Nel solco di Danilo Dolci

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Nel solco di Danilo Dolci
LA SICILIA
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Ore 18,30•20,30•22,30.
Sala 2: L’evocazione.
Ore 18•20,30•22,30.
Nel solco di Danilo Dolci
Cittadinanza onoraria del Comune di Roccamena
a Lorenzo Barbera, allievo del triestino. Decisiva
l’importante opera di sensibilizzazione del
sociologo svolta negli Anni 60 nella zona, quando
diede inizio alle lotte per la diga Garcia
DINO PATERNOSTRO
Lorenzo Barbera, sociologo, allievo e
collaboratore di Danilo Dolci, arrivò a
Roccamena nel lontano 1960, all’età di
24 anni. E vi rimase fino al 1965, insieme alla moglie, Paola Buzzola, per «sviluppare, in modo organico, la nostra
esperienza di lavoro sociale», come ha
scritto nella prefazione del suo libro
“La diga di Roccamena” (Laterza, Bari
1964). Adesso, a distanza di 48 anni,
l’amministrazione comunale di questo
piccolo comune a 15 chilometri da Corleone, come segno di riconoscenza per
la meritoria opera svolta, ha deciso di
conferirgli la cittadinanza onoraria. A
darne l’annuncio è stato il nuovo sindaco di Roccamena, Giuseppe Bonanno,
nel corso del dibattito pubblico su “Danilo Dolci a Roccamena”, svoltosi la sera dello scorso 24 agosto, nell’ambito
del “Festival del melone”. In effetti, il
pensiero e l’azione di Lorenzo Barbera
e Danilo Dolci sono “legati” insieme a
doppio filo con Roccamena. Fu Barbera,
insieme ai contadini del luogo, ad individuare la necessità di costruire una
digain quel territorio (allora si pensava
in contrada “Bruca”) per dare un nuovo
impulso all’agricoltura. E fu Danilo Dolci a sostenere con la sua presenza carismatica e i suoi “relazioni” col mondo
la lotta affinché i lavori della diga partissero veramente. Danilo arrivò a Roccamena e digiunò in una stanza a pianterreno di piazza Umberto, dal 26 ottobre al 4 novembre del 1963, come era
stato deciso in un’assemblea cittadina
tenuta il 28 agosto. E nove giorni fa – a
distanzadi 50 anni - il figlio di Danilo
Dolci, Amico, e Lorenzo Barbera, entrambi presenti al dibattito, hanno voluto visitare quella che allora diventò
«la stanza del digiuno». In quei giorni il
paese fu “invaso” dai mass media italiani e stranieri, curiosi di vedere cosa
stesse accadendo in questo minuscolo
paesino della Sicilia interna e attirati
dalle tante importanti presenze di personalità della cultura, quali l’attore Vittorio Gassman, lo scrittore Carlo Levi, il
poeta dialettale Ignazio Buttittael’intellettuale inglese Peter Moule, che facevano visita a Dolci, sostenendo la sua
lotta non violenta.
Ma il merito della nuova coscienza
civile che cominciò a nascere a Roccamena era principalmente di Lorenzo
Barbera e del suo paziente lavoro. Allora il paese contava 3.200 abitanti e la
popolazione, composta quasi esclusivamente di contadini, scontava la delusione di una riforma agraria, i cui risultati erano stati molto inferiori alle
aspettative. Tra l’altro, esauritasi la
spinta propulsiva della lotta per la terra, stava prendendo il via quell’emigrazione di massa, che avrebbe spopolato questo e tanti altri paesi della Sicilia. In estate, «gli studenti di Roccamena – ha scritto Barbera - … lasciavano il
letto alle undici e bighellonavano per il
paese fino all’una, quando andavano a
mangiare e tornavano a letto…». Una
noia e un’apatia che sembrava nessuno
potesse scuotere. Piano piano, però, il
paese cominciò a “svegliarsi”. «Dobbiamo vedere di fare qualcosa? », cominciarono a chiedersi i giovani. E nacque il “Comitato cittadino per lo sviluppo di Roccamena”, che culminò il 29
aprile 1962 in un “Convegno per lo sviluppo di Roccamena”. Fu «una tappa –
ha spiegato il sociologo - di un sempre
più largo processo di conoscenza e di
azione estesosi poi a tutta la valle del
Belice e che ha visto contadini, artigiani, operai e studenti unirsi nel tentare
un primo programma di sviluppo della zona». Nacque poi la prima grande
mobilitazione per la diga, conclusasi
con la marcia del 4 novembre 1963,
quando quasi tutta la popolazione di
Roccamena (insieme ad altre 500 persone venute da fuori in segno di solidarietà) marciò verso la montagna, da
dove si poteva vedere la vallata della diga. E fu proprio lì che Ignazio Buttitta
recitò alcune sue poesie in dialetto. La
sera, invece, toccò a Vittorio Gassman
intervenire e recitare altre poesie. A
partecipare alle lotte per la diga «fu
tutta la popolazione, perfino i bottegai
– hanno raccontato alcuni dei protagonisti nel libro di Barbera - e non c’era distinzione di partiti: a portare avanti
questa lotta fummo specialmente gente di sinistra, ma quelli di destra vennero tutti dietro, perché il pane come se lo
deve guadagnare quello di sinistra, se lo
deve guadagnare quello di destra».
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Turbo 2D. Ore 18•20.
L’evocazione. Ore 18•20,20•22,40.
Monsters university 3D.
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Red 2. Ore 18•20,20•22,40.
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ROUGE ET NOIR
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In trance. Ore 18,30•20,30•22,30.
Nella foto centrale un momento del dibattito su “Danilo Dolci a Roccamena”. Da sinistra: la dirigente dell’assessorato alle
risorse agricole Rosaria Barresi ed il sociologo Lorenzo Barbera. Nelle altre foto in alto, da sinistra: manifestanti per la diga nella
piazza di Roccamena; Danilo Dolci; uno scorcio della diga “Garcia-Mario Francese”. Barbera, allievo e collaboratore di Danilo
Dolci, arrivò a Roccamena nel lontano 1960, all’età di 24 anni. E vi rimase fino al 1965, insieme alla moglie, Paola Buzzola
Dall’acqua, l’oro del comprensorio
IL SINDACO BONANNO: «Proviamo a coniugare memoria, agricoltura di qualità e turismo»
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Monsters university.
Ore 18,30•20,45•22,45.
Quel 4 novembre del 1963 nella Roccamena in lotta per la diga arrivò il presidente della Regione siciliana Mario Fasino, che disse alla popolazione: «La
diga si farà…ammenocché non ci sia un dubbio tecnico che non si può fare. Se dovesse succedere una
simile cosa, il denaro deve restare in questa zona».
Lo stesso concetto ribadirono due membri della
Commissione lavori pubblici della Camera, tra cui
l’on. Giovanni Gioia. Comunque, dissero, per cominciare i lavori o, almeno, dare il via all’appalto, ci voleva almeno un anno. E il Comitato di lotta per la diga, guidato da Lorenzo Barbera, decise: «Se fra un
anno non si vedono cose con l’occhi, cominciamo
daccapo la nostra lotta». In effetti, pare che i problemi tecnici vi furono veramente, tant’è che fu deciso di spostare la diga da contrada “Bruca” a contrada “Garcia”. Il tempo necessario, quindi, non fu più
un anno. Le lotte della popolazione di Roccamena
continuarono, ma gli studi preliminari sul nuovo si-
to furono condotti dal 1965 al 1968. Il progetto di
massima fu elaborato nel 1969 ed esaminato dal
consiglio superiore dei lavori pubblici nel 1970. All’appalto alla Lodigiani (inizialmente di poco più di
20 miliardi di lire) si sarebbe arrivati solo nel 1975.
Ma già era iniziata un’altra storia, una brutta storia
segnata dagli inspiegabili ritardi, dalla spesa sempre più gonfiata, dagli espropri d’oro pagati ai proprietari. A “coordinare” il tutto la presenza ingombrante della mafia “corleonese” targata Riina e Provenzano, che avrebbe efficacemente raccontato il
giornalista Mario Francese, proprio per questo assassinato il 26 gennaio 1979. Comunque, adesso la
diga c’è ed è stata intitolata proprio al giornalista assassinato dalla mafia. Ha una capienza di circa 80
milioni di metri cubi di acqua e, con il suo attuale sistema di distribuzione, garantisce l’irrigazione di
circa 1700 ettari di terra. Se andasse in porto il progetto di sollevamento, annunciato dalla Regione, si
potrebbero irrigare altre migliaia di ettari. Tra l’altro, la diga fornisce 900 litri di acqua al ms. per il potabilizzazione di Sambuca di Sicilia, che li distribuisce a tanti comuni dell’agrigentino e del trapanese.
«In effetti – dice l’ing. Salvatore Pirrone, neo-assessore all’urbanistica e ai lavori pubblici – adesso bisognerebbe completare l’opera di Dolci e Barbera
attraverso la realizzazione degli impianti di sollevamento delle acque, per consentire l’irrigazione delle terre a monte di Roccamena e a valle di Corleone.
Infine, occorrerebbe la manutenzione delle rete
viaria attorno alla diga, per consentirne anche un
adeguato uso turistico». Ottimista il sindaco Giuseppe Bonanno, che negli anni ’60 è stato uno degli studenti che collaborava con Lorenzo Barbera: «Come
ha dimostrato il festival del melone bianco, stiamo
riuscendo a coniugare memoria, produzione agricola di qualità e promozione turistica del territorio».
D. P.
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