Le mutilazioni genitali femminili nella stampa europea.

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Le mutilazioni genitali femminili nella stampa europea.
Le mutilazioni genitali femminili
nella stampa europea.
Un’analisi comparativa dei quotidiani di 4 paesi europei,
dal 2000 al 2010.
di Ilaria De Bortoli
1
Introduzione
Con la seguente ricerca abbiamo voluto analizzare il modo in cui le tematiche legate alle
mutilazioni genitali femminili (MGF) sono state trattate all’interno dei più autorevoli
quotidiani europei e statunitensi nel corso degli ultimi dieci anni. Questo lavoro ha lo
scopo di mettere in evidenza i principali discorsi e retoriche portati avanti dai differenti
giornali nel corso del tempo, con un’attenzione particolare verso alcuni aspetti quali: il
modo in cui vengono definite le MGF; l’identificazione dei soggetti ai quali è data la parola
all’interno degli articoli; il modo in cui vengono trattate le donne e le bambine interessate;
l’immigrazione e la diversità culturale; i “casi giornalistici” che sono stati creati dalle
diverse redazioni, ovvero le notizie o le tematiche alle quali ogni singolo giornale dona
particolare attenzione e rilievo in un determinato lasso di tempo, indipendentemente dalla
sua importanza oggettiva, creando dunque un picco di attenzione e sollecitando l’interesse
del pubblico sull’argomento.
L’interesse per il testo giornalistico sta nel suo valore di testimonianza rispetto agli eventi
del passato, ma soprattutto di rispecchiamento e interpretazione delle dinamiche presenti
nella più vasta società. Non si sostiene qui la necessità della sovrapposizione fra le
rappresentazioni emergenti dall’analisi della stampa e quelle poi effettivamente elaborate
dai lettori, né tantomeno la corrispondenza fra il contenuto dei testi e la “realtà” dei fatti
così come sono avvenuti. Riteniamo piuttosto che le rappresentazioni mediali interpretino
e contribuiscano contemporaneamente alla modificazione di quelle dell’audience,
fornendo un sedimento mnemonico cui il lettore può ricorrere ogni qualvolta deve
comunicare o agire. I media sono «la nostra vera Umwelt, la “pelle” del mondo sociale»1,
ossia una lente attraverso cui si può leggere la realtà sociale, in quanto si pongono come
interpreti degli orientamenti di valore, dei problemi e della loro soluzione.
I media, quindi, non si limitano a fornire informazioni, bensì entrano nel circuito di
elaborazione e trasformazione delle conoscenze offrendo al pubblico determinate
rappresentazioni sociali, nonché i frame all’interno dei quali collocare in modo gerarchico
tali rappresentazioni ed utilizzarle per orientarsi nella vita quotidiana. Questo avviene in
misura maggiore rispetto a quegli aspetti della realtà che gli individui hanno scarsa
possibilità di esperire personalmente, in maniera diretta. Esistono, infatti, «fette e
“pacchetti” di realtà che i soggetti non esperiscono direttamente né definiscono
interattivamente a livello di vita quotidiana, ma che “vivono” esclusivamente in funzione di
o attraverso la mediazione simbolica dei mezzi di comunicazione di massa» 2, venendo a
trovarsi in una situazione di dipendenza cognitiva dai media, che per questo esercitano
un’influenza decisiva nella formazione di un’opinione pubblica diffusa circa determinati
fenomeni. Possiamo con sicurezza affermare che il tema qui affrontato rientra a tutti i
diritti all’interno di quelle “fette di realtà” con cui la gran maggioranza dei lettori vengono
in contatto solo ed esclusivamente attraverso l’intermediazione dei mezzi di
Dal Lago, A., Non-persone. L’esclusione dei migranti in una societ{ globale, Milano, Feltrinelli, 1999, p. 15.
Grossi, G., Livelli di mediazione simbolica nell’informazione di massa, in Livolsi, M. (a cura di), Sociologia dei
processi culturali, Milano, Franco Angeli, 1983, p. 225.
1
2
2
comunicazione di massa. Per questo motivo, i messaggi che essi comunicano e la loro
influenza sul pubblico risultano ancora più importanti.
Tali considerazioni si riallacciano ad un’altra delle condizioni che danno forma alle
rappresentazioni sociali, la «dispersione dell’informazione», ovvero «la situazione, sempre
più diffusa nelle società fortemente mediatizzate, nella quale gli individui vengono a
disporre di informazioni e conoscenze che sono, al tempo stesso, ridondanti e insufficienti
rispetto a un certo aspetto della realtà»3. In virtù dei criteri di notiziabilità di un evento e
delle esigenze anche commerciali del sistema delle comunicazioni di massa, i media
forniscono spesso informazioni insufficienti per ciò che concerne gli aspetti più specifici di
un determinato fenomeno, risultando invece ridondanti in merito agli elementi valutativi
del fenomeno stesso e delle sue possibili conseguenze negative o positive. È questo il
modo, come vedremo, in cui alcuni giornali europei trattano il tema delle MGF, sulle quali
il lettore si ritrova ad avere moltissime informazioni per quanto riguarda, ad esempio,
l’intervento in sé, le sue conseguenze fisiche, la valutazione che ne fanno i testimoni e gli
esperti occidentali, etc., mentre pochissimo sa del contesto sociale in cui questo avviene,
delle valutazioni delle persone coinvolte (non solo le vittime), delle esperienze di vita
positive. Questo scarto fra le informazioni in proprio possesso e quelle effettivamente
necessarie per formarsi un quadro il più possibile corretto dell’evento in questione fa si
che risulti particolarmente difficile per il lettore costruirsi un’opinione realmente
personale e consapevole dell’argomento, favorendo la diffusione di rappresentazioni
sociali distorte e parziali. Per questo motivo risulta importante cercare di capire come i
diversi giornali tematizzano le MGF, quali discorsi essi privilegiano, ed, eventualmente,
quali stereotipi e distorsioni essi operano su una realtà tanto complessa e delicata.
Prima di passare all’analisi vera e propria delle testate giornalistiche, vogliamo
brevemente trattare alcuni aspetti metodologici della ricerca.
Metodologia
Sono stati scelti i principali quotidiani di quattro paesi europei, ovvero Italia, Germania,
Regno Unito e Svizzera. I criteri per la selezione dei giornali hanno tenuto conto della
diffusione e del prestigio delle testate stesse, essendo tuttavia condizionati dal problema
della reperibilità. La ricerca è stata infatti eseguita sui siti internet dei quotidiani, alcuni
dei quali consentono l’accesso agli archivi solamente previa sottoscrizione di un
abbonamento a pagamento. È il caso, ad esempio, di testate autorevoli come Le Monde e
Le Figaro in Francia, che ci hanno fatto decidere di escludere questo paese dalla
rilevazione, The Times nel Regno Unito e Frankfurter Allgemeine in Germania. Per questa
serie di motivi la scelta finale è caduta sui seguenti quotidiani: Il Corriere della Sera per
l’Italia, Die Welt per la Germania, The Guardian per la Gran Bretagna, Le Temps e Neue
Züricher Zeitung per la Svizzera. Nel caso della Svizzera, sono stati effettuati dei paragoni,
oltre che fra le testate appena citate, anche con il tabloid più diffuso nei cantoni di lingua
tedesca, ovvero il Blick. Con l’eccezione dell’ultimo quotidiano citato, abbiamo raccolto gli
articoli sulle MGF nei diversi giornali per un lasso di tempo che va dal 1 gennaio 2000 al 1
settembre 2010.
3
Livolsi, M., Manuale di sociologia della comunicazione, op. cit., p. 343.
3
La ricerca negli archivi dei diversi siti è stata condotta attraverso l’uso di differenti parole
chiave, a seconda del paese di riferimento. Per ogni paese, infatti, è stato scelto il termine,
o l’espressione linguistica, più comunemente utilizzato per riferirsi all’universo delle MGF.
La scelta è dunque caduta su “infibulazione” nel caso dell’Italia, “mädchen beschneidung”
per la Germania, “excision” per la svizzera francese, “female genital mutilation” per quanto
riguarda la Gran Bretagna, infine “genitalverstümmelung” per la Svizzera tedesca. Dal
totale ottenuto attraverso la ricerca di archivio, sono stati selezionati quegli articoli in cui
le MGF rappresentano il tema centrale del pezzo, oppure nei quali la parola chiave
selezionata compare nel titolo, nel sommario o nell’occhiello dell’articolo considerato.
Sono stati dunque eliminati tutti quegli articoli in cui le MGF compaiono solo come breve
accenno, citazione o esempio, nel corso di discorsi e argomentazioni che trattano d’altro.
È stato quindi creato un database di 162 articoli, così ripartiti fra i diversi paesi e testate:
PAESE
TESTATA
PAROLA CHIAVE
Italia
Il Corriere della sera
infibulazione
43
UK
The Guardian
female genital mutilation
37
Germania
Die Welt
mädchen beschneidung
27
Svizzera
Le Temps
excision
23
Svizzera
Neue Zuricher Zeitung
genitalverstümmelung
19
Svizzera
Blick
genitalverstümmelung
13
4
N. ARTICOLI
TEMPO
01/01/2000 –
01/09/2010
01/01/2000 –
01/09/2010
01/01/2000 –
01/09/2010
01/01/2000 –
01/09/2010
01/01/2000 –
01/09/2010
01/01/2005 –
01/09/2010
Italia
Il Corriere della Sera è considerato il più autorevole quotidiano italiano. Si dichiara
politicamente imparziale, anche se è risaputamente vicino alla Confindustria e, di
conseguenza, di tendenze conservatrici. Il termine utilizzato per la ricerca online è quello
di “infibulazione”, il più utilizzato in Italia per riferirsi all’insieme delle MGF. Il totale degli
articoli sull’argomento è di 43.
Panoramica
I principali temi affrontati dal giornale, legati alla sfera delle MGF, riguardano: la diffusione
della pratica dell’infibulazione in Italia e, in misura minore, nel mondo, soprattutto in
Africa; l’iter parlamentare che ha portato all’approvazione, il 9 gennaio 2006, di una legge
specifica contro le MGF; le diverse mobilitazioni, campagne e proteste volte a
sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle MGF; la sanità, soprattutto in rapporto
alla polemica sulla cosiddetta “infibulazione soft”; infine, vengono trattati due casi
giudiziari relativi all’Italia.
Da una prospettiva diacronica, il giornale “apre” sul tema delle MGF nel 2001 (non sono
stati trovati articoli di rilievo nel 2000), con la conferenza internazionale contro le MGF,
avvenuta a Roma il 6 marzo e sostenuta da Emma Bonino, esponente del partito radicale e
promotrice di diverse campagne sull’argomento, e da AIDOS (Associazione Italiana Donne
per lo Sviluppo). Gli articoli successivi riguardano il problema delle MGF in Nigeria e, di
nuovo, in Italia. Dopo un 2002 quasi privo di articoli, il 2003 si presenta molto ricco
d’informazioni. Si parla infatti della situazione delle MGF in Kenia, del “Centro per la
prevenzione e la cura delle mutilazioni genitali femminili” della Clinica Ostetricoginecologica universitaria a Firenze, nonché della Conferenza del Cairo su “Norme legali
per l’eliminazione delle MGF”, che ha visto la partecipazione di esponenti governativi,
parlamentari ed esperti di 27 paesi. Tuttavia, il tema principale di quest’anno è il caso
delle gemelline residenti a bergamo ma originarie della Costa d’Avorio, al quale sono
dedicati ben cinque articoli che analizzeremo in seguito.
Nel 2004 l’attenzione del Corriere è incentrata su due grandi temi, ovvero
l’impropriamente detta “infibulazione soft” e il dibattito parlamentare sulla legge italiana
contro le MGF. Il primo caso riguarda le polemiche scaturite dalla proposta del Dott.
Abdulkadir, direttore del centro toscano di cui sopra, di un’alternativa simbolica
all’infibulazione (una piccola puntura di spillo sul clitoride, con conseguente fuoriuscita di
qualche goccia di sangue), che preservi il rituale per le famiglie più legate alla tradizione,
evitando le conseguenze disastrose della pratica. Un altro tema secondario riguarda
l’uccisione in Somalia di una missionaria laica, si sospetta da parte dei fondamentalisti, per
via della sua attività di educazione e lotta contro le MGF.
Il 2005 è l’anno che vede l’approvazione di una legge specifica in Italia, al quale viene
ovviamente dato molto risalto. Nello stesso periodo, in Egitto, si assiste ad un passo
importante contro le MGF, con la pubblicazione di un dossier da parte del maggior
quotidiano del paese (Al Ahram) che sancisce l’incompatibilità di tali pratiche con la legge
coranica. In rapporto alla situazione del paese appena citato, viene anche riportata la
5
testimonianza della sociologa egiziana Marie Assad, da anni impegnata nella lotta contro le
MGF.
Di nuovo abbiamo un anno, il 2006, durante il quale il tema delle MGF è assente
dall’agenda giornalistica del Corriere; l’anno seguente, invece, risulta essere quello in cui si
riscontra il maggior numero di articoli (10). L’interesse del giornale durante il 2007 è
molto probabilmente “risvegliato” dal rapporto della Fondazione ISMU (iniziative e studi
sulla multietnicità), che dedica un dossier all’interno del suo rapporto annuale proprio alla
pratica delle MGF e alla sua diffusione in Italia, soprattutto in Lombardia. A questo primo
articolo segue di poco la testimonianza di una ragazza somala, che ha subito l’infibulazione
all’età di sei anni proprio a Milano, il racconto di un convegno organizzato da diverse
associazioni in un ospedale milanese, nonché il parere di un autorevole magistrato
sull’argomento. Infine, l’attenzione si sposta verso l’Africa, con tre articoli riguardanti
l’approvazione della legge contro le MGF in Eritrea e la protesta delle infermiere e delle
lavoratrici sanitarie della capitale egiziana, a seguito della morte di due adolescenti a
causa delle complicazioni legate all’infibulazione cui erano state sottoposte.
L’interesse verso l’argomento va scemando a partire dal 2008: durante quest’anno
troviamo solamente due articoli, relativi alla risoluzione dell’Onu per porre fine alle MGF e
alla seconda conferenza del Cairo, per commentare la quale viene nuovamente data la
parola ad Emma Bonino. Nel 2009 abbiamo di nuovo due articoli, nel primo dei quali si
parla della ricerca sulle MGF in Italia, prima nel suo genere, compiuta dall’Istituto Piepoli e
finanziata dal Ministero per le Pari Opportunità. Il secondo articolo, invece, si occupa del
processo a carico dei genitori di due bimbe di origine nigeriana e della donna che avrebbe
praticato l’infibulazione su una di esse: si tratta del primo caso di applicazione della nuova
legge contro le MGF in Italia. L’ultimo articolo del nostro campione risale al giugno 2010, e
paragona, in maniera alquanto azzardata (ma non insolita, come vedremo in seguito anche
in altre testate), la nuova moda della vaginoplastica alle MGF, ipotizzando che la prima
possa essere un derivato moderno ed occidentale delle seconde.
Analisi degli articoli
Definizione delle MGF
Nella maggior parte dei casi, il Corriere definisce le MGF attraverso l’utilizzo di termini ed
espressioni profondamente connotativi, che evidenziano diverse valutazioni del
fenomeno. Le definizioni sicuramente più utilizzate sono quelle che sottolineano la
distanza culturale fra i paesi e le popolazioni in cui le MGF vengono praticate e il
cosiddetto “mondo occidentale”, di cui fa parte anche l’Italia. Abbiamo dunque espressioni
come: pratica barbara, in assoluto la più frequente, rito atroce, feroce e tribale (soprattutto
nei primi articoli), barbarie. Accanto a questo primo gruppo di definizioni, abbiamo le più
neutre tradizione, tradizione patriarcale e popolare, pratica antica e millenaria, usanza
tradizionale, usanza antica, che di nuovo evidenziano un’opposizione fra società
tradizionaliste e società moderne, delineata nello stesso solco della divisione
precedentemente accennata fra barbarie e civiltà. Abbiamo in seguito aggettivi
marcatamente valutativi, utilizzati soprattutto dalle autorità occidentali, che definiscono la
pratica delle MGF come intollerabile, inaccettabile, aberrante e odiosa. Infine si riscontra
l’utilizzo di un certo numero di aggettivi, spesso associati alle definizioni precedentemente
elencate, che rafforzano l’impressione di estraneità e rifiuto di tali pratiche attraverso
6
l’evocazione delle ripercussioni fisiche e psicologiche sulle donne che le subiscono. Si
tratta di aggettivi che definiscono la pratica dell’infibulazione come cruenta, dolorosa,
devastante, umiliante, violenta.
Nei titoli si pone l’accento sul carattere di allarme ed emergenza dei problemi legati alle
MGF, soprattutto per quanto riguarda la diffusione delle stesse in Italia. Si tratta di
titolazioni che tendono a creare ondate di panico morale, facendo leva sulle paure della
gente ed attirando immediatamente l’attenzione del lettore. Qualche esempio:
Infibulazione, 50 mila vittime in Italia; Infibulazione, 167 casi a Roma e anche dieci bambine;
Infibulazione in cliniche illegali. Trecento casi in pochi mesi; In aumento i casi di
infibulazione. «Troppe cliniche clandestine»; Allarme infibulazione Salvate tremila bambine.
Diritto di parola
Nella maggior parte degli articoli da noi analizzati, il giornale riporta le notizie relative alle
MGF attraverso le parole di diverse fonti: autorità politiche e istituzionali (ministri,
parlamentari, esponenti di partiti politici, etc.) impegnate a vario titolo nella lotta alle
MGF; membri di associazioni umanitarie (Unicef, Aidos, MSF, Donne in rete, etc.) e
volontari coinvolti in campagne di sensibilizzazione sul territorio italiano o all’estero,
soprattutto in Africa; esperti di diverso genere (magistrati, avvocati, medici, psicologi,
sociologi, etc.). Ognuno di questi attori sulla scena delle MGF ha un modo peculiare di
esprimersi sulla questione.
A parte qualche eccezione, abbiamo riscontrato l’utilizzo di due stili comunicativi
nettamente diversi, a seconda che l’interlocutore sia un membro della società civile
(associazioni ed esperti) oppure un esponente politico. Nel primo caso abbondano gli
articoli di tipo informativo/propositivo, in cui si riportano notizie relative ad un
particolare paese (Nigeria, Egitto, etc.) o studi sulla situazione generale del fenomeno che,
malgrado gli allarmismi, riportano anche i progressi compiuti in determinate realtà. In
questo tipo di articoli – nonostante la retorica di fondo del giornale improntata, come
vedremo, sullo scontro di civiltà – i commenti degli attori sono volti ad evidenziare
l’importanza del lavoro sul campo, dell’educazione, dell’empowerment delle donne, del
rispetto dei diritti umani, senza alcun intento valutativo o discriminatorio nei confronti di
una particolare cultura. Vediamo qualche esempio:
Un problema di cultura? «Di educazione, direi. È su questo che bisogna lavorare» (presidentessa
dell’Aidos)4
Bisogna dare alle donne la consapevolezza che si può essere fedeli alla propria cultura anche
abbandonando questa pratica [...] Si tratta di investire nella prevenzione e avviare una rivoluzione
culturale per ridare dignità al ruolo della donna (medico)5
I diritti di ogni bambina non ci sono estranei, sono i diritti di tutti se vogliamo davvero far parte di una
comunità civile e non di una casuale aggregazione di persone (magistrato)6
4http://archiviostorico.corriere.it/2001/marzo/09/Sharia_infibulazione_tanti_problemi_risolvere_co_0_0103
0910116.shtml
5http://archiviostorico.corriere.it/2001/novembre/02/Infibulazione_167_casi_Roma_anche_co_10_01110251
22.shtml
6
http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/01/Contro_infibulazione_esiste_una_legge_co_7_070401033.sht
ml
7
Diverso il caso degli esponenti politici, alcuni anche di primissimo piano, chiamati ad
esprimersi sulle MGF in virtù del ruolo istituzionale che ricoprono, soprattutto attraverso
la promulgazione di leggi. Gli interventi riportati dal Corriere sono, in questo caso, di tipo
valutativo/strumentale. Si assiste dunque ad un giudizio differente sul fenomeno a
seconda dei fini politici che attraverso esso si vogliono raggiungere, o degli ideali che si
vogliono affermare: si va da un razzismo culturalista e anti-immigrazione degli esponenti
della destra, ad un relativismo culturale estremizzato di certa sinistra che si spinge sino ai
paragoni più improbabili. La proposta di legge della Lega Nord (estrema destra) contro
l’infibulazione, ad esempio, prende spunto da costumi «non compatibili» con la nostra
cultura portati dagli immigrati7, mentre l’on. Mara Carfagna (destra berlusconiana),
ministro delle Pari Opportunità, afferma che attraverso l’immigrazione questa pratica
barbara e inaccettabile è arrivata fin dentro i nostri quartieri8. In entrambi i casi la retorica
è quella dello scontro di civiltà, del noi vs. loro, attraverso la quale si alimenta la paura
generalizzata dell’immigrato, senza distinzione di nazionalità e religione, che viene
assimilato ad un barbaro invasore, portatore di tradizioni culturali nefaste assimilabili a
malattie. La società occidentale è assediata da questi popoli che hanno attraversato le
nostre frontiere ed hanno portato qui da noi queste abitudini (si noti l’accento ripetuto sul
“noi”: le nostre frontiere, qui da noi), inconciliabili con i nostri alti standard di civiltà.
La stessa retorica si può sorprendentemente trovare, benché velata di buonismo, anche
nelle parole dell’esponente del centro-sinistra e all’epoca della dichiarazione Presidente
del Consiglio, Giuliano Amato: È intollerabile. Certo, è frutto di una cultura diversa dalla
nostra. Ma una violazione come questa - ha detto - non va accettata in nome delle tradizioni.
Se lo facessi violerei l’umanità che è in me.9 In questo caso la cultura diversa non è più
considerata alla stregua di uno spauracchio, bensì, secondo la tradizione culturalista, come
una giustificazione, che però non può essere accettata in nome della nostra umanità, come
se le persone che praticano le MGF non fossero umane ma bestie. Un passo ulteriore verso
il relativismo culturale ignaro dei diritti umani, viene dagli esponenti della sinistra
radicale, che rifiutano di firmare la legge contro le MGF perché considerata troppo
repressiva:
La pratica è violenta e va contrastata ma senza presunzioni culturali. Che dire delle nostre minorenni
che si rifanno il seno o si ritoccano le labbra per compiacere un supposto immaginario maschile? In
entrambi i casi si tratta di pratiche barbare che hanno un substrato culturale.10
La sola, considerevole eccezione è data dagli esponenti del partito radicale che, come
abbiamo visto a partire dalla sua leader Emma Bonino, sono da sempre stati impegnati sul
campo nella lotta alle MGF, attraverso modalità di azione e denuncia simili a quelle delle
organizzazioni umanitarie, alle quali si avvicinano anche per quanto riguarda i modi
discorsivi pubblicati dal giornale. Un esponente di questo partito è anche l’unico, prima
dell’approvazione della legge italiana contro le MGF, a richiamarsi direttamente alla
Convenzione sui diritti dell’infanzia nel caso delle gemelline che analizzeremo in seguito:
7http://archiviostorico.corriere.it/2002/ottobre/08/Infibulazione_Lega_chiede_che_sia_co_0_0210082611.sht
ml
8http://archiviostorico.corriere.it/2009/settembre/25/Italia_centinaia_bambine_sono_vittime_co_9_0909250
30.shtml
9 http://archiviostorico.corriere.it/2001/marzo/07/Infibulazione_mila_vittime_Italia_co_0_0103075962.shtml
10http://archiviostorico.corriere.it/2005/luglio/07/del_Senato_infibulazione_diventa_reato_co_8_050707102.
shtml
8
egli vuole che i giudici minorili «applichino la convenzione Onu del 1989 sui diritti dei
fanciulli, divenuta legge dello Stato italiano nel 1991, la quale stabilisce i diritti dei bambini
ad essere ascoltati dal Tribunale direttamente». E precisa: «Non attraverso i riassunti degli
assistenti sociali, che fin dall’inizio hanno detto di non credere ai racconti dei piccoli
ivoriani».
Da questa carrellata di attori cui il Corriere dà il diritto di esprimersi sulle MGF, mancano
sorprendentemente le dirette interessate. Le donne che hanno subito una qualche sorta di
mutilazione genitale sono presenti, nel giornale in questione, soprattutto nelle parole degli
altri, nei dati ufficiali, nelle dichiarazioni degli esperti. Le uniche voci che si sentono, sono
le poche testimonianze dirette utilizzate a supporto di (per dare colore a) inchieste più
generali, nelle quali le donne hanno l’unico ruolo di vittime da compatire. Si tratta
soprattutto di Kahdi e Sahara, due donne di origine senegalese, la prima, e somala, la
seconda, mutilate in giovane età (7 e 6 anni)11. Vogliamo sottolineare, inoltre, che,
malgrado Kahdi sia un’attivista impegnata nella lotta alle MGF, le viene dato spazio
all’interno del giornale solo in quanto vittima, mettendo in luce, dunque, solo l’aspetto
negativo della sua esperienza di vita e minimizzando la sua capacità di agire e reagire
come individuo adulto e consapevole.
Le due testimonianze hanno caratteristiche molto simili, che si discostano da tutti gli altri
stili discorsivi fin qui analizzati (quello politico e quello degli “esperti”). L’intera storia
ruota attorno alla mutilazione, non viene scritto nulla di positivo, non si lascia nessuna
speranza per la vita successiva, grazie, ad esempio, alla chirurgia ricostruttiva, alla propria
famiglia, professione o attività. Le descrizioni giornalistiche sottolineano con espressioni
forzatamente compassionevoli la difficoltà a riaffrontare l’evento (dettagli penosi;
l’intimità dimezzata pesa su ogni parola; aveva giurato di non parlarne più. Su quei terribili
momenti ci aveva messo una pietra sopra. Ricordarli voleva dire riviverli).Viene descritto il
giorno della mutilazione nel dettaglio, con frasi brevi ad effetto e abbondanza di particolari
cruenti (affondava il coltello; dolore lancinante; pozza di sangue; la lama scavò nelle mie
carni; mi inserì nella vagina una scheggia di legno; persi molto sangue) ed insistendo sulle
conseguenze psicologiche e fisiche dell’avvenimento (la vita sessuale è compromessa per
sempre; a 13 anni divenni donna e con dolore; mio marito ci mise due notti per penetrarmi; a
17 anni nacque mia figlia Marian. E sempre con dolore). L’intento non è quello di far
conoscere la pratica, ma quello di scioccare, traumatizzare il lettore facendo leva, allo
stesso tempo, sull’attrazione universalmente esercitata dal macabro. Si tratta di una
vecchia tattica giornalistica usata anche per descrivere uccisioni ed altri crimini violenti.
Un ruolo ancor più marginale hanno i parenti delle “vittime”, i quali, nei rarissimi casi in
cui viene concesso loro il diritto di parola, non fanno altro che confermare ancora una
volta la distanza culturale che li separa dall’occidente. Un esempio è quello riguardante il
caso di una neonata di pochi mesi di origine nigeriana, i cui genitori sono stati processati
per averla sottoposta ad infibulazione, insieme alla donna che ha materialmente praticato
l’operazione. A parlare è lo zio della vittima, le cui parole vengono riportate nel titolo
dell’articolo, che così recita:
11
http://archiviostorico.corriere.it/2001/marzo/07/Infibulazione_mila_vittime_Italia_co_0_0103075962.shtml
e
http://archiviostorico.corriere.it/2007/marzo/26/vittima_dell_infibulazione_Milano_anni_co_6_070326011.s
html
9
«Infibulazione o sarà discriminata» Testimonianza-choc in tribunale.
Verona, nigeriani a processo. Lo zio di una bimba: da noi è tradizione.12
Attraverso un titolo del genere si manda una serie di messaggi impliciti ai lettori e si
inquadra l’evento in un frame interpretativo ben preciso. In primo luogo, il virgolettato
iniziale ha il tono dell’appello piuttosto che della testimonianza, come se qualcuno stesse
pregando i giudici di acconsentire alla pratica dell’infibulazione; questa impressione è
confermata dalla specificazione successiva, che qualifica la prima frase come qualcosa di
scioccante. Il soggetto parlante è assente, ma il sottotitolo ci da ulteriori elementi per
identificarlo: si tratta dei nigeriani, tutti i nigeriani indistintamente, che sono sotto
processo. Ponendo l’accento sulla nazionalità, e non sulle persone coinvolte nello specifico,
non si fa altro che criminalizzare un intero popolo ed erigere delle ulteriori barriere fra
“loro” e la cosiddetta società di accoglienza. Infine compare lo zio, che in ultimo – e in vano,
dato il modo in cui il titolo è stato costruito – giustifica la pratica richiamandosi alla
tradizione. Di nuovo il giornale pone l’accento sul noi/loro e generalizza la diffusione della
pratica a tutta la Nigeria (da noi = nel nostro paese).
Leggendo l’articolo per intero, si nota come in realtà le dichiarazioni dello zio, ascoltato dai
giudici, siano state completamente manipolate dal giornalista per costruire un titolo
razzista e incriminante. Egli infatti, dopo aver parlato del conflitto fra i genitori della
bimba (la madre era contraria all’infibulazione), spiega che in alcune zone della Nigeria [...]
è una tradizione ancora molto diffusa. Se non la fa, una bambina non viene accolta dal resto
della comunità e i compagni la prendono di mira con scherzi. Il virgolettato del titolo risulta
dunque improprio, poiché nessuno ha affermato la frase così come riportata: lo zio si
limita a descrivere le conseguenze a cui – in quelle zone della Nigeria in cui la pratica è
particolarmente diffusa e non, dunque, in tutto il paese – va incontro una bambina che non
sia stata operata, senza giudizi di valore e senza auspicarsi che la nipote subisca la stessa
sorte. L’appiattimento dei conflitti e delle differenze (fra i genitori, fra le diverse comunità,
etc.) dà l’impressione di una popolazione uniforme e coesa, che può più facilmente essere
identificata come “diverso da noi”, nemico.
Le bambine
Il modo in cui il giornale parla delle bambine coinvolte dalle MGF è, in linea generale, di
tipo pietistico/compassionevole, enfatizzando il ruolo di vittime inconsapevoli delle bimbe
e le sofferenze causate dalla mutilazione, in maniera analoga a quella sopra riportata delle
testimonianze di donne adulte, anche se meno cruenta. Lo dimostra la descrizione di un
video trasmesso ad un convegno contro le MGF avvenuto a Roma:
Bianca, 7 anni, somala. Bianca ha treccine sottili, un visetto allegro. Prima. Ma è arrivato il suo giorno,
e lei sorride perché non sa. Dopo, non è già più una bambina, è stata tagliata e cucita, le urla del suo
dolore durano dieci interminabili minuti. Un inferno. L' inferno non finisce in quei dieci minuti. 13
Spicca la netta separazione fra prima e dopo: l’iniziale descrizione tenera e delicata della
bambina (treccine, visetto allegro, sorride) serve a commuovere il lettore, farlo
immediatamente affezionare alla bimba e accentuare la sensazione di sconvolgimento al
proseguire del racconto. Il dopo, infatti, non ha più niente di amorevole: è l’inferno. Le frasi
12http://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/cronaca/2009/10-ottobre-2009/infibulazione-o-sara-
discriminata-testimonianza-choc-tribunale-1601862541980.shtml
13 ttp://archiviostorico.corriere.it/2001/marzo/07/Infibulazione_mila_vittime_Italia_co_0_0103075962.shtml
10
sono crude (tagliata e cucita), e richiamano unicamente alla sofferenza (le urla del suo
dolore; inferno), sottolineandone ben due volte la lunga durata.
Questo tipo di descrizione, che ritroveremo anche nel caso delle gemelline, contrasta con il
racconto delle bambine e adolescenti che, per rifuggire alle mutilazioni, sono scappate
dalle loro famiglie rifugiandosi in chiese ed istituti religiosi. Si tratta dell’unico articolo in
cui le bambine, ma in generale le donne, sono descritte come soggetti attivi, capaci di
riconoscere i propri diritti di fronte alla legge e di ribellarsi alle ingiustizie. Sorprende
come questo esempio positivo riguardi delle ragazze keniote che vivono nel loro paese
d’origine. Vediamone la descrizione:
Maggior successo [rispetto alle campagne sulla popolazione adulta] sembrano invece aver avuto le
iniziative di sensibilizzazione delle ragazzine all’interno delle scuole. Lo dimostrano le giovani ribelli
di questi giorni. A loro volta seguaci delle due prime piccole eroine della lotta all’infibulazione: Ednah
e Beatrice, 15 e 17 anni, che due anni fa riuscirono a trascinare davanti a un giudice il padre che
voleva costringere alla mutilazione. La corte diede ragione alle due sorelle: non potevano essere
«operate» con la forza. E la sentenza – storica, secondo le organizzazioni dei diritti umani – ancora
oggi rappresenta una speranza per milioni di adolescenti africane. 14
Le bambine vengono descritte con termini che ne evidenziano il coraggio e
l’intraprendenza (ribelli, seguaci, eroine), enfatizzati dall’insuccesso riportato presso gli
adulti; si pone l’accento sull’importanza dell’azione sul campo, secondo la tipologia
discorsiva propria delle associazioni e degli esperti che abbiamo visto in precedenza (a
parlare, nell’articolo, è la coordinatrice di un’ONG africana); si mettono in risalto i risultati
positivi delle due azioni di sensibilizzazione e ribellione attraverso la descrizione della
sentenza come un fatto storico, una speranza per tantissime (milioni) ragazzine africane
(non solo keniote, dunque). Questo esempio positivo è però destinato a rimanere un fatto
isolato all’interno del quotidiano, nel quale prevalgono le descrizioni commiserevoli e la
vittimizzazione delle bambine e delle donne.
Il caso: le due gemelline
Il caso in questione, al quale viene data ampia copertura (5 articoli), è esemplificativo dello
stile generale adottato dal Corriere, nonché delle retoriche e dei discorsi utilizzati per
trattare l’argomento delle MGF. La storia, risalente al 2003, è quella di due bambine di otto
anni e mezzo originarie della Costa d’avorio, affidate per un certo periodo ad una famiglia
italiana. Quest’ultima ha in seguito sporto denuncia contro la famiglia d’origine per
maltrattamenti, incluso il rischio che le due bambine fossero sottoposte ad infibulazione.
La copertura giornalistica, sotto invito alla riservatezza da parte del giudice, termina
prima della fine del processo, per cui non sappiamo quali siano state le decisioni del
tribunale dei minori al riguardo. In ogni caso, è chiaro che il nostro giornale ha già deciso
da che parte schierarsi fin dal primo articolo.
Nella maggior parte degli articoli, il lettore viene informato sui fatti dai genitori affidatari
oppure da vari esperti (gli avvocati, il medico della famiglia italiana). L’unica occasione in
cui sentiamo la voce della madre naturale è a metà della copertura giornalistica, ovvero
quando il lettore si è già fatto un’idea di come stiano le cose (l’idea del giornale). La madre
– che viene chiamata solo con il nome proprio, contrariamente ai genitori affidatari, di cui
si riporta sempre nome e cognome – si limita alla seguente frase: Non apro, chiamo
14http://archiviostorico.corriere.it/2003/febbraio/08/Kenia_fuga_dalle_mutilazioni_co_0_030208080.shtml
11
l’avvocato, senti lui, aspetta che viene. Risalta qui l’italiano stentato, il mancato utilizzo
della forma di cortesia, la chiusura della donna rispetto al giornalista, la quale però sbircia
dietro la porta chiusa. Tutto ciò contrasta con la ricchezza di vocabolario e di informazioni
provenienti dalla famiglia affidataria.
Le descrizioni delle due famiglie vanno nella stessa direzione, enfatizzandone le differenze
di status e culturali. Si parla di coppia di genitori ivoriani, ma di coppia di professionisti
bergamaschi15; per quanto riguarda i primi, il padre fa il tappezziere, la madre è casalinga,
mentre per i secondi abbiamo Claudio Taiana, sessantenne, affermato consulente
finanziario16 e «Mamma Anita» Dimiccoli, volontaria della Caritas17. Emblematica è anche la
descrizione delle rispettive abitazioni: la famiglia d’origine vive in un appartamento
modesto al quarto piano senza ascensore, comperato con un mutuo; i coniugi italiani, invece
in una solida villa, nella quale si trovano dappertutto i segni della loro presenza [delle
gemelle].
Sulla parete del soggiorno un biglietto tenero e poetico: «Per mamma Anita, perché ti voglio bene più
dell’infinito», vicino tante fotografie che raccontano momenti di gioia. Le gemelline al mare sorridenti
nei loro costumini, le gemelline color cioccolato circondate da girotondi di peluche, le bimbe ivoriane
con un caschetto di treccine sul divano, abbracciate a «mamma Anita» e a «papà Claudio». Scene
d’interno di famiglia.18
La descrizione idilliaca della famiglia affidataria, delle bambine e del loro rapporto, è
analoga alla descrizione della bambina analizzata in precedenza, secondo lo schema
prima/dopo, in cui il prima è la vita serena con la famiglia italiana e il dopo la minaccia
dell’infibulazione nella famiglia d’origine:
I genitori avrebbero fatto vedere alle piccole dei filmati in francese che illustrano l’intervento
chirurgico di infibulazione fatto con un rasoio. Le bimbe ne sono uscite terrorizzate. Una paura
trasmessa anche in bigliettino in cui si parla di botte e di cinghiate e della minaccia di rispedirle in
Africa19
«Prima erano allegre, estroverse, poi sono cambiate. Mal di pancia, vomito, malesseri di tipo
psicologico» (testimonianza del medico della famiglia affidataria) 20
Le differenze fra le due famiglie, vengono contestualizzate dal giornale all’interno del
frame interpretativo anti-migratorio già visto in precedenza. Secondo il Corriere, questa è
una storia di degrado e di immigrazione, nella quale le bambine si trovano in
Un equilibrio precario fra la famiglia di origine, emigrata dalla Costa d’Avorio, con le sue tradizioni, le
istituzioni che vogliono vederci chiaro e la famiglia bergamasca che si è fatta carico di offrire il suo
aiuto incondizionato.21
Da una parte le tradizioni degli immigrati, dall’altra l’aiuto incondizionato degli italiani.
Noi vs. loro: da che parte stare è evidente. Si sottolinea inoltre la variabile religiosa: le
15http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/07/Gemelline_verita_dei_genitori_co_5_031107015.shtml
16http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/05/caso_delle_gemelline_torna_Tribunale_co_5_0311050
23.shtml
17 http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/04/Salvate_due_gemelline__co_5_031104008.shtml
18http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/05/caso_delle_gemelline_torna_Tribunale_co_5_0311050
23.shtml
19 http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/04/Salvate_due_gemelline__co_5_031104008.shtml
20http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/05/caso_delle_gemelline_torna_Tribunale_co_5_0311050
23.shtml
21 http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/04/Salvate_due_gemelline__co_5_031104008.shtml
12
bimbe sarebbero vittime di violenze fisiche da parte dei genitori naturali, in Italia da dieci
anni e di fede musulmana22. E infine, di nuovo, compare il pericolo costituito dai costumi e
dalle tradizioni importati dagli immigrati che minacciano la nostra cultura; la frase finale
del giornalista afferma che: a Natale A. e K., le due gemelline ivoriane, saranno infibulate,
anche se vivono a Bergamo, Lombardia, Italia23. Da notare il crescendo geografico, per
sottolineare l’incredulità e sgomento, rispetto al fatto che il fatto avvenga proprio “qui da
noi”.
Prima di continuare la nostra analisi, vogliamo sottolineare che tutte queste
considerazioni, nonché quelle precedentemente fatte e quelle che verranno in seguito,
esulano dal giudizio dell’autrice sulle singole situazioni o sulle MGF, ma vogliono essere
un’analisi il più possibile obiettiva del modo in cui queste tematiche vengono presentate
dai media europei. Ricordiamo che, nel caso specifico, non conosciamo la realtà dei fatti, né
il giudizio finale da parte del tribunale dei minori, così come non li conoscono i giornalisti
che hanno scritto gli articoli. I rapporti dei servizi sociali vengono descritti come
contraddittori e in più occasioni si sottolinea come non sia stato rilevato alcun segnale di
pericolo da parte degli assistenti ed educatori. Con questo non vogliamo dire che i genitori
delle bambine siano certamente non colpevoli, ma perlomeno che andrebbe lasciato loro il
beneficio del dubbio, cosa che il Corriere non fa in alcun modo.
Per riassumere:
L’interesse si concentra sui dati, i casi e le ricerche che testimoniano la presenza e la
diffusione delle MGF in Italia; minore attenzione al contesto internazionale.
La copertura dell’argomento non è costante: esistono picchi di attenzione in
concomitanza con eventi specifici (processi, pubblicazione di studi e ricerche, etc.).
Negli ultimi tre anni l’attenzione cala considerevolmente.
La retorica di fondo del giornale è quella dello scontro di civiltà e dell’opposizione
italiani/immigrati
La parola viene data quasi esclusivamente a “terzi”: esponenti politici (discorso
strumentale), rappresentanti di organizzazioni umanitarie, esperti (discorso
propositivo).
Le donne e bambine interessate dalla MGF compaiono quasi esclusivamente come
testimoni e vittime: vince il discorso pietistico, con accentuato gusto del macabro.
22http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/05/Caso_delle_gemelline_Decide_tribunale_co_5_031105
027.shtml
23 http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/04/Salvate_due_gemelline__co_5_031104008.shtml
13
Svizzera francese
Le Temps è uno dei giornali più diffusi della svizzera francese ed è conosciuto per il suo
alto livello qualitativo e la totale indipendenza del team editoriale. Si rivolge ad un
pubblico tendenzialmente progressista e con un livello d’istruzione medio-alto. Il termine
utilizzato per la ricerca online è quello di “excision”, il più utilizzato nei paesi di lingua
francese per riferirsi all’insieme delle MGF. Il totale degli articoli sull’argomento è di 23.
Panoramica
Fra i temi collegati alle MGF, il giornale della svizzera romanda privilegia nettamente
l’aspetto legale della questione, con articoli che riguardano tanto i progressi della legge
nazionale, quanto le incongruenze della legge sull’asilo, che spesso non consente adeguata
protezione alle donne o ragazze che rischiano di essere mutilate, quanto, infine, i casi
giudiziari riguardanti la Svizzera. Gli altri temi, in ordine di importanza decrescente,
riguardano: le campagne di sensibilizzazione in Svizzera e nel mondo sull’argomento; le
MGF nel cinema e in televisione; e, con un articolo ciascuno, l’immigrazione, la chirurgia
riparatrice e (di nuovo!) la chirurgia estetica delle parti intime.
La copertura dell’argomento è molto discontinua. Le MGF sono quasi assenti dalle pagine
del giornale sino al 2003 (si contano solamente due articoli relativi ad un cortometraggio e
ad un documentario), per poi avere improvvisamente il loro massimo riscontro nel 2004,
per via di un caso giudiziario molto seguito, ovvero il processo al padre di due ragazzine
svizzere che hanno subito l’escissione del clitoride in Malesia, dov’erano state nascoste dal
genitore, il quale le aveva precedentemente sottratte alle cure materne. Dal 2005 al 2007
(1-3 articoli per anno) si trattano gli argomenti più disparati: il rapporto dell’Unicef suisse
nel 2005, che evidenzia la diffusione del fenomeno in Svizzera; diverse testimonianze dal
tono generalmente positivo e ottimista, di persone svizzere e straniere; campagne di
sensibilizzazione, votate all’eliminazione delle MGF nel mondo. Nel 2008 l’attenzione è
focalizzata su due importanti decisioni prese dai tribunali svizzeri, le quali riguardano due
casi di escissione che hanno viste coinvolte persone di origine somala residenti nella
repubblica federale. La panoramica si chiude nel 2009-10, con due articoli riguardanti la
chirurgia sessuale e la campagna contro le MGF promossa dalla ex top model Waris Drie.
Analisi degli articoli
Definizione delle MGF
Nella maggior parte degli articoli analizzati, per riferirsi alle MGF vengono utilizzati dei
termini neutri, privi di connotazioni morali o valutative: pratique (in assoluto il più usato),
pratique traditionnelle, tradition. Solo in pochi casi si fa uso di termini ed espressioni più
forti e marcatamente valutativi, che abbiamo visto e vedremo essere maggioritari in altre
testate e paesi. Si tratta di parole come massacre, espressioni e derivati del termine
barbare (mesures barbares, barbarie, pratique barbare), ed espressioni come tradition
inhumaine, rituel obscurantiste.
I titoli hanno quasi sempre carattere informativo, evitando i sensazionalismi.
14
Diritto di parola
Negli articoli che trattano di MGF all’interno de Le Temps, prevalgono nettamente le voci
ed i commenti dei membri della società civile (ONG, volontari, attivisti, etc.), nonché di
magistrati, avvocati e tutte le altre professioni legate all’ambito della giustizia. Spicca la
quasi totale assenza del discorso politico: le tematiche legali e le problematiche sociali
legate alle MGF in Svizzera vengono proposte e commentate, nelle pagine del giornale,
solamente dagli esperti direttamente implicati nel settore, senza lasciare spazio a
strumentalizzazioni politiche.24
In maniera analoga a quanto rilevato in precedenza, il discorso dei membri di
organizzazioni e attivisti direttamente impegnati nella lotta alle MGF mira alla
comprensione del fenomeno, delle sue cause e ragioni, ed enfatizza in maniera particolare
il ruolo delle comunità locali e delle donne nel combatterne la pratica.
Nous nous appuyons sur les gens des villages eux-mêmes pour répandre le message, désavouer
l'argument religieux et alerter sur les séquelles. Et puis nous nous adressons aux hommes. Ils sont un
rouage important puisque ce sont eux qui exigent des femmes excisées. (rappresentante dell’Unicef in
Egitto)25
Les associations de migrants africains sont aussi très actives et fournissent un travail très
professionnel pour informer leur communauté. 26 (coordinatrice della Caritas a Zurigo)
Per quanto riguarda il discorso legale, esso è di tipo marcatamente informativo, volto a
spiegare i progressi e le incongruenze della legislazione e della giurisprudenza svizzera in
materia, con una particolare attenzione al ruolo educativo e non punitivo di certe leggi o
sentenze. Per quanto riguarda il caso di due coniugi somali condannati a due anni con la
condizionale per aver fatto mutilare la figlia di due anni, il presidente della corte giustifica
la sua decisione di infliggere una pena relativamente leggera (il massimo previsto era dieci
anni di detenzione) in questo modo:
Il ne s'agit pas de faire preuve de tolérance envers des pratiques religieuses ou culturelles. Les
mutilations génitales féminines sont une atteinte grave à l'intégrité sexuelle des femmes et une
violation des droits élémentaires de la personne […] J’espère que ce jugement aura valeur de signal, en
Suisse au moins.27
La stessa sentenza è ripresa e commentata in un articolo successivo, in cui se ne sottolinea
il valore di stimolo alla riflessione ed al cambiamento per un’intera comunità:
L’unico commento politico riguarda un’intervista alla politica vallesana Françoise Gianadda, nella quale,
coerentemente con quanto rilevato a proposito del discorso politico in altri paesi, il giornale tematizza il
problema delle MGF come un problema di immigrazione, di conflitto di valori, in maniera meno marcatamente
razzista, però, rispetto a quanto avviene ad esempio in Italia. La Suisse au défi de ses immigrés: le choc des
valeurs. Le brassage de populations venues d'horizons divers et souvent lointains pose sous un jour nouveau la
question de la tolérance. Aussi dévouée à la liberté soit-elle, la Suisse peut-elle admettre que des étrangers
perpétuent sur son sol certaines pratiques, tels l'excision ou le mariage forcé? La cheffe du Service valaisan de
l'état civil et des étrangers, Françoise Gianadda, ne doute pas que la réponse soit «non» et met en garde, au nom
de la démocratie même, contre les dérives du multiculturalisme. http://www.letemps.ch/Page/Uuid/4e12381eaf5b-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C0
25 http://www.letemps.ch/Page/Uuid/38dbe71e-ac37-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C1
26 http://www.letemps.ch/Page/Uuid/41cf8d8a-aa20-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C1
27 http://www.letemps.ch/Page/Uuid/0c181acc-aa20-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C1
24
15
Les parents ont appris, ils ont renoncé à exciser leurs deux plus jeunes filles, c’est primordial. On ne
peut pas encore faire de la prévention sur le dos de la famille. Et une condamnation, même avec sursis,
est un signal important. Cela va faire le tour de la communauté somalienne, j’en suis persuadée. 28
In questo ed in altri articoli non si risparmiano le critiche alla stessa società Svizzera, ai
suoi meccanismi burocratici, ai suoi tabù e alle carenze di certi servizi sociali e di
accoglienza. C’è il problema della legge sull’asilo, che spesso nega questo diritto alle donne
e bambine minacciate a rischio di MGF (L'excision ne donne pas encore droit { l’asile, A
Cointrin, des requérantes d’asile sans protection)29, e poi ci sono una serie di tabù e cattive
pratiche che impediscono di agire in maniera effettiva sulle realtà a rischio, come un faux
romantisme culturel, che per non discriminare una comunità mette in secondo piano la
protezione dei bambini e delle donne, o la difficoltà di affrontare certi argomenti da parte
degli specialisti:
Le thème passe pour tabou. Les réticences sont plus grandes chez les spécialistes en Suisse que chez les
familles migrantes. On a peur d’aborder la question et de parler de sexualité, et encore plus avec des
Africaines! 30
All’interno del giornale, fatta eccezione per il caso della modella Waris Dirie impegnata
come attivista nella lotta alle MGF, sono quasi completamente assenti le voci delle donne
concretamente interessate da tali pratiche, nonché delle loro famiglie e comunità. L’unico
discorso diretto riportato in un articolo è quello di una bambina, interrogata durante il
processo alla sua sorellastra, che racconta l’episodio dell’escissione subita. Di nuovo,
quindi, le donne/bambine parlano esclusivamente in virtù del loro ruolo di vittime, questa
volta però in toni meno patetici e macabri (notare l’assenza del sangue), rispetto a quanto
riscontrato in Italia:
Une dame est venue, nous étions trois filles, nous sommes allées sous un arbre, la dame avait un
couteau carré, aux deux bords tranchants. Il n’y avait pas d’anesthésie, j’ai dû prendre un morceau de
bois dans la bouche pour ne pas hurler. Pendant sept jours, j’ai eu les jambes attachées, on ne pouvait
pas faire pipi en s’asseyant jusqu’à ce que la plaie guérisse. Je me souviens que cela me brûlait.31
Le bambine
Non sono presenti descrizioni di bambine.
Il caso: le sorelline rapite
L’interesse del quotidiano Le Temps, viene catturato nel 2004 dal caso di una famiglia di
nazionalità svizzera, protagonista di un’intricata vicenda. Si tratta di un padre accusato di
aver rapito le figlie, di averle portate in Malesia ed affidate ad una famiglia che avrebbe
loro praticato l’escissione del clitoride, durante il periodo nel quale lo stesso padre era in
carcere in Svizzera. La vicenda si complica quando emerge che il capo dell’Ufficio dei
minori di Neuchatêl ha incontrato in segreto l’accusato durante il periodo della sua
latitanza (successiva alla prima condanna per rapimento di minori).
Il giornale mette l’accento, in questo caso, sulla figura bizzarra del padre, del quale si
sottolinea il fatto che sia convertito all’Islam e che non sia nuovo a vicende di natura
http://www.letemps.ch/Page/Uuid/41cf8d8a-aa20-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C1
L'excision ne donne pas encore droit à l'asile ; A Cointrin, des requérantes d'asile sans protection
30 http://www.letemps.ch/Page/Uuid/41cf8d8a-aa20-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C1
31 http://www.letemps.ch/Page/Uuid/19cd1c06-aa1d-11dd-bf59-ad3d6140ad87%7C0
28
29
16
giudiziaria (La prison de Champ-Dollon retrouve un ancien pensionnaire32). La
caratterizzazione della personalità del padre, nonché l’incriminazione del funzionario
cantonale, spostano l’attenzione del giornale dalle bambine e dal tema escissione. Il
genitore viene presentato come un personaggio da circo, dapprima homme invisible e in
seguito improvvisamente riapparso, prendendo la scena nel corso del processo al capo
dell’ufficio minori (Le père des fillettes excisées s’impose en vedette d’un procès qui n’est pas
le sien; tout heureux de donner «son appréciation des faits») dando luogo ad un drôle
d’ambiance33. A parte l’insistenza sulla religione – la cui importanza anche ai fini
processuali viene ribadita dallo stesso protagonista (avec mon ex-épouse, nous nous
sommes mariés selon la loi musulmane. Selon cette dernière, je suis le seul détenteur de
l'autorité parentale34) – è solo l’arroganza e la “stranezza” del padre a tenere in piedi il
caso giornalistico, che ci viene dunque presentato come “un intricato caso fuori dal
normale” e non come una guerra di civiltà o una storia di degrado causata
dall’immigrazione. Sicuramente la mutilazione subita dalle bambine passa in secondo
piano, ma – se pensiamo alle descrizioni vittimiste e strappalacrime, al sentimentalismo
ipocrita e allo sfruttamento dell’immagine e delle sofferenze delle gemelline analizzato nel
caso del Corriere – non è detto che questo sia un male.
Per riassumere:
La copertura del giornale sull’argomento è discontinua, legata ad eventi specifici
come i casi giudiziari, ed ha il suo picco massimo negli anni centrali della rilevazione.
L’attenzione è concentrata soprattutto su eventi avvenuti sul suolo svizzero.
L’interesse è focalizzato sull’aspetto legale delle MGF: soprattutto sui processi e
condanne avvenuti in Svizzera, ma anche sulle problematiche e discussioni riguardo
alle leggi sull’asilo e sulle MGF.
Si utilizza un linguaggio in massima parte neutro e informativo, privo di
sensazionalismi o connotazioni moralistiche.
La parola viene data quasi esclusivamente ad esponenti delle professioni legali
(avvocati, giudici, etc.) oppure a membri della società civile impegnati, a titolo privato
o come membri di organizzazioni non governative, nella lotta alle MGF.
Spicca la totale assenza delle donne coinvolte e delle bambine, la quale, malgrado la
loro riduzione al silenzio, evita la vittimizzazione e la strumentalizzazione soprattutto
delle seconde.
32http://www.letemps.ch/Page/Uuid/72758186-af68-11dd-bf59-
ad3d6140ad87/Le_père_de_filles_excisées_reste_sous_les_verrous
33http://www.letemps.ch/Page/Uuid/8d30fb0e-af77-11dd-bf59ad3d6140ad87/Le_père_des_fillettes_excisées_simpose_en_vedette_dun_procès_qui_nest_pas_le_sien
34http://www.letemps.ch/Page/Uuid/8d30fb0e-af77-11dd-bf59ad3d6140ad87/Le_père_des_fillettes_excisées_simpose_en_vedette_dun_procès_qui_nest_pas_le_sien
17
Svizzera tedesca
L’analisi verrà effettuata principalmente sul Neue Züricher Zeitung (NZZ), il quotidiano più
autorevole della Svizzera tedesca nonché uno dei più antichi al mondo. Esso si colloca
politicamente vicino all’area liberale, ma è meno progressista rispetto a Le Temps. Inoltre,
verrà effettuata un’analisi comparativa con il più diffuso tabloid Blick, a proposito della
copertura giornalistica di un caso giudiziario. Per quanto riguarda quest’ultimo giornale, il
nostro database dispone di 13 articoli dal 2005 al 2010, mentre, nel caso di NZZ, gli articoli
sono 19 (dal 2000 al 2010).
Panoramica
Il NZZ si caratterizza per un’attenzione egualmente ripartita fra le notizie riguardanti il
contesto nazionale e quelle invece di cronaca estera. La vocazione internazionale, per cui il
giornale è conosciuto, si concentra soprattutto nelle notizie concernenti le campagne di
sensibilizzazione contro le MGF ad opera di organizzazioni internazionali (UNICEF, WHO)
o in seguito ad iniziative private (l’avventuriero tedesco Rüdiger Nehberg), ma anche in
piccola parte sulle leggi approvate da altri paesi come l’Eritrea e la Spagna. Per quanto
riguarda la cronaca nazionale, invece, il giornale dà particolare importanza ai casi
giudiziari già visti su Le Temps ed ai progressi della legge svizzera contro le MGF.
In rapporto alla distribuzione temporale degli articoli, notiamo un’assenza quasi totale di
copertura giornalistica del tema fino al 2005; a partire da questo momento l’interesse del
giornale resterà pressoché costante fino al 2008 (4 articoli all’anno, ad eccezione del 2006,
che conta due articoli), per poi tornare a diminuire. Fino all’agosto 2007, il giornale si
occuperà quasi esclusivamente delle notizie provenienti dall’estero (EU, Spagna, Egitto,
Eritrea, etc.). Successivamente, e fino alla fine della rilevazione, l’attenzione sarà
esclusivamente concentrata sulla Svizzera, con i due processi, quello di Zurigo –
ovviamente più seguito – e quello di Friburgo, a due famiglie somale condannate per aver
praticato l’escissione sulle rispettive figlie. Gli articoli degli ultimi due anni (3 in totale)
consistono invece in brevi rapporti sui lavori della Commissione giuridica del Consiglio
nazionale, incaricata di modificare il Codice penale svizzero in modo da punire in maniera
più decisa la pratica delle MGF.
Analisi degli articoli
Definizione delle MGF
Anche in questo giornale, come nel caso di Le Temps, i termini utilizzati dai giornalisti con
riferimento alle MGF sono in gran parte di carattere puramente descrittivo e neutro. La più
usata risulta essere la parola Eingriff, ma compaiono anche Phänomen, Brauch, Ritual, Sitte
e Praktiken. In alcuni casi il giornalista mette l’accento sul carattere tradizionale della
pratica (attraverso l’uso di aggettivi come traditionell, tief verwurzelt, althergebracht), in
altri, molto rari, se ne sottolinea la valenza negativa, con espressioni che vanno dalle più
leggere Unsitte, schlechte Tradition e sehr schädlichen Bräuchen, alle più forti
frauenverachtende Tradition (tradizione che disprezza la donna), blutigen Eingriff,
grausame Ritual.
18
I titoli sono di carattere strettamente informativo, non sensazionalistico ed evitano la
criminalizzazione e l’etnicizzazione della pratica, anche nel caso delle vicende giudiziarie
che hanno interessato la Svizzera.
Diritto di parola
Gli articoli del NZZ si caratterizzano per uno stile sobrio, lineare, nonché per il loro
carattere informativo. La tendenza è di riportare tutti gli eventi e i soggetti trattati
attraverso il discorso indiretto, come un resoconto fedele del giornalista in cui sono quasi
assenti le parole delle persone coinvolte negli avvenimenti di cui si parla.
Una delle pochissime eccezioni a questo tipo di presentazione delle notizie riguarda la
morte di due ragazzine in Egitto in seguito ad un’escissione. Lo stesso tema è stato
affrontato anche dagli altri due quotidiani sinora analizzati, che, già dai titoli
(Infibulazione, Karima muore a 13 anni E al Cairo «scioperano» le infermiere, il Corriere
20.09.2007; L'Egypte part en croisade contre l'excision des fillettes, Le Temps 14.09.2007),
hanno evidenziato come l’avvenimento abbia rappresentato una svolta all’interno del
paese, sia per le proteste di alcune categorie sociali, sia per le campagne di
sensibilizzazione in seguito lanciate a livello nazionale da Unicef, in collaborazione con
numerose ONG e con la stessa moglie del presidente Mubarak. Non è il caso di NZZ, che, al
contrario, mette l’accento sulle resistenze della popolazione locale nei confronti dei
tentativi di eliminazione delle MGF.
Il titolo inquadra già l’avvenimento all’interno di un frame interpretativo ben definito: Am
Nil halten viele an der Beschneidung fest. All’interno di questo orizzonte discorsivo
vengono riportate anche le frasi di alcune ragazzine egiziane, che giustificano la pratica
delle MGF:
«Eine unbeschnittene Frau bekommt keinen Mann», so brachte es ein Schulmädchen auf den Punkt.
«Unbeschnittene Frauen denken wie die Mädchen im Westen nur an Sex», erklärte wohl deshalb eine
andere Schülerin35
Tali dichiarazioni risultano ancora più significative se consideriamo la generale carenza di
discorso diretto nelle pagine di NZZ, nonché la comune reticenza riscontrata fino ad ora
nei giornali analizzati a riportare le parole delle donne e ragazze che non facciano parte di
organizzazioni, istituzioni o specifiche categorie professionali. In questo caso, le scolare
legittimano la pratica attraverso due spiegazioni diverse fra loro, ma collegate: la prima
sottintende che le MGF sono effettuate per assecondare i voleri maschili, la seconda
sancisce una differenza incolmabile fra le “depravate” ragazze occidentali e le ragazze
escisse, la quale giustifica a sua volta le richieste maschili (altrimenti le ragazze sarebbero
“fuori controllo”).
Dallo stesso articolo emerge un generale sistema di omertà e copertura del crimine da
parte della famiglia delle ragazze, dei medici implicati e della più ampia comunità. Una
madre sostiene che la morte di Karima sarebbe voluta da Dio(gottgewollt); il padre stesso
della ragazza avrebbe cercato di coprire (vertuschen) la cosa, sostenendo la tesi della
morte naturale; il medico che ha praticato l’escissione, del quale si sottolinea la
colpevolezza secondo criteri occidentali, sarebbe stato assolto dalla comunità (Der Arzt,
35
http://www.nzz.ch/nachrichten/panorama/am_nil_halten_viele_an_der_beschneidung_fest_1.548011.html
19
der nach westlicher Auslegung an Karimas Tod schuld war, wurde von ihren Angehörigen
und den Dorfbewohnern nicht zur Rechenschaft gezogen).
Anche se l’uso di simili citazioni rimane un caso isolato, la retorica delle resistenze
popolari sembra essere comune a diversi articoli che affrontano il tema delle MGF nei
paesi in via di sviluppo. In questi ultimi, infatti, il giornale evidenzia più spesso che in
patria, ove invece l’accento è posto sui progressi politici e legali sulla questione, le
difficoltà incontrate dai cooperanti e le ritrosie, se non le ostilità, riscontrate nella
popolazione locale. Un altro esempio di questa retorica lo troviamo in un articolo del 2001
che, a partire da un’inchiesta dell’Unicef, spiega la situazione della lotta alle MGF in Africa:
Als 1984 das interafrikanische Komitee über traditionelle gesundheitsschädigende Praktiken an
Frauen (IAC) gegründet wurde, haben die Frauen in den betroffenen Ländern sich gegen dessen
Exponenten gewandt mit dem Vorwurf, sie seien gekauft von den Weissen und wollten ihre eigene
Kultur zerstören36
Di nuovo compare il solco tra occidente e oriente, tra noi e loro, che in questo caso non è
immediatamente tracciato dai giornalisti stessi, ma traspare dalle parole delle dirette
interessate. È quindi un’operazione retorica più sottile rispetto a quella effettuata dal
Corriere, in cui semplicemente i giornalisti evidenziano la differenza fra cultura e barbarie
attraverso un linguaggio ad effetto e chiare contrapposizioni semantiche. Qui sono gli
stessi “barbari” che stabiliscono le distanze ed indicano “noi occidentali” come il nemico
da combattere. Il risultato è sempre uno scontro di civiltà, che appare ancora più
importante in quanto si sottolinea l’ostilità dichiarata degli “altri” ai tentativi di
civilizzazione.
È comunque importante ricordare che a questo tipo di discorso fanno da contraltare molti
altri racconti che sottolineano i progressi fatti in determinate realtà e gli sforzi compiuti da
certe associazioni, anche con l’aiuto dei locali, per combattere le MGF.
Le bambine
Non sono presenti descrizioni di bambine.
Il caso di Zurigo: NZZ vs Blick
Il caso, cui si è già accennato in precedenza, della famiglia di origine somala accusata
dell’escissione delle due figlie maggiori quando esse avevano solo due anni d’età ha avuto
una grande eco nei due giornali di Zurigo, città in cui il fatto è avvenuto.
Per entrambi i giornali la copertura dell’argomento inizia a partire dal giorno di apertura
del processo, ovvero il 16 novembre 2007. Già da un’occhiata superficiale ai primi due
articoli emerge la profonda differenza stilistica dei giornali, serio e misurato il NZZ,
morboso e gridato il Blick:
Erstmals Strafverfahren wegen Genitalverstümmelung (NZZ)
Klitoris weg: Erstmals Prozess gegen Eltern (Blick)
In entrambi i quotidiani si sottolinea il fatto che questo processo sia una prima per la
Svizzera, ma, mentre il NZZ mette l’accento sulla causa del procedimento penale, ovvero le
mutilazioni genitali, il Blick mette in risalto i presunti autori del crimine, ossia i genitori
contro i quali è istituito il processo. Si tratta di una facile criminalizzazione di due persone
36
http://www.nzz.ch/2001/05/23/il/article7essg_1.501130.html
20
che, fino a prova contraria, andrebbero considerate innocenti. Sorprende però che anche
in un giornale sensazionalistico come il Blick manchi l’etnicizzazione del colpevole che
abbiamo riscontrato, ad esempio, nell’autorevole Corriere della Sera: segno che le regole
del politicamente corretto sono evidentemente più diffuse e rispettate in Svizzera che in
Italia. Malgrado questa cautela, il Blick non si astiene dall’uso di espressioni crude e
morbose, che richiamano l’attenzione del lettore su una delle parti più intime e cariche di
significati sessuali del corpo femminile (il clitoride), al tempo stesso provocando un
trauma emotivo all’evocazione della sua assenza (attraverso l’efficace accostamento con la
parola weg).
I due giornali differiscono molto anche per quanto riguarda il contenuto degli articoli:
quello pubblicato dal NZZ è lungo circa il triplo di quello pubblicato dal Blick e contiene
molte informazioni, in primo luogo sulle cause del processo, sulla diffusione delle MGF
tanto in Svizzera quanto in Africa, sulle conseguenze dell’escissione e dello stesso processo
ai genitori per le ragazze coinvolte, infine sull’importanza della prevenzione e
dell’informazione nei confronti delle famiglie migranti. Tutto ciò viene analizzato anche
attraverso il parere di un’esperta, ovvero la responsabile della comunicazione (Leiterin
Information) di Unicef Svizzera.
Il Blick, invece, apre l’articolo con una descrizione delle MGF (assente nel NZZ), ricca di
termini che indicano la violenza e la brutalità della pratica: Tortur, barbarische Unsitte,
brutal verstümmelt. Il resto dell’articolo informa il lettore, con brevi e semplici frasi, della
dinamica degli avvenimenti riguardanti il processo, con particolare attenzione per la
figura dell’uomo che ha praticato l’escissione, ancora non rintracciato dalla polizia.
Entrambi gli articoli sono corredati da una foto. Nel NZZ vediamo ritratte un gruppo di
donne, presumibilmente di origine africana, che si trovano riunite in una stanza di quello
che potrebbe essere un centro di accoglienza. Le donne sono piuttosto giovani, vestite con
abiti tradizionali molto colorati; a parte quella raffigurata in primo piano, le altre donne
sono tutte sedute su poltrone o divani, una di loro ha in braccio un bambino, tutte hanno
un’espressione seria sul viso. Il sottotitolo ci dice che das Problem der
Genitalverstümmelung verfolgt Migrantinnen auch in die Schweiz. Potrebbe dunque
trattarsi di un gruppo od un’associazione di donne impegnate nella lotta o
sensibilizzazione contro le MGF, oppure semplicemente di un gruppo di donne immigrate
che il giornale ci indica come potenziali vittime di tali pratiche. Ciò che il giornale
comunica con questa foto e la sua didascalia è la presenza di un problema, che coinvolge
donne migranti e che è diffuso anche in Svizzera.
La foto del Blick è di tutt’altro genere: si tratta in questo caso di una donna anziana,
ritratta in primo piano, ma senza che siano inquadrati gli occhi; la donna è vestita di nero,
e regge con la mano destra un piccolo coltello, che mostra in direzione della camera. Il
coltello, la cui lama spicca contro il nero dell’abito, è il vero protagonista della foto,
assieme alla mano rugosa della donna che lo tiene saldamente. La donna sembra più un
fantasma, o meglio una strega, che un essere umano in carne ed ossa. Il tutto non fa che
accentuare la drammaticità della storia, enfatizzando dettagli cruenti come il coltello e
personaggi che incutono timore come la “vecchia strega” che pratica le mutilazioni.
Le stesse differenze discorsive e stilistiche si possono ritrovare negli altri articoli
riguardanti il caso di Zurigo. Per fare un esempio, al momento della condanna (avvenuta il
26 giugno 2008) il NZZ evidenzia la buona fede, il pentimento e la costernazione dei
21
genitori (usando termini come Betroffenheit, Bestürzung, Entschuldigung, etc.), ne
sottolinea la generale buona condotta nel corso degli anni di immigrazione e denuncia,
come fa anche Le Temps, le mancanze degli assistenti sociali e degli operatori sanitari che
non avrebbero informato questa e tante altre famiglie sulle MGF e la legislazione svizzera.
Il Blick, invece, riprende la titolazione del primo articolo, creandone un altro altrettanto
sensazionalistico (Klitoris weg: Gefängnis für Eltern!), in cui si sottolinea la condanna dei
genitori attraverso l’uso della terminologia (il popolare Gefängnis contro il più tecnico
Freiheitsstrafen usato dal NZZ) e della punteggiatura (il punto esclamativo finale, a creare
un titolo urlato). All’interno dell’articolo le frasi sono più misurate rispetto a quello
precedente, ma evidenziano le mancanze della famiglia, che avrebbe dovuto informarsi di
più sulla legislazione svizzera e le loro scuse un po’ naif.
Abbiamo dunque visto due stili comunicativi differenti, che veicolano due concezioni delle
MGF agli antipodi: un problema da trattare con serietà e completezza d’informazioni per il
NZZ; una barbarie da condannare senza mezzi termini e una pratica scioccante sulla quale
guadagnare l’attenzione dei lettori per il Blick.
Per riassumere:
L’interesse del giornale si manifesta a partire dalla seconda metà degli anni 2000 e
dura fino al 2008.
Molta attenzione viene data al contesto internazionale.
Le notizie hanno carattere informativo, la terminologia utilizzata è prettamente
descrittiva, si fa scarso ricorso al discorso diretto.
Certe retoriche giornalistiche evidenziano le resistenze nella lotta alle MGF da parte
delle popolazioni in via di sviluppo, contrariamente ai progressi avvenuti nel mondo
occidentale.
NZZ vs. Blick: informazione neutra e misurata contro morbosità e sensazionalismo.
22
Germania
Die Welt è un importante quotidiano tedesco di stampo conservatore, fondato dalle
potenze vincitrici della seconda guerra mondiale nella zona occupata dall'Inghilterra, ad
Amburgo. Meno diffuso e prestigioso dei suoi concorrenti, il Frankfurter Allgemeine e il
Sueddeutsche Zeitung, rimane comunque uno dei giornali di riferimento in area tedesca.
L’espressione utilizzata per la ricerca è “mädchen beschneidung”. Il totale degli articoli
analizzati è di 27.
Panoramica
I temi affrontati dal giornale in rapporto alle MGF riguardano in massima parte le
campagne di sensibilizzazione e lotta, portate avanti da organizzazioni di vario tipo sia
internazionali che tedesche, soprattutto in Africa, ma anche in Medio Oriente. Di questi
articoli, la metà esatta (5 su 10) è dedicata ad un personaggio già incontrato fra le pagine
del NZZ, che in Germania, o perlomeno su die Welt, assumerà il ruolo di paladino della
battaglia alle MGF. Si tratta del tedesco Rüdiger Nehberg, le cui imprese aprono e chiudono
il nostro periodo di rilevazione e si ripetono ad intervalli regolari per tutto l’arco di tempo
considerato. Gli altri temi affrontati riguardano tanto ricerche e studi condotti da varie
istituzioni e organizzazioni in campo medico e sociale, quanto le proposte di modifica della
legislazione per meglio reprimere le MGF, quanto infine alcuni (pochi) casi di cronaca
internazionale, cui il giornale dedica articoli brevi e poco informativi, come la polemica
sulla cosiddetta “infibulazione soft” in Italia, la legge contro le MGF in Eritrea o la fuga
dalle mutilazioni delle ragazze in Kenya.
Da un punto di vista diacronico possiamo affermare che l’interesse vero e proprio del
giornale sul tema delle MGF inizia a partire dal 2005; prima di questa data abbiamo solo
tre articoli, uno per ogni anno, dal 2002 al 2004. A partire dal 2007 l’attenzione si fa
costante, fino a mostrare un leggero aumento negli ultimi due anni considerati,
contrariamente a quanto riscontrato negli altri giornali. Le notizie più disparate si
susseguono le une alle altre, per cui è impossibile individuare dei cicli di attenzione che
ruotino attorno a certi temi. Nel 2010, ad esempio, l’anno con il maggior numero di
articoli, le notizie trattate sono, in ordine cronologico: la campagna della modella somala
Waris Dirie contro le MGF; l’inasprimento della legge che punisce le MGF; l’intervista a
Bianca Schimmel, membro dell’organizzazione governativa Gesellschaft für technische
Zusammenarbeit; il rapporto di Human Rights Watch sulla situazione nel Kurdistan
iracheno; infine l’ennesimo articolo sull’avventuriero Rüdiger Nehberg. Come si può
notare, non esiste un evento trainante che abbia la funzione di sollecitare l’attenzione del
giornale sul tema, bensì sembra che l’incremento nel numero di articoli di articoli nel
corso degli anni sia spiegabile con un reale aumento dell’interesse del giornale per la
tematica in generale.
23
Analisi degli articoli
Definizione delle MGF
Die Welt utilizza una terminologia estremamente ricca e connotativa per riferirsi alla
pratica delle MGF, sinora non riscontrabile in alcuno degli altri giornali analizzati. Se come
modalità definitorie possiamo paragonarlo al Corriere della Sera, in quanto a varietà e
ampiezza del vocabolario il giornale tedesco è unico nel suo genere. Innanzitutto è
estremamente raro che la definizione delle MGF sia effettuata a partire da un solo
sostantivo (i più usati sono Ritual, Tradition e Praxis) non accompagnato da almeno un
aggettivo. Quest’ultimo, nella maggior parte dei casi, ha il compito di accentuare la
violenza della pratica e di richiamare alla mente immagini forti e macabre. Riportiamo
qualche esempio fra quelli più diffusi: il popolarissimo grausame Praxis, ma anche blutige
Brauchtum, brutale Ritual, traumatische Gewalt, fino alle espressioni più creative come
schmerzvolle und oft tödliche Eingriff. Altre volte, come anche nel caso del Corriere, gli
aggettivi sono utilizzati per marcare una distanza fra civiltà e barbarie, catalogando le MGF
come inerenti alla seconda: si parla di barbarischen “Initiationsriten”, archaischen Ritus,
unmenschlichen Praxis, barbarische Tradition, etc.
Anche nei titoli si riscontra spesso l’uso di tale terminologia; essi, infatti, sono spesso poco
informativi (leggendo il titolo non si capisce il contenuto dell’articolo) e fanno leva sul lato
emotivo e sull’indignazione del lettore di fronte alla pratica. Qualche esempio fra i più
significativi: Das unendliche Leiden beschnittener Mädchen; So brutal werden Frauen
verstümmelt; Wie aus einer Tradition für Frauen ein Trauma wird.
Diritto di parola
Nel caso di die Welt sono soprattutto gli attivisti, i rappresentanti di organizzazioni e le
autorità locali e internazionali impegnati nella lotta alle MGF ad aver diritto di parola. Ciò è
decisamente comprensibile se si considera che la maggior parte degli articoli riguarda,
come abbiamo visto, proprio le campagne di sensibilizzazione promosse in varie parti del
mondo da tali organizzazioni e istituzioni. La semantica utilizzata da questi personaggi,
però, differisce profondamente da quanto rilevato in casi simili nei quotidiani di altri
paesi. Il linguaggio è in generale più crudo e diretto, l’accento è posto non tanto sui
progressi effettuati in determinate realtà, quanto sulla ferma condanna delle MGF e sul
carico di sofferenze che esse comportano. Vediamo due esempi che riguardano
rappresentanti delle istituzioni:
Genitalverstümmelung ist eine schwere Menschenrechtsverletzung. Gesundheitliche und seelische
Schäden sind die Folgen, an denen die Opfer ein Leben lang leiden (membro della CDU) 37
Die Beschneidung ist die grausamste und tödlichste Form von Gewalt gegen Frauen in Afrika (first
lady del Burkina Faso) 38
Si noti, nei due esempi appena riportati, da una parte l’uso di termini che richiamano alla
violenza (grausam e tödlich), che sono gli stessi utilizzati anche dal giornale per riferirsi
alle MGF, dall’altra la definizione di vittime (Opfer) e l’insistenza sulla lunga durata delle
loro sofferenze.
37http://www.welt.de/vermischtes/article372022/Lasst_sie_so_sein_wie_Gott_sie_geschaffen_hat.html
38http://www.welt.de/vermischtes/article372022/Lasst_sie_so_sein_wie_Gott_sie_geschaffen_hat.html
24
Il linguaggio degli attivisti veri e propri, quelli che lottano sul campo per sconfiggere la
pratica, è ancora più cruento. Esso si sviluppa spesso per immagini, volte a richiamare alla
mente del lettore l’efferatezza di un evento e a suscitare sentimenti di avversione e
repulsione. Si può trattare di un suono, come le grausamen Schreien der Mädchen, che il
famoso avventuriero non potrà dimenticare per il resto della sua vita39; di un oggetto,
come gli schmutzigen Glasscherben oder Rasierklingen di cui parla un rappresentante di
Uncef-Deutschland40; oppure del cadavere di una neonata, la cui vista scatena la decisione
di un ragazzo senegalese, oggi attivista, di impegnarsi contro le MGF:
Als ich 17 war habe ich in meinem Dorf ein totes Baby gesehen. Es starb an den Folgen der
Verstümmelung, wahrscheinlich ist es verblutet […] Ich konnte nicht mehr aufhören, an dieses kleine
Mädchen zu denken41.
In altri casi abbiamo l’intero racconto orrorifico di un’operazione, ricco di sangue e di
dettagli agghiaccianti (si noti di nuovo l’insistenza sugli strumenti utilizzati per
l’intervento):
Meist wird er von traditionellen Beschneiderinnen gemacht, alten Frauen die hohes Ansehen genießen.
[…] Die Mädchen werden meist nicht darauf vorbereitet, was sie genau erwartet, ihnen wird erzählt,
ihnen zu Ehren werde ein Fest gefeiert. Der Eingriff erfolgt mit Rasierklingen, Messern, Scheren, zum
Teil mit Glasscherben oder Deckeln von Konservendosen. Ohne Narkose. Anschließend werden dem
Mädchen die Beine zusammengebunden, damit die Wunde heilt oder – bei der schwersten Variante –
zuwächst. (rappresentante di un’istituzione governativa tedesca)42
Questo tipo di racconto, spesso anche più cruento, si riscontra molto frequentemente nelle
pagine di die Welt. Tanti articoli seguono lo stesso schema di presentazione delle
informazioni, riportate nel seguente ordine: descrizione di un intervento, sia in prima
persona (da parte di terzi o delle stesse “vittime”, come vedremo) sia come racconto del
giornalista; descrizione delle conseguenze psico-fisiche; descrizione della diffusione delle
MGF o della situazione di un determinato paese; racconto dell’evento specifico soggetto
dell’articolo. Come si può notare, in molti casi la notizia del giorno rappresenta solamente
un pretesto per parlare delle MGF in termini alquanto generici, ma ricchi di dettagli
cruenti che risultano del tutto irrilevanti da un punto di vista prettamente informativo.
L’evento principale viene descritto sommariamente verso la metà o la fine dell’articolo,
che, per il resto, risulta carico di descrizioni ridondanti che si ripresentano quasi uguali da
un articolo all’altro.
Come già accennato, lo stesso tipo di descrizione si riscontra nei discorsi delle donne, le
quali, anche se in misura minore rispetto ad attivisti ed istituzioni, hanno diritto di parola
all’interno del quotidiano. I loro discorsi vengono utilizzati dal giornale in modo tale da
costruire un racconto patetico, carico di sofferenza e ricco di dettagli macabri, in maniera
analoga a quanto rilevato nel caso del Corriere. Ad esempio di questo tipo di discorso
prendiamo il caso di Aisha, originaria del Gibuti, la cui storia ci viene raccontata in questi
termini:
In Aishas Haushalt gibt es keine Rasierklingen. Das könnte die 43-Jährige nicht ertragen, ihr Mann
benutzt einen Trockenrasierer. Aisha lebt heute in Köln, doch das, was ihr im Alter von fünf Jahren
http://www.welt.de/print-welt/article375001/Nehbergs_erfolgreicher_Kampf_in_Aethiopien.html
http://www.welt.de/politik/article3151849/Unicef-kaempft-gegen-Genitalverstuemmelung.html
41 http://www.welt.de/politik/ausland/article4554517/So-brutal-werden-Frauen-verstuemmelt.html
42http://www.welt.de/politik/ausland/article7566909/Der-Koran-verlangt-keine-Genital-Beschneidung.html
39
40
25
angetan wurde, verfolgt sie bis heute. „Mir wurde damals erzählt, es solle ein toller Tag werden“ […].
Sie werde ihren Verwandten niemals verzeihen, dass sie sie alle belogen hätten. Denn an diesem Tag
wurde sie verstümmelt – mithilfe der Menschen, denen sie am meisten vertraute. Aisha wurden die
gesamten äußeren Genitalien abgeschnitten, dann wurde sie zugenäht. Ein normales Liebesleben wird
Aisha nie führen können.
[…] Ihre Tanten seien ihrer Mutter zu Hilfe gekommen. „Sie setzten sich auf meine Arme und Beine,
während mir die alte Frau alles wegschnitt“, erzählt Aisha. Ohne Narkose. „Dann wurden mir die Beine
zusammengebunden und ich musste vier oder sechs Wochen so liegen“. In dieser Zeit soll sich die
Wunde, die zugenäht oder mit Hilfe von Akaziendornen verschlossen wird, zuwachsen. Ein
hineingesteckter Ast oder Strohhalm sorgt dafür, dass eine winzige Öffnung bleibt. 43
Come si può notare, la descrizione dell’intervento è del tutto simile a quella
precedentemente fatta dalla rappresentante di un’organizzazione; ciò che qui in aggiunta
troviamo è l’armamentario emotivo della colpa, del risentimento, della sofferenza
interminabile, che fa parte della ricostruzione del racconto da parte del giornalista. Le frasi
della donna vengono spezzettate e inserite armonicamente in un resoconto fatto dal
giornalista, che il lettore finisce per attribuire in toto alle dichiarazioni della donna. Le
frasi fra virgolette, infatti, sono una semplice ricostruzione dell’evento; il discorso
indiretto, invece, mette l’accento sul tradimento da parte della famiglia, sull’impossibilità
di dimenticare l’evento e di condurre una vita normale. Gli stessi dettagli più intimi
dell’operazione sono aggiunti dal giornalista. Il lettore non può sapere se queste parole
siano state in effetti pronunciate dalla donna, ma la costruzione del discorso fa in modo
che sembri così.
Le bambine
Le bambine e le ragazze sono molto presenti nelle pagine del giornale tedesco. Si parla
spesso, anche nei titoli, di Mädchen e si riportano anche alcuni casi ed esempi particolari.
Quando si parla di ragazze in termini generali, lo si fa soprattutto in rapporto alle
sofferenze e al dolore che esse provano, o potrebbero provare, in seguito alle MGF.
Abbiamo inoltre già visto come il corpo di una neonata sia stato usato per provocare
sentimenti di angoscia e repulsione. Un altro modo in cui vengono utilizzati le descrizioni e
i racconti delle bambine o delle ragazzine riguarda l’evocazione di quello che abbiamo in
precedenza chiamato “scontro di civiltà”. In questo caso le bambine vengono usate come
pretesto per criticare interi popoli o culture, descritti come appartenenti ad un livello
inferiore di civilizzazione. Un esempio può chiarire meglio questo tipo di dinamica
discorsiva:
Fatous kleine Tochter sitzt auf ihrem Schoß. Sie weint und quengelt, denn sie bekommt gerade Zähne.
In Fatous Heimatland würde der Anderthalbjährigen bald ein größerer Schmerz bevorstehen. Im
Senegal würden dem Mädchen mit den winzigen Zöpfchen wahrscheinlich bald die äußeren
Geschlechtsorgane ganz oder teilweise abgeschnitten werden. 44
Fatou è una donna di origine somala impegnata nella lotta alle MGF, sua figlia, nata in
Germania, viene utilizzata dal giornalista come termine di paragone fra le normali e
legittime sofferenze di una bambina “in occidente” e i più grandi dolori inflitti alle sue
coetanee nel paese d’origine. Il contrasto fra la bimba “risparmiata” dall’emigrazione e il
43http://www.welt.de/politik/ausland/article5576372/Wie-ein-Abenteurer-brutale-Beschneidung-
bekaempft.html
44 http://www.welt.de/politik/ausland/article4554517/So-brutal-werden-Frauen-verstuemmelt.html
26
destino delle altre bimbe è ancora più marcato dal fatto che la stessa Fatou è stata mutilata
in giovane età. La descrizione della sofferenza della donna è coerente con quelle sinora
analizzate45, ma la precedente contrapposizione alla “normalità” della figlia e la successiva
presa di distanza, ricontestualizzando il discorso nel luogo di emigrazione, la iscrivono
all’interno della retorica della contrapposizione fra culture:
Heute sitzt die 26 Jahre alte Fatou in einem Café am Berliner Landwehrkanal. Der Senegal ist weit
weg. Den Zorn darüber, dass noch jeden Tag Mädchen in ihrer Heimat ihr Schicksal teilen müssen, hat
Fatou mit nach Deutschland gebracht.
La Germania rappresenta qui la terra sicura, lontano dal paese natale evocato come un
incubo in cui succedono cose orribili (quando in realtà sappiamo che le MGF sono
praticate anche in Europa), anche se il ricordo di quell’incubo continua a seguire la donna,
sancendo la sua irreparabile differenza dalle altre donne occidentali “normali”, inclusa la
sua stessa figlia.
Un caso simile, che tuttavia presenta un’ulteriore retorica discorsiva che coinvolge le
bambine, è rappresentato da alcuni lavoratori sociali curdi, che lavorano ad un progetto
per l’eliminazione delle MGF nel proprio paese. Alla domanda fatta dal giornalista al
coordinatore del progetto – perché lotta così veementemente contro le MGF? – l’uomo
risponde mostrando un video sul suo computer:
Darin erzählt ein achtjähriges Mädchen, wie sie mit einer Frühlingsfeier gelockt wurde und anstatt
fröhlicher Ausgelassenheit Schmerzen erfahren musste, die ihr Leben für immer veränderten. „Es war
furchtbar“, schreit sie tränenüberströmt in die Kamera. „Bitte helft mir!“ 46
In questo caso, dunque, la bambina rappresenta il motore, l’impulso e la ragione che fa
lottare l’uomo ogni giorno contro le MGF, come una musa che nelle sue lacrime incarna
tutte le sofferenze delle bambine mutilate. Vedremo di nuovo questa retorica in tutta la
sua potenza narrativa nel paragrafo successivo, con l’emblematico caso dell’attivista-eroe.
Qui c’è da aggiungere che tale racconto strappalacrime si trova immediatamente dopo
un’altra descrizione, e in generale all’interno di un articolo, che inquadra perfettamente ed
esplicitamente il frame discorsivo della contrapposizione fra civiltà e barbarie. Si tratta
della descrizione di un’altra assistente sociale, che lavora direttamente a contatto con le
famiglie del luogo:
Aziz wirkt mit ihren hochhackigen Schuhen, der hautengen Jeans und dem ausgeschnittenen T-Shirt
zwischen den Dorfbewohnerinnen in weiten, wallenden Gewändern und Kopftüchern wie von einem
anderen Planeten. Tradition kämpft gegen Moderne, die Genitalverstümmelung ist dabei Ursache
weiterer Probleme
L’opposizione fra tradizione e modernità è qui indicata dalla differenza di abbigliamento
fra l’operatrice sociale Aziz, vestita all’occidentale (e anche in maniera piuttosto
seducente) e le donne del luogo, in abiti ampi e velate. Non si tratta solo di un’opposizione,
ma di una lotta, come indica il brano riportato (Tradition kämpft gegen Moderne), in cui è
chiaro chi stia dalla parte dei buoni e chi da quella dei cattivi: Aziz e tutti coloro che
Der Schmerz dabei ist das einzige, woran sich ihre Mutter Fatou noch erinnert. Sie weiß nicht, wie alt sie war,
als sie mit den anderen Mädchen aus ihrem Dorf in den Busch ging, wo das Ritual feierlich an ihnen vollzogen
wurde. Nur dieser unglaubliche Schmerz ist ihr so heiß in Erinnerung, als sei der Tag ihrer Verstümmelung gar
nicht lange her.
46
http://www.welt.de/politik/ausland/article8076335/Wie-aus-einer-Tradition-fuer-Frauen-ein-Traumawird.html
45
27
lottano contro le MGF, occidentali e occidentalizzati, contro le donne velate e tutti quelli
che le mutilazioni le praticano, nel mezzo le bambine usate dal giornalista come strumento
per muovere le coscienze da una parte piuttosto che dall’altra.
Il caso: l’avventuriero
Come già accennato, il giornale mostra uno spiccato interesse, che si ripete ad intervalli
regolari per tutto il corso della rilevazione, verso la figura di Rüdiger Nehbergs, famoso
avventuriero tedesco e fondatore dell’associazione TARGET per combattere le MGF. Ad
esso sono dedicati cinque articoli: molto brevi i primi tre, estremamente lunghi e ricchi
d’informazioni gli ultimi due.
All’interno degli articoli l’uomo viene definito principalmente con il termine avventuriero
(Abenteurer), ma anche come Menschenrechtler, Überlebensexperte, Überlebenskünstler.
Tutti gli articoli hanno un incipit simile, che è quello di sottolineare la brutalità delle MGF e
descrivere la pratica in termini macabri, in alcuni casi anche con testimonianze dirette
come quella già riportata di Aisha. A ciò fa seguito l’entrata in scena del protagonista, in
aperta opposizione a quanto appena descritto, come un eroe che combatte contro il male:
egli non si rassegna alla diffusione delle MGF (Rüdiger Nehberg will sich mit danicht [damit
nicht, sic!] abfinden)47, combatte contro il destino crudele (Es sind Schicksale wie diese
[riferito alla storia di Aisha], die Nehberg in seinem Kampf gegen die Genitalverstümmelung
anführt)48, con la speranza nello zaino (Er bereiste Äthiopien mit der Hoffnung im Gepäck,
das brutale Ritual abzuschaffen)49!
L’impressione dell’eroe senza macchia e senza paura che Nehbergs suscita viene rafforzata
dalle descrizioni delle sue imprese, che vengono snocciolate qua e là nel corso degli
articoli, en passant. Fra le altre cose, egli
durchquerte im Jahr 1977 die Danakil-Wüste im Norden Äthiopiens, eine der unwirtlichsten Gegenden
der Welt50
mal mit einem Tretboot den Atlantik überquert, mal mit einem Floß, um auf Umweltzerstörung und
Menschenrechtsverletzungen aufmerksam zu machen51
1000 Kilometer ohne Nahrung durch Deutschland wanderte52
Nel terzo articolo della serie troviamo anche un fotoracconto delle sue avventure, che lo
vede ritratto negli ambienti e situazioni più disperate: a nuoto seminudo fra i ghiacci, con
un boa al collo ed un ragno enorme sulla testa, a bordo di un tronco mentre attraversa
l’Atlantico, in mezzo alla giungla, etc.
Oltre ad una straordinaria forza e resistenza fisica, questo moderno superman viene
descritto come dotato di uno spirito incorruttibile ed un entusiasmo giovanile che non lo
abbandona nemmeno nell’età più avanzata. Si parla dunque della luce che brilla nei suoi
occhi, mentre egli parla della sua “visone” per arrivare a sconfiggere le MGF (mit einem
47http://www.welt.de/politik/ausland/article5576372/Wie-ein-Abenteurer-brutale-Beschneidung-
bekaempft.html
48 idem
49 http://www.welt.de/print-welt/article375001/Nehbergs_erfolgreicher_Kampf_in_Aethiopien.html
50http://www.welt.de/politik/ausland/article5576372/Wie-ein-Abenteurer-brutale-Beschneidungbekaempft.html
51 idem
52http://www.welt.de/die-welt/vermischtes/article8113197/Der-Kampf-des-Abenteurers-fuer-dieMaedchen-Gewalt.html
28
Leuchten in den Augen) e del suo slancio contagioso (Wenn der ehemalige
Kampfschwimmer erzählt, ist sein Elan ansteckend)53. Anche ad un’impietosa descrizione
che lo stesso Nehbergs fa di se stesso, il giornalista oppone questa retorica dell’eroe forte e
quasi immortale:
"Mir bleibt nicht mehr viel Zeit. Ich habe Angst, dass ich einen Herzinfarkt erleiden könnte. Ich bin 75.
Ich trage Brille und Hörgeräte, ich habe ein künstliches Knie, wenn ich Treppen in den zehnten Stock
steige, bin ich gleich kurzatmig", erzählt Nehberg, der trotzdem immer noch einen Händedruck wie ein
Schraubstock und das spitzbübische Funkeln eines Jungen in den Augen hat. 54
Un elemento ricorrente negli articoli riguardanti Nehbergs e perfettamente concordante
con la retorica dell’eroe riguarda la descrizione delle sue campagne umanitarie come dei
successi, cosa che risulta tanto più sorprendente se si rammenta la generale
indisponibilità del giornale a dar conto di notizie positive, ponendo invece l’accento sulla
brutalità e la violenza della pratica. I successi e i riconoscimenti del protagonista vengono
messi in evidenza anche nei titoli, come Nehbergs erfolgreicher Kampf in Äthiopien55 o
Rüdiger Nehberg erhält Bundesverdienstkreuz56. Anche nel corso degli articoli vengono
elencati i suoi successi, come fossero dei miracoli, che vanno dalla “conversione delle
praticone” (In einer Stadt am Rande der Danakil-Wüste gaben Verstümmlerinnen ihre Arbeit
auf und ließen sich zu Hebammen umschulen)57 al “giuramento delle madri” (in der Stadt
Barahle haben 60 Mütter bei Allah geschworen, ihre Töchter nicht verstümmeln zu lassen)58.
L’agiografia dell’eroe raggiunge il suo apice nel quinto ed ultimo articolo della serie, che è
anche quello che ci tocca maggiormente da vicino in quanto si occupa in maniera più
diretta delle bambine vittime di MGF. Le drammatiche storie di tre bambine, con le quali
Nehberg è venuto in contatto nel corso degli anni, si susseguono nell’articolo con un
decrescendo di drammaticità, per cui, man mano che si prosegue nella lettura, l’orrore e la
tristezza lasciano posto alle esperienze positive. Questo andamento è coerente con
l’entrata in scena del protagonista, vero portatore di speranza e cambiamento. Vediamo
dunque le storie nel dettaglio.
La prima ragazza di cui si parla nell’articolo è Amina, la cui parabola di miseria e
redenzione viene narrata come una favola cruenta, nella quale l’eroe incontrastato è,
ovviamente, l’avventuriero occidentale. L’inizio è dei più terribili: l’ennesimo racconto di
un’escissione, nel quale, oltre che sui dettagli macabri, l’accento è posto (di nuovo, ma in
maniera piuttosto estrema) sulla fiducia tradita della figlia nei confronti di una madre
descritta come un mostro.
Monatelang hat sie nicht gesprochen. Kein Wort. Nicht mal mit ihrer Mutter. Vor allem nicht mit ihrer
Mutter. Denn der Mensch, dem sie am meisten vertraute, raubte ihr das Vertrauen in alle Menschen.
Amina erinnert sich noch genau an den Tag, an dem ihre Mutter beinahe ihre Mörderin wurde […]. Vor
acht Jahren traf Nehberg das traumatisierte Kind in der Danakil-Wüste in Äthiopiens Norden, machte
53http://www.welt.de/politik/ausland/article5576372/Wie-ein-Abenteurer-brutale-Beschneidung-
bekaempft.html
54http://www.welt.de/die-welt/vermischtes/article8113197/Der-Kampf-des-Abenteurers-fuer-dieMaedchen-Gewalt.html
55 http://www.welt.de/print-welt/article375001/Nehbergs_erfolgreicher_Kampf_in_Aethiopien.html
56 http://www.welt.de/vermischtes/article1577392/Ruediger_Nehberg_erhaelt_Bundesverdienstkreuz.html
57http://www.welt.de/politik/ausland/article5576372/Wie-ein-Abenteurer-brutale-Beschneidungbekaempft.html
58 idem
29
sie zu seiner Patentochter. Zusammen mit dem mittlerweile 15-jährigen Mädchen kämpft er jetzt
dafür, dass anderen Mädchen Aminas Schicksal erspart bleibt.59
La colpevolizzazione della madre è accentuata dall’iniziale costruzione del discorso con
frasi brevi e nominali, che creano suspense spiegando poco alla volta la situazione, fino a
raggiungere il climax con l’affermazione che la madre “le ha rubato la fiducia nel genere
umano”. Ancora più forte è il paragone della donna con un’assassina, cui segue la
descrizione dell’intervento di escissione, che qui tralasciamo, con la madre che lascia la
figlia sanguinare e soffrire, quasi fosse una sadica psicotica. In questa situazione disperata
entra in scena l’eroe occidentale, alter ego narrativo della snaturata madre musulmana
(nel testo si dice che abbia fatto mutilare la figlia credendo di seguire un comandamento
del Corano), che incontra la bambina traumatizzata nel deserto e fa di lei la sua figlioccia. I
toni sono quelli della parabola evangelica, in cui l’eroe-salvatore ridona la fiducia e la
speranza alla bambina, ottenendone eterna riconoscenza ed affetto. In seguito, infatti,
scopriamo che Amina è iscritta a scuola, che è piena di energie e progetti per il futuro che
rendono orgoglioso il suo padrino.
Innig umarmt das schüchterne Mädchen mit dem roten Kopftuch den Mann. Amina hat extra eine
Stunde schulfrei bekommen, um Nehberg noch einmal zu sehen, bevor er zurück nach Deutschland
fliegt. Dabei hat sie morgen eine wichtige Prüfung: Informatik. Amina, die aus einem Dorf kommt, in
dem es bis heute keinen einzigen Computer gibt, weiß, dass sie sich anstrengen muss. "Ich brauche
gute Noten. Ich will nach der Schule Frauenärztin werden und zu meinem Stamm in die Wüste
zurückkehren. Ich will den Mädchen, die wie ich verstümmelt wurden, helfen. Und ich will die Mütter
aufklären, damit bei meinem Volk nie wieder eine Tochter beschnitten wird." Rüdiger Nehberg hat
Tränen in den Augen, als Amina ihm von ihren Plänen erzählt. 60
Pur essendo timida, la ragazzina abbraccia teneramente l’anziano padrino. Malgrado
l’importanza della scuola per la realizzazione dei suoi progetti futuri e nonostante abbia
un test proprio il giorno successivo, essa ha ottenuto di avere un’ora libera per poterlo
incontrare prima della sua partenza. A queste dimostrazioni d’affetto ed alle dichiarazioni
della ragazza, l’uomo si commuove fino alle lacrime: una simile presentazione del discorso
serve a creare l’immagine di un eroe dal cuore tenero, nonché a marcare la distanza fra il
silenzio nel rapporto madre-figlia, connotato solamente nei termini negativi del
tradimento e della sofferenza, e l’affetto con il padrino, al quale tutte le esperienze positive
della vita sono ricollegate.
La seconda bambina ad entrare in scena è Eri, un’altra delle sue figliocce, che
l’avventuriero porta con sé ad una conferenza per “far colpo” sul suo pubblico
conservatore ad Addis Abeba. In questo caso si assiste ad un uso strumentale della
bambina da parte del suo padrino, al fine di commuovere gli anziani religiosi ed ottenere il
suo scopo. La ragazzina racconta davanti a tutti la sua esperienza, in modo semplice e
diretto. Manca, in questo caso, tutta la retorica del tradimento e della colpa; lo scopo è qui
quello di scioccare l’audience con dettagli sanguinosi:
"Sie haben mir die Augen zugehalten. Dann nahmen sie eine Klinge und haben in meinen Körper
geschnitten. Blut ist geflossen. Danach haben sie mir die Füße zugebunden und mich gefesselt. Es ist
immer mehr Blut geflossen. Ich habe bis heute Schmerzen beim Wasserlassen", erzählte Eri den
http://www.welt.de/die-welt/vermischtes/article8113197/Der-Kampf-des-Abenteurers-fuer-dieMaedchen-Gewalt.html
60 idem
59
30
Geistlichen. Vor einem Jahr erweichte Eri, die damals zehn oder elf Jahre alt war, so genau weiß das
niemand, die Herzen der alten Männer 61
La chiusura della storia è dedicata ad Hanawi, la cui vicenda rappresenta l’apice della
parabola di redenzione di Nehbergs. La bambina è descritta come un esempio di coraggio
e di forza: alla tenera età di cinque anni ha denunciato i genitori e la donna che le avrebbe
praticato l’escissione; a 15 anni è una studentessa che vuole diventare ministro
(Frauenministerin) per lottare contro le MGF nel suo paese. Tutto ciò grazie all’appoggio e
la supervisione di Nehbergs: Nehberg will Hanawi bei ihrem Plan unterstützen, ermöglicht
ihr in der Hauptstadt eine gute Schulausbildung62.
Secondo il racconto e la descrizione effettuata dal giornale, sembra dunque che l’unica
possibilità di una vita felice, la sola speranza per il futuro di queste bambine sia costituita
dall’eroe occidentale. La vita delle bambine è nettamente migliorata da quando hanno
lasciato le proprie famiglie (apparentemente non vi è più alcun contatto fra loro) e sono
entrate in quella dell’avventuriero, esse vivono e studiano grazie all’aiuto dell’uomo che le
ha “salvate” e con il quale combattono la battaglia contro le MGF. Una battaglia nella quale
loro stesse sono usate come strumento propagandistico, una battaglia che, secondo le
parole del giornale, non viene combattuta aiutando e sostenendo le comunità locali e le
famiglie stesse, ma lottando contro di loro, la loro superstizione e ignoranza. Una battaglia,
infine, che Nehbergs vuole vincere con il sostegno delle autorità islamiche, le quali,
tuttavia, più che alleate sembrano ostili resistenze da smuovere e convincere. Le
differenze fra l’eroe occidentale e le autorità islamiche sono rimarcate in diverse occasioni,
come ad esempio la mancata puntualità di questi ultimi in occasione di una conferenza
(Nehbergs äthiopische Mitstreiter nehmen es mit der Pünktlichkeit allerdings nicht so genau
wie er) o le differenti reazioni di fronte ad un video di mutilazioni genitali:
Entsetzt wenden viele der Imame, die jahrelang die Beschneidung predigten, doch noch nie eine mit
ansehen mussten, den Blick ab, halten sich Augen und Ohren zu. Nehberg und den muslimischen
Frauenvertretern schießen Tränen in die Augen63
Mentre gli Imam sono sconvolti e non abbastanza coraggiosi da guardare ed ascoltare il
video, Nehbergs e le donne musulmane reagiscono con commozione. Il contrasto fra la
codardia e l’ipocrisia delle autorità islamiche e il coraggio dell’eroe emerge in maniera
ancor più evidente se si considera che quest’ultimo ha assistito in prima persona ad
un’escissione (descritta come al solito in termini macabri e patetici) praticata su una
bambina ed ha avuto la seguente reazione:
Ich hätte beinahe vor die Hütte gekotzt. Ich wollte rein rennen, das Kind packen, mit ihm
davonlaufen64
Se gli Imam non riescono nemmeno a guardare un video, Nehbergs assiste ad una
mutilazione, resiste al cedimento del suo corpo di fronte a ciò che vede e lotta contro il suo
istinto di salvatore che gli imporrebbe di scappare con la bambina, cosa che decide di non
fare non per ragioni morali (rapire una bambina, peraltro dopo la mutilazione, ai suoi
genitori) ma pratiche, per la paura di essere ucciso (“Damals hatte noch fast jeder Mann in
idem
idem
63 idem
64 idem
61
62
31
der Danakil-Wüste eine Maschinenpistole. Sie hätten Annette und mich sofort über den
Haufen geschossen”65) e il timore di perdere le foto necessarie per la sua lotta alle MGF.
La storia di Nehbergs è dunque emblematica di un modo di trattare le MGF e le persone
coinvolte. I paesi e le popolazioni che praticano le MGF sono visti in maniera uniforme e
indifferenziata: non si analizzano le cause e le differenze, non si cerca di comprendere ma
solo di combattere contro tali realtà attraverso sanzioni e proibizioni. Il cambiamento è
portato dagli occidentali, secondo una mentalità colonialista e assistenzialista che non
considera alcuna iniziativa autonoma da parte delle comunità locali. Le bambine sono
descritte come vittime da salvare, la cui vita è legata al filo della benevolenza dell’eroe
occidentale. Non vi è alcun pudore o remora nel trattare gli argomenti più delicati con un
linguaggio colorito, crudo, ai limiti della morbosità.
Alla fine di quest’analisi possiamo affermare che, malgrado il suo alone di rispettabilità e le
sue analisi più articolate, Die Welt non si distanzia troppo dalle modalità discorsive di certi
tabloid.
Per riassumere:
L’interesse emerge a partire dal 2005 ed aumenta fino alla fine della rilevazione, ma
non è legato a temi o eventi specifici.
L’attenzione è concentrata sulle campagne di sensibilizzazione, soprattutto quelle che
coinvolgono personaggi e associazioni tedesche. Emerge la figura dell’avventuriero.
Grande ricchezza linguistica: uso di termini ed espressioni forti, evocativi di crudeltà
e sofferenza. Linguaggio poco informativo, emotivo.
Esiste uno schema comune di composizione degli articoli, in cui l’evento-notizia è un
pretesto per parlare di MGF in generale, con abbondanza di casi patetici e descrizioni
cruente.
Le bambine sono viste come vittime da salvare e terreno di scontro fra civiltà
occidentale e barbarie.
Retorica dell’eroe occidentale senza macchia, che si batte per i diritti delle bambine.
65
idem
32
Regno Unito
The Guardian è il terzo quotidiano più venduto del paese, dopo The Daily Telegraph e The
Times. Si tratta di un giornale molto influente, che politicamente si colloca nell’area del
centro-sinistra liberale. L’espressione utilizzata per la ricerca online è “female genital
mutilation”, con la quale abbiamo ottenuto un totale di 37 articoli pertinenti.
Panoramica
Il giornale presenta un numero assai elevato di articoli riguardanti la cronaca estera, che
riguardano soprattutto paesi di origine africana (Somalia, Uganda, Burkina Faso, Egitto),
ma anche altri paesi occidentali come Spagna e Stati Uniti, e il Kurdistan. Le notizie da
questi paesi riguardano tanto la situazione generale delle MGF, quanto la legislazione in
materia, quanto ancora casi specifici, come la morte delle due ragazzine egiziane, che già
abbiamo visto in altri giornali e che ha avuto molta eco, soprattutto fra i commentatori del
quotidiano. Altrettanto importanti sono le notizie che provengono dal Regno Unito stesso,
che comprendono diversi temi fra cui la legge contro le MGF, le misure repressive adottate
dalla polizia, il rischio di mutilazione nel periodo delle vacanze per le figlie di immigrati,
nonché articoli di carattere generale, basati su studi, rapporti o pareri di esperti. Sono
inoltre presenti numerose testimonianze, sia dall’estero sia nel Regno Unito, di donne più
o meno giovani che raccontano la loro esperienza di vita; tali testimonianze rappresentano
sia articoli a sé stanti, che parti consistenti degli articoli trattanti le tematiche di cui sopra.
Altri temi di cui il giornale si occupa in singoli articoli riguardano la legge europea, la
chirurgia estetica (!), la politica, la chirurgia ricostruttiva.
Per quanto riguarda la successione temporale degli articoli, possiamo affermare che
l’interesse del giornale si manifesta in maniera costante a partire dall’ultimo mese del
2002, quando inizia la discussione, che durerà fino alla fine dell’anno successivo, sulla
legge contro le MGF, in particolare per reprimere queste pratiche qualora vengano
praticate all’estero da cittadini inglesi o residenti nel Regno Unito. Fino al 2006 il numero
di articoli si mantiene pressoché uguale, con temi che vanno dalla lotta alle MGF in Gran
Bretagna, attraverso strumenti di repressione poliziesca e una migliore applicazione della
legge sull’asilo, all’analisi della situazione in altri paesi come la Somalia, o la polemica fra il
governo spagnolo e quello gambiano sul ritiro dei passaporti di tre ragazze per evitare che
queste venissero rimpatriate e rischiassero l’escissione.
Il 2007 è, insieme al 2010, l’anno in cui si trova il maggior numero di articoli, più della
metà dei quali riguarda notizie e commenti sulla proibizione delle MGF in Egitto, dopo la
morte di una ragazzina in seguito all’intervento. Nel 2008 e 2009 l’attenzione del giornale
scema progressivamente: inizialmente l’interesse è concentrato sul Regno Unito, con
testimonianze e commenti politici, mentre nell’anno successivo si riportano solo notizie
dall’estero (Uganda e Burkina Faso). Infine, l’ultimo anno da noi considerato presenta
numerosi articoli di carattere piuttosto generale, ad eccezione di quello più specifico sulla
chirurgia ricostruttiva, che analizzano la situazione in diversi paesi, Sudan, Kurdistan e
Gran Bretagna, con l’ausilio, negli ultimi due casi, anche di video.
33
Analisi degli articoli
Definizione delle MGF
Il modo di riferirsi alle MGF da parte del quotidiano in questione è piuttosto variabile, sia
nel corso degli anni, che secondo il soggetto parlante. Nei primi articoli, infatti, notiamo un
ricorso più marcato ad aggettivi valutativi ed espressioni macabre, che nel corso degli anni
lasciano il posto ad una terminologia più neutrale, con l’utilizzo di due vocaboli come
procedure e practice. Questo cambiamento, però, non si riscontra se la descrizione viene
fatta da certi elementi della società, come i politici o certi esponenti di organizzazioni
contro le MGF. In questo caso, come all’inizio della nostra rilevazione, i sostantivi più
neutrali si accompagnano ad aggettivi di vario genere che mirano ad enfatizzare di volta in
volta l’aspetto violento e tribale della pratica (brutal, barbaric, etc.), i sentimenti di orrore
e riprovazione che suscita nel pubblico (horrible, abhorrent, appalling, etc.), nonché le
conseguenze fisiche sulle vittime (painful, invasive, sometimes deadly).
Anche le titolazioni si possono dividere in due categorie: quella descrittiva, di gran lunga
prevalente, e quella metaforica e sensazionalistica. A questa seconda categoria
appartengono dei titoli costituiti da brevi frasi nominali, che spesso contengono una
parola che richiama alla mente l’operazione di mutilazione (cut, knife, scars), associata ad
un aggettivo valutativo: The worst cut; Flight from the knife; The cruellest cut; Scars that
refuses to heal; Stemming the bloody tide; etc.
Diritto di parola
Il tipo di discorso sulle MGF presente nelle pagine di The Guardian è in parte analogo a
quanto già visto nel caso di altri quotidiani nazionali, come il Corriere e die Welt, e in parte
se ne discosta. Nello specifico, possiamo affermare che le modalità discorsive dei differenti
attori sono simili a quelle già riscontrate altrove: più durezza e condanna della pratica da
parte delle autorità politiche; un approccio più sfaccettato e un’enfatizzazione dei
progressi e del lavoro sul campo da parte degli attivisti; il racconto dell’esperienza vissuta
da parte delle donne, con tanto di dettagli macabri e scioccanti.
Ciò che distingue il giornale inglese dagli altri quotidiani considerati è riconducibile a due
retoriche in particolare, che riguardano soprattutto gli ultimi due tipi di discorso. La prima
retorica è un potenziamento del “discorso positivo” delle ONG, già affrontato nei
precedenti capitoli nel caso dell’Italia e della Svizzera francese: si evidenziano i meriti del
lavoro sul campo, i progressi effettuati in diverse realtà, insistendo – e qui sta la novità più
rilevante – sulle tematiche dei diritti umani, in generale, e dei bambini, in particolare,
senza tuttavia discriminare o criminalizzare in alcun modo le culture d’appartenenza. La
seconda retorica, invece, riguarda una differente concezione delle donne, le cui
testimonianze dirette sono estremamente numerose, rispetto a quella che le vedeva
relegate nel solo ruolo di vittime. Accanto ai drammatici e patetici resoconti degli
interventi da loro subiti e delle dolorose conseguenze che questi hanno comportato, il
giornale sottolinea la volontà di reagire che queste donne hanno mostrato nel corso del
tempo, il coraggio di superare il loro trauma e la possibilità di condurre una vita ricca e
piena, spesso mettendosi loro stesse al servizio di qualche organizzazione di lotta alle
MGF. In questo paragrafo vogliamo dunque tralasciare le analogie con gli altri giornali per
occuparci delle caratteristiche che rendono The Guardian unico in tutto il panorama
giornalistico europeo sin qui considerato.
34
All’interno del giornale sono presenti tanto le voci dei membri delle istituzioni britanniche
– soprattutto politici e poliziotti, mancano gli avvocati e i magistrati, probabilmente per
l’assenza di provvedimenti giudiziari sul suolo britannico, malgrado l’esistenza di una
legge specifica contro le MGF – quanto degli esponenti di diverse ONG e delle donne
vittime di MGF.
Se il discorso politico non si discosta in maniera significativa da quanto già visto in altri
giornali, più interessanti appaiono gli interventi da parte di esponenti del corpo di polizia.
Essi, infatti, dimostrano una sorprendente sensibilità riguardo alla tematica, nonché
comprensione nei confronti non solo delle vittime, ma anche delle famiglie delle stesse,
malgrado esse siano “complici” del crimine. Carol Hamilton, Detective Superintendent of
the Met's child abuse investigation command, parla ad esempio di “crimini d’amore” e
sottolinea la capacità delle persone di capire e cambiare, nonostante le pressioni
comunitarie, se giustamente sostenute da parte della società:
This is a crime of love. Parents believe their daughters won’t have a life without it. Most people don’t
really want to do it. If we can empower them, they will stop it themselves. 66
Lo stesso tipo di discorso è sostenuto anche da Clare Chelsom e Jason Morgan, due agenti
che lavorano per il Project Azure, un team della polizia metropolitana contro le MGF:
[…] its focus is prevention rather than prosecution. "We know that FGM can be seen as an act of love
for children. We know that some parents would like to say no to FGM but feel under pressure.67
Empowering youth, giving them the information, is the way forward. They are coming from
predominantly caring and loving families, who genuinely believe this is the right thing to do. Many are
under a great deal of pressure from the extended families. [...] We know it happens here although we
have no official statistics, but we have seen very successful partnerships and we don’t want to alienate
communities through heavy-handed tactics.68
Si parla dunque dell’importanza del lavoro di squadra fra la polizia e le comunità locali per
raggiungere il massimo numero di famiglie attraverso conferenze e programmi di
sensibilizzazione; del sostegno ricevuto da parte dei leader delle stesse comunità
(Hamilton has been amazed by the support she has received from community leaders)69;
della necessità di sostenere e informare le stesse giovani e di non criminalizzare le
famiglie d’appartenenza.
Lo stesso tipo di sensibilità nei confronti delle famiglie è mostrata da diversi lavoratori
sociali e attivisti:
Most families are receptive to conversation; it’s how you approach them that matters. Talk to them
about their holiday; say that you understand members of their community practice circumcision
[MGF] and let them know what the law is. (Jennifer Bourne, lavoratrice specializzata all’African Well
Women’s Service di Waltham Forest, a Londra)70
Come abbiamo detto, il giornale dà ampio spazio alle voci ed alle esperienze delle donne
che hanno subito, o rischiato di subire, una qualche forma di MGF. I loro discorsi sono in
parte analoghi a quelli dei poliziotti e degli attivisti sinora considerati (molte donne sono
http://www.guardian.co.uk/society/2005/jun/01/health.healthandwellbeing
http://www.guardian.co.uk/education/2008/jul/22/raceinschools.childprotection
68 http://www.guardian.co.uk/society/2010/jul/25/female-circumcision-children-british-law
69 http://www.guardian.co.uk/society/2005/jun/01/health.healthandwellbeing
70 http://www.guardian.co.uk/education/2008/jul/22/raceinschools.childprotection
66
67
35
diventate attiviste esse stesse), anche se in alcuni casi possiamo riscontrare una maggiore
determinazione nel voler sradicare la pratica, che il giornale collega alla rabbia e livore per
quello che hanno subito. La sequenza discorsiva è simile in tutti i casi considerati:
inizialmente la donna racconta il momento della mutilazione in modo più o meno
dettagliato, con un linguaggio crudo e violento; in seguito si insiste sulle conseguenze
fisiche e psicologiche della mutilazione; infine il giornalista, o la stessa donna, parlano
della vita successiva, riportando esperienze positive come l’immigrazione, il matrimonio, i
figli, lo studio, il lavoro o, in molti casi, l’attività di campagna contro le MGF attraverso la
partecipazione ad associazioni od organizzazioni di varia natura.
Una donna sudanese, ad esempio, alla fine del suo racconto a tratti cruento parla
dell’importanza dell’educazione e sottolinea ottimisticamente il cambiamento culturale in
atto nelle giovani generazioni e fra le persone istruite, nei termini del rifiuto e della lotta:
We need education that is respectful and sensitive. It can’t be a cultural confrontation, a judgment. [...]
We must educate grandmothers and mothers and young children, and campaign against it. Many in
my generation are fighting it. These days people are more aware, and I know many educated women
who will not practise it. People see it as a form of murder, paralysing a part of your body. They say:
"We have had enough!"71
Un’altra attivista – che viene descritta come parte di a slowly but steadily growing band of
women who have reacted against what happened to them with courage and a determination
to stamp out FGM – parla dei cambiamenti nella lotta alle MGF, non tanto come un fatto di
educazione, ma piuttosto come una conseguenza dell’emigrazione nei paesi occidentali e
dell’incontro con un nuovo sistema di relazioni uomo-donna:
The new generation, born and raised here in Britain, they are used to expressing their views and it will
be a lot harder to shut them up. Last month was the first ever march against FGM [in Bristol where 15
to 16 mothers protested] and that is a sign of something new.
Un altro esempio importante è quello di Yasmin, una ragazza di 19 anni proveniente dalla
Sierra Leone, alla cui testimonianza The Guardian dedica due articoli. La giornalista inizia
il racconto del primo articolo descrivendo la bellezza della ragazza, in modo da enfatizzare
al tempo stesso le difficoltà che ha dovuto affrontare e il coraggio delle sue scelte: avrebbe
potuto avere fama e denaro sfruttando semplicemente la sua bellezza, ma ha causa di ciò
che ha subito ha deciso di dedicare la sua vita ad aiutare gli altri.
Yasmin is beautiful. She has long black extensions, perfect cheekbones and Bambi eyes. She sits
opposite me sipping pineapple juice in blue jeans, her large hoop earrings sparkling. She could be a
model, but this 19-year-old is dedicated to her BTec in health and social care. “I want to become a
social worker so I can stop other girls going through what I went through”, she says.72
Nell’articolo successivo ella spiega meglio i suoi progetti, ovvero aprire una charity in
Sierra Leone, per give money to girls who are trying to leave their families because they
don't want to undergo circumcision. Si tratta dunque di un approccio contrario a quello di
polizia ed altre organizzazioni: Yasmin non vuole sostenere le famiglie, ma rivolgersi
direttamente alle ragazzine, incoraggiandone l’allontanamento dalle famiglie stesse. Il
discorso della giovane donna è pieno di risentimento e rabbia, ma anche di forza e
determinazione, cosa che non abbiamo in alcun modo incontrato negli altri quotidiani
focalizzati sulla vittimizzazione delle donne.
71
72
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/jan/07/female-genital-mutilation-sudan
http://www.guardian.co.uk/education/2008/jul/22/raceinschools.childprotection
36
We shouldn’t keep quiet; we should stand up and say that those people are not forgiven for what they
did and prevent it happening to others. If I heard about any cases of FGM I’d be the first to go to the
police.
If someone breaks your teeth you can replace them, if someone knocks out your eye you have a second
eye, but when they take this part of you away no one can ever replace it. If I have a baby girl and any
soul tries to touch her, I’ll kill them. I’ll go to prison, but I’ll never let it happen.73
L’ultimo esempio cha abbiamo scelto, fra le numerose voci riportate da the Guardian,
riguarda un articolo dedicato alla situazione somala, nel quale si lascia ampio spazio alle
dichiarazioni di uno sceicco impegnato da anni, insieme a diverse ONG, nella lotta alle MGF
sul territorio. Egli parla dei progressi fatti attraverso il lavoro sul campo, malgrado le
diffidenze iniziali ([he] has frequently been taunted by women out in the villages: “What are
you doing, taking money from gals (foreigners) to come here and talk about our girls’
vaginas? Have you nothing better to do?”74), spiegando nel dettaglio i diversi passaggi della
loro azione di sensibilizzazione. Tale azione riguarda anche le cosiddette “praticone”, che
dunque non sono viste solo come sadiche streghe cattive, ma come donne pronte
all’ascolto, in grado di comprendere e di cambiare vita:
“When we started, we made statistics of who was doing the cutting in Borama”, he says. “We
interviewed them and told them that what they were doing was against Islam. They were shocked.
They said: ‘If this is not in Islam, we are ready to give up. But our problem is that this is our living. How
shall we survive?’. “We selected the cleverest and the most popular ones, and we gave each $200 for a
new business. One opened a cafeteria, another traded in second-hand clothes, another in vegetables
from Ethiopia. We helped each do whatever she wanted”75
Secondo questa testimonianza, dunque, le donne che praticano le MGF agiscono in buona
fede, nella convenzione di seguire un comandamento divino. Esse non sembrano ignare
della gravità della pratica, tant’è che non nascondono il proprio sgomento e non esitano ad
abbandonarla appena caduta la ragione del loro operato. Alcune di esse si sono addirittura
votate alla causa anti MGF, lavorando con le ONG del luogo. La parola viene in seguito data
proprio ad una di queste donne, la settantenne Kaladya Haji, evento unico in tutto il
panorama giornalistico sin qui considerato.
Young girls used to hate me. Every girl was praying for death when I was there. They called out
against me; that makes me feel guilty now. When we learned from the sheikh that what we were doing
was harmful and against Islam, I counselled with God and decided to give up. Annalena [la volontaria
italiana uccisa dai fondamentalisti – si veda pag.2] came to see me. I asked her: ‘Now what shall I do?’
She asked me to come to work at the hospital; she was worried I would resume. But I said to her:
‘Please trust me. I am sincere. Allah and I have agreed’. We, the circumcisers, prayed together. We
decided to go as a group to the satellite villages and become a model for others. Now I can say our
whole area, rural and urban, is free of mutilation. 76
Questo tipo di discorsi contribuisce ad evitare le criminalizzazioni e l’inutile – per quanto
vendibile dal punto di vista giornalistico – demonizzazione di una certa categoria sociale.
La “creazione di mostri”, tanto cara a certa stampa sensazionalistica, non aiuta certo a
comprendere le ragioni del perpetuarsi di una certa pratica, né ad individuare le giuste
tecniche e strategie per eliminarla.
http://www.guardian.co.uk/world/2008/aug/01/sierraleone-health
http://www.guardian.co.uk/world/2004/jan/26/gender.uk
75 Idem
76 Idem
73
74
37
Le bambine
Non sono presenti descrizioni di bambine.
Il caso: culturalismo vs. diritti umani
Il dibattito sul (multi)culturalismo compare regolarmente, in maniera più o meno esplicita,
nelle pagine di The Guardian. Si tratta di un elemento di novità all’interno del panorama
giornalistico da noi considerato, in cui queste tematiche sono per lo più assenti o trattate
in maniera superficiale o peggio strumentale, da parte soprattutto degli attori politici.
Certo, il tema dello “scontro di civiltà” compare subdolamente anche negli articoli del
giornale inglese, ma questo tipo di retoriche, anche in questo caso quasi esclusivamente
politiche, viene controbilanciato da una seria riflessione sull’argomento fatta tanto dai
giornalisti quanto da diversi operatori sociali.
Vediamo alcuni esempi di discorso politico sull’argomento:
Europe is not in the business of preaching and imposing its culture on other countries and nations.
However, Europe must be very clear in defending its values which are built around justice, equality of
the sexes and human rights. (Anna Diamantopoulou, commissario Greco dell’UE per il lavoro e gli
affari sociali)77.
Female genital mutilation is a barbaric practice that is rightly illegal in this country. This dreadful
procedure has no place in a modern, civilised Britain. Regardless of cultural background, it is
completely unacceptable and should be illegal, wherever it takes place. (Mr Blunkett, ministro degli
interni)78
Come si può notare in entrambi gli interventi, ma in maniera più marcata nel secondo, il
multiculturalismo viene inserito all’interno della retorica dello scontro fra culture,
dell’opposizione fra civiltà e barbarie, sovente incontrata nel corso dell’analisi. Si
utilizzano espressioni come “difendere i propri valori”, paventando dunque una minaccia
nei loro confronti, o aggettivi come modern, civil, riferito alla nazione britannica, nella
quale le MGF, espressione di una cultura evidentemente arcaica e barbara, “non trovano
posto”. La condanna delle MGF passa, in questi casi, per una concezione monolitica delle
culture (il dibattito su una cultura comune europea è più che aperto), definite in termini di
opposizione ed incompatibilità. Si ignorano le differenze e si ignora, soprattutto, il fatto
che la vera minaccia riguarda non tanto la cultura e i valori “occidentali”, quanto piuttosto
le donne e le bambine in carne ed ossa che ogni giorno rischiano di subire una qualche
sorta di mutilazione.
Fortunatamente il giornale dà spazio anche a qualche esponente politico con una
concezione più articolata della questione:
It is not a question of culture or race. Cultures are sacred only if they are consistent with human rights.
[…] By enforcing FGM legislation, we are ensuring that black children are not distinguished from
white children. No child should suffer from the practice of FGM. (Christine McCafferty, membro del
parlamento)79
In questo caso l’accento torna sui diritti umani e, soprattutto, sui bambini. La lotta alle
MGF non viene qui descritta come uno scontro culturale, ma come un dovere nei confronti
dei bambini che rischiano di subire questa pratica, donando loro la possibilità di godere
http://www.guardian.co.uk/world/2000/nov/30/andrewosborn.sarahboseley
http://www.guardian.co.uk/society/2003/mar/21/publichealth
79 http://www.guardian.co.uk/world/2000/dec/21/gender.uk
77
78
38
degli stessi diritti dei “bambini bianchi” (anche questa è, tuttavia, una semplificazione:
infatti sappiamo che non solo i bambini “di colore” sono a rischio di MGF).
L’interesse sul tema del multiculturalismo va però al di là del dibattito politico e può
essere spiegato anche per via dell’assenza di procedimenti giudiziari a carico di persone
che abbiano praticato le MGF, malgrado diverse ricerche affermino che le operazioni
avvengono anche nel Regno Unito e malgrado l’esistenza di una legge specifica al riguardo.
Diversi settori della società civile inglese sembrano interrogarsi piuttosto frequentemente
sulle difficoltà nell’eliminare tali pratiche, una delle quali è appunto riconducibile ad un
malinteso multiculturalismo. Uno degli interventi più interessanti al riguardo consiste in
un editoriale risalente al luglio scorso, nel quale si analizzano le cause del presunto
fallimento britannico nella lotta alle MGF. In realtà la presenza di procedimenti giudiziari
non è di per sé indice di successo, in quanto spesso le persone condannate rappresentano
solamente un capro espiatorio per l’opinione pubblica ed un segnale di efficienza del tutto
fine a se stesso per le forze politiche. Le condanne possono forse costituire degli esempi
negativi ed instillare la paura della punizione, ma i veri progressi si ottengono sul campo,
come testimoniano diversi interventi anche da parte delle stesse forze di polizia,
lavorando fianco a fianco con le comunità interessate e con le famiglie. Riportiamo
comunque una parte dell’intervento, che riteniamo molto interessante per la
comprensione del dibattito sul multiculturalismo:
Why, when this is all happening on a systematic basis, has no one been brought to justice?
Partly, it is because the communities where it is widespread are often insular, making it hard for police
to gather evidence for a successful prosecution. Partly it is a failure by teachers and health
professionals to recognise or acknowledge the symptoms of mutilation, and report cases, although the
law obliges them to do so. But largely it is the result of queasiness on the part of officials to intervene
against a traditional practice that some immigrant communities consider an important component of
their identity. In other words, a fear of transgressing against cultural sensitivity has led to a softlysoftly policing approach and wider social denial.
That is horribly misguided. Taking resolute action against female genital mutilation would not be an
act of prejudice against a minority. Quite the contrary, it would be consistent with the principle that
all are equal before the law, and a demonstration that all are equally entitled to protection from
cruelty and abuse, regardless of race or religion. Increasing numbers of women from the affected
communities are making that case, refusing to have their own girls harmed and campaigning on
behalf of others. Their brave voices would be immeasurably strengthened by a successful
prosecution.80
L’articolo analizza tutte le cause della mancanza di processi per MGF in Inghilterra, che,
come abbiamo visto, è considerato il problema principale. L’autore parla della difficoltà di
entrare all’interno di comunità chiuse ed isolate, delle carenze del corpo insegnante nel
riconoscere i sintomi di rischio81 e infine, soprattutto, della paura da parte di molti agenti
di polizia di trattare certi temi così densi dal punto di vista culturale. La questione centrale
è: dove si ferma il rispetto per la cultura e dove inizia quello per i diritti umani? Anche in
questo caso, l’autore trova la soluzione nell’eguaglianza dei diritti di fronte alla legge,
diritti che comprendono quello di essere protetti da ogni crudeltà e abuso,
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/jul/25/female-circumcision-editorial
Lo stesso problema viene messo in evidenza anche in altri articoli, come il seguente, del 2008, nel quale ad
esprimere le sue perplessità sulle reticenze degli insegnanti è una poliziotta: Teachers tell us they’re worried
about being seen as racist, but they have a statutory responsibility to safeguard children and protect their
welfare. http://www.guardian.co.uk/education/2008/jul/22/raceinschools.childprotection
80
81
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indipendentemente dalla razza e religione. Inoltre, il giornalista parla della crescente
opposizione alle MGF da parte delle stesse donne appartenenti alle comunità interessate
dal fenomeno, mettendo in dubbio l’omogeneità e la compattezza delle culture postulata
negli interventi visti in precedenza.
Un passo ulteriore, ed a nostro parere la migliore risoluzione del dibattito sull’identità
culturale, viene compiuto dall’intervento di Lakshmi Anantnarayan, communications
director di Equality Now, che esprime il suo dissenso alla posizione dell’APP (American
Pediatric Association), favorevole ad un intervento simbolico di circoncisione coerente con
una “nuova sensibilità culturale”. Ella rifiuta questo compromesso culturale in nome del
rispetto dei diritti umani ed afferma che anche un intervento simbolico non farebbe altro
che riaffermare la sottomissione della donna al controllo sociale e maschile sul suo corpo e
sulla sua sessualità (“Nicking” cannot be pulled out of context and must be understood
within the larger gender politics of controlling women’s bodies and sexual rights)82. La
donna affronta quindi il tema cruciale del culturalismo, chiedendosi quale tipo di cultura
questo genere di provvedimenti voglia difendere:
This raises the question of what culture is being talked about and who are the gatekeepers of this
culture that are being appeased – and what is the so-called “cultural identity” being preserved. Culture
is fluid and evolves over time as practices that are rooted in inequality or injustice are questioned and
abandoned. The AAP’s current proposition undermines and negates local, national, and regional antiFGM initiatives in Africa, which are equally a part of the cultural identity of communities where FGM
occurs83
Le culture, dunque, non sono monoliti immutabili, ma rappresentano un insieme fluido
composto di elementi spesso contrastanti. Le stesse MGF non sono unanimemente
accettate all’interno di una nazione o una comunità ed i movimenti e le associazioni che si
battono contro questa violazione dei diritti umani sono ugualmente parte di quella stessa
cultura. Certi compromessi o certe reticenze in nome di una sensibilità culturale un po’
naif ignorano il carattere universale dei diritti umani ed i numerosi accordi internazionali
contro le MGF, fra cui il Protocollo alla carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli
relativo ai diritti delle donne in Africa (Protocollo di Maputo): a widely supported regional
human rights treaty that has been ratified by 27 African countries, specifically prohibits
“through legislative measures backed by sanctions, all forms of female genital mutilation,
including medicalisation and para-medicalisation of female genital mutilation”84.
Per riassumere:
Grande interesse verso il contesto internazionale.
Numero di articoli costante dal 2002 al 2006 – due picchi di attenzione nel 2007 e
2010.
Linguaggio che si fa più pulito e neutrale nel corso degli anni.
Discorso di forze di polizia ed organizzazioni: importanza del lavoro sul campo, della
collaborazione con le comunità locali, ed enfatizzazione dei progressi (“discorso
positivo”).
Enorme uso di testimonianze di donne mutilate: racconti macabri, ma anche capacità
di reagire e forza di volontà.
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/may/11/female-genital-mutilation-us-nicking
Idem
84 Idem
82
83
40
Dibattito sul culturalismo: le culture non sono monoliti, occorre valorizzare quegli
aspetti della cultura coerenti col rispetto dei diritti umani.
41