita di quasi tutto il popolo interista, per
alcuni si è fermata poco dopo quando un uomo di nome Josè
scoppiò in lacrime tra le braccia di un Gladiatore. In quella
notte semiestiva tutti gli interisti hanno cantato, esultato,
«ammanettando» le proprie mani. E hanno sorriso, mostrando facce più «mourinhane» che interiste. Poi il nulla. L'Inter,
gli interisti, Moratti (e forse anche Mou) sono rimasti lì; ma
questa è la vita. Ogni volta che si raggiunge la perfezione, gli
esseri umani faticano perché devono spendere energie per il
cambiamento. Come fare? Bisogna fermarsi, prendersi tutto
il tempo e provare ogni giorno a partire, l'Inter ora è pronta e
questa non può essere una falsa partenza. Nella notte di San
Siro contro il Tottenham negli occhi dei giocatori, dello Strama, dei tifosi ho visto l'autodeterminazione, essenza del cambiamento. Strama ha scacciato il fantasma Mou ma la sua
ombra sembra non volersi staccare dalla panchina nerazzurra, dallo spogliatoio, dalla Pinetina. Non credo che l'Inter arrivi in Champions ma voglio la conferma dello Strama perché
l'ombra di Mou potrebbe presto esser coperta da un’altra.
Andrea Ruocco (Livorno)
Giovanna, qual è il segreto del
Dream Team?
Un movimento forte
e ben distribuito,
buoni maestri e
campionesse
da imitare
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LETTERE
italia: 51554950535449
«Effetto Dream Team
Il futuro è senza fine»
«
LA GAZZETTA DELLO SPORT
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Senza commentare le odiose
e intramontabili balotellate,
possiamo davvero pensare
che il buon Mario, solo dopo
un paio di gol all'Inter e in Premier, 6 gol in Nazionale e 7
con il Milan, possa diventare
il più forte? Magari ne riparliamo tra diversi anni, dopo
qualche centinaio di gol segnati, scudetti e coppe vinti
da protagonista e qualche Pallone d'oro messo in bacheca.
Per adesso, non scherziamo.
E godiamoci quel Messi che
più forte di tutti lo è per davvero.
Fabrizio Naldoni
Ok, ci avvisi lei quando si
potrà scrivere delle potenzialità del ragazzo.
1 Arianna Errigo (a sinistra), 24 anni, impegnata nella tappa di Coppa del Mondo a Torino chiusa con un
doppio successo, individuale e a squadre 2 Giovanna Trillini a bordo pedana con la giovane Stefania
Straniero, 21 anni 3 Alice Volpi, 20 anni 4 Camilla Mancini, 18 anni 5 Francesca Palumbo, 19 anni BIZZI
Dream Team
SQUADRA DA LEGGENDA
QUATTRO ORI E UN BRONZO
IN 5 EDIZIONI DEI GIOCHI
L’Italia di fioretto
femminile ha vinto il 1o oro
olimpico nel a Barcellona ’92,
confermandosi ad Atlanta
’96 e Sydney 2000. Fuori dal
programma ad Atene (anche
a Rio non ci sarà), il Dream
Team ha vinto il bronzo a
Pechino e l’oro a Londra.
Giovanna Trillini è nata a
Jesi il 17 maggio 1970. Sposata
con Giovanni Rotella, ha due
figli: Claudia (7 anni) e Giovanni
(3). Portabandiera ad Atlanta
1996. Ha vinto 4 ori, un argento
e 3 bronzi ai Giochi olimpici, 4
Coppe del Mondo (‘91, ’93, ’94 e
’98) con 39 successi di tappa.
Al Mondiale il palmares è di 9
ori, 5 argenti e 5 bronzi. Ha
vinto agli Europei: 2 ori, un
argento, 3 bronzi.
Coppa del Mondo ed è venuto
tutto naturale. Mi sono trovata accanto a gente come Puccini e Fabio Galli che frequento
dai tempi dell’under 20. Di solito quando arrivi in un posto
nuovo di lavoro c’è bisogno di
rodaggio, qui invece ci conosciamo tutti da tempo. Non servono tante parole, ci capiamo
con uno sguardo».
Il ruolo di maestro le piace?
«Partire da maestro di un campione olimpico come la Di
Francisca è un bel cambiamento. Stare fuori dalla pedana e
poter aiutare mi è sempre piaciuto, lo facevo già con i bambini. Poi è andato tutto veloce. Il
rapporto con il maestro deve
essere di fiducia, se ti dice di
buttarti dalla finestra, ti butti.
Il mio primo cambio di maestro successe proprio per quello, non sentivo più fiducia, avevo bisogno di un maestro per
me. Per questo Arianna Errigo
dopo la rottura con Bortolaso
non ha ancora scelto».
Com’è stare dall’altra parte
della barricata?
«Queste ragazze fino a qualche mese fa erano mie compagne di trasferta, penso di non
aver cambiato atteggiamento
con loro, a me sembra di essere la stessa. La differenza è che
sto a fondo pedana e devo dire
che sembra tutto più facile
quando sei lì. Da fuori sembra
tutto più semplice. Sei più lucido e tranquillo, è bello quando
dai un consiglio e funziona».
C’erano una volta la scuola di
Mestre, quella di Jesi e la toscana. Ora com’è la geografia
del fioretto?
«Si è allargata molto e questo
è un buon segnale. La Errigo è
di Monza, è cresciuta a Como
e ora si allena a Frascati. La Durando lavora a Rapallo, la Erba è di Busto e pure lei si allena a Frascati, la Volpi è di Siena. Ci sono più maestri e più
realtà. Per il salto di qualità sono convinta sempre del ruolo
della nazionale, ti alleni con le
migliori e cresci». Così si rinnova il Dream Team.
Basket: Milano,
crisi infinita
Il basket di Milano e la sua crisi. Ci sarà anche un aspetto
mediatico in tutto questo (fa
sensazione attaccare chi spende di più), ma la cosa che deve essere sempre chiara, è
che in campo ci vanno i giocatori. Il coach, Scariolo, sopratutto a questo livello, ha il
compito di pianificare strategie, fare scelte. Certo, anche
motivare. Motivare? Gente
pagata centinaia di migliaia
di dollari necessita di ulteriori motivazioni? E rifiuta tiri e
fa lo sciopero? Questa è la vergogna! Hanno fatto a Natale
il «ritiro punitivo» in un hotel
a 5 stelle. Forse se lo avessero
fatto alla pensione Rosetta,
una stella, zona stazione Centrale, magari andando in palestra con il tram, questi signori
con la pancia troppo piena sarebbero tornati sulla terra. A
casa andavano mandati loro,
non il viceallenatore Fabrizio
Frates. Perché appunto, in
campo ci vanno i giocatori: e
se non fanno i tagliafuori, se
non giocano l'uno per l'altro,
se non lottano, se non lo buttano loro il cuore oltre l'osta-
colo, la colpa non è di chi li
mette in campo. Scariolo ha
ampiamente dimostrato di essere in grado di motivare e far
giocare insieme delle superstar. Onore, orgoglio, rispetto, umiltà: se ogni milionario
con la maglia EA7 mettesse in
campo solo queste qualità, le
cose sarebbero ben diverse.
Alessandro Rava (Milano)
Un altro sfogone, ma un
po’ meno carico di speranze rispetto al nostro amico interista. Siamo costretti, da mesi,
forse da anni, a tornare con
una certa frequenza su uno dei
casi meno spiegabili in termini
tecnico-ambientali. Metà misterioso e metà no. La parte
chiara è l’atteggiamento, l’approccio della squadra, molto
evidente fin dalla prima uscita
stagionale contro i Celtics: superficialità, supponenza, spirito impiegatizio. Le magagne
tecniche vengono subito dopo,
ma sono così vistose che non
si può non coinvolgere l’allenatore, incapace di invertire la
rotta e autore di scelte di uomini inspiegabili. L’aspetto misterioso si riferisce proprio alla
«coazione a ripetere», come si
dice in psicologia, che rimbalza
da una stagione all’altra: un maligno sortilegio. Considero la
presenza del Gruppo Armani
nel basket milanese una delle
cose più preziose dell’intero panorama dello sport italiano e
mi auguro che questi fallimenti
non la mettano in discussione.
La sfida è rompere l’incantesimo a qualunque costo.
A che servono
quei cerchi
Qual è la funzione del cerchio
di centrocampo, a parte la distanza al calcio d'inizio? E
qual è quella della mezzaluna
al limite dell'area di rigore?
Mauro Erini (Vergiate)
Servono entrambi a far
posizionare i giocatori che non
hanno la palla sul calcio d’inizio
o che subiscono un rigore ad
una distanza minima di 9.15 metri. La stessa alla quale si deve
sistemare la barriera sui calci
di punizione.
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