(Art. 609 nonies. Pene accessorie ed altri effetti

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(Art. 609 nonies. Pene accessorie ed altri effetti
(Art. 609 nonies. Pene accessorie ed altri effetti penali) 1
[1] La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del
codice di procedura penale per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609 bis, 609 ter, 609 quater,
609 quinquies e 609 octies comporta:
1) la perdita della potestà del genitore, quando la qualità di genitore è elemento costitutivo o
circostanza aggravante del reato;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela;
3) la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa.
[2] La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter e 609octies, se commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, 609-quater e
609-quinquies, comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di
ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o
private frequentate prevalentemente da minori.
1 Articolo aggiunto dall'art. 10, L. 15.2.1996, n. 66 e poi così modificato dall'art. 8, L. 6.2.2006, n. 38.
Bibliografia: BELTRANI, Le nuove norme contro la violenza sessuale, Commento sistematico alla
L.15/12/96 n.66, di BELTRANI, MARINO, sub art.110, Milano, 1996; CATALIOTTI, Commento
all'art.609 nonies, Pene accessorie ed altri effetti penali, in I reati contro la persona, (trattato
diretto da) CADOPPI, CANESTRARI, PAPA, vol. Reati contro la libertà sessuale e lo sviluppo
psico-fisico dei minori, Torino, 2006; CERQUETTI, Gli effetti penali della condanna, Padova,
1990; Id., Pene accessorie, in ED, XXXII, Milano, 1982, 819; DE FELICE, Natura e funzioni delle
pene accessorie, Milano, 1988; DIGLIO, Art. 10 l. 15/2/1996, n. 66, in LP, 1996, 482; GIUNTA,
Sospensione condizionale, in Enc. dir., XLIII, Milano, 2004; LARIZZA, Effetti penali della
sentenza di condanna, in Digesto pen., IV, Torino, 1990, 203; NAPPI, I delitti contro la morale
pubblica ed il buon costume, in Codice penale parte speciale Giurisprudenza sistematica di diritto
penale di AA.VV., (diretta da) BRICOLA e ZAGREBELSKI, Torino, 1989; PISA, Le pene
accessorie. Problemi e prospettive, Milano, 1984; PISANI, Il divieto della reformatio in peius nel
processo penale italiano; B. ROMANO, Delitti contro la sfera sessuale della persona, 2ª ed.,
Milano, 2004; VENEZIANI, Art. 10 - L. violenza sessuale, in Commentari delle norme contro la
violenza sessuale e della legge contro la pedofilia, (a cura di) CADOPPI, 3ª ed., Padova, 2002;
VINCIGUERRA, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981, n.689. Infrazione
amministrativa e reato, Padova, 1983.
Sommario: 1. Le differenze fra il 609 nonies ed il previgente art.541 c.p.. – 2. Le singole pene
accessorie e gli “altri effetti penali”.
1. Le differenze fra il 609 nonies ed il previgente art.541 c.p.:
L’articolo in esame ha trovato il suo antecedente nell’abrogato art.541 c.p.: pare dunque
imprescindibile, per una corretta interpretazione dell’art.609 nonies c.p., partire proprio dall’esame
di detta originaria previsione legislativa, del resto quasi identica, sul piano lessicale.
Si riscontrerà allora che molti dei problemi ermeneutici affrontati e risolti in relazione all’articolo
abrogato potranno essere impostati e, ciò che più conta, risolti in modo pressoché identico anche
nella vigenza dell’attuale 609 nonies; o comunque potrà risultarne facilitata la soluzione in
riferimento a quest’ultimo.
L’esame del 541 si svolgerà in questa sede in su una triplice propsettiva: da un lato si esaminerà il
campo di applicazione di detto abrogato articolo, ponendolo a confronto con il vigente 609 nonies,
poi si evidenzieranno i limitatissimi profili sostanziali delle due norme che le distinguono l’una
dall’altra, infine si prenderanno in considerazione gli ulteriori interventi che il Legislatore ha
compiuto dopo l’abrogazione dell’art.541 condizionanti rispetto all’interpretazione del neovigente
609 nonies distanziandolo, più di quanto non faccia la lettera della legge, dal 541.
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Detto che l’art.609 nonies è stato inserito dall’art.10 L.15/2/96 n.66 e che la sua entrata in vigore è
coeva all’abrogazione dell’art.541, si può passare senza ulteriori orpelli al testo originario della
norma da ultimo citata: “Pene accessorie ed altri effetti penali – La condanna per alcuno dei delitti
preveduti in questo titolo importa la perdita della patria potestà o dell’autorità maritale o
l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla cura, quando la qualità di
genitore, di marito, di tutore o di curatore è elemento costitutivo o circostanza aggravante. La
condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli art.519, 521, 530, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537
importa la perdita del diritto agli alimenti e dei diritti successori verso la persona offesa”.
Rispetto alla originaria versione dell’art.541 e prima della sua sostituzione con l’articolo in esame
in questo scritto, sono intervenute alcune modifiche, le une attinenti l’impianto sostanziale della
norma, le altre afferenti il suo campo di applicazione.
Precisamente, gli art.531, 532, 533, 534, 535, 536 del Codice Penale sono stati abrogati dall’art.3
della L.20/2/58 n.75 (avente ad oggetto l’abolizione della regolamentazione della prostituzione),
norma che ha ridisciplinato i reati inerenti alla prostituzione.
Il nuovo testo dell’art.316 c.c., nella formulazione di cui all’art.138 L.151/75, ha conosciuto la
sostituzione della “potestà dei genitori” alla “patria potestà” e l’art.146 della L.689/81 ha poi
disposto la modifica, nel Codice Penale e nelle altre leggi, della stessa espressione originaria in
senso conforme a quella partorita dalla normativa civilistica citata.
Sempre la L.151/75 ha abolito la potestà maritale, incidendo così ulteriormente sul testo dell’art.541
c.p..
Come rivelava il testo della norma, il campo di applicazione dell’art.541 era dunque individuato
dalla stessa previsione legislativa la quale, articolata come detto in due diversi commi, stabiliva che
il primo andasse applicato a tutti i delitti del titolo IX libro secondo del Codice Penale, cioè a tutti i
Delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume, mentre il secondo solo a quelli, pur
ricompresi nel medesimo titolo IX, che fossero espressamente richiamati.
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Circoscrivendo la portata applicativa del primo comma dell’art. 541, però, il Legislatore aggiungeva
un requisito sostanziale dei reati richiamati, quale condizione per innestarvi la disciplina del 541 I
comma, cioè che la qualità di genitore, marito, tutore o curatore fosse elemento costitutivo o
aggravante di quei reati; mentre il secondo comma avrebbe dovuto applicarsi ai reati in esso
elencati del tutto incondizionatamente.
Il “nuovo” art.609 nonies, invece, facendo propria la tecnica del II comma dell’abrogato art.541,
elenca le figure di reato cui va riferito ed applicato, individuandole nel 609 bis (violenza sessuale),
609 ter (circostanze aggravanti del 609 bis), 609 quater (atti sessuali con minorenne), 609
quinquies (corruzione di minorenne) e 609 octies (violenza sessuale di gruppo).
A tal proposito, l’unica particolarità degna di segnalazione, ma foriera, come si vedrà, di problemi
ermeneutici rilevanti, è che, come rivela la mera lettura della rubrica della norma richiamata, è
incluso nell’elenco un articolo (il 609 ter) che disegna non già una fattispecie criminosa, sibbene
delle circostanze aggravanti.
Anche la neovigente norma però, sia pur in relazione ad una soltanto delle pene accessorie previste,
e segnatamente alla “perdita della potestà del genitore”, circoscriveva, quantomeno al momento
della sua entrata in vigore, il proprio campo di applicazione in funzione delle caratteristiche delle
norme incriminatici cui è in astratto riferibile: condizione per l’applicabilità della pena accessoria
era in quest’unico caso che la qualità di genitore fosse elemento costitutivo del reato (e non più,
come nel 541, anche soltanto circostanza aggravante).
Proprio le due segnalate differenze di disciplina fra l’abrogato 541 e il 609 nonies circa il campo di
applicazione delle due norme, consentono alcune prime considerazioni critiche verso la nuova
disciplina: la ricomprensione del 609 ter (circostanze aggravanti) fra i “delitti” (?) cui la norma è
riferibile ed il mancato letterale riferimento della pena accessoria del n.1 del 609 nonies ai reati in
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cui la qualità di genitore sia circostanza aggravante e non elemento costitutivo del reato avrebbero
ingenerato, stando alla lettera della norma vigente, ingiustificate disparità di trattamento1.
Quanto alla perdita della potestà di genitore, infatti, stando alla originaria formulazione dell'articolo
in commento, sembrava che detta sanzione non dovesse trovare applicazione nel caso di violenza
sessuale, di cui al 609 bis c.p., neppure nell’eventualità in cui il crimine fosse aggravato ex art.609
ter comma I n.5 c.p., ma solo nell’ipotesi delittuosa disciplinata e prevista dall’art.609 quater
comma I n.2 c.p.2: infatti il 609 ter, come già sopra sottolineato, per volontà espressa dal
Legislatore anche nella rubrica dell’articolo, elenca una serie di mere aggravanti, fra le quali,
appunto al n.5, quella che ricorre quando la parte offesa “non ha compiuto gli anni sedici della
quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore”, mentre, per contro, il 609
quater (“Atti sessuali con minorenne”) è una norma incriminatrice a più fattispecie.
Anche la giurisprudenza ravvisa, nei casi dell’art.609 quater, ipotesi autonome di reato: v., ad es.:
Cass., Sez.II, 4/12/97, in Codice penale ipertestuale, a cura di RONCO e ARDIZZONE, Torino,
2003), fra le quali appunto, al n.2, quella di chi commetta gli atti sessuali “con persona che, al
momento del fatto… non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il
genitore anche adottivo…”.
La stortura era palese, giacché la pena accessoria de qua sarebbe risultata inapplicabile a fatti di
maggior disvalore rispetto ad altri ai quali invece sarebbe conseguita detta sanzione: la perdita della
potestà di genitore sarebbe derivata ineludibilmente da una condanna del genitore che avesse
compiuto atti sessuali sul figlio minore degli anni sedici consenziente, ma non sarebbe stata
applicata a quello che avesse compiuto atti di violenza sessuale sempre sul figlio minore degli anni
sedici.
1
La critica è stata mossa anche da VENEZIANI, Art.10 – L. violenza sessuale, in Commentari delle norme contro la
violenza sessuale e della legge contro la pedofilia, (a cura di) CADOPPI, 3ª ed., Padova, 2002.
2
Così, anche: DIGLIO, Art.10 l.15/2/96, L.P., 1996, n.3-4, 483.
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L’incongruenza del sistema avrebbe però potuto essere sanata sul piano interpretativo ritenendo3,
che l’abuso di autorità che contraddistingue una delle ipotesi criminose base del 609 bis,
precisamente quella del n.1 del II comma, ricomprendesse la condizione di superiorità che deriva
dal ruolo di genitore; si tratta, in altri termini, di includere nel concetto di autorità non solo quella
pubblica, ma anche quella privata.
Tale interpretazione, è stato brillantemente precisato4, pare la più corretta, atteso, che, “laddove il
legislatore ha voluto limitare soggettivamente l’applicabilità di una norma ai soli pubblici ufficiali e
non ad un qualsiasi privato cittadino, lo ha fatto espressamente nel testo dell’articolo: e, quanto alla
rubrica, essa non è vincolante per l’interprete, e dunque può anche essere imprecisa…; appare
sistematicamente utilizzabile, in rapporto all’articolo in esame, l’art.61 n.11 c.p., che prevede
l’aggravante dell’abuso di autorità o di relazioni domestiche: ed in tal caso è pacifico che si possa
trattare sia di autorità pubblica che privata”5.
Ma, anche favorendo questa soluzione ermeneutica relativa alla violenza sessuale, non si sarebbero
eliminate altre incongruenze, create dallo scarso coordinamento fra la prima parte dell’art.609
nonies (che include il 609 ter)
ed il n.1 della stessa norma, che, limitandone il campo di
applicazione quanto alla perdita della potestà genitoriale, escludeva la pena accessoria per i reati
meramente aggravati dalla qualità di genitore: è il caso della violenza sessuale di gruppo (art.609
octies) aggravato ai sensi del 609 ter.
La prima parte del 609 nonies pareva in tale ipotesi includere la violenza sessuale di gruppo
aggravata dal 609 ter nel campo di applicazione della norma per tutte le pene accessorie e gli effetti
penali elencati, salvo per ciò che concerne il n.1 (perdita della potestà genitoriale), perché la qualità
di genitore non rientra nel reato base: tale lettura della norma, come è stato sottolineato, “urterebbe
contro la dichiarata volontà, che permea tutto l’iter dei lavori preparatori, di irrobustire l’apparato
3
Come ha fatto per esempio VESSICHELLI, Con l’aumento del minimo edittale a cinque anni ora più difficile la
strada per il” patteggiamento”, in G.Dir., 1996, 9, 21 ss.
4
CADOPPI, Commentari delle norme contro la violenza sessuale e della legge contro la pedofilia, (a cura di)
CADOPPI, 3ª ed., Padova, 2002, Commento all’art.3, 57.
5
Di segno contrario l’opinione espressa da RICCIARDI, per il Governo, Seduta Senato, n. 273.
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sanzionatorio in subiecta materia, onde meglio contrastare gravi delitti quali, appunto, la violenza
sessuale e la violenza di gruppo”6.
In realtà, com'è stato evidenziato, questa era “la contraddizione più manifesta dell’articolo de quo:
quanto alla perdita della potestà di genitore, l’avere da un lato incluso le mere aggravanti del 609 ter
fra i crimini che rendono applicabili le pene accessorie e gli effetti penali elencati nei numeri 1, 2 e
3, salvo poi delimitare il campo della applicazione del n.1 (perdita della potestà genitoriale), ai soli
casi in cui la qualità di genitore sia elemento costitutivo del reato...contraddizione tutta intrinseca al
609 nonies: se la perdita della potestà genitoriale consegue ai soli delitti in cui la qualità di genitore
è elemento costitutivo del reato, diviene implicitamente inapplicabile la prima parte dell’articolo
che pareva invece rendere incondizionatamente applicabili pene accessorie ed altri effetti penali
della norma ai reati elencati, comprese le aggravanti del 609 ter7.
Quindi per sanare le contraddizioni del 609 nonies non sarebbe bastato neppure ritenere che la pena
accessoria della perdita della potestà genitoriale si applicasse anche nel caso di condanna aggravato
dalla veste del suo artefice di genitore della vittima, come ritenuto da parte della dottrina8 e come
pure numerose proposte di Legge della XII Legislatura o l’emendamento chiarificatore presentato
nel corso della pubblica seduta del Senato il 14/12/959, avevano vanamente tentato di fare.
Nemmanco si sarebbe potuto ritenere che il 609 ter fosse un elemento costitutivo in rapporto alla
fattispecie aggravata, perché ciò non avrebbe eliminato la basilare distinzione tra elementi
costitutivi del reato e circostanze aggravanti.
L'articolo 8 della legge 38 del 6.2.2006, ha modificato l'articolo, estendendo l'applicabilità delle
pene accessorie e delle ulteriori conseguenze della condanna dalle mere ipotesi di sentenza di
condanna vera e propria a quelle di patteggiamento, modifica generalmente valutata in modo
6
VENEZIANI, Commentari Cadoppi, 263: l'autore, però, ha implicitamente sostenuto che, per ritenere che la pena
accessoria della perdita della potestà genitoriale non consegua al reato di violenza di gruppo, dovrebbe ritenersi
“tamquam non esset…il riferimento all’art.609 ter”.
7
CATALIOTTI, Commento all'art.609 nonies, Pene accessorie ed altri effetti penali, in I reati contro la persona,
(diretto da) CADOPPI, CANESTRARI, PAPA, vol. Reati contro la libertà sessuale e lo sviluppo psico-fisico dei
minori, Torino, 2006.
8
BELTRANI, Le nuove norme contro la violenza sessuale, Commento sistematico alla L.15/12/96 n.66, di
BELTRANI, MARINO, sub art.110, 109; MUSACCHIO, in R.p.,.97, 363.
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positivo10; la perdita della potestà di genitore vi sarà non solo quando detto status sia elemento
costitutivo del reato, ma anche, sempre in virtù della predetta modifica della norma, quando sia
circostanza aggravante del reato.
A tale proposito in giurisprudenza (T. Napoli, 10.6.98) si era appunto sottolineato che limitare
l'applicazione della pena accessoria menzionata ai soli casi in cui la qualità di genitore fosse
elemento costitutivo del crimine avrebbe creato ingiustificate disparità di trattamento rispetto alle
ipotesi, come quella di violenza sessuale di gruppo ai danni di minore degli anni quattordici con
l'aggravante della qualità di genitore, nelle quali tale veste è circostanza aggravante.
Tornando al raffronto fra il previgente art.541 e l’attuale 609 nonies, può essere d’aiuto per una più
corretta esegesi di quest’ultimo esaminare come la dottrina aveva distinto le “pene accessorie”
dagli “altri effetti penali” prima della L.66/96.
Mentre la rubrica di entrambe le norme da ultimo citate usa infatti detta terminologia per
distinguere le due categorie, del resto significativamente diverse sul piano della disciplina, il testo
dei due articoli non offre invece alcun criterio per la inclusione delle singole sanzioni (o effetti) in
essi enumerati nell’una ovvero nell’altra.
E’ opportuno rivolgere allora la nostra attenzione agli interpreti che, in riferimento al 541, avevano
prevalentemente ritenuto che il primo comma prevedesse le pene accessorie ed il secondo gli altri
effetti penali11: pene accessorie sarebbero state, dunque, la perdita della patria potestà (poi divenuta
potestà genitoriale) o della autorità maritale (poi, come detto, eliminata) e l’interdizione perpetua da
qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla cura; per converso, altri effetti penali sarebbero stati la
perdita del diritto agli alimenti e dei diritti successori verso la persona offesa.
Prima di verificare se detta distinzione in categorie possa essere ritenuta valida anche per il 609
nonies, è opportuno riscontrare, sia pur per sommi capi, come le differenze di disciplina fra pene
accessorie ed altri effetti penali si siano accentuate, a causa delle modifiche legislative intervenute
9
Da SCOPELLITI, GARATTI, CONTESTABILE.
B. ROMANO, Delitti contro la sfera sessuale della persona, 2° ed., Milano, 2004, 161.
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in subiecta materia, tanto da indurre parte della Dottrina a rivedere i criteri di inclusione nell’una o
nell’altra categoria.
Se è vero che già secondo la versione originaria del Codice Penale l’amnistia estingue le pene
accessorie ma non gli altri effetti penali (art.151 c.p.) e che l’indulto può ricomprendere le pene
accessorie, ma non gli altri effetti penali, (art.174 c.p.)12, sono soprattutto le modifiche intervenute
con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, segnatamente per ciò che riguarda
l’istituto del patteggiamento, nonché la L.19 del 7/2/90, ad avere marcato più nettamente il
distinguo, sul piano del trattamento.
L’art.445 c.p.p., anche dopo la riforma apportata dalla L.134/03, la quale ha riscritto il primo
comma sostituendolo con i commi 1 e 1-bis, stabilisce che la sentenza emessa ex art.444 c.p.p. “non
comporta…l’applicazione di pene accessorie” (comma 1), pur essendo per ogni altro effetto penale
“equiparata a una pronuncia di condanna” (comma 1-bis), salvo l’effetto estintivo disciplinato dal
comma 2 dello stesso articolo.
L’art.166 c.p., invece, come riformato dall’art.4 L. 19/90, ha cancellato l’indefettibilità che
caratterizzava ab origine le pene accessorie, anch’esse suscettibili oggi di essere condizionalmente
sospese insieme con la pena principale; quanto invece all'automatismo è stato evidenziato13 che esso
caratterizza ancora il 609 nonies.
Proprio queste due modifiche legislative hanno indotto14 a sostenere che si possono qualificare pene
accessorie non solo quelle così denominate espressamente dalla legge, ovvero contenutisticamente
rispondenti a quelle nominate e quelle suscettibili di essere “inosservate” ai sensi dell’art. 389 c.p.,
ma anche quelle per le quali è razionalmente ipotizzabile la sospensione.
11
NAPPI, I delitti contro la morale pubblica ed il buon costume, in Codice penale parte speciale Giurisprudenza
sistematica di diritto penale di AA.VV., (diretta da) BRICOLA e ZAGREBELSKI.
12
Per le altre differenze di disciplina si vedano PISA, Le pene accessorie. Problemi e prospettive, 12 ss. e LARIZZA,
Effetti penali della sentenza di condanna, in Dig. disc. pen., IV, 206 ss.
13
VENEZIANI, Commentari, Cadoppi, 260-261.
14
PADOVANI, Commento sub art.166, in Commentario sistematico del codice penale, di ROMANO, GRASSO e
PADOVANI, vol.III, 166.
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Quanto al 609 nonies, però, sembra proprio che si possa mantenere la classificazione operata sotto
la vigenza dell’art.541.
Infatti, è stato opportunamente osservato da DIGLIO (Art.10, 483-484) che, quanto alle pene
accessorie del 609 nonies, in caso di sospensione condizionale trova applicazione l’art.34 ultimo
comma c.p. (introdotto dall’art.5 L.19/90) che, privilegiando la tutela degli interessi del minore,
dispone che, quando sia concessa la sospensione condizionale della pena, gli atti del procedimento
vengano trasmessi al tribunale dei minorenni che assume i provvedimenti ritenuti più opportuni
nell’interesse del minore; e ad analogo risultato si perviene in caso di patteggiamento, ex art.609
decies c.p..
Già questi due argomenti escludono che l’opportunità ravvisata di estendere la categoria delle pene
accessorie per rendere applicabili le modifiche normative in tema di indefettibilità possa ravvisarsi
in relazione al 609 nonies; inoltre15, se si includessero la perdita del diritto agli alimenti e dei diritti
successori fra le pene accessorie, perderebbe significato la pur non vincolante rubrica dell’articolo.
Detto dunque che la classificazione che la dottrina aveva operato in relazione all’art.541 c.p. rimane
intatta anche per il quasi corrispondente testo dell’art.609 nonies, va per completezza rammentato
come, ben prima dell’entrata in vigore della L.66/96, fosse stato ipotizzato che quelli che il
Legislatore aveva nella rubrica dell’art.541 definito “altri effetti penali”, in realtà fossero “effetti
non penali”16 poiché non incidenti sulla sfera propriamente penalistica.
2. Le singole pene accessorie e gli “altri effetti penali”:
Passando alla trattazione delle singole pene accessorie e dei singoli “effetti penali” di cui alla norma
in oggetto, non può che essere seguito l’ordine dello stesso articolo.
Prendiamo quindi le mosse dalla perdita della potestà di genitore.
15
Come ha notato VENEZIANI, Commentari, Cadoppi, 260.
PANNAIN, Manuale di diritto penale, vol.II, tomo I, 388; li riteneva invece effetti penali MANZINI, Trattato,
vol.VIII, 344.
16
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A detto esame va però premesso nuovamente che l'articolo 8 della legge 38 del 6.2.2006, ha
modificato l'articolo, estendendo l'applicabilità delle pene accessorie e delle ulteriori conseguenze
della condanna dalle mere ipotesi di sentenza di condanna vera e propria a quelle di
patteggiamento, estendendo altresì l’ipotesi di cui al n.1 nel senso già prospettato, nonché il fatto
che anche il secondo coma della norma, che sul piano ermeneutico non necessita di commento, è
stato (opportunamente) introdotto in occasione della riforma testé menzionata.
Quanto, dunque, alla perdita della potestà di genitore, abbiamo già chiarito come, in tal caso,
disciplinato dal n.1 dell’articolo 609 nonies, ci si trovi di fronte ad una pena accessoria, il cui
campo di applicazione era prima della riforma testé citata delimitato rispetto a quello dei numeri 2)
e 3), riguardando le sole ipotesi in cui la qualità di genitore fosse elemento costitutivo del fatto di
reato base, per come descritto in astratto dalla fattispecie incriminatrice.
Sul piano lessicale si può incidentalmente registrare una leggera differenza rispetto al previgente
art.541, rappresentata dall’uso del singolare “genitore”, anziché del plurale “genitori”: il Legislatore
è stato più preciso nel nuovo testo, giacché è fuor di dubbio che la pena accessoria, conseguendo
alla conclamazione della responsabilità penale del reo tramite condanna, che è “personale” ex art.
27 Cost., riguardi soltanto chi ha commesso il reato (il che, ovviamente, non esclude però l’ipotesi,
meramente eventuale, di un concorso nel crimine di entrambi i genitori).
Rimane comunque ad avviso di chi scrive condivisibile l’orientamento giurisprudenziale, formatosi
già durante la vigenza dell’art.541 c.p., secondo il quale la perdita della potestà concerna tutti i figli
minori del soggetto condannato e non soltanto quello oggetto di violenza; questa è infatti
probabilmente la lettura della norma più confacente alla sua ratio (Trib. min. Roma, 20/7/92, in
Dir.fam., 93, 222).
La pena accessoria de qua, come del resto avviene anche per gli altri effetti penali disciplinati
dall’articolo, consegue automaticamente alla sentenza che sia esplicita anche solo nel determinare la
pena principale, per quanto l’effetto sia rimandato al momento del passaggio in giudicato, e proprio
a cagione di questi due aspetti della disciplina, si produce l’ulteriore conseguenza che non opera il
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1
principio del divieto della reformatio in peius17 e la mancata menzione nella pronuncia è sanabile in
sede esecutiva ex art.183 disp.att. c.p.p. con decisione ad hoc del giudice dell’esecuzione su
richiesta del pubblico ministero.
Il discorso, per converso, non muta in relazione alla sospensione condizionale, i cui effetti, come
detto, si producono relativamente alla pena accessoria anche se il giudice ne ha omesso qualunque
riferimento18.
La durata della pena accessoria è perpetua, per quanto la specificazione, contenuta nel n.2
relativamente all’interdizione da ogni ufficio attinente alla tutela ed alla curatela, manchi invece
quanto alla potestà genitoriale, della quale però il Legislatore dispone la “decadenza”, come
espressamente consentito dal I comma dell’art. 34 c.p. e non, come invece nel II comma, la
“sospensione”: l’articolo da ultimo citato risulta ovviamente applicabile, quanto alle restanti sue
disposizioni.
Non possono incorrere nella pena accessoria i minori degli anni 18, giusto il disposto dell’art.98 II
comma c.p..
L’inosservanza della pena accessoria integra il delitto di cui all’art.389 c.p., ma è discusso, e il
problema acquisisce rilievo appunto (e soprattutto) in relazione al combinato disposto di 609 nonies
e 389 c.p., se il genitore perda solo i diritti e le facoltà connesse alla potestà genitoriale, ovvero
anche i doveri, essendo state a tal proposito avanzate soluzioni differenti alla questione: accanto a
chi ritiene che il dovere resti sempre operativo19, e chi che la decadenza non riguardi “i doveri
ineludibili”20, v’è invece chi propugna la tesi contraria21, secondo la quale anche gli obblighi in
capo al genitore verrebbero meno in seguito alla pena accessoria.
17
PISANI, Il divieto della reformatio in peius nel processo penale italiano, 68.
GIUNTA, Sospensione condizionale, in Enc. dir., XLIII, 117-118.
19
M. ROMANO, Commentario, 263.
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DE FELICE, Natura e funzioni delle pene accessorie, 11.
21
VINCIGUERRA, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981, n.689. Infrazione amministrativa e
reato, 411.
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Il n.2 dell’art.609 nonies prevede invece che dalla condanna per alcuno dei delitti elencati nella
prima della norma derivi, ipso facto, “l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela
ed alla curatela”.
Come già evidenziato nel precedente paragrafo, si tratta di una pena accessoria: pertanto, tutto
quanto sopra riportato in ordine alla disciplina dell’ipotesi contemplata dal n.1 della norma in
quanto rientrante in tale categoria, in specie per ciò che concerne l’automatismo, la riforma operata
in materia in punto alla indefettibilità che originariamente caratterizzava questi istituti,
l’inoperatività del divieto della reformatio in peius, le conseguenze penalmente rilevanti della sua
inosservanza ecc., è ovviamente riferibile anche a questa ipotesi disegnata dal n.2.
Qualche argomento ulteriore, rispetto a quelli del primo paragrafo, può essere invece svolto per ciò
che concerne il campo di applicazione di questa previsione: infatti, mentre l’abrogato art.541
delimitava l’interdizione ai casi in cui il soggetto fosse stato condannato ad uno dei reati indicati
dalla norma, ma solo se la qualità di tutore o curatore fosse elemento costitutivo o circostanza
aggravante del crimine, il 609 nonies non prevede alcun filtro.
La mera condanna per uno dei delitti elencati nella parte iniziale dell’articolo, che non sono
comunque più quelli contro la moralità pubblica e il buon costume bensì quelli elencati
specificamente, determina l’applicazione automatica, perpetua e senza margini di discrezionalità
della pena accessoria.
Le reazioni da parte degli interpreti a detto inasprimento, o meglio, allargamento del campo di
applicazione dell’istituto, sono state diverse: accanto a chi ne ha ricavato un’impressione tutto
sommato positiva, giacché stavolta, diversamente dalla perdita della potestà genitoriale, verrebbe
“accentuata quella funzione di stigmatizzazione del reo che le pene accessorie non poche volte
realizzano”22, v’è stato chi, guardando non già alla ratio generale dell’intera categoria delle pene
accessorie, sibbene a quella che avrebbe dovuto caratterizzare questa espressa previsione
legislativa, ne ha denunciato l’impalpabilità se non addirittura la mancanza assoluta, “sia sotto il
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profilo della differente strutturazione della fattispecie condizionante al n.1 ed al n.2 dell’articolo in
commento, sia quanto ai motivi dell’abbandono del modello previgente in punto di presupposti di
applicabilità delle sanzioni de quibus”23.
In apparenza, qualche problema potrebbe derivare dalla parziale sovrapponibilità della previsione
del 609 nonies e del 28 c.p.: quest’ultima norma, infatti, disciplina l’interdizione dai pubblici uffici,
perpetua o temporanea.
Le difficoltà di coordinamento fra le due previsioni, in particolare, discendono dal fatto che il 609
nonies è solo parzialmente riproduttivo del disposto di cui all’art.28 e, per contro, i presupposti per
l’applicazione dell’una o dell’altra norma possono apparentemente coincidere: si tratta in tal caso di
decidere quale fra le tre soluzioni adottabili, applicazione esclusiva dell’una o della altra norma,
ovvero applicazione di entrambe, sia la più corretta.
Il fatto che l’ultimo comma dell’art.28 stabilisca che “la legge determina i casi nei quali
l’interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni di questi”, come appunto avviene con l’art.609
nonies e la stessa natura speciale del 609 nonies fanno propendere per la prevalenza di quest’ultima
norma, da applicarsi quindi in via esclusiva; del resto, identica soluzione veniva adottata sotto la
vigenza dell’abrogato art.541 c.p., che poneva lo stesso problema di coordinamento con il 28 c.p..
Certo, questa lettura potrebbe ingenerare24 “eccezioni di illegittimità costituzionale, non già
dell’art.609 nonies, con tutte le difficoltà notoriamente legate alla problematica della rilevanza delle
questioni di norme di favore, come indubbiamente è quella in commento al di là delle intenzioni del
legislatore, quanto piuttosto per rinnovare taluna delle censure già mosse nei confronti dell’art.28
c.p., per contrasto (oltre che con l’art.27) con l’art.3 della Costituzione”.
Il n.3 dell’art.609 nonies prevede invece, quali “altri effetti penali” della “condanna la perdita del
diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa”.
22
DIGLIO, 484.
VENEZIANI, Commentari, Cadoppi, 267.
24
Come ha evidenziato VENEZIANI, Commentari, Cadoppi, 269.
23
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Si tratta, invero, di una previsione già contenuta nella vecchia normativa, anche se v’era una leggera
differenza lessicale, irrilevante sotto qualsivoglia profilo, di talchè rimane attuale la disputa circa
l’inclusione o meno degli alimenti convenzionali, oltre che quelli legali, nella previsione legislativa.
La ratio della previsione è stata opportunamente individuata ”da un lato nel fatto che si tratta di
diritti che non rinvengono il loro fondamento nella potestà genitoriale, per cui non è sufficiente la
decadenza dalla potestà per farli venire meno; dall’altro, più in generale, nella circostanza che per la
loro operatività non si richiedono particolari rapporti di parentela con la persona offesa”25.
Mentre l’estinzione dell’obbligazione alimentare rappresenta però un effetto atipico non essendo
previsto in via generale ne’ nel codice penale ne’ in quello civile, l’esclusione dalla successione
costituisce invece un’ipotesi di indegnità, ulteriore rispetto a quelle di cui all’art.463 c.c., il che non
esclude che si tratti pur sempre di una “sanzione atipica” da raccordarsi sempre con l’art.463 c.c.,
creando una nuova “inidoneità a succedere”.
In realtà, la questione non è così semplice; infatti, nella materia civilistica si potrebbe ritenere che i
“casi di indegnità” di cui all’art.463 c.c. rappresentino altrettante ipotesi di “incapacità successoria”
oppure essa sia una “causa di esclusione dall’eredità”; e la distinzione non è puramente accademica,
giacchè se si propende per la prima tesi, l’indegnità opera ipso iure, mentre aderendo alla seconda
(prevalente), differentemente dall’incapacità a succedere, sarebbe necessaria l’azione di parte ed
una sentenza costitutiva, di talchè l’esclusione dall’eredità opererebbe officio iudicis.
Trasponendo automaticamente la soluzione in sede penalistica, relativamente alla norma che ci
occupa, perché si verifichi l’effetto prescritto dall’art.609 nonies, sarebbero necessarie ben due
pronunce giurisdizionali, l’una penale, ad acclarare la commissione del reato che comporta l’effetto
normativamente previsto e l’altra civile, ad impulso di parte, volta ad applicare praticamente le
conseguenze pur derivanti dalla prima.
Probabilmente una tal soluzione confliggerebbe drasticamente sia con la ratio dell’istituto previsto
in sede penale, sia con la lettera della norma, che, perentoriamente, sembra sancire l’ “esclusione
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dalla successione” indipendentemente da altre condizioni che non siano quelle indicate dalla norma
stessa.
Del resto, differenze fra la disciplina penalistica dell’indegnità rispetto a quella civilistica si
registrano anche quanto alla riabilitazione, se è vero che solo per i casi disciplinati dall’art.463 c.c.
può applicarsi la riabilitazione dell’indegno civilistica, mentre nel caso del 609 nonies c.p., può
intervenire la riabilitazione prevista dal codice penale; e le differenze possono solo essere appianate
riconoscendo alla parte offesa da uno dei reati del 609 nonies il diritto restitutorio avente ad oggetto
i diritti successori persi dal reo, indipendentemente dall’intervenuta riabilitazione.
Conclusivamente, va segnalato come l’art.3 n.1 lett. b) L.1/12/70 n.898 in tema di scioglimento del
matrimonio, preveda la possibilità di domandarlo in caso di condanna del coniuge per alcuno dei
delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 c.p., norme incriminatici però tutte abrogate senza che
sia intervenuto l’aggiornamento della norma.
Del neovigente secondo comma si è già detto di come esso non abbia allo stato ingenerato problemi
interpretativi.
LIBORIO CATALIOTTI
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