CISVinforma di novembre 2014
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CISVinforma di novembre 2014
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 In Questo umero Dopo il Campo Base 2 CAMPO BASE Solidali e vicini alla comunità dei nostri fratelli colombiani di Toribio Nella buona terra germoglieranno i semi per una nuova alleanza con la natura 4 LE TESTIMONIANZE DI ELICERIO E DIEGO Apriamo questo CISV’informa con la tragica notizia fatta circolare qualche giorno fa dal nostro ufficio stampa relativa al barbaro assassinio di due guardie indigene del popolo Nasa. Questa notizia ci colpisce ancor di più ricordando il bel periodo di condivisione che abbiamo trascorso recentemente a Torino con i rappresentanti di questa popolazione ed in particolare la giornata del Campo Base 2014, di cui trovate ampio riscontro alle pagine 2, 3 e 4, in cui la nostra comunità ha stabilito un patto di vero e proprio gemellaggio con questo coraggioso e valoroso partner colombiano. Vogliamo ospitarvi a casa nostra, vi ringraziamo e vi aspettiamo 5 REGALA SOLIDARIETA’ E fai festa con la grande famiglia di CISV 6 RITIRO DELLE FRATERNITA’ CISV La spiritualità concretissima dell’Uomo Nuovo 8 BURKINA FASO Rivoluzione dal basso 10 20 ANNI DOPO IL GENOCIDIO Un convegno del Centro Studi Africani per ricordare la follia in Rwanda e Burundi Ufficio Stampa CISV 07/11/2014 Di seguito il comunicato stampa sull'assassinio di due guardie indigene avvenuto il 5/11/2014 in Colombia. "Due guardie indigene completamente disarmate uccise dalle FARC a Toribio. Assassinati nella mattina del 5 novembre due esponenti della Guardia Indigena, istituzione pacifica che protegge - in forma nonviolenta - i territori delle popolazioni indigene dagli attacchi di gruppi armati (guerriglieri, esercito, milizie paramilitari e narcos) nel dipartimento del Cauca. Si tratta di Manuel Antonio Tumiñá, 42 anni, coordinatore della Guardia Indigena del resguardo di Toribio, e Daniel Coicué, 63enne, del resguardo di San Francisco. I miliziani hanno sparato mentre i membri della Guardia indigena stavano rimuovendo alcuni manifesti propagandistici delle FARC. Manuel Antonio è morto all’istante, colpito al viso; Daniel Coicué, colpito al petto, era invece ancora vivo quando i suoi compagni hanno cercato di portarlo via per dargli le prime cure, ma durante il tragitto non ce l’ha fatta. Un “delitto efferato”, dichiarano le autorità indigene riunite nel Consiglio regionale indigeno del Cauca (CRIC), tanto più grave perché nessun membro della Guardia Indigena porta armi da fuoco, ma indossa soltanto semplici bastoni o varas simboli dell’autorità tradizionale. Si chiede adesso l’attenzione del governo per accelerare i cambiamenti richiesti dal movimento indigeno: smilitarizzazione dei propri territori da parte di tutti i gruppi armati e pieno rispetto dell’autonomia delle comunità. A Toribio l’associazione torinese CISV, insieme a MSP (Movimento Sviluppo e Pace) sostiene l’impegno del popolo indigeno Nasa, maggioritario, nel suo sforzo di non abbandonare il proprio territorio opponendo a violenze e intimidazioni modalità di resistenza pacifiche, e promuovendo forme di sviluppo locale alternative a quelle “offerte” dal mercato della coca. In questo frangente CISV è solidale con la popolazione colpita e rinnova l’impegno di hermanamiento (“fratellanza”) stretto con i Nasa, all’insegna del loro motto “Cuenten con nosotros para la Paz Nunca para la Guerra” (Contate su di noi per la Pace, mai per la Guerra)." 2 Campo Base Nella buona terra germoglieranno i semi ... “Seminare il Futuro!” è una iniziativa nata come occasione per far festa in famiglia, anche con i più piccoli, perché la semina è un gesto gioioso che riporta ad un significato profondo di intima connessione dell’uomo e di tutti i viventi con la terra Tanti sono gli elementi che hanno portato la Comunità a ritrovarsi il 12 ottobre ad Albugnano per un Campo Base davvero speciale, presso la Cooperativa Terra e Gente: la presenza degli amici colombiani Don Elicerio Vitonas Talaga e Diego Fernando Y. Ortega del popolo NASA della Colombia, la possibilità di concorrere con la comunità CISV alla bellissima iniziativa di “Seminare il Futuro!”, il legame ideale che si sarebbe potuto stabilire tra questa iniziativa e l’impegno di CISV nell’ambito della sovranità alimentare. La giornata è iniziata sotto i migliori auspici con una partecipazione veramente numerosa e una condizione meteo inaspettatamente clemente. Il primo atto della mattina è stata la benedizione dei semi, un rito molto suggestivo, compiuto da Don Elicerio, che ci ha subito immersi completamente nello spirito giusto per affrontare i momenti successivi, sottolineando la relazione inscindibile tra la nostra essenza e la terra. Il contatto con i semi addirittura strofinati contro il corpo e nei capelli ci hanno fatto cogliere in modo plastico un modo di concepire la natura come una vera madre da cui dipendiamo in tutto e per tutto, un fatto che il nostro razionalismo occidentale ha quasi negato, esponendoci ai rischi terribili che sono tutti i giorni sotto i nostri occhi (basti pensare al bilancio sempre più tragico delle ricorrenti alluvioni autunnali...). Terminata la cerimonia, Franco Fischetti ha illustrato il senso dell’iniziativa “Seminare il futuro!”. Tra le altre cose ha affermato:“Credo che gli obiettivi di un’agricoltura biologica o biodinamica rispettosa dell’ambiente siano essenzialmente due: tutelare il territorio e tutelare la salute delle persone. Penso che questo sia anche un enorme risparmio per la collettività, sia per i minori danni, sia perché l’unico modo per ridurre le spese per la salute è ridurre i malati, attraverso una alimentazione sana, aria e acqua pulite.” Dopo la presentazione, il gruppo variopinto ed eterogeneo (molti i bambini presenti) si è recato sul campo già preparato. La fila dei partecipanti si è disposta su tutta la lunghezza. Poi ognuno con il proprio sacchetto si è mosso parallelamente (o quasiB) agli altri compiendo il tipico gesto della semina, con ampio movimento del braccio, che Franco Fischetti aveva preventivamente spiegato. Dopo la semina il gruppo si è sistemato nell’ampia sala del ristorante dell’agriturismo oppure sotto la tettoia prospiciente l’aia, per condividere il momento del pasto a offerta libera. I lavori della giornata sono continuati nel pomeriggio con un momento assembleare molto partecipato che, nonostante l’allarme sollevato da qualche goccia, siamo riusciti a svolgere tranquillamente all’aperto. La prima parte è stata caratterizzata Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 dall’incontro con i contadini ed i giovani protagonisti della seconda edizione di “Ritorno alla terra”. Sotto la guida degli organizzatori Davide Giachino e Pietro Ravazzolo, i contadini hanno innanzitutto raccontato che cosa li ha spinti a scegliere un impegno con CISV. Andrea della cascina Pian del Bosco vicino Fossano, ha sottolineato una certa sintonia rispetto al modo bello di relazionarsi con le persone, Maurizio della Cascina Barban, nella Val Borbera dell’appennino ligure-piemontese, ha evidenziato la necessità che i contadini stringano un’alleanza con le associazioni che vogliono fare cultura sulle questioni che riguardano la salvaguardia della natura e la sovranità alimentare. Matteo e Bruno della cascina Frutasè di Cumiana, sede di un orto sinergico, hanno visto nell’amicizia con CISV una opportunità per fare il punto su alcune tappe della propria vita. Infine Sara di Terra e Gente, ha raccontato della sua vicinanza al CISV per via dei 7 anni trascorsi in Africa come volontaria. La seconda domanda che è stata posta, riguardava il senso dell’essere contadini oggi. Per gli amici di Cumiana il contadino acquisisce sul campo la consapevolezza di dove l’umanità sta andando. -> continua a pagina 3 Seminare il Futuro è una Iniziativa nata nel 2006 in Svizzera da un’idea di Ueli Hurter, agricoltore biodinamico, e Peter Kunz, selezionatore di cereali biologici. Dal 2011 viene promossa anche in Italia dalle catene di negozi NaturaSi e CuoreBio. A questa edizione hanno partecipato 38 aziende agricole biologiche sparse su tutto il territorio nazionale tra cui la Cascina Terra e Gente dove si è svolto il nostro Campo Base. Gli organizzatori affermano che: “l’obiettivo di Seminare il Futuro! è sensibilizzare le persone sul tema della provenienza del cibo e del futuro dell’agricoltura, sottolineando, grazie ad una proposta originale e coinvolgente, l’importanza della sovranità alimentare locale e la consapevolezza che i semi biologici e biodinamici rappresentano una vera opportunità” Questa iniziativa è anche pensata come occasione per far festa con i più piccoli, perché la semina è un gesto gioioso che riporta ad un significato profondo di intima connessione dell’uomo e di tutti i viventi con la terra. Per gli adulti vuole essere anche un momento di riflessione sul futuro dei semi e sulla assoluta necessità di trovare una via alternativa all'industrializzazione delle sementi, ai brevetti delle multinazionali ed al degrado della loro qualità. Tutti elementi che concorrono alla diminuzione della biodiversità. 3 … per una nuova alleanza con la natura -> segue da pagina 2 Quando questo avviene, il fatto di intraprendere percorsi di agricoltura alternativi rappresenta una via concreta per cambiare, per passare dalle parole ai fatti. Andrea ha messo in evidenza il concetto di responsabilità. Il fatto di sentirsi custode di un territorio in cui si vive e da cui si trae il necessario per la propria famiglia, con l’intelligenza di chi sa che, applicando viceversa la logica della rapina, alla fine si danneggerebbe anche ed in primo luogo se stessi. Maurizio, ha ribadito il concetto. Ricordando il suo passato di cittadino, ha insistito sulla responsabilità come fatto di retta coscienza verso i cittadini consumatori ma anche e soprattutto verso coloro che in campagna ci abitano. Il contadino in effetti è il primo consumatore di ciò che produce. Non dovrebbe essere il primo interessato alla qualità? Oggi bisogna essere fiduciosi perché il contadino può sbagliare ma ha anche molti strumenti per confrontarsi e per affrontare le sfide del mondo che cambia. Sara ha arricchito la discussione con un’altra parola chiave, quella della testimonianza che si deve dare certamente nei confronti delle città ma, in primo luogo, in campagna, cercando di portare i contadini tradizionali a rivedere le proprie posizioni per convincerli circa la necessità di abbracciare nuovi modelli di produzione agricola. Sulla domanda successiva, relativa alle mosse fatte per garantirsi la “sostenibilità economica” i rappresentanti di Cascina Barban hanno messo in evidenza come purtroppo nel mondo contadino di oggi non sia facilissimo barcamenarsi e questo può portare al verificarsi di situazioni irregolari; scambio di semi, autocertificazione del biologico. Si deve fare un lavoro grande per arrivare a realtà imprenditoriali efficienti e in regola con tutte le norme e questo è sicuramente difficile per molti. Un modo che si può proporre per alleviare le spese di produzione è quello di mettere in piedi alleanze cooperativistiche tra piccoli contadini di una stessa area. Andrea ha sottolineato un aspetto importante, quello di confrontarsi con altri agricoltori che hanno voglia di cambiare, anche se molti percorsi di queste persone, più che imprenditoriali, sono vere e proprie scelte di vita. D’altra parte per essere in regola con tutte le certificazioni biologiche bisogna investire molti soldi. A partire dalla propria esperienza racconta di quanto faticoso sia stato l’investimento in questo senso, anche se adesso quel lavoro ha permesso alla sua azienda di stringere accordi anche con mense ed attori istituzionali, allargando il giro dei clienti oltre la cerchia dei Gruppi di Acquisto Solidale. Gli amici di Cumiana raccontano come, escludendo la situazione di chi ha i genitori contadini, oggi fare l’agricoltore richieda un investimento importantissimo per acquisire la preparazione necessaria, procurarsi gli stru- menti, le sementi, i concimi e via discorrendo. Bisognerebbe incentivare moltissimo chi decide di fare il contadino ma in primo luogo dovrebbe essere la stessa opinione pubblica a premere per riconoscere una remunerazione maggiore a chi fa agricoltura di qualità. Si fa un gran parlare di agricoltura di qualità ma poi la si vuole comprare allo stesso prezzo praticato dall’agricoltura industriale e questo è un controsenso. Al termine del giro di domande rivolte ai contadini, i nostri bravi presentatori hanno introdotto, per una testimonianza, i ragazzi ospiti delle varie cascine. Prima tra tutti ha parlato Antonella a nome dei 4 ragazzi ospitati dalla cascina Terra e Gente di Albugnano. Ha sottolineato il calore dell’accoglienza ricevuta e la vita comunitaria. Il piacere di potersi sperimentare in ruoli inediti come quello del vendemmiatore o del raccoglitore di noci e mandorle o del pastore che porta le mucche al pascolo. E’ stata una settimana di full immersion in uno stile di vita più sano. Giacomo dell’orto Pian Del bosco ha raccontato le tante esperienze fatte nella settimana: raccogliere, fare consegne, trapiantare, prendere ordini. E’ stata una piccola antologia di attività del contadino, per maturare una maggiore consapevolezza nonostante alla fine le nuove domande fossero più delle risposte ottenute. Andrea, ospite alla cascina Barban, ha condiviso il suo apprezzamento per essersi tuffato in una realtà che lo ha costretto a seguire, almeno per una settimana, il ritmo della natura che non è solo una questione di orari, è anche un fatto di rapporti umani più autentici. Marco, ospite friulano della cascina Frutasè, si è cimentato in attività come fare il pane con la pasta madre o la cura dell’orto sinergico. L’esito più importante di questa esperienza è stato un promettente “si può fare” ma anche un entusiastico invito a CISV a prolungare l’iniziativa affinché, nelle prossime edizioni, duri almeno due settimane! Al termine della carrellata di testimonianze Pietro Ravazzolo ha osservato che questi 9 giovani ospitati dalla seconda edizione di Ritorno alla Terra sono stati selezionati tra 40 richiedenti, il che dimostra che esiste una grande domanda, una grande energia che abbiamo il compito e la responsabilità di canalizzare in modo virtuoso. Paul Marteau Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 Responsabilità e Testimonianza: le parole chiave dei contadini amici di CISV in “Ritorno alla Terra 2” che si impegnano in prima linea per una agricoltura di qualità 4 Le testimonianze di Elicerio e Diego “Vogliamo ospitarvi a casa nostra, vi ringraziamo e vi aspettiamo” Il popolo Nasa cura molto lo spirito Comunitario; ogni settimana si sostiene qualche componente del gruppo. Tutti si spostano nel campo della sua famiglia e lo aiutano. Poi alla fine del lavoro comunitario si fa festa, si mangia tutti insieme Quando siamo arrivati a Torino - ha detto Diego - è stato bello vedere che CISV non era solo un’agenzia che sosteneva progetti di cooperazione ma una realtà comunitaria di persone con cui è possibile condividere valori ed in primo luogo una visione positiva e propositiva, per rifondare la vita in modo alternativo L’ultima parte del Campo Base ha allargato lo sguardo, da casa nostra al mondo, dalle nostre campagne ai campi coltivati dai contadini di “Proyecto Nasa”, l’associazione del sud della Colombia (dipartimento del Cauca) sostenuta già dal 2005 da CISV e Movimento Sviluppo e Pace (MSP). Il progetto si inserisce nel contesto difficilissimo di un territorio al centro di interessi dei narcotrafficanti: con i loro gruppi paramilitari alimentano la guerra e opprimono il popolo indigeno Nasa che rappresenta la quasi totalità (96%) degli abitanti dell’area. Introducendo gli altri oratori il presidente CISV Federico Perotti, ha osservato come, a partire da attività pratiche in campo agricolo e formativo, l’amicizia tra i rappresentanti di questa associazione e quelli della CISV sia cresciuta nel tempo. Questa sintonia di percorsi e visioni del mondo ha fatto infine maturare la decisione di incontrarsi in Italia, per stringere un vero e proprio patto di gemellaggio o “hermanamiento” come dicono i nostri amici. Dopo Federico ha preso la parola Pierre Monkam, presidente di MSP, Pierre ha espresso la propria gratitudine per l’incontro osservando come le nostre associazioni siano chiamate a ribadire con forza, senza mai stancarsi, il concetto che l’umanità è unica, che siamo e dobbiamo sentirci cittadini del mondo. Questo ci permette anche di raccogliere energie nuove per affrontare insieme i problemi che affliggono l’umanità. Don Elicerio ha espresso cosa voglia dire per il proprio popolo essere contadini con una sintesi di grande impatto “partecipare, insieme, alla realtà della natura, sentendosi intimamente legati ad essa”. Il popolo Nasa cura molto lo spirito comunitario; ogni settimana si sostiene qualche componente del gruppo. Tutti si spostano nel campo della sua famiglia e lo aiutano. Poi alla fine del lavoro comunitario si fa festa, si mangia tutti insieme. Tra le attività che vengono sostenute ci sono la produzione di latte, formaggio e yogurt, ma anche l’allevamento di trote, tutti prodotti che poi vengono venduti al popolo Nasa. Don Elicerio ha anche rilevato come punto di differenza rispetto alla realtà italiana che i giovani non cercano di fuggire dalla campagna; una buona parte, pur avendo studiato, vuole restare o tornare per aiutare la propria comunità a progredire. Diego ha ribadito il punto forte Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 dell’esperienza che il popolo Nasa vuole proporre a tutti, il Buen Vivir. Potremmo sintetizzare questo concetto come l’insieme di paradigmi quali il senso del limite e della proporzione, il recupero della dimensione comunitaria, la salvaguardia delle diversità, la riconduzione dell’economia al proprio ruolo di strumento per il benessere ed il progresso materiale e spirituale delle persone, contrapposti ai paradigmi imposti dal pensiero dominante (crescita lineare e infinita, esasperazione dell’individualismo, darwinismo sociale, mercificazione di qualunque cosa, omogeneizzazione delle culture, distruzione della biodiversità) che come vediamo stanno conducendo l’umanità ad una serie di crisi (ambientale energetica economica) strutturali sempre più preoccupanti e devastanti. “Quando siamo arrivati a Torino - ha detto Diego - è stato bello vedere che CISV non era solo un’agenzia che sosteneva progetti di cooperazione ma una realtà comunitaria di persone con cui è possibile condividere valori ed in primo luogo una visione positiva e propositiva, per rifondare la vita in modo alternativo”. Diego ha anche parlato dell’ente che presiede, il CECIDIC (Centro di educazione, formazione e ricerca per lo sviluppo integrale della comunità di Toribio), una istituzione con più di 1000 studenti che include la scuola primaria, un centro di formazione professionale ed una scuola d’arte. Diego ha sottolineato la necessità di saldare la campagna, il mondo rurale, con la città poiché tutti siamo inseriti in un destino comune. Salutando i presenti ha augurato che il numero degli amici di CISV possa aumentare: “se oggi siete 150, spero che l’anno prossimo vi possiate ritrovare in 300!”, per continuare sul giusto cammino. Dobbiamo prenderci cura tutti insieme del seme e, in un prossimo futuro, della piantina che oggi abbiamo seminato. Si è anche augurato che i giovani delle nostre comunità possano incontrarsi e sperimentare nel calore dell’amicizia il valore dell’hermanamiento. Infine ha salutato l’assemblea con un augurio, di poterci rivedere ospiti a casa loro, a Toribio. Il campo base si è chiuso con la messa celebrata da Don Toni nella cappella della cascina. Anche il meteo è parso, quasi miracolosamente, attento a non guastare la festa di questa bellissima occasione di incontro e di scambio con i nostri parter, decidendosi infine a rilasciare la temuta pioggia battente, ma non prima della fine degli interventi di Elicerio e DiegoB come a voler suggellare il patto di rispetto ed intima condivisione tra uomo e natura che, in questa memorabile giornata, ci siamo impegnati a vivere, con l’ufficialità di una vera e propria cerimonia. Paolo Martella 5 Regala Solidarietà E fai festa con la grande famiglia di CISV Come ogni anno l'arrivo dell’inverno ci porta dentro al clima natalizio: Natale è una festa da passare in famiglia, da passare in comunità, da passare con CISV. Da festeggiare con e per la famiglia allargata che siamo nel mondo, per tutte le persone che grazie a CISV hanno una vita più semplice, più dignitosa: possono avere un accesso all'acqua direttamente nel villaggio o a scuola, possono trovare un aiuto e una protezione dalla violenza domestica e da quella di strada, possono lottare insieme a noi per la costruzione di un mondo più giusto. Anche questo Natale scegli di donare ad amici e parenti i Regali Solidali che CISV propone su www. regalisolidali.cisvto.org e aiutaci a continuare le nostre attività in Italia e nel mondo. I Regali Solidali CISV spaziano dalla moda alla cucina, dall'artigianato locale alla cosmesi naturali, dai buoni per corsi di disegno e cucina ai biglietti d'auguri. Tre cesti alimentari con prodotti genuini e biologici, ottimi vini del Canavese e il Genepy des Alpes per gli amici buongustai, oggetti curiosi ed originali di artigianato proveniente dai diversi paesi del mondo in cui CISV lavora per chi ama lo stile etnico. Gioielli, sciarpe, cappelli, borse per un pensiero carino; creme e saponette di cosmesi naturale di Daymons per chi cerca un regalo utile e di qualità. Grande novità di quest'anno: i buoni per corsi di cucina spagnola, di disegno, di creazione collane e di fabbricazione di detergenti naturali. Altra novità: il biglietto d'auguri firmato Ilaria Urbinati, giovane e brava illustratrice torinese che ha scelto CISV per la sua donazione natalizia. Ora tocca a noi scegliere CISV per un regalo buono tre volte: per chi lo produce, per chi lo riceve, per chi ne beneficia in Africa e America Latina. Trovi tutto su www.regalisolidali.cisvto.org, scegli la solidarietà per il tuo Natale 2014! Natale è una festa da festeggiare con e per la famiglia allargata che siamo nel mondo, per tutte le persone che grazie a CISV hanno una vita più dignitosa: possono avere un accesso all'acqua direttamente nel villaggio, a scuola, possono trovare un aiuto e una protezione dalla violenza, possono insieme a noi costruire un mondo più giusto in forma Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 6 Ritiro delle Fraternità CISV La spiritualità concretissima dell’Uomo Nuovo Nella riconoscenza e nella responsabilità abbiamo voluto iniziare la giornata ascoltando la testimonianza di Mario Fornero che ci ha raccontato il clima spirituale degli inizi e come sono state affrontate nella preghiera e nella fede le vicende che hanno segnato gli anni in cui la comunità ha assunto i contorni che ancora oggi la rappresentano Dio non è né qui né là ma viene come colui che va atteso, una eterna attesa! Viene ma spiazza continuamente, è sempre al di là e noi non possiamo circoscriverlo. Dio viene oggi ma non sappiamo sotto quali spoglie. Dio è ciò che ci abita e che è più grande di noi e che non cessa di rivelarsi Anche quest’anno le fraternità hanno vissuto un momento fondamentale del loro cammino, sabato 11 ottobre ad Albiano, durante la festa di san Francesco. Il tema della Spiritualità, sul quale abbiamo voluto confrontarci, occupa un posto centrale nella storia e nella vita delle fraternità e di tutta la Comunità CISV. E’ nella forza dello Spirito e nella disponibilità alle sue sollecitazioni che tanti anni fa i “nostri fondatori” hanno dato inizio all’esperienza comunitaria nella quale siamo stati accolti e viviamo. Nella riconoscenza e nella responsabilità abbiamo voluto iniziare la giornata ascoltando la testimonianza di Mario Fornero che ci ha raccontato il clima spirituale degli inizi e come sono state affrontate nella preghiera e nella fede le vicende che hanno segnato gli anni in cui la comunità ha assunto i contorni che ancora oggi la rappresentano. Fin dalle origini questo ha voluto significare per la Comunità, dedicare anche uno spazio fisico per condividere la dimensione spirituale nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio e nel silenzio. “Il settore di lavoro sarà volontariato internazionale e il riferimento sarà alle “prime comunità cristiane” (ogni sera preghiera e ogni due settimane revisione di vita). Va tenuto presente che in comunità si accettavano credenti e non credenti, ai quali dicevamo: ci riferiamo alle “prime comunità cristiane.” Anche a Locana dove ora vivono, Mario e Maria hanno vissuto e proposto la preghiera come esperienza trasformante dando ad altri la possibilità di scoprirne la bellezza, la forza e la gioia. Il compito che ci aspetta è quello di vivere nell’oggi, con tutte le sfide che la contemporaneità ci rivolge, la dimensione spirituale che tutti sentiamo come irrinunciabile. Nei lavori di gruppo seguenti, tutti hanno avuto la possibilità di raccontarsi e di esprimere le svariate modulazioni di un tema così vasto. Nella condivisione, le parole ascoltate hanno suscitato reazioni e percorsi che hanno sfiorato le innumerevoli sfaccettature in cui si riflette una dimensione così profonda e ineffabile quando si tenta di comunicarla con parole. Nel pomeriggio abbiamo ascoltato l’intervento di Don Ernesto che ha suscitato ulteriori riflessioni e che riportiamo qui di seguito. Nell’infinità dei percorsi emersi, sono individuabili due linee principali: una che riguarda la spiritualità in quanto dimensione universale e un’altra che si realizza nello specifico cristiano. Un Dio inafferrabile Spiritualità è un termine neutro mentre una parola caratterizzante è “esperienza spirituale”, se Dio si rivela, lo fa strappando quei simboli che parlano della sua venuta. Questo è il significato del velo del Tempio che si squarcia quando Gesù muore. Cosa c’era dietro il Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 velo: nulla, il mistero di Dio IRROMPE, è necessaria la condizione interiore di lasciare che Dio sia Diverso da come lo vorremmo e senza presumere di trattenerlo. Tentiamo di localizzare Dio; ma Dio è sfuggente! Dio non è né qui né là ma viene come colui che va atteso, una eterna attesa! Viene ma spiazza continuamente, è sempre al di là e noi non possiamo circoscriverlo. Dio viene oggi ma non sappiamo sotto quali spoglie. Dio è ciò che ci abita e che è più grande di noi e che non cessa di rivelarsi. Alterità assoluta rispetto a noi e al creato, separato da tutto ciò che è limite, male e negatività. Questo è il significato di Santo “Kadosh”: “Totalmente altro”. L’esperienza di fede autentica avviene quando colui che è in ricerca si rende conto di quanto sia viva l’alterità di Dio. Se avvertiamo questo siamo nella “periferia” dell’esperienza spirituale. Dio è altro e non è omologabile, questo apre lo spazio, nelle nostra realtà, a tutte le diversità, apre lo spazio del Mistero e permette la diversità e alle diversità di esistere. Il silenzio di Dio Il silenzio di Dio è lo spazio che si apre e ci consente di ascoltare una parola nuova! Elia fa l’esperienza vera di Dio nel Silenzio e gli consente di ascoltare una parola nuova, è il luogo di formazione continua: la consapevolezza di essere di fronte a un mistero! Stiamo sulla soglia: non possiamo entrare a due gambe nella vita degli altri. In questo spazio/ distanza da Dio, può nascere e crescere una comunità di cercatori di Dio. Dire Spiritualità è come dire Santità nel senso che dicevamo sopra. La fraternità è comunione di pellegrini in ricerca del SILENTE. Più si cammina verso il silente, più si crea comunione e tanto più sarà sofferta questa ricerca, tanto più sarà autentica. Anche per Gesù la Passione finisce di fronte al silenzio del Padre. L’esperienza di Dio: unità nella diversità Il tempo è la dimensione costitutiva dell’esperienza spirituale. Le nostre differenze non possono diventare motivo di conflitto. La conflittualità incontrata deve aprirci al silenzio. Quando si sta nelle relazioni umane accettando questa dimensione, cambia la mente e il cuore al livello dei rapporti umani. Svanisce la paura della differenza e/o il desiderio di omologare l’altro. L’esperienza spirituale è esperienza di Dio: vivere l’unità nella diversità. Il terzo “rompe “ la coppia! Nella Trinità, il terzo, lo Spirito, rompe la coppia! La non identità è il modo in cui si realizza lo comunione. La non-identità è ciò che permette di costruire la comunione. La ricerca di Dio è un atto intersoggettivo. La stessa natura non è solo struttura biologica. Noi siamo fatti per essere “Uditori della Parola”. -> continua a pagina 7 7 -> segue da pagina 6 L’uomo spirituale La persona spirituale è caratterizzata da una interiorità dialogica che decide di entrare in dialogo e mettersi in ascolto. Il cammino spirituale è necessariamente personale ma esige l’intersoggettivo, il TU! non si contrappone! Tutti però siamo parte di un cammino che ci precede e non è un cominciare sempre da capo. Raccogliamo continuamente tutto ciò che ci ha preceduto! E. Fromm afferma che portiamo dentro di noi l’eco del grido di dolore dei dinosauri quando si sono estinti! Nella lettera ai Galati al Cap. 5 Paolo sostiene che l’uomo spirituale è quello che non vive secondo la “carne”. La spiritualità cristiana non è un discorso sull’anima: il volto di Dio per un cristiano è determinato dal riferimento a Gesù, che è Figlio perché assomiglia al Padre nel comportamento. Lo Spirito per un cristiano è lo Spirito del Figlio. Quell’uomo spirituale che fu Gesù di Nazaret, che ha riassunto il significato di tutto il suo cammino spirituale in quel: “fate questo in memoria di me”. Stare in questa memoria, nello Spirito di Gesù, nella comunione con lui, rende vitale ogni esperienza istituzionale. L’Adamo riceve lo Spirito, non è già dentro di lui, ma lo riceve da fuori. Nella bibbia si riscontra l’antitesi Antico – Nuovo, Adamo - Gesù. La dialettica Antico – Nuovo si esprime anche nella esperienza della conversione che è una struttura antropologica in cui si passa continuamente dall’Antico al Nuovo. Nel tempo, nel divenire che è la dimensione in cui siamo inseriti. La vita spirituale è un divenire Fede, Speranza e Amore (Virtù teologali) e Obbedienza che è scegliere Gesù Cristo come verifica per la propria vita spirituale. L’uomo nuovo è l’uomo della SPERANZA: in Gesù c’è soltanto il Si alle promesse del Padre. Lo Spirito di Gesù Risorto: è il Cristo Cosmico, compimento spirituale del progetto di Dio sul creato. L’uomo spirituale è l’uomo radicalmente umano che vive fino in fondo la sua umanità nello Spirito del Risorto, come Lui. E’ questo “COME” che specifica il cristiano, è la dinamica del DONO: do me stesso perché l’altro viva. La scelta per l’UOMO NUOVO! Ma in principio non c’è la volontà, c’è la Grazia e l’Amore. Nell’essere fedeli all’umano non si sbaglia mai. L’essere fedele all’umano ci mette sulla soglia del mistero! Ci porta a rispettare il mistero che è incontrato in ogni persona, il mistero che è l’altro. Da tali riflessioni, l’idea di proseguire il percorso per l’intero anno e il Consiglio Direttivo successivo ha proposto tre incontri , a partire da gennaio, sul tema della Spiritualità, animati dalle Fraternità ed aperti a tutta la Comunità CISV. Inoltre le fraternità si sentono chiamate ad impegnarsi a collaborare nella preparazione dei momenti forti che già la Comunità CISV vive tradizionalmente (Natale, Triduo Pasquale, Pentecoste, Festa di San Francesco) Federico Munari e Anna Ricchiuti L’Albero delle fraternità L'albero rappresenta il percorso del prossimo anno. Radici, tronco e foglie sono ciò da cui arriviamo, ciò che vogliamo fare, le riflessioni che vogliamo condividere La scuola che vorremmo Le proposte di CISV per “la buona scuola” CISV coopera con le scuole da più di 25 anni. Sono circa 200 le classi con cui cooperiamo in Piemonte, attraverso progetti di istituto o con programmi da noi promossi, reperendo fondi presso le istituzioni regionali, italiane o europee. Uno dei progetti sulla scuola di cui CISV fa parte è "Parlez-vous global?", che mira ad accrescere le competenze di insegnanti e studenti della scuola secondaria in Europa in rapporto alle problematiche dello sviluppo globale. Per questi motivi CISV e i partner del progetto "Parlez-vous global" hanno aderito all'iniziativa governativa "La Buona Scuola" per includere la cittadinanza nelle decisioni dello Stato nel settore scolastico attraverso consultazioni on-line. Le proposte mosse vanno verso una maggiore educazione alla cittadinanza attiva globale, attraverso la formazione sulle nuove tecnologie dell'informazione e la promozione del confronto nelle scuole. L'iniziativa del Governo si conclude il 15 novembre, ci auguriamo che le proposte avanzate possano contribuire alla costruzione di una scuola migliore. Guarda su http://www.cisvto.org/sites/cisvto. org/files/labuonascuolacon.pdf le proposte di Parlez-vous global? per la Buona Scuola. Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 Le proposte mosse vanno verso una maggiore educazione alla cittadinanza attiva globale, attraverso la formazione sulle nuove tecnologie dell'informazione e la promozione del confronto nelle scuole 8 Nelle ultime settimane il Burkina Faso è salito agli onori della cronaca per i moti popolari che hanno costretto alle dimissioni Blaise Compaoré. Nel box qui sotto Marco Bello inquadra la situazione evidenziando le ragioni della protesta. Nel pezzo a destra Matteo Cortese descrive da protagonista i giorni concitati in cui i giovani burkinabè hanno deciso di prendere in mano il proprio destino. Le ragioni della rivolta A sorpresa, il 15 luglio del 2013, i vescovi del Burkina pubblicano una lettera pastorale che esprime grande preoccupazione per la «frattura sociale» in aumento e prende posizioni forti chiedendo un impegno a chi governa per: «Più equità nella distribuzione della ricchezza, più trasparenza nella gestione degli affari pubblici, più etica nei comportamenti sociali e politici» «Il popolo deve essere protagonista del proprio destino» diceva Thomas Sankara, presidente visionario del Burkina Faso. Una frase più attuale che mai oggi, all’indomani del sollevamento popolare che ha rovesciato l’intoccabile presidente Blaise Compaoré. Lui, salito al potere il 15 ottobre 1987, dopo aver fatto assassinare proprio il suo compagno di rivoluzione Sankara e altri dodici stretti collaboratori, vi è rimasto per 27 anni, fino al 31 ottobre scorso. Compaoré vince sempre le elezioni con percentuali altissime (1991, 1998, 2005 e 2010). Ma la nuova costituzione gli impedisce di ripresentarsi alle elezioni previste nel 2015. Lui, però, non vuole farsi da parte e fin dal 2012 si preoccupa di modificare l’articolo 37 che limita a due i mandati presidenziali. Una via sarebbe passare per un referendum costituzionale. La società civile insorge, e crea il Collettivo contro il referendum. Vi partecipano alcuni partiti politici dell’opposizione come l’Upc (Unione per il progresso e il cambiamento) del leader Zéphirin Diabré e l’Unir-Ps dell’avvocato Bénéwende Sankara. Nel 2013 sono diverse le manifestazioni di piazza contro l’impunità, la corruzione e la modifica costituzionale. A sorpresa, il 15 luglio di quell’anno, i vescovi del Burkina pubblicano una lettera pastorale che esprime grande preoccupazione per la «frattura sociale» in aumento e prende posizioni forti chiedendo un impegno a chi governa per: «Più equità nella distribuzione della ricchezza, più trasparenza nella gestione degli affari pubblici, più etica nei comportamenti sociali e politici». Compaoré teme, a ragione, il referendum e riesce ad evitarlo grazie all’accordo del 25 ottobre scorso, con il terzo partito del paese, l’Adf/Rda guidato da Gilbert Ouedraogo. In questo modo Blaise avrà 99 voti contro 28 dell’opposizione. La maggioranza qualificata per modificare l’articolo 37. Partiti di opposizione e società civile fanno un fronte unico contro la proposta di legge. Il 28 si svolge a Ouagadougou una grande manifestazione chiamata: «Giornata nazionale di protesta». Si parla di un milione di persone che sfilano pacificamente per le strade della capitale. Marco Bello tratto da “La Voce del Popolo” 9 Novembre 2014 Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 Burkina Faso Rivoluzione dal basso Ci vorrà del tempo per comprendere le conseguenze della rivoluzione burkinabé che, per le dimensioni della folla che l’ha accompagnata e per il peso di Blaise Compaoré in Africa (oltre che nelle cancellerie occidentali), sembra destinata ad aprire la strada ad altri movimenti popolari di rilievo in Africa Subsahariana. Ho avuto il privilegio di assistere ad alcuni momenti di questa rivoluzione dal basso. In missione a Bruxelles, torno a Ouagadougou mercoledì 29 ottobre verso mezzanotte. Il nostro autista mi viene a cercare all’aeroporto con la sua Toyota mini (per motivi di sicurezza meglio non circolare con auto di servizio). Presa la via Babanguida che porta a casa mia, da lontano si vedono le fiamme dei pneumatici che bruciano su strada Charles de Gaulle. Sono i preparativi. Domani è un giorno importante, c’è il voto in Parlamento per la modifica della Costituzione. Ieri, il 28 ottobre, 1 milione di persone è sceso in piazza per dire no al disegno di legge per permettere a Compaoré di cambiare la Costituzione e ripresentarsi per un ennesimo mandato. Com’è andato a finire il voto, è noto: il parlamento viene messo a fuoco nelle prime ore di giovedì 30 ottobre, quindi nessun voto. Anzi, 5 minuti dopo l’attacco al parlamento, il governo ritira il disegno di legge. Troppo tardi. Nessuno può fermare la rabbia di decine di migliaia di burkinabé ‘qui en ont marre’ (ne hanno le tasche piene, ndr). Blaise ha tirato troppo la corda. Il 30 ottobre il popolo burkinabé fa quindi la storia, a 27 anni e 15 giorni dall’assassinio di Thomas Sankara. Noi espatriati ce ne stiamo rintanati a casa, come sollecitato dalle email che arrivano puntuali dall'ambasciata italiana di Abidjan. In realtà, verso le 11.30 - il Parlamento sta bruciando da qualche ora - esco a vedere per strada che atmosfera c'è, la curiosità è troppa. Tutto è tranquillo nel mio quartiere (Wemtenga), ma l’atmosfera è euforica. La gente è in festa. 'Ils ont arrêté François en train de fuire!' (hanno arrestato François mentre cercava di fuggire, ndr) mi dicono i vicini, 'Blaise è in Francia', 'Blaise è in Togo', dicono altri. Non si sa dove sia Blaise, la gente pensa sia fuggito. Visto che la situazione è tranquilla mi ‘avventuro’ per qualche centinaio di metri per arrivare in ufficio, dove mi connetto a internet per avere info in tempo reale e comunicare con l’esterno. Attraverso la nuova strada asfaltata del mio quartiere (Nouveau Goudron) e vedo i motorini passare con i clacson che si sprecano, gente che urla di gioia.. sembra la vincita della coppa del mondo! Nel pomeriggio l'atmosfera cambia, si viene a sapere che Blaise è rintanato al palazzo presidenziale e non vuole dimettersi. -> continua a pagina 9 9 -> segue da pagina 8 Purtroppo delle vite di cittadini burkinabé verranno sacrificate quel giorno, per aver voluto manifestare il loro dissenso fin davanti al Palazzo di Blaise. Io torno a casa e mi metto ad ascoltare Radio Omega, che racconta tutte le fasi della rivoluzione grazie ai corrispondenti sparpagliati in tutti i luoghi ‘caldi’, a Ouaga e nel resto del Paese. L’impressione è che per gran parte del popolo burkinabé sia stata una giornata storica di liberazione, ma a metà, perché l’uomo forte è ‘duro a morire’. L’opposizione chiede a gran voce le sue dimissioni. Blaise ha le ore contate. Il 31 ottobre mi sveglio presto. No rischi inutili, quindi me ne sto chiuso in ufficio. Dopo pranzo arriva l'annuncio ufficiale delle dimissioni di Blaise. A quel punto esco a festeggiare con la gente. Lo so, le indicazioni dell'ambasciata erano di non uscire di casa, ma non ho resistito all'idea di respirare l'atmosfera di questa liberazione. Prendo la moto e faccio un giro per la città. La gente esprimeva gioia all'ennesima potenza. Si vedeva nei loro occhi una certa consapevolezza di aver fatto qualcosa di enorme, di aver fatto la storia. A tratti, a forza di sentire clacson dei motorini suonare e fischietti fischiare, sembrava che il Burkina avesse vinto la coppa del mondo un’altra volta! E questa volta per davvero! Devo ammettere che mi sentivo un po’ così anch'ioB Sensazioni di entusiasmo. Momenti di giustizia sociale vera, applicata. Certo, si rimane sbalorditi quando ci si trova di fronte a un'assemblea legislativa completamente distrutta, ancora fumante dal giorno prima... Peccato poi per alcuni estremismi, come i saccheggi di case di privati (magari collusi con il potere), che non sono mai giustificabili. Quella sera i militari prendono il potere, prima il capo dello stato maggiore Honoré Traoré, poi il numero due della guardia presidenziale Isaac Zida. C’è un po’ di confusione, coprifuoco alle h 19. Giusto il tempo di prendere due bottiglie di vino buono (barbera e nebbiolo portati da Torino) e andare a brindare a casa di amici. Poi subito a casa. Il popolo burkinabé ha cacciato Blaise. Che giornata! Il giorno dopo, 1° novembre, la situazione resta confusa. C’è chi è contento che i militari prendano il potere, chi vorrebbe un rappresentante della società civileB A fine giornata il capo dell’opposizione e il rappresentante della società civile convocano una manifestazione l‘indomani in Piazza della Nazione per protesta contro la presa del potere da parte del colonnello Zida. Il movimento ‘balai citoyen’ non è d’accordo, invita la gente a non andarci. Il 2 novembre decido comunque di andare alla manifestazione insieme a un amico burkinabé. Verso le 10 siamo in piazza della Nazione (ribattezzata della ‘Rivoluzione’). C’è molta gente, anche se meno rispetto al martedì storico del milione di persone. I microfoni sulle gradinate del monumento della rivoluzione del 1983 funzionano male. Non si capisce cosa dica la gente che cerca di parlare con i megafoni. A un certo punto appare la parlamentare Saran Sèrèmè sulle gradinate, ma non si capisce nulla. Poi la gente comincia a muoversi. Tutti cominciano a dire: ‘alla RTB, alla RTB!’. La RTB è la Radio Televisione Burkinabé. C’è chi dice che il colonnello Zida si è dimesso, e che una dichiarazione sarà fatta a breve alla RTB. A quel punto prendo la mia moto e anticipo la massa che si muove a piedi verso la tv. Una fiumana di gente arriva, si crea un cordone per fare entrare alcune auto. Due dichiarazioni vengono fatte alla RTB (che tra l’altro non funziona in quel momento, perché manomessa dai manifestanti due giorni prima), dalla parlamentare Saran Sèrèmè e dal generale Lougé. Dentro il giardino la folla di gente canta l’inno nazionale. C’è euforia, sembrerebbe che il popolo burkinabé abbia portato un altro colpo al regime, accompagnando una civile ad autoproclamarsi presidente. Nel frattempo io devo andare a pranzo con un’amica. E’ un colpo di fortuna. Quasi a malincuore, riprendo la mia moto e me ne vado al Paradisio, ristorante a pochi km dalla RTB. Appena 15 minuti dopo, una telefonata ci avverte che stanno sparando alla RTB. Chiamo il mio amico, mi dice che si è appena messo in salvo, se l’è vista brutta. Zida ha mandato i suoi uomini per disperdere la folla, con spari in aria. Una persona perderà la vita. Poteva andare peggio. Nei giorni successivi la transizione prende corpo. L’Unione Africana ha dato due settimane ai militari per lasciare il potere ai civili, altrimenti la comunità internazionale attuerà ritorsioni. Il budget statale del Burkina è in buona parte sovvenzionato dalla cooperazione internazionale. I militari lo sanno, ma potrebbero non darvi troppo peso. D’altra parte, i rappresentanti dell’opposizione e della società civile sanno che senza un consenso con le forze militari sarà difficile gestire il Paese. A giorni si saprà cosa succederà da un punto di vista istituzionale. Quel che è certo, il popolo burkinabé ha dimostrato di essere maturo e consapevole, sembra improbabile che i nuovi leader abbiano il coraggio di sfidarlo ancora. Rimane il rammarico per i morti di questa rivoluzione, che si sarebbero potuti evitare. Come vari altri, sono sulla coscienza di Blaise Compaoré, il quale pensava che il suo popolo fosse una massa di mouton (pecore) che avrebbe accettato l’ennesima prevaricazione. Invece no, chi è scappato con la coda tra le gambe è proprio lui e il suo entourage. Resta da capire se la sua impunità durerà ancora a lungo. Matteo Cortese Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 Rimane il rammarico per i morti di questa rivoluzione, che si sarebbero potuti evitare. Come vari altri, sono sulla coscienza di Blaise Compaoré, il quale pensava che il suo popolo fosse una massa di mouton (pecore) che avrebbe accettato l’ennesima prevaricazione. Invece no, chi è scappato con la coda tra le gambe è proprio lui e il suo entourage. Resta da capire se la sua impunità durerà ancora a lungo 10 20 anni dopo il genocidio Un convegno del Centro Studi Africani Il Prof. Francesco Remotti ha sottolineato con forza come i genocidi nascano dalle idee che vengono inculcate nella mente delle persone che poi conducono ad azioni inarrestabili. La “costruzione” dei concetti di “razze inferiori e superiori, etnie adatte al comando e altre idonee solo all’obbedienza”, perpetrata dai colonizzatori per decenni e decenni perché funzionale alla garanzia del dominio straniero, può essere una delle spiegazioni dei massacri a cui si arrivò nel ’94 Il Prof. Stefano Allovio, ha evidenziato la pericolosità del “numero 2” all’interno delle dinamiche umane: quando in una società le forze che agiscono sono solo e sempre due, senza altre vie d’uscita, i contrasti durissimi sono inevitabili Tra i pochi che , in Italia, a fine ottobre hanno ricordato il genocidio perpetrato in Rwanda e in Burundi vent’anni fa, possiamo citare il Centro Piemontese Studi Africani che il 29 ottobre ha invitato studenti e cittadini alla visione del documentario “ Rwanda, une republique devenue folle”, girato dal francese Luc De Heusch nel 1996. Due anni dopo il genocidio, il regista ricostruisce cento anni di storia della società ruandese e burundese, pesantemente segnate, condizionate e deformate dalla ideologia coloniale: la colonizzazione tedesca, la tutela belga, il ruolo della Chiesa hanno contribuito a distruggere il ritualismo della organizzazione sociale e politica preesistente. Ritualismo che poteva essere un elemento importantissimo per armonizzare le dinamiche interne alla società e la cui assenza, non compensata da altre strutture, non poteva che esasperare i contrasti. Il documentario ha avuto anche il pregio di presentare rare immagini degli ultimi re del Rwanda , con una ricostruzione storica preziosa. Le immagini a colori invece sono purtroppo quelle del genocidio e del post genocidio, con sequele interminabili di cadaveri ai bordi delle strade, con bambini e donne orrendamente sfigurati da colpi di machete che mostreranno per tutta la vita i segni della folle violenza scoppiata nei paesi dalle mille colline verdi! Al termine della proiezione, negli occhi di tutti i numerosissimi presenti, era inevitabile leggere la domanda: “Perché è potuto accadere un macello simile?” Il dibattito che è seguito alla proiezione ha tentato di fornire alcune piste di riflessione per arrivare a delle spiegazioni plausibili. Il Prof. Francesco Remotti, docente di Etnologia dell’Africa all’università di Torino (che nel 1992 era stato accolto a Gitega dai volontari CISV allora presenti in Burundi, Tiziana e Pippo), riprendendo l’analisi della distruzione culturale, oltre che politica ed economica, provocata dalla colonizzazione, sottolineava con forza come i genocidi abbiano una “matrice “mentale”, cioè come nascano dalle idee che vengono inculcate nella mente delle persone che poi conducono ad azioni inarrestabili. La “costruzione” dei concetti di “razze inferiori e superiori, etnie adatte al comando e altre idonee solo all’obbedienza”, perpetrata dai colonizzatori per decenni e decenni perché funzionale alla garanzia del dominio straniero, può essere una delle spiegazioni dei massacri a cui si arrivò nel ’94. Un concetto analogo è stato ripreso dal Prof. Stefano Allovio, (docente di Antropologia Culturale alla Università di Milano, che si era laureato con una ricerca sui re del Burundi) che evidenziava la pericolosità del “numero 2” all’interno delle Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 dinamiche umane: quando in una società le forze che agiscono sono solo e sempre due, senza altre vie d’uscita, i contrasti durissimi sono inevitabili. Le altre domande che sorgevano spontanee tra i presenti riguardavano il “dopo genocidio”, cioè cosa è accaduto in questi 20 anni, e quale potrà essere il futuro di due paesi così duramente martoriati. Il Console onorario del Rwanda per il Piemonte e la Valle d’Aosta, dr. Luciano Longo, ha presentato un paese pacificato, in ripresa economica, in cui la delinquenza è ridottissima e la sicurezza sociale molto alta, ,con una presenza femminile vicina al 60% nel parlamento e nel governo, con le parole hutu e Tutsi cancellate per sempre! Il dr. Scaglione ( direttore della comunicazione di Action Aid International Italia, ha scritto il libro “Istruzioni per un genocidio. Rwanda: cronache di un massacro evitabile”. Si possono trovare molte informazioni sul genocidio sul sito www.benerwanda.org – Pillole di Daniele Scaglione) guardando la situazione del Rwanda e del Burundi dal punto di vista del diritto internazionale, ha presentato una situazione un po’ meno ottimistica del Console onorario, richiamando le responsabilità delle potenze europee coinvolte nel genocidio e indicando come il “dopo genocidio” in entrambi i paesi, in un certo senso, sia complicato proprio dalla presenza di molti sopravvissuti, grazie alla diffusa solidarietà sotterranea che si manifestò al di là delle barriere etniche. In genere infatti, quando si usa il termine genocidio si vuole indicare la distruzione totale di un popolo, di una etnia, per cui il “dopo” purtroppo non è un problema. Nella regione dei Grandi Laghi invece ai governanti si presenta il complicato compito di gestire i rapporti tra carnefici e vittime sopravvissute, situazioni tutt’altro che facili, anche perché, come evidenziava la prof.ssa Michela Fusaschi, (docente di Antropologia Culturale all’Università di Roma Tre e studiosa del Rwanda) la “memoria” non è mai univoca, la sua ricostruzione e conservazione può assumere aspetti molto diversi tra loro. Significativo che nelle lingue locali non esista nemmeno un vocabolo per indicare quello che noi chiamiamo “genocidio” e quindi possiamo comprendere facilmente come l’etnografia post genocidio proceda con grandi difficoltà. In particolare ha ricordato “l’etnografia del silenzio”, cioè il tentativo di ricostruire la memoria con le donne stuprate. Davanti alla carceri straripanti di arrestati in attesa di processi che avrebbero potuto essere celebrati dopo tempi interminabili, hanno ripreso significato, non senza problemi, gli “abashingantahe”, cioè una specie di tribunali locali, sulle colline, gestiti dai saggi locali, -> continua a pagina 11 11 per ricordare la follia in Rwanda e Burundi -> segue da pagina 10 esistenti da sempre nella prassi burundese e ruandese, per dirimere le questioni locali di minore gravità. Il carnefice e le vittime si presentano, raccontano i fatti come li hanno vissuti loro: a chi ha usato violenza viene comminata una pena adeguata e la vittima vede riconosciuta la sua condizione. Ecco che alcune strutture tradizionali, accettate e riconosciute da tutti perché si basano sulla autorevolezza dei saggi locali, che conoscono usanze e tradizioni centenarie che hanno sempre disciplinato i rapporti sociali, vengono in aiuto per gestire quelle tensioni sociali provocate proprio dalla cancellazione della cultura tradizionale! Gli antropologi hanno evidenziato che gli “abashingantahe” a volte funzionano e a volte no; in molti casi un colpevole, cercando di scagionarsi, ha denunciato altri complici che magari non erano ancora stati individuati, così sono emersi altri assassini da esaminare; parecchie vittime sono state poi fatte sparire perché avevano avuto il coraggio di denunciare i propri violentatori! Davanti ad una realtà così complessa e complicata, relatori e pubblico hanno cercato di individuare strade da percorrere per evitare ulteriori sciagure e segnali di speranza per il futuro,sia dei due Paesi in questione, sia per qualunque altro popolo, in quanto, come ha ricordato il prof. Remotti, i genocidi non riguardano solo l’Africa, ma possono essere in agguato anche nel resto del mondo. Ancora Remotti ha indicato come per il Burundi un problema da risolvere con una certa urgenza sia quello del possesso delle terra, essendo tra i paesi africani con più alta densità umana e con ridotta disponibilità di terra da coltivare: se tale questione non sarà affrontata con equilibrio e lungimiranza, rispettando ancora una volta le modalità e la ritualità con cui un tempo si risolvevano le questioni socio-economiche, potrebbe diventare un motivo di nuovi scontri sanguinosi. La prof.ssa Cecilia Pennacini, docente di Etnografia all’Università di Torino ed esperta del Centro Studi Africani che ha organizzato e coordinato il dibattito, ha messo in rilievo un tema apparso trasversalmente in tutti gli interventi del pomeriggio, ma che può assumere un plus valore nella prospettiva del miglioramento futuro: l’impegno delle donne, di quelle che hanno subito ogni sorta di violenze e che cercano di reagire, di quelle che hanno aiutato altre donne, bambini e vecchi andando oltre ogni barriera etnica, di quelle che non vogliono mandare i propri figli ad uccidere i figli di altre donne! Per Daniele Scaglione un segno di speranza è la assunzione di responsabilità pronunciata dal senatore canadese Roméo Dallaire, Comandante della forza UNAMIR in Rwanda al tempo del genocidio, che, nonostante avesse tentato, inascoltato, di evitare il massacro, incontrando i ruandesi in un evento pubblico organizzato 10 anni dopo il genocidio, si dichiarò responsabile, senza scaricare sui suoi superiori la responsabilità di quegli eventi: c’è da sperare che questa esemplare assunzione di responsabilità personale diventi contagiosa e faccia breccia nelle coscienza di ciascuno di noi perché è la “conditio sine qua non” su cui sarà possibile che non si ripetano più massacri come quelli di vent’anni fa. Rosina Rondelli Anno XV, Numero 2, Novembre 2014 La Prof.ssa Cecilia Pennacini ha messo in rilievo l’impegno delle donne per la pace, di quelle che hanno subito ogni sorta di violenze e che cercano di reagire, di quelle che hanno aiutato altre donne, bambini e vecchi andando oltre ogni barriera etnica, di quelle che non vogliono mandare i propri figli ad uccidere i figli di altre donne! 12 Una finestra aperta sul mondo Burkina Faso: cosa succede dopo la partenza di Blaise Compaoré La riflessione di una cooperante presente sul campo su quanto è accaduto negli ultimi giorni a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, dove da giovedì 30 ottobre la popolazione è in strada per chiedere un cambiamento democratico nella gestione del paese. di Monica Rinaldi Kenya, l’innovazione è una stufa che cova le uova La stufa che cova le uova vince in Kenya il Green Innovation Award (premio per l'innovazione verde). Invitata ad un expò delle Nazioni Unite sarà presentata in Italia in un convegno che avrà luogo in Vaticano il prossimo 4 dicembre. ICT per l’allevamento: in Senegal video ed SMS per tutelare il bestiame Daral Technologies è un progetto innovativo senegalese che nasce dalla necessità di avere una statistica generale nel settore dell’allevamento e dal bisogno di identificare gli allevatori e il loro bestiame, pratica ancora inesistente nel paese. di Elisabetta Demartis Un’arancia tira l’altra fino fino a Parigi Storie dell'associazione “Corto” e di arance che attraversano le Alpi collegando i produttori siciliani, i Gas italiani, i cittadini e le AMAP francesi in un incrocio transalpino tra Gas e commercio equo. di Andrea Saroldi #connectBurundi: costruiamo la mappa partecipativa online Da che mondo è mondo, le mappe aiutano a orientare. Il centre Seruka di Bujumbura in Burundi ha scelto di lanciarsi nel crowdmapping, chiedendo la collaborazione dei cittadini per pianificare nuove strategie d'azione per la presa in carico e la prevenzione delle VBG (violenze basate sul genere). Come sta procedendo il design della mappatura? di Serena Carta Redazione Paolo Martella La cooperazione è cambiata: aggiorna la tua valigia Il 30 ottobre ONG 2.0 e CISV hanno presentato il nuovo sito di ONG 2.0 in un evento in streaming con interventi dal Senegal, dal Burkina Faso, dalla ColomI contributi di informazione, riflessione e bia e dall’Italia. critica, così come foto e disegni, sono sem- Lo sai che in Uganda ci sono più telefoni cellulari che lampadine? E che l’Africa pre graditi. Possono essere lasciati al CISV è il primo continente per pagamenti via mobile, non solo trasferimenti di denaro, o spediti tramite e-mail agli indirizzi: ma anche pagamenti di servizi come elettricità, tasse scolastiche o connessione a internet? Nel 2014 gli abbonamenti mobile hanno raggiunto i 9 miliardi, [email protected] come la popolazione mondiale e quelli fissi i 4 miliardi. Due terzi provengono [email protected] dai paesi in via di sviluppo. Il mondo cambia. E la cooperazione internazionale? Il prossimo numero verrà chiuso in redaGli articoli completi sono sul sito: http://www.volontariperlosviluppo. zione nella 1a settimana di gennaio Anno XV, Numero 2 Novembre