Ccineforum - Cinema Teatro Astra

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Ccineforum - Cinema Teatro Astra
via Roma 3/B
San Giovanni Lupatoto (VR)
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C
presenta
cineforum
A N NO
20
mo
stagione 2011/2012
I FILM VISTI: 1 Nessuno mi può giudicare • 2 The Conspirator • 3 Habemus Papam • 4 C’è chi dice no • 5 Carnage • 6 Terraferma • 7 Niente da dichiarare? • 8 Il debito • 9 Le
donne del 6° piano • 10 Io sono Li • 11 La donna che canta • 12 Il cuore grande delle ragazze • 13 This must be the place • 14 Warrior
15
Midnight in Paris
regia:
interpreti:
Owen Wilson, Rachel
McAdams, Michael Sheen, Nina
Arianda, Kurt Fuller, Tom Hiddleston,
Corey Stoll, Mimi Kennedy, Adrien
Brody, Alison Pill, Marion Cotillard,
Léa Seydoux, Kathy Bates, Carla Bruni,
anno: USA, Spagna, Francia 2011
genere: Commedia
durata: 94'
premi: Golden Globes 2011
Nomination Miglior regia a
Woody Allen, Nomination Miglior
sceneggiatura, Nomination Miglior film
brillante, Nomination Miglior attore in
un film brillante a Owen Wilson
Woody Allen
Febbraio 2012
lun 6 ore20.45
mar 7 ore21.00
merc 8 ore 21.15
G
il (Owen Wilson) è uno sceneggiatore della Hol- franco-americana. Indimenticabili sono Kathy Balywood più industriale, con aspirazioni da vero tes nei panni di una dittatoriale Gertrude Stein e
scrittore sepolte fra la piscina e il campo da golf. Si Adrien Brody in quelli di Salvador Dalì, animatore di
trova in viaggio a Parigi con la fidanzata Inez (Ra- una travolgente riunione di surrealisti. Lo humour
e l'eros sono le forze trainanti
chel McAdams), al seguito di futuri
di un divertimento assoluto.
suoceri molesti. In particolare John
Raffinato viaggio
Tutto talmente scintillante
(Kurt Fuller), il padre della futura
sposa, uomo d'affari reazionario, nel tempo per un film da far quasi dimenticare la
discreta presenza di Carla
ossessivo sostenitore dei repubbli- colmo di speranza.
Bruni nella parte di una guicani dei Tea Party e quindi gravido
di sospetti sulla vena artistoide del promesso gene- da, che per mesi è stato il solo motivo di discussioro. Annoiato dalla compagnia e dal supplemento di ne e gossip intorno al film. Con tutto l'amore anche
pena di un amico di lei, pedante professorino uni- per le opere più cupe e pessimistiche degli ultimi
versitario (Michael Sheen), Gil comincia a vagare anni, bisogna ammettere che si sentiva la mancanza
solo per la città magica, ad annusare suggestioni del dell'Allen più lieve e sfrenato. Se è questo lo stato
passato e inseguire tracce dei propri miti letterari di grazia del settantacinquenne genio newyorkese,
fra una brasserie e un café. Fino a quando per uno c'è soltanto da chiedersi di che cosa sarà capace al
dei tanti corto circuiti spazio temporali di moda nel prossimo film, a partire dal Fellini e dal Monicelli di
cinema, stavolta in chiave grottesca, non si trova Boccaccio '70 e con accanto Roberto Benigni.
Curzio Maltese - La Repubblica
proiettato nella leggendaria Parigi degli anni 20.
Come nella Rosa purpurea il pendolarismo fra mito
e realtà, diventa una macchina surreale di trovate.
il (sceneggiatore hollywoodiano con aspirazioGil si trova a rivaleggiare con il machismo estremo
ni da scrittore) e la sua futura sposa Inez sono
di Ernest Hemingway e di Pablo Picasso per conqui- in vacanza a Parigi con i piuttosto invadenti genitori
stare la conturbante Adriana (Marion Cotillard), di lei.Una sera, a mezzanotte, si troverà catapultato
una «grupie dei geni», si riduce a chiedere consigli nella Parigi degli Anni Venti con tutto il suo fervosentimentali oltre che letterari a Gertrude Stein in re culturale. Farà in modo di prolungare il piacere
persona, a fronteggiare le crisi isteriche di Zelda Fit- degli incontri con Hemingway, Scott Fitzgerald, Pizgerald e persino a suggerire la trama dell'Angelo casso e tutto il milieu culturale del tempo cercando
Sterminatore a un Buñuel che non riesce a capirla.
Di giorno torna alla vita da mediocre di successo e
alla sempre più tediosa pratica turistica in compagnia di fidanzata e ciarliero seguito. Il film è un fuoco d'artificio di battute e di talento sparso a piene
mani, a cominciare da quello di attori meravigliosi
usati per parti anche secondarie. È un divertimento
o un vezzo da sempre per Allen, ma anche questo
portato al felice eccesso. Una sventagliata di Oscar
costella le scorribande di Gil nella Bohème anglo-
G
di fare in modo che il ‘miracolo' si ripeta ogni notte.
Suscitando così i dubbi del futuro suocero. Woody Allen ama Parigi sin dai tempi di Hello Pussycat. Nella
sequenza di apertura fa alla città una dichiarazione
d'amore visiva che ricorda l’ouverture di Manhattan
senza parole. Ma anche qui c'è uno sceneggiatore/
aspirante scrittore in agguato pronto a riempire lo
schermo con il suo male di vivere ben celato dietro
lo sguardo a tratti vitreo di Owen Wilson. Solo Woody
poteva farci ‘sentire' in modo quasi tangibile la profonda verità di un ‘classico' francese che nella parata di personalità che il film ci presenta non compare: Antoine de Saint Exupery. Il quale ne “Il piccolo
principe” fa dire al casellante che nessuno è felice
per dove si trova. Il personaggio letterario verbalizzava il bisogno di cercare sempre nuovi luoghi in cui
ricominciare a vivere. Il Gil alleniano vuole sfuggire
dalla banalità dei nostri giorni ma trova dinanzi a sé
altre persone che esistono in epoche che ai posteri
sembreranno fulgide d'arte e di creazione di senso
ma non altrettanto a chi le vive come presente. [...]
Forse, sembra dirci Woody, è indispensabile uno
sforzo costante per cercare nel presente le ragioni
del vivere e del creare. A Gil Allen concede quella
speranza che invece negava perentoriamente (e con
ragione) a Roy. Ricordandoci che nulla può consentirci di sfuggire a noi stessi e al nostro tempo e che
forse (nonostante tutto) è bene così.
Giancarlo Zappoli - Mymovies.it
16
Il principe
del deserto
regia:
Jean-Jacques Annaud
interpreti:
Tahar Rahim, Antonio
Banderas, Mark Strong, Freida
Pinto, Riz Ahmed, Akin Gazi,
Liya Kebede, Corey Johnson,
Eriq Ebouaney, Jan Uddin, Driss
Roukhe, Ziad Ghaoui
anno: Francia, Italia, Qatar 2011
genere: Drammatico
durata: 130'
Febbraio 2012
lun 13 ore20.45
mar 14 ore21.00
merc15 ore 21.15
”D
a quando ho fatto ‘Sette anni in Tibet’, Hol- corruzione dal suo regno “perché le stelle guida di
lywood continua a propormi sceneggiature un uomo devono essere saggezza e coraggio. E persu giornalisti americani che scoprono un nuovo Pa- ché le cose che valgono di più a questo mondo non
ese. Non ne posso più!”. Questa è la confessione di le si può comprare”.
Jean Jacques Annaud, regista costantemente all’in- Freida Pinto, invece, torna a scatenare la sua cariseguimento di storie epiche che, possibilmente, si ca erotica nei panni della bellissima figlia di Bansvolgono al di là dei confini occidentali. O forse dei deras data in sposa al protagonista. Una specie di
limiti occidentali dal momento che “Nella nostra “Penelope del medio oriente”, in costante attesa
cultura abbiamo esaurito tutte le storie buone da del suo amato. Spettacolo, amore e ricerca storica
romanzata: Annaud crede ancora nel cinema clasraccontare.
Ma ce ne sono altre meravigliose che ci attendono sico di genere, quello dai ritmi lenti e in cui riesce
a spiegare le Sure del Corano come l’ABC in modo
in tutto il resto del mondo”.
La sua ultima fatica s’intitola “Il principe del de- da affilare i toni romantici di questa sua storia
d’amore. “Sono stato molto prudenserto” (in originale “Black Gold”),
te sapendo che avrei rappresentato
un’epopea di emiri belligeranti, Non si compra
visione più onesta possibile della
valorosi combattenti e uomini corciò che ha valore. laciviltà
mediorientale – continua Anrotti dalla febbre per il petrolio. E
naud – Improvvisamente la realtà e
naturalmente fanciulle dagli occhi
sensuali che aspettano il grande amore. C’è proprio la nostra favola cinematografica hanno cominciato
tutto in questa pellicola che inevitabilmente ci ri- a combaciare: sono scoppiate le rivoluzioni dei poporta alla mente “Lawrence D’Arabia”. “A dire la poli mediorientali. Avvenimenti che ci hanno fatto
verità – ci racconta Annaud – sono quindici anni capire quanto alcuni dei valori che raccontiamo in
che non guardo quel film. L’ho evitato. La ragione? questa favola possono ancora essere validi oggi”.
Pierpaolo Festa - Film.it
Sapevo che prima o poi avrei esplorato personalmente quella parte di mondo con la mia macchina
da presa. Non volevo farmi influenzare. A parte il
film di Lean, credo che il cinema abbia occultato
opo diversi anni il famoso regista francese
quella zona del mondo, e questo mi ha spinto ulteJean Jacques Annaud, membro dell’Acadériormente a girare il film”.
mie des beaux- arts, e autore di film importanti
Sullo schermo Antonio Banderas e Mark Strong e famosi come "Sette anni in Tibet", torna dietro
sono due emiri che si fanno battaglia per il con- la macchina da presa spostando il suo sguardo in
trollo della “striscia gialla”, quella terra che gli Arabia, all’inizio del ventesimo secolo, sotto il sole
“avvoltoi americani del Texas” hanno intenzione cocente del deserto, dove tradizione, cultura e relidi invadere a suon di verdoni al fine di mettere le gione si fondono insieme e si scontrano sul campo
mani sui pozzi dell’oro nero. Protagonista è Auda, di battaglia.
lo interpreta Tahar Rahim de “Il profeta”: giovane È una nuova epopea di guerra, un nuovo colossal
e ingenuo principe che imparerà a diventare uomo che ricorda, solo in parte la spettacolarità del grane condottiero valoroso, nel tentativo di scacciare la de cinema d’intrattenimento di Hollywood, perché
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a reggere i fili della storia sono i sentimenti di un
uomo che ama i libri e lo studio, ma si trova improvvisamente a dover prendere parte a una guerra. Da
ragazzo impacciato con la testa sui libri si trasforma in un leader capace di unire popoli, tribù con
tradizioni diverse accomunate dalla stessa fede e
irrobustiti dalla terribile vita nel deserto.
Auda, questo il nome del protagonista, dovrà affrontare però non sono gli uomini e gli intrighi di
potere, lo scontro fra accettazione e rifiuto per una
civiltà diversa, quella occidentale, ma al tempo
stesso dovrà combattere con un nemico ancora più
grande di lui, immenso ed eterno: il deserto.
Il regista Annaud torna dunque a parlare di guerra così, partendo dalla prima guerra mondiale con
"Bianco e nero a colori", passando per la seconda
guerra mondiale e la battaglia di Stalingrado con
"Il nemico alle porte", ora dà voce al Medio Oriente,
e lo fa adattando per il grande schermo il successo
del romanzo "Il Paese delle ombre corte", scritto
dal pilota automobilistico, scrittore, sceneggiatore
ed editore svizzero Hans Ruesch (Napoli 1913- Massagno 2007).
Il film prodotto da Tarak Ben Ammar e dal Doha
Film Institute del Quatar ricorda film che hanno
fatto la storia del cinema, in primis "Lawrence
D’Arabia" di David Lean o ad alcuni di Sergio Leone, come ambientazione e atmosfere.
È un film antico e al tempo stesso moderno, che
cattura lo spettatore attraverso pochi semplici elementi come il deserto spazzato dai forti venti, la
sete, la schiavitù, il desiderio di libertà e di speranza che alberga in ognuno, il sentimento della fratellanza. Attraverso Auda vengono messi a confronto
due mondi e due culture diverse, quella Occidentale e quella Orientale, la tradizione si scontra con la
modernità, l’amore per la famiglia e la speranza di
benessere sono gli elementi cardine e i perni su cui
ruota questa pellicola cruda, ma al tempo stesso
romantica.
Bellissime le scene di guerra, dal ritmo decisamente sostenuto che spezzano in parte il ritmo
lento e costante della pellicola che sembra voler
riecheggiare l’inesorabile e ineluttabile vita/morte
del deserto.
Eccezionali gli interpreti, in primis proprio Tahar
Rahim nel ruolo di Auda e già protagonista di "Un
profeta", cui si affianca un convincente Antonio
Banderas nel ruolo del sultano Nesib che sogna per
il suo popolo un destino migliore della morte per
fame e malattia. Interessante come interpretazione è quella di Mark Strong, nel ruolo del sultano
Amar che governa e regola la sua vita così come il
suo regno in attesa dell’abbraccio di Allah, e infine l’affascinante Freida Pinto, già protagonista di
"The Millionaire", nel ruolo della principessa Leyla,
figlia di Nesib e moglie di Auda.
Federica Di Bartolo - FilmUp.com
17
Scialla!
(Stai sereno)
regia:
interpreti:
Fabrizio Bentivoglio,
Barbora Bobulova, Filippo
Scicchitano, Giuseppe Guarino,
Prince Manujibeya,Arianna
Scommegna, Giacomo Ceccarelli,
Raffaella Lebboroni, Vinicio
Marchioni
anno: Italia 2011
genere: Commedia
durata: 95'
premi: Venezia Mostra
Internazionale d'Arte
Cinematografica 2011 Miglior
Film Controcampo Italiano
Francesco Bruni
Febbraio 2012
lun 20 ore20.45
mar 21 ore21.00
merc22 ore 21.15
S
nell’alimentazione e nelle frequentazioni pericolo- uno svogliato tran-tran di ripetizioni a domicilio
se, che rischiano di metterlo nei guai. Lo sgarbo al a studenti altrettanto svogliati, fra i quali spicca
boss del quartiere compiuto con gli amici potrebbe il quindicenne Luca, ignorante come gli altri, ma
essere un errore fatale, se non fosse per un piccolo vitale ed irriverente. Un bel giorno la madre del racolpo di genio della scrittura che consente il ribal- gazzo si fa viva, come un fantasma dal passato, con
tamento delle prospettive.
una rivelazione che butta all’aria la vita di Bruno:
Potrebbe sembrare scontato dire che uno dei pre- Luca è suo figlio, un figlio di cui ignorava l’esistengi maggiori di Scialla!, vincitore del Controcampo za. Non solo: la donna è in procinto di partire per
veneziano, è una sceneggiatura brillante ed esatta- un lavoro di sei mesi da cooperante in Africa, e il
mente calibrata, visto che l’autore, Francesco Bru- ragazzo non può e non vuole certo seguirla laggiù.
ni, qui al suo debutto dietro la macchina da presa, è La donna chiede a Bruno di ospitare a casa sua il
uno sceneggiatore affermato, soprattutto per il suo ragazzo, e di prendersi cura di lui, ma senza rivelarlavoro con Paolo Virzì. Ma quello che è importante gli la sua vera identità.
è che Bruni lascia affiorare con molta naturalezza Inizia così la vicenda del film di un ottimo scenegdai meccanismi oliati della commedia temi molto giatore che un produttore illuminato come Beppe
seri, come l’importanza
Baschetto ha finalmendella cultura per essere I tormenti di un adolescente
te fatto alzare dalla sepadroni della propria vita 'vero', raccontati con saggezza, dia collocata davanti al
(e in caso di necessità
computer per metterlo
senza prediche né volgarità.
salvarsela), la dignità del
al comando di quella
lavoro su qualsiasi altra
ciurma (che immagiscappatoia veloce per la ricchezza: concetti che niamo divertente e divertita) che ha realizzato un
oggi sembrano rivoluzionari. Con la sua assenza di film che trova una sua collocazione originale nel
smania di successo, il suo amore per i lirici greci panorama del cinema italiano contemporaneo. Pere Pasolini, Bruno diventa allora un eroe dei nostri ché Francesco Bruni non vuole proporci l’ennesitempi, capace di rifiutare le avances di una donna ma commedia generazionale, non vuole spacciarci
se sono volgari, di vincere con gentilezza sulla ma- volgarità a buon mercato ma nemmeno propinarci
leducazione e l’ignoranza.
un’opera prima ‘autoriale’. Vuole qualcosa di più
Barbara Corsi - Vivilcinema e di diverso. Ci vuole innanzitutto ricordare che
una sceneggiatura che funzioni ha bisogno di un
runo Beltrame ha tirato i remi in barca, e da costante ancoramento alla realtà. Bruni racconta
un bel po’. Del suo antico talento di scrittore un adolescente ‘vero’ non un ragazzo immaginato
è rimasto quel poco che gli basta per scrivere su al chiuso di una stanza e poi riversato sulla tastiera
commissione “i libri degli altri”, le biografie di cal- di un iPad. Così come nell’inedia di Beltrame ritrae
ciatori e personaggi della televisione (attualmen- una parte di questa nostra società italiana che si
te sta scrivendo quella di Tina, famosa pornostar è ormai ritratta, per perdita di fiducia anche nelle
slovacca divenuta produttrice di film hard); la sua proprie capacità, dall’interazione.
passione per l’insegnamento ha lasciato il posto a L’incontro tra Bruno e Luca cambia tutti e due ma
senza che sia necessario spingere sull’acceleratore della commozione che la relazione padre non
conosciuto/figlio avrebbe potuto suggerire. Molto
più semplicemente ed efficacemente Scialla! ci
dimostra e dimostra che anche l’adolescente più
recalcitrante e apparentemente impermeabile a
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ogni stimolo che vada al di là dei bisogni primari
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è alla ricerca (molto spesso inconsapevole) di una
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guida. Nel film non c’è mai un momento in cui si
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possa individuare il benché minimo sentore di un
atteggiamento predicatorio. Eppure riesce a ricordarci quanto famiglia e scuola debbano trovare una
convergenza d’intenti che abbia al centro i ragazzi. Sempre più difficili da comprendere ma forse
Presentando la tessera del Cineforum
proprio per questo più bisognosi di sostegno. Lo fa
sconto del 10%
con il romanesco brillante di Luca e con il veneto (meglio ancora:il padovano) sornione di Bruno.
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CIALLA! è un termine gergale diffuso fra gli
adolescenti romani per dire “stai sereno”,
“tranquillo, non ti agitare”. Lo ripete spesso Luca,
quindicenne figlio di madre single, svogliatissimo a
scuola e impermeabile a qualsiasi regola di buona
educazione, interpretato dal simpaticissimo esordiente Filippo Scicchitano. Luca prende inutili
ripetizioni da Bruno (Fabrizio Bentivoglio), cinquantenne ex professore e autore di un solo libro
di successo, costretto per campare a fare da ghost
writer per le “auto” biografie di calciatori o personaggi dello spettacolo, come quella della pornostar
Tina (Barbora Bobulova).
Una sera la madre di Luca rivela a Bruno che il
ragazzo è suo figlio, frutto di una fugace relazione
giovanile di cui lui si era perfino dimenticato. Marina, che deve partire per un progetto di lavoro in
Africa, gli chiede di prendersi cura di Luca in sua
assenza, senza rivelare al ragazzo la sua vera identità paterna. Inizia così una strampalata e difficile
convivenza fra un padre che deve imparare da zero,
e un figlio che non conosce l’autorità ma ne ha un
disperato bisogno.
Nei panni di Bruno, Fabrizio Bentivoglio affina
quella maschera di perdente che ha già indossato
in film come La lingua del santo, diventando sempre più bravo, sottile e sornione in quelle parti di
commedia che si tengono in equilibrio fra disincanto e ironia.
Bruno ha preso atto, molto onestamente, di essere
uno scrittore mediocre e trascina la sua vita dal bar
all’angolo a casa sua, apatico e trasandato, senza
neanche togliersi la forfora dal maglione. L’irruzione di Luca nella sua quotidianità è un elemento di disturbo che però lo costringe a confrontarsi
con un sentimento a lui sconosciuto. Non si tratta
però solo di introspezione, perché Luca ha bisogno
di essere seguito e corretto in tutto, nello studio,
B
Le Idi di marzo
regia:
George Clooney
interpreti:
18
Ryan Gosling, George
Clooney, Philip Seymour Hoffman, Paul
Giamatti, Marisa Tomei, Evan Rachel
Wood, Max Minghella, Jeffrey Wright
anno: USA 2011
genere: Drammatico
durata: 101'
premi: Golden Globes 2011
Nomination Miglior regia a George
Clooney, Nomination Miglior
sceneggiatura, Nomination Miglior film
drammatico, Nomination Miglior attore
in un film drammatico a Ryan Gosling
Febbraio 2012
lun 27 ore20.45
mar 28 ore21.00
merc29 ore 21.15
L
e idi di Marzo. Un evento tragico, tra i più co- te Tom Duffy (Paul Giamatti), coordinatore per il
nosciuti dell'antica Roma. Un evento che van- candidato concorrente, e dell'insidiosa giornalista
ta, a ben vedere, più di un significato simbolico, e d'assalto Ida Horowicz (Marisa Tomei), insidieranche spinge alla riflessione sulle insidie del potere no però nel ragazzo il dubbio di cosa sia giusto e
e sui limiti del 'buon governo'. In un periodo di sbagliato, lecito o sleale, quando si fa politica ad
grave crisi economica, segnato da un repentino alti livelli. Decisivo sarà però il passaggio, nella sua
crollo dei valori -un tempo- comuni e della fiducia vita, di una giovane e bella stagista, Molly (Evan
nelle istituzioni, il cinema più di una volta ha fatto Rachel Wood), che ribalterà molte delle sue confuoriuscire una voce dal coro in favore di un riesa- vinzioni...
me del cosiddetto 'potere costituito', legislativo o Originariamente tratto dall'opera teatrale Farraamministrativo che sia. Ora ci prova anche George gut North, Le idi di Marzo oltrepassa il confine tra
Clooney a dire la sua, con un progetto pensato a teatro e cinema presentando, semplicemente, una
grande storia con dei grandi attori.
lungo e che ha atteso il momento
adatto per divenire realtà: The Un lucido romanzo In poche parole, un notevole esempio di buon cinema. Un cinema
ides of March.
di formazione
fatto di grandi interpretazioni atIl titolo si rifà, per l'appunto, alla
lontano da
toriali, di idee e tematiche attuali
disgraziata congiura che pose fine
ed interessanti, di un approccio,
alla vita di Gaio Giulio Cesare, il implicazioni
in sostanza, intelligente al me14 marzo del 44 a.C., da parte di qualunquiste.
dium cinematografico, che intriga
Bruto e Cassio. Un titolo, naturalmente, dalla valenza simbolica, e che trova, in un lo spettatore ma non si accontenta di imboccare
perfetto gioco di specchi, più di una collocazione un'idea o una visione in particolare.
L'ambiguità di fondo dei suoi personaggi è ben resa
all'interno della trama del film.
Film presentato in anteprima, e come pellicola di e assolutamente funzionale alla storia, e il finale
apertura, alla 68esima Mostra Internazionale d'Ar- aperto ad interpretazioni di varia natura è semplite Cinematografica di Venezia. Si avvicinano le pre- cemente un tocco di classe che arricchisce ultesidenziali, e il Governatore Mike Morris (George riormente l'opera, che non si perde sul finale come
Clooney), integerrimo e progressista candidato de- purtroppo capita spesso a pellicole del genere.
mocratico, si prepara agli atti decisivi della spieta- La sceneggiatura e la regia di Clooney non si perdota campagna elettorale. Nel suo staff ha un uomo di no in verbosità fini a sé stesse ma anzi si limitano
grande esperienza, Paul Zara (Philip Seymour Hof- all'essenziale, fornendo tuttavia spesso molto più
fman) in grado di coordinare il tutto perfettamen- informazioni di quanto potrebbe sembrare a prima
te (e alla larga da intrighi e scandali che possano vista, grazie soprattutto al lavoro di un cast in gran
rovinarne l'immagine) e un ambizioso ed idealista spolvero, su cui tutti spicca Gosling, che sembra
giovane organizzatore dell'ufficio stampa, Stephen oramai destinato ad una sicura carriera. Ottimi
Meyers (Ryan Gosling). Stephen ha fiducia nel suo tutti, ad ogni modo, da Giamatti a Hoffman, e intecandidato, così come ha fiducia in un certo percor- ressante l'apporto di Clooney, che appare su scherso politico ed idealista. L'intervento dell'intrigan- mo molto meno del previsto, ma ogni occasione è
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San Giovanni Lupatoto (VR)
decisiva. Ambiguità, seduzione, perdita di valori: il
gioco politico si confonde coi giochi di potere, le
certezze crollano, gli amici si trasformano in nemici. Clooney torna alla regia dopo quattro anni, con
un dramma morale sull'importanza della lealtà e
dei valori e sulla facilità di perderli sulla strada del
compromesso.
Un'opera completa, intelligente, ben scritta e ancor meglio recitata. E che, nonostante il contesto
politico americano alieno alla maggior parte del
pubblico nostrano, si fa ben intendere da tutti. Perché non importa se si è Repubblicani o Democratici, ma solo in cosa si crede veramente.
Marco Lucio Papaleo - Everyeye.it
G
eorge Clooney sceglie, come noto, di ambientare la sua cinica, sconsolata e pessimista ricognizione sul mondo della politica statunitense in
campo amico, tra le fila del partito democratico a
cui il divo, noto liberal, è collegato; tra le fila del
partito un fuoco incrociato di tradimenti, vendette,
segreti, arrivismi e ricatti non risparmia nessuno,
stabilendo un confine tra bene e male molto labile.
Quest’ultimo punto, la convivenza tra “giusto” e
“sbagliato” e il loro legame che appare inestricabile, è il motivo per cui il film non cade nel pamphlet
qualunquista [...]. Ad un certo punto il protagonista, dipinto da molti commentatori come giovane
idealista [...], al momento di ricattare il senatore
afferma: “Così possiamo fare quello che abbiamo
sempre sognato”. Frase significativa che nasconde
l’inquietante significato secondo il quale in democrazia, se si vuole ottenere qualcosa di buono, è
necessario giocare nel torbido e sporcarsi le mani.
È questa la sconsolata considerazione che è alla
base del film: se si vuole vincere, e perciò ottenere
quello a cui credi, bisogna scendere, sottostare ai
ricatti e ricattare a tua volta, distruggere la carriera di chi stimi o di chi è stato il tuo maestro. [...]
Tutto questo avviene dietro le quinte, non solo in
senso metaforico, visto che numerose scene e dialoghi chiave avvengono dietro il palco dove si tiene
il comizio, nei retroscena di uno studio televisivo o
nelle cucine di un ristorante chiuso. [...]
Clooney gestisce tutto questo dimostrando consapevolezza stilistica e talento anche dietro la macchina da presa: un cinema robusto e classico ma
aggiornato alle esigenze e allo spirito dei tempi,
che gioca con il già detto e visto aggiungendo sfumature che rendono l’opera attuale. L’ottimo uso
dell’illuminazione a livello metaforico e il gioco dei
primi piani sono le firme registiche più evidenti in
un film che molto si basa sui dialoghi e sulle prove
degli interpreti: ottimi sia Ryan Gosling che Clooney, ma il vincitore è Philip Seymour Hoffman nella
parte del capo dello staff del governatore.
Edoardo Peretti - Mediacritica.it