condizioni sospensive accordo di vendita

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condizioni sospensive accordo di vendita
Le dichiarazioni e garanzie e l’efficacia delle pattuizioni
contenute nel contratto preliminare e non riprodotte nel
contratto definitivo
I contratti di acquisizione – che normalmente hanno ad oggetto azioni o quote di società, o
aziende o rami di aziende – sono oramai “tipizzati” nella prassi degli affari e seguono in genere
uno schema di derivazione anglosassone condiviso e accettato dagli operatori del settore (i cosiddetti contratti di “M&A” ovvero “mergers&acquisitions”).
Tale schema prevede una struttura contrattuale abbastanza complessa: il contratto non si limita a
regolamentare la compravendita vera e propria (cioè il trasferimento di un bene contro pagamento di un prezzo) ma include anche altre previsioni ancillari o connesse alla compravendita, in particolare le dichiarazioni e garanzie (“representations&warranties”) prestate dal venditore al compratore, e i relativi obblighi di indennizzo del venditore nel caso in cui tali garanzie si rivelino incomplete, inesatte o non veritiere.
Inoltre, nell’ambito di questi contratti, la compravendita è ad esecuzione differita: le parti sottoscrivono subito un contratto preliminare di compravendita con il quale il venditore si impegna a
vendere ed il compratore si impegna ad acquistare il bene, ma il trasferimento effettivo del bene
avviene in un secondo momento (il “closing”), dopo un certo lasso di tempo (che, a seconda dei
casi, può essere più o meno breve, soprattutto in presenza di condizioni sospensive
all’esecuzione), con la sottoscrizione di un atto o contratto definitivo.
L’esistenza di due contratti e la suddetta discrasia temporale hanno da sempre sollevato il problema del rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo, e soprattutto dell’efficacia delle
previsioni contrattuali contenute nel contratto preliminare e non riprodotte nel contratto definitivo.
È interesse del compratore, in particolare, salvaguardare l’efficacia delle dichiarazioni e garanzie
e degli obblighi di indennizzo, cioè essere certo che sopravvivano all’esecuzione del contratto definitivo.
Si tenga presente che l’inclusione di queste previsioni nel contratto di compravendita nasce
dall’esigenza di tutelare il compratore sull’effettiva consistenza del patrimonio della società. Secondo la giurisprudenza prevalente, l’oggetto del contratto di compravendita è in realtà rappresentato dalle azioni o quote della società, e non dal suo patrimonio; quindi, le garanzie previste
per legge riguarderebbero solo tali azioni e quote e il compratore non sarebbe legittimato ad invocarle per vizi o problematiche inerenti il patrimonio della società, come i beni mobili e immobili,
i contratti, i dipendenti, le tasse, i bilanci, il contenzioso ecc... Per questo motivo le dichiarazioni e
garanzie incluse nel contratto preliminare sono definite come “business warranties” (in contrapposizione alle “legal warranties”).
Ciò detto, la giurisprudenza di legittimità ha pacificamente riconosciuto il principio secondo cui il
contratto preliminare, determinando solo l’obbligo reciproco alla stipulazione del contratto definitivo, resta superato dal contratto definitivo (la cui disciplina può anche non conformarsi a quella
del preliminare), salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che il contratto prelimina-
VS_2014_Le_dichiarazioni_e_garanzie_e-l_efficacia_delle_pattuizioni_contenute_nel_contratto_preliminare_e_
non_riprodotte_nel_contratto_definitivo.doc
re sopravviva (in questo senso, da ultimo, Corte di Cassazione, Sez. II Civile, 30 aprile 2013, n.
10209).
Per questo motivo, gli avvocati del compratore sono particolarmente attenti nel far sì che nel contatto definitivo sia inserita una clausola dove le parti danno espressamente atto che la sottoscrizione del contratto definitivo non supera le previsioni del contratto preliminare, ivi incluse le dichiarazioni e garanzie del venditore e gli obblighi di indennizzo, che restano pertanto salve.
In questo contesto, è di grande interesse una recente pronuncia del Tribunale di Milano (3 settembre 2013, n. 11261), dove per la prima volta si sostiene che se le clausole (nel caso di specie, contro-garanzie) non riprodotte nel contratto definitivo non consistono in “clausole direttamente inerenti l’oggetto del (promesso) negozio di cessione di quote (come tali destinate ad essere assorbite da un diverso tenore del definitivo), queste rappresentano autonomi impegni negoziali […], di per sé efficaci alla condizione rappresentata dall’adempimento degli obblighi definitivi dell’acquirente le quote, indipendentemente dalla loro riproduzione all’interno del contratto definitivo di cessione di quote”.
In sostanza, è stata riconosciuta l’autonomia di queste clausole rispetto al negozio attuativo del
trasferimento delle quote, a prescindere dalla loro riproduzione nel contratto definitivo o, come di
prassi, dall’esplicita menzione nel contratto definitivo della loro “salvezza”.
È un approccio condivisibile ed in linea con la qualificazione giuridica di queste pattuizioni come
non direttamente inerenti l’oggetto del contratto, di cui si è detto prima.
In attesa delle possibili risposte della giurisprudenza di legittimità, è senza dubbio consigliabile
continuare ad includere nel contratto definitivo una clausola di “salvezza” delle disposizioni del
contratto preliminare.
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