Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi

Transcript

Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi
Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi.
Gabriele Candotti
Dottore in Psicologia Criminale e Investigativa
Abstract
Nel presente articolo viene esaminato lo strumento della negoziazione applicato
alle situazioni di crisi. Queste si configurano principalmente in eventi con
ostaggio, barricamento con vittima e barricamento senza vittima.
Viene presentata la cosiddetta Triade negoziale, composta dagli attori principali
operanti nella situazione di crisi: il negoziatore, il sequestratore e
l'ostaggio/vittima.
Successivamente la trattazione analizza le linee guida dell'intervento negoziale e
si focalizza sul modello BCSM usato dall'FBI per gestire le situazioni di crisi.
Infine vi è un breve riferimento allo strumento della negoziazione e alla figura
del negoziatore rispetto alla situazione italiana.
Parole chiave: negoziato, negoziatore, crisi, ostaggio, sequestratore, modello
BCSM.
1. Introduzione.
Il 5 settembre 1972, undici atleti israeliani, che partecipavano ai Giochi Olimpici
a Monaco di Baviera, furono presi in ostaggio da terroristi palestinesi, che si
erano introdotti nel villaggio olimpico.
Le richieste dei terroristi riguardavano il rilascio di 234 detenuti in Israele, di
alcuni detenuti nella Germania Federale, tra cui i capi della banda BaaderMeinhof, arrestati nel giugno di quell'anno. Chiedevano inoltre tre aerei per
essere trasportati in un "luogo sicuro", dove promettevano di liberare gli ostaggi.
La scadenza dell'ultimatum era fissata per le 9 del mattino successivo, prorogata
poi a mezzogiorno e infine alle 21. Poco dopo le 22, due elicotteri trasportarono i
nove atleti e gli otto fedayin all'aereoporto, da dove sarebbero dovuti partire per
Il Cairo. Qui entrarono in azione tiratori scelti e ci fu un lungo scontro a fuoco.
Uno dei terroristi lanciò una bomba all'interno dell'elicottero con cinque ostaggi,
che saltò in aria; altri due spararono ai restanti quattro ostaggi nel secondo
elicottero. Tutto finì all'una e mezza del mattino seguente con l'uccisione
dell'ultimo terrorista.
In seguito a questo incidente, i governi e le forze di polizia di quasi tutto il
mondo occidentale hanno cominciato a riconsiderare le proprie politiche di
intervento.
Nel Gennaio del 1973 il New York City Police Department mise in atto un
programma di recupero ostaggi che includeva non solo l'uso di armi e squadre
d'intervento specializzate ma anche agenti addestrati come negoziatori (Bolz e
Hershey, 1979; Schlossberg, 1980).
Il successo nella progettazione e gestione di questo programma, ottenuto dallo
psicologo della Polizia Harvey Schlossberg e dal Capitano della stessa Frank
Bolz, catturò l'interesse del Federal Bureau of Investigation. L'F.B.I. creò quindi
la SOARU (Special Operations and Research Unit), con sede presso l'Accademia
a Washington D.C. I membri di questa unità si occupano di ricerca e formazione
dei negoziatori per conto dell'Agenzia. Ogni distaccamento dell'F.B.I. ha almeno
un agente speciale addestrato come negoziatore. La SOARU svolge anche corsi
di formazione per le Forze Statali e quelle Locali.
Dal 1973 l'impiego di questi agenti specializzati è costantemente aumentato in
tutti gli Stati Uniti.
2. Crisi: tipologie e interventi.
Le squadre di intervento agiscono quindi in particolari situazioni di crisi.
"Crisi" è una parola chiave, un termine generalizzato che individua una
situazione in cui è presente un disagio oggettivo, in cui esistono variabili che di
volta in volta devono essere individuate; tale individuazione permette di inserire
la crisi in una particolare categoria.
Le situazioni critiche si articolano in diverse tipologie e presentano quindi
numerose differenze tra loro. Possono essere, per esempio, arresti di criminali ad
alto rischio, suicidi, crisi domestiche, rapimenti, barricamenti, vere e proprie
prese di ostaggi.
La situazione con ostaggi si verifica quando un sequestratore detiene una o più
persone per motivi “strumentali”. Il soggetto ha bisogno delle forze dell'ordine o
di altre autorità per soddisfare le sue specifiche esigenze; gli ostaggi sono dunque
un mezzo per raggiungere i suoi obiettivi.
La presa di ostaggi può essere definita come un evento triadico. Dato che il
sequestratore vuole qualcosa da un terzo soggetto vi è una significativa
possibilità che ci sia spazio per la contrattazione.
Caratteristiche di una situazione di ostaggi sono:
– il sequestratore è orientato verso un obiettivo;
– il sequestratore dichiara le proprie richieste, tra le quali, di solito,quella di
poter fuggire;
– il sequestratore ha bisogno della polizia per agevolare le richieste stesse.
Il sequestratore sottolinea che le richieste non soddisfatte si ripercuoteranno sugli
ostaggi, ma sa anche che mantenerli in vita impedisce una risposta tattica da parte
delle forze dell'ordine.
Una seconda tipologia di evento si ha in quelle situazioni che vedono la presenza
di un carceriere e un prigioniero. Questi episodi sono chiamati barricamento con
vittima e si configurano più come un evento diadico che come uno triadico.
Il rapitore tiene la vittima per ragioni “espressive”, la sua azione è motivata da
emozioni interne ed impulsi che sono molto personali e spesso oscuri.
Il soggetto si trova in uno stato altamente emotivo, preda di rabbia o gelosia o
frustrazione. Dal colpevole non giungono sostanziali richieste verso una terza
parte, perché l'autore non vuole avere un intermediario, non ha bisogno delle
forze dell'ordine o di altre autorità, perché non c'è qualcosa di materiale che
voglia ottenere.
Un esempio può essere quello di un uomo armato che trattiene la sua ex
moglie/compagna per poi spararle e uccidersi. La moglie si configura più come
vittima (victim homicide to be) che come ostaggio (Fuselier, VanZandt e
Lanceley, 1991). Dato che il soggetto ha ciò che vuole, ovvero la vittima, non
può esistere uno spazio di contrattazione.
Le caratteristiche di questa situazione di barricamento con vittima sono:
– nessun obiettivo chiaro;
– mancanza di richieste sostanziali da parte dell'autore;
– mancanza di un pensiero razionale;
– attenzione diretta contro la persona presa.
Ci può essere una trattativa anche in una terza tipologia di evento che non vede la
presenza di ostaggi. Vi è un autore, armato e barricato, e vi sono le forze
dell'ordine che parlano con lui per farlo arrendere.
Può essere un criminale intrappolato in un luogo in cui ha commesso o ha tentato
di commettere un reato, per esempio una rapina, o una persona armata e barricata
in casa che vuole suicidarsi. Si riporta la seguente tabella (Call, 2003).
TIPO
INTERAZIONE
DESCRIZIONE
Situazione con ostaggio
Perpetratore
Ostaggio
Terza persona
Il sequestratore avanza
richieste di merito (in
genere strumentali,
alcune volte espressive)
ad una terza parte
minacciando la salute
degli ostaggi se queste
richieste non saranno
soddisfatte.
Barricamento con vittima Perpetratore
Vittima
L'autore non avanza
richieste sostanziali ad
una terza parte. Qualsiasi
richiesta sarà comunque
di natura non sostanziale
Barricamento
L'autore del reato può o
meno fare richieste e può
o meno essere disposto a
negoziare.
Perpetratore
Ci sono molti modi utili per fare un profilo di una situazione di crisi.
Uno di questi è quello di classificare la situazione a seconda della posizione di
vittima e sequestratore (Call, 2003).
RICHIESTE
POSIZIONE
CONOSCIUTA
(ASSEDIO)
POSIZIONE
SCONOSCIUTA
SOSTANZIALI
Spazio di trattativa
probabile
Spazio di trattativa
possibile
NON SOSTANZIALI
Spazio di trattativa
Spazio di trattativa
possibile
probabilmente non esiste
Nel primo caso si può trovare un autore e una vittima all'interno di un perimetro
conosciuto e tenuto sotto controllo dalle autorità; il reo farà delle richieste
creando così spazio per la contrattazione e per il potere negoziale (bargaining
control) da parte del negoziatore.
Nel secondo caso, la vittima è stata rapita e non si conosce la posizione né di
questa né, tantomeno, del sequestratore. Non vi sono inoltre richieste di questi ad
una terza parte per cui è impossibile qualsiasi tipo di controllo sulla
contrattazione da parte del negoziatore.
La chiave, per il negoziatore delle situazioni di crisi, è determinare il motivo
dell'atto criminale da parte del soggetto e la natura delle sue richieste (Call,
2003).
TIPOLOGIE DI RICHIESTE
DESCRIZIONE
Strumentali
Richieste definite oggettive come, ad
esempio, denaro, trasporti, cibo,
alcolici, droga.
Espressive
Richieste definite soggettive; ad
esempio, l'autore vuole parlare ad un
famigliare,
vuole
fare
una
dichiarazione alla stampa per quanto
riguarda le sue motivazioni.
Sostanziali
Le vittime sono state minacciate al fine
di ottenere concessioni da una terza
parte; le richieste possono essere
strumentali o espressive.
Non sostanziali
Non si sono avanzate richieste o, se si
sono avanzate, sono banali e non
correlate al motivo per cui la vittima è
minacciata.
La contrattazione in una situazione di crisi è di solito molto emotiva, i sentimenti
predominanti sono rabbia, ostilità, paura.
Non importa se la presa di ostaggi è un atto ben organizzato ed eseguito da parte
di estremisti politici o è un atto casuale di un rapinatore; lo stress della crisi erode
i più alti processi di pensiero e fomenta le più primitive e pericolose emozioni.
Qui è dove il negoziatore addestrato si inserisce nel puzzle.
Nelle situazioni in presenza di ostaggi si distinguono due tipologie: "caso di
emergenza" e "stato di crisi".
Nel primo caso sono compresi gli eventi nei quali l'ostaggio non era previsto per
il conseguimento del fine; egli è uno strumento casuale, ma diventa necessario
per garantire al malvivente una via di fuga o comunque una soluzione al suo
problema contingente. Il sequestro di persona è quindi solo occasionale, in
quanto l'azione delinquenziale nasce con finalità diverse. È, per esempio, la
circostanza in cui i rapinatori non possono uscire dal luogo in cui stanno
commettendo la rapina per il tempestivo intervento delle forze dell'ordine e
quindi da rapinatori si ritrovano ad essere sequestratori.
Le caratteristiche intrinseche di questo tipo di sequestro richiedono particolari
capacità di trattazione e una specifica competenza da parte del negoziatore, a
causa delle condizioni psichico-emotive particolarmente fragili dei sequestratori
che sono posti in condizione di forte stress derivato dalla situazione inaspettata
che si sono trovati ad affrontare, nonché dall'esito incerto della stessa.
In questi casi, in cui sono presenti soggetti emotivamente instabili ed in
condizioni prossime al panico, è determinante la capacità del negoziatore di
riuscire a ridurre lo stato di emotività dei sequestratori.
Nello stato di crisi, invece, la presa di ostaggi è una scelta deliberata, progettata
ed attuata dal rapitore per soddisfare le sue esigenze, strumentali o espressive.
I casi più evidenti che possono determinare uno "stato di crisi" sono quelli che
hanno presupposti socio-politici, per esempio riguardanti gruppi appartenenti ad
etnie, o religioni, o politiche diverse che, qualora mal gestiti o strumentalizzati,
potrebbero determinare lo sviluppo di sacche eversive e, attraverso l'impiego di
una strategia del terrore quale strumento destabilizzante, potrebbero cercare di
ottenere riconoscimenti o concessioni per la loro causa.
In questi casi, il negoziatore si trova di fronte sequestratori determinati,
perfettamente consapevoli dell'azione che stanno compiendo, armati, addestrati e
seguiti da un'organizzazione che ne guida le mosse.
Il modo di affrontare l'assedio a uomini armati, con ostaggi, va valutato caso per
caso, considerando centinaia di fattori diversi; le forze di polizia di tutto il mondo
preferiscono la strada delle trattative. La linea di condotta è quella di non
concedere mai nulla senza una contropartita, mentre l'ipotesi di un'azione tattica è
sempre tenuta presente. In linea generale si può affermare che, quando uno o più
soggetti trattengono ostaggi in un ambiente più o meno vasto, la situazione è di
per sé indicativa di una volontà di trattare, in una parola rappresenta la loro
apertura verso una soluzione alternativa alla morte degli ostaggi.
3. Triade negoziale.
Sequestratore.
Per comprendere un incidente con presa di ostaggi, un inizio logico è domandarsi
quali tipologie di persone compiano tali azioni.
Molti autori hanno stilato numerose classificazioni, concentrandosi
prevalentemente sulle motivazioni del sequestratore.
Una classificazione fra le più interessanti è quella di Call (1996) che propone sei
categorie generali:
1) emotivamente disturbati
2) estremisti politici
3) fanatici religiosi
4) criminali
5) carcerati
6) categoria di combinazione
Quest'ultima categoria indica che non necessariamente le altre si escludano a
vicenda, ma che alcune possono coesistere nello stesso individuo.
In linea generale i sequestratori sono raggruppati in tre tipologie distinte:
tipologia psicologica, tipologia criminale e tipologia politica.
A seconda del tipo di sequestratore con cui il negoziatore entra in contatto
occorre usare strategie di negoziazione specifiche.
Goldaber (1979) ha compilato una tabella particolarmente utile agli ufficiali delle
forze di polizia, che, con un linguaggio semplice, riporta e riassume specifiche
informazioni sui nove sottogruppi di sequestratori, in relazione al “chi”, “cosa”,
“quando”, “dove”, “perché” e “come”. Indica anche la risposta più adatta di
intervento da parte delle forze dell'ordine.
Personalità
suicida
Cercatore di
vendetta
Individuo
disturbato
Tipologia psicologica
Chi è il
sequestratore?
Un individuo
Un ex socio ostile Un individuo con
instabile, depresso
uno squilibrio
e senza speranza
cronico o acuto
Qual è la sua
caratteristica
distintiva?
Non gli importa di Guidato da un
essere ucciso
singolo scopo
irrazionale
Una valutazione
distorta della realtà
Quando ha preso In uno stato
l'ostaggio?
emotivo di grave
scompenso
Dopo una
pianificazione
meticolosa
Quando la mente
aberrante trova una
soluzione
Dove ha
commesso il
fatto?
Nel luogo che gli
porta le massime
soddisfazioni
In qualsiasi
ambiente
In qualsiasi luogo
quando le sue
difese falliscono
Perché l'ha fatto? Provocare qualcun Per ottenere
altro per soddisfare vendetta
il proprio desiderio
di morte
Per raggiungere il
proprio dominio e
risolvere il proprio
problema
Come ha preso
l'ostaggio?
In un modo
improvvisato e
illogico
Con provocazioni
irrazionali
Attraverso
un'azione
manifesta o un
comportamento
furtivo
Risposta delle Forze dell'Ordine
Calmarlo fino a
quando possa
essere preso
Catturarlo
Calmarlo;
catturarlo se
possibile;
negoziare con
cautela o
impiegare una
risposta tattica
Perpetratore con Detenuto
le spalle al muro danneggiato
Estorsore
criminale
Tipologia criminale
Chi è il
sequestratore?
Potenzialmente
Un leader frustrato Un professionista
qualsiasi criminale che può
astuto e
organizzare i
impassibile
detenuti
Qual è la sua
caratteristica
distintiva?
É colto di sorpresa Familiarità con le
senza un piano
autorità della
prestabilito
prigione e con le
vittime
Quando ha preso Nella disperazione,
l'ostaggio?
quando le vittime
erano a
disposizione
Dove ha
commesso il
fatto?
Nell'area in cui era Nel suo stesso
intrappolato
ambiente
Perché l'ha fatto? Per effettuare una
fuga
Come ha preso
l'ostaggio?
Dopo una
pianificazione o
quando spinto a
farlo
Per ottenere un
cambiamento o
ottenere la libertà
Consapevole e
rispettoso della
capacità della
polizia
Durante
l'esecuzione di un
piano preparato
con cura
In un luogo di sua
scelta
Per ottenere soldi
Con le armi, come Con un pianificato In modo calcolato,
risposta di riflesso uso della forza
con un'arma
bruta
Risposta delle Forze dell'Ordine
Negoziare con lui;
in caso di
insuccesso usare
una risposta tattica
Negoziare con lui;
in caso di
insuccesso usare
una risposta tattica
Negoziare con lui;
in caso di
insuccesso usare
una risposta tattica
Contestatore
sociale
Fanatico
ideologico
Terrorista
estremista
Tipologia politica
Chi è il
sequestratore?
Un giovane colto e Un fanatico
idelista
cultista
Una persona
disposta a
sacrificarsi per la
propria filosofia
politica
Qual è la sua
caratteristica
distintiva?
Una guida nella
esaltante
esperienza di
gruppo
Ha una valutazione
realistica
dell'impatto
dell'atto
Disposto a
sacrificarsi per le
proprie
convinzioni
Quando ha preso Quando individua Dopo che ha subito
l'ostaggio?
il bisogno di
un torto
eliminare
l'ingiustizia sociale
Quando il
potenziale
pubblicitario è il
più grande
Dove ha
commesso il
fatto?
Ovunque
Dove la vittima è
presa alla
sprovvista
Perché l'ha fatto? Per creare un
cambiamento
sociale o ottenere
una giustizia
sociale
Per riparare ad un
torto
Per conseguire un
cambiamento
politico
Come ha preso
l'ostaggio?
Con una condotta
violenta o non
violenta
Con la violenta e
emotiva
esecuzione di un
piano astuto
Presso la sede di
un ente
indesiderato
In gruppo,
ammassandoli
insieme
Risposta delle Forze dell'Ordine
Negoziare con lui;
in caso di
insuccesso usare
una risposta tattica
Negoziare con lui;
in caso di
insuccesso usare
una risposta tattica
Negoziare con lui;
in caso di
insuccesso usare
una risposta tattica
Ostaggio/Vittima.
La vittimologia, cioè la disciplina che si interessa del rapporto criminale-vittima,
pone l'attenzione sulle modalità con cui si determina la situazione vittimizzante e
propone alcune tipologie di vittime. Le due grandi classificazioni sono tra vittime
fungibili, che non hanno alcuna relazione con il reo, e vittime infungibili, che
hanno un ruolo nella genesi del reato, anche loro malgrado.
Le vittime, considerate in questo articolo, cioè le vittime/ostaggio, si collocano in
un ambito più ristretto.
Sono vittime fungibili o passive che accidentalmente si sono trovate sul percorso
dell'autore del reato e ne sono diventate ostaggi, come nel barricamento dopo una
rapina.
Sono vittime preferenziali, se sono state scelte per il loro ruolo o status, come nel
sequestro a scopo di estorsione.
Sono vittime simboliche, se sono state scelte per colpire in esse un'ideologia o
uno Stato che si considera oppressore, come nelle azioni terroristiche.
Essere vittima di un sequestro costituisce indubbiamente un trauma. L'individuo,
in reazione, attraversa diverse fasi, shock, incredulità, negazione, ansia, poi
dipendenza fisica e psicologica dal sequestratore oppure depressione e apatia.
In questa situazione estrema può verificarsi una regressione comportamentale,
poiché la vittima deve necessariamente dipendere da altri per la sopravvivenza e
per il soddisfacimento di qualsiasi bisogno. L'ostaggio quindi può sviluppare una
sorta di transfert patologico nei confronti del sequestratore basato sul terrore, la
gratitudine, la dipendenza infantile. Nel contempo egli può provare sentimenti
negativi nei confronti delle autorità che non hanno saputo garantire la sua
protezione.
Una particolare dinamica del rapporto fra criminale e vittima è la Sindrome di
Stoccolma, il cui nome risale al famoso episodio accaduto nella Sveriges KreditBank nel 1973, in cui una donna in ostaggio stabilì un forte legame affettivo con
uno dei rapinatori. Simile fu il caso dell'americana Patricia Hearst che, dopo
essere stata rapita e tenuta in ostaggio, condivise le ideologie dei suoi rapitori e
partecipò addirittura a successive attività criminose.
Questa sindrome è dovuta al meccanismo difensivo di “identificazione con
l'aggressore”.
In realtà una conclamata Sindrome di Stoccolma si verifica solo in pochissime
vittime; questa situazione non appare dunque così pervasiva, per cui il
negoziatore di crisi deve considerarla nella giusta prospettiva.
Il negoziatore dovrebbe invece favorire il transfert positivo, invitando il
sequestratore a chiedere agli ostaggi notizie sulla loro situazione sanitaria, o
messaggi per le loro famiglie, a meno che egli non sia un soggetto psicopatico.
Nel caso di emergenza il negoziatore dovrebbe evitare di menzionare gli ostaggi,
consentendo di più la spersonalizzazione dell'azione. Nel caso di crisi, invece, si
ricorda sempre al sequestratore che gli ostaggi sono persone, senza consentire
che si perda il contatto con l'elemento umano in ostaggio.
Negoziatore.
Il negoziatore è uno specialista che è stato specificatamente preparato nel campo
della negoziazione.
Il negoziatore deve sempre essere una persona diversa da quella che ha il potere
di decidere, perché questo permette un raggio d'azione più ampio; così chi
negozia non può essere obbligato a decidere su una richiesta formulata dalla
controparte e ciò gli permette anche di guadagnare tempo.
Il suo è un ruolo critico, poiché rappresenta l'alternativa all'intervento armato.
Egli deve aver affinato le proprie conoscenze in diversi settori, deve imparare ed
usare le tecniche, sia di comunicazione, sia di persuasione, per stabilire e
mantenere un contatto con il sequestratore, deve saper valutare le dinamiche
comportamentali, sì da percepire ogni segnale gli giunga dal sequestratore, deve
saper effettuare velocemente un'analisi dei rischi, deve avere solide competenze
in ambito psicologico.
Un buon negoziatore dovrà avere competenze sociali e competenze
comunicative, che gli permettano di relazionarsi con gli altri in modo efficace.
Molto dipenderà anche da sue predisposizioni o caratteristiche personali e molto
da abilità acquisite con una preparazione specifica.
La competenza sociale è l'insieme di quelle capacità che servono per mettersi in
relazione con gli altri in modo utile ed efficace, di capire l'altrui comportamento e
di controllare il proprio.
La competenza sociale ha un suo aspetto visibile nella competenza comunicativa.
Il linguaggio è uno strumento fondamentale sia per ricevere informazioni che per
fornirle.
Anche ascoltare è comunicare.
La competenza di ascolto riguarda la comprensione letterale delle idee e delle
informazioni trasmesse con il linguaggio e la competenza che occorre per capire
in modo critico le idee e le informazioni trasmesse.
Nelle relazioni con gli altri, anche la comunicazione non verbale ha
un'importanza non trascurabile. Essa riguarda i segnali di tipo cinesico,
paralinguistico e intonazionale. Con la comunicazione non verbale, per esempio,
si esprimono emozioni, le quali possono essere soggette a controllo volontario. Il
negoziatore deve essere in grado di esercitare tale controllo, dato l'alto grado di
tensione in una situazione di crisi, e, nel contempo, deve essere in grado di
riconoscerle nell'altro, per esempio, cogliere l'ansia o la minaccia; anche la voce
può essere un potente rivelatore di stati d'animo da riconoscere, valutandone la
fermezza o l'incertezza, il tono, l'intensità, il timbro, o le vocalizzazioni come i
sospiri.
D'altra parte un determinato uso della voce influenza anche la possibilità di
persuasione e la credibilità di un locutore, dunque il negoziatore deve essere abile
in questa tecnica.
4. Il negoziato.
In una situazione di crisi, in senso lato, la questione fondamentale è capire se
esista uno spazio di contrattazione. La soluzione tattica equivale ad un fallimento
negoziale.
Al contrario il successo negoziale è raggiunto con la stabilizzazione
dell'incidente attraverso "contenimento verbale" (ovvero tenere il soggetto
occupato tramite scambi verbali continui), trattenendo le forze dell'ordine
dall'effettuare “interventi” pericolosi, guadagnando tempo per la raccolta di
informazioni e l'arrivo di risorse, e prevenendo ulteriori perdite di vite.
L'intervento negoziale comprende quattro fasi principali (Hammer e Rogan,
1997; Rogan, 1997; Womack e Walsh, 1997):
1) trattare con le emozioni;
2) stabilire una comunicazione;
3) identificare l'evento scatenante;
4) problem solving.
1) È una competenza indispensabile per un negoziatore, poiché le emozioni
intense sono una caratteristica delle situazioni di crisi (Noesner e Webster, 1997;
Rogan, 1997; Webster, 1998a).
Tuttavia, rispondere alle emozioni di una persona sulla base delle circostanze può
non essere produttivo. Per esempio, durante una situazione in cui un soggetto si è
barricato nella sua casa e minaccia di suicidarsi, il negoziatore tenta di dimostrare
empatia dicendo “So come ti senti”. Ma il soggetto non crede che il negoziatore
abbia mai cercato di suicidarsi; indipendentemente dal fatto che questo sia vero o
no, questa è la realtà che percepisce il soggetto.
Un approccio alternativo potrebbe essere quello di affermare “Non sono mai
stato nella tua situazione prima, ma immagino che tu ti senta molto depresso e
solo”. In questo modo il negoziatore dimostra che sta cercando di capire la
situazione dal punto di vista del soggetto in crisi.
2) Importante è il contenuto della comunicazione, così come il tono di voce del
negoziatore. Col contenuto si può informare il soggetto che si sta cercando di
capire. La comunicazione deve essere deliberata, metodica e, soprattutto, non
giudicante, in modo che il soggetto percepisca che i suoi sentimenti, valori,
pensieri, opinioni sono ritenuti degni di attenzione.
L'accettazione non comporta che il negoziatore sia d'accordo con i valori del
soggetto e il disaccordo può essere comunque trasmesso, per esempio, con una
affermazione del tipo “Da quello che stai dicendo, posso immaginare come tua
moglie ti abbia fatto arrabbiare tanto da ucciderla, avrebbe fatto arrabbiare anche
me, ma non penso che avrei fatto quello che hai fatto tu”.
3) È fondamentale nel gettare le basi per la soluzione dei problemi, in quanto
evidenzia il conflitto che deve essere risolto nel processo di negoziazione.
Il soggetto, a causa di un alto livello di emotività, è spesso confuso a proposito
dell'impatto dell'evento scatenante.
Per esempio, in un possibile scenario, un soggetto depresso è stato informato
dalla sua ex-moglie che vuole ottenere la custodia completa dei loro figli,
impedendogli di vederli. Egli risponde barricandosi in casa con i figli,
rifiutandosi di uscire e di rilasciarli.
Il punto focale, a cui agganciarsi da parte del negoziatore, è la perdita prevista dei
figli. Il negoziatore allora gli fornisce una giustificazione per questo
comportamento e minimizza i suoi intenti ostili, dicendogli, per esempio “Tu non
vuoi fare del male ai tuoi figli, sei preoccupato per loro e vuoi proteggerli”.
Questo serve per alleviare il conflitto interno, disinnescare le emozioni negative,
impostare le basi per il problem solving (Dalfonzo, 2002).
4) Le emozioni sono controllate, la comunicazione è stata stabilita, l'evento
scatenante è stato identificato e discusso. Ora il negoziatore esplora con il
soggetto alternative e soluzioni concrete.
Anche questo processo si svolge in fasi (D’Zurilla e Goldfried, 1971; Goldfried e
Davison, 1994):
– definizione del problema
– brainstorming delle possibili soluzioni
– eliminazione di soluzioni inaccettabili
– scelta di una soluzione accettabile sia per il negoziatore che per il soggetto
– programmare l'attuazione
– realizzazione del piano
Il soggetto ha cognizioni distorte nella percezione di sé e della situazione; esse
influenzano la sua reazione agli eventi e il suo pensiero disfunzionale lo porta a
stress emotivo. A volte queste distorsioni incidono sulle prospettive per la
soluzione dei problemi e devono, quindi, essere affrontate dal negoziatore.
Si può fare l'esempio di un tossicodipendente in crisi di astinenza che tenta una
rapina in farmacia, ma la polizia, avvisata, circonda il luogo. Il soggetto diventa
depresso, minaccia di uccidersi perché non vuole andare in carcere.
Il suo pensiero distorto gli presenta solo due opzioni: essere libero o andare in
prigione.
Il negoziatore gli offre un'altra scelta, la possibilità di essere inviato presso una
struttura di recupero. Questa proposta reindirizza il pensiero del soggetto, che ora
vede una soluzione più accettabile.
Il modello BCSM.
Il Behavioral Change Stairway Model (BCSM) sviluppato dall'F.B.I. delinea il
processo di costruzione e relazione che coinvolge il negoziatore e il soggetto
(Dalfonzo, 2002; Noesner e Webster, 1997; Webster, 1998a, 1998b).
Questo modello è stato costantemente convalidato nella risoluzione di una vasta
gamma di situazioni di crisi (Dalfonzo, 2002; Flood, 2003). Esso si compone di
cinque tappe: ascolto attivo, empatia, rapporto, influenza, cambiamento
comportamentale.
La progressione attraverso queste fasi si verifica in modo sequenziale e
cumulativo. In particolare, il negoziatore procede in sequenza dalla fase uno alla
cinque ma, per stabilire un rapporto (fase tre) con il soggetto, l'ascolto attivo e
l'empatia devono essere messe in atto, e mantenute, durante tutto il processo. La
riuscita del processo, e quindi dell'ultima fase, può avvenire solo quando le
precedenti siano state effettuate con successo (Vecchi et al., 2005).
PROGRESSIONE
Cambiamento
comportamentale
Influenza
Rapporto
Empatia
Ascolto attivo
Fase uno : ascolto attivo
La maggior parte delle persone in una situazione di crisi hanno il desiderio di
essere ascoltate e comprese. Le competenze di ascolto attivo sono componenti
essenziali del BCSM e formano il fondamento dell'intervento di crisi.
L'ascolto attivo è composto da un nucleo centrale e tecniche supplementari.
Il nucleo centrale comprende:
– Mirroring: consiste nel ripetere le ultime parole o il succo del discorso del
soggetto, poiché ciò gli dimostra che il negoziatore è attento. Inoltre,
evidenzia le preoccupazioni specifiche e i problemi dell'individuo che
devono essere affrontati nel processo negoziale.
– Parafrasare: consiste nel riaffermare il contenuto di ciò che il soggetto ha
detto con le parole del negoziatore. È il tentativo da parte del negoziatore
di mettersi nella prospettiva dell'altro.
– Etichettatura emozionale: identifica le emozioni del soggetto. Anche se il
negoziatore inizialmente non identifica o identifica in modo sbagliato
un'emozione, questo sforzo comunque dimostra alla persona in crisi che il
negoziatore sta cercando di capire la situazione e tenta di disinnescare
l'emotività (Es.:“Sembri arrabbiato”, “Sento frustrazione nella tua voce”).
– Riepilogare: il negoziatore ricapitola sia il contenuto, sia l'emozione
espressa dal soggetto. Questo non solo chiarifica ciò che egli sta vivendo,
ma rinforza il tentativo del negoziatore di vedere la situazione dal punto di
vista dell'altro. Un esempio di sintesi potrebbe essere “Vorrei essere sicuro
di capire quello che stai dicendo, hai perso il lavoro senza alcun motivo
apparente (parafrasi) e questo ti fa arrabbiare (etichettatura emozionale)”.
Fase due : empatia
L'empatia è un naturale sottoprodotto di un efficace ascolto attivo.
Essa implica la comprensione dei sentimenti e delle motivazioni dell'altro.
Per dimostrare empatia è importante il tono della voce (Romano, 2002). Il tono
permette all'altro di percepire il significato di ciò che dice il negoziatore; il tono
riflette preoccupazione e autenticità, ma anche emozione, contegno, sincerità.
La competenza empatica riguarda “l'essere in grado di sperimentare
affettivamente e personalmente le emozioni di un'altra persona, (…) porsi
cognitivamente nel ruolo di un altro ed essere capace di assumere l'altrui
prospettiva” (Davis, 1980). A questo si collega l'empatia relazionale, che è la
capacità di sentire e pensare l'altro come parte imprescindibile del rapporto,
capirne il ruolo e lo spazio occupato. La figura seguente visualizza tale rapporto
(Zara, 2006).
Empatia
Empatia affettiva
Empatia cognitiva
Provo quello che tu
senti
Capisco quello che tu
senti
Empatia relazionale
Agisco per ricostruire, a partire
dal pensare l'altro come parte di
una nuova possibile relazione
Fase tre : rapporto
Fin qui il rapporto è stato a senso unico; la persona in crisi ha parlato e il
negoziatore ha utilizzato l'ascolto attivo e ha dimostrato empatia.
Si apre una fase di maggiore fiducia, in cui il soggetto è più probabile che ascolti,
e accetti, ciò che il negoziatore ha da offrire. Quest'ultimo, in collaborazione col
primo, comincia ad elaborare argomenti logici per spiegare, giustificare,
attenuare o scusare il comportamento errato dell'altro e affrontare il suo pensiero
distorto attraverso una riformulazione positiva della situazione. Gli fornisce
anche giustificazioni per permettergli di “salvare la faccia”, minimizzazioni per
sminuire il suo comportamento negativo. Insieme tenderanno a ridurre le
differenze reali o percepite e a trovare un terreno comune.
Fase quattro : influenza
Ora un rapporto è stato stabilito e il soggetto è disposto ad accogliere i
suggerimenti del negoziatore per modificare il suo comportamento.
Nel linguaggio del negoziatore, egli ha “ottenuto il giusto”; ora entrambi
lavoreranno insieme per individuare soluzioni non violente.
Fase cinque : cambiamento comportamentale
Se le precedenti quattro fasi sono state completate con successo, è molto
probabile che il soggetto modifichi il proprio comportamento, poiché ha
instaurato un rapporto positivo col negoziatore.
Per concludere con successo questo processo, il negoziatore non deve avere
troppa fretta di passare da una fase all'altra, né saltarne alcune per raggiungere un
prematuro problem solving.
5. Formazione professionale e forze di polizia.
Negli Stati Uniti ogni dipartimento di polizia è autonomo nella gestione della
formazione dei propri membri, anche se si può individuare una linea guida
comune.
La formazione iniziale del negoziatore prevede un corso di 40 ore di base.
Naturalmente, per praticare le tecniche serve un tempo maggiore, ma,
generalmente, è concesso solo un giorno intero al mese di formazione. Durante la
sessione la squadra riesamina le procedure e trascorre la maggior parte del
proprio tempo negli scenari di gioco di ruolo. Ogni due anni i membri del team
hanno un corso di aggiornamento di circa 20 ore e i negoziatori di circa 30 ore.
Nella metodologia della formazione va sottolineato l'uso del role playing.
La stragrande maggioranza dei programmi di formazione per condurre una
trattativa di crisi si basa dunque sui giochi di ruolo, al fine di fornire simulazioni
di reali situazioni critiche.
La C.N.U (Crisis Negotiation Unit) ha elaborato differenti scenari di gioco di
ruolo nel suo N.C.N.C (National Crisis Negotiation Course) che si occupa di
formazione degli agenti dell'FBI e agenti di polizia. Tali scenari riguardano, per
esempio, presa di ostaggi, barricamento, tentativi di suicidio, rapimenti e
incidenti che richiedono una risposta di contrasto.
In Italia una figura preposta a negoziare esiste solo in alcune unità molto ristrette
di alcune polizie di Stato, per esempio nei G.I.S dei Carabinieri.
Se non c'è questa figura, nel Corpo che ha la competenza di intervento, è il più
alto in grado a gestire la situazione. Egli ha competenze di tipo tecnico-giuridico,
non è detto che le abbia anche di tipo relazionale e di deflazione del conflitto.
La deflazione del conflitto è il risultato di tecniche atte a bloccare l'escalation del
tono di una relazione e a ridurre la tensione. Quando c'è una relazione che non
funziona, comportamenti sbagliati portano a conflitti, mentre comportamenti
corretti e tecniche corrette portano a deflazionare la relazione.
Quasi tutte le organizzazioni di polizia hanno un reparto speciale di intervento
rispetto alla propria "mission".
Qual è il problema di fondo? Questi gruppi di lavoro hanno altissima
professionalità, sono "speciali" rispetto all'uso della forza.
Non sono addestrati ad usare in modo scientifico ed efficace la relazione o la
deflazione del conflitto Allo stesso modo, chi quotidianamente lavora su strada
ha una formazione più giuridica che pratico-operativa, rispetto a queste due
metodiche. Rimane perciò una zona scoperta, che precede l'uso della forza, e che
comprende quelle situazioni che prevederebbero la negoziazione, la mediazione e
la deflazione.
La figura del negoziatore, secondo il modello nordamericano, è fondamentale nei
casi di presa di ostaggi e sequestro di persona. Anche nella realtà italiana sarebbe
utile un'unità di crisi non solo nei casi citati ma anche, per esempio, nel caso di
persone disperate che minacciano il suicidio. La negoziazione con questi
individui è uno strumento indispensabile e comunque potrebbe essere esteso ad
una pluralità di situazioni. Manca una sua applicazione in modo diffuso.
L'approccio negoziale dovrebbe essere usato in tutte le relazioni poliziottocittadino.
In Germania, per gestire le manifestazioni pubbliche, hanno introdotto all'interno
dei cortei una specifica figura che ha il compito di relazionarsi con la polizia e
con la massa, chiamata mediatore di corteo. Il suo compito è quello di invitare i
manifestanti a prendere le distanze da quelli che attuano un comportamento
violento, cercando di spezzare la solidarietà tra chi delinque e chi vuole
manifestare in modo pacifico.
Inoltre egli deve indicare ai colleghi poliziotti, che gestiscono la manifestazione,
dove sta avvenendo cosa e se intervenire o meno, anche rispetto alle reazioni del
resto del corteo.
In Italia c'è una formazione per la gestione dell'ordine pubblico che è prettamente
militare ma non di relazione-negoziazione. Ancora oggi ci sono le formazioni a
testuggine, si battono i manganelli sugli scudi, esattamente tecniche poste in
essere dai legionari romani 2000 anni fa per contenere l'ordine pubblico.
La negoziazione e la deflazione del conflitto dovrebbero essere armi in dotazione
a qualsiasi agente.
La Polizia Municipale di Torino utilizza queste competenze nel Nucleo di
Prossimità per i casi che gestisce. All'interno di questa unità viene fatta
formazione con corsi e seminari.
I servizi di "prossimità" sono relativi a problematiche di convivenza civile
(conflitti di condominio,...), qualità urbana (zona degradata da bonificare dalla
microdelinquenza,...), allarme sociale (truffe agli anziani, violenza verso donne,
minori,...).
Prendersi cura, ascoltare le necessità, aiutare a capire, fornire informazioni
corrette, rassicurare, prevenire le difficoltà, escogitare nuove modalità di
intervento, sono solo alcune delle azioni del Nucleo di Prossimità, un nuovo
modo di "essere Polizia".
6. Conclusioni.
Per quanto riguarda la negoziazione, il sistema di polizia italiano rimane ancora
un passo indietro, sia in termini di applicazione sia, soprattutto, di formazione.
Nel nostro Paese sono stati istituiti Corpi specializzati che vedono al proprio
interno figure professionali esperte nella negoziazione, ad esempio tale ruolo è
presente nei GIS dell'Arma dei Carabinieri; ma il punto di fondo è che questi
gruppi di lavoro hanno una altissima professionalità per situazioni poco rilevanti
statisticamente anche se molto mediaticamente.
Rimangono "scoperti" tutti quei casi, non solo rilevanti numericamente, ma
anche rilevanti nella sensibilità sociale del cittadino.
Sarebbe auspicabile quindi una formazione sulla negoziazione, diffusa a tutto il
sistema di polizia e non solo ristretta alle sue eccellenze, per creare figure
professionali che sappiano usare in modo scientifico ed efficace la relazione, la
negoziazione e la deflazione del conflitto.
Ad oggi la negoziazione, per esempio nella Polizia di Stato, è talvolta usata nella
gestione dell'ordine pubblico, come manifestazioni e grandi eventi, ma è ancora
uno strumento che si basa sulle competenze, sulla sensibilità, sulle peculiarità
intrinseche al soggetto che lo usa e non su una formazione sistematizzata. Manca
ancora nella relazione tra cittadino e agente delle forze dell'ordine, cioè negli
episodi conflittuali della vita quotidiana.
Concludendo, all'Estero vi è alta specializzazione congiunta ad una formazione
che attraversa tutto il "sistema polizia", dalla base fino ai vertici.
In Italia, a parte alcuni gruppi d'eccellenza e per casi molto specifici, manca una
formazione trasversale di negoziazione-mediazione-deflazione, che possa fornire
un'arma, un ulteriore strumento alle forze dell'ordine per affrontare le situazioni
di rischio, quelle conflittuali e tutte le sfide future che una società in perenne e
veloce cambiamento crea.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Bolz F. e Hershey E., Hostage cop, New York: Rawson, Wade, 1979
Call J. A., The hostage triad: takers, victims, and negotiators, 1996, in H. H.
Hall, Lethal violence: a sourcebook on fatal domestic, acquaintance
and stranger aggression (pp. 561-588), Pacific Institute for the Study of
Conflict and Aggression, 2000
Call J. A., Negotiating crises: the evolution of hostage/barricade crisis
negotiation, 2003
Candotti G., Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. Dalle
linee teoriche alla prassi operativa nelle forze di polizia, Tesi di Laurea
Magistrale, Facoltà di Psicologia, Università degli Studi di Torino, 2011
Dalfonzo V., National crisis negotiation course. Quantico, FBI Academy, 2002
Davis, M. H., The multidimensional approach to individual differences in
empathy, ASAS Catalogue of Selected Documents, 10, 85, 1980
De Cataldo L. e Gulotta G., Sapersi esprimere. La competenza
comunicativa, Giuffrè, Milano, 1991
D’Zurilla T. J. e Goldfried M. R., Problem solving and behavior modification.
Journal of Abnormal Psychology, 78, 102–126, 1971
Feldmann T. B., Characteristics of hostage and barricade incident: implications
for negotiation strategies and training, Unpublished manuscript,
Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, University of
Louisville School of Medicine, Louisville, Kentucky, 1998
Fisher R. e Ury W., L'arte del negoziato. Come difendere i propri interessi in
ogni sorta di trattative, Mondadori, Milano, 1995
Fuselier G. D., A practical overview of hostage negotiations, Federal
Bureau of Investigation, U.S. Department of Justice, September,
1986
Fuselier G. D., Placing the Stockholm Syndrome in Perspective, FBI Law
Enforcement Bulletin, July, 1999
Fuselier G. D., Van Zandt C. R., Lanceley F. J., High risk factors and the
“action criteria” in hostage/barricade situations, FBI Law Enforcement
Bulletin, 60, 6-12, 1991
Goldaber I., A Typology of Hostage-Takers, The Police Chief 46, 21-23, June,
1979
Goldfried M. R. e Davison G. C., Clinical behavior therapy. New York Wiley,
1994
Gulotta G., Lo psicoterapeuta stratega, FrancoAngeli, Milano, 1997
Gulotta G., Elementi di psicologia giuridica e di diritto psicologico,
Giuffrè, Milano, 2002
Gulotta G., Psicoanalisi e responsabilità penale, Giuffrè, Milano, 2005
Gulotta G., Breviario di Psicologia Investigativa, Giuffrè, Milano, 2008
Gulotta G. e Merzagora Betsos I., L'omicidio e la sua investigazione,
Giuffrè, Milano, 2005
Hammer M. R. e Rogan R. G., Negotiation models in crisis situations: The
value of a communication–based approach, in Rogan R. G., Hammer M.
R., Van Zandt C. R., Dynamic processes of crisis negotiation: Theory,
research, and practice (pp. 9–23). Westport, Praeger, 1997
Lanceley F. J., On-scene guide for crisis negotiators. Boca Raton, FL CRC
Press, 1999
Noesner G. W. e Webster M., Crisis intervention: Using active listening skills
in negotiations. FBI Law Enforcement Bulletin, 66, 13–18, 1997
Rogan R. G., Emotion and emotional expression in crisis negotiation, in Rogan
R. G., Hammer M. R., Van Zandt C. R., Dynamic processes of crisis
negotiation: Theory, research, and practice (pp. 25–43), Westport, Praeger,
1997
Romano S. J. e McMann M. F., Crisis negotiations: A compendium, Crisis
Negotiation Unit, Critical Incident Response Group, Quantico,VA, FBI
Academy, 1997
Schlossberg H., Values and organization in hostage and crisis negotiation teams,
Annals of the New York Academy of Sciences, 347, 113-116, 1980
Vecchi G. M., Van Hasselt V. B., Romano S. J., Crisis (hostage) negotiation:
current strategies and issues in high-risk conflict resolution, 2005
Webster M., Active listening and beyond: Compliance strategies in crisis
negotiation, Unpublished manuscript, British Columbia: Centurion
Consulting Services, 1998a
Webster M., Active listening and beyond: Problem solving in crisis
negotiation, Unpublished manuscript, British Columbia: Centurion
Consulting Services, 1998b
Womack D. F. e Walsh K., A three-dimensional model of relationship
development in hostage negotiations, in Rogan R. G., Hammer M. R.,
Van Zandt C. R., Dynamic processes of crisis negotiation: Theory,
research, and practice. Westport, Praeger, 1997
Zara G., La psicologia criminale minorile, Carocci, Roma, 2006