1 GLI INGOBBI: note di laboratorio di Mirco Denicolò Si possono
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1 GLI INGOBBI: note di laboratorio di Mirco Denicolò Si possono
GLI INGOBBI: note di laboratorio di Mirco Denicolò Si possono dividere gli ingobbi in due gruppi: quelli da applicare sul supporto crudo a durezza cuoio (ingobbi di tipo tradizionale) e quelli che vanno applicati su supporto secco o già cotto, tipologia diffuse in ambito industriale. La messa a punto di ingobbi del primo tipo non è dissimile dalla messa a punto di impasti. Le composizione sono concepite a partire da questi valori: parte plastica (caolini e argille) 50 parte fondente (carbonati per gli ingobbi che cuociono sotto i 1000°, feldspati per le alte temperature) 25 parte accessoria (solitamente quarzo) 25. La parte plastica viene formulata bilanciando caolini e argille plastiche cuocenti bianco. A seconda dei casi vengono scelte materie prime più o meno pure, a seconda delle necessità e disponibilità. La parte argillosa favorisce l’adesione in crudo; a questo scopo è bene dosare accuratamente le argille o utilizzare quelle più adeguate. Se l’adesione in crudo dovesse risultare insufficiente si può ricorrere all’introduzione in composizione di bentonite per valori che non superino il 3%. Fondenti e accessori si comportano come smagranti, qualità che influenza i comportamenti in essiccamento che debbono essere accordati con il corpo argilloso. La finezza granulometrica di questi componenti influenzano il comportamento in crudo: solitamente granulometrie grossolane possono diminuire l’adesione dell’ingobbio al corpo sottostante. Per ingobbi che cuociono a bassa temperatura i fondenti usati sono costituiti da carbonato di calcio, carbonato di magnesio e da dolomite. Spesso, per questi livelli termici, si sostituisce una parte dei carbonati con fritte trasparenti o opache, cristalline o smalti (5-10%), scelti tra quelli che posseggiono intervalli di fusione abbastanza ampi o che fondano dopo i 900°. Questi materiali aumentano l’adesione degli ingobbi in cotto e se scelti in modo accurato, possono aumentarne la bianchezza. Per contro un eccesso di materiali vetrosi o quando siano caratterizzati da punti di fusione troppo bassi possono dar luogo a vetri viscosi che contrastano la fuoriuscita dei gas provenienti dall’impasto, dando luogo a difetti. Un eccesso di smagranti può ridurre eccessivamente il ritiro dell’ingobbio rispetto a quello dell’impasto, compromettendone l’adesione. Per i corpi ceramici che vengono consolidati sopra i 1150° si può scegliere tra vari feldspati, feldspatoidi e rocce feldspatiche a seconda della curva di cottura e della purezza della materia prima disponibile. Il quarzo è inerte in cottura, tranne che nella porcellana dura in cui partecipa alla formazione della fase vetrosa. Per la messa a punto di ingobbi tradizionali si parte bilanciado la parte plastica con gli altri componenti. Il metodo più veloce consiste nell’utilizzare gli impasti cuocenti bianco presenti sul mercato verificandone preventivamente l’doneità. Per le faenze e le terrecotte si utilizzano impasti di terraglia tenera che vengono eventualmente corretti con impasti di porcellana per diminuirne la plasticità ed aumentarne la bianchezza. Per gli impasti da gres gli ingobbi si formulano con impasti da porcellana che vengono resi più plastici con l’aggiunta di ball-clay e più vetrosi con i feldspati. Gli ingobbi tradizionali possono essere colorati con l’introduzione di ossidi metallici e 1 pigmenti per impasti. Alle basse temperature le colorazioni risultano blande qualora gli ingobbi non vengano poi rivestiti da vernici, alle alte temperature l’intensità della colorazione dipenderà dalla vetrosità dell’ingobbio. Si ricorda che l’introduzione di materie prime coloranti riduce le proprietà plastiche. L’applicazione sul crudo avviene con i supporti a durezza cuoio. Per favorire una buona adesione dell’ingobbi al supporto è necessario che la barbottina non sia troppo acquosa: a tale scopo si aggiungono, talvolta, fluidificanti per impasti. Gli ingobbi tradizionali vengo applicati ad aspersione, pennellatura o spruzzatura. Gli spessori possono essere elevati, soprattutto nell’applicazione ad aspersione. Per alcune tipologie decorative può risultare conveniente utilizzare impasti naturali o argille. In questi casi, dopo avere trovato un rapporto ottimale tra polvere ed acqua bisogna testare l’applicazione verificando la compatibilità tra impasto ed ingobbio sia in crudo sia in cotto. Negli ultimi decenni si è reso necessario mettere a punto ingobbi per supporti completamente essiccati o già biscottati. Le formulazioni possono essere così concepite: parte plastica (argille cuocenti bianco e caolini) 20-30 parte vetrosa (rivestimenti frittati o a crudo) 80-60 parte opacificante (silicato di zirconio) 0-10 Questo tipo di ingobbi è spesso utilizzato tra impasto e rivestimento vetroso, l’interstrato che ne deriva migliora le prestazioni tecnologiche dei rivestimenti. Le formulazioni vengono messe a punto tengono conto di impasti, temperature d’esercizio e processi di applicazione e tengono conto delle seguenti qualità degli ingobbi: opacità – impermeabilità – plasticità. La parte plastica favorisce l’adesione ai supporti e l’applicazione. I materiali prevalentemente usati sono ball-clay e caolini. Solitamente tenori elevati di questo componente rendono gli ingobbi più coprenti e meno impermeabili. Un eccesso di parte plastica può provocarne il distacco. La parte vetrosa favorisce l’impermeabilità dell’ingobbio e una buona coesione del rivestimento vetroso sovrastante. Per gli impasti carbonatici la parte vetrosa degli ingobbi è spesso costituita da fritte opacizzate. Per gli impasti porosi sottoposti a monocottura, i cui livelli termici sono superiori ai 1000° C., si preferiscono fritte al calcio. Sopra i 1100° la parte vetrosa degli ingobbi può essere costituita da rivestimenti non frittati o da fritte per le alte temperature. Qualora si lavori con impasti ad alto tenore di ossido di ferro e si desideri una elevata bianchezza si aggiungono alle composizioni silicati di zirconio sottoforma di farine o polveri micronizzate. L’introduzione di questa materia prima ne diminuisce la vetrosità. Le colorazioni si ottengono con l’aggiunta degli agenti coloranti (ossidi o pigmenti) normalmente usati per colorare i rivestimenti vetrosi, questi riducono la vetrosità degli ingobbi. Questa tipologia di ingobbi viene applicati in spessori considerevolmente più sottile rispetto agli ingobbi tradizionali. 2