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Cars & People
Camaro 2SS 2010 vs Mustang GT Premium 2011
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Cristiano Carnaghi, il purista
Nasce a Magenta (MI) nel 1968 e dopo gli studi universitari inizia subito a lavorare nel settore automobilistico, non prima di aver fatto “gavetta” da un carrozziere. Nel 1988 grazie alla rivista Auto Capital,
partecipa a un corso di guida in pista e decide che le auto saranno la sua vita. Guida la sua prima auto
storica a 21 anni e passa gli anni della gioventù tra meccanici di auto d’epoca e gare di regolarità.
Appassionato di auto europee e americane, è spesso chiamato in causa quando si tratta di giudicare le
auto con il metro del “purista” senza mezzi termini o falsi buonismi. Una voce fuori dal coro.
Usciti dalla superstrada ci ritroviamo nel “nullawhere”
tra le province di Verona e Rovigo in una ambientazione del tutto simile alle sconfinate prairies del Nordamerica. Tra un raro cascinale e l’altro solo l’orizzonte fa
da sfondo a campi coltivati e una fitta rete di argini e
canali. Ci si aspetta solo di trovare un diner dove mangiare un piatto di pomodori verdi fritti, giusto rinforzo
di ali di pollo dorate e speziate alla Cajun neanche
fossimo nel Mississippi. Ma sono solo le nove del mattino e, dimenticati i profumi del Dixieland, giungiamo
a destinazione dove ci accoglie il titolare della Fioravanti Motors che ci ha gentilmente messo a disposizione le auto. L’azienda, che si occupa prevalentemente
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di importazione di automobili americane, vanta una
considerevole e provata esperienza: infatti è attiva sin
dagli anni Ottanta e dispone (vero e non su internet) di
un vasto e completo parco di vetture pronta consegna.
Restiamo stupiti e favorevolmente impressionati dal
vedere file di pick-up di ultima generazione o un assortimento di sportive (Camaro, Mustang, Shelby, ecc)
che hanno pochi se non nessun eguale nel panorama
nazionale: vedere emergere decine di cofani minacciosi da un normale salone di vendita in un dimesso
paesino di campagna scuote gli animi e le fantasie
di noi appassionati di cavalli… meccanici. Passato lo
stupore iniziale, facciamo conoscenza col titolare che
ci accompagna per un primo contatto con le “nostre”
auto. Ci troviamo subito in un’area industriale dismessa ora in parziale ristrutturazione che rievoca scorci
della “motor city”, Detroit, con i suoi grandi capannoni
di mattoni a vista. Lì in mezzo ci attendono una nera
Mustang GT e una bianca Camaro SS che avviciniamo
con un certo rispetto. Non sono certo le prime sportive
a stelle e strisce che ci capita di guidare (e giudicare)
ma vuoi per l’ambientazione, vuoi per il clima un po’
nebbioso, vuoi per la calma e surreale atmosfera mattutina che ci circonda, concordiamo tutti su un fatto:
ci attenderà una giornata indimenticabile.
La prima con cui vengo a contatto è la Mustang GT
TEST DRIVER
Clivio Tesorini, l’arrogante
Nato non troppo tempo fa in quel di Genova, Clivio si appassiona al settore automotive
dall’età di 18 anni quando, dopo aver piegato un paio di macchine, decide di mettere la
testa a posto (più o meno!) e di instaurare alcune collaborazioni con diverse riviste italiane del
settore. Dopo qualche anno scopre le vetture americane e, da lì, non si muove più. Dinamico
ed emozionale, in questo test drive cercherà di trasmettervi le sensazioni provate mentre tenta
di strappare il volante a due icone sportive “made in USA”.
Quando la sveglia decide di maltrattarmi le orecchie, butto un occhio sul comodino: sono le 5
spaccate. Fuori è buio pesto e ho esattamente
un’ora di tempo per capire dove sono e cosa
devo fare… Ah, sì, è venerdì, alle 6 passa Cristiano… dobbiamo andare a Castelmassa per
un test drive: Mustang 5.0 GT Premium e Camaro
6.2 2SS L99. Dopo aver controllato velocemente
i livelli della Caddy giro la chiave ed ecco che,
a tenerci compagnia, arriva un altro caro amico,
il 4.5L V8. Lasciandoci velocemente alle spalle il
traffico mattutino milanese, ci dirigiamo verso la
meta: Castelmassa. Questa piccola cittadina im-
mersa nella nebbia veneta ospita 4.416 abitanti
(di cui personalmente ne avremmo visti sì e no un
paio), 25 Dodge Ram, 2 Hummer H1 e un imprecisato numero a due cifre tra Mustang e Camaro. Il tutto perfettamente visibile, testabile e toccabile con mano presso la Fioravanti Motors, dove
Stefano e il suo staff non si fanno certo problemi
a legarci un paio di targhe prova sul paraurti
posteriore. Mentre il fotografo danza leggiadro
attorno alle due vetture scelte per il confronto,
personalmente inizio a dare un’occhiata al design: la Mustang, nerissima, nel frontale e di ¾
anteriore appare tanto elegante quanto sportiva,
permettendo immediatamente alla mente di tornare indietro nel tempo, ai fantastici Anni 60,
quando venne presentata per la prima volta. Il
posteriore invece non mi convince molto, il MY
2011 appare troppo tozzo e condensato, perdendo parte del proprio americanissimo appeal.
Comunque nulla di tragico. Il bianco della Camaro invece, quasi mi abbaglia, un colore particolare, divenuto ultimamente sinonimo di sportività. Matematicamente più larga e lunga rispetto
alla concorrente FoMoCo, anche visivamente la
Chevy appare decisamente più massiccia e muscolosa, soprattutto nella visione di ¾ anteriore,
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europea un po’ tuning e per nulla adeguato allo stile della vettura. Accendo il motore e mi
sento un perfetto imbecille. Avete presente tutte le cose
che ho scritto nelle righe precedenti? Ecco, dimenticatele. Un rumore minaccioso accompagna il risveglio
dell’otto cilindri in alluminio, dotato di doppia fasatura variabile e ovviamente ad asse a camme in testa,
anzi due. DOHC – dual over head cam, un’architettura inconsueta per i V8 americani ma adottata nei motori montati sulla Fifth Generation sin dall’inizio. Fondamentalmente consente una maggior precisione
nella fasatura delle valvole e permette di raggiungere
regimi di rotazione più elevati. Una configurazione
(fasatura variabile a parte) tipica dei motori europei,
come i V8 Maserati degli anni Settanta. La zona rossa
del contagiri inizia a 7.000 e mi fa persino digerire le
incomprensibili lucette blu che “arricchiscono” il tunnel
posteriore, quasi a voler offrire un minimo di considerazione anche agli improbabili occupanti dei sedili
posteriori, invero piuttosto piccoli. Un tocco sull’acceleratore mi fa capire che oggi non si scherza, almeno
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72 cruisinlife.it
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Casa Ford, e la nostra
“concorrente”, la Camaro, mi guarda con occhi sospettosi. Non riesce a capire come faccia il “piccolo”
5.0L (notare che in tempi recenti anche gli Americani
hanno iniziato a denominare le cilindrate con sistema
metrico) a erogare più HP del suo poderoso 6.2. È presto spiegato: la fasatura variabile conferisce al propulsore Ford una personalità del tutto particolare, abbastanza strana. Prendo subito confidenza con l’assetto di
guida, anche se il volante non è regolabile in senso
assiale, e con gli strani specchietti bifocali che presentano un secondo specchio convesso all’estremità.
All’inizio ti va insieme la vista, poi capisci che sono
utilissimi per le manovre e ti chiedi a cosa caspita servano i sensori di parcheggio. Ma torniamo alla guida:
esco sulla statale e mi ritrovo un mix di curve veloci e
rettilinei pressoché deserti. Se non fosse per le zanzare
d’estate mi trasferirei subito: un paradiso della guida. Il
V8 Coyote (smettete immediatamente di pensare ai
Looney
Tunes) dimostra subito di
che pasta è fatto: fino a 2.500 giri è un motore americano, nel senso che ha un gorgoglio rassicurante, una
tonalità possente, una elasticità invidiabile (tiene la
sesta senza problemi anche a giri bassissimi); dai
2.500 ai 4.000 è un V8 sportivo, senza compromessi o esitazioni. Ma i 412 cavalli? Ne hai già scaricati
molti, solo che non te ne accorgi perché la Mustang è
sincera. Ti mette in guardia, questo sì, sia perché l’allestimento GT non dispone di un assetto particolarmente esagerato, sia perché il retrotreno è a ponte rigido e gradisce molto di più il liscio tipico del misto
veloce rispetto allo sconnesso o alle buche congenite
della pavimentazione italiana. Pur in presenza del servosterzo elettrico, fila via precisa e sincera. Ma ci
sono ancora 3.000 giri da gestire, e quello è un territorio per pochi. La grinta della fasatura variabile TiV-
CT è
impressionante: con
un’erogazione simile ai V-Tec Honda di prima
generazione, scaraventa letteralmente la pony car verso un comportamento “racing”, con le marce che puoi
sparare una dopo l’altra: terza-quarta-quinta (su questo modello è montato un manuale). La sesta è un vero
overdrive, perché il motore perde molti giri e consente
di fare “gran turismo” anche sulle movimentate autostrade del Sud Europa senza grossi patemi d’animo
per il consumo o la mancanza di tiro sui falsopiani.
L’unico vero difetto di questo motore è un sensibile ritardo con cui scende di giri allorché si rilascia l’acceleratore. Una caratteristica di diversi motori a iniezione di qualche decennio fa che rende un po’ fastidiosa
la guida con l’acceleratore. Si
tratta di quella tecnica che prevede di impostare le
curve e sfruttare i trasferimenti di carico tiro-rilascio
per calibrare le traiettorie. Una finezza, ma ti viene
voglia di usarla grazie alla brillante erogazione del
Coyote. Esemplare anche la pedaliera che facilita il
punta-tacco che ormai moltissimi si sono dimenticati
ma che è necessario guidando sportivamente una potente trazione posteriore con cambio meccanico.
Dopo aver constatato che se fossimo stati in America
la Highway Patrol mi avrebbe disintegrato la patente,
ritorno alla base dove mi aspetta l’altra sfidante e get-
to un
ultimo sguardo sotto
il cofano per ammirare cotanta meraviglia.
Non prima di aver imprecato in dialetto assiro-babilonese nel tentativo di infilare nel suo alloggiamento
l’astina reggicofano; inspiegabile, dato che già nel
1964 la Mustang era dotata di molle per sostenerlo.
L’estetica vorrebbe la sua parte ma i motori moderni,
si sa, sono quasi sempre ricoperti da abbondanti carenature in plastica che in questo caso però trovo azzeccate. Un po’ complesso misurare il livello dell’olio
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nomignoli tecnologici, ma come si comporterà su una maltrattata striscia d’asfalto extraurbano? Dopo aver aperto la chiave “a scatto” (a scatto? Mah, certe cose dovrebbero
vietarle sulle pony car, quella è roba da fighetti
in Audi) do voce al possente V8 che va in moto
senza battere ciglio. Il minimo cupo e scostante
che sono abituato a sentire con i veicoli d’epoca, qui lascia il posto a un precisissimo e nervoso borbottio che comincia già a farmi sudare le
mani. Non appena il propulsore entra in temperatura saluto gli amici, metto in drive e comincio
a percorrere un lungo rettilineo… Appena la
strada si apre, sotterro l’acceleratore, il kickdown ritarda un po’ il suo lavoro, ma quando
scala un paio di marce vengo proiettato in avanti come lanciato da un elastico, e la Chevy continua a spingere in una progressione non eccessivamente brutale, ma talmente costante che
sembra infinita, su… su fino a 6.200 giri, poi
dentro un’altra marcia e il gioco continua, fino a
quando mi rendo conto che la scritta “SCANIA”
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74
cruisinlife.it
sulla
calandra del Tir nell’altra
corsia, non sarebbe un gran tatuaggio da aver stampato in fronte… allora mi appello a San Brembo che,
in un battito di ciglia, offre una decelerazione davvero
sorprendente, perfettamente gestita sia dal telaio sia
dall’assetto, riportando la Camaro nella grazia del
Signore e permettendomi di tornare ad avere una salivazione vicina alla normalità. In lontananza scorgo
una rotonda (ormai sono ovunque!), sposto il cambio
in “M” (Manuale) e via tre marce, scalo in seconda
con tanto di doppietta automatica, inforco il cerchio
con decisione e punto la terza uscita… Spettacolo, la
Camaro rimane inchiodata all’asfalto, nessun rollio,
sento il posteriore nervoso, ma la Chevy è su due binari e l’architettura del retrotreno a ruote indipendenti
compie egregiamente il proprio lavoro. A volante dritto sparo dentro terza e quarta come fucilate, con la
trasmissione in modalità “M” la musica cambia e la
precisione diventa davvero chirurgica. Quasi senza
accorgermene mi trovo a fronteggiare un cur-
vone
in appoggio verso sinistra, decido di tenere giù, ma in avvicinamento al punto di corda la vettura accenna qualche
saltellamento, comportamento pericoloso ma
prevedibile quando un assetto rigido incontra
del manto stradale sconnesso. Nessun problema, basta alleggerire lievemente il gas (ovviamente non troppo, siamo pur sempre alla guida
di una trazione posteriore!), oppure aumentare
l’andatura e prepararsi a compiere la curva in
uno scenografico sovrasterzo; ma dato che non
mi chiamo Samuel Hübinette e, soprattutto, ho
dimenticato i 48.900 euro della Camaro a
casa, decido di abbracciare la prima opzione,
rientrando nello showroom tutto intero e positivamente impressionato da questa Chevy, un
macchinario davvero interessante! Mentre esco
dall’abitacolo, mi domando quali saranno le
maggiori differenze rispetto alla Mustang 5.0 e a incuriosirmi ulteriormente ci pensa Cristiano che, durante lo
scambio delle chiavi, con un ghigno quasi beffardo mi dice: “Eh… questa qui va di bestia…”.
Dopo aver apprezzato la buona e vecchia
“chiave fissa” by Ford, procedo con la regolazione del sedile, dannazione, Cristiano è alto
come me, ma ha una posizione di guida bassissima, dovrebbe comprarsi una Lotus Exige!
Quando tutto è pronto giro il contatto, aspetto il
check delle spie e delle lancette, poi risveglio il
5.0 da 412 cavalli che, grazie a un regime di
rotazione massimo vicino ai 7.000 giri, ai collettori di scarico tubolari, all’elettronica avanza-
tissima e all’innovativo
metodo di fasatura variabile su entrambi
i lati della testata TiVCT (sia in aspirazione,
sia in scarico), statisticamente promette vere
e proprie scintille… staremo a vedere!
Dopo aver fatto amicizia con il terzo pedale della Stang (eh sì, qui il cambio è manuale a 6 rapporti), decido di conoscere meglio il mezzo e,
compiendo la danza dei piedi veloci, mi trovo subito in quinta. Pazzesco, devo aver saltato qualche marcia… Riproviamo! Seconda-terza-quarta... Tiro metà della quarta e poi, proprio mentre
la scimmia sulla spalla mi urla SPALANCAAA!
(ssst!
Non ditelo a Mr. Fioravanti!), un mazzo di fiori rosa legati al guardrail mi ricorda che “tengo famiglia”, invitandomi silenziosamente ad alzare il piede destro,
dato che nessun palo della luce vale i 45.000
euro di questo cavallo imbizzarrito. Comunque
lo devo ripetere… pazzesco! Il cambio manuale denota rapporti dannatamente corti, dalla
prima alla quarta le marce si buttano dentro
una dietro l’altra e, se non fosse per l’innesto
della seconda un po’ ostico (ma penso sia solamente
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dato che l’astina è seminascosta tra collettori e cavi
candele, ma l’adrenalina accumulata mi fa vedere
ogni difetto come una simpatica peculiarità.
La Camaro 2010 è indubbiamente una vettura “cattiva” e non fa nulla per nasconderlo. A differenza della
Mustang, che in un modo o nell’altro è sempre stata
prodotta dal 1964 ad oggi, la pony car Chevrolet
va a colmare un vuoto di produzione che parte dal
2002, anno in cui cessa la produzione della generazione precedente. Con un corpo vettura che mi ricordava vagamente le auto futuristiche della serie televisiva inglese U.F.O. negli anni Settanta, la trovavo goffa
e inadeguata a sostenere un nome così prestigioso. La
2010 invece è tutto il contrario: muscolosa, aggressiva, senza compromessi. La versione che proviamo è
una 2SS, una delle combinazioni di sigle (RS-SS-LT-LS)
che ricalca in pieno le innumerevoli varianti disponibili all’inizio della sua carriera, nel 1966, e che io in
realtà non sono mai riuscito a capire. Per non parlare
dei COPO (Central Office Production Order), ordini
speciali che hanno originato modelli particolari e molto rari. Piuttosto oscuri ai non appassionati del marchio sono anche le sigle dei motori, a me oggi tocca
l’L99, un V8 di architettura piuttosto convenzionale,
dotato però di un sistema di gestione attiva dell’accensione che permette di ottimizzare le prestazioni e assicurare un funzionamento a 4 cilindri
in base alla richiesta di
potenza
e allo stile di guida. Prima di accendere il 6.2L mi accingo a esaminare l’auto: il frontale non mi convince
pienamente, lo trovo veramente troppo aggressivo. La
sensazione probabilmente è dovuta ai parafanghi anteriori molto pronunciati ed eccessivamente geometrici. Diversa l’impressione che ricavo guardando l’auto
da dietro, con i gruppi ottici molto personali e d’effetto, i terminali di scarico possenti, il lunotto piccolo
e sportivo. Vista di tre quarti posteriore la macchina
è splendida, con un equilibrio formale tra la massiccia fiancata rinforzata dall’andamento a scalino del
“coke-bottle style” e il piccolo padiglione. Molto belli
i cerchi da 20” satinati neri che lasciano intravedere
un impianto frenante Brembo a 4 pistoni di dimensioni
(e prestazioni) maggiori rispetto alla concorrente. Anche il tre quarti anteriore è convincente: la macchina
appare larga, bassa e ben piantata. Tanto che anche
una semplice (si fa per dire) LS vista nello specchietto
incute un immediato timore. Personalmente trovo veramente fuori luogo le finte prese d’aria sui passaruota
posteriori, appena accennate nella lamiera. Ma la
Camaro è una macchina emozionale che non lascia
spazio a esitazioni nel giudizio: non a
caso nel 2010 ha vinto
il World
Car Design of the Year Award. Mi accomodo al posto
di guida e scopro che per prima cosa lo spazio sopra
la testa è incredibilmente scarso. Non sono certo un
gigante, dall’alto dei miei 1,72 m mi chiedo come
possa accomodarsi agevolmente un corpulento americano del Midwest o semplicemente un ragazzone dei
nostri, visto che ormai anche gli adolescenti superano
il metro e ottanta. Una volta presa confidenza con le
regolazioni, qui completamente elettriche, trovo una
plancia moderna e accattivante. Una fascia in plastica
lucida simil-laccata arancione coordinata coi sedili Inferno Orange (gli statunitensi direbbero “color-keyed”),
sebbene realizzata con un materiale dall’aspetto piuttosto economico, regala un colpo d’occhio di sicuro
effetto così come la strumentazione supplementare
sulla console, direttamente ispirata agli anni Sessanta.
Con una valanga di strumenti veri e utili su una sportiva, come il termometro dell’olio e la temperatura
del cambio. Il volante di fattura sportiva e regolabile anche
assial-
questione d’abitudine), anche la velocità di cambiata
risulterebbe davvero interessante. Sarà anche grazie
al classico cambio meccanico a sei rapporti, ma l’erogazione del 5.0 (a distribuzione con doppio albero a
camme in testa) risulta completamente diversa rispetto
a quella della Camaro; sicuramente meno progressiva e fluida, la Mustang appare però decisamente
più brutale e piena fin dai bassi regimi. L’innovativa
fasatura variabile (TiVCT) offre accelerazioni più arroganti e selvagge, imbrigliate da un telaio all’altezza
della situazione, ma smorzate da un assetto troppo
morbido che, guadagnando in comfort, perde però
nell’handling (l’assale posteriore rigido di certo non
aiuta), innescando un fastidioso beccheggio inerziale in fase di frenata che, rimanendo
sempre e comunque
precisa, affidabile e all’altezza della situazione, mi fa
però rimpiangere quella tavola chiamata Camaro. Ma
dato che, ovviamente, sto cercando di frenare il meno
possibile (!), il rimpianto passa immediatamente, soprattutto quando durante una scalata quarta-terza (qui
eseguita con “doppietta umana”), l’inimitabile ruggito
del V8 “Coyote” obbliga le mamme sul marciapiede
a prendere in braccio i figlioletti spauriti, e le anziane
massaie a chiudere le persiane, giusto per non vedere,
per non sapere come andrà a finire… Terminato l’esorcismo su questo diavolo d’una Mustang, fortunatamente posso dire che
sia andato
tutto bene, sicuramente mi aspettavo un assetto più
rigido (forse anche per via della barra duomi adocchiata in precedenza nel vano motore), ma è anche
vero che mai avrei pensato che il nuovo propulsore
5.0 avesse così tanta brillantezza e arroganza già dai
bassi regimi. In definitiva, guardando i numeri, le differenze non sono poi così abissali: 0-100 km/h
in 4.6 secondi per la Mustang e
4.7 per la Ca-
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SCHEDE TECNICHE
mente, coniuga gli immancabili comandi sulle razze
(qui più accessibili) con una coppia di paddles dietro
al volante per azionare manualmente l’automatico a
sei marce. L’impressione generale è quella di una maggiore ricercatezza nel design, più studiato e moderno.
Veramente brutti invece i comandi della radio e della
climatizzazione, che ricordano vagamente una faccia
sorridente da manga giapponese. Molto belli e ben realizzati i pannelli porta, perfettamente raccordati con
il resto della plancia. Contatto: il 6.2 aste e bilancieri
si anima con un sussulto allo scarico che lascia immaginare una profilatura delle cammes tutt’altro che
tranquilla. Posiziono la leva in D e la macchina come
da copione si sposta molto silenziosamente. Per ora.
Ritorno sulla statale da sogno e incomincio a prendere confidenza con l’animale a quattro ruote prima
di frustarlo a dovere, nel caso decida di prendere il
controllo e catapultarmi in qualche canale irriguo. Sorprendentemente facile da condurre, la Camaro inizia a
mostrare i muscoli già dopo pochi metri. Fondamentale
l’architettura del retrotreno: ruote indipendenti con una
taratura molto sportiva e un assetto assai azzeccato
la rendono quasi incollata alla strada, mentre il cambio snocciola le marce influenzato attivamente dalla
posizione dell’acceleratore. È infatti possibile ritardare
le cambiate e gestirle al meglio con la posizione del
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pedale del gas: in affondo cambia più in alto permettendo di sfruttare regimi più alti. Per i più esigenti c’è il
comando manuale tramite i paddles. Io avrei preferito
la possibilità di usare la leva centrale, quelle levette
dietro al volante mi hanno sempre ricordato le console
dei mocciosi malati di videogiochi, oltre alla scomodità di non poter cambiare facilmente nel misto stretto
senza incrociare le braccia. Di contro, impostando
un’eclatante seconda-prima, il motore esegue automaticamente la doppietta (punta tacco) per evitare il
bloccaggio del posteriore in rilascio. Intelligente. Già,
il motore… è bene dirlo subito: non ha la stessa personalità del Ford, ma va interpretato in maniera differente. Possiede un’erogazione corposa e lineare, tipica
dei motori aste e bilancieri, con una spinta inesauribile
e un possente ruggito che non finisce mai se non a
ridosso dei 6.000 giri. Un comportamento che ricorda
i V8 volumetrici delle Jaguar fine Anni 80. Solo che la
Camaro va tremendamente forte. È una sportivona, lo
fa capire dalla superficie vetrata ridotta e dalla visibilità posteriore praticamente inesistente. Tanto per essere
chiari, è un’auto che mantiene le promesse. Aperto il
cofano che per fortuna “sta su” da solo grazie a
due semplici molle a gas, c’è un vero motore, finalmente con poche carenature in plastica.
Se devo tirare le somme (e sono ahimé costretto)
confesso che mi trovo in seria difficoltà: sono entrambe auto eccezionali, adrenaliniche, ricche di
fascino. Mi sono fermato per un caffé con la Mustang e già le voci nel bar e fuori parlavano di lei;
faccio benzina con la Camaro e arriva il capannello di esperti “motoristi”. Se state cercando una
granturismo con la quale partire da Milano alla
volta della Corniche d’Or in Costa Azzurra, e far
vedere i sorci verdi alle varie BMW incontrate sul
percorso, prendete la Mustang. Sceglietela Grabber Blue, con gli interni chiari, magari convertible.
Potete tranquillamente rinunciare al sistema Voice
Activated SYNC: la scritta Microsoft sul cruscotto
è l’ultima cosa che vorrei vedere su una vera automobile. Se invece il vostro obbiettivo è il vecchio
Nürburgring e state per organizzare un weekend
a caccia di Porsche, la vostra arma è una Camaro SS. Ordinatela semplicemente Black con
interno Inferno Orange in pelle. Quante Carrera si mangerà a colazione? In entrambi i casi,
borsoni morbidi per il necessaire e tanta voglia
di guidare. Se per caso la vostra petulante compagna avesse da ridire sullo stile di guida, non
pensate di rinchiuderla nel bagagliaio, ne uscirebbe subito grazie alla onnipresente maniglia
di sicurezza. God Bless America.
maro, 0-160 km/h in 10.1 la Ford e 10.5 la Chevy,
il quarto di miglio in 12.7 per l’Ovale Blu e 12.9 per
il bow tie, con un peso rispettivamente di 1.648 e
1.770 kg… Insomma, sulla carta è questione di decimi, ma nel cuore… beh, lì rimane stampata la brutale
accelerazione della Mustang, quel seconda-terza che
ti lascia solo il tempo di un Amen, così come l’assetto
fantasticamente neutro della Camaro, un inarrestabile treno che corre su due binari e che, una volta finite
le marce, sembra abbia ancora la forza di andare
avanti… over the top, per alzarsi in volo, proprio
come un aereo da combattimento. Due vetture simili,
ma completamente diverse: più precisa, più fredda
e calcolatrice la Camaro, brutale, impulsiva e più
impetuosa la Mustang…
Bisogna solo capire se preferite il cappellino dei
New York Yankees e gli Oakley Flak Jacket o lo
Stetson Buffalo e i Ray-Ban Aviator, sta tutto lì!
CAMARO 2010 6.2 2SS L99
Gruppo costruttore: General Motors Co.
Marca e modello: Camaro 6.2 2SS
Model Year: 2010
Passo: 112.3 inches (2.852 mm)
Motore: V8 OHV L99 VVT AFM
Cilindrata: 376 c.i. (6.2L)
Potenza: 400 CV @ 5900 giri/min
Coppia: 556 Nm @ 4300 giri/min
Alimentazione: benzina
Trazione: posteriore
Trasmissione: automatica a 6 marce 6L80
Freni: a disco su entrambi gli assi, con ABS
Pneumatici: ant. 245/45 ZR20, post. P275/40 ZR20
Prezzo specifico: 48.900 Euro
Peso: 1.770 kg
Top speed: 248 km/h
0-100 km/h: 4.7 secondi
Colore: Summit White
Interni: Inferno Orange Leather Appointed seats
Proprietario: Fioravanti Motors
Internet: www.fioravantimotors.com
MUSTANG 2011 GT PREMIUM
Gruppo costruttore: FoMoCo
Marca e modello: Mustang GT Premium
Model Year: 2011
Passo: 107.1 inches (2.720 mm)
Motore: V8 4V Ti-VCT DOHC
Cilindrata: 302 c.i. (5.0L)
Potenza: 412 CV @ 6500 giri/min
Coppia: 529 Nm @ 4250 giri/min
Alimentazione: benzina
Trazione: posteriore
Trasmissione: manuale a 6 marce
Freni: a disco su entrambi gli assi, con ABS
Pneumatici: Pirelli Pzero Nero 19”
Prezzo specifico: 45.000 Euro
Peso: 1.648 kg
Top speed: 248 km/h
0-100 km/h: 4.6 secondi
Colore: Black
Interni: Charcoal Black
Proprietario: Fioravanti Motors
Internet: www.fioravantimotors.com
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