wto e agricoltura prima e dopo la conferenza di cancun
Transcript
wto e agricoltura prima e dopo la conferenza di cancun
FORUM INTERNAZIONALE DELL’A GRICOLTURA E DELL’A LIMENTAZIONE WTO E AGRICOLTURA PRIMA E DOPO LA CONFERENZA DI CANCUN A cura di Fabrizio De Filippis e Luca Salvatici QUADERNO N. 3 OTTOBRE 2003 FORUM INTERNAZIONALE DELL’AGRICOLTURA E DELL’ALIMENTAZIONE COLLANA “QUADERNI” Comitato editoriale Fabrizio De Filippis coordinatore scientifico Andrea Fugaro Irene Mercadante Luca Salvatici Pietro Sandali Fiorenza Spalatro Andrea Stoppa Via del Tritone 46 - 00187 Roma tel. 06 696231 - e-mail: [email protected] PRESENTAZIONE Il terzo fascicolo della serie dei “quaderni” del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione è dedicato ai negoziati commerciali della World Trade Organization (Wto), con particolare riferimento alla questione agricola. L’occasione è data dalla V Conferenza ministeriale della Wto, tenutasi a Cancun dal 10 al 14 settembre 2003, che doveva portare avanti l’ambiziosa agenda negoziale varata a Doha nel 2001. La Conferenza di Cancun, dove la novità principale è stata il protagonismo dei Paesi in via di sviluppo e la loro capacità di fare fronte comune, si è conclusa senza alcun accordo: un esito che i più ottimisti definiscono una semplice battuta d’arresto di un percorso comunque destinato ad essere giudicato nel lungo periodo, ma che molti non esitano ad etichettare come un vero e proprio fallimento, che rischia di indebolire la Wto come sede multilaterale di governo delle relazioni internazionali. Obiettivo del quaderno è di offrire uno strumento di riflessione e di documentazione su un tema molto dibattuto sul terreno politico, ma piuttosto complicato sul piano tecnico; un tema sul quale circola un’informazione relativamente abbondante ma spesso filtrata e distorta dai molteplici interessi in gioco, e non sempre facilmente e correttamente fruibile dal vasto pubblico dei non addetti ai lavori. Data l’ampiezza e la complessità dei temi affrontati, il quaderno non ha l’ambizione di coprire in dettaglio tutte le questioni incluse nell’agenda dei negoziati multilaterali. Si è quindi posta una particolare enfasi sui problemi del settore agricolo, ma gli altri temi, seppure in maniera sintetica, sono comunque discussi, poiché l’evoluzione del negoziato agricolo non può essere compresa al di fuori degli sviluppi complessivi del sistema di regole multilaterali gestito dalla Wto. Il quaderno si articola in sei capitoli. I primi tre, di taglio più generale, sono dedicati, rispettivamente, a descrivere la natura e le funzioni della Wto (cap. 1); a richiamare e discutere i risultati del precedente negoziato in cui si decise la sua nascita, vale a dire l’Uruguay round del Gatt che si è concluso nel 1994 (cap. 2); a ripercorrere le tormentate vicende successive della Wto fino al lancio della Development agenda, avvenuto nella Conferenza di Doha del 2001 (cap. 3). Il cap. 4 è dedicato all’agricoltura, e in particolare all’evoluzione del nuovo negoziato agricolo partito nel 2000, alla discussione dei numerosi temi in cui esso si articola e all’analisi delle posizioni dei principali attori, fino alla vigilia della Conferenza di Cancun. Il cap. 5 sintetizza gli sviluppi, nello stesso arco temporale, degli altri temi negoziali, con particolare attenzione all’Accordo sulla disciplina dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (Trips). Il cap. 6 racconta e interpreta quello che è accaduto a Cancun, proponendo qualche spunto di riflessione sul comportamento dei diversi attori e sulle prospettive future dei negoziati. A completare il quadro, il quaderno ospita la sintesi di un Forum organizzato il 23 settembre dalla Coldiretti, subito dopo la Conferenza di Cancun, nel quale un gruppo di autorevoli studiosi e policy makers ha discusso “a caldo” sull’esito della conferenza stessa. Infine, a beneficio di chi si accosta per la prima volta alla materia del commercio internazionale e dei negoziati multilaterali, si offrono un glossario dei termini di gergo utilizzati dagli addetti ai lavori e una guida alla navigazione tra i principali siti web che si occupano dei temi trattati. Il quaderno è stato progettato e curato da Fabrizio De Filippis e Luca Salvatici, che si sono avvalsi della preziosa collaborazione di Irene Mercadante e Andrea Stoppa per il lavoro di coordinamento editoriale, ma materialmente è il frutto dello sforzo corale di un gruppo più ampio, in larga parte coincidente con il comitato editoriale della collana dei quaderni del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione. In tale gruppo hanno lavorato (redigendo le parti che sono indicate in parentesi): Fabrizio De Filippis (parr. 1, 2, 4 e 6 del cap. 4; parr. 2 e 3 del cap. 6); Marco Foschini (par. 3 del cap. 3; par. 5 del cap. 4; Siti web); Andrea Fugaro (par. 4 del cap. 2 e par. 1 del cap. 5); Luca Salvatici (par. 3 del cap. 4; par. 2 del cap. 5 e parr. 1 e 4 del cap. 6); Fiorenza Spalatro (cap. 1 e cap. 2; Glossario); Andrea Stoppa (parr. 1 e 2 del cap. 3). Il coordinatore scientifico Fabrizio De Filippis SOMMARIO CAPITOLO 1 Dal Gatt alla Wto 1. Il Gatt 2. L’agricoltura nel Gatt 3. La Wto pag. ” ” ” 7 7 11 16 ” ” ” ” ” 31 31 32 48 56 ” ” 61 61 ” ” 64 67 ” 71 ” ” ” ” ” ” 83 83 85 90 106 112 CAPITOLO 2 L’Uruguay round 1. Introduzione 2. Gli accordi sottoscritti 3. L’Accordo sull’agricoltura 4. Le principali dispute in materia agricola CAPITOLO 3 Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda 1. Il percorso della Conferenza ministeriale Wto 2. La quarta sessione della Conferenza ministeriale e la Doha Development Agenda 3. Il nuovo ruolo della società civile APPENDICE Dichiarazione ministeriale di Doha CAPITOLO 4 Il negoziato agricolo (2000-2003) 1. Introduzione 2. Le principali tappe del nuovo negoziato agricolo 3. I temi negoziali 4. Le posizioni iniziali dei principali attori 5. La rappresentanza della società civile 6. Gli sviluppi del negoziato alla vigilia della Conferenza di Cancun pag. 116 ” 120 ” ” ” 125 125 128 ” ” ” ” ” 133 133 136 144 147 I negoziati Wto dopo Cancun ” 151 Glossario ” 175 Siti web ” 187 Riferimenti bibliografici ” 195 APPENDICE L’agricoltura nel documento di Perez del Castillo CAPITOLO 5 L’accordo Trips e gli altri temi negoziali 1. L’accordo Trips 2. Gli altri temi affrontati a Cancun CAPITOLO 6 La Conferenza di Cancun 1. Cosa è successo 2. Vincitori e vinti 3. La questione agricola 4. Le prospettive dopo Cancun FORUM CAPITOLO 1 Dal Gatt alla Wto 1. IL GATT 1 L’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, Wto) è dal 1° gennaio 1995 l’organizzazione internazionale che definisce e controlla gli accordi e le norme che regolano il commercio fra le nazioni. La Wto nasce come continuazione e ampliamento dell’Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (General Agreement on Tariffs and Trade, Gatt), a cui vengono affiancati due ulteriori accordi commerciali: l’Accordo generale sul commercio dei servizi (General Agreement on Trade in Services, Gats), e l’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trade Related Aspects on Intellectual Property Rights, Trips). La Wto riunisce i tre accordi generali sotto un unico ombrello istituzionale che, a differenza di quanto accadeva in passato con il Gatt, non opera solo in occasione dei negoziati ma è una struttura permanente, dotata di propri organi di gestione e di un efficace meccanismo di soluzione delle dispute. I trattati Wto forniscono le regole fondamentali che governano il commercio internazionale di merci tra i paesi maggiormente interessati agli scambi internazionali. Essi sono assimilabili a dei contratti che vincolano i paesi a mantenere le proprie politiche commerciali (e non solo) entro limiti concordati. All’indomani del secondo conflitto mondiale, la sede istituzionale preposta a trattare i problemi relativi agli scambi commerciali avrebbe dovuto essere l’Organizzazione internazionale per il commercio (International Trade Organization, Ito) ovvero il terzo pilastro dell’ordine economico internazionale previsto dagli accordi di Bretton Woods, a fianco del Fondo Monetario Internazionale (International Monetary Fund, Imf) e della Banca Mondiale (World Bank). (1) Questo paragrafo e il successivo si basano su Salvatici 1990 e 1996. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 7 Per quanto riguarda l’Ito, tuttavia, non si andò oltre la stesura di uno statuto (Carta dell’Avana - 1948), dal momento che gli Usa, nazione economicamente e politicamente egemone, rifiutarono di ratificare la propria adesione, determinandone in pratica il fallimento 2. Già prima che lo statuto Ito venisse definitivamente approvato, 23 dei 50 paesi promotori decisero di porre in essere dei negoziati per cominciare a ridurre le tariffe doganali 3. Il pacchetto combinato di regolamenti commerciali e concessioni tariffarie venne siglato a Ginevra nel 1947 come Gatt. L’accordo entrò in vigore rapidamente in virtù di un Protocollo di applicazione provvisoria ma, a differenza dei trattati commerciali convenzionali, non fu prevista alcuna data di scadenza ben determinata, probabilmente perché si riteneva comunque imminente l’adozione di una regolamentazione più complessiva nell’ambito dell’Ito. Il Protocollo di applicazione, per facilitare l’adesione da parte dei parlamenti nazionali, prevedeva la possibilità di mantenere eventuali politiche già in vigore al momento della stipula dell’accordo, anche se si fossero rivelate incoerenti con i nuovi impegni sottoscritti (grandfather clause). Il Gatt non fu pensato come un organismo dotato di personalità giuridica, capace di esprimere una volontà sovranazionale e di svolgere azioni che impegnassero tutti i paesi membri. Piuttosto, il Gatt venne creato con l’intenzione di predisporre uno strumento contrattuale provvisorio, nell’attesa della definizione di una disciplina del commercio internazionale più complessiva. Di fatto, tuttavia, la mancata realizzazione dell’Ito non solo tolse al Gatt il suo carattere di provvisorietà, ma, soprattutto, fece sì che esso si trovò a svolgere un ruolo paragonabile a quello di una vera e propria organizzazione internazionale. Questa progressiva istituzionalizzazione del Gatt venne facilitata dall’esistenza di una seppur minima struttura organizzativa, composta dal Segretariato generale, dall’Assemblea delle parti contraenti e, a partire dal 1960, da un Consiglio dei rappresentanti. Nell’ambito di tali organi erano previsti vari meccanismi decisionali, che richiedevano la presenza di una maggioranza semplice o qualificata, a seconda della rilevanza delle questioni trattate, anche se in generale la (2) Per maggiori dettagli sulla storia del Gatt si vedano Corazza 1997, e Anania e De Filippis 1996. (3) I 23 paesi erano: Australia, Belgio, Brasile, Burma (oggi Birmania), Canada, Ceylon (oggi Sri Lanka), Cile, Cina, Cuba, Cecoslovacchia (oggi divise in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca), Francia, India, Libano, Lussemburgo, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Sud Rodesia (oggi Zimbabwe), Siria, Sud Africa (oggi Repubblica Sudafricana), Regno Unito e Stati Uniti. 8 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto prassi adottata è stata quella delle decisioni “consensuali”, ovvero basate sull’unanimità dei partecipanti. Ciò ha finito per rallentare notevolmente, o addirittura bloccare, il processo decisionale, conferendo ai singoli paesi un diritto di veto e facendo sì che il consenso si raggiungesse su pacchetti di compromesso corrispondenti al minimo comune denominatore fra le posizioni dei singoli paesi. L’unanimità è una regola generalmente adottata nell’ambito delle istituzioni internazionali, anche se i rapporti di forza sulla base del principio “un paese, un voto” non coincidono necessariamente con i rapporti di forza reali fra i paesi dal punto di vista economico, politico o militare. Di fatto, il processo negoziale e decisionale viene fortemente condizionato dall’azione dei paesi più forti, che spesso sono in grado di ottenere l’adesione dei più deboli alle loro posizioni tramite promesse o minacce. Il Gatt si sviluppò gradualmente, tramite otto cicli o round di negoziazioni multilaterali fra le parti contraenti (vedi box 1.1.), fino alla firma dell’atto finale dell’ottavo ciclo di negoziati commerciali dell’Uruguay round (Ur), avvenuta a Marrakech nell’aprile del 1994, e alla contestuale nascita della Wto. BOX 1.1. I round negoziali del Gatt ANNO LUOGO/NOME NR. PAESI 1947 1949 1951 1956 1960-1961 1964-1967 1973-1979 1986-1994 Ginevra Annecy Torquay Ginevra Dillon Kennedy Tokyo Uruguay 23 13 38 26 26 62 102 125 Nei primi anni, lo sforzo negoziale si concentrò soprattutto sulla riduzione della protezione daziaria sui prodotti manifatturieri. I primi quattro round negoziali si svolsero a Ginevra, Annecy, Torquay e poi di nuovo a Ginevra. Soprattutto i primi due round ottennero risultati apprezzabili in termini di abbassamento delle tariffe, che, all’epoca, risultavano in media assai elevate, ma ben presto emerse la tendenza ad ottenere risultati decrescenti, anche a causa del tipo di approccio uti- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 9 lizzato per le negoziazioni 4. Il Dillon round rappresentò un momento di transizione e segnò, principalmente, il riconoscimento della nascita della Comunità Economica Europea e degli aggiustamenti tariffari ad essa collegati. A partire dal Kennedy round, inaugurato a Ginevra il 4 maggio 1964, cui parteciparono più di 60 paesi, la riduzione dei dazi ebbe luogo sulla base di “formule” 5 e, per la prima volta, si affrontò la questione delle barriere non tariffarie. Il Kennedy round è stato anche rilevante per i risultati ottenuti dai Paesi in via di sviluppo (Pvs): l’accordo generale venne modificato con l’introduzione di una serie di articoli 6 in base ai quali fu riconosciuta la possibilità di non applicare, nell’ambito dei rapporti commerciali fra paesi sviluppati e Pvs, due principi fondamentali del Gatt, vale a dire il principio di reciprocità e il principio di non discriminazione (cfr. paragrafo 3.3.). Questa modifica è stata molto importante per i Pvs, in quanto ha consentito loro di essere in parte esentati dagli obblighi di liberalizzazione concordati a livello multilaterale, e ha aperto la strada ai vari programmi di trattamento preferenziale adottati negli anni successivi: in particolare, il “Sistema generalizzato di preferenze” (Generalized System of Preferences, Gsp), adottato nel 1971, e la cosiddetta “clausola di abilitazione” (enabling clause), adottata nel 1979. Il Tokyo round, svoltosi dal 1973 al 1979, con 102 paesi partecipanti, confermò nella sostanza l’impostazione del round precedente, affrontando nuovamente la questione delle barriere commerciali non tariffarie. Durante i negoziati proseguì l’impegno per la progressiva riduzione delle tariffe, e ciò consentì di ottenere un taglio medio di un terzo dei dazi doganali nei paesi sviluppati. Le riduzioni tariffarie, programmate su un periodo di otto anni, implicavano un elemento di armonizzazione - più alte le tariffe, maggio(4) Ciascun paese predisponeva un prospetto di domanda, contenente le riduzioni tariffarie desiderate da parte degli altri contraenti, e un prospetto di offerta, contenente le concessioni accordabili. A seguito della progressiva riduzione delle tariffe, questo tipo di approccio perde di efficacia negoziale, in quanto ogni paese tende a ridurre sia il numero dei prodotti su cui è disposto a trattare sia l’ammontare della riduzione daziaria che è disposto a concedere (Anania e De Filippis 1996). (5) Al contrario dell’approccio domanda-offerta, seguito nei primi quattro round negoziali, un approccio per formule definisce un obiettivo di riduzione percentuale delle tariffe da applicare ad ogni prodotto, spostando la trattativa su un obiettivo generale e rendendo meno efficace l’intervento dei singoli gruppi di pressione legati a settori o prodotti particolari. (6) IV parte, artt. 36-38. I paesi sviluppati possono offrire un trattamento preferenziale non reciproco, come tariffe d’importazione minime o nulle, a prodotti dei Pvs. I paesi che offrono la preferenza hanno facoltà di scegliere unilateralmente quali paesi e quali prodotti includere nel proprio schema. 10 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto re la loro riduzione - attraverso la cosiddetta “formula svizzera” 7. Su altre questioni, come quella del commercio agricolo, il Tokyo round non raggiunse risultati altrettanto soddisfacenti. Furono predisposti, tuttavia, una serie di trattati sulle barriere non tariffarie (noti come “codici”) che, in alcuni casi, chiarificavano l’interpretazione di articoli Gatt già esistenti, in altri tentavano di regolamentare aspetti del tutto nuovi. Soltanto una parte dei membri del Gatt (principalmente i paesi industrializzati) sottoscrisse tali codici, che vengono pertanto definiti “plurilaterali”, per sottolineare la differenza rispetto alla natura multilaterale degli impegni sottoscritti da tutti i paesi membri. L’Uruguay round (Ur), infine, è stato l’ultimo round organizzato nell’ambito del Gatt, in quanto l’accordo finale ha sancito la nascita della Wto. Il round si è aperto con la dichiarazione di Punta del Este (Uruguay), nel settembre del 1986, e si è chiuso con la firma dell’Atto finale a Marrakech, nell’aprile del 1994. Risulta quindi confermata la tendenza ad un progressivo allungamento della durata dei round: nel caso dell’Ur il protrarsi dei negoziati, ben al di là dei quattro anni previsti inizialmente, può essere attribuito a due fattori. Da una parte, a seguito dei successivi allargamenti del Gatt, è aumentato il numero dei partecipanti al negoziato, e ciò ha finito, inevitabilmente, per appesantire la conduzione delle trattative (cfr. box 1.1.); dall’altra, l’agenda dei lavori per questo round era particolarmente ampia e complessa, in quanto includeva, oltre ai tradizionali oggetti delle trattative commerciali multilaterali (come le tariffe), questioni istituzionali mai affrontate in precedenza (come la creazione di una istituzione internazionale preposta a disciplinare gli scambi commerciali), ovvero problematiche che non erano mai state risolte in modo adeguato (come quelle relative al settore agricolo). La descrizione degli accordi sottoscritti alla fine dell’Ur, con particolare attenzione all’Accordo sull’agricoltura, viene fornita nel capitolo 2. 2. L’AGRICOLTURA NEL GATT Prima dell’Ur, non si può dire che i prodotti agricoli fossero completamente fuori dal Gatt, sia in quanto essi venivano espressamente menzionati in diversi articoli, sia perché furono oggetto di alcuni accordi specifici, sia, infine, perché il meccanismo per la soluzione delle (7) Attraverso l’applicazione della “formula svizzera”, negoziando il parametro “a”, si raggiungono risultati pari a: NT = aT , dove NT = nuova tariffa, T = tariffa precedente, a = coefficiente di riduzione. (a+T) Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 11 dispute ha sempre avuto notevole importanza per il settore agricolo. Va tuttavia riconosciuto che il riferimento all’agricoltura serviva soprattutto a introdurre deroghe ed eccezioni che consentivano un trattamento speciale e differenziato rispetto alle regole generali. Per i prodotti primari, infatti, era consentito l’uso di politiche commerciali generalmente proibite, quali i sussidi all’esportazione e le restrizioni quantitative all’importazione. All’epoca della nascita del Gatt (1947), la posizione di egemonia politica ed economica di cui godevano gli Usa fece sì che furono le regole commerciali multilaterali ad adattarsi alla politica agraria statunitense, piuttosto che il contrario. L’atteggiamento generale degli Usa, infatti, era quello di evitare obblighi internazionali troppo stringenti dal punto di vista dell’adattamento delle politiche nazionali, e ciò si tradusse, come si è detto, nel rifiuto di aderire alla nascente International Trade Organization. Nell’ambito del Gatt, una delle condizioni poste dagli Usa per la sua accettazione fu la garanzia di poter mantenere gli strumenti di sostegno al settore agricolo introdotti con l’Agricultural Adjustment Act del 1933, ovvero la garanzia di un prezzo minimo ai produttori (integrazione di prezzo) accompagnata da un controllo delle superfici coltivate e da una gestione pubblica degli stock accumulati. Di conseguenza, l’art. XI del Gatt prevede una serie di eccezioni al divieto di imporre misure di restrizione all’importazione, per quanto riguarda i prodotti agricoli. Nel corso degli anni Cinquanta, gli Usa, che risultavano ancora, nel complesso, importatori netti di prodotti agricoli, continuarono ad essere soprattutto interessati al mantenimento del proprio impianto di politica agraria. A tal fine, ottennero in sede Gatt altre due importanti eccezioni, che portarono ad un’ulteriore differenziazione della regolamentazione dei prodotti agricoli rispetto a quella degli altri settori. La prima eccezione venne introdotta nell’ambito della modifica dell’art. XVI (Sovvenzioni) che, pur proibendo in generale l’utilizzazione delle sovvenzioni all’esportazione, prevedeva la possibilità per un paese di concedere sovvenzioni all’esportazione dei prodotti di base, purché ciò non lo portasse a «detenere più di una parte equa del commercio mondiale». Vale la pena di sottolineare, da un lato, l’assoluta vaghezza della formulazione, dato che la determinazione della “parte equa” si basava unicamente sulle quote di mercato detenute durante un non meglio precisato «periodo di riferimento anteriore»; dall’altro, l’obiettivo finale prefigurato, che non sembrava essere una maggiore liberalizzazione degli scambi internazionali, bensì una gestione amministrata del commercio mondiale attraverso l’attribuzione ad ogni pae- 12 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto se esportatore di una determinata quota di mercato. Anche in questo caso, del resto, così come era successo per l’art. XI, l’eccezione venne introdotta soprattutto per tenere conto delle esigenze della politica agraria statunitense che, a partire dal 1954, aveva cominciato a fare uso di programmi di sovvenzioni all’esportazione (Salvatici 1996). La seconda eccezione derivava dalla necessità degli Usa di applicare restrizioni quantitative anche su prodotti - come latte, carne e zucchero - che non rientravano nelle eccezioni previste dall’art. XI, ottenendo poi nell’ambito del IV round (Ginevra, 1955-56) una deroga da parte degli altri paesi membri. Questa deroga, sebbene non abbia avuto un grande impatto in termini di distorsione dei flussi commerciali, ha rappresentato un precedente importante che ha aperto la strada a una serie di misure protezionistiche, adottate negli anni successivi nell’ambito delle politiche agrarie dei paesi europei e del Giappone. La deroga agli Usa, infatti, pur non giustificandola dal punto di vista strettamente giuridico, ha sicuramente legittimato, dal punto di vista politico, l’adozione di barriere non tariffarie (Bnt) - come, ad esempio, i prelievi variabili 8 - che hanno rappresentato eccezioni “di fatto” che si aggiungevano a quelle “di diritto” menzionate in precedenza (artt. XI e XVI). L’evento principale che ha caratterizzato gli anni Sessanta è la nascita della Comunità Europea e, per quanto riguarda il settore agricolo, la conseguente creazione di una politica agricola comune (Pac). In particolare, il Dillon round, che si svolse in quegli anni, portò all’approvazione della “tariffa esterna comune” - ovvero la tariffa comunitaria che sostituì quelle nazionali in vigore sino ad allora - e, in tale ambito, vennero anche accettati i meccanismi di protezione a carattere non tariffario previsti dalla Pac (come, ad esempio, i prelievi variabili per i prodotti cerealicoli). Le ragioni che possono spiegare come si sia arrivati ad accettare una politica ad alto impatto protezionistico, come la Pac, in sede Gatt sono di varia natura. In primo luogo, vi è stata una sottovalutazione dei futuri effetti della Pac e, soprattutto, delle sue conseguenze per i mercati mondiali. È probabile, infatti, che all’inizio degli anni Sessanta nessuno immaginasse che il trasferimento di alcune politiche di sostegno, come il prezzo minimo garantito, dal livello nazionale a quello comu(8) Il prelievo variabile è una tariffa all’importazione che cambia al variare del prezzo sul mercato mondiale; esso, infatti, è pari alla differenza tra il prezzo minimo di importazione (prezzo “soglia” o prezzo di entrata) fissato dal paese importatore e il prezzo di importazione (alla frontiera) che riflette l’andamento dei mercati internazionali. Largamente usato dall’Ue per moltissimi anni in connessione alle sue politiche di sostegno dei prezzi agricoli, il prelievo variabile è la barriera non tariffaria più efficace per proteggere i produttori di un paese dalla concorrenza dei produttori stranieri, e allo stesso tempo stabilizzare il prezzo sul mercato interno. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 13 nitario, avrebbe trasformato in breve tempo un’area d’importazione (quale era l’Ue) nel secondo esportatore mondiale di prodotti agricoli (Salvatici e De Filippis 1994). In secondo luogo, va sottolineato che gli Usa erano comunque disposti a sostenere un costo economico, in termini di minori possibilità di esportazione sui mercati europei, pur di ottenere un rafforzamento della coesione politica fra i paesi dell’Europa occidentale. Inoltre, non va dimenticato che gli Usa, avendo chiesto e ottenuto pochi anni prima una deroga, al fine di proteggere la propria agricoltura al di là delle regole fissate dal Gatt, non erano certo nella posizione migliore per sindacare le scelte comunitarie in tema di politica agraria. Infine, bisogna considerare che anche l’Ue pagò un prezzo per l’accettazione della Pac, attraverso l’eliminazione completa di qualsiasi protezione relativa a una serie di prodotti, fra cui i semi oleosi, il cotone e la cassava, e il consolidamento, a livello del 6%, del dazio relativo ai mangimi non derivati dai cereali. Questi prodotti, all’epoca relativamente poco importanti in termini di flussi commerciali, rappresentano oggi alcune delle principali voci di importazione nella Ue, e i loro dazi hanno costituito dei veri e propri “buchi”, nell’ambito della ben guarnita tariffa comunitaria. Per quanto riguarda l’altro round che si svolse negli anni ’60 - il Kennedy round - va sottolineato, innanzitutto, che l’agricoltura, al pari di altri settori come la chimica e la siderurgia, fu oggetto di negoziati separati. Nell’ambito di tali negoziati, gli Usa, che avevano cominciato a sviluppare un atteggiamento più aggressivo in termini di esportazioni sui mercati mondiali, cambiarono atteggiamento rispetto ai round precedenti e si fecero promotori di un (progressivo) ritorno al libero scambio sui mercati mondiali dei prodotti agricoli. A tal fine, si tentò in primo luogo di applicare l’approccio per formule, utilizzato per la prima volta in questo round con riferimento alle tariffe, anche alle politiche agrarie a carattere interno, sulla base di un “montante di sostegno” che avrebbe dovuto quantificare l’entità degli aiuti globalmente concessi al settore agricolo. D’altra parte, si cercò di mantenere dei margini di accesso minimo alle importazioni, attraverso la fissazione di massimali nei livelli di auto-approvvigionamento. Su nessuna delle due proposte si riuscì a raggiungere un accordo, ma va comunque evidenziato che, per la prima volta, vennero introdotti nel dibattito agricolo in seno al Gatt due elementi di grande rilevanza - il sostegno interno e la garanzia di accesso minimo alle importazioni tant’è che anche nell’ambito dell’accordo agricolo dell’Ur essi rivestono un ruolo centrale (Anania 1996). Nel corso degli anni Settanta, l’instabilità del contesto macroecono- 14 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto mico si trasferì anche al settore agricolo, nel quale l’ondata di aumenti dei prezzi che si ebbe per la maggioranza dei prodotti alimentò le preoccupazioni di una scarsità degli alimenti su scala mondiale. In questo scenario, le trattative agricole ricevettero un’alta priorità nell’ambito del Tokyo round, anche perché le Bnt erano al centro dell’attenzione, e l’agricoltura, con il suo stretto legame fra politiche di sostegno interno e politiche commerciali, rappresentava uno dei settori dove queste erano maggiormente diffuse. Ciononostante, per quattro anni non si riuscì neanche a stabilire se la trattativa agricola dovesse avere luogo separatamente, così com’era avvenuto nell’ambito del Kennedy round, o se l’agricoltura dovesse essere inclusa nelle trattative sui diversi strumenti di protezione (in particolare tariffe e sovvenzioni). Alla fine, venne accolto il punto di vista dell’Ue (e di molti altri paesi) che sosteneva la necessità di separare l’agricoltura dagli altri temi in discussione. Allo stesso modo, negli anni successivi, l’Ue riuscì ad ottenere che i prodotti agricoli venissero esclusi dall’applicazione degli accordi raggiunti negli altri settori. La storia travagliata dell’agricoltura, nell’ambito del Gatt, risulta confermata anche per quanto riguarda il funzionamento del meccanismo per la soluzione delle dispute. Sulla base dei dati riportati da Jackson (1989) risulta che, se si classificano le controversie sollevate in sede Gatt (ovvero dalla sua nascita fino all’Ur), ben 100 casi hanno riguardato prodotti agricoli (il 42,9% dei casi totali) e, nell’ambito delle dispute agricole, ben il 58% dei casi ha fatto riferimento agli artt. XI e XVI, ovvero i due articoli che, come si è visto, contengono le principali eccezioni per l’agricoltura. Se si guarda ai paesi interessati, emerge chiaramente il ruolo da protagonisti svolto dagli Usa, che sono stati coinvolti in 54 dispute, e della Ue, che è stata chiamata in causa 33 volte. Tuttavia, va sottolineato che mentre gli Usa risultano più spesso accusatori che accusati (in 37 casi, infatti, sono stati loro a promuovere la procedura e solo 17 volte sono stati chiamati in causa da altri paesi) per l’Ue si verifica il contrario (solamente 5 volte ha sollevato una controversia, mentre negli altri 28 casi ha dovuto rispondere alle proteste degli altri paesi). Per quanto concerne l’Ue, inoltre, se si considera la distribuzione temporale delle controversie, emerge chiaramente che la Pac è finita sempre più spesso sul banco degli accusati, a mano a mano che sono andate aumentando le esportazioni comunitarie: delle 32 controversie agricole verificatesi dopo il 1976, infatti, ben 19 (ovvero oltre il 59%) hanno interessato l’Ue (Salvatici 1990). Molte di queste dispute hanno visto una contrapposizione diretta fra Usa e Ue, e, in questi casi, le controversie hanno spesso assunto toni Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 15 aspri, rischiando rappresaglie spropositate rispetto al valore degli scambi commerciali coinvolti. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’iniziativa è stata presa dagli Usa e gli strumenti della Pac maggiormente contestati sono stati i sussidi alla produzione e/o all’esportazione, con riferimento a prodotti quali la frutta in scatola, il pollame, la farina di cerali, la pasta e i semi oleosi. In conclusione, si può dire che, alla vigilia dell’Uruguay round, al cui approfondimento viene dedicato il capitolo 2, l’agricoltura rappresentava ancora uno dei settori più protetti nell’ambito delle economie nazionali (in particolare dei paesi sviluppati) e una delle aree di maggior conflittualità nelle relazioni economiche internazionali. I prodotti agricoli, infatti, godevano di un trattamento differenziato, sia nell’ambito dell’accordo sia a seguito di una serie di deroghe ed eccezioni concesse a singoli paesi. Solamente nell’ambito dell’ultimo round si è riusciti, dopo molti anni di negoziati, a raggiungere un’intesa significativa sull’agricoltura. 3. LA WTO Il Gatt e la Wto sono due entità ben distinte. Mentre il Gatt era un insieme di regole provvisorie, la Wto è una vera e propria istituzione. Le regole Gatt si applicavano solo al commercio dei beni, mentre gli accordi Wto coprono beni, servizi e diritti di proprietà intellettuale, inglobando al proprio interno il Trattato Gatt. Le funzioni della Wto possono essere così sintetizzate: - foro negoziale ovvero mercato di particolari diritti di proprietà, rappresentati dalla possibilità di proteggere la propria produzione nazionale nei confronti della concorrenza straniera; - organo collegiale per l’elaborazione di regole di comportamento e per il controllo del loro rispetto; - strumento per la composizione delle controversie. Le funzioni citate mirano ad ottenere un “commercio più libero”, per limitare il più possibile decisioni autonome di politica commerciale che, potenzialmente, riducono il benessere generale perché non tengono conto dei vantaggi/svantaggi complessivi che esse implicano. 3.1. Struttura, funzionamento e competenze Il più importante organo decisionale Wto è la Conferenza ministeriale, che si svolge almeno una volta ogni due anni. Dopo l’incontro di Marrakech e la nascita della Wto, i ministri si sono incontrati cinque volte (cfr. capitolo 3). 16 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto Subordinato alla Conferenza ministeriale è il Consiglio generale. Quest’ultimo, formato da rappresentanti - normalmente ambasciatori o diplomatici di pari livello - di tutte le nazioni che aderiscono alla Wto, si articola in tre consigli specifici, relativi, rispettivamente, a prodotti, servizi e diritti di proprietà intellettuale, ricalcando la tripartizione Gatt - Gats - Trips. Questi tre accordi multilaterali, infatti, fanno parte integrante del trattato istitutivo della Wto. I tre consigli specifici hanno il compito di implementare gli impegni assunti dai paesi membri nei rispettivi tre accordi; si incontrano quando necessario per svolgere le proprie funzioni e sono aperti a rappresentanti di ciascun paese membro. Possono anche creare comitati e gruppi di lavoro al proprio interno. Il Consiglio Gatt si occupa dello scambio internazionale delle merci, cioè dell’Accordo Gatt 1994, così chiamato perché contiene, oltre all’originario accordo del 1947, anche tutti gli impegni circa le riduzioni tariffarie da parte dei singoli paesi e gli accordi complementari aggiuntisi nel corso del tempo, come si vedrà meglio nel capitolo 2. Ciascuna questione è trattata da comitati specifici in seno al Consiglio Gatt, come è riportato nel box 1.2. Ai lavori dei comitati partecipano tutti i membri Wto, rappresentati, di norma, da delegati residenti o meno a Ginevra, nonché i paesi osservatori e alcune istituzioni internazionali 9. In particolare, il Comitato Agricoltura si riunisce almeno quattro volte l’anno per verificare l’adozione degli impegni presi nell’ambito del relativo accordo, sulla base delle notifiche che gli Stati membri sono obbligati a presentare. Il comitato ha anche il compito di monitorare i possibili effetti negativi, derivanti dall’applicazione dell’accordo, sui paesi a più basso livello di sviluppo e sui paesi in via di sviluppo importatori netti di alimenti. Il comitato può anche condurre, in ogni momento, su richiesta degli Stati membri, consultazioni informali. L’operato del comitato si svolge secondo modalità procedurali specifiche per l’agricoltura, ma anche secondo regole generali, in linea con quelle adottate dal Consiglio generale Wto. Il Consiglio Trips si occupa dell’accordo che regola vari aspetti della protezione della proprietà intellettuale, senza alcun comitato specifico appositamente insediato. Il Consiglio Gats si occupa dell’accordo che regola il commercio internazionale dei servizi e che contiene le liste delle concessioni in materia di prestazioni di servizi fatte da cia(9) Esse sono: l’Igc (International Grains Council), il Fmi, l’Ocse, l’Unctad (United Nations Conference on Trade and Development), la Fao, il World Food Programme, la Banca Mondiale. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 17 BOX 1.2. La struttura della Wto CONFERENZA MINISTERIALE CONSIGLIO GENERALE Il Consiglio generale nelle vesti di: Il Consiglio generale nelle vesti di: ORGANO PER LA COMPOSIZIONE DELLE DISPUTE ORGANO PER IL MONITORAGGIO DELLE POLITICHE COMMERCIALI Organo d’appello Panel per la composizione delle dispute Comitati: • Commercio e ambiente • Commercio e sviluppo • Accordi commerciali regionali • Restrizioni derivanti da squilibri nella bilancia dei pagamenti • Bilancio, finanza e amministrazione Gruppi di lavoro: • Adesione • Commercio e investimenti • Commercio e politiche della concorrenza • Trasparenza negli appalti pubblici CONSIGLIO GATT CONSIGLIO TRIPS Comitati: • Accesso al mercato • Agricoltura • Misure sanitarie e fitosanitarie • Barriere tecniche al commercio • Sussidi e misure compensative • Pratiche anti-dumping • Valutazioni doganali • Regole di origine • Licenze di importazione • Investimenti industriali esteri • Salvaguardie • Tessili CONSIGLIO GATS Comitati: • Commercio servizi finanziari • Impegni specifici Gruppi di lavoro: • Legislazioni nazionali • Regole Gats Esistono anche dei comitati plurilaterali, che tengono informati della propria attività il Consiglio generale o il Consiglio del Gatt, nonostante gli accordi di loro competenza siano sottoscritti solo da una parte dei membri Wto (comitato per il commercio in aeromobili civili, comitato per gli appalti pubblici, comitato sulla tecnologia informatica). Adattato da Wto 2001a. 18 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto scun membro. Il Consiglio Gats ha insediato due comitati, uno sul commercio dei servizi finanziari e l’altro su impegni specifici, e due gruppi di lavoro, rispettivamente su legislazioni nazionali e sulle regole dell’accordo sui servizi. Oltre ai tre consigli specifici, e ai loro comitati e gruppi di lavoro, la struttura della Wto si completa con alcuni comitati multilaterali, e relativi gruppi di lavoro, che fanno riferimento direttamente al Consiglio generale, su temi di particolare rilevanza quali: commercio e ambiente, commercio e sviluppo, accordi regionali, adesione di nuovi membri, commercio e investimenti, commercio e politiche della concorrenza, commercio e appalti pubblici. Infine, esistono alcuni comitati plurilaterali su tematiche specifiche (commercio in aeromobili civili, appalti pubblici, tecnologia informatica), che tengono informati della propria attività il Consiglio generale o il Consiglio Gatt, sebbene gli accordi di loro competenza siano sottoscritti solo da una parte dei membri Wto. Il supporto tecnico-amministrativo ai consigli e ai comitati è assicurato dal Segretariato, con a capo il direttore generale. 3.2. Il meccanismo di soluzione delle dispute La maggiore novità della Wto, rispetto al Gatt, è la presenza di un più efficace meccanismo di soluzione delle controversie. Una controversia si origina nel caso in cui uno o più membri Wto ritengano che altri paesi abbiano adottato misure di politica commerciale o abbiano intrapreso azioni considerate un’inadempienza agli obblighi sottoscritti. Nella procedura per risolvere le dispute, prevista dal vecchio Gatt, non esistevano scadenze prestabilite ed era facile bloccare le decisioni, poiché esse potevano essere adottate solo per unanime consenso, con il risultato che molti casi si trascinavano per lungo tempo senza giungere a soluzione. Il nuovo trattato ha invece introdotto un processo ben strutturato, con stadi chiaramente definiti, con una rigorosa disciplina sui tempi necessari alla soluzione e date di scadenza flessibili per i vari stadi della procedura. Le decisioni, inoltre, vengono adottate automaticamente, a meno che non vi sia il consenso unanime per respingerle. In questo modo, un paese che desidera bloccare una decisione deve convincere tutti gli altri membri Wto (compreso il suo avversario nel caso) a condividere il suo punto di vista. La procedura, fino alla decisione di primo grado, non dura più di un anno, o non più di 15 mesi se c’è ricorso in appello. Anche se la procedura ricorda molto un procedimento giudiziario, la soluzione preferibile è comunque che i paesi interessati discutano i loro problemi e risolvano da soli la disputa. Il primo stadio consiste infatti in consulta- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 19 zioni fra i governi interessati e, anche quando si è arrivati alle fasi successive, un accordo tra le parti che risolva la disputa è comunque possibile e incoraggiato. La composizione delle dispute è sotto la responsabilità dell’Organo per la composizione delle dispute (Dispute Settlement Body, Dsb), ovvero il Consiglio generale in altra veste. Il Dsb è l’unico organo competente per nominare i collegi di esperti che esaminano il caso (panel) e per accogliere o respingere le conclusioni dei collegi o i risultati di un appello. Esso sorveglia l’attuazione delle decisioni e delle raccomandazioni e ha il potere di autorizzare ritorsioni se un paese non si adegua ad una decisione. Il box 1.3. illustra il procedimento che viene seguito per giungere ad una soluzione. Il primo stadio, che dura fino a 60 giorni, consiste in una fase di consultazione: prima di intraprendere altre azioni, i paesi in vertenza devono discutere tra loro e provare a risolvere la divergenza da soli. In questa fase, possono anche chiedere la mediazione del direttore generale della Wto. Se nel primo stadio non si giunge ad un’intesa fra le parti, viene nominato un panel e si dà avvio ad un procedimento “quasi-giudiziario” 10. Il panel ha il compito ufficiale di aiutare il Dsb a prendere decisioni o a fare delle raccomandazioni; tuttavia, poiché il rapporto del panel può essere respinto solo con il consenso unanime del Dsb, è difficile capovolgerne le conclusioni. Il tempo previsto per la nomina di un collegio di esperti è 45 giorni, ed esso ha a disposizione sei mesi per giungere a delle conclusioni e produrre il rapporto finale, seguendo un preciso iter 11. Per prima cosa, le parti in causa (il paese o i paesi che si ritengono danneggiati e il paese sotto esame) presentano il proprio caso al panel, prima in forma scritta e poi in forma orale in una vera e propria udienza. A quest’ultima partecipano anche le parti terze che dichiarino di avere un interesse nella disputa. Al termine delle varie udienze, il collegio di esperti discute il caso, prepara un rapporto ad interim, che le parti possono commentare, e infine presenta il suo rapporto definitivo (10) I panel sono assimilabili a dei collegi arbitrali, i cui membri vengono scelti in consultazione con i paesi in vertenza; solo se le due parti non possono mettersi d’accordo è il direttore generale della Wto a nominarli. I panel sono composti da tre (occasionalmente cinque) esperti di diversi paesi che esaminano le prove e decidono chi ha ragione e chi torto. Il loro rapporto viene inviato al Dsb, il quale può rigettarlo solo per consenso unanime. I membri del panel possono essere scelti sia da una lista permanente di candidati qualificati sia altrimenti; essi prestano servizio a titolo personale e non possono ricevere istruzioni da alcun governo. (11) Nei casi urgenti, in particolare quelli riguardanti merci deperibili, la scadenza viene ridotta a tre mesi. 20 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto BOX 1.3. Le fasi del meccanismo di soluzione delle dispute 60 giorni Consultazioni Nomina di un panel, da parte del Dsb Il panel esamina il caso (2 incontri con le parti, 1 incontro con parti terze; Interim report) 6 mesi dalla nomina del panel, 3 mesi se urgente Panel report (mandato alle parti) 9 mesi dalla nomina del panel Panel report (mandato al Dsb) massimo 3 mesi eventuale appello 60 giorni dal panel report, a meno di appello Dsb adotta la decisione del panel o dell’organo d’appello Periodo di tempo ragionevole: la parte propone e il Dsb accetta, oppure arbitrato Implementazione (o accordo sulla compensazione) 30 giorni dopo la fine del “periodo di tempo ragionevole” Se manca un accordo sulla compensazione, sanzioni (final report) alle parti e al Dsb. Nel caso in cui venga stabilito che è stato violato uno degli accordi, il panel stesso raccomanda come procedere per ripristinare la legalità. Il rapporto diviene una vera e propria sentenza del Dsb entro 60 giorni, a meno che non venga espresso un generale dissenso verso di esso. Emanata la sentenza, si apre spesso la fase dell’appello richiesto da una o da entrambe le parti. Gli appelli devono vertere su questioni di diritto, quale l’interpretazione legale, e non possono riesaminare prove esistenti né esaminare prove nuove. Ciascun appello viene valutato da tre dei sette membri di un Organo permanente d’appello (Appellate Body, Ab), nominato dal Dsb e rappresentativo della composizione Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 21 della Wto. I membri dell’Ab, che restano in carica quattro anni, devono essere persone di riconosciuta autorità in materia di diritto e di commercio internazionale e non avere legami con alcun governo. L’appello può accogliere, modificare o revocare le conclusioni e risultanze legali del panel entro 60 o al massimo 90 giorni. Il Dsb deve accettare o respingere il rapporto dell’Ab entro 30 giorni e il rigetto è possibile solo con il consenso unanime. Una volta che il giudizio definitivo è stato emesso, il paese sotto accusa deve cercare di riportare la propria politica in linea con le raccomandazioni o le decisioni del panel, entro un tempo ragionevole concordato tra le parti (o stabilito dal panel stesso) e approvato dal Dsb. Se ciò non viene fatto, il paese in esame deve negoziare con i paesi danneggiati una compensazione mutuamente accettabile, come la riduzione di tariffe per altri prodotti di particolare interesse per le parti danneggiate. Se le parti non giungono ad un accordo, il Dsb può permettere alle parti danneggiate di imporre particolari sanzioni commerciali, di norma per prodotti ricadenti nello stesso settore della disputa, eccezionalmente per settori diversi. 3.3. Il principio del commercio senza discriminazioni Il principio alla base di tutti i trattati commerciali è quello del commercio senza discriminazioni, che si sostanzia, principalmente, nella clausola della “Nazione più favorita” (Npf) e nella clausola del “Trattamento nazionale” (Tn). Secondo la clausola Npf, se un paese offre alle importazioni provenienti da un altro Stato un trattamento favorevole (ad esempio un’aliquota doganale più bassa) deve fare lo stesso per tutti gli altri paesi membri che beneficiano di tale clausola (cfr. box 1.4.). La clausola Npf acquista una particolare valenza in ambito multilaterale, perché impedisce ai paesi membri di svincolarsi dagli impegni assunti: le concessioni effettuate da ciascuna parte contraente nel corso di un round vengono inserite nei prospetti nazionali e i dazi contenuti in tali prospetti vengono detti “consolidati”, nel senso che possono essere aumentati solo dietro concessione di compensazioni tali da garantire il consenso di tutte le parti contraenti interessate. Il trattato che istituisce la Wto conferma la normativa del Gatt prevedendo alcune eccezioni al principio del commercio senza discriminazioni. È possibile offrire un trattamento privilegiato a determinati paesi, nei seguenti casi: - al fine di garantire una maggiore liberalizzazione in un ambito ristretto, è riconosciuta la possibilità di istituire aree di libero scambio 22 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto BOX 1.4. La clausola della nazione più favorita Il principio di base che regola la riduzione della protezione commerciale è la clausola della Nazione più favorita (Npf), che garantisce l’estensione delle concessioni accordate ad un paese anche a tutti gli altri paesi membri Wto: «Tutti i vantaggi, benefici, privilegi o immunità accordati da una parte contraente ad un prodotto originario o destinato a qualsiasi altro paese saranno, immediatamente e senza condizioni, estesi a tutti i prodotti similari originari o destinati al territorio di tutte le altre parti contraenti» (art. I, Gatt). Oltre ad essere il primo articolo del trattato che governa lo scambio delle merci (Gatt), la clausola Npf costituisce una priorità anche nei trattati Gats e Trips, benché in ciascuno di essi il principio venga governato in maniera leggermente differente. Insieme, questi tre accordi comprendono le tre aree principali del commercio governate dalla Wto. Si tratta di una norma tradizionale dei trattati commerciali, in quanto garantisce che l’entità di una concessione non possa essere modificata a seguito di eventuali concessioni successive accordate ad altri paesi. È evidente, infatti, che la competitività delle esportazioni di un paese è garantita non solo e non tanto dall’ammontare assoluto della protezione, ma anche e soprattutto dal confronto con la protezione a cui sono sottoposte le esportazioni dei paesi concorrenti. Illustriamo il funzionamento della clausola Npf con un esempio. Supponiamo che, in assenza di trattati multilaterali, il paese A si accordi con il paese B per ridurre la propria protezione tariffaria al 20%, prevedendo la clausola Npf. In seguito A stipula un accordo con il paese C per un’ulteriore riduzione fino al 10%. A questo punto B, in base alla clausola Npf, beneficerebbe di questa seconda riduzione, ma non potrebbe vantare alcun diritto qualora A decidesse, con il consenso di C, di rialzare la tariffa al 20%. Invece, qualora A, B e C facessero parte di un trattato multilaterale, il consenso di C non sarebbe sufficiente: A, per ritornare ad una tariffa del 20%, dovrebbe ottenere anche il consenso di B. o unioni doganali fra le parti contraenti, senza che i paesi aderenti debbano estendere le agevolazioni ai paesi terzi. Questa eccezione viene concessa a condizione di non rafforzare gli ostacoli al commercio rispetto alle altre parti contraenti, e a condizione che la nuova tariffa esterna comune non sia più alta della tariffa media, vigente nei paesi membri prima dell’istituzione dell’unione doganale. Si tratta di un’eccezione molto importante, che ha permesso la nascita di grandi aree di libero scambio come il Nafta, il Mercosur e l’Asean 12; - al fine di agevolare lo sviluppo economico dei paesi meno avanzati, si autorizza la concessione di trattamenti differenziati e favorevoli nei confronti dei Pvs, sotto il nome di “Sistema generalizzato delle preferenze” (Sgp). Il Sgp, in deroga alla clausola Npf, consente ai Pvs di ottenere agevolazioni tariffarie senza estenderle agli altri paesi membri e senza contropartita. La richiesta della concessione di ta(12) Il North American Free Trade Agreement (Nafta) riunisce Usa, Canada e Messico; il Mercado Común del Sur (Mercosur) è composto da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay; la Association of South East Asian Nations (Asean) comprende alcuni paesi del Sud-est asiatico. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 23 riffe preferenziali ai Pvs ha origine negli anni ’60. Da una parte, la Comunità Europea aveva interesse a regolarizzare la propria posizione a livello internazionale circa le preferenze tariffarie concesse alle ex colonie. Dall’altra, molti paesi sviluppati stavano riducendo unilateralmente le barriere doganali verso i Pvs, senza richiedere un trattamento analogo in cambio, introducendo a poco a poco il principio di non reciprocità fra Pvs e paesi sviluppati. È possibile invece imporre provvedimenti restrittivi discriminanti, cioè rivolti a determinati paesi e/o a merci selezionate, nei seguenti casi: - dazi di ritorsione o misure anti-dumping. Un paese può essere autorizzato a imporre dazi specificamente rivolti a certi prodotti di un altro paese, che si ritiene siano commercializzati in modo scorretto. L’imposizione di qualsiasi misura di ritorsione esige la prova di un danno a carico dei produttori nazionali e il loro ammontare non può essere superiore a quello necessario per riparare il danno. Tale eccezione trova il proprio fondamento nella natura di “mercato” della Wto, dove i paesi possono scambiare impegni relativi ai livelli e alle modalità della propria protezione commerciale, in una logica di scambio e di reciprocità fra obblighi accettati e concessioni ottenute; - è possibile aumentare i dazi su base discriminatoria a seguito di difficoltà nella bilancia dei pagamenti, in caso di esigenze di sviluppo economico (per i Pvs) e per eccezioni a carattere generale o relative alla sicurezza nazionale. Secondo la clausola Tn, ciascun paese non può discriminare fra prodotti e servizi nazionali e prodotti e servizi esteri, ovvero deve assicurare a tutti lo stesso trattamento. La clausola Tn si ritrova nei tre principali trattati della Wto (art. 3 del Gatt, art. 17 del Gats, art. 3 del Trips) benché, ancora una volta, venga applicata in modo lievemente differente in ciascun trattato. La clausola Tn si applica esclusivamente quando un prodotto, un servizio o una voce di proprietà intellettuale sono entrati nel mercato nazionale. Di conseguenza, imporre tasse doganali su un’importazione non costituisce una violazione del “trattamento nazionale”, anche se sui prodotti nazionali non viene imposta una tassa equivalente. 3.4. Strumenti leciti e illeciti di politica commerciale Un elemento essenziale della normativa Wto è la preferenza accordata alle tariffe quali strumenti di protezione. Le tariffe sono infatti considerate una forma di protezione commerciale lecita, che dev’essere progressivamente ridotta attraverso trattative commerciali. Le restrizioni quantitative delle importazioni sono invece generalmente vie- 24 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto tate, con l’eccezione dei prodotti agricoli. Oltre alle restrizioni quantitative, la protezione non tariffaria vietata dalla Wto comprende forme di intervento quali le misure para-tariffarie, che contengono elementi tariffari e non; le misure che mantengono i prezzi artificialmente alti, come i sistemi di prezzi soglia e i prelievi variabili; e l’imposizione di barriere tecniche o burocratiche. Come si vedrà nel capitolo 2, nel corso dell’Ur le barriere non tariffarie sono state oggetto di vari accordi specifici, tesi alla loro riduzione o eliminazione 13. Il divieto di sostenere i propri esportatori tramite sovvenzioni è assoluto, con l’unica eccezione dell’agricoltura, dal momento che si ritiene che le sovvenzioni all’esportazione danneggino i produttori stranieri. Riprendendo una terminologia introdotta da Jackson (1989) e ampiamente utilizzata nel corso dell’Ur, si può descrivere l’atteggiamento della Wto rispetto alle politiche utilizzando tre colori: - il verde, per le politiche che non riguardano la sfera di influenza Wto e che quindi non sono oggetto di negoziazioni né di divieto; - il rosso, per le politiche che riguardano la Wto e che sono proibite; - il giallo, per le politiche che riguardano la Wto ma possono continuare ad essere applicate, almeno sino a quando non vengono limitate, sulla base di negoziazioni multilaterali. Le tariffe sono politiche a luce gialla, mentre le restrizioni non tariffarie e le sovvenzioni sono a luce rossa (gialla, nel caso dell’agricoltura). 3.5. Composizione attuale della Wto La Wto è formata attualmente da 146 paesi membri, e da due paesi la cui adesione, decisa nella Conferenza di Cancun, è in attesa di ratifica. Altri 28 paesi vengono definiti “osservatori” e hanno iniziato le procedure per diventare membri effettivi. Il box 1.5. riporta la lista dei paesi membri e osservatori, indicando la data di adesione e l’eventuale riconoscimento come paese a più basso livello di sviluppo (Least Developed Country, Lldc) 14. La Wto, infatti, riconosce lo status di Lldc ad alcuni paesi. Dei 49 Stati definiti Lldc dalle Nazioni Unite, 30 sono anche membri effettivi (13) Si tratta degli accordi sulle barriere tecniche al commercio (Tbt), sulle licenze d’importazione (Ilp), sulle ispezioni pre-imbarco (Psi), sulle regole d’origine (Aro) e sugli investimenti esteri (Trims). (14) Lo status di Lldc (da non confondere con Ldc, che indica genericamente i paesi in via di sviluppo) è un riconoscimento importante perché assicura consistenti benefici, in termini di totale esenzione da alcuni degli impegni previsti dagli accordi. La definizione “Least Developed Country” è talvolta tradotta in italiano con “paesi meno avanzati” e richiamata con la sigla Pma. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 25 Wto, mentre altri dieci sono osservatori. Invece, non esiste alcuna definizione di paese “sviluppato” (developed) o “in via di sviluppo” (developing) all’interno della Wto; sono gli stessi paesi ad autoselezionarsi in una delle due categorie, sebbene ciò possa anche non essere automaticamente accettato in sede Wto. La Wto assicura un trattamento privilegiato ai paesi a più basso livello di sviluppo, al fine di facilitare la loro integrazione nel sistema commerciale multilaterale. Gran parte dei paesi sono fondatori della Wto: sono diventati membri il giorno della sua nascita, avendo firmato il trattato di Marrakech nell’aprile 1994 o comunque avendovi aderito prima della sua data ufficiale di partenza (1° gennaio 1995), a conclusione dell’Ur. Gli altri hanno aderito in date successive, seguendo un particolare iter. La richiesta di affiliazione, in cui il paese descrive le proprie politiche commerciali, viene prima esaminata da un gruppo di lavoro. In seconda battuta, il paese richiedente e i paesi membri discutono, in colloqui bilaterali, gli impegni relativi all’accesso al mercato, valutando i benefici, in termini di opportunità e garanzie di accesso al mercato, che il nuovo membro potrebbe offrire agli altri paesi. Terminati i colloqui bilaterali, il gruppo di lavoro redige un rapporto, un protocollo di adesione e i prospetti (schedules) degli impegni del paese, che vengono presentati al Consiglio generale o a una Conferenza ministeriale per l’approvazione. Tra i paesi entrati di recente a far parte della Wto, il più importante è sicuramente la Repubblica Popolare Cinese, divenuta il 143° membro Wto l’11 dicembre 2001. La sua adesione è di grande rilievo anche, e soprattutto, per i negoziati sull’agricoltura, poiché si tratta di uno dei maggiori produttori di derrate alimentari al mondo, con un mercato interno di enormi proporzioni. Gli impegni sottoscritti dalla Cina, al momento dell’adesione, prevedono un abbassamento delle tariffe imposte su tutti i prodotti agricoli, una maggiore apertura dei mercati ai produttori esteri per alcune commodities, attraverso il sistema delle quote d’importazione a tariffa ridotta e l’eliminazione delle restrizioni al commercio di tipo quantitativo. In cambio, la Cina dovrebbe ottenere un più facile accesso dei propri prodotti agricoli ai mercati esteri, oltre ad una serie di altri benefici di natura indiretta 15. La Cina si è impegnata ad abolire progressivamente tutti i sussidi all’esportazione sui prodotti agricoli e a non introdurne altri in futuro. Per quanto riguarda il sostegno interno, è da rilevare che, malgrado l’ovvia appartenenza della Cina al gruppo dei Paesi in via di sviluppo, (15) L’impegno ad aprire i propri mercati alle importazioni, assunto dalla Cina nei confronti degli altri paesi membri Wto, appare sostanziale. Infatti, le tariffe complessive sull’importazione dei prodotti agricoli dovrebbero scendere dal 21% (media semplice), registrato per il 2001, al 17%, da raggiungere entro il 2004. 26 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto la franchigia prevista dalla clausola de minimis 16 è pari per essa soltanto all’8,5% del valore totale della produzione del prodotto interessato (anziché al 10%, come per gli altri Paesi in via di sviluppo). Infine, dato il carattere fortemente regolato dell’economia cinese e le difficoltà incontrate da parte del resto del mondo nel valutare la portata e l’estensione degli interventi statali, la Cina ha concordato una serie di regole volte a definire il modo in cui il paese dovrà interagire con il resto del mondo nei casi di controversie riguardanti le regole anti-dumping. Per quindici anni resteranno in vigore norme speciali in base alle quali, nel caso di presunte violazioni delle regole anti-dumping da parte della Cina, gli altri paesi potranno appellarsi ad una serie di regole (più severe) specifiche per il solo caso cinese, così come specifiche saranno le modalità per ottenere l’esecuzione forzata di una decisione avversa alla Repubblica Popolare. Numerose sono le alleanze fra gruppi di paesi all’interno della Wto, che spesso portano avanti interessi comuni e giocano un ruolo fondamentale nei negoziati grazie al loro maggiore peso politico. Ciò rappresenta anche un modo per rendere possibili trattative che altrimenti risulterebbero estremamente difficili, visto l’alto numero di partecipanti. Un’aggregazione in un certo senso “naturale” è quella rappresentata dai paesi che partecipano ad un processo d’integrazione economica. Ciò è particolarmente vero nel caso delle unioni doganali come l’Ue, in quanto l’esistenza di un regime doganale comune a tutti i membri dell’Unione Europea, rispetto alle merci provenienti dai paesi terzi, rende inevitabile l’adozione di una posizione negoziale comune in materia di concessioni. Un secondo tipo di aggregazione, abbastanza frequente, è quello basato su alcune caratteristiche comuni, come ad esempio essere “Paesi in via di sviluppo” o “economie in transizione”. Queste alleanze sono di solito piuttosto ampie e portano avanti posizioni di carattere generale, come ad esempio la richiesta di esenzione da alcuni obblighi sottoscritti a livello multilaterale. Infine, vi sono alleanze espressamente costruite sulla base di specifici interessi commerciali. Queste alleanze sono quindi limitate ad alcuni aspetti dell’agenda negoziale, come nel caso della liberalizzazione del commercio agricolo per i paesi esportatori che, in occasione dell’Ur, hanno dato vita al Gruppo di Cairns17. (16) La clausola de minimis consente di non includere nel calcolo della misura aggregata del sostegno tutte le misure di sostegno specifico a singoli prodotti, il cui ammontare sia inferiore a una certa percentuale del valore del prodotto stesso (v. capitolo 2). (17) Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Indonesia, Malesia, Nuova Zelanda, Paraguay, Filippine, Sud Africa, Tailandia, Uruguay. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 27 BOX 1.5. I paesi membri e osservatori della Wto MEMBRI FONDATORI (ADESIONE 1° GENNAIO 1995) L’asterisco contraddistingue i membri fondatori del Gatt 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 28 Antigua e Barbuda Argentina Australia* Austria Bahrein Bangladesh (Lldc) Barbados Belgio* Belize Birmania* (Lldc) Brasile* Brunei Canada* Cile* Comunità Europea Corea del Sud Costa d’Avorio Costa Rica Danimarca Dominica Filippine Finlandia Francia* Gabon Germania Ghana Giappone Grecia Guyana Honduras Hong Kong India* Indonesia Irlanda Islanda Italia Kenia Kuwait Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 Lussemburgo* Macao Malesia Malta Marocco Mauritius Messico Namibia Nigeria Norvegia* Nuova Zelanda* Olanda* Pakistan* Paraguay Perù Portogallo Regno Unito* Repubblica Ceca* Repubblica Slovacca* Repubblica Sudafricana* Romania Saint Lucia Saint Vincent e Grenadine Senegal (Lldc) Singapore Spagna Sri Lanka* Stati Uniti d’America* Suriname Svezia Swaziland Tailandia Tanzania (Lldc) Uganda (Lldc) Ungheria Uruguay Venezuela Zambia (Lldc) MEMBRI CHE HANNO ADERITO DATA MEMBRI CHE HANNO ADERITO DATA IN TEMPI SUCCESSIVI (IN ORDINE CRONOLOGICO) DI ADESIONE IN TEMPI SUCCESSIVI (IN ORDINE CRONOLOGICO) DI ADESIONE 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 Trinidad e Tobago 1.3.1995 Zimbabwe* 5.3.1995 Giamaica 9.3.1995 Rep. Dominicana 9.3.1995 Turchia 26.3.1995 Tunisia 29.3.1995 Cuba* 20.4.1995 Israele 21.4.1995 Colombia 30.4.1995 El Salvador 7.5.1995 Botswana 31.5.1995 Gibuti (Lldc) 31.5.1995 Guinea Bissau (Lldc) 31.5.1995 Lesotho (Lldc) 31.5.1995 Malawi (Lldc) 31.5.1995 Maldive (Lldc) 31.5.1995 Mali (Lldc) 31.5.1995 Mauritania (Lldc) 31.5.1995 Rep. Centrafricana (Lldc) 31.5.1995 Togo (Lldc) 31.5.1995 BurkinaFaso (Lldc) 3.6.1995 Egitto 30.6.1995 Polonia 1.7.1995 Svizzera 1.7.1995 Guatemala 21.7.1995 Burundi (Lldc) 23.7.1995 Sierra Leone (Lldc) 23.7.1995 Cipro 30.7.1995 Slovenia 30.7.1995 Mozambico (Lldc) 26.8.1995 Liechtenstein 1.9.1995 Nicaragua 3.9.1995 Bolivia 12.9.1995 Guinea (Lldc) 25.10.1995 Madagascar (Lldc) 17.11.1995 Camerun 13.12.1995 Qatar 13.1.1996 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 Figi 14.1.1996 Haiti (Lldc) 30.1.1996 Ecuador 21.1.1996 Saint Kitts and Nevis 21.2.1996 Benin (Lldc) 22.2.1996 Grenada 22.2.1996 Emirati Arabi Uniti 10.4.1996 Ruanda (Lldc) 22.5.1996 Papua Nuova Guinea 9.6.1996 Salomone (Lldc) 26.7.1996 Ciad (Lldc) 19.10.1996 Gambia (Lldc) 23.10.1996 Angola (Lldc) 23.11.1996 Bulgaria 1.12.1996 Niger (Lldc) 13.12.1996 Rep. Democratica del Congo (Lldc) 1.1.1997 Mongolia 29.1.1997 Congo 27.3.1997 Panama 6.9.1997 Kirghizistan 20.12.1998 Lettonia 10.2.1999 Estonia 13.11.1999 Giordania 11.4.2000 Georgia 14.6.2000 Albania 8.9.2000 Oman 9.11.2000 Croazia 30.11.2000 Lituania 31.5.2001 Moldavia 27.7.2001 11.12.2001 Cina* Taipei 1.7.2002 Armenia 5.2.2003 ExYugoslavia - Macedonia 4.4.2003 Cambogia (Lldc) in corso di ratifica Nepal (Lldc) in corso di ratifica Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 29 OSSERVATORI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Algeria Andorra Arabia Saudita Azerbaigian Bahamas Bhutan (Lldc) Bielorussia Bosnia Erzegovina Capo Verde (Lldc) Etiopia (Lldc) Guinea Equatoriale Kazakhstan Laos (Lldc) Libano* (1) Federazione Russa Samoa (Lldc) 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 Sao Tomè e Principe Serbia e Montenegro Seychelles Sudan (Lldc) Città del Vaticano Tagikistan Tonga Ucraina Uzbekistan Vanuatu (Lldc) Vietnam Yemen (Lldc) Hanno richiesto l’adesione: Siria* (1) (dicembre 2001) Iran (settembre 1996) (1) Libano e Siria erano membri fondatori del Gatt, ma ne sono poi usciti nel 1951. 30 Capitolo 1 - Dal Gatt alla Wto CAPITOLO 2 L’Uruguay round 1. INTRODUZIONE Il negoziato del Gatt noto come Uruguay round (Ur) ha coinciso con la più importante e articolata riforma del sistema commerciale mondiale degli ultimi 50 anni. Si è svolto nell’arco di sette anni e mezzo, ha coinvolto 125 paesi e ha trattato quasi tutti i settori del commercio di beni e servizi e la proprietà intellettuale. I lavori dell’Ur furono avviati nel settembre 1986, a Punta del Este, in Uruguay, e in quella occasione i paesi allora aderenti al Gatt accettarono di impegnarsi nei quattro anni a venire su un’amplissima agenda di negoziati, che includeva la revisione del testo dello stesso Accordo Gatt. Due anni più tardi, nel dicembre 1988, i paesi si incontrarono nuovamente a Montreal, in Canada, per valutare i progressi fatti a metà negoziato e definire l’agenda per i due anni rimanenti. Secondo la tabella di marcia decisa a Montreal, il round avrebbe dovuto concludersi nel dicembre 1990 a Bruxelles, ma in quella sede non fu possibile raggiungere alcuna intesa su una serie di temi controversi; tra questi risultavano particolarmente importanti le questioni riguardanti l’agricoltura, un settore che era stato lasciato fino ad allora sostanzialmente fuori dagli accordi commerciali sottoscritti in seno al Gatt. Nei due anni successivi le previsioni sull’esito dei negoziati oscillarono tra due opposti: il totale fallimento e il successo imminente. Molte delle scadenze previste non vennero rispettate, anche perché erano emerse, nel frattempo, nuove aree di conflitto oltre all’agricoltura: servizi, accesso al mercato, regolamenti anti-dumping, nonché l’idea di dar vita ad una nuova organizzazione internazionale, più potente e più efficace del Gatt, che lo sostituisse nella regolamentazione del commercio internazionale. Fu soprattutto la composizione delle divergenze tra gli Usa e l’Ue a risultare di importanza cruciale per giungere ad una conclusione del round negoziale. In particolare, nel novembre 1992, gli Usa e l’Ue rag- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 31 giunsero un’intesa sull’agricoltura, nota informalmente come “Accordo di Blair House”, che aprì la strada alla felice conclusione dei negoziati, il 15 dicembre del 1993. Successivamente, il 15 aprile 1994, l’Accordo finale dell’Ur fu ratificato e sottoscritto a Marrakech, in Marocco, dai ministri della maggior parte dei 125 governi allora aderenti al Gatt. BOX 2.1. Le tappe principali dell’Uruguay round Date principali Località Descrizione delle attività intraprese settembre 1986 Punta del Este Avvio del nuovo round dicembre 1988 Montreal Inizio (fallimentare) della “revisione di metà percorso” aprile 1989 Ginevra Chiusura della “revisione di metà percorso” dicembre 1990 Bruxelles Fallimento della riunione ministeriale di chiusura dicembre 1991 Ginevra Completamento della prima bozza dell’Atto definitivo novembre 1992 Washington Accordo tra Usa e Ue sull’agricoltura (Blair House) luglio 1993 Tokyo Usa, Ue, Canada e Giappone raggiungono un accordo sull’accesso al mercato dicembre 1993 Ginevra Chiusura della maggior parte delle negoziazioni aprile 1994 Marrakech Firma degli accordi gennaio 1995 Ginevra Nascita della Wto e messa a regime degli accordi dell’Ur 2. GLI ACCORDI SOTTOSCRITTI 1 2.1. La struttura degli accordi I trattati sottoscritti alla conclusione dell’Ur non riguardano solo il commercio dei beni, cioè le questioni già affrontate dal Gatt, ma anche il commercio dei servizi e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. (1) Per un approfondimento degli accordi dell’Ur si veda Wto 2001a. 32 Capitolo 2 - L’Uruguay round Essi riportano in dettaglio i principi e le norme generali su cui si basa la liberalizzazione commerciale, insieme alle eccezioni ammesse; includono gli impegni dei singoli paesi ad abbassare i dazi doganali e le altre barriere commerciali allo scambio di prodotti e ad aprire, e mantenere aperti, i mercati dei servizi; stabiliscono le procedure per risolvere le dispute; prescrivono un trattamento speciale e differenziato per i Paesi in via di sviluppo e richiedono ai governi di rendere trasparenti le politiche commerciali. Infine, un certo numero di accordi trattano normative di natura tecnica, burocratica o legale volte a ridurre gli ostacoli al commercio: regolamenti tecnici e standard, licenze di importazione, regolamenti per la valutazione delle merci alle dogane, ispezioni prima della spedizione, e molto altro. Gli oltre 60 testi approvati a Marrakech, fra accordi, allegati, decisioni e intese, sono inquadrabili nella struttura riportata nel box 2.2. Si ricorda che il trattato istitutivo della Wto si limita a definire le regole di funzionamento della nuova istituzione, inclusa quella che vincola i paesi membri a rispettare tutti gli accordi multilaterali allegati. I trattati di base sono tre: il Gatt, il Gats e il Trips. Questi costituiscono il primo livello della struttura ed esprimono principi generali. Il secondo livello, per il Gatt e il Gats, è costituito da accordi e allegati riguardanti questioni o settori specifici; il Trips, invece, non ha accordi allegati di secondo livello. Infine, al terzo livello, si trovano gli impegni dei singoli paesi su specifiche categorie di merci e servizi, in particolare gli impegni a consolidare 2 e ridurre i dazi doganali sulle importazioni di merci o le combinazioni di quote e tariffe per i diversi prodotti agricoli. Nel caso dei servizi, gli impegni si riferiscono alla quota di mercato destinata ai fornitori stranieri per i diversi settori e alla lista dei servizi per i quali i paesi sono autorizzati, in deroga ai principi generali, a non applicare il principio della “nazione più favorita” (capitolo 1). Durante l’Ur sono stati fissati i principi generali e le norme specifiche riguardanti alcuni settori relativamente ai primi due livelli della struttura degli accordi e, al contempo, si sono negoziati gli impegni relativi al terzo livello; le negoziazioni successive si sono focalizzate sulla definizione di ulteriori impegni di accesso al mercato: servizi finanziari, telecomunicazioni di base e trasporto marittimo per il Gats, tecnologia informatica per il Gatt. Sono stati inoltre siglati altri due importati accordi: un’intesa circa il nuovo meccanismo di risoluzione delle dispute (Dispute Settlement (2) Come già precisato nel capitolo 1, “consolidare” un dazio, da parte di un paese, equivale a definire un livello del dazio stesso che non può essere più aumentato, a meno di non concedere compensazioni tali da garantire il consenso di tutti gli altri paesi. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 33 34 Capitolo 2 - L’Uruguay round Accordi specifici (secondo livello) Accordi di base (primo livello) Servizi Gats Movimento di persone Trasporto aereo Servizi finanziari Spedizioni Telecomunicazioni Merci Gatt Agricoltura (Aa) Misure sanitarie e fitosanitarie (Sps) Prodotti tessili e abbigliamento (Atc) Barriere tecniche al commercio (Tbt) Investimenti esteri (Trims) Anti-dumping (art. VI Gatt) Valutazioni doganali (art. VII Gatt) Ispezioni pre-imbarco (Psi) Regole di origine (Aro) Licenze di importazione (Ilp) Sussidi e misure compensative (Scs) Salvaguardie BOX 2.2. La struttura base degli accordi dell’Uruguay round Trips Proprietà intellettuale Accordo per la revisione delle politiche commerciali (Tpr) Accordo sulla risoluzione delle dispute (Dsu) Altri accordi Understanding, Dsu) e un accordo per la revisione delle politiche commerciali (Trade Policy Review, Tpr). Il Dsu è considerato uno dei contributi più rilevanti della Wto al buon funzionamento del sistema commerciale internazionale. Come si è visto nel capitolo 1, si tratta di un accordo che, rafforzando una normativa già prevista dal Gatt, definisce le procedure da seguire nel caso in cui un paese membro intenda denunciare la violazione di regole Wto da parte di altri paesi aderenti; tale accordo istituisce un meccanismo che fa capo direttamente al Consiglio generale, il quale in questo caso assume le funzioni di Organo di composizione delle dispute (Dispute Settlement Body, Dsb). L’Accordo per la revisione delle politiche commerciali (Tpr) ha affidato al Consiglio generale il compito di procedere ad una revisione periodica delle politiche commerciali dei paesi membri, allo scopo di verificarne la coerenza con gli impegni sottoscritti e al fine di migliorare la trasparenza del sistema. La frequenza della revisione dipende dalle dimensioni del paese: i quattro maggiori paesi esportatori (Ue, Usa, Giappone e Canada, i cosiddetti Quad) vengono sottoposti a revisione ogni due anni, i successivi 16 paesi, in termini di quota del commercio mondiale, ogni quattro anni, i rimanenti ogni sei o più anni. Le revisioni devono prendere in considerazione le politiche e i regolamenti commerciali, ma anche il livello di sviluppo del paese e l’ambiente economico esterno in cui esso si trova ad operare. L’importanza assegnata a tale sistema di verifica è dimostrata dal fatto che il Consiglio generale gestisce il processo in modo diretto, assumendo la funzione di Organo di revisione (Trade Policy Review Body, Tprb). Nel corso dell’Ur la maggior parte dei cosiddetti “codici” del Tokyo round, vale a dire degli accordi plurilaterali non sottoscritti da tutti i membri, sono stati rinegoziati come accordi multilaterali. Così non è stato per quattro di tali codici, e precisamente l’accordo sugli aeromobili civili, che elimina ogni tassa di importazione, quello sugli appalti pubblici, che apre alla competizione internazionale, gli accordi su carne bovina e prodotti lattiero-caseari. Per quanto riguarda i primi due, essi hanno conservato la veste di accordi plurilaterali, mentre gli accordi sulla carne bovina e sui prodotti lattiero-caseari sono stati eliminati nel 1997 e la materia è ora trattata all’interno degli accordi sull’agricoltura e sulle misure sanitarie e fitosanitarie. 2.2. Accesso al mercato Il più corposo risultato dell’Ur è la lista degli impegni volti a consolidare e ridurre le tariffe di importazione sulle merci: una lista che co- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 35 pre 22.500 pagine denominate schedules. I paesi sviluppati si sono impegnati per un taglio del 40% delle tariffe sui prodotti industriali, da una media del 6,3% a una media del 3,8%. La percentuale di prodotti industriali importati su cui gravano tariffe maggiori del 15% è scesa con l’Ur dal 7% al 5% nei paesi sviluppati, e dal 9% al 5% negli altri. Anche il numero di prodotti soggetti al consolidamento delle tariffe è sensibilmente aumentato per effetto degli accordi dell’Ur, arrivando a coprire il 99% dei prodotti nel caso dei paesi sviluppati e il 73% nel caso dei paesi in via di sviluppo. 2.3. Prodotti tessili Il settore tessile ha rappresentato uno dei temi più dibattuti, in quanto regolato fin dagli anni Sessanta da un rigido sistema di quote di importazione. A partire dal 1974 sino alla firma dell’Accordo sui tessili e l’abbigliamento (Atc), il commercio era disciplinato dall’Accordo multifibre (Mfa), che stabiliva quote per limitare le importazioni in alcuni paesi. Le quote del Mfa costituivano una deroga importante alle regole generali Gatt, per almeno due motivi: da una parte erano in conflitto con il divieto di restrizioni quantitative, dall’altra rappresentavano un’eccezione al principio dell’uguaglianza di trattamento fra i partner commerciali, dal momento che specificavano le percentuali d’importazione riservate a ciascun paese esportatore. L’Atc è subentrato al Mfa nel 1995, alla conclusione dell’Ur, concedendo tuttavia ben 10 anni di tempo ai paesi membri Wto per uniformarsi alle regole da esso stabilite, eliminando le quote e le discriminazioni fra esportatori. L’Atc prevede anche la nascita di un organo di monitoraggio del commercio tessile, alle dirette dipendenze del Consiglio generale, che ha il compito di supervisionare l’implementazione dell’accordo. L’Atc esaurirà la sua funzione nel 2005, giacché a quella data il suo obiettivo di adeguare il trattamento dei prodotti tessili alle regole Wto dovrebbe essere stato raggiunto. Da allora in poi, i prodotti tessili saranno considerati alla stregua delle altre merci industriali e ricadranno pertanto sotto la regolamentazione Gatt. Durante la fase di transizione, mentre i vincoli vanno progressivamente ridotti, l’accordo permette di introdurre nuove restrizioni alle importazioni provenienti da un determinato paese (“misure di salvaguardia di transizione”) nel caso in cui il paese importatore stia soffrendo o possa soffrire un grave danno causato dal forte incremento di importazioni tessili, sia in generale che dal paese esportatore in questione. 36 Capitolo 2 - L’Uruguay round 2.4. Servizi Il Gats è il primo insieme di regolamenti multilaterali, giuridicamente vincolanti, che riguardano lo scambio internazionale di servizi. Il Gats disciplina tre livelli: il testo principale enuncia gli obblighi e i principi generali; gli allegati contengono i regolamenti per i diversi settori e gli impegni specifici dei singoli paesi per assicurare l’accesso ai loro mercati. Inoltre, il Gats ha predisposto la lista delle deroghe, ovvero dei casi in cui ad alcuni paesi, sia pure in via provvisoria, è consentito di non applicare il principio di non discriminazione. Una nuova serie completa di negoziati sui servizi è incominciata, secondo quanto previsto dallo stesso Gats, nel 2000. Il Gats copre tutti i servizi, così classificabili: - fornitura transfrontaliera: servizi forniti da una paese ad un altro, come le chiamate telefoniche internazionali; - consumo estero: servizi usufruiti in un paese estero, ad esempio dai turisti; - presenza commerciale: società di servizi che stabiliscono propri uffici in un paese estero; - presenza commerciale di persone: individui che si spostano all’estero per fornirvi servizi. Gli impegni dei singoli paesi a liberalizzare i mercati di determinati servizi sono il fulcro del Gats. Come per il Gatt, gli impegni sono elencati in schedules o liste: esse contengono i settori liberalizzati, il loro grado di apertura e ogni eccezione alla regola del “trattamento nazionale”. Tale regola, che per le merci e per le proprietà intellettuali è un principio generale, nel Gats si applica solo se un paese ha preso impegni specifici e sono comunque contemplate delle eccezioni. Anche in questo caso gli impegni previsti sono “consolidati” e possono quindi essere modificati solo attraverso nuove negoziazioni. Nel Gats il principio della “nazione più favorita” è una regola generale, ma essa prevede numerose eccezioni. Durante l’Ur, infatti, un certo numero di paesi ha condotto trattative bilaterali, parallele al negoziato multilaterale, per scambiarsi concessioni preferenziali reciproche; tali preferenze sono state recepite dal Gats, tramite la redazione di una lista (“eccezioni Mfn”) di paesi e servizi che godono di particolari trattamenti di favore. La lista è chiusa, cioè non possono esservi apportate aggiunte, e scade nel 2005. Un principio importante introdotto dal Gats è quello della trasparenza: con esso i governi si impegnano a pubblicare i testi di legge e i regolamenti rilevanti e a creare canali appropriati affinché si possano ottenere con facilità le informazioni necessarie. Inoltre, i regolamenti Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 37 sul commercio dei servizi devono essere “ragionevoli, oggettivi e imparziali” e ogni decisione amministrativa in materia deve poter essere impugnata attraverso una procedura imparziale di revisione, come quella giudiziaria. In ogni caso, i paesi firmatari del Gats devono notificare alla Wto ogni variazione normativa nel campo del commercio dei servizi. Il Gats impone il principio del riconoscimento non discriminatorio e non protezionista: se due o più paesi si sono accordati per riconoscere le rispettive qualifiche (per esempio la licenza per fornire certi servizi), anche agli altri membri del Gats deve essere concesso di negoziare patti simili. Il Gats include quattro allegati, che disciplinano alcuni settori specifici. - Movimenti di persone: riguarda i diritti delle persone di risiedere temporaneamente in un paese straniero per fornirvi un servizio. - Servizi finanziari: i singoli paesi hanno il diritto di adottare misure prudenziali che proteggano investitori e risparmiatori e assicurino la stabilità del proprio sistema finanziario. L’allegato è stato poi integrato da nuovi impegni sottoscritti nel 1997. - Telecomunicazioni: il principio fondamentale è che i singoli paesi devono assicurare ai fornitori stranieri di servizi l’accesso alle telecomunicazioni pubbliche senza discriminazione. Nuove negoziazioni dopo l’Ur hanno portato ad un’integrazione dell’allegato, nel 1997. - Trasporto aereo: questo allegato esclude dalle regole del Gats il traffico aereo e le attività collegate, in quanto si tratta di materia regolata da altri accordi bilaterali. 2.5. Proprietà intellettuale L’Ur ha portato, per la prima volta, i diritti di proprietà intellettuale nel sistema di accordi commerciali multilaterali, attraverso l’Accordo Trips, firmato alla conclusione dell’Ur nel 1994. I prodotti tecnologici, i farmaci, le nuove varietà di piante, i film, la musica e i dipinti, i prodotti accompagnati da un marchio o caratterizzati da una provenienza sono tutti esempi di beni il cui valore travalica l’oggetto materiale e risiede piuttosto nel contenuto di innovazione, ricerca, tecnologia, scienza, design, invenzione, tradizione, cultura o arte. I diritti di proprietà intellettuale oggetto dell’Accordo Trips sono fondamentalmente di due tipi. - Brevetti, design industriale, design di circuiti integrati, indicazioni geografiche e marchi di fabbrica: per ottenere una protezione di tali brevetti, il titolare li deve registrare. La registrazione, che include una descrizione di cosa viene protetto, diviene un’informazione pubblica. 38 Capitolo 2 - L’Uruguay round - Diritti d’autore e segreti industriali: sono protetti automaticamente, senza obblighi di registrazione e divulgazione del contenuto. Il Trips costituisce un tentativo di riunire sotto regolamenti internazionali comuni i diversi modi in cui questi diritti vengono commercializzati e tutelati nel mondo, offrendo anche la possibilità di risolvere controversie commerciali attraverso il sistema Wto di composizione delle dispute. I principi fondamentali sono quelli del “trattamento nazionale” e della “nazione più favorita”, tipici della quasi totalità dei trattati Wto, a cui si aggiunge quello del “trasferimento tecnologico”, esclusivo di questo accordo. I principi alla base della regolamentazione sono, da una parte, la protezione del diritto intellettuale al fine di incentivare lo sviluppo di nuove tecnologie e invenzioni; dall’altra, la necessità di rendere disponibili tali tecnologie e invenzioni all’intera società. Di particolare interesse per l’agricoltura, all’interno del Trips, sono le indicazioni geografiche e i brevetti. Le indicazioni geografiche L’Accordo Trips assume particolare rilievo per il settore agricolo e agroalimentare, in quanto affronta per la prima volta, da quando si svolgono i negoziati commerciali multilaterali, il delicato problema delle cosiddette “indicazioni geografiche”. La terza sezione dell’Accordo Trips è dedicata per intero alla tutela delle indicazioni di origine, che l’articolo 22.1 definisce come «indicazioni che servono ad identificare un prodotto come originario di un territorio di un paese membro, o di una regione o località di quel territorio, quando una certa qualità, reputazione o altra caratteristica del prodotto possono essere attribuite essenzialmente a quella origine geografica». Lo stesso articolo 22.1 chiarisce la duplice motivazione che deve indurre tutti i membri Wto a prevedere mezzi giuridici adeguati a tutelare le indicazioni di origine. Da una parte, si tratta di impedire l’utilizzazione, nella denominazione e nella presentazione di un prodotto, di tutti i mezzi atti a suggerirne l’origine da una regione geografica diversa da quella di effettiva provenienza, per evitare di indurre in errore il consumatore. Dall’altra, l’obiettivo è impedire gli abusi nell’utilizzo delle indicazioni geografiche, abusi che vanno contro la concorrenza leale. Se quanto stabilito dall’articolo 22.1 dell’Accordo Trips si applica alle indicazioni geografiche globalmente intese, lasciando ai singoli paesi membri la definizione delle procedure in casi accertati di azioni ingannevoli, l’articolo 23 dello stesso accordo prevede una protezione più elevata per i soli vini e bevande alcoliche. Infatti, in questo caso, Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 39 le regole Trips valgono indipendentemente da azioni ingannevoli accertate e definiscono anche le procedure di registrazione. Inoltre, l’articolo 24 prevede alcune eccezioni alla tutela delle indicazioni geografiche, nei casi in cui l’indicazione di vini e liquori sia già utilizzata da un paese membro prima dell’entrata in vigore dell’accordo o nei casi in cui le indicazioni geografiche o i nomi delle varietà d’uva siano diventati, con l’uso, termini generici. Due sono gli aspetti positivi dell’Accordo Trips di particolare rilievo per il settore agricolo e agroalimentare, anche e soprattutto in funzione dei successivi round negoziali e per l’importanza che la materia assume per l’Ue. È stata fornita per la prima volta a livello internazionale una definizione condivisa di indicazione geografica, completamente in sintonia con la normativa comunitaria; vi è stato poi l’impegno esplicito delle parti contraenti a negoziare l’istituzione di un registro multilaterale di notificazione e registrazione delle indicazioni geografiche per i vini, un impegno sul quale l’Ue conta molto, anche in vista di un auspicabile allargamento del registro ad altri prodotti agricoli e agroalimentari. I brevetti Il Trips prevede che la protezione dei brevetti debba durare almeno 20 anni. L’accordo si applica sia ai prodotti che ai processi, in quasi tutti i campi della tecnologia. I governi, in taluni casi, possono rifiutarsi di concedere un brevetto: se il suo sfruttamento commerciale è proibito per ragioni di ordine pubblico o di moralità, se si tratta di metodi diagnostici, terapeutici e chirurgici, se si tratta di piante e animali (eccettuati i microrganismi) e di processi biologici per la produzione di piante o animali (eccettuati i processi microbiologici). Le varietà di piante, tuttavia, devono essere protette da brevetti o dal sistema introdotto dalla convenzione Upov (Unione internazionale per la protezione di nuove varietà di piante), siglata a Ginevra nel 1961. Nei termini di tale convenzione, brevettare una nuova pianta significa acquisire il diritto di impedire ad altri di produrla o venderla senza avere legalmente ottenuto l’autorizzazione dell’inventore. Il Trips descrive i diritti minimi di cui può godere un titolare di brevetto, ma contempla anche alcune eccezioni. Un titolare di brevetto potrebbe abusare del suo diritto, ad esempio non fornendo il prodotto sul mercato. In tal caso, l’accordo prevede che i governi possano emettere concessioni, che permettano ad un competitore di produrre il prodotto o di utilizzare il processo sotto licenza; ciò, tuttavia, può avvenire solo a particolari condizioni, tali da salvaguardare i legittimi interessi del titolare di brevetto. 40 Capitolo 2 - L’Uruguay round Il Trips impone ai governi di garantire che le proprie leggi assicurino il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e che le penalità siano abbastanza dure da scoraggiare violazioni. Le procedure devono essere eque e ragionevoli, semplici e poco dispendiose, non devono comportare limiti temporali eccessivi o ritardi ingiustificati. I soggetti coinvolti devono comunque avere la possibilità di chiedere ad un tribunale di riesaminare una decisione amministrativa o di ricorrere in appello contro una decisione giudiziaria di grado inferiore. L’accordo descrive in dettaglio le regole relative a testimonianze, misure provvisorie, ingiunzioni, danni e altre penalità. Esso prevede che i tribunali abbiano il diritto, ad alcune condizioni, di ordinare l’eliminazione o la distruzione delle merci contraffatte. La contraffazione premeditata di marchi di fabbrica o la pirateria del copyright su scala commerciale devono essere considerate reato penale. Quando il Trips è entrato in vigore, il 1° gennaio 1995, ai paesi sviluppati è stato dato un anno di tempo per adeguare ad esso le proprie leggi e i regolamenti; nel caso dei Pvs e di alcune economie in transizione, tale periodo è stato esteso a cinque anni, mentre ai Paesi meno avanzati sono stati concessi undici anni. I Pvs che al momento dell’entrata in vigore del Trips non avevano previsto la protezione dei brevetti per prodotti afferenti ad una determinata area tecnologica, devono farlo entro dieci anni. Tuttavia, nel caso di prodotti farmaceutici e di prodotti chimici destinati all’agricoltura, essi sono tenuti ad accettare il deposito delle domande di brevetto sin dall’inizio del periodo di transizione, benché non sia obbligatorio concedere il brevetto sino alla fine di questo periodo. Se un governo autorizza la commercializzazione di un prodotto farmaceutico o di un prodotto chimico destinato all’agricoltura durante il periodo di transizione, deve, ad alcune condizioni, accordare un diritto esclusivo di commercializzazione del prodotto per cinque anni o fino a quando non sia registrato un brevetto per tale prodotto, nel caso in cui ciò avvenga prima. 2.6. Dumping, sussidi e salvaguardie Durante l’Ur sono state rinegoziate alcune rilevanti eccezioni al principio del consolidamento delle tariffe e alla loro applicazione non discriminatoria a tutti i partner commerciali. Su questo fronte, tre sono gli accordi di maggiore interesse: l’Accordo sulle misure antidumping, l’Accordo sui sussidi e le misure compensative, l’Accordo sulle misure di salvaguardia. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 41 Anti-dumping L’Accordo anti-dumping della Wto, che riprende l’art. VI del Gatt e uno dei codici del Tokyo round, specifica i casi in cui è possibile reagire alle pratiche di dumping da parte di paesi terzi e le relative procedure. Il dumping avviene quando un prodotto viene esportato sotto costo o comunque ad un prezzo sensibilmente più basso di quello che vige normalmente sul mercato interno del paese esportatore. L’idea è che ciò configuri un comportamento di concorrenza sleale e quindi giustifichi una reazione del paese danneggiato, in difesa dei propri prodotti. È necessario per prima cosa provare che vi sia effettivamente un tentativo di dumping, cioè che i prezzi di esportazione siano sensibilmente al di sotto di quelli “normali”, calcolandone la differenza: i prezzi “normali” sono quelli vigenti sul mercato interno dell’esportatore, o quelli all’esportazione verso paesi terzi, o stimati attraverso una combinazione di costi di produzione, altre spese e un margine di profitto normale. In secondo luogo, è necessario provare che il dumping stia effettivamente causando un danno materiale ai produttori nazionali, quantificandolo attraverso un’analisi dettagliata che deve seguire regole ben precise. Se l’analisi riesce a dimostrare l’effettiva esistenza del dumping e del danno arrecato ai produttori nazionali, il paese danneggiato può derogare ai principi Wto del consolidamento delle tariffe e introdurre un “dazio compensativo” all’importazione, tale da riportare il prezzo d’importazione al suo valore normale. È comunque facoltà dell’azienda esportatrice accusata di dumping di aumentare il proprio prezzo all’esportazione prima che le ritorsioni vengano poste in essere. Rispetto al vecchio codice del Tokyo round, l’Accordo anti-dumping introduce maggiori dettagli sulle procedure da seguire per la stima del prezzo normale e per il calcolo del danno materiale; inoltre, limita a cinque anni la durata delle misure di ritorsione e specifica l’iter per la composizione delle dispute. Sussidi e misure compensative L’Accordo sui sussidi e sulle misure compensative è uno dei più lunghi e complessi dell’intero Uruguay round e, in effetti, si occupa di questioni assai controverse, che già sono state oggetto di un codice nell’ambito del Tokyo round 3. Esso disciplina l’uso dei sussidi e le azioni che i paesi possono intraprendere per controbilanciarne gli effetti. (3) Lo stesso Gatt, con l’art. XVI, introduce il divieto all’uso dei sussidi. 42 Capitolo 2 - L’Uruguay round L’accordo fornisce una precisa definizione di sussidio 4, e si applica solo ai sussidi “specifici”, che vengono cioè specificamente erogati ad un’impresa, industria, gruppo di imprese o gruppo di industrie all’interno di un paese. L’accordo si applica a tutti i prodotti, con l’eccezione di quanto stabilito nel trattato sull’agricoltura. Vengono distinte tre categorie di sussidi: proibiti, contestabili, non contestabili. Sussidi proibiti: si tratta di quei sussidi che richiedono al beneficiario di realizzare specifici obiettivi di esportazione o di usare prodotti nazionali anziché importati, determinando così una distorsione del commercio internazionale. La loro contestazione, nella procedura di risoluzione delle dispute, gode di un procedimento accelerato: una volta appurato che si tratta di un sussidio proibito, esso deve essere eliminato immediatamente, senza che il paese contestante debba dimostrare gli effetti negativi del sussidio. Se il sussidio non viene prontamente rimosso, il paese che ritiene lesi i propri interessi può mettere in atto specifiche contromisure. Sussidi contestabili: in questa categoria si trovano i sussidi la cui rimozione è legata alla dimostrazione di un danno effettivo arrecato al paese contestante. I danni ammissibili sono di tre tipi: sull’industria nazionale del paese importatore; su esportatori rivali di un altro paese, quando i due competono su un terzo mercato; sugli esportatori che cercano di entrare nel mercato del paese che eroga il sussidio. Se il Dsb, cioè l’Organo per la composizione delle dispute, stabilisce che il sussidio produce effetti negativi, il sussidio deve essere eliminato o l’effetto negativo rimosso. Anche qui, come nel caso del dumping, se i produttori nazionali subiscono l’effetto negativo della presenza di prodotti sussidiati nel proprio mercato, il paese può imporre dazi compensativi. Sussidi non contestabili: si tratta di sussidi non specifici, come quelli accordati per la ricerca industriale e per attività propedeutiche allo sviluppo della competitività sui mercati, per l’assistenza alle regioni svantaggiate, o per l’adeguamento delle infrastrutture esistenti a nuove leggi o regolamenti. Non possono dare luogo a misure di ritorsione. Ciascun paese, nei casi previsti, può utilizzare la procedura Wto per la risoluzione delle controversie per invocare la rimozione del sussidio o dei suoi effetti negativi. Alternativamente, il paese può avviare una procedura d’indagine ed eventualmente applicare dazi compensativi sull’importazione del prodotto sussidiato che si ritiene leda i produtto(4) Vengono indicati gli elementi che indicano la presenza di un sussidio. Tali elementi, in sostanza, sono rappresentati da meccanismi di sostegno dei prezzi e sussidi a carico del bilancio pubblico, come spese o mancate entrate. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 43 ri nazionali, con procedure simili a quelle anti-dumping. L’accordo stabilisce i criteri per determinare se è stato arrecato un danno all’industria nazionale, le procedure per condurre l’indagine, le regole per l’implementazione delle contromisure e la loro durata. Un elemento di particolare interesse nella normativa relativa ai sussidi è il trattamento speciale e differenziato previsto per i Pvs. Viene riconosciuto, infatti, che le sovvenzioni rappresentano uno strumento importante nel perseguimento dei programmi di sviluppo economico, pertanto ai paesi a più basso livello di sviluppo e a quelli con un reddito pro capite annuo inferiore a mille dollari non si applica il divieto generale di concedere sovvenzioni alle esportazioni. Vale la pena di ricordare che i prodotti agricoli sono sostanzialmente esclusi dall’applicazione di queste disposizioni, in quanto l’Accordo agricolo prevede una regolamentazione ad hoc dei sussidi interni e all’esportazione. Misure di salvaguardia Le misure di salvaguardia fanno parte dell’originario Accordo Gatt (art. XIX): «è facoltà dei paesi membri di adottare una misura di salvaguardia, cioè di limitare temporaneamente l’importazione di un prodotto, nel caso in cui l’industria nazionale sia seriamente lesa o minacciata da una improvvisa impennata delle quantità importate». Prima dell’Ur, le misure di salvaguardia venivano usate molto raramente: i governi preferivano proteggere le proprie industrie nazionali attraverso misure definite “grigie”, cioè ricorrendo a negoziazioni bilaterali per persuadere i paesi esportatori a limitare volontariamente le proprie esportazioni. Con il nuovo accordo sono state vietate le limitazioni volontarie e le misure grigie, e si è stabilito che accordi di questo tipo, già in essere, dovevano essere eliminati entro il 1998 (sunset clause). L’Accordo sulle misure di salvaguardia permette alle industrie o ai produttori nazionali di richiedere azioni di salvaguardia al proprio governo, che deve stabilire se vi sia, o si stia per produrre, un serio danno all’industria nazionale a causa di un improvviso aumento delle importazioni; esso deve inoltre stabilire quale e quanto grande sia l’impatto negativo e se l’adozione di una misura di salvaguardia sia di pubblico interesse. L’utilizzo di tale misura può essere giustificato da un incremento assoluto delle importazioni o da un incremento relativo della quota di importazione in un mercato in contrazione, anche se non vi è stato aumento della quantità importata. Nel caso in cui si arrivi alla sua adozione, la misura di salvaguardia deve essere applicata solo in modo funzionale a prevenire o a rimediare al danno subito o per aiutare l’industria nazionale a reagire al danno 44 Capitolo 2 - L’Uruguay round stesso. Nel caso in cui siano imposte restrizioni quantitative, le quantità importate non devono comunque scendere al di sotto della media annuale dei tre anni precedenti. Si noti che le misure di salvaguardia non possono essere applicate in modo selettivo, cioè solo nei confronti di alcuni paesi e non di altri, e l’accordo descrive i criteri in base ai quali dividere le quote fra i paesi esportatori. Inoltre, le misure di salvaguardia non possono persistere per più di quattro anni, portati ad otto in casi eccezionali 5. La revisione dell’art. XIX del Gatt ha rappresentato uno dei punti più controversi dell’intero Ur: molti paesi sviluppati chiedevano di rendere possibile un uso selettivo della clausola di salvaguardia, per poterla applicare solo nei confronti di uno o più paesi considerati responsabili del danno. Questa richiesta è stata fortemente avversata dai Pvs che hanno paventato un abuso dell’art. XIX da parte dei paesi sviluppati; la formulazione finale dell’accordo ha mantenuto l’originaria impostazione non discriminatoria, coerente con l’art. XIX del Gatt. In ogni caso, i Pvs sono parzialmente protetti dall’applicazione delle misure di salvaguardia nei loro confronti, giacché è possibile agire sulle importazioni provenienti da un Pvs solo in due casi specifici: se il prodotto in questione pesa per più del 3% sulle importazioni del paese importatore, o se il Pvs esportatore pesa per più del 9% sulle importazioni dello specifico prodotto. 2.7. Barriere non tariffarie Alcuni accordi Wto trattano di misure tecniche, burocratiche o legali che possono costituire altrettante barriere al libero commercio. Le questioni riguardano: - barriere tecniche al commercio; - misure sanitarie e fitosanitarie; - licenze di importazione; - regole per la valutazione delle merci in dogana; - ispezioni pre-imbarco; - regole di origine; - investimenti esteri. Barriere tecniche al commercio L’Accordo sulle barriere tecniche al commercio (Tbt), che è una versione aggiornata di uno dei codici del Tokyo round, cerca di assicu(5) Nel caso in cui, sulla base di una valutazione della competente autorità nazionale, la misura risulti ancora necessaria o nel caso in cui si dimostri che l’industria nazionale è ancora in fase di aggiustamento. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 45 rare che i regolamenti, gli standard, e in generale tutte le procedure di verifica e certificazione delle merci non creino ostacoli immotivati al commercio. L’accordo, pur incoraggiando l’adozione di regole internazionali, riconosce il diritto di ciascun paese di stabilire gli standard che ritiene appropriati e di applicare le misure necessarie affinché tali standard siano rispettati. Esso impone che le procedure volte a verificare se un prodotto è conforme o meno agli standard fissati siano giuste ed eque, e che non diano immotivati vantaggi ai produttori nazionali. Inoltre, l’accordo incoraggia il mutuo riconoscimento delle procedure, cosicché sia sufficiente che il prodotto venga sottoposto a verifica nel paese d’origine. I paesi, inoltre, devono creare dei punti informativi nazionali, per rendere pubblici gli standard e permettere agli importatori di venirne tempestivamente a conoscenza. Misure sanitarie e fitosanitarie L’Accordo sull’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (Sps) specifica i modi in cui i paesi possono assicurare la salubrità alimentare, limitando la possibilità che una definizione strumentale degli standard sia utilizzata per proteggere i produttori nazionali. Ai paesi è consentito di stabilire propri standard, anche se vengono incoraggiati ad adottare, laddove esistano, linee guida internazionali. I vincoli devono spingersi solo fino al punto in cui sono effettivamente necessari per la tutela della salute umana, animale o vegetale. Non è permesso discriminare fra paesi che hanno condizioni simili. Nel caso in cui un paese voglia adottare propri standard più stringenti di quelli internazionali deve fornire una giustificazione scientifica della propria scelta. L’accordo prevede anche indicazioni sulle procedure di controllo, ispezione e approvazione. Infine, esso impone ai paesi di comunicare tempestivamente ogni variazione della normativa nazionale sanitaria e fitosanitaria e di creare punti informativi accessibili ai paesi terzi. Licenze d’importazione Il sistema delle licenze d’importazione è tuttora utilizzato per regolare il commercio internazionale in alcuni paesi e per alcuni prodotti. L’Accordo sulle procedure per le licenze d’importazione (Ilp), che modifica e amplia un precedente codice del Tokyo round, stabilisce che le procedure debbano essere semplici, trasparenti e prevedibili: i paesi devono far circolare sufficienti informazioni fra gli operatori sui criteri adottati per la distribuzione delle licenze, e devono notificare alla Wto l’introduzione di nuove procedure a variazione di quelle preesistenti. 46 Capitolo 2 - L’Uruguay round Alcune licenze, a determinate condizioni, sono rilasciate automaticamente: l’accordo ne stabilisce i criteri, in modo da non limitare il commercio. Nel caso in cui le licenze non siano assegnate automaticamente, l’accordo impone delle regole che ne facilitino la richiesta da parte degli esportatori, affinché questioni burocratiche e tempi di attesa non limitino o distorcano il movimento di merci o servizi. Regole per la valutazione delle merci L’Accordo sull’implementazione dell’articolo VII del Gatt cerca di introdurre regole giuste, uniformi e neutrali per valutare le merci in dogana, ampliando e precisando meglio le regole già presenti nell’originale Accordo Gatt. Durante l’Ur sono state adottate due decisioni ministeriali che permettono alle amministrazioni doganali di richiedere ulteriori informazioni sulla merce, se vi è ragione di dubitare del valore dichiarato; nel caso il dubbio permanga, esse possono concludere che il valore del bene importato non può essere determinato sulla base del valore dichiarato. Ispezioni pre-imbarco L’Accordo sulle ispezioni pre-imbarco (Psi) riconosce che i principi e gli impegni del Gatt si applicano anche alle agenzie a cui i governi affidano le ispezioni pre-imbarco: si tratta di una pratica diffusa soprattutto nei Pvs, che consiste nell’utilizzare società private specializzate per controllare i dettagli (prezzo, quantità, qualità) delle merci spedite. I paesi che usano queste agenzie devono assicurare che la loro attività sia non discriminatoria, trasparente, che protegga adeguatamente informazioni confidenziali, che non comporti ritardi ingiustificati. Il paese deve, inoltre, determinare chiare linee guida per la verifica dei prezzi ed è tenuto a verificare che non esistano conflitti di interesse tra le agenzie di spedizione. Regole di origine Poiché alcune politiche prevedono una discriminazione fra paesi esportatori (quote, tariffe preferenziali, azioni anti-dumping, misure di compensazione), è essenziale stabilire da dove proviene una merce. La determinazione univoca del paese di provenienza è inoltre funzionale all’applicazione del marchio “made in” e a esigenze di tipo statistico. L’Accordo sulle regole di origine (Aro) vincola i membri ad adottare regole trasparenti, che non distorcano o limitino il commercio internazionale e siano gestite in maniera coerente, uniforme, imparziale e ragionevole. Nel lungo termine, l’accordo introduce un’armonizza- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 47 zione delle regole di origine fra i membri Wto, fatte salve alcune eccezioni 6. Il lavoro combinato di un Comitato sulle regole di origine, in seno alla Wto, e di un Comitato tecnico dell’organizzazione doganale mondiale, ha reso possibile l’adozione, nel luglio del 1998, di alcuni criteri di armonizzazione e di regole di origine valide in ogni circostanza e uguali per tutti. Investimenti esteri L’Accordo sugli investimenti esteri (Trims) si applica solo alle misure che regolano gli investimenti legati al commercio internazionale dei beni. Esso ribadisce che nel disciplinare gli investimenti i paesi non possono violare il principio del trattamento nazionale e che, in ogni caso, le misure in questione non possono introdurre o indurre restrizioni quantitative, che violerebbero un altro importante principio del Gatt. L’allegato dell’accordo elenca le misure incompatibili con i due principi menzionati, tra cui quelle che impongono l’acquisto di prodotti nazionali o limitano le importazioni o, ancora, stabiliscono obiettivi di esportazione per l’impresa straniera che effettua l’investimento. Il Trims ha anche stabilito la creazione di uno speciale comitato per monitorare l’implementazione dell’accordo. Il processo di adeguamento dei paesi alle regole dell’accordo, guidato dal Comitato Trims, ha avuto termine nel 2001, anno entro il quale tutte le misure non conformi all’accordo sono state completamente bandite. 3. L’ACCORDO SULL’AGRICOLTURA 3.1. La struttura dell’Accordo L’Accordo sull’agricoltura (Aa) è forse il principale risultato dell’Ur. Come è noto, il negoziato sull’agricoltura è stato controverso, fortemente caratterizzato dalla lunga e difficile trattativa bilaterale tra Usa e Ue. Non è quindi un caso che il negoziato agricolo (e, secondo alcuni, l’intero Ur) fu sbloccato dal raggiungimento di una prima intesa tra questi due paesi nel novembre 1992 (accordo di Blair House), e dal suo successivo perfezionamento all’inizio del dicembre 1993 (accordo di Blair House II). L’intesa tra Ue e Usa, con lievi modifiche e aggiunte, fu poi accettata da tutti gli altri paesi, divenendo così multilaterale il 15 dicembre 1993 e consentendo la conclusione formale del(6) Per esempio, nelle aree di libero scambio i paesi possono utilizzare proprie regole di origine. 48 Capitolo 2 - L’Uruguay round l’Ur il 15 aprile 1994 a Marrakech 7. D’altra parte, non è sorprendente che la trattativa agricola sia stata lunga e laboriosa perché, oltre all’iniziale distanza delle posizioni dei due maggiori attori mondiali, si trattava di disciplinare un comparto da sempre tenuto al di fuori delle regole Gatt, che venivano applicate a tutti gli altri settori. L’Aa prevede impegni specifici in tre aree distinte: la riduzione del sostegno interno, la riduzione delle barriere all’accesso al mercato e la riduzione dei sussidi all’esportazione. Gli impegni specifici assunti da ciascun paese sono descritti in dettaglio nei singoli prospetti (schedules), uno per ogni paese, allegati all’accordo e parte integrante di quest’ultimo. L’accordo ha previsto un periodo di progressiva implementazione (sei anni per i paesi sviluppati, dal 1995 al 2001), specificando gli impegni da soddisfare per ogni anno del periodo di implementazione e per il periodo successivo, cioè dopo il 2001. Tra gli elementi generali dell’Aa si ricordano in particolare: - la cosiddetta “clausola di pace”; - l’articolo 20 dell’Accordo, relativo all’avvio di un nuovo negoziato entro il 2000; - il trattamento speciale e differenziato riservato ai Pvs. La clausola di pace è l’impegno, sancito dall’art. 13, a non applicare per nove anni (a partire dal 1° gennaio 1995) le azioni di ritorsione alle misure non conformi alle regole generali Wto ma rese (temporaneamente) legittime dall’Aa: l’esempio più evidente sono i sussidi all’esportazione, una misura proibita dalle regole generali Wto ma consentita nel caso dell’agricoltura, sia pure entro i limiti e gli impegni di riduzione previsti dall’accordo. Il limite temporale della clausola di pace implica che, a partire dal 1° gennaio 2004, se non interviene una proroga o un nuovo accordo specifico, in base ai principi generali Wto i paesi che si riterranno penalizzati dai sussidi all’esportazione di prodotti agricoli (per esempio quelli ancora utilizzati dall’Ue) potranno mettere in atto azioni di ritorsione, con l’obiettivo di ottenere una compensazione del danno subito. Lo scopo della clausola di pace è evidente: da un lato, essa ha offerto un congruo margine di tempo per rinegoziare un nuovo accordo alla scadenza dell’Ur; dall’altro, ha il fine di esercitare una certa pressione perché tale negoziato non vada troppo per le lunghe, fissandone implicitamente la scadenza alla fine del 2003. Per quanto riguarda l’articolo 20 dell’Aa, esso sanciva l’impegno ad avviare già all’inizio del 2000 un nuovo negoziato agricolo con «l’obiettivo di lungo periodo di una progressiva e sostanziale riduzione del (7) Per un’analisi approfondita dell’evoluzione del negoziato agricolo nell’Ur si rimanda ad Anania, Carter e McCalla 1994 e a De Filippis 1996. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 49 sostegno e della protezione», tenendo in dovuto conto l’esperienza acquisita con l’applicazione dell’Aa e gli effetti da esso provocati. Lo spirito di tale articolo risiede nella consapevolezza che l’Accordo agricolo dell’Ur rappresentava solo l’inizio di un processo complesso, e sarebbe stato dunque opportuno riaprire le trattative anche prima della scadenza del periodo di implementazione. In effetti, proprio sulla base dell’articolo 20 e nonostante il fallimento della Conferenza ministeriale di Seattle del 1999, nel 2000 ha preso avvio il nuovo negoziato agricolo, consentendo, come vedremo, di arrivare alla successiva conferenza di Doha avendo già fatto qualche passo avanti. A proposito del trattamento speciale e differenziato riservato ai Pvs, l’Aa prevede per essi impegni meno gravosi e un periodo di tempo più lungo per soddisfarli. Per i paesi a più basso livello di sviluppo (Lldc o, in italiano, Pma), inoltre, l’accordo, sostanzialmente, non prevede alcun impegno. In altre parole, si riconosce implicitamente che il protezionismo agricolo è soprattutto una questione che riguarda i paesi sviluppati e che sono questi i soggetti a dover operare nelle loro politiche i cambiamenti più rilevanti per il settore. Di seguito si presentano, brevemente, gli impegni previsti dall’Aa relativi ai suoi tre “pilastri”: l’accesso al mercato, il sostegno interno e la riduzione delle esportazioni sussidiate 8. 3.2. Gli impegni relativi all’accesso al mercato In sintesi, gli impegni sottoscritti con l’Aa in materia di apertura dei mercati interni alle importazioni hanno previsto: - la cosiddetta “tarifficazione” delle barriere non tariffarie al commercio e la successiva riduzione delle tariffe; - l’introduzione di quote d’importazione a tariffa ridotta (Qtr); - l’introduzione di una clausola speciale di salvaguardia. La tarifficazione delle barriere non tariffarie è consistita nella loro sostituzione con “tariffe di base equivalenti”, cioè con tariffe di livello tale da generare, in teoria, un volume di importazioni equivalente a quello del periodo base (anni ’86-’88) 9. Le barriere non tariffarie sostituite con le tariffe di base equivalenti sono le restrizioni quantitative sulle importazioni, i prelievi variabili, i prezzi minimi all’importazio(8) Per una descrizione dettagliata del contenuto dell’Accordo sull’agricoltura si rimanda ad Anania 1996, pp. 160 s. (9) La definizione di una tariffa “equivalente” ad una barriera tariffaria è tutt’altro che banale. Per una discussione approfondita della questione, si rimanda ancora una volta ad Anania 1996. 50 Capitolo 2 - L’Uruguay round ne, le limitazioni delle importazioni attraverso l’allocazione discrezionale di licenze, le misure non tariffarie poste in essere da agenzie pubbliche d’importazione, le restrizioni volontarie delle importazioni. Oltre alla tarifficazione delle barriere non tariffarie già esistenti, l’accordo ha introdotto anche l’obbligo a non introdurne di nuove. Una volta operata la trasformazione in tariffe di tutte le misure di protezione, l’accordo ha previsto l’impegno a ridurre del 36% (24% per i Pvs), nei sei anni compresi tra il 1995 e il 2001, la media semplice delle tariffe stesse (cioè non ponderata per il valore delle importazioni) e il livello di ciascuna tariffa di almeno il 15% (10% per i Pvs). Si è scelto, dunque, un approccio di riduzione per formula lineare, cioè basato su una riduzione percentuale uniforme del dazio originario 10. Tornando alla tarifficazione, la scelta di un periodo di riferimento per il calcolo delle tariffe di base fortemente retrodatato rispetto alla data di chiusura dell’accordo si giustifica con la volontà di riconoscere implicitamente un “credito” ai paesi che avevano già ridotto la propria protezione durante gli anni del negoziato. In effetti, tale retrodatazione ha agevolato, più o meno, tutti i paesi, in quanto il livello medio delle tariffe applicate nel periodo base era per tutti più alto di quello esistente al momento della chiusura dell’Ur. In altre parole, l’impegno alla riduzione delle tariffe previsto dall’accordo è risultato, di fatto, tanto meno gravoso quanto più il loro livello nel periodo base, rispetto al quale andava calcolata la riduzione, risultava maggiore delle tariffe effettivamente applicate al momento dell’implementazione dell’accordo stesso. Inoltre, l’impegno è stato ulteriormente depotenziato dalla cosiddetta “tarifficazione sporca”, cioè dal modo non sempre trasparente, e spesso discutibile, con cui i paesi hanno calcolato il livello delle tariffe di base, con un tacito accordo di reciproca tolleranza. Ne è conseguita, in molti casi, una sistematica sovrastima delle tariffe di base - in gergo si parla di “annacquamento” delle tariffe stesse - che ha finito col vanificare gran parte dell’effettiva portata liberalizzatrice della loro successiva riduzione. La tarifficazione non ha risolto, inoltre, un altro problema tipico del protezionismo agricolo, vale a dire la forte variabilità delle tariffe, ovvero la presenza di picchi tariffari su specifici prodotti 11 e, più in generale, la cosiddetta tariff escalation. Ci si riferisce, con questo termine, alla maggiore protezione garantita sistematicamente dai paesi industria(10) Diverso è l’approccio per formule armonizzatrici, il cui esempio più famoso è quello della “formula svizzera” utilizzata nel Tokyo round del Gatt per la riduzione delle tariffe sui prodotti industriali. (11) Nell’Ue, l’8% dei prodotti paga dazi superiori al 100%, con un picco massimo del 500%. In Giappone, il picco supera addirittura il 2000%. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 51 lizzati ai prodotti trasformati rispetto alle materie prime e ai beni intermedi, che finisce con il danneggiare i Paesi in via di sviluppo: per questi ultimi, infatti, è relativamente facile esportare verso i paesi più sviluppati materie prime, ma è praticamente impossibile entrare su tali mercati con prodotti trasformati, con il risultato che il valore aggiunto associato alla trasformazione viene catturato dal paese importatore. Le quote d’importazione a tariffa ridotta (Qtr) sono previste per quei prodotti le cui importazioni, considerate nel periodo di riferimento 1986-88, costituivano meno del 3% del consumo interno del paese (esse vengono denominate quote di accesso “minimo”). L’accordo ha anche confermato molte quote preesistenti di accesso preferenziale, cioè soggette a un regime tariffario differenziato sulla base del paese di provenienza (denominate quote di accesso “corrente”). L’ammontare delle quote di accesso minimo che ogni paese è stato obbligato a concedere, calcolato come percentuale del consumo interno di ciascun prodotto nel periodo base, è stato fissato al 3% per il primo anno di implementazione dell’accordo, per arrivare progressivamente ad almeno il 5% nel 2001. Le importazioni nell’ambito delle quote di accesso minimo sono soggette a una tariffa ridotta pari, di norma, a non più del 32% di quella applicata sulle (eventuali) importazioni al di là della quota. È bene ricordare che le Qtr non implicano l’obbligo di importare un ammontare di prodotto pari alla quota, ma solo l’applicazione di una tariffa più bassa ad un ammontare di importazioni pari alla quota stessa. Sono molti i casi di Qtr che non sono state pienamente utilizzate o non lo sono state affatto, poiché anche con l’imposizione di una tariffa più bassa non è emersa la convenienza ad importare (per carenza di domanda interna, o per la presenza di una tariffa che, pur se minore rispetto a quella di base, risultava comunque tale da proteggere il mercato interno dalle importazioni). Nel caso in cui, invece, vi siano importazioni che oltrepassano l’ammontare della Qtr, questa genera un guadagno aggiuntivo, cioè una rendita, per coloro che possono importare nell’ambito della quota, pagando una tariffa più bassa di quanti importano al di fuori della quota stessa. Quindi, una questione rilevante legata all’amministrazione delle Qtr, è chi beneficia della rendita ad esse associata (De Filippis 2002, pp. 100-108). L’Aa, infine, prevede una “clausola speciale di salvaguardia”, che consiste nella possibilità di applicare tariffe superiori a quelle massime consentite, nel caso in cui si abbia o una riduzione del prezzo all’importazione o un aumento del volume delle importazioni al di là di soglie prefissate. I prodotti per i quali vale tale clausola sono specificati nei prospetti di ciascun paese e sono comunque limitati ai prodotti oggetto di tarifficazione. 52 Capitolo 2 - L’Uruguay round 3.3. Gli impegni relativi alla riduzione delle esportazioni sussidiate Come si è già avuto modo di sottolineare, la possibilità di utilizzare una misura proibita quale il sussidio alle esportazioni costituisce una peculiare eccezione ai principi generali Wto. L’Aa rende possibili i sussidi alle esportazioni agricole, ma impone la loro progressiva riduzione sulla base di una precisa regolamentazione. Gli impegni relativi alla riduzione delle esportazioni sussidiate prevedono due vincoli distinti: - la riduzione del 36% (24% per i Pvs) in sei anni della spesa complessiva in sussidi all’esportazione (o delle minori entrate per il governo che derivano dalle politiche di sussidio realizzate); - la riduzione del 21% (14% per i Pvs), negli stessi anni, del volume delle esportazioni sussidiate. Il riferimento per il calcolo delle riduzioni è dato dalla spesa in sussidi e dalle esportazioni sussidiate medie annue nel “periodo base” 1986-90. Tuttavia, poiché in molti casi le esportazioni sussidiate avevano continuato a crescere negli anni successivi a quelli del periodo base, ciò avrebbe implicato una loro riduzione troppo repentina nel primo anno di applicazione dell’accordo, quando esse non avrebbero potuto superare il 96,5% della loro media negli anni tra il 1986 e il 1990. Di conseguenza, l’Aa ha previsto un meccanismo, noto con il termine di front loading, volto ripristinare una certa gradualità degli impegni di riduzione. Si tratta della possibilità - fermi restando i valori massimi consentiti per la spesa e per il volume delle esportazioni sussidiate nell’ultimo anno del periodo di implementazione (il 2001) e in quelli successivi - di ridurre progressivamente spesa ed esportazioni sussidiate a partire non dai loro valori nel periodo base ma da quelli, più alti, degli anni 1991-92 o, in qualche caso, dalla media di quelli nel periodo base e negli anni 1991-92. Le misure soggette ai vincoli di riduzione delle esportazioni sussidiate previsti dall’accordo sono le seguenti: - i sussidi all’esportazione, in moneta o in natura, anche se finanziati con prelievi a carico di produttori dello stesso settore; - gli aiuti pagati ad aziende agricole, imprese di trasformazione, associazioni e cooperative di produttori, o a marketing boards, condizionati al raggiungimento di risultati legati all’esportazione; - la collocazione all’estero di beni disponibili negli ammassi pubblici a prezzi inferiori a quelli del mercato interno; - gli interventi volti a ridurre i costi degli esportatori, compresi quelli di confezionamento, trasformazione e trasporto (per la parte che ha luogo al di fuori dei confini del paese); Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 53 - le politiche che riducono i costi di trasporto all’interno del paese dei prodotti destinati ad essere esportati, ma solo nella misura in cui tali politiche prevedano benefici maggiori rispetto a quelli di cui godono i prodotti non esportati; - le politiche di sussidio alla produzione, ma, anche in questo caso, solo nella misura in cui tali politiche prevedano aiuti per i prodotti esportati maggiori rispetto a quelli di cui godono i prodotti non esportati. Gli aiuti alimentari, se conformi alle direttive Fao, non sono considerati come esportazioni sussidiate. Altra condizione imposta agli aiuti alimentari è che essi non debbano essere in alcun modo legati alle esportazioni effettuate su base commerciale verso il paese cui sono diretti; inoltre, essi devono essere possibilmente ceduti in forma completamente gratuita. Infine, è previsto che eventuali sussidi all’esportazione, diversi da quelli esplicitamente definiti nell’accordo, non possano essere utilizzati in modo da aggirare gli impegni, e che sia a carico del paese esportatore l’onere di provare che le esportazioni in eccesso rispetto al limite non abbiano beneficiato di sussidi. 3.4. Gli impegni relativi al sostegno interno L’Aa ha previsto un impegno specifico per la riduzione del sostegno complessivo di cui godono i produttori agricoli, cioè derivante sia dalle politiche commerciali (quali le tariffe all’importazione o i sussidi all’esportazione) che da quelle interne (come i sussidi alla produzione o le politiche di sostegno dei prezzi). Sulla base delle regole fissate dall’accordo, le politiche di ciascun paese vengono classificate tramite la collocazione in quattro “scatole” di diverso colore, a seconda delle loro caratteristiche e del loro potenziale distorsivo del commercio mondiale. La prima scatola, quella verde (green box), contiene le politiche esenti dagli impegni di riduzione del sostegno, dal momento che si ritiene che esse non abbiano effetti distorsivi o abbiano effetti distorsivi minimi sul commercio internazionale. Si tratta di politiche che determinano un sostegno dei redditi dei produttori agricoli non legato a quanto producono, cioè “disaccoppiato” dalla quantità prodotta, che, come tale, non induce alcun effetto sulle esportazioni o sulle importazioni del paese. È soprattutto per questa ragione che le politiche collocate nella scatola verde sono considerate legittime dal punto di vista delle regole Wto. Tuttavia, è molto difficile immaginare una politica che non muti in alcun modo le convenienze a produrre delle imprese; più giusto, quindi, è prendere atto che la scatola verde contiene politi- 54 Capitolo 2 - L’Uruguay round che che sono state concordemente identificate, in base all’Aa, come quelle che hanno effetti distorsivi minimi sugli scambi internazionali. Tra le politiche che ricadono nella scatola verde troviamo, ad esempio, quelle a sostegno delle attività di ricerca, di formazione e di assistenza tecnica; gli investimenti in infrastrutture rurali; i pagamenti per la compensazione di danni derivanti da calamità naturali; le politiche di sostegno all’aggiustamento strutturale delle imprese (come gli incentivi al prepensionamento o agli investimenti aziendali); i programmi di protezione ambientale; le politiche di sviluppo rurale 12. La seconda scatola è quella rossa (red box), che contiene le misure il cui uso è proibito. Al contrario di quanto accade per gli altri settori, per l’agricoltura questa scatola è sostanzialmente vuota: con l’eccezione delle barriere all’importazione diverse dalle tariffe, per le quali pure vi sono molte eccezioni, non esistono, infatti, in agricoltura politiche che non possono essere utilizzate tout court. La terza scatola, associata al colore delle luci del semaforo, è la scatola gialla (amber box). Essa contiene politiche distorsive degli scambi, il cui uso dovrebbe essere proibito in base alle regole generali Wto e che possono invece essere mantenute purché soggette a un obbligo di progressiva riduzione della relativa spesa. Ricadono nella scatola gialla tutte le misure di sostegno interno di tipo “accoppiato”, che determinano cioè un aumento della produzione e quindi, a seconda della posizione commerciale netta del paese, una riduzione delle sue importazioni o un aumento delle sue esportazioni. Tipici esempi sono le politiche di prezzi minimi garantiti, mediante intervento di acquisti sul mercato; integrazioni variabili di prezzo; sussidi legati alla quantità prodotta. L’ultima scatola, quella blu (blue box), che a fini pratici ha la stessa funzione della scatola verde, è uno strumento specificamente creato dall’Aa come risultato di un compromesso: la scatola blu contiene infatti politiche che, sebbene determinino un sostegno in larga parte “accoppiato” alla produzione, sono caratterizzate da alcuni elementi che hanno reso politicamente accettabile la loro esenzione dagli obblighi di riduzione del sostegno previsti dall’accordo. La definizione delle politiche contenute nella scatola blu, nei termini in cui l’esprime l’accordo, non è tra le più semplici 13; essa ha costituito il principale risul(12) La definizione delle politiche esenti dagli obblighi di riduzione è contenuta nell’Allegato 2 dell’Accordo sull’agricoltura. (13) Si tratta dei «pagamenti diretti nell’ambito di programmi di riduzione della produzione se: (i) questi pagamenti sono basati su superfici e rese fisse; o (ii) questi pagamenti sono effettuati sull’85% o meno del livello base di produzione; o (iii) i pagamenti relativi al bestiame sono effettuati sulla base di un numero fisso di capi». (Accordo sull’agricoltura, paragrafo 5, art. 6) (Anania e De Filippis 1996, p. 470). Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 55 tato del già citato Accordo di Blair House del novembre 1992 tra Usa e Ue, e coincide, in larga misura, con i pagamenti diretti alle imprese, introdotti dalla Ue nel 1992 con la riforma Mac Sharry, e con i pagamenti alle imprese sotto forma di integrazioni di prezzo, esistenti in quegli anni negli Usa. L’introduzione della scatola blu ha avuto un duplice obiettivo: da un lato, ha consentito di porre al riparo da obblighi di riduzione una parte consistente del sostegno concesso ai produttori agricoli di Usa e Ue; dall’altro, - ed è questo un aspetto positivo - ha incentivato l’uso di misure di sostegno parzialmente disaccoppiato, che hanno un minore impatto distorsivo sul commercio internazionale. Per quanto riguarda le misure contenute nelle tre scatole, l’Aa prevede una riduzione del sostegno annuo relativo alle politiche ricadenti nella scatola gialla, calcolato facendo ricorso ad una “Misura aggregata del sostegno” (Mas), le cui modalità di calcolo sono definite nell’allegato 3 dell’accordo stesso. Il valore base della Mas, rispetto al quale è stata concordata la riduzione del 20% (13,3% per i Pvs), è dato dalla sua media negli anni 1986-88 14; è stato inoltre previsto che la riduzione fosse progressiva, in percentuali di eguale ammontare per ciascuno dei sei anni del periodo d’implementazione dell’accordo (dal 1995 al 2000). Oltre alle misure della scatola verde e blu, sulla base della cosiddetta “clausola de minimis” non vanno considerati nel calcolo della Mas il sostegno relativo alle misure interne per prodotti specifici che non superi il 5% del valore della produzione di quel prodotto, né il sostegno che si concretizza in misure i cui benefici non possono essere attribuiti specificamente ad alcun prodotto, e che non superi il 5% del valore della produzione agricola del paese (tali percentuali sono elevate al 10% per i Pvs). 4. LE PRINCIPALI DISPUTE IN MATERIA AGRICOLA 15 Come si è già sottolineato in precedenza, la nascita della Wto ha portato con sé, tra le varie novità, la sostanziale modifica del meccanismo di risoluzione delle controversie. Questo, infatti, non è più basato sul raggiungimento di un accordo tra i membri interessati ma sull’emanazione di una sorta di sentenza da parte di un panel di esperti indi(14) Anche in questo caso, la scelta di un periodo di base retrodatato formalmente ha avuto lo scopo di accordare un “credito”, e anche in questo caso si è in realtà risolta in un allentamento dell’impegno di riduzione per tutti i paesi. (15) Questo paragrafo è stato redatto integrando e aggiornando le informazioni tratte da De Filippis 2002, pp. 64-70 e Inea 2002, pp. 47-50. 56 Capitolo 2 - L’Uruguay round pendenti, che diventa vincolante per i paesi membri condannati, i quali, di conseguenza, possono modificare le propria normativa interna o accettare le sanzioni commerciali del paese danneggiato. Il meccanismo in questione, più volte applicato (dalla sua nascita, nel 1995, sono state 301 le dispute poste all’attenzione dell’Organo di composizione delle controversie), ha visto coinvolta l’Ue in diverse dispute, soprattutto in materia di scambi commerciali agricoli, ora come accusata di violazione delle regole Wto ora come accusatrice di concorrenza sleale da parte di altri membri. Alcune controversie hanno già trovato soluzione, secondo le possibilità offerte dalla procedura sopra richiamata, altre sono ancora in corso alla data di stesura del presente lavoro. Di entrambe le categorie si dà di seguito brevemente conto. Regime preferenziale d’importazione delle banane nella Ue: si tratta della principale disputa aperta contro l’Ue dagli Stati Uniti e da altri paesi esportatori all’indomani della nascita della Wto (settembre 1995), per il fatto che il regime d’importazione di banane nell’Ue assegnava quote a tariffa ridotta ai paesi Acp (Africa, Caraibi e Pacifico), concedendo loro una preferenza rispetto ad alcuni paesi dell’America centrale. I diversi panel della Wto hanno condannato l’Ue, che ha modificato la propria regolamentazione in materia, ma in modo non soddisfacente, tanto che gli “avversari” hanno potuto applicare sanzioni commerciali ritorsive, costate alla sola Italia circa 30 milioni di Euro. Di conseguenza, nel luglio 2001 l’Ue ha nuovamente modificato il regime d’importazione delle banane, con l’accordo della controparte, chiudendo definitivamente il lungo contenzioso. La sostanza dell’accordo prevede l’impegno dell’Ue a cancellare le quote d’importazione, introducendo un sistema basato solo sull’imposizione tariffaria, che tuttavia resta pari a zero per le importazioni di banane dai paesi Acp. Divieto di importare nell’Ue carni bovine trattate con ormoni: la disputa, ancora una volta con gli Stati Uniti, vedeva l’Ue denunciata per il divieto, introdotto nel 1989, di importare carni bovine trattate con ormoni. Secondo gli Stati Uniti e il Canada il divieto comunitario rappresentava solo un tentativo di innalzare barriere commerciali per contenere le importazioni di carni bovine da allevamenti in grado di produrre a costi più bassi. I panel della Wto hanno dato torto all’Ue, sebbene sia ritenuta legittima la possibilità per un singolo paese di imporre standard più elevati di protezione per la salute, purché venga dimostrata la fondatezza scientifica del rischio. In virtù di tale affermazione, l’Ue, con il consenso di Stati Uniti e Canada, si era impegnata a fornire l’evidenza scientifica per giustificare il divieto entro il maggio del 1999. Le istituzioni comunitarie, tuttavia, non hanno fornito entro la data presta- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 57 bilita i risultati dei numerosi studi avviati e pertanto la Wto ha autorizzato Usa e Canada a imporre sanzioni commerciali di ritorsione. La disputa è tuttora in corso per trovare un accordo (rimozione del divieto Ue e/o aumento delle importazioni dagli Usa, su base preferenziale, di carne non trattata). Quota a tariffa ridotta dell’Ue su importazioni di carni avicole: la disputa è stata aperta nel 1997; il Brasile, sostenendo che tale quota fosse riservata a esportazioni di propria provenienza, ha contestato il fatto che la quota stessa fosse amministrata dall’Ue e ha rivendicato il diritto di rilasciare in proprio le licenze di esportazione. Nel 1998, sia in prima istanza sia in appello, è stato dato torto al Brasile; tuttavia, si è raggiunto un accordo con l’Ue sul periodo di attuazione del verdetto del panel, conclusosi nel marzo 1999. Tassazione di alcolici da parte di Giappone, Corea e Cile: questi paesi impongono tassazioni differenziate su alcuni prodotti alcolici, sulla base del luogo di produzione interno o estero. L’Unione Europea ha aperto una disputa nel 1996 e una nel 1997, ottenendo verdetti favorevoli che hanno convinto i tre paesi a modificare la propria legislazione. Quota degli Stati Uniti sulle importazioni di glutine di grano dall’Ue: la disputa aperta dall’Ue nel 1999 nasce dalla richiesta degli Usa di applicare la clausola speciale di salvaguardia per introdurre una quota sulle importazioni di glutine di grano dall’Ue, ad un livello pari solo al 60% delle importazioni dell’anno precedente. I panel Wto hanno dato torto agli Stati Uniti e hanno considerato legittima la relativa azione di ritorsione comunitaria (tassa sull’importazione di glutine di mais dagli Usa). Solo nel 2001 il governo statunitense ha modificato la normativa, rimuovendo la restrizione tariffaria. Regolamento Cee n. 2081/92: la disputa riguarda le denominazioni di origine tutelate dall’Unione Europea con il regolamento in questione. Gli Usa contestano che la politica Ue in materia non garantisce la protezione di indicazioni geografiche già esistenti in altri paesi prima dell’entrata in vigore dello stesso regolamento. In particolare, le pretese Usa si fondano sul diritto di usare il nome “Budweiser” per una birra prodotta in territorio americano da una ditta che ne ha registrato il marchio, che potrebbe essere contestato dall’Ue in quanto nella Repubblica Ceca, prossimo paese membro dell’Ue, si produce da sempre una birra con lo stesso nome. La disputa è ancora in corso ed è evidente che la battaglia non è tanto sulla birra ceca in questione, ma sulla più ampia questione delle indicazioni geografiche e del loro campo di applicazione. Ancora nell’agosto 2003 gli Stati Uniti hanno chiesto al- 58 Capitolo 2 - L’Uruguay round la Wto la costituzione di un nuovo panel, aggiungendo all’antica rivendicazione concernente la birra la contestazione dell’intero regolamento Cee n. 2081/92. In particolare, si contesta la possibilità di estendere la protezione comunitaria alle fasi di condizionamento dei prodotti Dop e Igp, operate nella zona d’origine (per esempio, la grattugiatura del Grana e l’affettamento del prosciutto), qualora sia previsto dal relativo disciplinare di produzione. L’Australia si è mossa nella stessa direzione, sempre nell’agosto 2003, chiedendo la costituzione di un panel per le medesime ragioni. Legislazione Usa sulla tassazione delle “imprese per la vendita all’estero”: la disputa si riferisce alla legislazione americana che garantisce l’esenzione del 64% del reddito alle “imprese per la vendita all’estero”. Secondo l’Ue si tratterebbe di un sussidio all’esportazione mascherato. Nel 1998, l’Ue ha dato avvio a una procedura di contestazione e le sentenze dei panel le hanno dato ragione. Tuttavia, le successive modifiche della normativa americana non hanno soddisfatto la controparte comunitaria, che nel 2001 ha chiesto alla Wto l’autorizzazione a imporre sanzioni commerciali per 4,4 miliardi di dollari. È interessante notare la portata “strategica” e “negoziale” di questa disputa per l’Unione Europea, da sempre accusata, soprattutto in materia agricola, di concedere troppi sussidi all’esportazione sui propri prodotti agricoli. Sovvenzioni comunitarie all’esportazione dello zucchero: l’Australia, supportata da Costa d’Avorio, Congo, Madagascar, Colombia, Brasile e Tailandia, ritiene non compatibile con le regole Wto, e con gli impegni già presi dall’Ue in materia, il regime comunitario relativo al settore dello zucchero. In particolare, l’Australia è preoccupata per le sovvenzioni accordate dall’Unione Europea alle esportazioni dello zucchero “fuori quota” (quota C), che permettono ai produttori di vendere sul mercato mondiale a un prezzo inferiore ai costi di produzione medi. Inoltre, l’Australia contesta i pagamenti diretti della legislazione comunitaria in materia di zucchero. Dopo un primo tentativo di risoluzione di compromesso svoltosi il 22 novembre 2002, l’Australia ha chiesto alla Wto, l’11 luglio 2003, la costituzione di uno specifico panel. Legislazione comunitaria sugli Ogm: dall’ottobre 1998 l’Ue applica una moratoria per quanto riguarda l’approvazione di prodotti della biotecnologia agricola. Sulla base di tale moratoria l’Unione Europea ha sospeso l’esame di prodotti biotecnologici nell’ambito del sistema di approvazione. Inoltre, gli Stati membri dell’Ue hanno mantenuto un certo numero di divieti nazionali relativi alla commercializzazione e importazione di prodotti biotecnologici. A fronte di tale legislazione, Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 59 gli Stati Uniti, insieme a Canada e Argentina, ritengono che le misure comunitarie e nazionali adottate in materia siano d’ostacolo alle loro esportazioni di prodotti agricoli geneticamente modificati e che, quindi, violino l’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie e l’Accordo sulle barriere tecniche al commercio. Con queste motivazioni, dopo il fallimento di un accordo in consultazione nel marzo 2003, gli Stati Uniti hanno chiesto, nell’agosto dello stesso anno, la costituzione dell’apposito panel di esperti indipendenti per la risoluzione della disputa. La questione è della massima importanza, tenuto conto che su una materia così delicata, quale gli Ogm in agricoltura, l’Unione Europea resta dell’avviso di affermare e applicare il “principio di precauzione”, mentre gli Stati Uniti sono decisi a commercializzare anche fuori dai propri confini le produzioni agricole geneticamente modificate. Regime di quarantena per le importazioni in Australia: la legislazione australiana che disciplina il regime d’importazione di animali vivi, carcasse e parti di animali, di carne e prodotti a base di carne, di prodotti lattiero-caseari, di prodotti dell’apicoltura, di sementi e di frutta e verdura, proibisce l’importazione di questi prodotti a meno che il direttore dei servizi di quarantena non accordi un specifica autorizzazione. L’Ue, supportata da Canada, India, Filippine e Cile, ritiene tali restrizioni all’importazione misure contrarie all’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, tenuto conto che non sono fondate sulla valutazione obiettiva dei rischi né su analisi scientifiche sufficienti. Per questi motivi, l’Unione Europea ha chiesto nel settembre 2003 di costituire il panel per la risoluzione della disputa. 60 Capitolo 2 - L’Uruguay round CAPITOLO 3 Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda 1. IL PERCORSO DELLA CONFERENZA MINISTERIALE WTO Come già anticipato nel cap. 1, la Conferenza ministeriale è il più importante organo decisionale della Wto e si riunisce almeno una volta ogni due anni. Dalla nascita della Wto, i ministri si sono incontrati nella Conferenza ministeriale cinque volte. La prima e la seconda sessione (Singapore, 1996 e Ginevra, 1998) si sono svolte regolarmente e i risultati negoziali sono stati presentati in specifiche Dichiarazioni ministeriali. La terza sessione si è svolta alla fine del 1999 a Seattle, negli Usa, ed è giunta all’attenzione del grande pubblico per le azioni dimostrative di alcune componenti della società civile. Tale sessione della conferenza è stata interrotta a causa delle insanabili divergenze fra diversi gruppi di paesi membri e non ha prodotto una Dichiarazione ministeriale. Un ritorno alla normalità del corso delle negoziazioni si è avuto con la sessione del novembre 2001 a Doha, nel Qatar, dove è stato avviato l’attuale round negoziale. La quinta sessione della Conferenza ministeriale si è tenuta a Cancun, dal 10 al 14 settembre 2003 e, per la seconda volta dal 1996, non si è riusciti a raggiungere alcun accordo sui temi all’ordine del giorno. 1.1. La prima sessione: Singapore La Conferenza ministeriale Wto si riunì per la prima volta a Singapore, dal 9 al 13 dicembre 1996. Gran parte dei lavori, in quell’occasione, vennero dedicati a discutere questioni relative alla programmazione delle attività Wto e allo stato di applicazione degli accordi dell’Uruguay round (Ur). Fra i risultati negoziali raggiunti a Singapore vanno segnalati la definizione dell’Accordo sulla tecnologia informa- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 61 tica (Information Technology Agreement) e l’adozione del Piano d’azione (Comprehensive and Integrated Plan of Action) per assistere i Paesi in via di sviluppo (Pvs) nell’accedere ai benefici del sistema multilaterale di regolamentazione del commercio. Durante l’incontro di Singapore emerse per la prima volta l’esigenza di affrontare la definizione di regole su investimenti, politiche della concorrenza, trasparenza negli appalti pubblici e agevolazione del commercio, argomenti che vengono da allora identificati come “temi di Singapore”. Promotori della discussione furono alcuni paesi sviluppati, Ue in prima linea, che videro nell’introduzione di regole certe e trasparenti l’opportunità di agevolare l’accesso delle proprie imprese ai mercati degli altri paesi. Il mondo in via di sviluppo, tuttavia, oppose subito resistenza all’adozione di prescrizioni di tale natura, ritenendole indebite ingerenze nella gestione delle singole economie nazionali. A Singapore, inoltre, si affacciò sulla scena della Wto la discussione sulle clausole legate agli standard di lavoro. Anche in tal caso, l’accoglienza dei Pvs fu tutt’altro che entusiasta, e ciò traspare dalla Dichiarazione ministeriale in cui viene riportata una blanda raccomandazione ad osservare gli standard di lavoro riconosciuti a livello internazionale, rinviando per il resto alle competenze dell’Ilo (International Labour Organization). Nel caso dell’agricoltura, così come per altri temi negoziali, l’accordo finale dell’Ur aveva fissato uno specifico calendario per la ripresa dei negoziati. Ciononostante, non mancarono a Singapore richieste di paesi esportatori per riaprire il delicato negoziato agricolo in anticipo sui tempi. In termini generali, si può sottolineare che l’incontro di Singapore fece comprendere la reale importanza della Conferenza ministeriale, sia dal punto di vista negoziale che da quello formale e mediatico. Prima del suo svolgimento, alcuni membri della Wto ritenevano che la Conferenza ministeriale dovesse essere considerata poco più di un semplice Consiglio d’amministrazione. In realtà, fu presto chiaro a tutti, anche in virtù della grande attenzione mediatica che gli venne riservata, il ruolo fondamentale di tale organo Wto e l’importanza di ratificare un documento finale che indicasse il percorso per la prosecuzione dei negoziati (Ictsd 1996). 1.2. La seconda sessione: Ginevra La seconda sessione della Conferenza ministeriale Wto si svolse a Ginevra, dal 18 al 20 maggio 1998, occasione in cui venne anche celebrato il 50° anniversario della nascita del sistema di regolamentazione del commercio. La sessione di Ginevra si collocava ancora nella fase 62 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda di avvio della nuova organizzazione, e il dibattito su come proseguire l’attività negoziale restò a livello interlocutorio. Da una parte, alcuni paesi membri proposero di impegnarsi nel lancio di un nuovo round negoziale onnicomprensivo, il Millennium round, che estendesse il raggio d’azione della Wto anche a temi ambientali e sociali. Dall’altra, i Pvs non vedevano con favore la ripresa dei negoziati multilaterali prima che si fosse compiuta una seria e approfondita verifica dello stato di applicazione degli accordi sottoscritti nell’Ur. In tal senso, il malcontento dei Pvs cominciò a farsi più evidente: molti di essi lamentavano la scarsa trasparenza del sistema e la difficoltà di rappresentare i propri interessi. L’insoddisfazione dei Pvs venne ripresa dalla Dichiarazione ministeriale dove si affermò la necessità di dedicare maggiore attenzione alle specifiche esigenze di tali paesi. Date le marcate divergenze su come procedere nelle trattative, i paesi Wto rimandarono alla terza sessione della Conferenza ministeriale ogni decisione in materia, tracciando nella Dichiarazione finale il percorso per preparare la successiva riunione dei ministri a Seattle. 1.3. La terza sessione: Seattle 1 I rappresentanti dei paesi Wto si riunirono nuovamente a Seattle dal 30 novembre al 3 dicembre 1999. Coloro che speravano in una conclusione del vertice agevole, coronata dal lancio del nuovo ambizioso round messo in cantiere a Ginevra, si trovarono a fronteggiare due fenomeni, diversi ma convergenti, che si opponevano entrambi al processo di liberalizzazione in corso. Da una parte, si coagulò attorno alla riunione Wto il malcontento della multiforme compagine della società civile, che esprimeva un forte dissenso verso il processo di globalizzazione dell’economia mondiale (cfr. paragrafo 3). Dall’altra, prese corpo il disagio dei Pvs nei confronti di un’istituzione considerata eccessivamente orientata a favorire gli interessi dei paesi sviluppati. Mentre, dunque, il “popolo di Seattle” manifestava in modo eclatante il proprio dissenso, in sede negoziale i Pvs si opposero fermamente all’avvio di un nuovo round (Bhagwati 1999), rendendo palese il loro disagio nei confronti del ruolo predominante dei paesi sviluppati nel processo decisionale della Wto e delle modalità di applicazione degli accordi già sottoscritti. Il Millennium round fallì dunque sul nascere e con esso il tentativo di lanciare un’ampia agenda di negoziati in cui (1) Per un’analisi dettagliata della Conferenza ministeriale di Seattle si veda De Filippis e Salvatici 2000. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 63 sarebbero stati inclusi anche nuovi temi quali, ad esempio, la tutela dell’ambiente, la difesa della biodiversità, il miglioramento degli standard sociali e di lavoro, i temi di Singapore. 2. LA QUARTA SESSIONE DELLA CONFERENZA MINISTERIALE E LA DOHA DEVELOPMENT AGENDA Quanto accadde a Seattle rappresentò una significativa battuta d’arresto per il processo di liberalizzazione del commercio e rese l’avvio di un nuovo round negoziale più articolato. La quarta sessione della Conferenza ministeriale era in programma a Doha dal 9 al 14 novembre 2001, e i vertici della Wto compresero la necessità di impegnarsi nella preparazione del futuro incontro più di quanto fatto in occasione di Seattle. Rispetto a Seattle, inoltre, il direttore generale Mike Moore e il presidente del Consiglio generale Stuart Harbinson decisero di assumersi direttamente la responsabilità di elaborare delle bozze di dichiarazione come base di un possibile compromesso, piuttosto che effettuare una mera compilazione delle posizioni avanzate dai diversi paesi. Comprensibilmente, ciò suscitò il malcontento e le proteste dei paesi che non videro espressamente rappresentate le proprie posizioni, ma agevolò in modo tangibile il raggiungimento di un compromesso (De Filippis 2002). A ridosso del vertice, i tragici eventi dell’11 di settembre modificarono radicalmente lo scenario internazionale, rendendo più pressante l’urgenza di lanciare un nuovo negoziato, da molti considerato un segnale di “normalizzazione” del clima internazionale. Ciononostante, la conclusione di un accordo non era scontata: molte delle questioni che avevano portato al fallimento di Seattle restavano aperte e, con l’avvento della recessione, la tentazione dei governi di cedere ad attitudini protezioniste risultava rafforzata (Parenti 2002). Un contributo fondamentale al raggiungimento di un accordo finale fu il riconoscimento di almeno alcune delle richieste dei Pvs in materia di applicazione degli accordi dell’Ur (Implementation issues) e la ratifica di una Dichiarazione sulle relazioni tra Accordo Trips e salute pubblica. Quest’ultima, in particolare, rappresentò un importante segnale di apertura ai Pvs, per i quali l’accesso a farmaci tutelati da brevetto costituisce un elemento vitale nella lotta ad Aids/Hiv, tubercolosi, malaria e altre epidemie. La Dichiarazione ministeriale approvata al termine della Conferenza, che in virtù dei frequenti riferimenti al tema dello sviluppo e alle esigenze dei Pvs prende il nome di Doha Development Agenda (Dda), 64 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda sancì dunque l’avvio di un nuovo round negoziale, riunendo i diversi temi in discussione in un unico negoziato complessivo, da chiudere entro il 1° gennaio 2005 con un atto unico finale (single undertaking). Di seguito si presenta una breve rassegna delle questioni trattate dalla Dda 2. Agricoltura. Sulla base di quanto stabilito dagli accordi dell’Ur, i paesi membri avevano già dato avvio al negoziato agricolo all’inizio del 2000. Con la Dda l’agricoltura rientra nel negoziato complessivo e viene fissata al 31 marzo 2003 la scadenza per accordarsi sulle “Modalities”, le regole in base alle quali presentare le offerte negoziali di ciascun paese alla quinta Conferenza ministeriale 3. Servizi. Anche nel caso dei servizi, si era già dato avvio ad un nuovo ciclo di negoziati, sulla base di quanto stabilito dagli accordi dell’Ur. La Dda prende atto di ciò che era stato già concordato nell’ambito del Consiglio Gats, riaffermando i principi guida del negoziato e le scadenze future per discutere sull’accesso al mercato in materia di servizi. Prodotti non agricoli. Nella Dda si afferma l’opportunità di migliorare l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli (con particolare attenzione ai prodotti esportati dai Pvs), per ridurre o eliminare le tariffe, i picchi tariffari, il fenomeno della tariff escalation e le barriere non tariffarie. Commercio e proprietà intellettuale. Circa il commercio e i diritti di proprietà intellettuale, la Dda affronta diverse questioni. La prima riguarda le relazioni tra diritti di proprietà intellettuale e tutela della salute, per la quale rinvia ad una apposita e distinta Dichiarazione. Tale Dichiarazione afferma testualmente che l’Accordo Trips può e deve essere interpretato in modo da sostenere il diritto dei membri Wto alla protezione della salute e da promuovere l’accesso alle medicine per tutti. In materia di protezione delle indicazioni geografiche, la Dichiarazione invita a completare i negoziati per la realizzazione di un registro multilaterale per vini e alcolici entro la quinta sessione della Conferenza ministeriale, e rimanda al Consiglio Trips la discussione circa la possibilità di estendere ad altri prodotti la protezione di livello elevato prevista per vini e alcolici. (2) Una versione in lingua italiana della Dichiarazione ministeriale di Doha è riportata in appendice al presente capitolo. Per un ulteriore approfondimento si veda anche sul sito web della Wto il testo originale e il documento The Doha Declaration Explained. (3) Per una discussione più articolata dei negoziati in materia agricola si rimanda al capitolo 4. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 65 Temi di Singapore. Per i temi di Singapore (cfr. paragrafo 1), la Dda riconosce l’utilità di introdurre norme multilaterali in tali ambiti e, in presenza di “esplicito consenso”, prevede la possibilità di avviare negoziati in materia, in occasione della quinta sessione della Conferenza ministeriale. I temi oggetto di discussione sono: commercio e investimenti, per garantire agli investimenti provenienti dall’estero trasparenza e stabilità; commercio e concorrenza, per creare condizioni di mercato eque e non discriminatorie anche in assenza di specifiche norme antitrust nazionali; trasparenza negli appalti pubblici, per dare la possibilità a imprese estere di avere accesso, in modo trasparente, alle procedure di appalto; agevolazione degli scambi, per facilitare il movimento, lo sdoganamento, il rilascio e il transito delle merci. Regole Wto. Diversi paragrafi della Dda riguardano questioni legate all’applicazione degli accordi e alle procedure Wto. In linea generale, tali punti si riferiscono all’esigenza di chiarire e migliorare le regole Wto e la loro comprensibilità, prestando specifica attenzione alle esigenze dei Pvs. In particolare, si affrontano le questioni relative all’applicazione degli accordi, per cui si dà mandato a negoziare sui punti non ancora risolti dalle decisioni prese prima e durante Doha; alle regole relative alle misure anti-dumping e ai sussidi, per chiarirne le norme applicative, con particolare attenzione ai sussidi nel settore della pesca; agli accordi regionali, al fine di poter verificare la compatibilità di tali accordi commerciali regionali con il sistema multilaterale; alla procedura di soluzione delle dispute, per migliorarne il funzionamento. Commercio e ambiente. La Dda dispone l’avvio di negoziati sui rapporti che intercorrono tra le regole Wto e i vincoli in materia commerciale, previsti dagli Accordi ambientali multilaterali (Multilateral environmental agreements). Tali accordi sono circa 200 e almeno 20 di questi contengono disposizioni relative al commercio. L’obiettivo dei negoziati è chiarire la relazione tra le regole Wto e le misure commerciali introdotte dai protocolli ambientali. La Dda dà inoltre mandato per avviare negoziati sulla riduzione delle barriere tariffarie e non tariffarie per il commercio di beni e servizi ambientali 4. Nella Dda vengono anche fornite indicazioni per il lavoro del Comitato Commercio e Ambiente, al quale viene chiesto di esaminare l’effetto delle misure ambientali sull’accesso ai mercati (con particolare attenzione ai Pvs); le relazioni tra misure ambientali e Accordo (4) Esempi di tali beni e servizi sono i convertitori catalitici o le consulenze in materia di smaltimento dei rifiuti. 66 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda Trips; la compatibilità delle regole Wto con l’etichettatura ambientale (eco- labelling). Commercio elettronico. In materia di commercio elettronico, la Dda prende atto del lavoro svolto nel Consiglio generale e nelle altre sedi deputate e riconosce le opportunità e le nuove sfide fornite da tale sistema di scambio di beni e servizi. In tal senso, la Dda invita il Consiglio generale a proseguire il programma di lavoro già avviato e rinnova la disponibilità dei paesi membri a non imporre dazi su prodotti trasmessi elettronicamente fino alla quinta sessione della Conferenza ministeriale. Sviluppo. Numerosi punti della Dda riguardano direttamente i Pvs o i Paesi meno avanzati (Pma). Fra questi vi sono: il mandato ad esaminare i problemi che le economie di piccole dimensioni (Small economies) hanno nell’integrarsi nel sistema di commercio multilaterale; l’istituzione di un gruppo di lavoro sui temi di commercio, debito e finanza, per fornire un contributo alla riduzione del debito dei Pvs attraverso il commercio; l’istituzione di un gruppo di lavoro per valutare le relazioni fra commercio e trasferimento di tecnologia; le raccomandazioni in tema di cooperazione tecnica e capacity building, per fornire assistenza tecnica volta a permettere ai paesi meno sviluppati di accedere ai benefici del commercio internazionale, e ad inserire il commercio nei piani per lo sviluppo e per la riduzione della povertà; l’impegno dei membri Wto a fornire accesso a dazio zero ai prodotti dei Pma; la revisione delle clausole sul trattamento speciale e differenziato, con l’obiettivo di rafforzarle e renderle più incisive ed efficaci. 3. IL NUOVO RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE Durante la terza sessione della Conferenza ministeriale Wto, tenutasi a Seattle dal 30 novembre al 3 dicembre 1999, le contestazioni di piazza portarono all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale disagi e fermenti ideali della società civile, attraverso l’iniziativa di numerose associazioni che ne rappresentarono interessi e problemi emergenti. Protagonista di quella mobilitazione fu una rete mondiale di Organizzazioni non governative (Ong), appartenenti soprattutto, ma non esclusivamente, ai paesi sviluppati, ribattezzata come “movimento noglobal”. Un ruolo di coordinamento fu svolto da Public Citizen (Usa), nata nel 1971 per difendere i diritti dei consumatori, da Global Exchange (Usa), nata nel 1988 per occuparsi di diritti umani, ambiente e giustizia sociale, da un’associazione di ecologisti e artisti di strada co- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 67 me Direct Action Network (Usa e Canada); senza dimenticare il sostegno della federazione dei lavoratori americani, l’Afl-Cio 5. L’iniziativa delle Ong del mondo rurale nei confronti della Wto, che a Seattle contribuì alle attività dei “no-global”, fu preparata a partire dal Forum Ong di Roma del 1996 6 ed ebbe come principali protagonisti: l’Institute for Agriculture and Trade Policy (Iatp), un istituto autonomo di studio sulle politiche e il commercio agricolo con sede a Minneapolis (Usa), Via Campesina, un movimento internazionale la cui nascita si può far risalire al 1992, a cui aderiscono organizzazioni di piccole e medie imprese contadine, lavoratori agricoli, donne rurali e popoli indigeni del Sud America, dell’Asia e dell’Europa 7; alcune Ong del nord Europa e quelle italiane impegnate nella cooperazione internazionale 8. Nello stesso periodo e fino al 1998, la Federazione internazionale dei produttori agricoli (International Federation of Agricultural Producers, Ifap) creata nel 1946 e accreditata con uno status consultivo presso le Nazioni Unite, era paralizzata dai conflitti interni fra i produttori di commodities agricole dei paesi esportatori e gli altri, in particolare gli europei. Dopo il 1998, l’Ifap ha recuperato una visione più generale del ruolo delle diverse agricolture e delle imprese agricole, ha progressivamente riqualificato la sua presenza negli organismi sovranazionali e, pur non partecipando alle contestazioni di piazza in occasione dei negoziati Wto, ha avviato un serrato confronto con le Ong del mondo rurale dell’area “no-global”, come Via Campesina, in particolare nell’ambito dei lavori della Fao. D’altronde, diverse organizzazioni agricole, soprattutto africane, sono attive sia dentro l’Ifap che nell’area delle Ong rurali “no-global”. (5) Le Ong protagoniste furono molte, in rappresentanza di interessi e culture diverse. Tra le reti internazionali c’erano quelle ambientaliste più note, come Friends of the Earth International, il World Wide Fund for Nature (Wwf), Greenpeace, quindi le reti per l’affermazione dei diritti umani e in particolare quelli economico sociali, come il Fian (Foodfirst Information & Action Network del 1986), poi Attac (1998) che è un movimento internazionale per il controllo democratico dei mercati finanziari e delle loro istituzioni; fino ad arrivare ai gruppi di ispirazione anarchica. In Italia, tra gli altri, c’è il gruppo di Ong che fa riferimento a “La rete di Lilliput” che comprende organizzazioni come Mani tese, Pax Christi, oltre alle Ong del Commercio equo solidale e della Banca etica. (6) “Profitto per pochi o cibo per tutti”, il Forum Ong che si tenne parallelamente al Vertice mondiale sull’alimentazione della Fao. (7) In Europa si tratta della Coordination Paysanne Européenne (Cpe) di cui fa parte la Confederation Paysanne (Cp) di Jose Bovè. Il sindacalista sud coreano suicidatosi a Cancun (2003) apparteneva ad un’organizzazione contadina aderente a Via Campesina. (8) Le tre confederazioni delle Ong impegnate nei progetti di sviluppo dei Pvs, cioè: Focsiv, Cocis e Cipsi, ora riunite nell’Associazione Ong italiane. 68 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda Questo fenomeno della “doppia partecipazione” sta diventando importante per Ong radicate nella realtà sociale di molti paesi; un altro esempio è la Caritas internazionale che a Cancun aveva il suo presidente (Jaques Bertrand) tra gli accreditati ai lavori Wto, mentre fuori dall’area di alta sicurezza molti rappresentanti delle Caritas nazionali partecipavano al programma alternativo. Secondo molti osservatori delle questioni internazionali, le manifestazioni di Seattle evidenziarono l’inadeguatezza dell’architettura internazionale economica, finanziaria e politica ereditata dalla Conferenza di Bretton Woods del 1944: la Banca Mondiale (1944), il Fondo Monetario Internazionale (1945) e l’ultima creatura di quel percorso, cioè il Gatt (1947), trasformatosi in Wto nel 1995. Quando quell’architettura internazionale fu realizzata, il ruolo delle organizzazioni della società civile era tutto da inventare. D’altra parte, nel secondo dopoguerra si aprì una nuova stagione per le democrazie (essenzialmente per Europa occidentale e Giappone), ma ciò avvenne in simbiosi con lo sviluppo delle diverse forme nazionali di “economia sociale di mercato” e fuori dall’orizzonte di un principio globale; in sostanza il perseguimento di condizioni democratiche si fermò alle frontiere nazionali. Da allora il mondo è cambiato e proprio il successo del percorso di integrazione economica internazionale, con l’accelerazione degli anni ’80 e ’90 centrata sulla finanziarizzazione dell’economia, l’interscambio commerciale e l’innovazione tecnologica (la cosiddetta “globalizzazione”) ha portato l’affacciarsi rumoroso della società civile sulla ribalta internazionale. Su questo versante, è andata crescendo un’attività di conoscenza e denuncia dei “lati oscuri” della globalizzazione e dei timori che essa alimenta. Nel mondo produttivo molti temono gli effetti della delocalizzazione delle attività e della finanziarizzazione dell’economia, la concorrenza del cosiddetto dumping sociale e le varie forme di pirateria produttiva. Gli ambientalisti temono che le misure nazionali di salvaguardia ambientale e quelle degli Accordi multilaterali sull’ambiente vengano sacrificate sull’altare degli interessi commerciali internazionali; per non parlare degli impedimenti agli impegni da prendere in campo ambientale, che il primato della Wto nelle trattative multilaterali lasciava presagire. Nei sistemi democratici nazionali più consolidati le organizzazioni della società civile hanno la possibilità di portare idee e richieste all’attenzione dell’opinione pubblica, nel confronto parlamentare, nel rapporto formale e informale con il governo, nelle amministrazioni locali e in altri organismi collaterali; in altre parole, esistono diversi e collaudati percorsi per far mettere in agenda problemi e proposte, per contribuire al processo di formazione del consenso e delle decisioni. Secondo Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 69 l’opinione di molte Ong, e in particolare delle loro reti globali, a livello internazionale non esistono canali altrettanto significativi, per cui si genera un vuoto democratico. Da questo punto di vista, le organizzazioni delle società civili di tutto il mondo pensano di assolvere un compito essenziale per la creazione di una migliore governance globale. Si tratta di un fenomeno di grande complessità, in cui sono rinvenibili elementi di forza e propulsivi così come elementi critici. Tra i primi vi sono la crescita di autonomia, di competenza e di capacità propositiva realizzate da molte organizzazioni, nonché la capacità di rappresentare la grande varietà di situazioni e interessi della società civile, colti nella loro interdipendenza internazionale. Con un po’ di ottimismo si può dire che si sta consolidando, non senza contraddizioni e difficoltà, una rete globale di confronto e di coinvolgimento, che si candida come “linfa vitale” di un processo di democratizzazione a livello globale; un percorso in cui internet sta tecnicamente contribuendo ad aprire nuovi orizzonti. Venendo agli elementi critici, un primo, quasi ovvio, riferimento va all’uso della violenza e all’influenza delle logiche del “tanto peggio, tanto meglio” nelle manifestazioni “no-global”; entrambi rappresentano una patologia della società civile, importanti come tali, ma non certamente espressione della sua crescita culturale e politica. Chiarito questo aspetto più palese, occorre ricordare che di fronte all’inadeguatezza dell’architettura internazionale della governance globale, il nuovo protagonismo delle rappresentanze della società civile svolge una funzione surrogatoria necessaria per avviare nuovi percorsi, ma certamente insufficiente e inadeguata per colmare un vuoto di rappresentanza istituzionale. Parte delle Ong ne è consapevole e, infatti, oltre a puntare il dito su problemi specifici che rientrano nei grandi temi dell’ambiente, del sottosviluppo, della fame e dei diritti umani, della pace e così via, ha messo in agenda il problema della riforma delle istituzioni internazionali per adeguarle alle sfide da affrontare. Riguardo alla Wto sono circolate idee e posizioni molto diverse tra loro; in ogni caso è importante sottolineare come molti dei protagonisti di Seattle che puntavano alla chiusura, sic et simpliciter, della Wto, abbiano progressivamente maturato una posizione diversa. Oggi, molte organizzazioni pur chiedendo una revisione profonda delle regole commerciali internazionali a favore dei Pvs, allo stesso tempo difendono l’esistenza della Wto rispetto alle tentazioni di abbandonare le trattative multilaterali, a favore di un approccio bilaterale. 70 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda APPENDICE AL CAPITOLO 3 Dichiarazione ministeriale adottata a Doha il 14 novembre 2001 * 1. Il sistema commerciale multilaterale rappresentato dall’Organizzazione Mondiale del Commercio ha contribuito significativamente alla crescita economica, allo sviluppo e all’occupazione nel corso degli ultimi 50 anni. Siamo decisi, in particolare alla luce del rallentamento economico globale, a proseguire il processo di riforma e liberalizzazione delle politiche commerciali, assicurando in questo modo che il sistema contribuisca alla ripresa, alla crescita e allo sviluppo. Riaffermiamo pertanto fermamente i principi e gli obiettivi definiti dagli Accordi di Marrakesh, che hanno istituito l’Organizzazione Mondiale del Commercio, e ci impegniamo a respingere l’uso del protezionismo. 2. Il commercio internazionale può svolgere un ruolo importante nella promozione dello sviluppo economico e nell’alleviamento della povertà. Prendiamo atto della necessità che tutti i nostri popoli possano trarre beneficio dalle accresciute opportunità e dai vantaggi del benessere generati dal sistema commerciale multilaterale. Ci riproponiamo di porre i loro bisogni ed i loro interessi al centro del Programma di Lavoro adottato in questa Dichiarazione. Richiamando il preambolo degli Accordi di Marrakesh, continueremo in ogni sforzo al fine di assicurare che i Paesi in via di sviluppo, e in special modo i meno avanzati tra loro, abbiano assicurata una parte nella crescita del commercio mondiale che corrisponda alle necessità del loro sviluppo economico. In tale contesto, un migliore accesso ai mercati, regole equilibrate e mirate, programmi di rafforzamento di capacità e di assistenza tecnica finanziati in modo sostenibile rivestono un ruolo primario. 3. Prendiamo atto della particolare vulnerabilità dei Paesi meno avanzati e delle speciali difficoltà strutturali che essi affrontano nell’economia globale. Ci impegniamo a porre rimedio all’emarginazione dei Paesi meno avanzati nel commercio internazionale e a migliorare la loro effettiva partecipazione al sistema commerciale multilaterale. Facciamo riferimento agli impegni presi dai Ministri nei nostri incontri a Marrakesh, Singapore e Ginevra, e dalla comunità internazionale alla Terza Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno avanzati a Bruxelles, al fine di aiutare i Paesi meno avanzati ad ottenere un’integrazione benefica e significativa nel sistema commerciale multilaterale e nell’economia globale. Siamo determinati a che 1’Omc svolga la sua parte nel perseguire effettivamente questi impegni all’interno del Programma di lavoro che stiamo decidendo. 4. Ci impegniamo a riconoscere nell’Omc l’unico foro per l’elaborazione di norme commerciali globali e la liberalizzazione, e prendiamo atto inoltre che gli accordi commerciali regionali possono avere un ruolo importante nel promuovere la liberalizzazione e l’espansione del commercio e nel favorire lo sviluppo. 5. Siamo consapevoli che le sfide che i Membri devono fronteggiare in un ambito internazionale in rapida evoluzione non possono essere affrontate solo con misure commerciali. Continueremo ad operare con le istituzioni di Bretton Woods per ottenere una maggiore coerenza nelle politiche economiche globali. (*) Traduzione non ufficiale a cura della Direzione generale per la cooperazione economica del Ministero degli affari esteri. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 71 6. Riaffermiamo con forza il nostro impegno per uno sviluppo sostenibile, come enunciato nel preambolo degli Accordi di Marrakesh. Siamo convinti che gli obiettivi di mantenere e salvaguardare un sistema commerciale multilaterale aperto e non discriminatorio, e di agire per la protezione dell’ambiente e la promozione dello sviluppo sostenibile, possono e devono sostenersi a vicenda. Prendiamo nota degli sforzi dei Paesi Membri di effettuare, su base volontaria, valutazioni nazionali di tipo ambientale delle politiche commerciali. Prendiamo atto che in base alle norme Omc nessun Paese può essere ostacolato dall’adottare misure per la protezione della vita e della salute umana, animale o vegetale, o dell’ambiente, ai livelli che esso considera adeguati, purché tali misure non vengano applicate in modo da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificabile tra Paesi con medesime condizioni, o una restrizione mascherata del commercio internazionale, e siano comunque in accordo con le disposizioni degli accordi dell’Omc. Esprimiamo soddisfazione per la perdurante cooperazione dell’Omc con l’Unep e le altre organizzazioni ambientali intergovernative. Incoraggiamo gli sforzi per promuovere la cooperazione tra 1’Omc e le più significative organizzazioni internazionali ambientali e di sviluppo, specialmente nel periodo precedente al Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sostenibile, che si terrà a Johannesburg, in Sud Africa, nel settembre del 2002. 7. Riaffermiamo il diritto dei Membri, ai sensi dell’Accordo generale sul commercio dei servizi, di regolare ed introdurre nuove regole sulla fornitura di servizi. 8. Riaffermiamo la nostra Dichiarazione rilasciata alla Conferenza Ministeriale di Singapore per quanto riguarda gli standards di lavoro internazionalmente riconosciuti. Prendiamo nota del lavoro avviato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla dimensione sociale della globalizzazione. 9. Esprimiamo una particolare soddisfazione a che questa Conferenza abbia completato le procedure di adesione nel Wto per Cina e Taipei cinese. Allo stesso tempo ci rallegriamo per l’ingresso di nuovi membri, dalla nostra ultima sessione, quali Albania, Croazia, Georgia, Giordania, Lituania, Moldavia e Oman, sottolineando inoltre i grandi impegni già presi da questi Paesi in materia di accesso ai mercati. Queste adesioni rafforzeranno in modo significativo il sistema commerciale multilaterale, così come lo faranno i 28 Paesi che stanno attualmente negoziando il loro ingresso. Diamo grande importanza al fatto che le procedure d’ingresso siano portate a termine il più rapidamente possibile. In particolare, ci impegniamo ad accelerare l’adesione dei Paesi meno sviluppati. 10. Nel riconoscere le sfide poste dall’allargamento del numero dei Paesi membri dell’Omc, confermiamo la nostra responsabilità collettiva nell’assicurare la trasparenza interna e l’effettiva partecipazione di tutti i membri. Nel sottolineare il carattere intergovernativo dell’Organizzazione, siamo determinati a rendere più trasparenti le operazioni dell’Omc, anche attraverso una informazione più efficace e rapida, e a migliorare il dialogo con il pubblico. Perciò continueremo a promuovere presso il pubblico una migliore comprensione dell’Omc, a livello nazionale e multilaterale, e a divulgare i benefici di un sistema commerciale multilaterale libero, fondato su regole certe. 11. Tenendo conto di queste considerazioni, concordiamo di intraprendere il Programma di lavoro ampio ed equilibrato esposto qui di seguito. Esso comprende sia un programma allargato di negoziati, sia altre importanti decisioni e attività necessarie per far fronte alle sfide che il sistema commerciale multilaterale ha dinanzi a sé. 72 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda Programma di lavoro Questioni relative all’attuazione (delle regole pregresse) 12. Attribuiamo la massima importanza alle questioni relative all’attuazione delle regole pregresse sollevate dai Membri, e siamo decisi a trovare soluzioni adeguate. A tale proposito, tenendo presenti le Decisioni del 3 maggio e 15 dicembre 2000 del Consiglio Generale, adottiamo la Decisione sulle questioni relative all’attuazione, presenti nel documento Wt/Min(01)/17 per trattare alcuni problemi relativi all’attuazione sollevati dai Membri. Conveniamo che i negoziati sulle questioni sospese relative all’attuazione saranno parte integrante del Programma di Lavoro che stiamo decidendo, e che gli accordi conclusi nella prima fase di questi negoziati saranno trattati conformemente alle disposizioni del successivo paragrafo 47. A questo proposito, procederemo come segue: (a) laddove nella presente Dichiarazione viene definito uno specifico mandato per i negoziati, le pertinenti questioni relative all’attuazione saranno trattate in quell’ambito; (b) gli altri problemi insoluti relativi all’attuazione saranno trattati in modo prioritario dai competenti organi Omc, che riferiranno ogni appropriata azione al Comitato per i Negoziati Commerciali, istituito al seguente paragrafo 46, entro la fine del 2002. Agricoltura 13. Prendiamo atto del lavoro già svolto nei negoziati iniziati al principio del 2000 ai sensi dell’articolo 20 dell’Accordo sull’Agricoltura, incluso il considerevole numero di proposte negoziali presentate da un totale di 121 Membri. Ricordiamo l’obiettivo di lungo termine, previsto nell’Accordo, volto a stabilire un sistema commerciale equo e orientato al mercato, attraverso un programma di riforma fondamentale che includa una normativa rafforzata e specifici impegni su misure di sostegno e protezione, allo scopo di correggere e prevenire restrizioni e distorsioni nei mercati agricoli mondiali. Confermiamo il nostro impegno a questo programma. Basandoci sul lavoro già svolto e senza pregiudicare gli esiti dei negoziati, ci impegniamo a condurre negoziati globali, mirati a: miglioramenti sostanziali nell’accesso al mercato; riduzione, in vista di una progressiva eliminazione, di ogni forma di sussidio alle esportazioni; sostanziali riduzioni negli aiuti nazionali che creano distorsioni al commercio. Concordiamo che il trattamento speciale e differenziato per i Paesi in via di sviluppo sarà parte integrante di ogni parte del negoziato e sarà incorporato nelle liste di concessioni e impegni e, se opportuno, nelle regole e discipline che devono essere negoziate, in modo che sia effettivo e permetta ai Paesi in via di sviluppo di far fronte alle loro necessità, inclusa la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale. Prendiamo atto delle preoccupazioni non commerciali riflesse nelle proposte di negoziato sottoscritte dai Membri e confermiamo che le preoccupazioni non commerciali saranno prese in considerazione nei negoziati, così come previsto dall’Accordo sull’Agricoltura. 14. Le modalità per ulteriori impegni, ivi incluse le disposizioni sul trattamento speciale e differenziato, saranno stabilite non più tardi del 31 marzo 2003. I partecipanti presenteranno le loro bozze di offerte complessive non più tardi della Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale. I negoziati, inclusi quelli su regole e normative e relativi testi legali, si dovranno concludere nell’ambito e alla data di conclusione dell’agenda negoziale complessiva. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 73 Servizi 15. I negoziati sul commercio dei servizi saranno condotti con l’obiettivo di promuovere la crescita economica di tutti i partner commerciali e lo sviluppo dei Paesi in via di sviluppo e di quelli meno avanzati. Prendiamo atto del lavoro già svolto nei negoziati, iniziati nel gennaio 2000 e regolati dall’Articolo XIX dell’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi, e del considerevole numero di proposte presentate dai Membri su un’ampia gamma di settori e su numerose questioni orizzontali, così come sulla circolazione delle persone fisiche. Riaffermiamo che le Linee-guida e le Procedure per i Negoziati adottate dal Consiglio per il Commercio dei Servizi il 28 marzo 2001 sono la base per la prosecuzione dei negoziati, in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi, come previsto nel Preambolo, Articolo IV e Articolo XIX di quell’Accordo. I partecipanti presenteranno le domande iniziali per impegni specifici entro il 30 giugno 2002 e le offerte iniziali entro il 31 marzo 2003. Accesso al mercato per prodotti non agricoli 16. Concordiamo che i negoziati devono avere come finalità, con modalità da stabilire, di ridurre o eliminare i dazi doganali come ritenuto opportuno, inclusa la riduzione o l’eliminazione dei picchi tariffari, dei dazi elevati e della progressività dei dazi, così come delle barriere non tariffarie, in particolare sui prodotti di esportazione dei Paesi in via di sviluppo. La copertura dei prodotti sarà totale e senza esclusioni a priori. I negoziati terranno pienamente in considerazione le necessità e gli interessi specifici dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati partecipanti, prevedendo tra l’altro la non piena reciprocità negli impegni di riduzione, secondo quanto previsto dall’Articolo XXVIII bis del Gatt 1994 e le disposizioni previste nel successivo paragrafo 50. A questo fine, le modalità da stabilire includeranno studi appropriati e misure di rafforzamento delle capacità finalizzate ad assistere i Paesi meno avanzati nella partecipazione effettiva ai negoziati. Aspetti commerciali dei diritti di proprieta’ intellettuale 17. Sottolineiamo l’importanza che attribuiamo all’attuazione ed interpretazione dell’Accordo relativo agli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trips Agreement), in modo che esso sia di sostegno alla salute pubblica, promuovendo sia l’accesso alle medicine esistenti che la ricerca e lo sviluppo di nuovi medicinali e, a tale proposito, adottiamo una separata Dichiarazione. 18. In vista di completare il lavoro iniziato nel Consiglio sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Consiglio Trips) relativamente all’attuazione dell’Articolo 23.4, concordiamo di negoziare l’istituzione di un sistema multilaterale di notifica e registrazione delle indicazioni geografiche per vini e alcolici entro la Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale. Osserviamo che le questioni relative all’estensione della protezione delle indicazioni geografiche stabilita nell’Articolo 23 a prodotti diversi dal vino e dagli alcolici saranno trattate nel Consiglio Trips in conformità con il paragrafo 12 della presente Dichiarazione. 19. Diamo istruzione al Consiglio Trips affinché, nel portare avanti il suo programma di lavoro, anche nell’ambito del riesame previsto dall’Articolo 27.3 (b), del riesame dell’attuazione degli Accordi Trips ai sensi dell’Articolo 71.1 e del lavoro previsto per adempiere al paragrafo 12 di questa Dichiarazione, esamini, tra 74 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda l’altro, il rapporto tra l’Accordo Trips e la Convenzione sulla Diversità Biologica, la protezione delle conoscenze tradizionali e del folklore, e altri rilevanti nuovi sviluppi segnalati dai Membri ai sensi dell’Articolo 71.1. Nell’intraprendere questo lavoro, il Consiglio Trips sarà guidato dagli obiettivi e principi indicati negli articoli 7 e 8 dell’Accordo Trips e terrà pienamente conto della dimensione dello sviluppo. Rapporto tra commercio e investimenti 20. Nel riconoscere l’opportunità di una struttura multilaterale per assicurare condizioni trasparenti, stabili e prevedibili per investimenti transfrontalieri a lungo termine, in particolare gli investimenti esteri diretti, che contribuirà all’espansione del commercio, e la necessità di potenziare l’assistenza tecnica e il rafforzamento delle capacità in quest’area, come indicato nel paragrafo 21, conveniamo che i negoziati avranno luogo dopo la Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale sulla base di una decisione che sarà adottata, per consenso esplicito, durante quella Sessione, sulle modalità dei negoziati stessi. 21. Riconosciamo la necessità dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati di un ulteriore aiuto per l’assistenza tecnica e il rafforzamento delle capacità in questo settore, incluse analisi e sviluppo di politiche, in modo che essi possano meglio valutare le implicazioni di una cooperazione multilaterale più stretta, al fine di realizzare le proprie politiche e obiettivi di sviluppo, nonché lo sviluppo umano e istituzionale. A questo scopo, lavoreremo in cooperazione con altre competenti organizzazioni intergovernative, inclusa 1’Unctad, e attraverso gli opportuni canali regionali e bilaterali, per assicurare l’assistenza rafforzata e dotarla di risorse adeguate per rispondere a queste necessità. 22. Nel periodo che ci separa dalla Quinta Sessione, l’ulteriore impegno del Gruppo di lavoro sul Rapporto tra commercio e investimenti chiarirà i seguenti punti: obiettivi e definizioni; trasparenza, non discriminazione; modalità per impegni precedenti, caratterizzati da un approccio basato sulle liste positive di tipo Gats; disposizioni sullo sviluppo; eccezioni e salvaguardie in relazione alla bilancia dei pagamenti; consultazioni e soluzione di controversie tra i Membri. Ogni settore di discussione dovrebbe riflettere in modo bilanciato gli interessi dei Paesi d’origine e di quelli di accoglimento, e tenere nel dovuto conto le politiche di sviluppo e gli obiettivi dei Paesi di accoglimento così come il loro diritto a porre delle regole in funzione dell’interesse pubblico. Dovranno essere prese in considerazione, come parte integrante di ogni settore di discussione, le necessità speciali di sviluppo, commercio e finanza dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati, che dovrebbe consentire ai Membri di sottoscrivere obbligazioni e impegni commisurati con le loro esigenze e circostanze individuali. Dovuta considerazione dovrà essere prestata alle altre pertinenti disposizioni Omc. Dovrà opportunamente tenersi conto dell’esistenza di accordi bilaterali e regionali in materia di investimenti. Interazione tra commercio e politica di concorrenza 23. Riconoscendo l’opportunità di un quadro multilaterale per migliorare il contributo della politica di concorrenza allo sviluppo e al commercio internazionale, e la necessità di un’ulteriore assistenza tecnica e rafforzamento delle capacità in tale settore, di cui al paragrafo 24, conveniamo che i negoziati avranno luogo dopo la Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale sulla base di una decisione da adottare, per esplicito consenso, a quella Sessione, sulla modalità dei negoziati stessi. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 75 24. Riconosciamo la necessità dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati di rafforzare l’assistenza tecnica e il rafforzamento delle capacità in questo settore, incluse analisi e formulazione di politiche, in modo che questi Paesi possano meglio valutare le implicazioni di una cooperazione multilaterale più stretta, al fine di realizzare le proprie politiche e obiettivi di sviluppo, nonché lo sviluppo umano e istituzionale. A questo scopo, lavoreremo in cooperazione con altre organizzazioni intergovernative, inclusa 1’Unctad, e attraverso gli opportuni canali regionali e bilaterali, per assicurare un’assistenza rafforzata e dotata di risorse adeguate per rispondere a queste esigenze. 25. Nel periodo fino alla Quinta Sessione, l’ulteriore impegno del Gruppo di lavoro sull’Interazione tra Commercio e Politica della Concorrenza chiarirà i seguenti punti: principi fondamentali, inclusa la trasparenza, la non discriminazione e la correttezza nelle procedure, disposizioni su cartelli rigidi; modalità per forme di cooperazione volontaria; sostegno per il progressivo rafforzamento di istituzioni che favoriscono la competizione nei Paesi in via di sviluppo, grazie al rafforzamento delle loro capacità. Si terranno in piena considerazione le necessità e gli interessi dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati partecipanti e verrà adottato un adeguato grado di flessibilità nei loro confronti. Trasparenza negli appalti pubblici 26. Riconoscendo l’opportunità di un accordo multilaterale sulla trasparenza negli appalti pubblici e la necessità di potenziare l’assistenza tecnica e il rafforzamento delle capacità in tale settore, conveniamo che negoziati dovranno avere luogo dopo la Quinta sessione della Conferenza Ministeriale sulla base di una decisione da adottare, per esplicito consenso, in quella Sessione, sulle modalità dei negoziati stessi. Questi negoziati si baseranno sui risultati nel frattempo ottenuti nel Gruppo di Lavoro sulla trasparenza negli appalti pubblici e prenderanno in considerazione le priorità dei partecipanti in materia di sviluppo, specialmente quelle dei Paesi meno avanzati. I negoziati saranno limitati agli aspetti della trasparenza e perciò non dovranno limitare la possibilità dei Paesi di preferire forniture o fornitori interni. Ci impegniamo ad assicurare assistenza tecnica e sostegno al rafforzamento di adeguate capacità sia durante i negoziati che alla loro conclusione. Facilitazione degli scambi 27. Nel riconoscere l’opportunità di facilitare ulteriormente il movimento, la consegna e lo sdoganamento delle merci, incluse le merci in transito, e la necessità di potenziare l’assistenza tecnica e il rafforzamento di competenze in questo settore, conveniamo che negoziati avranno luogo dopo la Quinta Sessione della Conferenza ministeriale sulla base di una decisione da adottare, per esplicito consenso, in quella Sessione, sulla modalità dei negoziati stessi. Nel periodo fino alla Quinta Sessione, il Consiglio per gli scambi di merci esaminerà e, qualora opportuno, chiarirà e migliorerà aspetti pertinenti degli Articoli V, VIII e X dell’accordo Gatt del 1994 e identificherà le esigenze e le priorità dei Membri in materia di facilitazione degli scambi, in particolare di quelli in via di sviluppo e di quelli meno avanzati. Ci impegniamo ad assicurare assistenza tecnica e sostegno per il rafforzamento di adeguate capacità in questo settore. Norme dell’Omc 28. Alla luce dell’esperienza e della crescente applicazione di questi strumenti da parte 76 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda dei Membri, concordiamo di svolgere negoziati finalizzati a chiarire e migliorare le discipline previste dall’Accordo sull’applicazione dell’articolo VI del Gatt 1994 e dall’Accordo sulle sovvenzioni e misure compensative, mentre conserviamo i concetti e i principi di base e l’efficacia di questi accordi e dei loro strumenti e obiettivi, tenendo in conto le necessità dei Paesi in via di sviluppo e di quelli meno avanzati partecipanti. Nella fase iniziale dei negoziati, i Paesi partecipanti indicheranno le disposizioni, incluse le discipline su pratiche che hanno effetti di distorsione sul commercio, che essi intendono chiarire e migliorare nella fase successiva. Nel contesto di tali negoziati, i partecipanti dirigeranno la propria attenzione a chiarire e a migliorare le discipline dell’Omc sulle sovvenzioni alla pesca, considerata l’importanza di questo settore per i Paesi in via di sviluppo. Osserviamo che riferimenti ai sussidi all’industria della pesca sono anche riportati nel paragrafo 31. 29. Decidiamo di svolgere negoziati per chiarire e migliorare le discipline e le procedure previste nelle disposizioni attuali dell’Omc che si applicano agli accordi commerciali regionali. I negoziati terranno conto degli aspetti degli accordi commerciali regionali relativi allo sviluppo. Intesa sulla risoluzione delle controversie 30. Concordiamo di svolgere negoziati al fine di migliorare e chiarificare l’Intesa sulla risoluzione delle controversie. I negoziati dovranno basarsi sul lavoro svolto fino ad allora, così come su ogni proposta aggiuntiva presentata dagli Stati membri, al fine di apportare miglioramenti e chiarimenti non più tardi del maggio 2003, quando adotteremo le misure per assicurare che i risultati entrino in vigore il più presto possibile. Commercio e ambiente 31. A1 fine di rafforzare il supporto reciproco di commercio e ambiente, concordiamo di svolgere negoziati, senza pregiudicarne il risultato finale, in relazione a: (i) relazioni tra esistenti regole Omc e specifici obblighi commerciali stabiliti negli accordi ambientali multilaterali (Meas). I Negoziati saranno limitati all’applicabilità delle vigenti regole Omc alle parti dell’Accordo Mea in questione. I negoziati non pregiudicheranno i diritti Omc di ogni stato membro che non sia parte in tale Accordo Mea; (ii) procedure per lo scambio sistematico di informazioni tra i segretariati Mea e i pertinenti comitati Omc, nonché criteri per concedere lo status di osservatore; (iii) la riduzione o, se è opportuno, l’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie ai beni e ai servizi ambientali. Prendiamo nota che le sovvenzioni all’industria della pesca formano parte dei negoziati previsti al paragrafo 28. 32. Raccomandiamo al Comitato sul commercio e ambiente, nel proseguire il lavoro su tutti gli obiettivi nell’agenda dell’attuale mandato, di porre particolare attenzione: (i) all’effetto delle misure ambientali sull’accesso ai mercati, specialmente in relazione ai Paesi in via di sviluppo e, in particolare, ai Paesi meno avanzati, e a quelle situazioni nelle quali l’eliminazione o la riduzione delle restrizioni commerciali e delle distorsioni potrebbe portare beneficio a commercio, ambiente e sviluppo; Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 77 (ii) alle disposizioni relative all’Accordo sugli aspetti legati al commercio dei diritti di proprietà intellettuale; e (iii) alle prescrizioni relative all’etichettatura per fini ambientali. I1 lavoro su tali questioni dovrà includere l’identificazione di qualsiasi necessità volta a chiarire le pertinenti norme Omc. Il Comitato farà un rapporto alla Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale, e formulerà raccomandazioni, se necessario, riguardo ad azioni future, inclusa l’opportunità di negoziati. I risultati di questo lavoro, come pure dei negoziati svolti come da paragrafo 31 (i) e (ii), saranno compatibili con il carattere aperto e la natura non discriminatoria del sistema commerciale multilaterale, non aggiungeranno o diminuiranno i diritti e gli obblighi degli Stati membri relativamente agli esistenti accordi Omc, in particolare all’Accordo sull’applicazione di misure sanitarie e fitosanitarie, né altereranno l’equilibrio di questi diritti e obblighi, e terranno conto delle necessità dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati. 33. Riconosciamo l’importanza dell’assistenza tecnica e del rafforzamento delle capacità nel settore del commercio e dell’ambiente per i Paesi in via di sviluppo, in particolare per i Paesi meno avanzati. Incoraggiamo inoltre la circostanza che conoscenze tecniche ed esperienze del settore siano condivise tra i Paesi membri che desiderano effettuare verifiche ambientali a livello nazionale. Un rapporto su tale attività sarà preparato per la Quinta Sessione. Commercio elettronico 34. Prendiamo nota del lavoro che è stato fatto in Consiglio Generale e in altri competenti organi a partire dalla Dichiarazione Ministeriale del 20 maggio 1998, e decidiamo di continuare il Programma di lavoro sul commercio elettronico. Il lavoro ad oggi realizzato dimostra che il commercio elettronico crea nuove sfide e opportunità di commercio per i Paesi membri in ogni fase di sviluppo, riconosciamo l’importanza di creare e mantenere un ambiente che sia favorevole agli sviluppi futuri del commercio elettronico. Raccomandiamo al Consiglio Generale di tenere in conto le disposizioni istituzionali più appropriate per l’esecuzione del programma di lavoro, e di segnalare gli ulteriori sviluppi alla Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale. Dichiariamo che i Paesi membri manterranno, fino alla Quinta Sessione, la attuale prassi di non imporre diritti doganali sulle trasmissioni elettroniche. Piccole economie 35. Concordiamo di realizzare un programma di lavoro, sotto l’egida del Consiglio Generale, per esaminare i problemi relativi al commercio delle piccole economie. L’obiettivo di questo programma di lavoro è formulare risposte alle questioni legate al commercio, ai fini di una piena integrazione delle economie più piccole e vulnerabili nel sistema commerciale multilaterale, e non ai fini di creare una sotto-categoria di membri Omc. Il Consiglio Generale riesaminerà il programma di lavoro e formulerà, in occasione della Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale, raccomandazioni in vista di azioni future. Commercio debito e finanza 36. Concordiamo di realizzare, in un Gruppo di Lavoro sotto l’egida del Consiglio Generale, un esame dei rapporti tra commercio, debito e finanza, ed ogni possibi- 78 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda le raccomandazione circa le misure che potrebbero essere adottate, nell’ambito del mandato e della competenza Omc, per migliorare la capacità del sistema commerciale multilaterale, al fine di contribuire ad una durevole soluzione del problema del debito estero dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi meno avanzati e di rafforzare la coerenza delle politiche commerciali e finanziarie, in modo da salvaguardare il sistema commerciale multilaterale dagli effetti dell’instabilità finanziaria e monetaria. Il Consiglio Generale informerà la Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale sui progressi di tale esame. Commercio e trasferimento di tecnologia 37. Concordiamo di esaminare, in un Gruppo di Lavoro sotto l’egida del Consiglio Generale, il rapporto tra commercio e trasferimento di tecnologia, ed ogni possibile raccomandazione circa le misure che potrebbero essere prese nell’ambito del mandato Omc per accrescere i flussi di tecnologia verso i Paesi in via di sviluppo. Il Consiglio Generale informerà la Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale sui progressi di tale esame. Cooperazione tecnica e rafforzamento delle capacità 38. Nel confermare che la cooperazione tecnica e il rafforzamento delle capacità sono elementi fondamentali della dimensione sviluppo del sistema commerciale multilaterale, accogliamo con soddisfazione e sosteniamo la Nuova Strategia Omc per la cooperazione tecnica, il rafforzamento delle capacità, la crescita e l’integrazione. Incarichiamo il Segretariato, in coordinamento con altri organismi competenti, di sostenere gli sforzi nazionali per lo sviluppo economico e le strategie volte a ridurre la povertà. L’incarico per l’assistenza tecnica dell’Omc sarà programmato ai fini di aiutare i Paesi in via di sviluppo, i Paesi meno avanzati e quelli in transizione a basso reddito, ad adeguarsi alle regole e discipline dell’Omc, ad adempiere agli obblighi ed esercitare i diritti spettanti agli Stati membri, incluso il diritto di beneficiare di un sistema commerciale multilaterale aperto e basato su regole. Priorità verrà accordata alle economie piccole, vulnerabili e in via di transizione, come pure ai Membri e Osservatori senza stabile rappresentanza a Ginevra. Riaffermiamo il nostro appoggio al prezioso lavoro svolto dal Centro Internazionale per il Commercio, che dovrebbe essere potenziato. 39. Sottolineiamo l’urgente necessità di coordinare in modo efficace la prestazione di assistenza tecnica con i donatori bilaterali, il Comitato per l’assistenza allo sviluppo dell’Ocse e le pertinenti istituzioni intergovernative regionali e internazionali, nell’ambito di un quadro politico e di un calendario coerenti. Nella prestazione coordinata di assistenza tecnica, raccomandiamo al Direttore Generale di consultarsi con le agenzie competenti, i donatori bilaterali e i beneficiari, per identificare modi per migliorare e razionalizzare il Quadro integrato di assistenza tecnica attinente al commercio a vantaggio dei Paesi meno avanzati (Integrated Framework) e il Programma integrato congiunto di assistenza tecnica (Jitap). 40. Concordiamo sulla necessità che l’assistenza tecnica benefici di un finanziamento prevedibile e sicuro. Raccomandiamo pertanto al Comitato bilancio, finanza e amministrazione di elaborare un piano, che verrà adottato dal Consiglio Generale nel dicembre 2001, che garantisca, per l’assistenza tecnica dell’Omc, finanziamenti a lungo termine, ad un livello complessivo non inferiore a quello dell’anno corrente e adeguato alle attività sopra descritte. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 79 41. Abbiamo stabilito impegni precisi in materia di cooperazione tecnica e rafforzamento delle capacità in vari paragrafi di questa Dichiarazione Ministeriale. Confermiamo questi specifici impegni contenuti nei paragrafi 16, 21, 24, 26, 27, 33, 38-40, 42 e 43, e confermiamo anche la determinazione di cui al paragrafo 2 circa l’importante ruolo svolto dai programmi di assistenza tecnica e di rafforzamento delle capacità, finanziati in modo sostenibile. Raccomandiamo al Direttore Generale di informare la Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale, e di fare un rapporto provvisorio al Consiglio Generale nel dicembre 2002, sull’applicazione e l’adeguamento di tali impegni nei paragrafi identificati. Paesi meno avanzati 42. Riconosciamo la gravità delle preoccupazioni espresse dai Paesi meno avanzati (Pma) nella Dichiarazione di Zanzibar, adottata dai Ministri Pma nel luglio 2001. Riconosciamo che l’integrazione dei Pma nel sistema commerciale multilaterale necessita di un accesso sostanziale al mercato, di un sostegno per la diversificazione della loro base di produzione e di esportazione, nonché di assistenza tecnica al commercio e al rafforzamento delle capacità. Concordiamo sulla circostanza che un’integrazione sostanziale dei Pma nel sistema commerciale e nell’economia globale comporterà degli sforzi da parte di tutti i membri dell’Omc. Ci impegniamo affinché i prodotti che provengono dai Pma abbiano accesso ai mercati esenti da dazi e da quote. A tale proposito, accogliamo con soddisfazione i significativi miglioramenti nell’accesso al mercato decisi dai Membri Omc alla Terza Conferenza delle Nazioni Unite sui Pma, tenutasi a Bruxelles nel maggio 2001. Ci impegniamo, inoltre, a prendere in considerazione misure aggiuntive per un progressivo miglioramento delle condizioni di accesso ai mercati dei Paesi meno avanzati. L’adesione dei Pma resta una priorità per gli Stati membri. Lavoreremo per accelerare e facilitare i negoziati con i Pma candidati all’adesione. Raccomandiamo al Segretariato di riproporre nei piani annuali di assistenza tecnica la priorità dell’adesione dei Pma. Ribadiamo gli impegni assunti nella Terza Conferenza dei Pma e concordiamo che l’Omc debba tenere in conto, nel formulare il suo programma di lavoro per i Pma, degli elementi relativi al commercio della Dichiarazione e del Programma di azione di Bruxelles, conformi al mandato Omc. Raccomandiamo al Sottocomitato per i Paesi meno avanzati di formulare tale programma di lavoro e di relazionare il Consiglio Generale nel corso del suo primo incontro del 2002 sul programma di lavoro convenuto. 43. Sosteniamo il Quadro integrato per l’assistenza tecnica attinente al commercio a vantaggio dei Paesi meno avanzati (Integrated Framework) in quanto modello sostenibile per il commercio dei Pma. Esortiamo i Paesi sviluppati dell’Omc ad aumentare in modo incisivo i loro contributi al Fondo fiduciario del Quadro integrato e ai fondi fiduciari extra- budget dell’Omc in favore dei Pma. Esortiamo le agenzie, in coordinamento con partners per lo sviluppo, a migliorare il Quadro Integrato al fine di trattare le difficoltà d’offerta dei Pma e l’estensione del modello a tutti i Pma, in seguito al riesame del Quadro Integrato e alla valutazione del programma pilota già in corso in alcuni Pma. Chiediamo che il Direttore Generale, in coordinamento con i capi degli altri organismi, presenti, in ordine a tutte le questioni che riguardano i Pma, un rapporto provvisorio al Consiglio Generale del dicembre 2002 ed un rapporto completo alla Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale. 80 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda Trattamento speciale e differenziato 44. Riaffermiamo che le disposizioni sul trattamento speciale e differenziato costituiscono parte integrante degli accordi Omc. Prendiamo nota delle preoccupazioni espresse a proposito del loro funzionamento quando tali disposizioni si trovano a fare fronte a specifiche difficoltà nelle quali si imbattono i Paesi in via di sviluppo ed, in particolare, i Paesi meno avanzati. A tale riguardo, prendiamo anche nota del fatto che alcuni membri hanno proposto un Accordo quadro sul trattamento speciale e differenziato (Wt/Gc/W/442). In conseguenza, concordiamo sul fatto che tutte le disposizioni sul trattamento speciale e differenziato siano riesaminate per rafforzarle e renderle più precise, efficaci ed operative. In questo senso, sosteniamo il programma di lavoro sul trattamento speciale e differenziato stabilito con la Decisione sulle questioni relative all’applicazione. 45. I negoziati che saranno condotti secondo i termini di questa Dichiarazione dovranno concludersi non più tardi del 1° gennaio 2005. La Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale farà un bilancio dei progressi realizzati in tali negoziati, impartirà direttive politiche e, se necessario, prenderà decisioni. Quando saranno stati definiti i risultati dei negoziati in tutti i settori, si terrà una Sessione Speciale della Conferenza Ministeriale per adottare ed applicare tali risultati. 46. La conduzione generale dei negoziati sarà sotto la supervisione di un Comitato per i negoziati commerciali, a sua volta sotto l’autorità del Consiglio Generale. Il Comitato per i negoziati commerciali dovrà tenere il suo primo incontro non oltre il 31 gennaio 2002. Esso stabilirà i necessari appropriati meccanismi negoziali e supervisionerà il progresso di tali negoziati. 47. Con l’eccezione dei negoziati al fine di migliorare e chiarificare l’Intesa sulla risoluzione delle controversie, la condotta, la conclusione e l’entrata in vigore dei risultati dei negoziati saranno considerati parti di un unico impegno. Tuttavia, gli accordi raggiunti in una fase iniziale potranno essere applicati su una base provvisoria o definitiva. Gli accordi iniziali saranno presi in considerazione nel valutare l’equilibrio generale dei negoziati. 48. I negoziati saranno aperti a: 1. tutti i membri dell’Omc; 2. gli Stati e i Territori doganali separati attualmente in fase di adesione e coloro che informino i Membri, nel corso di una riunione ordinaria del Consiglio Generale, della loro intenzione di negoziare i termini della loro adesione e per i quali sia stato istituito un gruppo di lavoro sull’adesione stessa. Le decisioni sui risultati dei negoziati saranno adottate solo dai membri dell’Omc. 49. I negoziati saranno condotti in modo trasparente tra i partecipanti, per facilitare l’effettiva partecipazione di tutti. Saranno condotti con il fine di assicurare benefici a tutti i partecipanti e di raggiungere un equilibrio generale nei risultati dei negoziati. 50. I negoziati e gli altri aspetti del programma di lavoro terranno pienamente in conto il principio del trattamento speciale e differenziato per i Paesi in via di sviluppo e per i Paesi meno avanzati contenuto: nella Quarta parte del Gatt 1994; nella Decisione del 28 novembre 1979 sul trattamento differenziato e più favorevole, la reciprocità e la più completa partecipazione dei Paesi in via di sviluppo; nella Decisione dell’Uruguay Round sulle misure in favore dei Paesi meno avanzati e in tutte le altre disposizioni dell’Omc. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 81 51. Il Comitato Commercio e Sviluppo e il Comitato Commercio e Ambiente, nell’ambito dei rispettivi mandati, agiranno come foro per identificare e dibattere gli aspetti dei negoziati relativi allo sviluppo e all’ambiente, al fine di contribuire all’obiettivo di dare appropriato rilievo allo sviluppo sostenibile. 52. A quei punti di rilievo del Programma di lavoro che non danno luogo a negoziati è altresì accordata alta priorità. Essi verranno trattati sotto la supervisione globale del Consiglio Generale, che riferirà alla Quinta Sessione della Conferenza Ministeriale sui progressi in questo settore. 82 Capitolo 3 - Dall’Uruguay round alla Doha Development Agenda CAPITOLO 4 Il negoziato agricolo (2000-2003) 1. INTRODUZIONE L’Accordo sull’agricoltura (Aa) dell’Uruguay round (Ur), insieme agli impegni dei singoli paesi contenuti nelle schedules, ha rappresentato un risultato di grande importanza per il futuro delle relazioni internazionali in campo agricolo. È bene sottolineare che tale importanza risiede non tanto negli effetti concreti dell’Aa in termini di liberalizzazione del commercio agricolo quanto, piuttosto, nell’aver segnato una svolta - e con essa un punto di non ritorno - nella normativa internazionale che disciplina l’agricoltura. All’indomani della firma dell’Accordo sull’agricoltura fu subito evidente (Anania e De Filippis 1996) che esso aveva generato un insieme di vincoli fortemente edulcorato, comunque non in grado di condurre ad una liberalizzazione significativa del commercio agricolo né, tanto meno, tale da imporre la modifica sostanziale delle politiche di sostegno, indirizzate al settore da parte dei paesi sviluppati (v. anche capitolo 2). Ci si riferisce ad una serie di elementi, quali la fissazione di “periodi base” fortemente retrodatati rispetto all’inizio del periodo d’implementazione dell’accordo, e tali da sovrastimare i livelli di partenza del sostegno e della protezione rispetto ai quali sono stati calcolati gli impegni di riduzione; il consolidamento di tariffe di base “annacquate”, anche grazie a procedure di “tarifficazione” poco trasparenti; l’ampia libertà lasciata ai paesi di gestire le quote d’importazione a tariffa ridotta, in modo da onorare il vincolo da esse imposto facendovi ricadere accordi bilaterali già esistenti; una definizione molto “lasca” della misura aggregata del sostegno interno; la franchigia della clausola de minimis; la creazione della scatola blu, che ha messo al riparo dai vincoli di riduzione le principali politiche di Usa e Ue. Questi e altri aspetti dell’Aa hanno impedito che esso generasse la desiderata (o paventata) riduzione del protezionismo agricolo, con la sola esclusione, forse, dell’impegno alla riduzione del- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 83 le esportazioni sussidiate, che ha effettivamente creato qualche problema, soprattutto all’Ue. Tuttavia, pur in presenza di un accordo debole sul piano dei risultati, va ribadito e compreso il rilievo che esso ha avuto sia sul piano dei principi sia, più concretamente, in prospettiva. L’accordo ha infatti delineato un quadro di regole e un approccio di liberalizzazione che, se reiterati nel successivo round negoziale, sarebbero destinati a produrre risultati molto più significativi. In altre parole, anche se nel nuovo negoziato ci si limitasse alla semplice riproposizione delle percentuali di riduzione del sostegno e della protezione decise nell’Uruguay round, la loro incidenza effettiva sarebbe maggiore che in passato, se non altro per l’esaurimento dei margini che il vecchio accordo aveva assicurato, tramite la sovrastima dei livelli iniziali cui applicare le riduzioni e tramite l’annacquamento di alcuni impegni. Si può quindi concludere che «l’Accordo sull’agricoltura appare come una radicale riforma delle regole cui, però, non ha sin qui corrisposto una liberalizzazione significativa delle politiche e dei mercati internazionali dei prodotti agricoli. Tuttavia, esso costituisce non solo un baluardo insormontabile contro un possibile futuro aumento delle distorsioni sui mercati internazionali dei prodotti agricoli, ma anche - e, forse, soprattutto - un’utile base per il negoziato in corso da cui partire, per conseguire questa volta una significativa liberalizzazione degli scambi» (De Filippis 2002, p. 47). Nella piena consapevolezza di avere innescato un processo lungo e difficile, lo stesso Aa aveva impegnato i paesi membri della Wto a far partire un nuovo ciclo di negoziati in materia agricola già nei primi mesi del 2000, per ampliare la riforma avviata con l’Ur, introducendo «la riduzione sostanziale e progressiva del sostegno e della protezione» (box 4.1.). BOX 4.1. L’articolo 20 dell’Accordo sull’agricoltura dell’Uruguay round «Riconoscendo che l’obiettivo di lungo periodo di giungere ad una riforma basilare attraverso la riduzione sostanziale e progressiva del sostegno e della protezione è un processo continuo, i membri concordano nel riprendere i negoziati per proseguire tale processo un anno prima del termine del periodo di implementazione, tenendo in considerazione: - l’esperienza, a tale data, dell’implementazione degli impegni di riduzione; - gli effetti degli impegni di riduzione sul commercio internazionale di prodotti agricoli; - i non trade concerns, il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo, l’obiettivo di stabilire un sistema commerciale agricolo equo e orientato al mercato, e gli altri obiettivi e questioni citati nella premessa di questo Accordo; - quali altri impegni sia necessario adottare per realizzare i sopra citati obiettivi di lungo periodo». Traduzione non ufficiale 84 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Si tratta della cosiddetta built-in agenda, sancita nell’art. 20 dell’Aa, cioè dell’impegno ad iniziare un nuovo negoziato agricolo un anno prima della scadenza del periodo d’implementazione dell’accordo (prevista nel 2001) e indipendentemente da quanto fosse accaduto sul versante degli altri temi negoziali della Wto. In particolare, il varo del nuovo negoziato prescindeva dal lancio del cosiddetto Millennium round, che costituiva l’ambizioso obiettivo della terza Conferenza ministeriale Wto, tenutasi a Seattle nel dicembre 1999. Come già ricordato (cfr. capitolo 3), la Conferenza di Seattle si risolse in un clamoroso fallimento (De Filippis 2002, pp. 28-31; De Filippis e Salvatici 2000), ciononostante, il negoziato sull’agricoltura è potuto partire nei primi mesi del 2000, nel pieno rispetto della built-in agenda. 2. LE PRINCIPALI TAPPE DEL NUOVO NEGOZIATO AGRICOLO Di seguito, vengono brevemente delineate le principali fasi in cui si è articolato il nuovo negoziato agricolo, dalla primavera del 2000 fino all’agosto del 2003, vale a dire alla vigilia della quinta Conferenza ministeriale Wto, tenutasi a Cancun dal 10 al 14 settembre. Inoltre, vengono analizzati, in dettaglio, i temi attualmente dibattuti (par. 3), le posizioni dei principali attori e la loro evoluzione (par. 4), gli atteggiamenti delle rappresentanze della società civile (par. 5), e si descrivono infine gli ultimi sviluppi del negoziato agricolo alla vigilia della Conferenza di Cancun (par. 6). 2.1. Le prime due fasi del negoziato, fino alla Conferenza di Doha La “fase 1” del nuovo negoziato agricolo ha avuto inizio nei primi mesi del 2000 ed è andata avanti con successo nel corso dell’anno: in particolare, si sono svolti sei incontri - le sessioni speciali del Comitato Agricoltura - fra il marzo 2000 e il marzo 2001, nel corso dei quali sono state presentate e discusse le varie proposte, fino alla cosiddetta “riunione di stock-taking” del 26/27 marzo 2001, volta a fare il punto della situazione. Durante la fase 1 sono state presentate ben 45 proposte negoziali, contenenti le posizioni iniziali di 126 paesi, singolarmente o in gruppi. Molte erano proposte “globali”, cioè riguardanti la posizione di un paese su tutti i temi dell’agenda negoziale (tali sono state, tra le altre, le proposte presentate da Usa, Ue, Giappone, Svizzera, India), mentre altre riguardavano temi specifici, e in molti casi sono state presentate congiuntamente da gruppi di paesi. In questa prima fase è stato parti- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 85 colarmente attivo il Gruppo di Cairns, che ha presentato proposte specifiche su ciascuno dei tre pilastri del negoziato agricolo (accesso al mercato, sostegno interno e regolamentazione delle esportazioni sussidiate), ma anche i Pvs, passivi nelle precedenti tornate negoziali, sono intervenuti su numerose questioni - con aggregazioni di paesi diverse, a seconda del tema trattato - quali la “scatola verde”, l’accesso al mercato, il trattamento speciale e differenziato. Accanto alle 45 proposte ufficiali sono stati presentati molti altri documenti (3 discussion papers e circa 80 statements su aspetti specifici del dibattito), e il segretariato della Wto ha prodotto ben 27 background papers, su richiesta degli Stati membri 1. In altre parole, la prima fase è stata preparatoria, ma decisamente intensa e partecipativa, e ha rappresentato un buon inizio, specie in raffronto a quanto era accaduto nella fase preliminare dell’Uruguay round, che si protrasse molto più a lungo e che vide i pochi paesi attivi nel negoziato arroccati su posizioni tattiche, estremamente distanti tra loro (De Filippis 1996). Come si è detto, la fase 1 si è conclusa con la riunione di stocktaking, a fine marzo 2001, nella quale si è stabilita l’agenda della fase successiva, la cosiddetta “fase 2”. Tale agenda, nonostante si dichiarasse il suo carattere non esaustivo, comprendeva numerosi punti, e precisamente: - amministrazione delle quote d’importazione a tariffa ridotta; - riduzione delle tariffe; - “scatola gialla” (amber box), ovvero ridefinizione delle misure di sostegno interno da sottoporre a vincoli di riduzione; - sussidi all’esportazione; - crediti all’esportazione; - restrizioni all’esportazione; - imprese commerciali di stato (in riferimento sia al tema dell’accesso al mercato che a quello della concorrenza delle esportazioni); - sicurezza alimentare; - salubrità dei prodotti alimentari; - sviluppo rurale. Si trattava quindi di una lista molto aperta e generica, ancora non organizzata intorno a sotto-temi unificanti, quali, ad esempio, i tradizionali tre pilastri dell’accesso al mercato, del sostegno interno e della regolamentazione delle esportazioni. Da un lato, infatti, alcuni paesi (1) Per una documentazione puntuale della fase 1, con l’indicazione di tutte le aggregazioni di paesi che hanno operato e la possibilità di scaricare i documenti presentati, si può visitare il sito web della Wto (www.wto.org), sotto la sezione “trade topics - Agriculture”. Per una descrizione e una valutazione della fase 1 più dettagliata di quella qui proposta, si rimanda a De Filippis 2002, pp. 75-78; Inea 2001, pp.171-175; Wto 2001b. 86 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) spingevano per dare un’esplicita visibilità, trattandole come temi separati, a questioni quali il trattamento speciale e differenziato per i Pvs o i cosiddetti non-trade concerns 2; d’altro lato, l’indicazione generica consentiva, in una fase ancora preliminare, di non fare impantanare subito il negoziato su temi specifici e particolarmente controversi. Non è un caso, al riguardo, che in agenda non fossero esplicitamente nominate questioni come la scatola verde, la scatola blu, i picchi tariffari o la tariff escalation, che avrebbero in seguito costituito altrettanti punti di dissenso (De Filippis 2002, pp. 78 s.). Nella fase 2, gli incontri si sono succeduti regolarmente e in essi sono stati discussi i diversi temi prima richiamati. La maggior parte degli incontri sono stati di carattere informale e di essi non esistono trascrizioni ufficiali se non le dichiarazioni riassuntive del presidente delle sessioni speciali del Comitato Agricoltura. In particolare, vi sono stati sei incontri informali e tre riunioni formali, terminate a febbraio 2002. 2.2. Da Doha a Cancun Mentre la fase 2 era ancora in corso, nel novembre 2001 si è tenuta la quarta Conferenza ministeriale Wto a Doha, nel Qatar. La Dichiarazione finale di Doha ha lanciato un nuovo round di negoziati multilaterali su un’ampia serie di temi, compresa la trattativa in materia agricola che era già in corso (cfr. capitolo 3). La dichiarazione, riconoscendo il lavoro svolto nelle precedenti fasi negoziali, confermava e rielaborava gli obiettivi da raggiungere e stabiliva la successiva tabella di marcia. In questo quadro, l’agricoltura diventava parte del single undertaking previsto dal Doha round, in base al quale è stabilito che tutti i negoziati debbano concludersi nell’ambito di un unico maxi-accordo, da raggiungere entro il primo gennaio 2005. Tuttavia, per l’agricoltura la Dichiarazione di Doha ha indicato un’agenda più serrata, secondo la quale il negoziato sarebbe dovuto entrare subito nel vivo, in modo da pervenire a un risultato intermedio significativo per la successiva Con(2) Questa dizione è stata il risultato di un compromesso, teso ad accontentare, almeno parzialmente, le richieste di paesi quali il Giappone, la Corea, la Norvegia e l’Ue, che avrebbero voluto porre in discussione il problema della “multifunzionalità” dell’agricoltura, quale giustificazione dell’uso di strumenti di sostegno altrimenti considerati distorsivi del commercio. L’opposizione della maggioranza degli altri paesi (segnatamente Usa e Gruppo di Cairns) ha fatto saltare qualsiasi riferimento alla multifunzionalità, sostituendola con la necessità di tenere conto di preoccupazioni di natura non commerciale (i non-trade concerns, appunto), come quelle relative a sicurezza alimentare, salubrità, ed esigenze di sviluppo rurale, ritenute meno ambigue e comunque gradite anche ad alcuni Pvs. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 87 ferenza di Cancun. In base a tale agenda, i paesi avrebbero dovuto concordare, entro il marzo del 2003, una bozza di accordo contenente l’impianto degli impegni da sottoscrivere e l’approccio da seguire (le cosiddette Modalities), e definirne i contenuti concreti nei mesi successivi. In particolare, la tabella di marcia prevedeva che, nel rispetto delle Modalities, ciascun paese predisponesse le proprie proposte globali da discutere a Cancun, dettagliate in “prospetti” contenenti la quantificazione degli impegni nelle diverse aree del negoziato e per i singoli prodotti. BOX 4.2. Il mandato di Doha in materia agricola (dalla Dichiarazione ministeriale di Doha, novembre 2001) «13. Prendiamo atto del lavoro svolto nei negoziati iniziati al principio del 2000 ai sensi dell’articolo 20 dell’Accordo sull’agricoltura, incluso il considerevole numero di proposte negoziali presentate da un totale di 121 membri. Ricordiamo l’obiettivo di lungo termine, previsto nell’accordo, volto a stabilire un sistema commerciale equo e orientato al mercato, attraverso un programma di riforma fondamentale che includa una normativa rafforzata e specifici impegni su misure di sostegno e protezione, allo scopo di correggere e prevenire restrizioni e distorsioni nei mercati agricoli mondiali. Confermiamo il nostro impegno a questo programma. Basandoci sul lavoro già svolto e senza pregiudicare gli esiti dei negoziati, ci impegniamo a condurre negoziati globali, mirati a: miglioramenti sostanziali nell’accesso al mercato, riduzione, in vista di una progressiva eliminazione, di ogni forma di sussidio alle esportazioni, sostanziali riduzioni negli aiuti nazionali che creano distorsioni al commercio. Concordiamo che il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo sarà parte integrante di ogni parte del negoziato e sarà incorporato nelle liste di concessioni e impegni e, se opportuno, nelle regole e discipline che devono essere negoziate, in modo che sia effettivo e permetta ai paesi in via di sviluppo di far fronte alle proprie necessità, inclusa la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale. Prendiamo atto dei non-trade concerns riflessi nelle proposte di negoziato sottoscritte dai paesi membri e confermiamo che essi saranno presi in considerazione nei negoziati, così come previsto dall’Accordo sull’agricoltura. 14. Le modalità per ulteriori impegni, ivi incluse le disposizioni sul trattamento speciale e differenziato, saranno stabilite non più tardi del 31 marzo 2003. I partecipanti presenteranno le loro bozze di offerta complessive non più tardi della quinta Conferenza ministeriale. I negoziati, inclusi quelli su regole e normative e relativi testi legali, si dovranno concludere nell’ambito e alla data di conclusione dell’agenda negoziale complessiva». Tratto dalla traduzione del Ministero degli Affari Esteri, pubblicata integralmente in allegato al capitolo 3. I primi incontri, formali e informali, della terza fase del negoziato agricolo (quella che avrebbe dovuto portare alla predisposizione delle Modalities) sono iniziati solo nel giugno 2002, e hanno avuto come oggetto principale la regolamentazione delle esportazioni. Fra luglio e settembre 2002 si è discusso dell’accesso al mercato e, subito dopo, del sostegno interno. Come era facile immaginare, appena entrato in 88 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) una fase meno preliminare - e dunque politicamente più sensibile - il negoziato è diventato molto più difficile: tutte le delegazioni si sono mantenute arroccate sulle proprie posizioni, ancora molto vaghe nei contenuti specifici, e i passi avanti sono stati estremamente modesti, come ha più volte dovuto ammettere il presidente del Comitato Agricoltura Stuart Harbinson. Questa fase di stallo e difficoltà del negoziato è stata accentuata, probabilmente, dalla situazione di passaggio in atto nelle politiche agrarie dei due principali attori: gli Usa, che nel maggio 2002 hanno approvato il nuovo Farm bill - la legge pluriennale d’intervento in agricoltura che, come vedremo, ha in parte modificato la posizione Usa nei confronti del negoziato Wto - e l’Ue, che a partire dal giugno 2002 ha avviato un tormentato dibattito sulla revisione di medio termine della Pac, concluso solo un anno dopo 3. Le idee espresse negli incontri precedenti e le posizioni dei singoli attori sono state riassunte in un primo documento di sintesi 4, che è circolato a partire dal dicembre 2002. Nelle settimane successive, in una situazione in cui i paesi membri non mostravano alcuna disponibilità ad incontrarsi su un terreno negoziale comune, il presidente del Comitato Agricoltura, Stuart Harbinson, si è assunto l’onere di stendere un documento di compromesso: una prima bozza delle Modalities è stata redatta nel febbraio 2003 e revisionata a marzo. Tale documento, sul cui contenuto si tornerà più diffusamente (crf. par. 6), non ha incontrato il favore dei paesi membri che, rimanendo fermi sulle proprie posizioni, si sono dichiarati tutti più o meno insoddisfatti del documento di Harbinson. In tal modo, la scadenza prevista dall’agenda di Doha per l’approvazione delle Modalities è saltata, e per alcuni mesi la trattativa è rimasta completamente ferma. Un elemento di novità è venuto, nel giugno del 2003, dall’approvazione della riforma della Pac, proposta dal commissario Franz Fischler nel quadro della revisione di medio termine. Il contenuto fortemente innovativo della riforma - in particolare il disaccoppiamento degli aiuti diretti della Pac dalla quantità prodotta - ha consentito all’Ue di allentare la propria posizione difensiva nella trattativa agricola. Questa circostanza, insieme al febbrile lavoro dei vertici del Comitato Agricoltura della Wto e ad una esplicita richiesta di operare per il raggiungimento di un accordo fatta ai due principali attori nell’incontro di (3) Sul nuovo Farm bill statunitense si veda Orden (2003) e Salvioni (2003); sul dibattito intorno alla revisione di medio termine della Pac, si vedano le due pubblicazioni proposte in materia dal Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione: De Filippis et al. (2003) e AA.VV. (2003). (4) Si tratta, nella classificazione della Wto, del documento siglato come Tn/Ag/6. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 89 Montreal del luglio 2003 (una delle cosiddette “mini-ministeriali”) ha consentito di dare una scossa al negoziato. In agosto sono stati presentati due importanti documenti, tesi a superare l’impasse nella trattativa agricola all’immediata vigilia di Cancun: il testo congiunto Usa/Ue (13 agosto) per una bozza di accordo da riempire di contenuti riguardo al livello degli impegni da sottoscrivere, e quello, molto più radicale, di 13 Pvs guidati dal Brasile 5 (20 agosto). Il 24 agosto, pochi giorni dopo la presentazione di tali documenti, il presidente del Consiglio generale Wto, Carlos Perez del Castillo, ha predisposto sotto la propria responsabilità una bozza di Dichiarazione da trasmettere alla Conferenza ministeriale. I meno soddisfatti dal “documento Perez del Castillo” sono stati i Pvs che, riprendendo la proposta scritta dei tredici, ne hanno ampliato la base di consenso, firmandola a nome del cosiddetto G22 6, immediatamente prima della Conferenza di Cancun. 3. I TEMI NEGOZIALI 7 I temi dibattuti nel corso delle negoziazioni si riferiscono ai tre pilastri dell’Accordo sull’agricoltura dell’Uruguay round: il miglioramento dell’accesso al mercato, la riduzione dei sussidi alle esportazioni e il ridimensionamento del sostegno interno. Nell’ambito di questi grandi temi si sono anche affrontate le altre questioni menzionate dalla Dichiarazione di Doha, come il trattamento speciale e differenziato per i Pvs e i cosiddetti non-trade concerns. 3.1. Accesso al mercato 8 La Dichiarazione di Doha chiedeva un sostanziale miglioramento dell’accesso al mercato. Poiché i mercati agricoli nazionali sono protetti dall’imposizione di dazi, o di quote a tariffa ridotta, sui prodotti importati dall’estero, molte delle proposte hanno avuto come oggetto la riduzione delle tariffe e la modifica dei meccanismi di gestione del(5) Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Guatemala, India, Messico, Paraguay, Perù e Tailandia. (6) Composto dai paesi del gruppo dei tredici (v. nota precedente) più Cuba, Ecuador, El Salvador, Pakistan, Filippine, Sud Africa e Venezuela; ad essi si è aggiunto, subito dopo, l’Egitto. Durante la conferenza di Cancun al gruppo ha aderito anche la Nigeria (da cui il nome G22). (7) Questo paragrafo si basa su De Filippis 2002, cap. 4. (8) Per una trattazione più approfondita di questo tema si veda Bureau e Salvatici 2003. 90 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) le quote tariffarie. Inoltre, le negoziazioni sull’accesso al mercato hanno affrontato la questione delle misure di salvaguardia speciale, delle imprese di stato e del trattamento speciale e differenziato per i Pvs. Tariffe Come si è ricordato in precedenza, nonostante l’impegno di riduzione dei dazi sottoscritto con l’Ur, la protezione tariffaria in agricoltura è rimasta particolarmente elevata (Ingco 1995). Le stime del valore medio dei dazi consolidati in agricoltura, al termine dell’implementazione dell’Accordo del 1994, sono assai discordanti, in quanto si va dal 62% calcolato dall’United States Department of Agriculture (Gibson et al. 2001), al 9,7% stimato da Gallezot (2002). In ogni caso, il livello medio dei dazi denota ancora una notevole disparità tra agricoltura e settore manifatturiero. Per l’agricoltura la tariffa media semplice è valutata tra il 40% (Messerlin 2001) e il 30% (Gibson et al. 2001), mentre per i prodotti industriali le stime variano tra il 6,5% (Wto 2001b) e meno del 4% (Gibson et al. 2001) 9. Sebbene la tarifficazione stabilita con l’Uruguay round abbia avuto l’indubbio merito di estendere ai prodotti agricoli uno dei capisaldi del Gatt, ovvero la messa al bando delle barriere non tariffarie, vale la pena sottolineare che le barriere tariffarie in agricoltura non sono ancora del tutto trasparenti. Oltre all’alto livello e alla scarsa trasparenza, un terzo tipo di problema, al centro dell’attuale negoziato, riguarda la variabilità dei dazi relativi ai diversi prodotti. A parità di intensità media della protezione, infatti, la struttura tariffaria di un paese può risultare più o meno distorsiva, a seconda della dispersione interna dei singoli dazi. Una valutazione della variabilità dei dazi per comparti produttivi nei vari paesi mette in evidenza come alcuni settori - fra cui cereali, carni, prodotti lattiero-caseari e zucchero - risultano generalmente più protetti della media dei prodotti agricoli. Se guardiamo più nel dettaglio, cercando di individuare i cosiddetti “picchi tariffari” (ovvero i dazi maggiori del 100%), emerge che in paesi come l’India o il Bangladesh tali picchi arrivano a rappresentare il 45% o addirittura il 69% del totale dei dazi consolidati (Wto 2001b). D’altra parte, anche le tariffe dei paesi sviluppati non sono esenti da tale caratteristica: solamente il 2% (24 prodotti) dei dazi statunitensi eccedono il 100% (con il più elevato pari al 350%), ma nel caso del(9) Per avere un quadro accurato del confronto tra settori, bisognerebbe anche considerare qual è la percentuale di prodotti i cui dazi sono consolidati in sede Wto. Nel caso dei prodotti industriali tale percentuale è vicina al 100% per la maggior parte dei paesi sviluppati, mentre la situazione è assai differenziata nel caso dei Pvs. In agricoltura, invece, tutti i prodotti sono stati consolidati a seguito dell’Uruguay round. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 91 l’Ue i picchi rappresentano l’8% (141 prodotti) del totale (livello massimo 500%), mentre per il Giappone tale percentuale sale all’11%, con un picco massimo superiore addirittura al 2000% (Gibson et al. 2001). Strettamente collegata al problema della variabilità dei dazi è anche la questione, sollevata dai Pvs, della cosiddetta “tariff escalation”, ovvero della maggiore protezione effettiva che i paesi industrializzati garantirebbero ai prodotti trasformati, attraverso l’imposizione di dazi meno elevati sulle materie prime e sui beni intermedi, rispetto a quelli che gravano sui prodotti trasformati. In effetti, le stime esistenti sembrano, in linea di massima, non confermare un’utilizzazione sistematica della tariff escalation da parte dei paesi sviluppati (Meilke et al. 2001) ma va ricordato che la misurazione della protezione effettiva, al pari dell’intensità della protezione “media”, è un esercizio difficile, in cui ai problemi associati alla definizione teorica degli indici si aggiungono questioni pratiche di non poco conto, legate alla qualità e disponibilità dei dati. Per quanto riguarda l’esito finale del negoziato sull’accesso ai mercati, tutti i paesi condividono (almeno sulla carta) l’obiettivo di arrivare ad un’ulteriore riduzione dei dazi, al fine di portare avanti il processo di convergenza tra protezioni tariffarie nel settore agricolo e nel settore manifatturiero. Il negoziato si è incentrato su un approccio “per formule”, in analogia con l’accordo dell’Ur, che ha fissato un obbligo di riduzione percentuale della media (semplice) delle tariffe, accompagnato da un vincolo di riduzione minima per ciascuna linea tariffaria. Nell’ambito dell’approccio per formule, occorre tuttavia distinguere tra formule lineari, che puntano a ridurre solamente il livello (medio) dei dazi, e formule armonizzatrici, che si propongono di ridurre sia il livello sia la dispersione della struttura tariffaria. L’esempio tipico di formula lineare è rappresentato da una riduzione percentuale uniforme, da applicare a ciascun prodotto, rispetto al dazio originario. La formula adottata nell’Ur (riduzione del 36% in sei anni) è stata in linea con un simile approccio, anche se lasciava ai governi nazionali maggiore libertà nella distribuzione delle riduzioni tariffarie, in quanto il vincolo era definito a livello aggregato (sulla media semplice delle tariffe). Proprio per evitare l’aumento della dispersione daziaria, che sarebbe potuto conseguire ad un comportamento dei paesi volto a ridurre i dazi più bassi lasciando immutati gli altri, venne previsto un obbligo di riduzione minima per ciascuna linea tariffaria 10. (10) Per un’analisi comparata delle strategie di implementazione dell’Uruguay round in materia di barriere tariffarie si veda Bureau et al. 2000. 92 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Nell’attuale negoziato la formula lineare è stata difesa soprattutto dall’Ue che ha proposto di mantenere gli stessi ingredienti di quella adottata nell’Ur: riduzione media del 36% con un obbligo di riduzione minima pari al 15%. Per quanto riguarda le formule armonizzatrici, la più famosa fra di esse è sicuramente la formula svizzera, che fu adottata (per i prodotti manifatturieri) nel Tokyo round del Gatt: nell’attuale negoziato proposte in tal senso sono state avanzate dal Gruppo di Cairns e dagli Stati Uniti (si veda il box 4.3.). BOX 4.3. La formula svizzera La formula svizzera viene usata per “armonizzare” le tariffe, cioè per ridurre la loro variabilità e per fissarne un tetto massimo. Il livello finale dei dazi viene calcolato sulla formula seguente: Z = AX/(A+X) A = coefficiente negoziato X = tariffa iniziale Z = tariffa alla fine del periodo d’implementazione, più bassa di quella iniziale. Un elemento cruciale è rappresentato dalla scelta del coefficiente A: con A = 25%, come proposto dagli Stati Uniti, tutte le tariffe verrebbero ridotte in misura tale da risultare inferiori al 25%. Se l’obiettivo ultimo è quello di ridurre tanto il livello quanto la variabilità delle tariffe, appare ormai evidente che l’eventuale accordo rappresenterà una sorta di “cocktail” fra le formule armonizzatrici e quelle che ricalcano la struttura degli impegni sottoscritti con l’Aa del 1994. La proposta di Harbinson del marzo 2003, ad esempio, prevedeva di calcolare le riduzioni dividendo i dazi esistenti in tre categorie: le tariffe superiori al 90% dovrebbero essere ridotte in media del 60%, con una riduzione minima del 45%; quelle fra il 15 e il 90% dovrebbero essere ridotte in media del 50%, con una riduzione minima del 35%; le rimanenti dovrebbero essere ridotte in media del 40%, con una riduzione minima del 25%. Un “mix” diverso è invece contenuto nell’accordo Usa-Ue ed è stato recepito nella bozza di Dichiarazione predisposta per la Conferenza di Cancun dal presidente del Consiglio generale Carlos Perez del Castillo. Questi documenti fanno riferimento sia alla formula svizzera, sia all’approccio dell’Ur (ovvero un obbligo di riduzione media rispettando un vincolo di riduzione minima), sia alla completa eliminazione dei dazi. Va tuttavia sottolineato che tali proposte risultano ancora per molti versi indeterminate, in quanto non vengono specificati né gli ob- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 93 blighi di riduzione previsti (ovvero il coefficiente della formula svizzera e le percentuali di riduzione media e minima) né i criteri con cui verrebbero determinati i prodotti a cui si applicherebbero i diversi obblighi di riduzione, mentre per quanto riguarda la tariff escalation si promette che verrà trovata una “soluzione efficace”. Probabilmente, proprio al fine di ridurre la vaghezza degli impegni previsti in materia di riduzione dei dazi, il G22 ha chiesto che l’approccio tipo Ur venga sostituito da un obbligo di riduzione uniforme (da applicare, cioè, a ciascuna linea tariffaria), e che si aggiunga un obiettivo complessivo, in termini di riduzione media, che dovrebbe risultare dalla combinazione dei vari approcci (riduzione lineare, formula svizzera e liberalizzazione completa). Quote d’importazione a tariffa ridotta (Qtr) A conclusione dell’Ur sono state introdotte numerose quote a tariffa ridotta (Qtr) (v. capitolo 2), con l’obiettivo di assicurare che nel periodo di applicazione dell’accordo l’accesso ai mercati fosse non inferiore a quello “corrente” e che, comunque, si garantisse un accesso facilitato per un ammontare di importazioni pari almeno al 3% del consumo interno, da portare, alla fine del periodo di applicazione dell’accordo, al 5%. Negli anni successivi sono state sollevate alcune perplessità in merito alla reale efficacia delle Qtr nel perseguire gli obiettivi dichiarati e, inoltre, si è anche segnalato come la gestione delle Qtr potesse di per sé comportare delle distorsioni del commercio rilevanti 11. Il negoziato sulle Qtr ha riguardato i vari elementi che compongono questo strumento di politica commerciale: il volume della quota d’importazione, il valore del dazio applicato alle importazioni che rientrano nella quota, il valore del dazio applicato alle importazioni fuori quota e il sistema di amministrazione delle quote stesse. Gli Usa e i Pvs grandi esportatori spingono per una liberalizzazione del sistema, attraverso l’aumento del volume delle quote e l’ulteriore abbassamento (al limite, l’azzeramento) delle tariffe ridotte applicate all’interno della quota. Circa le modalità di amministrazione delle quote, si riconosce che alcuni dei meccanismi attualmente utilizzati fanno sì che le quote non vengano pienamente utilizzate, e si registra un generale consenso sulla necessità di garantire maggiore trasparenza e facilità di accesso al sistema. Tuttavia, in mancanza di un accordo su una classificazione dei diversi sistemi di amministrazione, in funzione della loro capacità di (11) Negli ultimi anni, numerosi sono stati i contributi sul tema. Tra i più rilevanti si segnalano Podbury e Roberts 1999; Oecd 1999; Skully 2001a e 2001b. 94 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) assicurare l’utilizzazione delle Qtr, viene comunque richiesta la realizzazione di un monitoraggio più stretto dei diversi sistemi adottati a livello nazionale, oltre all’introduzione di meccanismi che possano facilitare la riassegnazione delle quote non utilizzate (ad esempio attraverso aste). Rimane, in ogni caso, un punto cruciale da chiarire, vale a dire se e in che misura le importazioni che avvengono sulla base di accordi preferenziali possano essere incluse nelle notifiche relative al rispetto degli impegni in materia di accesso minimo al mercato interno. Misure di salvaguardia speciali Le salvaguardie sono contingentamenti temporanei che possono essere introdotti per far fronte a improvvise variazioni nei flussi commerciali. Esistono per tutti i settori, ma nel caso dei prodotti agricoli l’Aa prevede una disciplina speciale, in quanto il paese che le adotta non ha l’obbligo di dimostrare che l’aumento delle importazioni ha arrecato un “grave danno” ai produttori nazionali. I negoziati hanno considerato l’opportunità di arrivare all’abolizione della clausola speciale di salvaguardia e se tale eliminazione dovesse riguardare tutti i paesi o solamente quelli sviluppati. Si è inoltre discusso delle modalità, più o meno graduali, con cui si dovrebbe procedere verso tale eliminazione. Imprese di stato La diffusa presenza di imprese di stato (Ste, dalla denominazione inglese State Trading Enterprises) nel commercio internazionale dei prodotti agricoli alimenta, da tempo, i sospetti che queste imprese possano costituire uno strumento surrettizio, utilizzato da alcuni governi per aggirare gli impegni Wto in materia di liberalizzazione del commercio internazionale dei prodotti agricoli. Ad accrescere tali preoccupazioni ha contribuito, nel corso degli anni ’90, anche la prospettiva di un ingresso imminente nella Wto di paesi importanti, come la Cina, nei quali le imprese di stato gestiscono frequentemente sia il commercio interno che quello internazionale. Il Gatt prevedeva l’obbligo per i governi di fornire informazioni sull’attività delle Ste operanti all’interno dei propri confini, e tale obbligo di notifica è stato mantenuto in ambito Wto. Ciononostante, dopo la conclusione dell’Ur, si è lamentata da più parti la parzialità e l’inaffidabilità delle informazioni fornite dai governi nazionali. Riguardo all’approccio negoziale adottato dai principali paesi in materia di Ste, nel quadro del nuovo negoziato agricolo, si possono riscontrare due distinte posizioni. Da una parte, i paesi in cui il commercio è gestito dalle imprese private - in particolare Stati Uniti e Unione Euro- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 95 pea - invocano una revisione delle attuali regole sulle imprese commerciali di stato, un aumento della trasparenza attraverso il miglioramento delle procedure di notifica e, nel caso degli Stati Uniti, il divieto per i governi di concedere alle imprese di stato diritti esclusivi sul commercio agricolo. Dall’altra, il gruppo dei paesi di Cairns, e in particolare il Canada, - nei quali sono invece presenti Ste - sostengono che sarebbe sufficiente applicare le regole già esistenti nella normativa Gatt/Wto, per assicurare che la presenza delle Ste non comporti effetti distorsivi sul commercio. Inoltre, si sostiene che l’alternativa alle imprese di stato non sia necessariamente la libera concorrenza ma siano, più spesso, forme di mercato caratterizzate da pochi operatori privati di grandi dimensioni, che possono comunque condurre a rilevanti distorsioni commerciali. Secondo questi paesi, quindi, l’eliminazione delle Ste potrebbe in alcuni casi non comportare un miglioramento dell’efficienza dei mercati internazionali perché, da un lato, le attuali distorsioni dipenderebbero, più che dall’esistenza delle imprese di stato, dalle politiche attuate dai governi; dall’altro, in assenza di imprese di stato potrebbero prevalere condizioni di mercato ancor meno concorrenziali. Trattamento speciale e differenziato (Tsd) Negli attuali negoziati, così come era avvenuto nell’Ur, le proposte relative al Tsd si concretizzano in impegni di dimensioni più ridotte e periodi d’implementazione più lunghi, unitamente all’esclusione del gruppo dei Paesi meno avanzati da tutti gli obblighi. Per quanto riguarda la componente tariffaria, va segnalata l’introduzione nella proposta Harbinson (confermata poi dal documento di Perez del Castillo) della categoria degli special products. Questi prodotti dei Pvs sarebbero soggetti a minori tagli tariffari e a nessun obbligo circa la liberalizzazione delle Qtr. Un altro punto di particolare rilievo per i Pvs concerne la clausola di salvaguardia speciale per l’agricoltura; si vorrebbe infatti estenderne il diritto d’uso anche ai paesi che non hanno “tarifficato” e che si sono riservati la possibilità di utilizzarla. Infine, vi è la richiesta di garantire un accesso preferenziale alle esportazioni dei Pvs: tale richiesta è stata recepita nella bozza predisposta da Perez del Castillo, sotto forma di impegno a garantire il libero accesso al mercato per una certa quota di esportazioni provenienti dai Pvs. Altri temi relativi all’accesso al mercato Accanto ai temi sopracitati, nell’ambito dell’accesso al mercato si è anche discusso di sicurezza degli alimenti, di informazione ai consumatori e di etichettatura, di indicazioni geografiche e di qualità dei prodotti alimentari. Per quanto riguarda la sicurezza degli alimenti, tutti 96 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) concordano che i consumatori vadano protetti ma che si debba evitare di utilizzare questo argomento come pretesto per introdurre politiche protezionistiche. Tuttavia, mentre alcuni paesi, come l’Ue, ritengono che questioni come l’interpretazione del “principio di precauzione” vadano affrontate nell’ambito del negoziato agricolo, altri ritengono che esse vadano discusse nell’ambito del comitato preposto all’applicazione dell’Accordo Sps, sulla regolamentazione delle misure fitosanitarie. Analogamente, è stata avanzata (da Ue e Svizzera, ad esempio) la richiesta di affrontare nell’ambito del negoziato agricolo la questione dell’informazione da fornire ai consumatori in materie come il benessere degli animali o l’uso degli Ogm. Molti paesi, tuttavia, sostengono che tali temi vadano affrontati nell’ambito dell’Accordo sulle barriere tecniche o in organi diversi dalla Wto (come, ad esempio, il Codex Alimentarius). La questione di maggior rilievo è sicuramente quella relativa alla tutela delle indicazioni geografiche. Nonostante l’Ue abbia sostenuto, con forza, che la mancata tutela della denominazione di alcuni prodotti impedisca, di fatto, il loro accesso ai mercati stranieri e rappresenti quindi una forma di protezione, i negoziati su questo punto si sono sviluppati nell’ambito dell’Accordo Trips (v. capitolo 5). 3.2. Politiche distorsive della competitività delle esportazioni 12 Rispetto all’Ur, il nuovo negoziato sta prendendo in esame una gamma più ampia di politiche distorsive della competitività delle esportazioni. Accanto alle esportazioni sussidiate in senso stretto, infatti, si sta trattando anche su alcune misure di sussidio indiretto delle esportazioni, quali i crediti all’esportazione concessi a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato; le attività delle Ste esportatrici che godono di potere di mercato; gli aiuti alimentari. Inoltre, è oggetto di negoziazione anche la richiesta di molti paesi di proibire - o, almeno, rendere soggette a vincoli - le politiche che, invece di avere l’obiettivo di espandere le esportazioni del paese, determinano una loro riduzione. Come è noto, un sussidio all’esportazione, sia esso diretto o indiretto, ha l’effetto di fare aumentare il prezzo nel paese esportatore e, al contrario, di ridurre il prezzo di acquisto per il paese importatore, rispetto a quello che si avrebbe in assenza del sussidio. L’effetto dei sussidi all’esportazione, per gli altri paesi esportatori, è una riduzione della loro competitività sui mercati internazionali, a vantaggio di quella dei paesi che ricorrono a questo strumento di politica commerciale. Nel paese e(12) Per una trattazione più approfondita di questo tema si veda Abbott e Young 2003. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 97 sportatore il ricorso ai sussidi all’esportazione è dettato dall’obiettivo di far ottenere ai produttori un prezzo maggiore di quello che si avrebbe in assenza di interventi (col risultato che anche i consumatori interni pagano un prezzo più alto). Il sussidio all’esportazione, infatti, consente di collocare all’estero la produzione eccedente quella che il mercato interno è in grado di assorbire a quel prezzo: in assenza del sussidio, tale produzione eccedentaria cercherebbe invece collocazione sul mercato interno, facendo scendere il prezzo di mercato. Sussidi all’esportazione Come si è accennato nel capitolo 1, l’uso di sussidi all’esportazione è da tempo vietato - dalle regole Gatt prima, e Wto poi - in tutti i settori diversi dall’agricoltura. La possibilità di sussidiare le esportazioni agricole costituisce quindi un’eccezione rispetto a quanto si ha negli altri settori, anche se, come si è visto, con l’Accordo del 1994 le esportazioni sussidiate in agricoltura sono per la prima volta assoggettate a vincoli e se ne è decisa la progressiva riduzione. Quando si fa riferimento alle esportazioni agricole sussidiate, si intendono, di fatto, quelle dell’Unione Europea. La spesa in sussidi all’esportazione dell’Ue, nei quattro anni compresi tra il 1995 e il 1998, ha infatti rappresentato poco meno del 90% di quella complessiva; il secondo paese per spesa in sussidi all’esportazione è la Svizzera (5% circa del totale), seguita da Stati Uniti (1,5%) e Norvegia (1,3%). Di conseguenza, questa componente del negoziato agricolo in corso riguarda, di fatto, gli impegni che l’Ue dovrebbe prendere circa l’uso di questo strumento di politica commerciale. Come era già accaduto all’avvio dell’Ur, le posizioni negoziali iniziali di molti paesi chiedono la totale eliminazione delle esportazioni sussidiate, in un certo numero di anni. L’Ue ha dichiarato la sua disponibilità ad un’ulteriore riduzione delle esportazioni sussidiate, a condizione però che anche le forme indirette di sussidio delle esportazioni divengano soggette a vincoli efficaci, che ne riducano l’impiego in misura analoga a quanto si avrà per i sussidi diretti. Sulla base di quanto accaduto sin qui, i principali temi attorno ai quali si è sviluppato il negoziato sulle esportazioni sussidiate possono essere così sintetizzati: - le percentuali di riduzione del volume delle esportazioni sussidiate e della spesa in sussidi, nonché la “base” rispetto cui calcolare tali riduzioni; - la lunghezza del periodo d’implementazione del nuovo accordo, cioè il numero di anni entro cui realizzare, progressivamente, la riduzione concordata; 98 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) - la richiesta di alcuni paesi di una forte riduzione delle esportazioni sussidiate e della spesa in sussidi, già nel primo anno di applicazione del nuovo accordo (nel gergo della negoziazione si tratta del downpayment, ovvero un “acconto”); - la conferma o meno del cosiddetto roll over, ovvero della possibilità prevista nell’Accordo del 1994 di utilizzare “crediti” 13 accumulati negli anni precedenti, per superare, negli anni del periodo di implementazione diversi dal primo e dall’ultimo, la spesa in sussidi e le esportazioni sussidiate massime consentite in quell’anno. Sia la proposta di Harbinson che la bozza di Dichiarazione per la Conferenza di Cancun confermano, in qualche modo, l’obiettivo ultimo di arrivare ad una completa eliminazione dei sussidi. Va tuttavia sottolineato che il documento predisposto da Perez del Castillo, recependo l’accordo raggiunto da Usa e Ue, limita tale eliminazione ai «prodotti di particolare interesse per i Pvs», mentre per tutti gli altri si prevede un’ulteriore riduzione, in linea con l’approccio seguito nell’Ur (riduzione sia in termini di quantità, sia in termini di spesa). Per i Pvs, inoltre, si prevede il tradizionale trattamento speciale e differenziato, ovvero un periodo di tempo più lungo per l’applicazione dell’eventuale accordo. Crediti all’esportazione La concessione di un credito, da parte di un paese esportatore, al paese importatore rappresenta una comune pratica commerciale e non è, di per sé, distorsiva degli scambi. Il problema emerge quando tale credito viene concesso a condizioni più vantaggiose di quelle “di mercato”, configurando un credito agevolato. Tale forma di credito riduce il costo delle importazioni provenienti dal paese che concede il credito, rispetto al costo delle importazioni che vengono da altri paesi, modificando le convenienze di mercato in modo simile a una politica di sussidio diretto delle esportazioni. Nel corso del negoziato sono emersi due possibili approcci. Il primo, utilizzato anche nella proposta di Harbinson, si basa sulla definizione dettagliata di quali siano le regole da rispettare nella concessione di crediti all’esportazione. L’idea di fondo, quindi, è che tale strumento vada disciplinato, ma non ridotto e infine eliminato, come invece si tende a fare nel caso dei sussidi diretti. Il secondo approccio, fatto proprio dalla bozza predisposta da Perez del Castillo, enfatizza l’equivalenza tra sussidi diretti e indiretti. In questo caso, infatti, si mette (13) Per “crediti” si intende qui la differenza tra le esportazioni sussidiate, o la spesa in sussidi, possibili in un dato anno e quelle effettivamente realizzate. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 99 in rilievo la componente-sussidio del credito (ovvero l’elemento di “agevolazione” rispetto ai normali crediti commerciali), che andrebbe ridotta secondo le stesse modalità previste per i sussidi diretti. Per quanto riguarda i Pvs, durante il negoziato si è sottolineata la necessità di tenere conto dei possibili effetti negativi, che si potrebbero registrare nei paesi importatori netti di alimenti, a seguito dell’introduzione di vincoli per la concessione di crediti all’esportazione. Aiuti alimentari Non vengono messi in discussione gli aiuti alimentari in sé, bensì quelli concessi su base bilaterale e che appaiono determinati più dall’esigenza del paese donatore di sostenere, per questa via, il prezzo interno dei prodotti donati, che dalla scelta altruistica di contribuire a risolvere un’emergenza di sicurezza alimentare nel paese beneficiario. Ancora oggi, meno della metà degli aiuti alimentari hanno luogo su base multilaterale, mentre la quota più ampia degli aiuti resta legata a donazioni su base bilaterale, da un paese donante a un paese beneficiario. Gran parte degli aiuti alimentari su base bilaterale sono concessi dagli Stati Uniti. La forma più esplicita di uso degli aiuti alimentari in maniera sostanzialmente equivalente a un sussidio all’esportazione è data dalla concessione di un aiuto alimentare condizionato all’importazione, da parte del paese beneficiario, a condizioni di mercato, di una certa quantità del medesimo prodotto (o di un altro) dal paese donatore. Tale pratica è già oggi espressamente vietata sulla base dell’Aa del 1994. Tuttavia è difficile provare l’esistenza di accordi non espliciti o informali che leghino la concessione dell’aiuto a importazioni effettuate a condizioni di mercato. Sebbene esista un ampio consenso sugli obiettivi ultimi del negoziato - impedire che gli aiuti alimentari siano usati per eliminare i surplus di produzione e per aggirare gli impegni presi circa i sussidi all’esportazione evitando, nel contempo, qualsiasi ostacolo alla consegna di aiuti alimentari in caso di reale necessità - le trattative hanno evidenziato alcuni punti controversi. Tra i più importanti vale la pena di ricordare il divieto alla ri-esportazione degli aiuti e l’esistenza di una relazione diretta (piuttosto che inversa, come è avvenuto in passato) tra l’ammontare degli aiuti e l’andamento dei prezzi mondiali. Da notare anche la posizione, piuttosto radicale, sostenuta dalla proposta Harbinson, che prevedeva l’obbligo di “monetizzare” gli aiuti alimentari, eliminando la possibilità di concedere aiuti “in natura”; mentre la bozza predisposta da Perez del Castillo lascia aperta la questione per ulteriori trattative. 100 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Imprese commerciali esportatrici di stato Le imprese commerciali di stato (Ste) hanno un ruolo di rilievo nelle esportazioni mondiali di alcuni prodotti agricoli: le Ste di Canada (Canadian Wheat Board) e Australia (Australian Wheat Board) gestiscono, nel complesso, il 27% delle esportazioni mondiali di grano e hanno diritti esclusivi di vendita sui mercati esteri; detengono, cioè, il monopolio delle esportazioni dal proprio paese. Nel settore lattiero-caseario, l’impresa di stato della Nuova Zelanda (New Zealand Dairy Board) detiene il 7% delle esportazioni mondiali e, per lo zucchero, un’impresa di stato dell’Australia (Queensland Sugar Corp) controlla l’8% delle esportazioni mondiali (Young, Abbott e Leetma 2001). In molti casi, alle Ste è affidato anche il compito di gestire le vendite sul mercato interno, ovvero di applicare le politiche agrarie nazionali, conferendo loro, in questo modo, ciò che nella letteratura anglosassone viene chiamato lo status di single-desk nella gestione sia del mercato interno che delle esportazioni. Secondo i paesi maggiormente critici nei confronti delle Ste, come Usa, Ue e Giappone, la presenza di un single desk si può tradurre in un sostegno indiretto alle esportazioni. Attraverso pratiche di price pooling 14 si stabilizzano i prezzi dei produttori, messi al riparo dalle fluttuazioni di mercato e si può contare su prezzi certi e stabili nel corso dell’anno. Inoltre, poiché spesso i governi intervengono a sanare eventuali perdite di bilancio, le Ste possono permettersi di collocare i prodotti agricoli a prezzi inferiori a quelli offerti dai concorrenti privati, attuando strategie aggressive e rischiose sui mercati internazionali e discriminando fra diversi mercati a scopo predatorio, azioni che configurano un implicito sussidio alle esportazioni. A questi argomenti, i paesi in cui operano le Ste ribattono evidenziando che una limitazione delle attività delle Ste - se non addirittura una loro eliminazione - non rimuoverebbe necessariamente le rilevanti distorsioni presenti sui mercati internazionali, in quanto sono numerosi i mercati in cui il commercio è concentrato nelle mani di poche multinazionali. Queste, come nel caso dei cereali dell’Ue, degli Stati Uniti o dell’Argentina, controllano circa l’80% delle esportazioni, operano contemporaneamente in diversi mercati (cereali, semi oleosi, carni, pollame), sono verticalmente integrate lungo le filiere (produzione di sementi, aziende per l’allevamento, trading, industrie di prima trasformazione) e detengono un notevole potere di mercato, che consente loro di adottare comportamenti monopolisti o monopsonisti (14) Le Ste pagano ai produttori interni un prezzo pari alla media dei prezzi realizzati in diversi mercati e/o per diversi prodotti. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 101 sui mercati internazionali e interni (Scoppola 2000). Le notevoli dimensioni d’impresa e l’esteso potere di mercato permettono alle multinazionali - al pari delle Ste - di discriminare i prezzi sui mercati esteri e di adottare pratiche “predatorie”, il cui scopo è solo quello di conquistare quote di mercato e di far uscire altri concorrenti. La proposta di Harbinson prevedeva regole per assicurare che tali imprese operassero in condizioni di mercato, senza sussidi governativi o altri privilegi finanziari, in modo da competere alla pari con gli altri operatori. Il documento di Perez del Castillo, invece, rinvia qualsiasi decisione ai negoziati futuri. Vincoli all’esportazione Una politica che determini una riduzione delle esportazioni può avere motivazioni assai diverse. L’Ue, ad esempio, ha fatto ricorso in passato alla tassazione delle sue esportazioni, con l’obiettivo di stabilizzare il prezzo interno, quando il prezzo sul mercato mondiale era cresciuto tanto da superare il prezzo “obiettivo” fissato dalla Pac. La tassazione delle esportazioni implica un’ulteriore spinta all’aumento dei prezzi sui mercati mondiali, acuendo ancora di più le difficoltà di approvvigionamento dei paesi più poveri importatori netti di alimenti. Tra l’altro, ciò ha l’effetto di ridurre la fiducia nel mercato internazionale come possibile fonte di approvvigionamento, per quei paesi che adottano una strategia di sicurezza alimentare non incentrata sul perseguimento di un elevato grado di autosufficienza alimentare. La tassazione delle esportazioni, tuttavia, è uno strumento utilizzato di frequente anche, e soprattutto, dai paesi in via di sviluppo esportatori netti di alimenti. In questo caso, gli obiettivi perseguiti possono essere diversi: l’acquisizione di risorse per finanziare il bilancio pubblico; obiettivi legati alla sicurezza alimentare 15; la riduzione degli effetti negativi sui produttori interni della tariff escalation praticata dai paesi sviluppati. Non desta quindi meraviglia che, nel negoziato in corso, le posizioni sul tema della regolamentazione delle politiche che determinano una riduzione delle esportazioni siano molto distanti tra loro. Se gli Stati Uniti, al pari di paesi importatori come Giappone e Svizzera, auspicano la loro cancellazione, molti altri paesi chiedono, invece, la definizione di vincoli per i paesi sviluppati ma non per quelli in via di sviluppo. Il Gruppo di Cairns, ad esempio, si è dichiarato favorevole a ri(15) Riducendo le esportazioni di un prodotto rilevante nella dieta alimentare della popolazione si determina un aumento della disponibilità del prodotto sul mercato interno e una riduzione del suo prezzo. 102 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) durre i vincoli all’esportazione, nella misura in cui ciò si accompagna ad una minore protezione da parte dei paesi importatori. Anche in questo caso, la proposta di Harbinson conteneva l’esplicito divieto all’introduzione di tasse e vincoli all’esportazione da parte dei paesi sviluppati, mentre alcune deroghe erano previste per i Pvs. Il documento di Perez del Castillo, invece, fa solo un breve accenno alla necessità di negoziare nuove regole. 3.3. Sostegno interno 16 Gli impegni in materia di sostegno interno inclusi nell’Accordo sull’agricoltura del 1994 non sono risultati particolarmente stringenti; tuttavia, nonostante la debolezza dei vincoli imposti, il fatto stesso di sottoporre il sostegno interno ad una disciplina internazionale, negoziata su base multilaterale nel contesto di una istituzione deputata ad occuparsi di commercio e politiche commerciali, ha rappresentato una indubbia novità e soprattutto ha creato le premesse per un intervento più incisivo nell’attuale round negoziale. Per capire l’atteggiamento degli attori in gioco, va inoltre chiarito che la disciplina del sostegno interno all’agricoltura riguarda tutti i paesi, ma in modo diseguale: i paesi sviluppati molto più di quelli in via di sviluppo, e in particolare, tra i primi, il gruppo costituito da Usa, Ue e Giappone, che coprono da soli circa il 90% dell’intero ammontare di sostegno pubblico all’agricoltura erogato in area Oecd (Kennedy et al. 2001). D’altra parte, i Pvs lamentano che l’Aa pone i maggiori vincoli sulle misure di protezione doganale, che sono alla loro portata in quanto adottabili senza particolari oneri, mentre lascia mano libera alle misure di sostegno interno, che invece presuppongono una spesa pubblica non facilmente affrontabile dai Pvs. Su questa base, alcuni di essi chiedono un sistema di vincoli molto più stringente per il sostegno interno, insieme all’istituzione di una “development box”, cioè di una nuova “scatola”, riservata ai Pvs ed esente da obblighi di riduzione, in cui far confluire tutte le misure di sostegno e protezione che, se pure distorsive del commercio, sono giustificabili per il perseguimento di obiettivi strategici di sviluppo interno. Si tratterebbe, in altri termini, di una “scatola” fortemente innovativa, rispetto al sistema varato con l’Accordo del 1994, in quanto conterrebbe un’esenzione definita in termini di paesi, piuttosto che sulla base del tipo di intervento. Per quanto riguarda la revisione del sistema di regole attualmente in (16) Per una trattazione più approfondita di questo tema si veda Josling 2003. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 103 vigore, le principali proposte si sono concentrate su due questioni fondamentali: 1. la revisione del sistema delle “scatole”; 2. il livello di aggregazione della Mas e il criterio di definizione degli impegni di riduzione. Circa il primo punto (cfr. capitolo 2), la scatola verde contiene politiche che sono (o dovrebbero essere) a buon titolo esenti dagli obblighi di riduzione, in quanto i loro effetti distorsivi sul commercio dovrebbero essere nulli o minimi (pagamenti totalmente disaccoppiati dalla quantità prodotta), e/o perché riguardano interventi volti ad assicurare particolari beni e servizi pubblici (spesa per ricerca e assistenza tecnica, pagamenti ambientali, programmi di sviluppo territoriale e di aggiustamento strutturale, aiuti alimentari, interventi per la sicurezza alimentare, programmi assicurativi per la salvaguardia di redditi minimi, rimborsi per danni da calamità naturali). La scatola blu, invece, contiene politiche che, pur avendo un effetto distorsivo, sono state esentate dagli obblighi di riduzione sulla base di un accordo politico; una scelta giustificata dal fatto che tali politiche sono affidate a pagamenti diretti parzialmente disaccoppiati e condizionati al contenimento della quantità prodotta. La proposta congiunta Usa-Ue, coerentemente con l’evoluzione recente della politica agraria nei due paesi (si veda il paragrafo 4), ha tentato di mantenere questa impostazione, conservando la scatola verde e garantendo alla scatola blu la possibilità di mettere al riparo dagli impegni di riduzione un ammontare di pagamenti pari al 5% del valore della produzione. La bozza predisposta da Perez del Castillo ha sostanzialmente confermato tale impostazione, scatenando l’opposizione dei paesi maggiormente interessati alla riduzione del sostegno - come il Gruppo di Cairns e, soprattutto, il G22 -, anche perché essa rappresentava un passo indietro rispetto alla proposta di Harbinson, che prevedeva l’eliminazione della scatola blu, o almeno una sua drastica riduzione. Il G22, in particolare, non si è limitato a chiedere l’abolizione della scatola blu ma anche l’introduzione di limiti al sostegno erogabile nell’ambito della scatola verde, oltre ad una riduzione sostanziale del sostegno distorsivo misurato dalla Mas, soprattutto se erogato in favore di prodotti destinati all’esportazione. Con riferimento alla scatola verde, va sottolineato che il dibattito su di essa risulta strettamente legato alla questione dei non-trade concerns. Il legame è dovuto al fatto che i non-trade concerns possono fornire una giustificazione per accogliere nella scatola verde alcune misure oggi escluse in quanto distorsive del commercio, con l’argomento che esse servono a salvaguardare il perseguimento di obiettivi 104 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) più generali, che potrebbero essere messi a repentaglio da una liberalizzazione commerciale indiscriminata. In questo quadro, la questione più importante riconducibile al tema dei non-trade concerns è la multifunzionalità dell’agricoltura, che rimanda alla più generale questione dei “fallimenti del mercato”, quale giustificazione dell’intervento pubblico nell’economia. L’Ue ha trovato, su questo terreno, numerosi alleati, soprattutto tra i paesi che tradizionalmente offrono alla propria agricoltura un alto grado di sostegno e protezione - quali Giappone, Svizzera, Norvegia, Corea - oltre che tra i paesi dell’Europa centro-orientale, destinati ad entrare nell’Ue in un futuro ormai prossimo. Per quanto riguarda il secondo punto - la riduzione della Mas - la proposta di Harbinson proponeva una riduzione del 60% della Mas in quattro anni (del 40% in 10 anni per i Pvs), con specifici impegni di riduzione sui singoli prodotti, mentre la bozza della Dichiarazione non dà alcuna indicazione in merito a tali impegni e all’ammontare della clausola de minimis. La proposta di ridurre la Mas in modo proporzionale si presta a considerazioni analoghe a quelle che si possono fare, per quanto riguarda le tariffe, sull’adozione di una formula di riduzione lineare: abbassa il livello medio del sostegno, ma non vengono meno le differenze fra i paesi. Proprio per questa ragione, alcuni paesi, tra cui gli Usa nella loro proposta iniziale, chiedevano che si definisse un obiettivo finale uguale per tutti, in termini di rapporto fra spesa per sussidi e valore della produzione: ciò comporterebbe, evidentemente, la necessità di operare tagli proporzionalmente più consistenti da parte dei paesi che partono da livelli di sostegno più elevati. A proposito delle possibili modalità di riduzione della Mas, va ricordato che la scelta operata nell’Ur di esprimere il vincolo di riduzione del sostegno interno attraverso una misura aggregata, piuttosto che con riferimento ai singoli prodotti, ha consentito, insieme alla franchigia assicurata dalla clausola de minimis, il mantenimento di situazioni in cui alcuni prodotti hanno continuato a godere di una percentuale di sostegno molto elevata. È il caso dei cereali (e soprattutto del riso, in Giappone), della carne nell’Ue, dei prodotti lattiero-caseari e dello zucchero in quasi tutti i paesi sviluppati, Usa compresi. L’alto livello di sostegno di tali prodotti, infatti, è compensato, nella Mas complessiva, dal livello più basso assicurato ai rimanenti, e tale meccanismo di compensazione rende persino possibile che si possa aumentare il sostegno per un determinato prodotto, senza incorrere in alcuna sanzione da parte della Wto. Per evitare tale distorsione e rendere più stringente il vincolo sulla riduzione del sostegno, un’ipotesi è quella di definire un impegno di riduzione da applicarsi prodotto per prodotto e di abolire la clausola Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 105 de minimis sul sostegno non direttamente attribuibile a uno specifico prodotto. Le conseguenze di una simile proposta, sostenuta dal Gruppo di Cairns e dal G22, sarebbero molto rilevanti per numerosi paesi; basti pensare che, se l’Accordo del 1994 avesse adottato una Mas disaggregata prodotto per prodotto, anche la riduzione del 20% in sei anni, da esso prevista, avrebbe costretto quasi tutti i paesi sviluppati a modificare, in modo significativo, le proprie politiche agrarie. 4. LE POSIZIONI INIZIALI DEI PRINCIPALI ATTORI Di seguito si descrivono le posizioni iniziali dei principali attori presentate nelle prime due fasi del negoziato, che si sono mantenute sostanzialmente stabili fino alla vigilia della Conferenza di Cancun, quando la trattativa ha subito un’accelerazione e sono emerse nuove alleanze. In realtà, anche se nel dibattito prima e durante la Conferenza di Cancun si è evidenziata la disponibilità a trattare da parte di alcuni paesi (Usa e Ue in particolare), le posizioni ufficiali rimangono invariate 17. 4.1. Gli Usa La posizione iniziale degli Usa è stata espressa nel corso della prima fase del negoziato - antecedente all’insediamento dell’Amministrazione Bush - con una proposta “globale” e con una proposta specifica di revisione del sistema delle Qtr. In generale, gli Usa esprimono una posizione favorevole a una riduzione sostanziale del protezionismo agricolo, anche se si dichiarano disposti a prendere in considerazione la legittimità di politiche rivolte ai non-trade concerns, purché attuate attraverso programmi specifici non distorsivi. Si tratta, dunque, di una posizione abbastanza netta in favore della liberalizzazione, ma relativamente morbida; molto più morbida e certamente meno “tattica” di quella che gli Usa avevano assunto all’inizio dell’Ur, quando esercitarono una forte leadership in direzione di un negoziato duro e massimalista, rivolto soprattutto a mettere in difficoltà l’Ue, che avesse l’obiettivo di smantellare progressivamente tutte le politiche distorsive degli scambi 18. (17) In questo paragrafo si fa ampio riferimento a quanto pubblicato in De Filippis 2002, pp. 80-91. (18) Ci si riferisce alla cosiddetta “opzione zero”, ovvero la richiesta di eliminazione in 10 anni di tutte le misure distorsive del commercio, sia commerciali che interne, con cui l’Amministrazione Reagan esordì nel negoziato agricolo dell’Ur (De Filippis 1996). 106 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Per quanto riguarda l’accesso al mercato, accanto all’esigenza di ridurre la protezione alle frontiere, gli Usa pongono particolare enfasi sull’obiettivo di uniformare e semplificare il livello e la struttura delle tariffe che gravano sui diversi prodotti, mediante l’utilizzo di formule armonizzatrici. Inoltre, chiedono di aumentare la quantità di importazioni a tariffa ridotta, di introdurre un meccanismo automatico di riempimento delle Qtr e di eliminare la clausola speciale di salvaguardia. Sulla disciplina delle esportazioni sussidiate la posizione è più radicale, giacché gli Usa propongono la progressiva eliminazione, in un periodo di tempo da definire, di tutti i sussidi e le tasse sulle esportazioni. Riguardo, invece, alla disciplina dei crediti all’esportazione - uno strumento largamente utilizzato dagli Usa in campo agricolo - la proposta riprende l’art 10.2 del vecchio Aa del 1994, nel quale è previsto che di essi si discuta in ambito Oecd. Circa il sostegno interno, gli Usa chiedono un ulteriore impegno di riduzione e una semplificazione del sistema delle “scatole”, per renderlo trasparente, meno distorsivo e specificamente rivolto agli obiettivi da raggiungere (protezione ambientale, sviluppo rurale, sicurezza alimentare). Più in particolare, la richiesta è per la creazione di due sole categorie di sostegno: quello “esente” da impegni di riduzione, in cui ricadrebbero le attuali misure della scatola verde, con effetto distorsivo minimo o nullo; e quello “non esente”, da calcolare e ridurre nell’ambito della Misura aggregata di sostegno (Mas), da consolidare nelle schedules di ciascun paese. Per quest’ultima categoria di sostegno si chiede l’indicazione di un tetto massimo, pari a una certa percentuale, da negoziare, del valore della produzione agricola totale del paese, relativa ad un periodo base. Il sistema avrebbe conseguenze relativamente maggiori sui paesi con un’elevata Mas di partenza, costringendoli a un impegno di riduzione più gravoso nel corso del periodo d’implementazione, e dunque otterrebbe anche il risultato di armonizzare i livelli di sostegno interno dei diversi paesi. Sulle imprese commerciali di stato, un tema importante sia nell’ambito dell’accesso al mercato sia nella disciplina delle esportazioni sussidiate, gli Usa propongono di eliminare il loro diritto esclusivo di importazione/esportazione, per migliorare la competitività, e di aumentare la trasparenza delle loro operazioni di acquisto e vendita. Infine, sul trattamento speciale e differenziato, la posizione iniziale degli Usa è di non considerarlo un tema a sé stante, ma di tenerne conto in tutti gli aspetti del negoziato di particolare interesse per i Pvs. In particolare, si propone una maggiore assistenza tecnica ai Pvs, un miglioramento dell’accesso ai mercati, con una speciale attenzione ai prodotti di loro interesse, e lo studio dello sviluppo di criteri alternati- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 107 vi per l’esenzione dagli impegni di riduzione del sostegno finalizzati allo sviluppo e alla sicurezza alimentare. Successivamente alla presentazione della propria posizione negoziale in sede Wto, nel maggio 2002 gli Usa hanno approvato il nuovo Farm bill, vale a dire la nuova legge pluriennale per l’agricoltura, che rappresenta per molti versi un passo indietro nel percorso di liberalizzazione e di “disaccoppiamento” che era stato, almeno apparentemente, intrapreso dalla precedente Amministrazione Clinton, con il Fair Act del 1996. Sull’effettiva portata, e sui presumibili effetti del nuovo Farm bill, il dibattito è aperto (Orden 2003, Salvioni 2003), e comunque l’Amministrazione Bush ha più volte sottolineato che la nuova legge agricola è pienamente compatibile con il mandato negoziale definito dalla proposta presentata alla Wto. Tuttavia, nonostante si possa legittimamente affermare che il nuovo Farm bill non ha fatto altro che istituzionalizzare i passi indietro già compiuti dalla precedente amministrazione - la quale già aveva sistematicamente varato provvedimenti di emergenza che sancivano il ritorno a forme di sostegno accoppiato - non c’è dubbio che il suo approccio ridimensiona fortemente la tradizionale immagine degli Usa come paese leader del fronte che spinge verso una genuina liberalizzazione del commercio agricolo e delle relative politiche. 4.2. L’Unione Europea La posizione iniziale dell’Ue è espressa in sei proposte specifiche, riguardanti, rispettivamente, la scatola blu, la qualità dei prodotti alimentari, il benessere degli animali, la disciplina delle esportazioni, lo sviluppo rurale e i non-trade concerns (quest’ultima proposta è stata presentata con altri 23 paesi, tra i quali Corea, Giappone, Israele, Norvegia, Polonia, Svizzera). Ad esse si aggiunge una proposta “globale”, presentata proprio alla fine della fase 1, che risulta più generica e sfumata rispetto ai documenti dedicati a questioni più specifiche. Nel complesso, la posizione iniziale dell’Ue appare piuttosto difensiva, in favore di una riproposizione dell’impianto gradualistico dell’Aa del 1994, con maggiore attenzione ai non-trade concerns e maggiore disponibilità a concedere agevolazioni ai Pvs. La posizione sull’accesso ai mercati è apparentemente vicina a quella Usa, con la disponibilità a procedere ad un’ulteriore riduzione globale delle tariffe, nonché a riformare il sistema delle Qtr, per migliorarne trasparenza e regolarità di utilizzo. Tuttavia, in tema di tariffe, non si parla di formule armonizzatrici, preferendo una percentuale di riduzione lineare con vincoli di minimo, analoga a quella negoziata nell’Ur. 108 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Un tema nuovo ed esclusivo dell’Ue è il commercio dei prodotti legati a un’indicazione geografica tipica o a un processo di produzione tradizionale. Per questi prodotti, l’Ue chiede che siano emanati provvedimenti atti a garantire un’adeguata protezione del consumatore e del produttore. Sempre sul versante dell’accesso al mercato, la clausola speciale di salvaguardia resta uno dei punti fermi della proposta Ue, per assicurare che il processo di ulteriore riduzione delle tariffe non conduca a imprevedibili aumenti delle importazioni e a un danno per i produttori nazionali. La posizione Ue sui sussidi alle esportazioni si allontana molto da quella statunitense: l’Ue non prende in considerazione l’eliminazione dei sussidi all’esportazione (è, in effetti, l’unico grande paese a farne ancora ampio uso) e si dichiara disposta a concedere una loro ulteriore riduzione, a patto di vedere disciplinati in sede Wto, e progressivamente ridotti, anche i crediti alle esportazioni che hanno un effetto distorsivo simile. Per quanto concerne il sostegno interno, l’Ue propone un’ulteriore riduzione della Mas totale, partendo dai livelli consolidati del 1994, nonché la riduzione della clausola de minimis per i paesi sviluppati, vale a dire della franchigia che consente di non conteggiare nella Mas totale alcune misure di sostegno interno. Si richiede il mantenimento della scatola verde e, soprattutto, della scatola blu: la prima, come contenitore delle misure di sostegno legate alla multifunzionalità dell’agricoltura; la seconda, come utile meccanismo per incentivare i paesi a indirizzare le riforme delle politiche agricole interne verso il disaccoppiamento. In merito al trattamento speciale e differenziato per i Pvs, l’Ue, a differenza degli Usa, è ferma sostenitrice del suo mantenimento e del suo specifico rafforzamento. In particolare, l’Ue propone che, in aggiunta alla liberalizzazione multilaterale, i paesi sviluppati debbano fornire preferenze commerciali stabili e rilevanti ai Pvs, per facilitare ulteriormente l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da questi paesi. Bisogna riconoscere che l’Ue si presenta con tutte le carte in regola, avendo già adottato unilateralmente l’iniziativa Eba (Everything but arms, cioè “tutto eccetto le armi”) che prevede tariffe nulle sulle importazioni di tutti i prodotti provenienti dai 49 paesi più poveri del mondo, in maggioranza africani, con l’eccezione di armi e munizioni. Rispetto all’evoluzione della proposta negoziale Ue - e soprattutto in merito al sostegno interno - la riforma della Pac, approvata nel giugno 2003 nel quadro della revisione di medio termine, ha rappresentato una novità di rilievo, con una valenza opposta a quella del nuovo Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 109 Farm bill statunitense. Al contrario di quanto avvenuto negli Usa, infatti, la riforma fortemente innovativa va decisamente nella direzione del disaccoppiamento del sostegno, e dunque modifica, in modo significativo, la posizione dell’Ue nel negoziato Wto. In particolare, il passaggio alla scatola verde di gran parte dei nuovi pagamenti disaccoppiati, che saranno erogati dalla Pac a partire dal 2005, consente all’Ue di abbandonare la sua strenua difesa della scatola blu che, viceversa, rappresentava uno strumento irrinunciabile per assicurare la legittimazione internazionale della vecchia Pac. Come si vedrà nel par. 6, anche grazie al maggiore margine di manovra offerto all’Ue dalla riforma della Pac, le posizioni di Usa e Ue si sono avvicinate, alla vigilia della Conferenza di Cancun, tanto che è stato possibile presentare una proposta congiunta di Modalities, quale atto di buona volontà dei due principali attori per lavorare in direzione di un accordo. 4.3. Il Gruppo di Cairns Il Gruppo di Cairns è formato dai grandi esportatori agricoli, sia sviluppati sia in via di sviluppo, guidati soprattutto dall’Australia, che premono per una liberalizzazione generalizzata del commercio agricolo. Questa aggregazione di paesi, creatasi durante le negoziazioni dell’Ur, è stata molto attiva anche nelle fasi 1 e 2 del nuovo negoziato agricolo, presentando una serie di proposte su numerosi punti dell’agenda. Alla vigilia della Conferenza di Cancun, e durante i lavori della conferenza stessa, il ruolo del Gruppo di Cairns si è notevolmente appannato, ed esso ha lasciato il posto al gruppo G22. Vale la pena sottolineare che, essendo il G22 composto solo da paesi in via di sviluppo, questa sostituzione si risolve in una significativa perdita di capacità di pressione per paesi come Australia, Nuova Zelanda e Canada, che erano tra i principali animatori del Gruppo di Cairns. Tornando alle proposte iniziali del Gruppo, coerentemente alla vocazione esportatrice dei paesi che ne facevano parte, il suo principale interesse era il miglioramento dell’accesso al mercato. Su questo tema, il Gruppo di Cairns proponeva un’ampia riduzione delle linee tariffarie, con una riduzione proporzionalmente maggiore per le tariffe più alte; la mitigazione della tariff escalation; la fissazione di limiti massimi alle tariffe; l’aumento dei volumi delle quote d’importazione a tariffa ridotta e il libero accesso per i prodotti tropicali. Veniva proposto, inoltre, un downpayment, vale a dire una forte riduzione iniziale (50%) delle tariffe e un’analoga espansione delle quote nel primo anno d’implementazione del nuovo accordo sull’agricoltura. 110 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Riguardo alla disciplina delle esportazioni, il Gruppo di Cairns proponeva una rapida e totale eliminazione dei sussidi all’esportazione, anche in questo caso velocizzata con l’applicazione di un downpayment del 50% del volume e della spesa in sussidi, già nel primo anno di implementazione dell’accordo, seguita da riduzioni successive, fino all’azzeramento dei sussidi rimanenti. Essendo formato anche da Pvs, il Gruppo di Cairns era sostenitore del trattamento speciale e differenziato, nella forma di un periodo d’implementazione più lungo per i Pvs. Per garantire un’offerta stabile di derrate alimentari e migliorare l’opportunità per i Pvs di sviluppare una propria industria di trasformazione, il Gruppo di Cairns sosteneva anche la necessità di affiancare alla riduzione della tariff escalation una disciplina delle tasse e delle restrizioni alle esportazioni. Per quanto riguarda il sostegno interno, veniva chiesta la progressiva eliminazione sia della scatola blu che della scatola gialla, cioè dei sussidi distorsivi, mentre per la scatola verde si chiedeva un progressivo ridimensionamento delle misure ammissibili, per assicurare che le misure in essa collocate fossero effettivamente poco distorsive sia del mercato interno sia del commercio. Anche per il sostegno interno si proponeva l’approccio del downpayment, con una robusta riduzione nel primo anno di accordo, e veniva proposto che gli impegni di riduzione fossero applicati prodotto per prodotto, e non sulla Mas totale, per evitare che la riduzione riguardasse solo i prodotti meno sensibili. Infine, si proponeva un’ulteriore revisione dei criteri della scatola verde. 4.4. Gli altri Pvs I Pvs non inclusi nel Gruppo di Cairns hanno caratteristiche molto eterogenee, in quanto a livelli di sviluppo, posizione commerciale in campo agricolo e richieste negoziali: vi sono, infatti, importatori ed esportatori netti di prodotti agricoli, piccoli e grandi paesi, paesi molto poveri e Pvs forti e potenti (basti pensare alle differenze che possono sussistere tra grandi paesi quali il Brasile, la Cina, l’India e i paesi più poveri del continente africano, o le piccole isole del Pacifico). Tuttavia, il tema che accomuna la maggior parte dei Pvs è il trattamento speciale e differenziato, sia per permettere a questi paesi di migliorare la propria capacità produttiva agricola e aumentare la sicurezza alimentare che per godere di maggiori vantaggi commerciali per le proprie esportazioni. Sul primo punto, relativo al rafforzamento delle opportunità di sviluppo interno, i Pvs hanno proposto la creazione di una development box, nella quale includere tutte le misure che permet- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 111 terebbero loro di proteggere le aree rurali e il settore agricolo. Inoltre, i Pvs hanno chiesto di poter aumentare le tariffe per proteggersi dalle importazioni a basso prezzo che minacciano la loro capacità produttiva interna, un aumento della clausola de minimis dal 10% al 20% e l’abolizione della clausola speciale di salvaguardia per i soli paesi sviluppati. Sul secondo punto, in analogia alla posizione del Gruppo di Cairns, alcuni Pvs esportatori chiedono la riduzione della tariff escalation, un uso più trasparente del sistema di preferenze generalizzato e un maggiore controllo dell’uso delle misure sanitarie e fitosanitarie che possono tramutarsi in barriere non tariffarie. Come si vedrà nel seguito, alla vigilia della Conferenza di Cancun il fronte dei Pvs ha fatto registrare una novità di assoluto rilievo, con la nascita del G22, il cui ruolo è stato cruciale nel determinare i lavori e l’esito della conferenza. 5. LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETÀ CIVILE Sintetizzando l’estrema varietà di analisi e richieste espresse dalle diverse rappresentanze della società civile, si possono riscontrare due principali posizioni. La prima richiama una lettura storico economica dei rapporti Nord-Sud e punta al riconoscimento delle opportunità che il commercio internazionale potrebbe offrire ai Paesi in via di sviluppo correggendo regole e politiche attuali. È una lettura che si iscrive in una tradizione culturale liberale e democratica, vista dalla parte dei Pvs. La seconda posizione nasce attorno ai timori suscitati dalla globalizzazione ed è influenzata da diverse tradizioni politiche e culturali, alcune radicalmente avverse al liberismo economico. L’elemento di fondo di tale posizione è lo sforzo di rappresentare l’esigenza centrale delle associazioni contadine e rurali dei Pvs: ottenere dai governi, con l’aiuto della comunità internazionale, una politica agricola che li riconosca come soggetti attivi della vita economica e sociale; di conseguenza, questa posizione si discosta da chi vuole abolire le politiche agricole tout court. L’elaborazione del concetto di “sovranità alimentare” ha rappresentato un riferimento importante per l’evoluzione di analisi e proposte di quest’area, ma al suo interno persistono indicazioni e slogan contraddittori. Tra queste due posizioni, per molti versi antitetiche, si collocano aree intermedie che vanno elaborando nuove sintesi. Al riguardo, vale la pena di ricordare quella di un recente gruppo di lavoro che ha cercato di far coesistere le proposte libero-scambiste della prima posizione 112 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) con l’esigenza centrale della seconda, cioè la richiesta di un ruolo responsabile della politica (nazionale e internazionale) nel realizzare la sovranità alimentare di ogni popolo. Ne è uscito un documento che pretende di essere rigorosamente liberista nei rapporti internazionali ma, al contempo, molto rispettoso del ruolo della politica a livello nazionale; qualcosa di insolito nel panorama più consolidato del confronto su questi temi. «L’interazione globale è la base del progresso economico del mondo», scrive l’economista indiano Amartya Sen, introducendo un corposo lavoro dell’Oxfam sul commercio mondiale e la globalizzazione 19, che rappresenta le analisi e le idee della prima posizione. I grandi benefici del commercio globalizzato sono andati a favore di qualcuno, ma non di altri; per rimediare si devono creare le condizioni per una loro più ampia ed equa distribuzione. Secondo Sen si tratta di un obiettivo raggiungibile senza distruggere il sistema economico del mercato globale, lavorando per un modello inclusivo di globalizzazione, basato su valori condivisi e principi di giustizia sociale. D’altro canto, l’instabilità economica e sociale generata dalle attuali regole del commercio internazionale coinvolge tutti, poiché nel villaggio globale si affonda o si nuota insieme: nessun paese, per quanto forte o ricco, è un isola (Oxfam 2002) 20 . Secondo l’Oxfam, per riformare il commercio agricolo internazionale ci sono cinque priorità: 1) l’abolizione di dazi e quote di accesso per tutti i paesi a basso livello di reddito; 2) una riduzione generale dei picchi tariffari, con tariffe applicate sulle esportazioni dei Pvs che non dovrebbero superare il 5%; 3) un esteso divieto dei sussidi alle esportazioni; 4) la riforma del sostegno interno alle imprese agricole, indirizzandolo verso obiettivi di carattere sociale e ambientale; 5) il riconoscimento del diritto dei Pvs di proteggere i propri sistemi agricoli per ragioni di sicurezza alimentare. Un’ultima proposta è quella di creare una nuova istituzione internazionale per le commodities (sia agricole che non agricole) allo scopo di promuovere la diversificazione produttiva, evitando le sovrapproduzioni e le eccessive fluttuazioni dei prezzi internazionali. (19) Oxfam International è una confederazione di 12 organizzazioni presenti in più di 100 paesi, di cui Amartya Sen è presidente onorario. (20) Nel citato Oxfam 2002 si usa l’immagine dell’atleta più debole, il contadino dei Pvs, che deve superare gli ostacoli più impegnativi: alte barriere all’ingresso dei mercati dei paesi sviluppati ed esportazioni delle due superpotenze agricole (Usa e Ue) a prezzi di un terzo più bassi dei relativi costi di produzione. Un lavoro più recente dello Iatp (2003), che prende in esame cinque prodotti agricoli (grano, mais, soia, riso e cotone) venduti dagli Usa sui mercati mondiali nel periodo 1990-2001, conferma le affermazioni dell’Oxfam ed evidenzia punte più alte, come un dumping del 57% per il cotone nel 2001. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 113 L’area delle Ong della seconda posizione condivide l’analisi critica alle politiche agricole dei paesi sviluppati e, in particolare, si sofferma sugli elementi negativi del loro sostegno a un modello “industriale” di agricoltura. All’analisi critica seguono dichiarazioni per una maggiore giustizia sociale e l’accoglienza delle esigenze dei Pvs, affiancate - con particolare enfasi nelle proposte delle componenti europee - dalle richieste di politiche in favore dell’agricoltura contadina che facciano ampio ricorso a strumenti protezionistici, come prezzi garantiti, prezzi d’entrata e limiti quantitativi nei confronti delle importazioni, quote di produzione. Poiché, storicamente, questi strumenti sono stati usati per andare nella direzione opposta rispetto all’apertura ai Pvs, c’è un evidente contraddizione tra dichiarazioni di principio e scelta delle misure d’intervento. D’altra parte, nella logica delle Ong che sostengono tali posizioni, la coerenza poggia su un primato assoluto assegnato alla politica: la realtà di mercati internazionali oligopolistici dimostra - secondo queste Ong - che il libero mercato è un’utopia dannosa e che, di conseguenza, il commercio internazionale agricolo dovrebbe essere governato da accordi politici tra i paesi in grado di assicurare il principio della “sovranità alimentare”, quale diritto a definire le proprie politiche in termini che siano ecologicamente, socialmente, economicamente e culturalmente appropriati alle proprie condizioni. È un principio che può essere affermato in chiave esclusivamente polemica contro una dimensione multilaterale sgradita, oppure esso può diventare parte integrante di una visione dell’interdipendenza e della multilateralità; nel contrasto tra questi due atteggiamenti c’è lo spazio per l’evoluzione o la chiusura delle posizioni espresse dalle Ong di questa area. L’idea centrale della menzionata sintesi del gruppo di lavoro Ong del febbraio 2003 è una distinzione tra prodotti esportati e prodotti ad uso interno: per i primi va abolita ogni forma di sostegno, dai sussidi alle esportazioni fino alle misure della scatola verde, poiché qualsiasi tipo di sostegno distorce le condizioni competitive; per i secondi sono legittime le politiche agricole nazionali che si rifanno alla sovranità alimentare. Ogni paese dovrebbe eliminare tutte le sue forme di dumping commerciale e, finché questo percorso non sarà completato, ai paesi che subiscono il dumping dovrebbe essere consentita qualsiasi contromisura: dagli equivalenti tariffari alle restrizioni quantitative. Tutte le misure adottate, insieme al quadro di quelle esistenti, dovrebbero essere notificate all’Organismo multilaterale incaricato di regolare il commercio agricolo. È interessante notare, al riguardo, che il documento del gruppo di lavoro delle Ong evita qualsiasi riferimento esplicito alla Wto. I paesi esportatori, continua la sintesi, dovrebbero realizzare dei 114 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) meccanismi per governare l’offerta impedendo il surplus di prodotti sussidiati e impegnandosi a coordinare le loro politiche per l’esportazione, al fine di mitigare le fluttuazioni internazionali dei prezzi. Completano il quadro i richiami alla priorità degli accordi internazionali su diritti umani, salute, sicurezza alimentare e biodiversità, rispetto a quelli commerciali e a quelli sui diritti intellettuali di proprietà (Trips); quindi priorità agli obiettivi del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza e alle indicazioni della Convenzione sulla diversità biologica (2003), al rispetto del principio di precauzione sugli organismi geneticamente modificati - secondo il Principio 15 della Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo -, nonché al diritto di ogni paese di istituire un sistema di etichettatura per la tracciabilità degli Ogm. Molte Ong internazionali e la maggior parte di quelle nazionali hanno aderito all’iniziativa dell’Istituto internazionale Jacques Maritain, del Fian (Food First Information & Action Network) e del Wanahr (World Alliance for Nutrition and Human Rights) per la realizzazione di un Codice di condotta sul diritto umano ad un’alimentazione adeguata. Si tratta di uno strumento giuridicamente non vincolante, ma secondo le Ong che lo appoggiano - in grado di far crescere l’attenzione e la consapevolezza mondiale sul diritto all’alimentazione. Si tratta, inoltre, di uno strumento che rientrava negli obiettivi del Piano d’azione approvato al Vertice mondiale sull’alimentazione (Fao 1996) e che è sostenuto da diversi governi, tra cui quello italiano e tedesco. Per quanto riguarda l’Italia, si possono segnalare le iniziative del Comitato italiano per il forum Ong e quelle di Pasta 21: i loro lavori, oltre ai punti già visti e non senza divergenze su di essi, si sono soffermati sulla necessità di riformare la politica agricola comunitaria indirizzandola verso la sostenibilità (ambientale e sociale) e la qualità dei cicli produttivi e dei prodotti. Infine, qual è l’opinione delle Ong sulla Wto? Per le Ong legate principalmente alla prima posizione, la Wto è un organismo importante ma da riformare, con particolare enfasi sulla necessità di riequilibrare le regole dei vari accordi commerciali in modo favorevole ai Pvs. Invece, per le Ong più vicine alla seconda posizione, la Wto è radicalmente inadeguata a trattare una materia così delicata come il commercio agroalimentare, da cui l’idea di sottrarre l’agricoltura alla Wto per affidarla, ad esempio, all’Unctad (la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo). In ogni caso, lo stato dell’arte su questo terreno è molto vago perché le iniziative delle Ong non sono ancora riuscite a sol(21) Pasta era la sigla della Rome coalition for food security, una coalizione di Ong che dopo il 1996 tenne vivo il confronto sulle questioni della sicurezza alimentare. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 115 lecitare idee e proposte da parte dei principali attori con cui esse possono confrontarsi, cioè i governi e le stesse organizzazioni internazionali. 6. GLI SVILUPPI DEL NEGOZIATO ALLA VIGILIA DELLA CONFERENZA DI CANCUN 6.1. La proposta di Modalities di Harbinson del marzo 2003 Come si è detto nel par. 2, all’approssimarsi della scadenza della fase 2, il presidente del Comitato Agricoltura della Wto, Stuart Harbinson, ha prodotto un documento di compromesso che mediasse le opposte posizioni dei paesi membri, in particolare dei paesi sviluppati e dei grandi esportatori in via di sviluppo. Il documento sulle Modalities di Harbinson, presentato a febbraio e leggermente revisionato a marzo 2003 22, è riassumibile nei seguenti punti principali: - eliminazione del 50% dei sussidi all’esportazione dei paesi sviluppati entro 5 anni e del rimanente 50% entro 9 anni. Per i Pvs si prevede un’eliminazione dei sussidi in 12 anni. Ridimensionamento (non necessariamente eliminazione) e disciplina più rigorosa dei crediti all’esportazione; - riduzione di tutte le tariffe del 40/60% in cinque anni, con maggiori tagli per le tariffe più alte, seguendo un approccio misto 23. Aumento delle quote d’importazione a tariffa ridotta dal 5% al 10% del consumo interno, con tariffe invariate rispetto a quelle in vigore, ed eliminazione della clausola di salvaguardia speciale; - riduzione del sostegno interno distorsivo (Mas totale) per i pagamenti della scatola gialla del 60% in cinque anni e del 40% in 10 anni per i Pvs. Taglio del sostegno della scatola blu del 50% in cinque anni (33% in 10 anni per i Pvs). Mantenimento della clausola de minimis, ma con tagli graduali dallo 0,5% al 4,5% in cinque anni. Per i Pvs la percentuale della clausola de minimis rimane al 10%; - trattamento speciale differenziato per i Pvs: non è un’area a parte, ma prevede un trattamento di favore in ciascuno dei pilastri delle Modalities. Gli aspetti più rilevanti sono l’accesso duty-free per i prodotti dei (22) Sia il primo documento che la successiva revisione sono disponibili nel sito web della Wto (www.wto.org). (23) Harbinson propone formule lineari applicate a tre categorie: le tariffe superiori al 90% sono tagliate del 60% in media in 5 anni, con una riduzione minima del 45%; quelle fra il 15 e il 90% vengono ridotte del 50% in media, del 35% minimo; le altre del 40% in media e del 25% minimo. 116 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) Paesi meno avanzati sui mercati dei paesi sviluppati e la possibilità per i Pvs di mantenere tariffe più alte per ragioni di sicurezza alimentare. Il risultato del tentativo di Harbinson è stato fallimentare: il documento è stato criticato aspramente da tutti i fronti: i Pvs lo hanno giudicato troppo poco ambizioso e troppo subalterno alle posizioni Usa e Ue; gli Usa e il Gruppo di Cairns lo hanno giudicato troppo conservatore e poco coraggioso rispetto all’obiettivo della liberalizzazione commerciale; il Giappone lo ha considerato del tutto inaccettabile; mentre l’Unione Europea ne ha denunciato l’eccessivo appiattimento sulla posizione statunitense. In particolare, l’Ue non ha gradito la proposta di eliminazione (piuttosto che di semplice riduzione) dei sussidi alle esportazioni e l’omissione di temi da essa ritenuti irrinunciabili, come quelli assimilabili ai cosiddetti non-trade concerns. La seconda versione del draft di Harbinson non si è discostata molto dalla precedente e ha parimenti scontentato tutti i paesi membri. Tra i pochi cambiamenti apportati, rispetto alla prima versione, si può ricordare l’inserimento di una misura volta a contrastare la tariff escalation, cioè la regola che le tariffe sui prodotti trasformati debbano ridursi del 30% più velocemente di quelle relative ai prodotti primari. Il mancato rispetto della importante scadenza di fine marzo 2003 per l’approvazione delle Modalities ha generato una situazione di stallo, che rischiava di portare la trattativa agricola alla Conferenza di Cancun ad uno stadio praticamente identico a quello registrato nella precedente Conferenza di Doha. Come si è detto, però, la riforma della Pac approvata dall’Ue nel giugno del 2003 ha dato l’opportunità di ripartire con un percorso negoziale diverso da quello indicato a Doha, ma in linea con quanto era accaduto nell’Ur, quando l’intesa bilaterale tra Usa e Ue aveva spianato la strada al raggiungimento di un accordo multilaterale. 6.2. I documenti presentati alla vigilia della Conferenza di Cancun Come già anticipato nelle pagine precedenti, nell’agosto 2003 sono stati presentati due importanti documenti, tesi a superare l’impasse nel negoziato agricolo alla vigilia di Cancun: si tratta del testo congiunto Usa-Ue (del 13 agosto) e di quello, ad esso alternativo, firmato da 13 Pvs guidati da Brasile, India e Cina (20 agosto). Il primo documento è stato il tentativo, da parte dei due principali attori, di riprendere in mano il negoziato agricolo, proponendo un’intesa da riempire di contenuti insieme agli altri paesi, nel corso della successiva Conferenza di Cancun. A differenza di quanto fatto ai tempi dell’Ur, quando Usa e Ue stilarono un Accordo blindato nei contenuti specifici (il più volte citato Accordo di Blair House), che fu poi successivamente e- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 117 steso al negoziato multilaterale, in questo caso - forse per mostrare maggiore sensibilità alla necessità di negoziare insieme a tutti gli altri paesi i due giganti del commercio mondiale hanno proposto un accordo aperto: in esso, infatti, sono individuati i temi su cui intervenire e il modo in cui farlo, ma senza dare alcuna indicazione sui “numeri”, cioè sulle percentuali di riduzione delle diverse misure di protezione e di sostegno. Per quanto riguarda il sostegno interno, il testo congiunto Usa-Ue prevedeva un ulteriore taglio dei sussidi della scatola gialla, un limite massimo all’ammontare dei sussidi della scatola blu e un ridimensionamento della clausola de minimis. Sull’accesso al mercato, la riduzione delle tariffe avrebbe seguito un triplice approccio: per alcuni prodotti si proponeva una riduzione lineare, sul modello di quella decisa nell’Ur, ad altri sarebbe stata applicata una formula svizzera, volta ad armonizzare - oltre che a ridurre - il livello delle tariffe; mentre per altri ancora si proponeva il totale azzeramento di tutti i dazi. I Pvs avrebbero goduto di un trattamento preferenziale e di misure di salvaguardia per prodotti dichiarati “sensibili”. I paesi sviluppati avrebbero inoltre accordato un accesso duty-free ad una certa percentuale di esportazioni dai Pvs. Per quanto riguarda i sussidi e i crediti alle esportazioni, essi sarebbero stati completamente eliminati per un elenco, da concordare, di prodotti di particolare interesse per i Pvs esportatori, mentre sarebbero stati sottoposti ad un’ulteriore progressiva riduzione per gli altri prodotti. Infine, la proposta faceva riferimento ad una differenziazione fra i Pvs, distinguendo i grandi esportatori e riservando loro un trattamento di minor favore rispetto agli altri. La risposta dei Pvs al documento congiunto Usa-Ue del 13 agosto 2003 non si è fatta attendere, anche se inizialmente a reagire sono stati solo 13 Pvs grandi esportatori, guidati da Brasile, Cina e India 24. Il documento dei 13, datato 20 agosto, forniva una visione alternativa al testo Usa-Ue, rigettando innanzitutto la distinzione fra i grandi esportatori e i Pvs più poveri. Inoltre, proponeva che la riduzione dei sussidi distorsivi dovesse essere realizzata dai soli paesi sviluppati e che essa, in qualche misura, dovesse riguardare anche le politiche contenute nella scatola verde. Il trattamento speciale e differenziato per i Pvs doveva essere più ampio ed efficace, la clausola de minimis relativa al sostegno interno doveva essere ridotta e la clausola speciale di salvaguardia doveva essere mantenuta per i soli Pvs. Infine, il documento dei 13 chiedeva che i prodotti tropicali e altri prodotti dei paesi (24) Si tratta, oltre ai tre paesi già citati, di Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Messico, Paraguay, Perù e Tailandia. 118 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) più poveri avessero accesso libero sui mercati dei paesi sviluppati e che i sussidi alle esportazioni fossero totalmente eliminati. Si trattava, è evidente, di una proposta molto dura, e sicuramente inaccettabile per Usa e Ue; tuttavia, pur se con toni alquanto aspri e con una contrapposizione tra paesi sviluppati e Pvs mai sperimentata in passato, il negoziato agricolo sembrava ripartito in extremis. In questo quadro, il 24 agosto, proprio intravedendo la possibilità di riavvicinare le posizioni, il presidente del Consiglio generale della Wto, Carlos Perez del Castillo, ha predisposto una bozza di accordo da discutere, due settimane dopo, in occasione della quinta Conferenza ministeriale di Cancun. La proposta di Perez del Castillo copre tutti i temi dell’agenda negoziale, anche se all’agricoltura, oltre al paragrafo 4 del testo principale, è dedicato tutto l’allegato A, che rappresenta il tentativo di rilanciare una bozza di Modalities, come compromesso fra il testo congiunto Usa-Ue e quello dei 13 Pvs guidati dal Brasile. Rinviando la lettura dei dettagli all’appendice del presente capitolo, contenente una traduzione (non ufficiale) delle parti agricole del documento di Perez del Castillo, si possono qui sottolineare i seguenti punti. La scatola blu viene ridimensionata con riduzioni lineari annuali, di un’imprecisata percentuale e nell’arco di un imprecisato numero di anni: l’obiettivo finale è quello di far sì che i pagamenti della scatola blu di ogni paese ammontino, alla fine del periodo di implementazione, a non più del 5% del valore della produzione agricola media del paese stesso nel periodo 2000-2002. Ciò accoglieva le richieste dei Pvs, ma scontentava gli Usa e l’Ue. Circa la scatola verde, alla quale i Pvs volevano imporre un limite, la proposta di Perez del Castillo non si sbilancia e la cita come un tema da negoziare. La percentuale della clausola de minimis per i paesi sviluppati viene ridotta in modo imprecisato, mentre per i Pvs essa rimane intatta. Per l’accesso al mercato, la proposta è ancora una volta mista. Per i paesi sviluppati si propone, a seconda dei diversi gruppi di prodotti, una formula svizzera basata su di un parametro da definire, una riduzione lineare o la completa esenzione. I Pvs, invece, hanno la possibilità di scegliere fra due alternative: un taglio lineare alle tariffe, con la possibilità di tagli minori per i prodotti sensibili, oppure una formula svizzera. La clausola speciale di salvaguardia in agricoltura deve essere rinegoziata, mentre è comunque prevista l’applicazione di misure speciali di salvaguardia ai Pvs importatori. La proposta di Perez del Castillo equipara, infine, sussidi e crediti all’esportazione, prevedendo per entrambi una riduzione, salvo che per quelli relativi a prodotti di particolare interesse per i Pvs, che dovrebbero essere eliminati. Altre questioni sono lasciate nel vago, fra cui la protezione delle indicazioni geografiche, i non-trade concerns, la clausola di pace. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 119 APPENDICE AL CAPITOLO 4 L’agricoltura nella bozza di Dichiarazione ministeriale presentata da Carlos Perez del Castillo il 31 agosto 2003 (…) 4. Rinnoviamo l’impegno ad osservare il mandato assegnato nel paragrafo 13 della Dichiarazione ministeriale di Doha. Teniamo conto dei progressi compiuti dalla Sessione Speciale del Comitato Agricoltura e concordiamo sull’opportunità di intensificare il lavoro necessario a trasformare gli obiettivi di Doha in “modalità” di riforma. A tal fine, adottiamo lo schema delineato nell’allegato A come base per concludere le negoziazioni sugli impegni e sulle relative discipline in materia di accesso al mercato, competitività delle esportazioni e sostegno interno. Diamo indicazione alla Sessione Speciale del Comitato Agricoltura di concludere il lavoro sulle modalità per gli impegni da adottare, comprese le disposizioni sul trattamento speciale e differenziato, entro il […]. Ci accordiamo sulla scadenza del […] come termine per la presentazione da parte dei partecipanti delle bozze dei prospetti di impegno complessivo, sviluppate sulla base delle modalità fissate, e confermiamo che le negoziazioni, incluse quelle sui regolamenti, sulle discipline e sui testi giuridici collegati, dovranno essere chiuse nel momento di conclusione dell’intera agenda negoziale, e come parte integrante della stessa. (…) Allegato A Quadro di riferimento per la fissazione delle modalità per l’agricoltura I partecipanti riconoscono che le riforme nelle diverse aree negoziali sono collegate fra loro e concordano di portare a termine, secondo le scadenze stabilite nel paragrafo 4 della presente dichiarazione, la definizione delle modalità per i nuovi impegni da sottoscrivere, incluse le disposizioni sul trattamento speciale e differenziato, nonché le questioni non commerciali così come stabilito dall’Accordo sull’agricoltura. Sostegno interno 1. La Dichiarazione ministeriale di Doha prescrive “sostanziali riduzioni del sostegno interno distorsivo del commercio”. Tutti i paesi sviluppati dovranno realizzare riduzioni del sostegno distorsivo significativamente maggiori di quanto fatto nell’Uruguay round. I paesi membri con il livello di sussidi distorsivi più alto dovranno sostenere l’impegno di riduzione maggiore. Le riduzioni dovranno essere realizzate sulla base dei seguenti parametri: 1.1 Ridurre il limite del livello finale della Mas fra […]% e […]%. 1.2 Ridurre la clausola de minimis del […]%. 1.3 L’articolo 6.5 dell’Accordo sull’agricoltura verrà modificato in modo che i paesi membri possano ricorrere alle seguenti misure: 120 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) (i) pagamenti diretti: - se basati su superfici o produzioni prestabilite; oppure - se erogati sull’85% o meno del livello di produzione di base; oppure - nel caso di allevamenti animali, se erogati sulla base di un numero di capi prefissato. (ii) entro il […], il sostegno di cui al paragrafo 1.3 (i) non dovrà eccedere il 5% del valore totale della produzione agricola del periodo 2000-2002. Di conseguenza, tale sostegno sarà soggetto ad una riduzione annua lineare del […]%, per un ulteriore periodo di […] anni. 1.4 La somma fra sostegno autorizzato all’interno della Mas, sostegno di cui al paragrafo 1.3 (i) e sostegno relativo alla clausola de minimis dovrà essere ridotta, nel primo periodo citato dal paragrafo 1.3(ii), in modo che risulti significativamente inferiore alla somma fra sostegno relativo alla clausola de minimis, pagamenti di cui all’articolo 6.5 e limite finale previsto per la Mas nel 2000. 1.5 I criteri della scatola verde restano oggetto di negoziazione. Trattamento speciale e differenziato 1.6 Al fine di tener conto delle necessità di sviluppo, di sicurezza alimentare e/o di esigenze vitali dei paesi in via di sviluppo, si stabilisce che tali paesi beneficino di un trattamento speciale e differenziato, includendo in questo le minori riduzioni del sostegno interno distorsivo di cui ai paragrafi 1.1, 1.3 e 1.4; periodi di implementazione più lunghi; le misure dell’articolo 6.2 dell’Accordo sull’agricoltura e della scatola verde. 1.7 I paesi in via di sviluppo dovranno essere esentati dagli impegni di riduzione del sostegno interno distorsivo relativo alla clausola de minimis. Accesso al mercato 2. La dichiarazione di Doha prescrive “sostanziali miglioramenti nell’accesso ai mercati”. A tal fine, i negoziati dovranno essere orientati a fornire maggiori opportunità di accesso per tutti i paesi membri, paesi in via di sviluppo in particolare. Per realizzare ciò, gli impegni dovranno essere fondati sui seguenti parametri: 2.1 La formula da applicare alle riduzioni tariffarie nei paesi sviluppati dovrà essere una formula mista, in base alla quale ogni elemento dovrà contribuire a migliorare significativamente l’accesso al mercato. La formula sarà la seguente: (i) il […]% di linee tariffarie saranno soggette ad un taglio medio del […]% con un minimo del […]%; per tali linee tariffarie sensibili, il miglioramento dell’accesso al mercato sarà dato da una combinazione di tagli tariffari e di Qtr; (ii) il […]% delle linee tariffarie sarà soggetto ad una formula svizzera con coefficiente […]; (iii) il […]% delle linee tariffarie sarà esente da dazio. 2.2 I paesi sviluppati che partecipano alle trattative dovranno ridurre le linee tariffarie che superano il […]% fino a tale livello massimo, oppure assicurare effettive maggiori opportunità di accesso al mercato, per tali o altre aree, attraverso un procedimento di domanda/offerta che potrebbe includere le Qtr. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 121 2.3 La questione della tariff escalation verrà affrontata con determinazione. 2.4 L’uso e la durata della clausola di salvaguardia speciale per l’agricoltura resta oggetto di negoziazione. Trattamento speciale e differenziato 2.5 Al fine di tener conto delle necessità di sviluppo e di sicurezza alimentare e/o di esigenze vitali dei paesi in via di sviluppo, si stabilisce che tali paesi beneficino di un trattamento speciale e differenziato, fra cui riduzioni tariffarie più contenute e periodi di implementazione più lunghi. 2.6 La formula per le riduzioni tariffarie applicabile dai paesi in via di sviluppo sarà la seguente: (i) il […]% di linee tariffarie verranno assoggettate ad un taglio medio del […]% con un minimo del […]%; per tali linee tariffarie sensibili, il miglioramento dell’accesso al mercato sarà dato da una combinazione di tagli tariffari e di Qtr. All’interno di tale categoria, e sulla base di condizioni ancora da specificare, i paesi in via di sviluppo godranno di un’ulteriore grado di flessibilità per identificare determinati “prodotti speciali” (Sp) soggetti solo a tagli tariffari lineari di un minimo del […]%, senza essere assoggettati ai nuovi impegni in materia di Qtr. (ii) il […]% delle linee tariffarie sarà soggetto a un taglio medio del […]% e ad un taglio minimo del […]%. (iii) il […]% delle linee tariffarie sarà soggetto a un taglio medio del […]% e ad un taglio minimo del […]%. oppure, al posto di (ii) e (iii): (ii) il […]% delle linee tariffarie sarà soggetto all’applicazione di una formula svizzera di coefficiente […]. 2.7 L’applicabilità e/o l’estensione delle misure del paragrafo 2.2 ai paesi in via di sviluppo resta oggetto di negoziazione, tenendo conto delle loro necessità di sviluppo. 2.8 Per i paesi in via di sviluppo, a condizioni e per prodotti ancora da determinare, verrà introdotta una clausola di salvaguardia speciale per l’agricoltura (Ssm). 2.9 Tutti paesi sviluppati cercheranno di accordare ad almeno il […]% delle importazioni provenienti dai paesi in via di sviluppo accesso esente da dazio attraverso la combinazione dell’uso della clausola Npf e dell’accesso preferenziale. 2.10 I partecipanti si impegnano a tenere in considerazione l’importanza dell’accesso preferenziale per i paesi in via di sviluppo. Competitività delle esportazioni 3. La Dichiarazione ministeriale di Doha prevede la “riduzione, con la prospettiva di una loro graduale eliminazione, di tutte le forme di sussidio alle esportazioni”. A tale scopo, dovranno essere fissate regolamentazioni per i sussidi alle esportazioni, per i crediti alle esportazioni, per le imprese commerciali di stato e per i programmi di aiuto alimentare. Gli impegni di riduzione dovranno essere applicati in modo analogo sulla base dei seguenti parametri: 122 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) 3.1 In materia di sussidi alle esportazioni: - i membri si impegnano a eliminare in un periodo di […] anni i sussidi alle esportazioni per i prodotti elencati di seguito: […], che risultano di particolare interesse per i paesi in via di sviluppo; - per i restanti prodotti, i membri si impegnano a ridurre, con la prospettiva di una loro graduale eliminazione, i tetti massimi, in valore e in quantità, per i sussidi alle esportazioni. 3.2 In materia di crediti alle esportazioni: - entro lo stesso periodo di cui al primo punto del paragrafo 3.1, per gli stessi prodotti del secondo punto del paragrafo 3.1 ed in modo da produrre effetti equivalenti, i membri si impegnano a eliminare i fattori di distorsione del commercio dei crediti alle esportazioni attraverso una regolamentazione che riduca il periodo di rimborso a quello delle normali pratiche commerciali ([…] mesi); - per i restanti prodotti, verrà adottato un impegno di riduzione, con la prospettiva di una graduale eliminazione, analogo a quello di cui al secondo punto del paragrafo 3.1 e in modo da produrre per i crediti alle esportazioni effetti equivalenti. 3.3 Senza predeterminare il risultato dei negoziati, le riduzioni di tutti i sussidi alle esportazioni richiamati nei paragrafi 3.1 e 3.2, nella prospettiva di una loro graduale eliminazione, avverrà secondo uno schema che assicuri l’equivalenza degli effetti fra sussidi e crediti per le esportazioni. 3.4 Le misure relative alle riduzioni di ogni forma di sussidio alle esportazioni di cui ai paragrafi 3.1, 3.2 e 3.3, nella prospettiva di una loro graduale eliminazione, verranno applicate in modo equivalente a tutte le forme di sussidi alle esportazioni collegate o fornite, in modo diretto o indiretto, da o attraverso le imprese commerciali di stato esportatrici. 3.5 Regole aggiuntive per prevenire la collocazione di eccedenze attraverso gli aiuti alimentari dovranno essere concordate. 3.6 La questione relativa alla data entro cui realizzare la graduale eliminazione di ogni forma di sussidio alle esportazioni resta oggetto di negoziazione. 3.7 Il rafforzamento dell’articolo 12 dell’Accordo sull’agricoltura circa divieti e vincoli alle esportazioni verrà discusso nelle negoziazioni. Trattamento speciale e differenziato 3.8 Per ridurre e, in prospettiva, eliminare gradualmente ogni forma di sussidio alle esportazioni, i paesi in via di sviluppo beneficeranno di periodi di implementazione più lunghi. 3.9 Fino alla data in cui la graduale eliminazione di ogni forma di sussidi alle esportazioni verrà completata, i Pvs continueranno a beneficiare delle misure di trattamento speciale e differenziato dell’articolo 9.4 dell’Accordo sull’agricoltura. 3.10 I partecipanti ai negoziati dovranno assicurare che la regolamentazione dei crediti alle esportazioni, ancora da concordare, preveda un appropriato trattamento differenziato per i paesi meno sviluppati e per i paesi in via di sviluppo importatori netti, così come previsto dal paragrafo 4 della Decisione sulle misure circa i possibili effetti negativi dei programmi di riforma sui i paesi meno sviluppati e i paesi in via di sviluppo importatori netti. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 123 Altro 4. I paesi meno sviluppati dovranno essere esentati dagli impegni di riduzione. L’obiettivo dell’accesso ai mercati a dazio zero e senza quote dei prodotti provenienti dai paesi meno sviluppati verrà perseguito con sollecitudine. 5. Le questioni specifiche sollevate dai membri di recente adesione verranno affrontate con efficacia. 6. Tenendo conto delle disposizioni contenute nel quadro di riferimento sopra delineato nei paragrafi dall’1 al 5, le parti pertinenti della Prima Bozza Rivista delle Modalità e le relative questioni specificate nel rapporto del Presidente della Sessione Speciale della Commissione Agricoltura al Comitato per le Negoziazioni Commerciali (Tn/Ag/10), serviranno come documenti di riferimento per il successivo lavoro sulle modalità, incluse le seguenti questioni di interesse sulle quali non si è ancora raggiunto un consenso: impegni specifici di prodotto per il sostegno interno, condizioni di espansione/apertura delle Qtr, livelli tariffari entro le quote, condizioni di monopolio (single-desk) nella gestione delle esportazioni, tasse sulle esportazioni, proposte di flessibilità per alcuni gruppi, alcune questioni non commerciali, periodo di implementazione, iniziative settoriali, collegamenti fra i pilastri, clausola di pace, clausola di continuazione, indicazioni geografiche, e altre regole specifiche. 124 Capitolo 4 - Il negoziato agricolo (2000-2003) CAPITOLO 5 L’accordo Trips e gli altri temi negoziali 1. L’ACCORDO TRIPS Il Consiglio della Wto ha dato esecuzione, nel corso del 2002, al mandato ministeriale stabilito a Doha, giungendo, proprio alla vigilia della Conferenza di Cancun (precisamente, il 30 agosto 2003), a una decisione multilaterale che sopprime gli ultimi ostacoli legati ai brevetti per l’importazione di farmaci a buon mercato. Si tratta, più in particolare, nell’ambito della normativa sulla protezione della proprietà intellettuale e la salute pubblica, della possibilità offerta ai paesi importatori di importare più facilmente le versioni generiche dei farmaci sotto brevetto, se essi non sono in grado di provvedere internamente alla loro fabbricazione. La decisione del Consiglio è particolarmente rilevante, poiché riguarda tutti i prodotti del settore farmaceutico brevettati, o fabbricati grazie ad un brevetto, compresi i principi attivi necessari alla loro fabbricazione e i kit diagnostici per la loro utilizzazione; essa stabilisce, nel contempo, che per “paesi importatori” si intendono non solo tutti i Paesi meno avanzati membri Wto, ma anche tutti gli altri paesi membri che notificano al Consiglio la loro intenzione di avvalersi del sistema come importatori in maniera totale, parziale o in particolari situazioni di emergenza nazionale 1. L’Accordo Trips, firmato nell’ambito dell’Uruguay round conclusosi nel 1994, ha affrontato per la prima volta anche il problema della tutela delle indicazioni geografiche (v. capitolo 2). In particolare, gli articoli 22, 23 e 24 dell’accordo hanno definito le regole generali e la (1) Quasi tutti i paesi sviluppati, compresa l’Italia, hanno già dichiarato di non volersi avvalere, in futuro, del sistema come paesi importatori. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 125 base giuridica in materia, nonché l’agenda del negoziato intrapreso da quella data. L’articolo 22 definisce le indicazioni geografiche: esse sono «indicazioni che servono a identificare un prodotto come originario di un territorio di un membro, o di una regione o località di quel territorio, quando una qualità, reputazione o altra caratteristica determinante di quel prodotto può essere attribuita essenzialmente a quell’origine geografica». Per tali indicazioni viene individuata una protezione standard, a cura delle legislazioni dei membri Wto, al fine di non indurre in errore il consumatore ed evitare che si creino le premesse di una concorrenza sleale. Gli articoli 23 e 24 dello stesso accordo attribuiscono una protezione rinforzata alle indicazioni geografiche che riguardano i vini e le bevande alcoliche (protezione che scatta anche se un’utilizzazione abusiva non rischia di indurre in errore il consumatore o creare concorrenza sleale), prevedono alcune eccezioni al riguardo 2 e stabiliscono l’apertura di un negoziato per l’istituzione di un registro multilaterale delle indicazioni geografiche di vini e bevande alcoliche. Rispetto a tale quadro normativo, le questioni dibattute nell’ambito del Consiglio Trips sono state due: da una parte, la creazione del registro multilaterale per i vini e le bevande alcoliche; dall’altra, l’estensione del livello “più elevato” di protezione (articolo 23.4, Accordo Trips) ad altri prodotti a denominazione di origine. Per quanto riguarda il primo aspetto, i negoziati sono iniziati nel luglio del 1997, sulla base del suddetto articolo 23.4, e sono proseguiti nel quadro della Doha Development Agenda (Dda) 3. Va sottolineato che l’impegno delle parti a negoziare la creazione del registro multilaterale di notificazione e registrazione delle indicazioni geografiche per i vini e le bevande alcoliche, entro la quinta Conferenza ministeriale, non implica affatto l’estensione di detto registro ad altri prodotti, dato che alcuni paesi mettono in dubbio persino l’esistenza di un mandato ad avviare negoziati su questo punto. Le proposte dei membri Wto per l’istituzione del registro multilaterale per vini e bevande alcoliche possono essere classificate in due categorie, corrispondenti alle due principali argomentazioni sviluppate durante le trattative. Da un lato, le comunicazioni congiunte presentate da Argentina, Australia, Colombia, Costarica, San Salvador, Usa, Guatemala, Giappone, Namibia, Nuova Zelanda, Filippine, Repubblica (2) Le eccezioni riguardano le indicazioni divenute nomi generici e quelle già registrate come marchi di fabbrica o di commercio. (3) Paragrafo 18 della Dichiarazione ministeriale di Doha, quarta Conferenza ministeriale, novembre 2001. 126 Capitolo 5 - L’accordo Trips e gli altri temi negoziali Dominicana, Canada e Cile, che spingono per un sistema volontario di registrazione delle indicazioni di origine notificate in una banca dati. In tal modo, i governi che decidono di partecipare al sistema dovranno consultare questa banca dati per prendere le relative decisioni sulla protezione accordata nel loro territorio. In base alle proposte presentate da questi Stati, i membri Wto che non partecipano al sistema saranno comunque “incoraggiati” a consultare la banca dati, pur “senza l’obbligo” di farlo. D’altro lato, la proposta dell’Unione Europea, sostenuta da Bulgaria, Cipro, Georgia, Ungheria, Islanda, Malta, Mauritius, Moldavia, Nigeria, Repubblica Ceca e Slovacchia, Romania, Slovenia, Sri Lanka, Svizzera e Turchia, secondo la quale l’iscrizione nel registro multilaterale dovrebbe costituire una “ presunzione” che l’indicazione geografica sia protetta in tutti gli altri paesi. La proposta Ue prevede anche un sistema di contestazione della “presunzione” ma con il divieto di opporsi, se non entro 18 mesi, alla registrazione di una indicazione geografica che si ritiene essere diventata un nome generico. A queste due posizioni estreme si aggiungono la proposta dell’Ungheria, per un sistema di arbitraggio nell’ambito dell’opzione Ue, e la proposta di Hong Kong e Cina che, nel tentativo di arrivare ad un compromesso, prevede che la registrazione di una indicazione di origine costituisca una “presunzione” meno vincolante, nei paesi partecipanti, rispetto a quanto richiesto dall’Ue. Se queste sono le posizioni, sul piano generale, molte altre sono le questioni importanti ancora aperte: gli effetti giuridici del sistema e la loro estensione a chi non vi partecipa, nonché i suoi costi amministrativi e finanziari per i governi partecipanti. In vista della quinta Conferenza ministeriale Wto di Cancun, il presidente del Consiglio Trips aveva preparato una proposta, in bozza, per l’istituzione del registro, con differenti opzioni: una corrispondente alla posizione Usa (sistema volontario) e una alla posizione Ue (“presunzione”), quest’ultima suddivisa in due ulteriori opzioni (risoluzione bilaterale delle controversie e nessuna protezione in caso di mancato accordo o risoluzione delle controversie attraverso un organo arbitrale). Per quanto concerne, invece, la seconda questione aperta sul tavolo del negoziato, vale a dire l’estensione del livello “più elevato” di protezione anche ad altri prodotti a denominazione d’origine diversi dai vini e dalle bevande alcoliche, il dibattito e le possibili soluzioni appaiono più complessi. Infatti, come si è ricordato, non tutti i membri sono d’accordo a negoziare tale estensione, adducendo un’interpretazione della Dichiarazione di Doha che nega la presenza, in seno a quest’ultima, di un mandato specifico alla negoziazione. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 127 Le divergenze sono ancora forti, le posizioni in campo divise e le trattative faticose. I fautori dell’estensione della protezione più elevata (Ue, Cina, Ungheria, Kenya, Nigeria, Pakistan, Svizzera, Tailandia e Turchia) considerano la maggiore protezione una condizione necessaria per poter meglio commercializzare i propri prodotti di qualità, oggetto di continue azioni di “contraffazione” che causano non pochi danni, economici e d’immagine, ai prodotti stessi, generando confusione nei consumatori e concorrenza sleale. In ogni caso, la questione assume particolare importanza, in quanto strettamente legata alle trattative sull’agricoltura. Alcuni paesi, con l’Ue in testa, ritengono che se si realizzano progressi significativi sulle indicazioni geografiche risulterà più facile portare a conclusione un accordo importante nel settore agricolo. A questa interpretazione si oppongono altri paesi, con in testa gli Stati Uniti, che ritengono invece nullo il peso della partita “indicazioni geografiche” sul bilancio complessivo dei negoziati agricoli. A inasprire tale contrapposizione si aggiunge la richiesta dell’Ue di discutere, nell’ambito dell’Accordo sull’agricoltura (Aa), la protezione di indicazioni di origine specifiche di alcuni prodotti agricoli regionali di qualità. Al riguardo, i 15 Stati membri dell’Ue hanno stilato, in vista della Conferenza di Cancun, un elenco di 41 prodotti regionali di qualità a denominazione di origine, i cui nomi vogliono recuperare e tutelare. Si tratta, in particolare, di prodotti europei di comprovata qualità, delle cui denominazioni si fa continuamente abuso in tutto il mondo. Ben 14 prodotti di quest’elenco sono italiani. Solo per citare alcuni dei più noti, ma anche dei più usurpati, si ricordano il Prosciutto di Parma, il Prosciutto San Daniele, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Pecorino Romano, la Mozzarella di Bufala campana e la Mortadella di Bologna. Senza dimenticare i fiori all’occhiello della viticoltura italiana come il Chianti, le Grappe di Barolo e il Marsala. 2. GLI ALTRI TEMI AFFRONTATI A CANCUN 2.1. Applicazione dell’Accordo dell’Uruguay round L’evoluzione dei negoziati ha confermato i timori dei Pvs riguardo alla scelta, sancita nella quarta Conferenza ministeriale, di includere la discussione sulle questioni aperte, relative all’applicazione degli impegni sottoscritti al termine dell’Ur, nell’ambito del nuovo ciclo di negoziati. È risultato subito evidente, infatti, che un eventuale accordo su questi temi è subordinato al buon esito dei negoziati nel loro insieme. 128 Capitolo 5 - L’accordo Trips e gli altri temi negoziali Negli ultimi due anni, i progressi registrati su questo punto sono stati pressoché inesistenti. Si può addirittura dire che non si è registrato alcun accordo, neanche sull’ampiezza del mandato negoziale stabilito a Doha: i paesi sviluppati hanno sostenuto che esso è limitato ai soli temi esplicitamente menzionati nella Dda, mentre i Pvs ritengono che il mandato sia più ampio. In ogni caso, il numero di temi da affrontare risulta estremamente elevato: regole per stabilire la provenienza delle merci, liberalizzazione del commercio dei prodotti tessili, interpretazione dell’Accordo su sussidi e dazi compensativi, trattamento speciale e differenziato dei Pvs, pratiche anti-dumping, procedure doganali e altro ancora. Praticamente, nessuna delle scadenze previste dopo la Conferenza di Doha è stata rispettata e ciò ha portato a continui rinvii dei termini previsti. Di fatto, su molte questioni si è arrivati a Cancun senza avere idea dei possibili compromessi, e ciò ha indubbiamente pesato sull’atteggiamento tenuto dai Pvs nell’ambito della Conferenza (cfr. capitolo 6). 2.2. Temi di Singapore L’avvio dei negoziati su investimenti, politiche della concorrenza, trasparenza negli appalti pubblici e agevolazione del commercio ha incontrato notevole opposizione in occasione della Conferenza di Doha (v. capitolo 3). Non desta quindi sorpresa che le discussioni svolte all’interno dei singoli gruppi di lavoro abbiano evidenziato molti elementi di disaccordo. Si possono tuttavia evidenziare alcuni punti in comune tra gli elementi più controversi relativi ai diversi temi: - ampiezza della materia da includere negli eventuali negoziati; - incapacità o impossibilità di applicare regole dettagliate da parte dei paesi meno avanzati; - dubbi sull’impatto che la definizione di regole vincolanti potrebbe avere sui processi di sviluppo; - riconoscimento di un trattamento speciale e differenziato per i Pvs, che garantisca l’assistenza tecnica e la flessibilità necessaria nell’applicazione delle regole eventualmente concordate. Alla vigilia della Conferenza di Cancun, la maggior parte dei Pvs continuava a guardare con scetticismo alla possibilità di iniziare un ciclo di negoziati sui temi di Singapore. Alcuni perché li ritengono di esclusivo interesse dei paesi più sviluppati, altri perché non considerano la Wto l’istituzione più adatta ad affrontarli. Da una parte, infatti, vi è il timore di non riuscire a partecipare efficacemente a una serie di negoziati ulteriormente ampliata; dall’altra vi è la preoccupazione di non distogliere l’attenzione dai tradizionali temi di competenza Wto, considerati assai più promettenti in termini di benefici attesi. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 129 2.3. Accesso al mercato per i prodotti non agricoli Sul tema dell’accesso al mercato per i prodotti non agricoli si sarebbe dovuti arrivare alla Conferenza di Cancun avendo già concordato le “modalità” degli impegni da sottoscrivere, ma anche in questo caso la scadenza prevista (maggio 2003) non è stata rispettata. Di conseguenza, la bozza di Dichiarazione ministeriale, preparata alla vigilia della conferenza, si limita a riportare la proposta di accordo elaborata dal presidente del gruppo negoziale (in analogia con quanto fatto da Harbinson nel caso dei negoziati agricoli). La proposta si articola su quattro punti: - scelta della formula per la riduzione generalizzata dei dazi; - individuazione dei settori in cui arrivare all’eliminazione delle barriere tariffarie; - trattamento speciale e differenziato per i Pvs; - riduzione delle barriere non tariffarie. Come è facile immaginare, i negoziati sulla formula che deve stabilire gli impegni per la riduzione dei dazi hanno affrontato molti punti simili a quelli discussi in ambito del negoziato sull’accesso al mercato per i prodotti agricoli. Da una parte, si cerca di ridurre la dispersione della struttura tariffaria, attraverso una formula che renda la riduzione dei dazi proporzionale al livello di partenza dei dazi stessi. Dall’altra, molti Pvs sono preoccupati della scarsa competitività delle industrie nazionali e chiedono l’identificazione di prodotti “sensibili”, che verrebbero esentati dagli obblighi di riduzione; mentre alcuni di essi temono che la riduzione dei dazi consolidati porti a un’erosione delle preferenze commerciali di cui attualmente godono. Anche il cosiddetto “approccio settoriale” presenta molte analogie con il dibattito in corso nel negoziato agricolo. La proposta inoltrata alla Conferenza ministeriale, infatti, prevede l’eliminazione dei dazi sui prodotti di particolare interesse per i Paesi meno avanzati e in via di sviluppo. Questi ultimi, peraltro, vorrebbero che l’accettazione del libero scambio settoriale rimanesse volontaria, mentre i paesi sviluppati chiedono una partecipazione obbligatoria. Allo stesso modo, le richieste dei Pvs in materia di trattamento speciale e differenziato sono del tutto in linea con quelle avanzate negli altri gruppi negoziali: esenzione dagli obblighi di liberalizzazione, nel caso dei Paesi meno avanzati, e allungamento dei tempi di applicazione degli impegni sottoscritti, per tutti i Pvs. L’ultimo punto critico del negoziato, relativo alle barriere non tariffarie, non presenta invece elementi di analogia con il negoziato agricolo, in quanto le barriere non tariffarie sui prodotti primari sono state 130 Capitolo 5 - L’accordo Trips e gli altri temi negoziali “tarifficate” con l’Accordo dell’Ur (cfr. capitolo 2). I negoziati su questo punto sono ancora in fase preliminare e non si è andati al di là di una ricognizione delle barriere esistenti, che dovrebbero essere notificate alla Wto entro il mese di ottobre 2003. 2.4. Il resto dell’Agenda In aggiunta ai temi precedentemente menzionati che, insieme alle questioni agricole, sono stati al centro della discussione in occasione della Conferenza di Cancun, la Dda ha varato una serie di tavoli negoziali, intorno a cui si è lavorato nel corso degli ultimi due anni. Vale la pena fare il punto, seppure brevemente, sullo stato delle trattative sulle questioni relative al legame tra commercio e ambiente, al commercio internazionale nel settore dei servizi, alla revisione del meccanismo per la soluzione delle dispute e di altre regole Wto. Commercio e ambiente Il tema dei legami tra commercio e ambiente non prevedeva alcuna scadenza, anche a causa della natura, tutto sommato esplorativa e preliminare, del mandato negoziale indicato dalla Dichiarazione di Doha. Su questo fronte, quindi, la Conferenza di Cancun avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto dei lavori svolti nel corso degli ultimi due anni. Servizi Il negoziato sui servizi si è incentrato, sinora, sullo scambio di concessioni in materia di accesso al mercato, basate sull’approccio “domanda-offerta” (lo stesso che aveva caratterizzato i primi round del Gatt, in materia di riduzioni tariffarie). Sebbene non tutti i paesi abbiano ancora presentato le proprie offerte, le trattative nell’ambito di questo gruppo, a differenza di quanto è accaduto su altri temi (come l’agricoltura o l’accesso al mercato per i prodotti non agricoli), stanno rispettando le scadenze indicate dalla Conferenza di Doha. Questa asimmetria nell’andamento dei diversi negoziati è fonte di preoccupazione per i Pvs, in quanto essi considerano la liberalizzazione della fornitura di servizi un interesse preminente dei paesi sviluppati e guardano con sospetto al progresso di trattative prevalentemente bilaterali, tipiche dell’approccio domanda-offerta. I Pvs, quindi, si aspettavano che la Conferenza di Cancun ribadisse, da una parte, la necessità di affrontare anche le cosiddette questioni “orizzontali” (ovvero, quelle che hanno valenza generale), da negoziare in ambito multilaterale, e che sottolineasse, dall’altra, l’importanza della cosiddetta “modalità 4” nella fornitura dei servizi (relativa alla mobilità della manodopera), in meri- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 131 to alla quale, finora, non si è registrata molta disponibilità da parte dei paesi sviluppati. Risoluzione delle dispute La revisione del meccanismo per la soluzione delle dispute non è formalmente inclusa nell’accordo complessivo (single undertaking), che rappresenta l’obiettivo ultimo dell’Agenda di Doha, ma il mancato rispetto della scadenza prestabilita (maggio 2003) è un’ulteriore conferma delle difficoltà che hanno caratterizzato l’attività della Wto nel periodo successivo alla Conferenza di Doha. Il tema è complesso e delicato e sono state avanzate molte proposte che riguardano praticamente tutte le fasi della procedura attualmente in vigore. Tra i punti in discussione, ricordiamo: la possibilità per l’Organo permanente di appello di rinviare un caso al collegio giudicante; la possibilità di chiedere il rimborso delle spese sostenute nel corso della disputa e di ottenere compensazioni monetarie (particolarmente importanti per i Pvs); il diritto, per le organizzazioni della società civile, di presentare i propri argomenti sui temi in discussione e una maggiore pubblicità e trasparenza dell’intera procedura (particolarmente importanti per i paesi sviluppati). La nuova scadenza è stata fissata per maggio 2004, ma non è facile ipotizzare il raggiungimento di un accordo entro tale data, viste le differenze tra le posizioni espresse dai vari paesi. Altre regole Wto La revisione delle regole Wto in materia di sussidi interni, dazi compensativi e accordi regionali rappresentò una delle concessioni ottenute dai Pvs in occasione della Conferenza di Doha (cfr. capitolo 3). Non erano previste scadenze nei primi due anni del negoziato, dedicati alla chiarificazione e articolazione dei temi in discussione. Ciò rende difficile valutare lo stato di maturazione di un eventuale accordo, ma il presidente di questo gruppo negoziale (il neozelandese Timothy Groser) ha già sottolineato che, dopo la Conferenza di Cancun, bisognerà passare velocemente dalla fase delle proposte generali e dell’esposizione dei problemi (qualcosa di analogo alla “fase 1” del negoziato agricolo) a una trattativa concreta sui singoli punti in discussione. 132 Capitolo 5 - L’accordo Trips e gli altri temi negoziali CAPITOLO 6 La Conferenza di Cancun 1. COSA È SUCCESSO Con il senno di poi, è sin troppo facile sostenere che la quinta Conferenza ministeriale della World Trade Organization (Wto) si era aperta in condizioni poco favorevoli, che potevano far temere un esito deludente. In effetti, gli elementi di difficoltà erano del tutto (e per tutti) evidenti, se si pensa che si era arrivati a Cancun senza aver rispettato praticamente nessuna delle scadenze intermedie che erano state concordate nella sessione precedente della Conferenza ministeriale svoltasi a Doha nel 2001. Come si è visto nei capitoli precedenti, non solo non si era riusciti a stabilire le Modalities in materia di agricoltura e di accesso al mercato per i prodotti non agricoli, ma non si erano neanche conseguiti i progressi previsti (e, dal punto di vista dei Pvs, promessi) in materia di Trips, applicazione degli accordi precedenti, trattamento speciale e differenziato, e revisione del meccanismo per la soluzione delle dispute. Il fatto che proprio alla vigilia dell’incontro di Cancun sia stato raggiunto un accordo sulle condizioni alle quali paesi senza capacità produttiva possono importare versioni generiche di farmaci salvavita ancora soggetti a brevetto, o che nelle ultime settimane prima della conferenza si sia registrata un’accelerazione del negoziato agricolo (cfr. capitolo 4), non è certamente sufficiente per considerare positivo il bilancio degli ultimi due anni di trattative. Le difficoltà complessive della Doha Development Agenda (Dda) sono ben rappresentate dalla bozza di Dichiarazione finale della Conferenza di Cancun, predisposta dalla presidenza del Consiglio generale alla vigilia della conferenza stessa, come ipotesi di compromesso su cui lavorare per riempirla di contenuti 1. Anche in questo caso, così (1) Si ricorda che in appendice al cap. 4 è riportata la traduzione della parte di tale bozza di Dichiarazione relativa all’agricoltura. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 133 come era avvenuto nei lavori preparatori della Conferenza di Doha, la bozza di Dichiarazione non rappresentava un testo approvato da tutti i paesi, bensì si trattava di una proposta di accordo avanzata dal presidente Carlos Perez del Castillo e dal direttore generale Panitchpadki Supachai, sulla base della loro personale valutazione di quale avrebbe potuto essere un compromesso possibile. E anche in questa occasione, la scelta di trasmettere alla conferenza un testo non concordato in sede di Consiglio generale ha sollevato aspre critiche, soprattutto da parte dei Pvs. Oltre all’agricoltura, di cui si è gia parlato nel capitolo 4, la bozza di Dichiarazione si concentrava su quattro punti principali: accesso al mercato per i prodotti non agricoli, trattamento speciale e differenziato, applicazione degli accordi precedenti, temi di Singapore. Su questi ultimi, in particolare, va detto che la profondità dei contrasti aveva suggerito l’opportunità di lasciare aperta la possibilità di lanciare negoziati, così come previsto dalla Dda a condizione che si fosse registrato il necessario consenso, oppure di rinviare la decisione al riguardo. Infine, vale la pena di sottolineare che la bozza di Dichiarazione recepiva la specifica proposta sul cotone avanzata da quattro paesi africani - Benin, Burkina Faso, Ciad e Mali - riguardo all’eliminazione di tutti i sussidi entro il 2006 e all’introduzione di un meccanismo transitorio per la compensazione delle perdite causate da tali sussidi ai produttori dei paesi in questione. La Conferenza di Cancun si è aperta il 10 settembre con la decisione di affrontare i temi più controversi individuati dalla bozza di Dichiarazione nell’ambito di gruppi di lavoro specifici: agricoltura, accesso al mercato per i prodotti non agricoli, sviluppo (comprendente le questioni relative al trattamento speciale e differenziato, e l’applicazione degli accordi precedenti), temi di Singapore, e altri temi (comprendenti varie questioni, tra cui la tutela delle denominazioni di origine e la proposta sul cotone). Tali gruppi di lavoro sono stati affidati a cinque ministri a cui, secondo uno stile collaudato in precedenti occasioni, si è chiesto di operare in qualità di “mediatori”: il gruppo di lavoro sull’agricoltura è toccato, come era già avvenuto a Doha e Seattle, al ministro per l’industria e il commercio di Singapore George Yeo. I primi giorni della conferenza registravano l’ingresso nella Wto di due nuovi membri - Cambogia e Nepal - ma facevano anche emergere nettamente gli elementi di contrasto: la stragrande maggioranza dei Pvs non era disposta ad accettare il lancio di un ciclo di negoziati sui temi di Singapore; gli Usa non erano disposti a mettere in discussione le proprie sovvenzioni al cotone; sull’agricoltura si sviluppava un confronto serrato e senza precedenti con Usa e Ue da una parte (che rap- 134 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun presentano più della metà degli scambi internazionali) e il G22 dall’altra (che rappresenta circa la metà della popolazione mondiale); anche sulle denominazioni di origine si registrava una netta contrapposizione, questa volta del tutto interna al fronte dei paesi sviluppati (Ue e Svizzera da una parte, Usa e Australia dall’altra); sull’accesso al mercato per i prodotti non agricoli, infine, vi erano ancora sostanziali obiezioni da parte di molti Pvs riguardo all’ampiezza delle riduzioni tariffarie. Con l’avvicinarsi del termine previsto per la conferenza, è cominciato a serpeggiare un certo nervosismo riguardo alla possibilità di raggiungere un accordo e l’ultima giornata, il 14 settembre, è stata particolarmente frenetica. Un gruppo di 30 paesi - comprendente i paesi più importanti (come Usa e Ue), i rappresentati regionali e quelli delle principali coalizioni sui vari temi - si è riunito per cercare di trovare un accordo su una bozza di Dichiarazione predisposta dal ministro degli esteri messicano Luis Derbez. Il primo punto messo in discussione era proprio quello che registrava le maggiori divisioni: i temi di Singapore. Pur di raggiungere un accordo, l’Ue sarebbe stata anche disposta ad accettare il rinvio delle decisioni relative agli investimenti e alle politiche della concorrenza - ovvero i due punti più importanti e controversi. Nonostante ciò, le trattative sono naufragate di fronte all’atteggiamento intransigente di altri attori: da un lato, i paesi africani, che non intendevano lanciare negoziati su nessuno dei temi di Singapore; dall’altro, Giappone e Corea del Sud, che insistevano perché si avviassero negoziati su tutti i temi. Il ministro Derbez, a quel punto, ha deciso che non c’erano margini per affrontare la discussione sugli altri punti della bozza di Dichiarazione e ha chiuso la Conferenza con la scarna Dichiarazione riportata nel box 6.1. La Dichiarazione risulta particolarmente deludente non solo per la mancanza di un accordo sostanziale sulle materie in discussione, ma anche perché, al di là dell’indicazione di convocare una riunione del Consiglio generale entro il 15 dicembre, non definisce scadenze specifiche per il prosieguo dei negoziati, e neanche specifica quale sia il punto di partenza per le future trattative. La generica raccomandazione di trasferire «tutto il prezioso lavoro realizzato in questa conferenza nella nuova fase», infatti, non chiarisce se e in che misura siano utilizzabili a questo scopo documenti mai formalmente approvati, come la bozza di Dichiarazione predisposta da Perez del Castillo o quella curata da Derbez. Tutto ciò contribuirà a rendere più difficoltosa la ripresa delle trattative nell’ambito dei vari gruppi negoziali: nel caso del negoziato agricolo, la riunione del Comitato Agricoltura della Wto prevista per il 6 ottobre è già stata cancellata. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 135 BOX 6.1. La Dichiarazione finale della Conferenza di Cancun * 1. A conclusione della Quinta Conferenza Ministeriale, esprimiamo la nostra profonda gratitudine al Governo e al popolo del Messico per l’eccellente organizzazione e la cordiale ospitalità di cui abbiamo goduto a Cancun. 2. In questa assemblea abbiamo accolto Cambogia e Nepal come i primi Paesi meno avanzati che hanno aderito alla Wto dal momento della sua fondazione. 3. Tutti i partecipanti si sono impegnati a fondo e in modo costruttivo per procedere nelle direzioni indicate dal mandato di Doha e, in tal senso, abbiamo effettivamente compiuto progressi notevoli. Tuttavia, per rispettare gli impegni sottoscritti a Doha e procedere verso la conclusione dei negoziati, è necessario continuare a lavorare su alcuni aspetti fondamentali. 4. Diamo pertanto disposizione ai nostri funzionari di continuare ad impegnarsi sulle questioni ancora aperte, con un rinnovato senso di urgenza e determinazione, tenendo in piena considerazione tutti i punti di vista espressi in questa Conferenza. Chiediamo al Presidente del Consiglio generale, in stretta cooperazione con il Direttore generale, di coordinare tale lavoro e di convocare una riunione del Consiglio generale a livello di alti funzionari non oltre il 15 dicembre 2003, così da poter intraprendere le azioni necessarie per giungere a concludere i negoziati in modo fruttuoso e tempestivo. Sarà nostra cura continuare a supervisionare tale processo in modo diretto e personale. 5. Trasferiremo tutto il prezioso lavoro realizzato in questa Conferenza nella nuova fase. Nelle aree dove abbiamo già raggiunto un alto livello di convergenza sui testi, ci impegniamo a mantenere tale grado di consonanza, lavorando al contempo per costruire un accordo complessivo condivisibile. 6. Nonostante questa battuta d’arresto, riaffermiamo tutte le Dichiarazioni e Decisioni che abbiamo sottoscritto a Doha e ci impegniamo nuovamente ad attuarle fedelmente e pienamente. * Traduzione non ufficiale 2. VINCITORI E VINTI 2 Secondo un commento molto diffuso all’indomani della conferenza, fatto proprio anche dal presidente della Commissione europea Romano Prodi e dal commissario per il commercio estero Pascal Lamy, con il fallimento di Cancun avrebbero perso tutti. Questo è certamente vero dal punto di vista di chi considera i negoziati multilaterali e il loro obiettivo di migliorare le relazioni internazionali come un “bene pubblico” a livello mondiale, alla cui tutela tutti sono, in teoria, interessati per il potenziale aumento del benessere globale che dovrebbe derivarne. È anche vero, però, che i negoziati commerciali rappresentano un “gioco” a somma positiva solo se, a differenza di quanto accaduto a Cancun, si instaura la cooperazione tra gli attori coinvolti; in caso contrario, quando questi trovano convenienza ad adottare comportamenti opportunistici o strategici, (2) In questo e nei successivi paragrafi si riprendono e si approfondiscono alcune delle considerazioni contenute in De Filippis 2003. 136 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun il bene pubblico costituito dal libero scambio non viene prodotto e il risultato è una perdita netta di benessere a livello globale. In questo senso, dunque, “tutti perdono”, ma non è detto che la perdita sia equamente distribuita, né si può escludere che vi sia qualche attore che da un esito sfavorevole dei negoziati commerciali ottenga un guadagno netto. Da questo punto di vista, può esser utile interrogarsi sulle conseguenze per i diversi attori della battuta d’arresto registrata a Cancun, sia per capire se c’è qualcuno che ha perso (o vinto) più degli altri, sia per chiedersi chi possa avere interesse a riprendere il negoziato e a lavorare in direzione del raggiungimento di un accordo. 2.1. I Pvs I Pvs, sia in termini politici che, soprattutto, sul fronte “mediatico”, hanno ottenuto un risultato molto importante: pur in presenza di un’intesa tra Usa e Unione Europea sul tema cruciale dell’agricoltura qualcosa che, come si ricorderà, nel corso dell’Uruguay round aveva “spianato la strada” ad un esito positivo dell’intero negoziato - sono riusciti a dimostrare che formando delle coalizioni essi sono in grado di esercitare una forza negoziale potente, capace di reggere alle pressioni delle due super-potenze commerciali. Ci si riferisce soprattutto al ruolo svolto dal G22, il più volte ricordato gruppo di paesi guidato da Brasile, India e Cina, che è stato in grado di mettere sul tappeto, già prima della conferenza, una proposta alternativa a quella presentata da Usa e Ue, con un’esplicita richiesta di ridurre i sussidi e la protezione dei paesi ricchi senza analoghe contropartite da parte dei paesi poveri (Cuffaro 2003). L’intraprendenza negoziale del G22 - e soprattutto la determinazione con cui ha saputo far fronte alle pressioni esercitate da Usa e Ue - ha rappresentato un elemento di novità rispetto al passato e, indipendentemente dai risultati raggiunti nella conferenza, ha reso evidente che i rapporti di forza nell’ambito di un’Organizzazione che comprende ormai ben 148 paesi membri non consentono più di sottovalutare le posizioni e gli interessi dei Pvs (almeno nei casi in cui essi riescono a coalizzarsi). Se e quando il negoziato ripartirà, Usa e Ue dovranno fare seriamente i conti con le richieste dei Pvs e, a differenza di quanto accadeva in passato, non potranno più limitarsi a rendere multilaterali, attraverso piccole concessioni ad hoc, le intese raggiunte nell’ambito di trattative bilaterali. Si può certo affermare che l’aggregazione del G22 rappresenta solo un pezzo del variegato mondo dei Pvs e che essa mette insieme paesi molto diversi, con interessi che è facile tenere uniti quando si tratta di contrapporsi allo strapotere di Usa e Ue, ma che potrebbero rivelarsi Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 137 difficilmente conciliabili quando si tratterà di definire una strategia in positivo, o quando si arriverà ad una fase negoziale più operativa 3. Si può anche ricordare che per i Pvs il mantenimento di una posizione intransigente comporta alti rischi, giacché è evidente che, se la capacità di organizzarsi e negoziare insieme venisse utilizzata solamente al fine di ostacolare il raggiungimento di qualunque accordo e di far saltare il sistema multilaterale, ci sarebbe ben poco di cui essere soddisfatti. La Wto, infatti, rimane l’unica sede dove, per definizione, la capacità di aggregarsi da parte dei Pvs può tradursi in risultati concreti sul fronte degli accordi commerciali. Quando si negozia nell’ambito di accordi a carattere bilaterale o regionale, i margini per stringere alleanze e le possibilità di pressione nei confronti degli attori più forti sono ovviamente assai più limitati. Da più parti si è affermato che hanno sicuramente perso i Pvs più piccoli e più poveri, quelli che non fanno parte del G22 e che tornano a casa senza avere ottenuto nulla, in particolare sulla richiesta di misure urgenti su settori specifici e molto sensibili per alcuni di essi, come nel caso del cotone. In effetti, questa conclusione è un po’ troppo schematica, per almeno due motivi. In primo luogo, i Pvs più poveri avevano ottenuto, subito prima della Conferenza di Cancun, un’importante apertura su un tema che stava loro molto a cuore: la possibilità di importare versioni generiche di farmaci salvavita a prezzi bassi, in deroga alle regole dell’Accordo Trips. In secondo luogo, è opportuno chiedersi fino a che punto i Pvs più poveri, almeno quelli seriamente dipendenti dalle importazioni di alimenti e/o le cui esportazioni di prodotti agricoli beneficiano già di consistenti preferenze tariffarie da parte dei paesi ricchi, considerino una priorità irrinunciabile la liberalizzazione generalizzata del commercio su base multilaterale e la riduzione dei sussidi all’agricoltura erogati agli agricoltori dei paesi ricchi. Se, infatti, i vantaggi di una liberalizzazione generalizzata per i grandi Pvs esportatori - molti dei quali, non a caso, sono stati particolarmente attivi nel G22 - sono più che evidenti, l’aumento dei prezzi mondiali e l’erosione dei trattamenti preferenziali che ad essa fatalmente conseguirebbero, potrebbero più che compensare gli incerti vantaggi ottenibili dai paesi più poveri attraverso un (potenziale) aumento delle proprie esportazioni. (3) Su questo fronte, soprattutto la delegazione Usa è stata molto critica, bollando in modo sprezzante il gruppo G22 come un’aggregazione spuria, strumentale ed effimera. Ci si potrebbe tuttavia chiedere, riferendosi al negoziato agricolo, perché mai dovrebbe essere considerata meno spuria e strumentale l’intesa tra Usa ed Ue, vale a dire tra due attori che su molte questioni agricole hanno mostrato di avere una visione dei problemi e un sistema d’interessi molto diversi, che li hanno portati a fronteggiarsi in innumerevoli dispute in seno alla Wto. 138 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun Nel complesso, dunque, nonostante si corra il rischio di mettere in crisi l’intero sistema di negoziati multilaterali, va riconosciuto che il variegato mondo dei Pvs non torna da Cancun a mani vuote: non ha accettato la tradizionale posizione subalterna nelle trattative con i paesi più ricchi e ha evitato un ulteriore ampliamento dell’agenda, che avrebbe accresciuto le difficoltà dei paesi che non dispongono di sufficienti capacità negoziali. Tutto ciò potrebbe creare le premesse per riprendere i negoziati su basi più favorevoli, in un contesto in cui dovrebbe essere relativamente più facile fare sentire la propria voce per ottenere risultati concreti. Gli sviluppi dei prossimi mesi ci diranno se si è trattato di una vittoria effimera, o se il nuovo protagonismo dei Pvs porterà effettivamente ad una modifica strutturale nell’assetto delle relazioni internazionali. 2.2. Il Gruppo di Cairns Il Gruppo di Cairns, nato nel 1986 in occasione del negoziato dell’Ur, in cui agì da protagonista, e molto attivo anche nei primi due anni del nuovo negoziato agricolo, si è praticamente dissolto, sostituito nel suo ruolo di spinta verso la liberalizzazione del commercio agricolo dal G22. Tale sostituzione, tuttavia, non è affatto neutrale, rispetto al modo in cui quest’obiettivo viene perseguito: è chiaro, infatti, che il G22, data la sua composizione, ridefinisce la propria priorità negoziale alla luce degli interessi dei soli Pvs, ossia per un obiettivo di liberalizzazione asimmetrica, nel quadro del trattamento speciale e differenziato. Tra i vecchi membri del Gruppo di Cairns, Canada, Australia e Nuova Zelanda appaiono come le principali vittime di questo cambiamento: si tratta, infatti, di paesi sviluppati che sono esportatori competitivi di prodotti agricoli (anche se il Canada e la stessa Australia presentano situazioni di forte protezione in alcuni settori specifici); come tali, essi sono interessati ad una liberalizzazione generalizzata, senza particolari condizioni di favore per i Pvs esportatori, alcuni dei quali rappresentano dei pericolosi concorrenti. È quindi evidente che, con il dissolvimento del Gruppo di Cairns, del quale questi paesi detenevano la leadership, Canada, Australia e Nuova Zelanda rischiano, se non l’isolamento, quanto meno di vedere fortemente ridimensionato il loro ruolo di protagonisti, e di scivolare verso una situazione di subalternità negoziale; a meno di non ipotizzare che, nella dialettica tra i due nuovi poli del negoziato agricolo costituiti dal G22 e dall’asse Usa-Ue, essi possano sfruttare la possibilità di fungere da ago della bilancia. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 139 2.3. Gli Stati Uniti Gli Usa, a differenza di quanto accaduto nelle precedenti tornate negoziali - e in particolare nell’Ur, quando esercitarono una forte pressione verso un accordo agricolo che contenesse significativi elementi di liberalizzazione - hanno tenuto un comportamento alquanto passivo, sia prima sia, soprattutto, durante la Conferenza di Cancun. L’atteggiamento degli Usa trova più di una spiegazione: sul fronte agricolo, come si è accennato nelle pagine precedenti (cap. 4), gli Usa dovevano conciliare la loro posizione negoziale con il nuovo Farm bill approvato nel maggio 2002, che ha significativamente aumentato la spesa per il sostegno ai propri agricoltori, e che ha, soprattutto, reintrodotto alcune forme di sostegno “accoppiato” alla produzione (Orden 2003, Salvioni 2003). Per questo, forse, a differenza di quanto accaduto durante l’Ur, gli Usa hanno preferito evitare il braccio di ferro con l’Ue sul versante agricolo, andando ad un pre-accordo con il partner di oltre Atlantico che, probabilmente anche a causa di una sostanziale sottovalutazione della capacità di aggregazione e di pressione dei Pvs, appariva più che sufficiente a far avanzare i negoziati senza particolari intoppi. Sul fronte più generale, l’atteggiamento Usa alla vigilia della Conferenza di Cancun era molto diverso da quello di due anni prima, al momento della precedente Conferenza di Doha. In quel caso, infatti, erano trascorsi appena due mesi dagli attentati terroristici dell’11 settembre, e gli Usa, che avevano estremo bisogno per ragioni politiche e strategiche di un esito positivo della Conferenza ministeriale della Wto, si adoperarono attivamente perché ciò avvenisse. Due anni dopo, la situazione si presentava in modo completamente diverso: da un lato, infatti, l’Amministrazione Usa si trovava alla vigilia della campagna per le elezioni presidenziali, una circostanza che certo non genera il clima adatto a concessioni di tipo commerciale e dunque non rende particolarmente appetibile il passaggio dei negoziati alla fase finale; dall’altro, la stessa Amministrazione, nel corso del mandato del presidente Bush ha sempre mostrato, e a volte addirittura teorizzato, una palese insofferenza per i vincoli e le lungaggini dell’approccio multilaterale, preferendo “mostrare i muscoli” su tavoli bilaterali, dove è più facile concludere accordi favorevoli in modo sbrigativo. In altre parole, la battuta d’arresto di Cancun non sembra creare particolari problemi politici agli Usa, e probabilmente ci sono buoni motivi per credere che molti gruppi di interesse l’abbiano accolta addirittura con favore. Sebbene ciò non significhi necessariamente che gli Usa siano stati i registi occulti del fallimento di Cancun, è certo che essi non hanno fatto quasi nulla per evitarlo; come mostra, ad esempio, la 140 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun loro totale chiusura nei confronti delle richieste dei paesi più poveri riguardo al settore del cotone. In pratica, lo scarso interesse per un esito favorevole della Conferenza di Cancun ha fatto sì che la delegazione Usa non avesse da offrire molto più di quello che aveva già concesso immediatamente prima della conferenza, con la proposta congiunta con l’Ue in materia agricola e con l’apertura sulla liberalizzazione delle importazioni dei farmaci salvavita. 2.4. L’Unione Europea Venendo, infine, all’Unione Europea, essa va annoverata tra gli sconfitti dall’esito della Conferenza di Cancun, specie sul piano politico. Avendo appena deciso una buona riforma della propria Politica agricola comune (Pac), l’Ue aveva finalmente qualcosa da offrire in campo agricolo, dove, a differenza di tutte le tornate negoziali precedenti, una volta tanto affrontava la trattativa con un approccio non esclusivamente difensivo. Sul piano più generale, non c’è dubbio che l’Ue possa vantare una genuina attitudine al multilateralismo, o almeno un’attitudine assai più spiccata di quella degli Usa. Inoltre, come si è detto (cap. 4), l’Ue arrivava a Cancun con una buona credibilità nei confronti dei Pvs, avendo concesso al folto gruppo dei paesi meno avanzati l’accordo Eba (Everything but Arms), ovvero una pressoché totale liberalizzazione dell’accesso ai propri mercati dei prodotti di questi paesi. Su questa base, l’Ue avrebbe potuto riempire il vuoto di leadership lasciato dagli Usa, per proporsi a livello mondiale come forza di riferimento, in un percorso di consolidamento dell’approccio multilaterale nel governo delle relazioni economiche internazionali. Invece, l’Ue non è riuscita a far fruttare i “crediti” con cui era andata a Cancun, ed è tornata a casa a mani vuote: ingenerosamente accomunata agli Usa nel ruolo di paese sviluppato “egoista”, senza aver ottenuto nulla sui temi di Singapore, senza aver “speso” la propria riforma della Pac a livello internazionale e senza aver ancora ottenuto nulla di concreto sul terreno della difesa delle denominazioni di origine, un tema che a Cancun non ha avuto quella centralità che l’Ue avrebbe inteso conferirgli. In effetti, la complessiva performance negoziale realizzata dall’Ue in occasione della Conferenza di Cancun desta più di una perplessità. Non sono del tutto chiari gli elementi che potrebbero aver convinto la Commissione a considerare il lancio di negoziati sui temi di Singapore un obiettivo tanto fattibile quanto necessario. Per quanto riguarda la fattibilità, da una parte l’opposizione dei Pvs era ben nota sin dalla Conferenza di Doha, e l’andamento successivo dei negoziati non ha certo contribuito ad ammorbidire la loro contrarietà; mentre sul fronte dei paesi sviluppa- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 141 ti, un attore fondamentale come gli Usa, poco disposto ad accettare nuove regole multilaterali, è rimasto sempre abbastanza scettico sulla desiderabilità di questo risultato. Per quanto riguarda la necessità, diversi paesi europei - Svezia, Paesi Bassi, Belgio, Irlanda e Germania - hanno fatto sapere di non essere troppo interessati ai temi di Singapore, e la stessa Commissione ha di fatto avallato la sensazione che la questione non fosse assolutamente imprescindibile, quando si è dimostrata pronta a rinunciare ai due temi più importanti nelle ultime ore del negoziato: una dimostrazione di disponibilità notevole ma, forse, un po’ troppo tardiva. Sul fronte agricolo, avendo perso l’occasione di ratificare tempestivamente la recente riforma della Pac in un accordo a livello internazionale, alla ripresa dei negoziati c’è da aspettarsi che all’Ue venga chiesto qualcosa in più di quello (e non era poco) che essa era disposta a dare a Cancun. Su questo terreno, fermo restando che la riforma della Pac è stata fatta per motivazioni interne, si può affermare che essa è arrivata troppo tardi o troppo presto, a seconda dei punti di vista. La riforma è stata, infatti, tardiva rispetto alla scadenza delle Modalities del marzo 2003, non consentendo all’Ue di svolgere un’azione tempestiva prima di quella data, per orientare in modo positivo il negoziato agricolo. Una volta che la scadenza delle Modalities era saltata e che tutto era stato rinviato alla Conferenza di Cancun, la riforma è venuta troppo presto, scoprendo le carte dell’Ue in merito a quanto essa poteva concedere (e, di fatto, aveva già concesso) con la nuova Pac, e incentivando gli altri paesi a chiederle di più. A queste obiettive difficoltà negoziali con cui l’Ue è uscita dalla Conferenza di Cancun, si deve aggiungere il fatto che il 2004 sarà un anno difficile e particolarmente intenso per l’Ue, nel quale la possibilità di svolgere da subito un ruolo di leadership nella ripresa dei negoziati multilaterali sarà ostacolata da numerosi fattori: l’approvazione e l’avvio della nuova Costituzione; le elezioni per il Parlamento europeo; la necessità di gestire l’effettiva entrata nell’Unione di dieci nuovi Stati membri; la discussione delle direttrici di bilancio pluriennale; l’insediamento di una nuova Commissione. 2.5. La Wto Sebbene non abbia senso parlare della Wto come di un “attore” del negoziato, alla stregua dei paesi membri, è innegabile il rischio che tra le vittime del fallimento della Conferenza di Cancun vi possa essere la stessa Wto, con l’idea che ne è alla base, di una regolazione per quanto possibile “democratica” dei processi di globalizzazione. Su questo terreno, anche chi avverte i limiti della Wto nel governo della globalizza- 142 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun zione, e dunque guarda istintivamente con simpatia alla sua crisi, è bene non si faccia troppe illusioni. È infatti del tutto fuori luogo leggere il fallimento di Cancun come uno stop al processo di globalizzazione; al contrario, il rischio è che esso si traduca in un segnale di via libera ad una globalizzazione senza regole, in cui si applica la legge del più forte. Se la Wto è “la vittima”, è naturale chiedersi chi sia stato “l’assassino”. Alcuni hanno subito puntato il dito contro “i soliti sospetti”, ovvero i gruppi della società civile che anche in questa occasione si sono organizzati per far sentire la propria protesta e che, più in generale, sarebbero stati “cattivi consiglieri” di alcuni governi dei Pvs. Anche se nel corso della conferenza ci sono stati momenti di grande tensione, come nel caso del suicidio dell’agricoltore coreano Lee Kyung-hae, le proteste non hanno raggiunto la stessa intensità che si era registrata a Seattle, e sembra francamente esagerato (e forse sin troppo comodo) spiegare l’intransigenza di alcuni governi sulla base delle posizioni espresse dalle Organizzazioni non governative. Sebbene sia vero che alcuni di questi gruppi hanno gioito alla notizia del mancato accordo, non va dimenticato che altri (ad esempio Oxfam) si sono dichiarati preoccupati per le conseguenze che ne deriveranno per i più poveri fra i Pvs. Altrettanto “sospetti” sono certamente da considerare gli estensori della bozza di Accordo su cui si è lavorato a Cancun. In occasione della precedente conferenza, l’esplicita assunzione di responsabilità da parte dell’accoppiata Moore-Harbinson (rispettivamente direttore Generale e presidente del Consiglio generale all’epoca della Conferenza di Doha) aveva prodotto un testo che, per quanto criticato, rappresentò una buona base di partenza per i negoziati. È ben possibile che la sintesi prodotta dal duo Supachai-Perez del Castillo sia stata meno equilibrata ed efficace, ma se ciò fosse vero non va dimenticato lo scarso tempo disponibile per trovare una mediazione. Nel caso dell’agricoltura, infatti, abbiamo già ricordato come le trattative si siano in un certo senso sbloccate solo tre settimane prima della conferenza, dopo la presentazione della proposta congiunta Usa-Ue. Un altro “sospetto” è il padrone di casa della conferenza, il ministro Derbez, considerato colpevole sia di aver scelto i temi più difficili (quelli di Singapore) per cominciare a formare il consenso sulla Dichiarazione conclusiva, sia di aver chiuso la conferenza in modo sin troppo affrettato. In realtà, se ci fosse stata la volontà politica di raggiungere un accordo, vari compromessi erano possibili anche sulle questioni più controverse. Invece, molti paesi non hanno fatto alcuno sforzo per modificare le proprie posizioni negoziali, tanto che qualcuno, di fronte alla prevedibilità delle dichiarazioni dei rappresentanti nazionali, ha parlato di Cancun come di una “Ginevra in riva al mare”. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 143 In questa prospettiva, è anche possibile che i temi di Singapore siano stati utilizzati (dai Pvs? dal Giappone?) in maniera strumentale, per far fallire un accordo che era ritenuto complessivamente inaccettabile. Se questo fosse vero, nonostante l’agricoltura non sia certamente stata la principale responsabile del mancato accordo (anche perché, come si è ricordato, non si è mai arrivati a discutere questa parte dell’ultima versione della bozza di Dichiarazione), va anche detto che il rispetto degli impegni presi a Doha relativamente all’andamento delle trattative agricole (che, invece, non c’è stato) avrebbe sicuramente portato un contributo significativo al raggiungimento di un’intesa più ampia. In definitiva, il fallimento di Cancun ha mostrato ancora una volta i problemi associati allo stile negoziale della Wto, abituato ad ignorare qualunque scadenza intermedia e a puntare tutto sui grandi vertici, ai quali si rinvia ogni decisione, perché tutti i dossier vengono deliberatamente lasciati aperti. Era questa la procedura tipica del vecchio Gatt dalla cui scuola provengono gran parte degli attuali negoziatori - che strutturalmente procedeva come un meccanismo intermittente, organizzato intorno ai round negoziali. Questo meccanismo ha potuto funzionare finché si trattava di gestire un semplice accordo commerciale, per quanto ricco e articolato come il Gatt, con un numero di paesi aderenti assai minore di quello attuale e con un’agenda assai meno ambiziosa di quella che caratterizza questo primo round della Wto. Tuttavia, nell’attuale negoziato, il tentativo da parte dei paesi sviluppati di rimandare tutte le decisioni per aumentare la pressione sui Pvs (e magari fargli “pagare” due volte le stesse concessioni) è apparso sin troppo evidente e, alla resa dei conti, si è rivelato controproducente. 3. LA QUESTIONE AGRICOLA Come si è visto nel capitolo 4, lo stato del negoziato agricolo alla vigilia della Conferenza di Cancun era sintetizzato nella parte relativa all’agricoltura del documento elaborato - sotto la propria personale responsabilità - dal presidente del Consiglio generale della Wto, Carlos Perez del Castillo. Come pure si è detto, la parte agricola di tale documento rappresentava il tentativo di mediare tra la proposta congiunta Usa-Ue del 13 agosto e quella presentata dal G13 il 20 agosto, e poi adottata come piattaforma negoziale dal G22. Nel corso della conferenza, il documento Perez del Castillo è stato subito duramente contestato dai Pvs come un compromesso inaccettabile, in quanto troppo appiattito sulle posizioni dei paesi ricchi, in particolare Usa e Ue. Sulla base di queste critiche, il già ricordato “mediatore” desi- 144 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun gnato a gestire la parte agricola del negoziato, George Yeo, ha preparato un ulteriore documento, confluito nella bozza Derbez di compromesso finale, fatta circolare il 13 settembre nel tentativo di avvicinare le diverse posizioni prima della discussione decisiva del giorno seguente. Da quello che si sa, anche questo documento era lontano dal soddisfare tutti i partecipanti, ma in effetti di esso non si è arrivati mai a discutere ufficialmente in seduta plenaria, giacché, come si è visto, in quella sede il fallimento della conferenza è maturato sui temi di Singapore, che nell’agenda dei lavori conclusivi venivano prima dell’agricoltura. Come già accennato, la cosa ha una certa rilevanza, in quanto non è chiaro, dopo Cancun, quale sia esattamente il testo da cui far ripartire il negoziato agricolo: se la bozza di Dichiarazione finale di Derbez, o quella precedente di Perez del Castillo, oppure, al limite, la bozza di Modalities preparata da Stuart Harbinson e, come si ricorderà, miseramente naufragata nel marzo 2003. Tuttavia, sia volendo dare credito alla Dichiarazione finale di Cancun, nel passo in cui essa dice che «trasferiremo tutto il prezioso lavoro realizzato in questa Conferenza nella nuova fase», sia a voler impostare un semplice ragionamento di buon senso sui principali punti di disaccordo in materia agricola, è ragionevole partire dal documento preparato dal “mediatore” George Yeo e confluito nella bozza di Dichiarazione finale 4. In estrema sintesi, il documento Yeo emenda il compromesso di Perez del Castillo accogliendo alcune delle richieste avanzate dal G22. Sull’accesso al mercato, viene riproposta la formula “mista” di riduzione delle tariffe, ampliando le agevolazioni a favore dei Pvs. Inoltre, si aggiunge l’indicazione di un ammontare minimo (da negoziare) a cui dovrebbe comunque pervenire la riduzione media delle tariffe di tutti i prodotti agricoli da parte dei paesi sviluppati: questo per evitare che una distribuzione “strategica” dei prodotti tra le diverse fasce di riduzione possa consentire il mantenimento un livello medio di protezione particolarmente elevato. Apparentemente, l’area dell’accesso al mercato - come era d’altra parte emerso anche prima della Conferenza di Cancun - sembra quella dove le distanze sono relativamente minori, almeno per quanto riguarda le cose su cui negoziare e, quindi, l’impianto dell’accordo a cui pervenire. Ovviamente, dato che tutte le percentuali di riduzione o di esenzione sono rigorosamente lasciate in bianco in tutte le proposte, queste distanze potrebbero invece rivelarsi molto maggiori nella fase di definizione quantitativa degli impegni da sottoscrivere. (4) Ci si riferisce all’allegato A del documento contrassegnato con la sigla Job(03)/150/Rev.2, ossia la bozza di Dichiarazione finale di Derbez del 13 settembre. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 145 Molto più problematica è l’area riguardante la riduzione del sostegno interno, dove il principale oggetto del contendere è la scatola verde, che il G22 vorrebbe vedere progressivamente ridimensionata e che Usa e Ue vorrebbero lasciare totalmente al riparo da qualunque impegno di riduzione. Su questo versante, il documento del 13 settembre non fa molta strada, limitandosi a dichiarare - sia pure con più convinzione rispetto a quanto fatto nella bozza iniziale di Perez del Castillo che i criteri di ammissibilità alla scatola verde devono essere rinegoziati, con l’esplicito obiettivo di assicurare che in essa ricadano solo misure che non hanno effetti distorsivi significativi sulla produzione e sul commercio. Vi sono, tuttavia, due importanti novità, che vanno nella direzione delle richieste espresse dai Pvs. La prima è l’inserimento di un vincolo sul sostegno specifico erogato a ciascun prodotto, che si aggiungerebbe a quello tradizionalmente imposto in termini di riduzione della Misura aggregata del sostegno: in particolare, si propone di imporre come tetto al sostegno specifico a favore di ciascun prodotto l’ammontare medio esistente in un periodo da negoziare. Si tratta di un impegno che potrebbe rivelarsi relativamente poco vincolante, a seconda del periodo di riferimento scelto, ma che introdurrebbe comunque un’innovazione di metodo importante, in quanto si ridurrebbero notevolmente, almeno in prospettiva, i margini di manovra consentiti da una misurazione (e una riduzione) del sostegno a livello aggregato. La seconda apertura nei confronti delle richieste dei Pvs riguarda l’indicazione di un vincolo di riduzione del sostegno complessivamente erogato da un paese attraverso la scatola gialla, la scatola blu e la clausola de minimis (escludendo, quindi, la sola scatola verde). Tale ammontare complessivo, si dice testualmente «dovrà essere ridotto in misura pari ad almeno il (…)%, comprensivo di una riduzione iniziale pari al (…)% nel primo anno d’implementazione». Si accetta, quindi, l’idea, a suo tempo proposta dal Gruppo di Cairns, del cosiddetto downpayment, vale a dire di un sostanzioso “acconto” sulla riduzione del sostegno da applicare subito. Venendo, infine, alla disciplina delle esportazioni sussidiate, la proposta del 13 settembre non va molto oltre quanto già messo sul tavolo dal compromesso di Perez del Castillo, a meno di modifiche di poca sostanza. In particolare, la completa eliminazione dei sussidi (e dei crediti) all’esportazione entro una data da stabilirsi continua a essere limitata ad una lista di prodotti, da definire, di particolare interesse per il Pvs 5. Al contrario, rimane ancora da negoziare l’eventuale indicazione di una da(5) Poiché gli interessi dei singoli paesi per quanto riguarda la scelta dei prodotti ben difficilmente risulteranno convergenti, a voler essere maliziosi si potrebbe pensare che questa proposta ha anche l’obiettivo di seminare qualche divisione nel fronte dei Pvs. 146 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun ta entro cui pervenire alla eliminazione generalizzata, per tutti i prodotti, dei sussidi e dei crediti all’esportazione. Anche sul versante delle esportazioni sussidiate la distanza da colmare non sembra insormontabile. Per quanto riguarda l’Ue, l’avvicinamento dei prezzi interni a quelli del mercato mondiale, negli ultimi anni, ha già reso il ricorso ai sussidi all’esportazione uno strumento meno rilevante di quanto esso fosse in passato. Inoltre, negoziando opportunamente la lista dei prodotti soggetti alla totale eliminazione dei sussidi in tempi rapidi, e assicurandosi che la riduzione dei rimanenti sia sufficientemente graduale, non dovrebbe essere impossibile pervenire ad un accordo tale da non costituire una minaccia seria per la gestione della Pac, almeno nel medio periodo. Come si diceva, dunque, i problemi sembrano stare soprattutto nell’area del sostegno interno, dove effettivamente la richiesta di sottoporre a riduzione anche le misure della scatola verde è difficilmente accettabile, viste le conseguenze devastanti che essa avrebbe sull’assetto delle politiche agricole degli Usa e dell’Ue. In particolare, guardando alla posizione dell’Ue, un vincolo di riduzione delle misure della scatola verde avrebbe effetti dirompenti sulla Pac, anche sulla Pac appena riformata, vanificando il lungo cammino verso il “disaccoppiamento” del sostegno intrapreso nel lontano 1992, con la riforma Mac Sharry e culminato con le decisioni del giugno 2003. È impensabile che l’Ue possa accettare di prendere in considerazione un negoziato su questo punto, ma è anche ragionevole supporre che la richiesta dei Pvs di riduzione della scatola verde sia una sorta di “provocazione” di tipo tattico, che gli stessi Pvs potrebbero essere pronti a ritirare se trovassero sufficiente soddisfazione sull’impianto (e sui “numeri”) degli accordi riguardanti le aree dell’accesso al mercato, della riduzione delle esportazioni sussidiate e del trattamento speciale e differenziato. D’altra parte, qualche margine di trattativa potrebbe anche esistere per quanto riguarda la (ri)definizione di quali debbano essere i criteri in base ai quali una data politica sia considerata legittimamente poco o nulla distorsiva e, dunque, ammissibile nella scatola verde. 4. LE PROSPETTIVE DOPO CANCUN Che succederà ora? È irrealistico ipotizzare una chiusura del negoziato nei tempi previsti da Doha, vale a dire per la fine del 2004. Anche se davvero si riprendesse a trattare seriamente a Ginevra entro il 15 dicembre prossimo, come auspicato nella Dichiarazione finale di Cancun, non ci sarebbe comunque il tempo e, soprattutto, lo spazio politico Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 147 per finalizzare tutto durante il 2004, anche perché sono in programma scadenze elettorali in tre paesi chiave come Usa, India e Francia. Dunque, ammesso che il negoziato multilaterale riprenda, la data di chiusura più plausibile a cui puntare è ora la fine del 2006, vale a dire subito prima della scadenza del cosiddetto fast track statunitense, ossia del mandato a negoziare con pieni poteri, conferito dal Congresso Usa al proprio presidente, in base al quale il Congresso stesso si impegna successivamente a ratificare (o respingere) gli accordi sottoscritti nel loro insieme, senza possibilità di richiedere modifiche su punti specifici. Uno slittamento di due anni rispetto alla scadenza originariamente prevista non sarebbe di per sé un evento drammatico, e risulterebbe peraltro coerente con quanto è sempre successo nei round precedenti. In questo senso alcuni commentatori, soprattutto quelli che partecipano ai negoziati multilaterali e ne conoscono la complessa liturgia (si vedano, a questo proposito, alcuni degli interventi al Forum pubblicato nel seguito), invitano a non drammatizzare la situazione e si dichiarano fiduciosi in una pronta e proficua ripresa delle trattative. È però possibile una lettura meno ottimistica dell’esito della Conferenza di Cancun. Tale lettura pone l’enfasi sul fatto che se i fallimenti delle conferenze non vanno drammatizzati, non possono neanche essere ignorati, soprattutto se si ripetono con una qualche regolarità. Dopo Seattle si parlò di un “incidente di percorso”, ma guardando agli esiti delle ultime tre conferenze l’eccezione sembra essere, piuttosto, l’accordo raggiunto a Doha, così come del tutto eccezionali (e, si spera, irripetibili) furono le condizioni politiche in cui si svolse quella conferenza. D’altra parte, se si arrivasse alla conclusione che la Wto nella sua attuale composizione e sulla base delle regole esistenti è strutturalmente incapace di gestire un ventaglio di trattative così ampio come quello previsto dalla Dda, le alternative possibili sarebbero sostanzialmente tre: cambiare le regole, cambiare l’agenda o cambiare la composizione dei partecipanti al negoziato. Il cambiamento delle regole è un tema di cui si è parlato sin dalla Conferenza di Seattle. In particolare, bisognerebbe sdrammatizzare il ruolo delle Conferenze ministeriali come eventi fatidici e onnicomprensivi, per farle diventare sessioni plenarie di dibattito, in cui raccogliere impulsi, determinare l’agenda dei lavori futuri e ratificare accordi già di fatto preparati, non necessariamente tutti insieme, attraverso un paziente e quotidiano lavoro scandito da precise scadenze intermedie. È difficile, però, immaginare come ciò possa avvenire in un futuro più o meno prossimo, e come si possa costruire il consenso necessario per cambiare le “regole del gioco”, visto che non si riesce a trovare l’accordo neanche su questioni assai meno rilevanti. 148 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun La ridefinizione delle competenze della Wto appare, invece, una strada più percorribile e, in un certo senso, già imboccata. In fondo, l’opposizione al lancio di nuovi negoziati è stata giustificata anche con la necessità di non espandere ulteriormente il campo d’azione della Wto, e sempre più spesso si sentono richiami alla necessità che questa istituzione torni ad occuparsi solo ed esclusivamente delle politiche commerciali. Tuttavia, l’opzione più probabile, e forse anche più pericolosa, è quella che prevede una ridefinizione degli attori che partecipano alle trattative commerciali. Ciò potrebbe avvenire in primo luogo riesumando un’impostazione “plurilaterale” già utilizzata nell’ambito del Gatt. In occasione del Tokyo round, infatti, su una serie di temi si arrivò a degli accordi (i “codici”) che si applicavano solamente nell’ambito dei paesi firmatari. Nell’ambito della Dda, in più di un’occasione si è fatta balenare la possibilità di rispolverare l’approccio “per codici”, consentendo che determinati accordi (sui temi di Singapore o sulle denominazioni di origine, ad esempio) siano vincolanti solamente per quei paesi che decidono di accettarli. Una seconda possibilità, temuta o minacciata da molti all’indomani del fallimento di Cancun, è rappresentata dalla diffusione/ampliamento degli accordi di liberalizzazione di tipo regionale e/o bilaterale. Questo scenario è particolarmente preoccupante per i Pvs, giacché è facile ipotizzare che tali accordi sarebbero incentrati sulla capacità di attrazione commerciale delle economie maggiormente sviluppate, vale a dire Usa, Ue e Giappone. Gli Usa, ad esempio, hanno dichiarato che la liberalizzazione commerciale verrà conseguita “in un modo (multilaterale) o nell’altro (bilaterale/regionale)”, e si sono lamentati del comportamento degli otto paesi latinoamericani che avevano aderito al G22: le loro pressioni hanno già ottenuto il risultato di convincere alcuni governi (Perù, Colombia, Salvador) a cambiare la propria posizione e ad uscire dal gruppo. Venendo, in conclusione, alle questioni che interessano più da vicino le trattative agricole, l’elemento più importante a breve termine è rappresentato dalla scadenza della cosiddetta “clausola di pace” prevista dal vecchio Accordo agricolo dell’Uruguay round. All’inizio del 2004 diventeranno quindi contestabili in sede Wto una serie di misure (per esempio i sussidi alle esportazioni) che erano invece consentite in base al vecchio Accordo agricolo dell’Uruguay round, anche se soggette a vincoli. In linea di principio, l’Ue potrebbe essere sommersa da una valanga di dispute, ma un simile atteggiamento conflittuale, radicalizzando le posizioni in campo, ben difficilmente rappresenterebbe una “scorciatoia” per raggiungere un accordo. Piuttosto è probabile che i Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 149 paesi interessati ad una riforma di alcuni meccanismi della Pac utilizzeranno la possibilità di mettere sotto accusa l’Ue come strumento di pressione per ottenere concessioni più ampie e più rapide sul tavolo negoziale. D’altra parte, ci si può chiedere quale potrà essere l’effetto del fallimento di Cancun sul processo di riforma della politica agricola europea, avviato con le decisioni del Consiglio nel giugno 2003, e sul dibattito interno all’Ue associato all’avvio della sua applicazione. Tecnicamente, a breve termine l’effetto è nullo, giacché la nuova Pac, ovviamente molto più della vecchia, rispetta le regole sancite dall’Accordo agricolo dell’Uruguay round del 1994. Politicamente, invece, l’effetto potrebbe essere pessimo, perché rinforza i difensori dello status quo, che non perderanno occasione per sottolineare l’inutilità della riforma fatta a giugno scorso e per sfruttare ogni possibilità di attenuarne la portata innovativa (come se la riforma della Pac fosse stata fatta solo per compiacere la Wto e non per tentare di rimettere in carreggiata una politica obsoleta). Proprio per questo, il fallimento di Cancun impone di continuare a lavorare seriamente al completamento della riforma, trattando parallelamente, alla ripresa dei negoziati Wto nella sede di Ginevra, la sua piena accettazione a livello internazionale. Ciò consentirebbe di raggiungere un quadro di certezze di lungo periodo per gli agricoltori europei, come risultato dell’effetto combinato di una buona riforma della Pac (che, in parte, c’è già stata) e di un accordo in seno alla Wto che, invece, dopo Cancun, sembra ancora lontano da raggiungere. 150 Capitolo 6 - La Conferenza di Cancun FORUM I negoziati Wto dopo Cancun Il 23 settembre 2003 si è svolto a Roma, nella sede della Confederazione nazionale Coldiretti, Palazzo Rospigliosi, un Forum sul tema I negoziati Wto dopo Cancun. Il Forum, al quale hanno partecipato numerosi ospiti e che è stato arricchito da un interessante dibattito, si è tenuto in presenza del segretario generale della Coldiretti Franco Pasquali e del presidente della Coldiretti Paolo Bedoni, che hanno, rispettivamente, aperto e chiuso i lavori. Al Forum, moderato dal professor Fabrizio De Filippis (Università degli Studi “Roma Tre”), sono intervenuti come relatori: - il ministro Giulio Tonini (rappresentante permanente aggiunto per l’Italia presso l’Omc a Ginevra); - il dottor Amedeo Teti (direttore generale del Ministero delle attività produttive); - il professor Paolo Guerrieri (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”); - il professor Giovanni Anania (Università degli Studi della Calabria) - il professor Paolo De Castro (presidente di Nomisma). Nel corso del dibattito si sono avuti interventi del dottor Valerio Poi (vicepresidente di Federagricole-Confcooperative), del professor Secondo Tarditi (Università degli Studi di Siena), del professor Franco Sotte (Università degli Studi di Ancona), del professor Corrado Giacomini (Università degli Studi di Parma), della professoressa Flaminia Ventura (Segreteria tecnica del Mipaf). Si presenta, di seguito, una sintesi degli interventi dei relatori. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 151 Fabrizio De Filippis Quando è stato convocato questo incontro, cioè prima della Conferenza di Cancun, gli obbiettivi - e la speranza - erano di commentare e interpretare i passi avanti fatti dal negoziato multilaterale all’interno della Wto, e di stilare un’agenda di lavori per i successivi approfondimenti. Ci troviamo, invece, a dover commentare lo stallo delle trattative registrato a Cancun: quello che i più pessimisti leggono come un vero e proprio fallimento e che, i più ottimisti, pensano sia solo una battuta d’arresto, più o meno fisiologica nella liturgia della Wto, che non necessariamente comprometterà l’esito finale di un negoziato destinato comunque a continuare. L’occasione, in ogni caso, è particolarmente propizia per avviare una riflessione interessante, anche per la presenza di un panel di esperti di tutto rilievo, con competenze interdisciplinari che non si limitano alla sola sfera agricola. In una materia come quella che qui trattiamo, infatti, l’approccio interdisciplinare è un ingrediente fondamentale perché, come l’andamento della Conferenza di Cancun ha ancora una volta dimostrato, l’agricoltura è una parte importante, ma solo una parte dei complessi negoziati multilaterali. Per capire meglio che cosa succede nel negoziato sull’agricoltura, è dunque indispensabile riflettere a tutto campo sul negoziato nella sua complessità e globalità. In questo incontro vorremmo tentare di dare risposta a due ordini di quesiti: da una parte, capire cosa è successo a Cancun e perché è successo. Dall’altra, riflettere sul dopo-Cancun; su quali siano le prospettive a breve e lungo termine e su cosa si possa fare, come si possa lavorare, su tutti i tavoli, sia a livello internazionale che nazionale, per fare in modo che le cose vadano nel verso giusto. Per quanto riguarda il primo ordine di quesiti, sull’interpretazione di quanto è successo, è interessante capire quale sia stato il ruolo dei diversi attori e i risultati che ciascuno di essi ha portato a casa. Iniziando dalla grande novità costituita dal G22 - il gruppo di paesi in via di sviluppo più forti, capeggiato da Brasile, Cina e India - non c’è dubbio che essi portano a casa una vittoria, anche se si tratta di una vittoria con forti connotati di ambiguità: importantissima sul piano politico e mediatico, ma tutta da spendere e da verificare sul piano dei concreti vantaggi che essa potrà portare a questi paesi nel prosieguo delle trattative commerciali. I Paesi in via di sviluppo più poveri, soprattutto africani, che non fanno parte del G22, nelle interpretazioni circolate subito dopo la Conferenza di Cancun, sono stati indicati come quelli che dal fallimento della conferenza avrebbero perso di più. Questo è vero, specie se si pensa al secco rifiuto che è stato opposto ad alcune loro richieste, come nel caso del co- 152 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun tone, ma è anche vero che il gruppo dei paesi più poveri, appena prima di Cancun, aveva ottenuto un’apertura importantissima sul versante della liberalizzazione dei farmaci generici salvavita. Inoltre, bisogna anche vedere fino a che punto i paesi più poveri siano davvero interessati a una liberalizzazione multilaterale e generalizzata del commercio agricolo, che pure comporterebbe l’erosione delle loro preferenze commerciali. Gli Stati Uniti, dal canto loro, sono stati molto passivi, estremamente passivi, ribaltando un’abitudine che li aveva visti sempre esercitare una forte azione di leadership nei negoziati multilaterali; una passività quasi sospetta, tanto da far pensare che essi siano stati, almeno indirettamente, i registi occulti del fallimento di Cancun. Certamente questa è una visione estremizzata, tuttavia non c’è dubbio che la delegazione Usa torna a casa potendo raccontare al proprio Presidente che la sua imminente campagna elettorale non sarà intralciata dalla complicazione di dover chiudere il negoziato Wto - cosa che secondo l’agenda sarebbe dovuta avvenire a fine 2004 - e che potrà, a maggior ragione, continuare ad alimentare la propria attitudine a fare accordi bilaterali, più che multilaterali. Al contrario, l’Unione Europea, almeno apparentemente, registra il risultato peggiore, in cui è difficile trovare aspetti positivi. L’Unione Europea è andata a Cancun con una riforma della propria politica agricola che una volta tanto le consentiva di concedere molto, abbandonando la scomoda posizione difensiva che l’aveva sempre caratterizzata nelle precedenti tornate negoziali. Non ha speso bene questa possibilità: ha forse insistito troppo sui temi di Singapore, che si sono rivelati una trappola, neanche è arrivata a scoprire le carte dei propri interlocutori sulla questione agricola, e torna a casa un po’ ingiustamente accomunata agli USA nel ruolo di potenza “cattiva”. In questo quadro, mi sembra interessante proporre ai relatori il seguente gruppo di quesiti, chiedendo a ciascuno di rispondere a seconda delle proprie competenze e sensibilità: - Quale è stato il ruolo dei diversi attori, e come si possono valutare i risultati che hanno ottenuto? - Che cosa significa il fallimento della conferenza di Cancun per il futuro? È un colpo mortale all’intero sistema multilaterale della Wto o solo una battuta d’arresto poco più che fisiologica? - È opportuno conservare lo stile negoziale della Wto, basato sui mega-round e incentrato sulle conferenze biennali che finiscono per diventare eventi fatidici, o si può pensare a qualche riforma? - Quali possono essere gli effetti della battuta di arresto del negoziato sulle questioni agricole, sia in riferimento alla spada di Damocle costituita dalla scadenza della clausola di pace, sia in relazione al dibattito interno sul completamento della Politica agricola comunitaria? Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 153 Giulio Tonini Per comprendere quello che è successo a Cancun occorre avere ben chiaro come funziona un round negoziale in sede Wto. Tutti sappiamo come funziona un Consiglio agricolo a Bruxelles nell’ambito dell’Unione Europea, basato sulle regole comunitarie e, nel caso particolare dell’agricoltura, sulla regola della maggioranza qualificata. Purtroppo, in ambito Wto, si negozia sulla base della cosiddetta “regola del consenso”, una cosa di non facile definizione che, tuttavia, non va intesa come l’unanimità. È qualcosa di meno e di più, che il presidente del Consiglio dell’Omc percepisce e in qualche modo estrapola dalle discussioni e dalle negoziazioni. È un sistema per arrivare a una decisione che si possa definire “sufficientemente unanime”, a prescindere dal fatto che tutti siano presenti e che tutti siano veramente così convinti della bontà di ciò che si approva. Tutto questo per dire che le difficoltà che si riscontrano in un Consiglio agricolo comunitario vanno elevate al quadrato quando si tratta di raggiungere il consenso in sede Wto. A ciò si aggiunge che i negoziati multilaterali non sono mai fatti materia per materia. Perché sarebbe impossibile trovare l’unanimità in ciascuno dei settori del negoziato, e ognuno di essi preso a se stante sarebbe fatalmente destinato ad arenarsi, proprio a causa della regola del consenso. L’esperienza insegna che nel giro di un anno tutti i gruppi negoziali comunque si bloccano. Questo è il motivo per cui si fa ricorso al sistema del “round onnicomprensivo”, che è fatto apposta per utilizzare tempi molto lunghi e per arrivare gradualmente a disegnare delle vere e proprie carte topografiche dei diversi interessi che i paesi partecipanti hanno sui temi negoziali. Com’è ovvio, più sono i paesi che partecipano, maggiori sono le difficoltà di arrivare al consenso. La Wto ha iniziato con 80 Stati membri, il Gatt ne aveva, negli anni precedenti, una quarantina, e adesso siamo a 148 Stati membri; e ognuno di essi, anche il più piccolo, in teoria può bloccare una decisione, nella stessa misura in cui può farlo l’Unione Europea, che è la più grossa realtà commerciale, ma che in sede Wto vale sempre “uno”, quanto un’isoletta del Pacifico. Come si arriva alla conclusione di un round negoziale della Wto? Ci si arriva dopo molto tempo. Tutti i precedenti round non sono mai durati meno di 6 anni e l’ultimo, l’Uruguay round, è durato 8 anni. Naturalmente, sulla base di una comprensibile regola generale della diplomazia multilaterale, più cose si mettono in un compromesso globale, più probabilità si ha di arrivare prima o poi ad un consenso globale. Storicamente, partendo dai negoziati puramente tariffari del vecchio Gatt si è andati avanti, di settore in settore. Lungo la strada si sono ag- 154 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun giunti l’agricoltura, i servizi - tema straordinariamente importante, che rappresenta la realtà più attuale del mondo commerciale internazionale -, i cosiddetti “temi di Singapore”, che a noi comunitari interessano in modo particolare. Chi a suo tempo negoziò per l’Unione Europea a Singapore (la sede dove si tenne la prima conferenza ministeriale dell’Omc) si rese conto che occorreva mettere sul tavolo qualcosa in più, specie in considerazione delle concessioni che sicuramente avrebbe dovuto fare in agricoltura, e pensò che i temi di Singapore fossero una buona contropartita, su cui chiedere qualcosa in cambio. Come nascono i famosi quattro temi di Singapore? Perché fanno parte della posizione comunitaria? Perché il negoziato è fallito a Cancun proprio su questi temi? Prima di andare a Cancun, discutendo quasi in modo “accademico”, nell’ambito del Comitato 133, si ipotizzavano quattro possibili esiti della conferenza: un grande successo, ma era una eventualità puramente teorica; un grande insuccesso, tale da compromettere il round, ma anche questo sembrava improbabile; un successo medio-ambizioso e un successo medio-mediocre. Alla fine dell’estate, cioè proprio alla vigilia di Cancun, dopo che l’Unione Europea aveva in qualche modo “pagato” con la riforma della Pac e dopo che gli Stati Uniti avevano anche loro pagato con l’adesione al compromesso sul negoziato Trips sui medicinali, ci si era fatti l’idea che il risultato di Cancun potesse essere a metà strada tra il successo mediocre e il successo ambizioso. Ne è venuto fuori un qualcosa che sia la stampa internazionale sia tutti i partecipanti hanno percepito come un insuccesso, ma è bene inquadrare quanto accaduto in una prospettiva di lungo periodo, che è quella giusta quando si tratta dei negoziati dell’Omc. I negoziati dell’Omc sono negoziati “generazionali”, nella misura in cui chi inizia a negoziarli difficilmente li porta termine; e questo vale sia per i negoziatori tecnici, sia - e soprattutto - per i ministri, che danno le istruzioni. L’Uruguay round si è concluso con una Commissione europea e, soprattutto, con un’Amministrazione americana diverse da quelle che lo avevano iniziato. Questo è un bene, perché il passaggio a governi successivi in qualche modo relativizza i problemi. Col tempo, ci si rende conto che molti nodi apparentemente insolubili, su cui sembrava dovesse saltare un round, vengono ridimensionati dai governi successivi, che li giudicano meno importanti. In sostanza, per analizzare correttamente l’andamento dei negoziati multilaterali occorre una visione di lungo periodo, e noi siamo soltanto alle prime battute di questo round. Seattle è stato differente da Cancun. L’insuccesso di Seattle significò l’impossibilità di lanciare un round, come un missile mai partito. Qui, invece, abbiamo un missile già partito a Doha, al Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 155 quale, a Cancun, si doveva dare un’ulteriore spinta propulsiva, per fare partire il secondo stadio. Questa spinta non c’è stata, ma ciò non toglie che il missile stia ancora per aria, e che tutti i meccanismi e le procedure negoziali del round siano in funzione. La vera ed effettiva causa dello stallo attuale - e non parlo, volutamente, di “fallimento” perché non lo considero tale - è che esiste una relazione ancora mal definita fra i tre grandi protagonisti di questi negoziati, che sono e rimangono l’Unione Europea, gli Stati Uniti e i Paesi in via di sviluppo. Vediamo perché questa relazione è mal definita. Incominciamo dai Paesi in via di sviluppo che, come è noto, non sono una realtà definibile in maniera unitaria. I Paesi in via di sviluppo possono essere “categorizzati” almeno in tre grandi gruppi: vi sono i cosiddetti “Paesi in via di sviluppo” che tali vengono definiti in seno all’Omc, in mancanza di contestazione, ma che starebbero meglio in un G8, più che in un G22. Mi riferisco al Brasile, alla Cina, all’India, ovvero a paesi dalla forte realtà competitiva e commerciale. C’è poi una fascia intermedia, nella quale si collocano le cosiddette “piccole economie in via di sviluppo”, che sono ugualmente importanti e interessate solo ad alcuni temi specifici, cioè al trattamento speciale e differenziato e alle modalità d’implementazione degli accordi, affinché all’interno dell’Omc si crei una sorta di geometria variabile: una Omc a velocità minore, per loro, e maggiore, con maggiori impegni di liberalizzazione, per i paesi industrializzati. Infine, ci sono i Paesi meno avanzati, soprattutto quelli africani, che sono stati definiti le vere vittime di Cancun. Questi paesi erano andati a Cancun con una buona strategia unitaria, impostata sull’iniziativa per il cotone, ma purtroppo non hanno avuto soddisfazione e continuano ad essere quelli che dall’Omc traggono i minori vantaggi, pur subendone tutte le imposizioni. In effetti, rispetto a tante altre organizzazioni internazionali, l’Omc è un’organizzazione che morde, che può far male. Molti paesi ne sono ancora fuori, alcuni molto importanti, e premono per entrarci, perché l’adesione alla Omc conferisce uno status particolare, che dà soddisfazione sotto il profilo internazionale, ma dà anche impegni spesso difficili da rispettare. Non rispettare questi impegni significa poi, sulla base di un procedimento di tipo giurisdizionale - al termine di una procedura di panel e di appello relativamente complessa - subire sanzioni commerciali che, appunto, possono far male. Tornando ai Paesi in via di sviluppo, come gruppo, essi hanno interessi molto differenziati e per giunta, in questo momento, sono guidati da paesi leader che hanno interessi assimilabili, sotto il profilo economico, a quelli dei paesi industrializzati. Venendo poi al rapporto tra i Paesi in via di sviluppo, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, non c’è dubbio che si tratta di un rapporto e- 156 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun stremamente delicato. Il Gatt, in passato, si era basato sul raggiungimento di un’intesa tra Cee e Stati Uniti, da imporre successivamente agli altri paesi. Oggi, tale sistema non funziona più ed è stata questa la vera crisi di Cancun. L’idea d’imporre un accordo euro-americano agli altri si è rivelata subito, fin dalle prime ore, impossibile. Gli altri - cioè il G22 - hanno chiesto ulteriori concessioni, che sicuramente gli Stati Uniti non erano in grado di dare, specie considerando che essi sono alla vigilia della campagna elettorale per la presidenza. Si è detto che da parte dell’Unione Europea vi fosse la disponibilità ad affrontare i sacrifici che sarebbero stati imposti dalle concessioni richieste dai Pvs, cosa certamente vera per quanto riguarda i temi di Singapore, visto che aveva già rinunciato a due dei quattro temi. Tuttavia, è bene ricordare che si raggiunge un accordo in ambito Omc quando l’interesse ad arrivare all’accordo è non solo evidente ma anche superiore all’interesse a non avere l’accordo. È mancata, forse, la volontà di fare il salto oltre l’ostacolo. Adesso si riparte, ma non da zero. Già in ottobre abbiamo tre riunioni negoziali. Saranno, probabilmente, riunioni complicate, in cui si dovrà decidere come e da dove partire. Non si parte da zero perché i ministri, pur stupiti dalla chiusura repentina della Conferenza, hanno fatto in tempo ad approvare delle conclusioni in cui si dice che bisogna tenere conto di tutto il lavoro fatto sino a Cancun nella successiva fase dei negoziati. La tappa seguente è una mini-ministeriale, cioè una riunione del Consiglio dell’Omc a livello di alti funzionari. In ogni caso, l’agenda di Doha rimane in piedi. Quello che è successo a Cancun non influisce, almeno sul piano puramente tecnico e procedurale. Altra cosa è, ovviamente, la dimensione politica, e su questo terreno quanto accaduto a Cancun non è certo irrilevante. Tuttavia, insisto, sul piano procedurale tutto riprende come se Cancun non ci fosse stata. Vi era un programma di riunioni dei gruppi negoziali speciali, che hanno una loro procedura e dei loro presidenti, e tutto rimarrà invariato, come in un orologio meccanico che continua a funzionare in tutti i suoi ingranaggi. I prossimi appuntamenti sono quelli già citati del mese di ottobre per tre settori chiave: l’agricoltura, i prodotti industriali e i servizi, vale a dire quelli che costituiscono il nucleo centrale del negoziato. Cosa succederà in questi gruppi? È chiaro che il primo dibattito dovrà definire da dove si ricomincia. Si potrebbe decidere di ripartire dal mandato di Doha, ma non sarebbe corretto, perché da Doha sino a Cancun vi è stata una serie di lavori che, se ad un osservatore esterno possono sembrare quasi irrilevanti, rappresentano invece dei movimenti che nell’ambito delle procedure Wto hanno il loro significato. Non mi stancherò di ripetere, infatti, che l’orizzonte temporale dei ne- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 157 goziati Omc è sicuramente di lungo periodo, non di medio, non di breve; e il lungo periodo è un ingrediente necessario, per le considerazioni fatte prima. Vorrei portare un esempio classico: la questione delle indicazioni geografiche. Quando il tema fu posto, dall’Italia, a Seattle, esso venne interpretato in maniera molto minimalista. A poco a poco, in tutti questi anni l’Italia è riuscita a conferirgli la dovuta importanza e ad imporlo, anche con un sano lavoro di lobbying, come tema comunitario. Abbiamo delle conclusioni del Consiglio che vincolano la Commissione a negoziare sino all’ultimo respiro su questo tema. Tutto ciò l’abbiamo verificato a Cancun, dove la Commissione ha difeso il tema delle indicazioni geografiche dall’attacco di una coalizione trasversale contro la quale l’Unione Europea può trovare alleati anche nei Paesi in via di sviluppo. Tale risultato è il frutto di un lavoro lungo, non saremmo mai riusciti ad imporre questo tema nell’arco del breve periodo. Non saremmo e non siamo riusciti ad imporlo a Seattle, ma siamo riusciti ad inserirlo quasi due anni dopo, sia pure con molta delicatezza, quasi in trasparenza, in uno dei paragrafi del mandato di Doha. Siamo riusciti a Cancun a mantenerlo in perfetto stato. Anche su questo, nel momento in cui riprenderanno i negoziati, non ripartiremo da zero. Amedeo Teti Concordo pienamente con una visione che individua gli attori importanti del negoziato Wto nell’Unione Europea, negli Stati Uniti e nei Paesi in via di sviluppo. Ma è proprio su quest’ultimo gruppo di paesi che la nostra lente d’ingrandimento deve soffermarsi. Innanzitutto, abbiamo visto questo nuovo schieramento presentarsi a Cancun con delle vesti nuove: ne sono un esempio il cosiddetto “gruppo G22” oppure lo schieramento africano sul cotone. È bene anche precisare che lo schieramento del G22 riguardava tutte le materie del round, ma era focalizzato soltanto sul tema agricolo. Si tratta di un aspetto importante, perché c’è innanzitutto da chiedersi se il G22 rimarrà uno schieramento limitato a questo tema, oppure se troverà le sinergie per irradiarsi a tutto il resto dell’agenda negoziale. Com’è noto il tema dell’agricoltura è uno dei più importanti, un aspetto cruciale del negoziato Wto, ma è pur sempre uno dei molti temi. C’è ne sono circa una ventina sul tavolo, di cui tre fondamentali: l’agricoltura, i servizi e le tariffe sulle importazioni dei prodotti industriali. È difficile capire come si evolveranno i futuri scenari. È certo però che questo stallo, se da una parte porterà indubbiamente dei problemi, dall’altra potrà dare anche delle utili indicazioni per il futuro. Ad esempio, un elemento positivo che potrebbe derivarne, poiché in defini- 158 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun tiva non tutto il male viene per nuocere, sarebbe che il tempo guadagnato potrebbe dimostrarsi utile a noi europei per spiegare meglio agli altri interlocutori i benefici veri della riforma della Pac, decisa dall’Unione Europea nel giugno scorso a Lussemburgo. Una cosa che ho constatato sul campo, e non so se gli amici che erano a Cancun possono condividerla, è che c’era un’ignoranza totale, generalizzata, specialmente tra i Paesi in via di sviluppo, sui potenziali, enormi benefici che questa riforma può dare, non solo nell’ambito del round di negoziati sul commercio, ma nell’ambito dello sviluppo agricolo mondiale. A questo proposito, vorrei soffermarmi su un dettaglio che mi è stato raccontato da un testimone a Cancun: durante la conferenza Wto si è svolta, parallelamente, la conferenza interparlamentare; ossia una conferenza che riunisce i parlamentari di tutto il mondo, i quali anch’essi erano a Cancun e dibattevano sui temi Wto. Molti parlamentari, all’inizio di questa riunione, hanno espresso una serie di proclami contro l’Unione Europea e contro il fatto che la politica agricola comunitaria fosse ancora in posizione difensiva, fosse ancora una politica di sussidio alla produzione e di sostegno dei prezzi ai propri contadini. È intervenuto Lamy, il commissario europeo per il commercio internazionale, il quale ha spiegato alla platea quale fosse il reale significato della recente riforma della Pac, sia all’interno dell’Europa sia all’interno della Wto. A quel punto, lo scenario è completamente mutato. Tra quei parlamentari molti hanno cambiato atteggiamento e hanno rivolto segnali positivi, dicendo che si trattava di una riforma intelligente, interessante e che bisognava riflettere ancora di più. Questo sta a significare, a mio avviso, che la riforma della Pac è stata sicuramente una cosa buona, ma che non è stata bene assimilata, in quanto troppo tardiva rispetto alla scadenza di Cancun. Ciò non rappresenta, ovviamente, una colpa dell’Unione Europea, ma sta di fatto che c’è stato troppo poco tempo per potere spiegare bene la riforma della Pac ai nostri interlocutori. Questa battuta d’arresto dei negoziati ci darà la possibilità di essere più incisivi e di illustrare meglio le grandi potenzialità della nuova politica agricola europea. Un’altra conseguenza di segno positivo che potrebbe derivare dallo stallo registrato a Cancun, riguarda un’importante questione che dobbiamo essere capaci di spiegare con maggior chiarezza ai nostri partner dell’Omc: vale a dire, la necessità di tutelare adeguatamente le indicazioni geografiche. Si tratta di un tema sul quale l’ignoranza dei nostri partner è addirittura abissale. Forse è un’ignoranza, per così dire, sospetta, in quanto è alimentata dalla presenza di paesi che non hanno alcun interesse ad affrontare tale materia in sede Wto. Tuttavia per noi, soprattutto per noi italiani, è cruciale: in assenza di questa tu- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 159 tela, l’Italia sconta una perdita di un fattore di competitività del proprio sistema produttivo e commerciale. Se è vero che la nostra competitività nasce dalla complementarietà della nostra economia, quest’ultima, specialmente in campo agricolo e agroalimentare, può proliferare solo con la rigorosa tutela di quelle regole di proprietà intellettuale che sono le indicazioni geografiche. Per concludere, vorrei sottolineare ancora una volta che nello stallo di Cancun si possono individuare aspetti abbastanza positivi, che ci possono aiutare a guadagnare tempo e a rendere più convincenti le nostre posizioni. Dove, invece, non si guadagna tempo è sulla questione della clausola di pace. Non c’è dubbio, infatti, che si tratta di una vera e propria mina vagante, che potrebbe condizionare il futuro dei negoziati in misura significativa. Alla scadenza della clausola, i paesi che si sentissero danneggiati potranno fare ricorso contro i sussidi e le distorsioni del mercato generati dalle misure di politica agricola e commerciale, anche quelle consentite dall’accordo dell’Uruguay round. Quindi l’Unione Europea è sicuramente sotto tiro, come lo sono gli Stati Uniti e altri Paesi che sostengono di più la propria agricoltura. Sarà comunque un effetto multilaterale e, dalla portata di queste azioni, capiremo non solo di che morte morrà il round, ma anche se il sistema multilaterale è destinato a modificarsi nel futuro. Per quanto riguarda la riforma della Wto, è evidente che il sistema ha dei problemi strutturali che impediscono di prendere decisioni in modo chiaro, veloce, efficace ed efficiente. Probabilmente, nel prossimo futuro ci saranno sul tavolo parecchie proposte al riguardo, ma è molto difficile che possano essere varate, dal momento che, come è stato efficacemente detto, vanno decise con la procedura del consenso. La politica dell’Unione Europea all’interno della Wto è molto offensiva su quasi tutti i temi, ma purtroppo, almeno tradizionalmente, difensiva sul tema agricolo. È a causa di questo squilibrio che l’Unione Europea non riesce ancora ad avere una sua leadership forte. Personalmente ritengo che la sua posizione debba in qualche modo evolversi, per trovare un equilibrio offensivo anche in agricoltura. Per questo bisognerà riflettere sulla futura politica dell’Unione Europea e sulle future proposte che essa porterà al vaglio della Wto, specialmente sui temi del sostegno all’esportazione. In ogni caso, ritengo che per il momento la tattica negoziale non cambierà. C’è stato, forse, un po’ troppo ottimismo nell’approccio a Cancun. C’è stato questo accordo con gli Stati Uniti, proprio alla vigilia della conferenza, che sembrava risolutivo per il buon esito del round ed è stato invece una specie di autogol. Tuttavia, a questo proposito va ricordato che erano stati proprio i Paesi in via di sviluppo, in occasione della mini-ministeriale di Montreal, alla fine di 160 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun luglio, a chiedere esplicitamente a Stati Uniti e Unione Europea di fare qualche passo per smuovere i negoziati. Vista così, col senno di poi, si può affermare che questa richiesta potrebbe essere stata anche una sorta di trappola, ma è certamente difficile dare una valutazione obiettiva. Paolo Guerrieri Cosa è successo a Cancun? Personalmente condivido la lettura di una battuta d’arresto dei negoziati commerciali multilaterali, escludo quindi, quegli scenari apocalittici che prevedono addirittura la fine dell’Organizzazione mondiale del commercio. Tuttavia, il fallimento di Cancun è un segnale serio che sarebbe molto grave sottovalutare e non raccogliere poiché non si tratta solo di un incidente di percorso. Come si può sintetizzare il fallimento? Paradossalmente, credo si possa dire che sia stato fatto di tutto per arrivare a un fallimento, per due motivi: perché si sono lasciati trascorrere circa ventidue mesi dopo l’accordo di Doha - in cui si era promesso tantissimo, soprattutto da parte di Europa e Stati Uniti - e in questo lungo arco di tempo non si è mantenuto pressoché nulla di quello che si era promesso; inoltre, non sono state rispettate le scadenze fissate, la paralisi negoziale ha caratterizzato infatti per mesi e mesi il percorso con cui si è giunti a Cancun. Certo, c’è stato un “rinsavimento” dell’ultima ora. L’accordo Europa-Stati Uniti sull’agricoltura e l’accordo sui farmaci salvavita sono la dimostrazione che nessuno voleva veramente il fallimento a Cancun, tanto meno l’Europa e gli Stati Uniti. Questo aspetto non è stato sottolineato a sufficienza. Comunque, si è giunti ad un esito che nessuno auspicava, ma che tutti hanno contribuito, in varia misura, a determinare. Tutto ciò è preoccupante. È possibile dunque mettere in risalto il contrasto tra l’obiettivo negoziale di arrivare comunque a un accordo, anche se di basso profilo - e si era vicinissimi a farlo - e l’esito negativo della Conferenza ministeriale dell’Omc che certamente apre una fase molto complessa dei negoziati commerciali multilaterali. Naturalmente, le colpe del fallimento vanno distribuite equamente; non mi pare sensato dare una particolare responsabilità a questo o a quell’attore, ma è certo che gli effetti negativi del fallimento saranno distribuiti asimmetricamente poiché alcuni paesi ne soffriranno più di altri. L’Unione Europea, soprattutto, dovrà sobbarcarsi i maggiori costi di questo fallimento rimettendo in piedi il negoziato. Inoltre, sarà necessario fare un esame della strategia che l’Unione Europea ha tenuto a Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 161 Cancun, visto che non si è rivelata né particolarmente furba né particolarmente valida, poiché ha valorizzato poco quello che aveva da concedere, mantenendo al contempo elevatissimo il prezzo che voleva chiedere in cambio. Infatti, l’Ue non ha saputo mettere in risalto ciò che veniva offerto sul piano agricolo attraverso la riforma della Pac, continuando a pretendere l’inserimento nell’agenda dei temi di Singapore, dove incontrava una feroce opposizione da parte di un vasto ed eterogeneo numero di paesi (in via di sviluppo e sviluppati). Questa intransigenza ha rafforzato la coalizione del gruppo G22 che, se si fosse dovuto confrontare con un negoziato vero, probabilmente non avrebbe mantenuto la stessa compattezza. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno fatto ben poco. Si è percepita l’assenza della leadership americana. Gli Usa sono stati a guardare perché non avevano quasi nulla da concedere. C’è una scadenza elettorale il prossimo anno i cui effetti si avvertono, come sappiamo, molto prima. Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno mostrato un’estrema riluttanza a porre alcunché sul tavolo. Tuttavia erano pronti a raccogliere quello che poi sarebbe venuto, purché non fosse troppo oneroso per loro. Ciononostante, non credo che gli Usa volessero il fallimento dei negoziati, perché sia l’accordo con l’Europa sui temi agricoli, sia l’accordo sui farmaci salvavita dimostrano che in realtà si voleva arrivare, anche da parte americana, ad un esito positivo. I Paesi in via di sviluppo sono la nuova vera realtà dei negoziati commerciali multilaterali e hanno indubbiamente dimostrato di avere un potere di veto molto forte. Si tratta, tuttavia, di un potere di veto che permette di ostacolare il raggiungimento di un accordo, ma che non è in grado ancora di costruire un accordo alternativo. Un potere che è più facile da esercitare quando bisogna bloccare la trattativa, ma che è molto difficile utilizzare in senso positivo. Inoltre, le divisioni all’interno del gruppo dei G22 sono ancora enormi e, come è stato giustamente rilevato, lo sono non tanto sul tema agricolo ma sugli altri temi presenti nell’agenda di Doha. Cancun dimostra che esiste un netto cambiamento rispetto al passato, poiché i precedenti round negoziali, in sede Gatt prima e Omc poi, si sono svolti secondo uno schema molto più semplice: Europa e Stati Uniti, soprattutto gli ultimi, stabilivano la sostanza degli accordi e poi li “presentavano” al resto del mondo. Questo modello negoziale non funziona più. Non è più in grado di funzionare perché l’Omc è diventata una specie di oligopolio: ci sono le due imprese grandi, Europa e Stati Uniti, ma ci sono anche altre imprese, e almeno una di queste, il G22, è anch’essa di grandi dimensioni. Sappiamo che un mercato oligopolistico funziona se c’è una soluzione cooperativa tra le grandi im- 162 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun prese, se si bloccano i poteri di veto. Al contrario, se si mette in moto un gioco non cooperativo di azione e reazione si va alla guerra di tutti contro tutti. Questo è il vero problema che abbiamo oggi di fronte. Come si fa a favorire soluzioni cooperative in questo contesto oligopolistico? Se non si farà nulla, cioè se non si modificheranno alcuni meccanismi negoziali, forse non ci sarà da temere la fine dell’Omc, ma certo si rischia che essa diventi un’organizzazione sempre più incapace di decidere. Su questo terreno, il problema non è tanto la regola del consenso, ma come si arriva a formare il consenso. In precedenza i meccanismi per arrivare a formare il consenso funzionavano con il vecchio duopolio Usa-Ue, ma nel nuovo sistema oligopolista dell’Omc non funzionano più. È di questi meccanismi decisionali che bisogna dunque occuparsi, senza intaccare assolutamente la regola del consenso, ma cercando di convincere anche i Paesi in via di sviluppo che è nel loro interesse cercare di promuovere una riforma dell’Omc. Ci sono diverse proposte che potrebbero salvaguardare la rappresentatività e consentire di arrivare a prendere decisioni in modo più spedito. Andrebbero esaminate e valutate senza pregiudizi e soprattutto non ostacolando il rilancio del negoziato dopo Cancun. È necessario dunque, da un lato, mantenere aperto il negoziato, ma allo stesso tempo discutere soluzioni che facilitino il processo decisionale. Le conseguenze derivanti dall’indebolimento dell’Omc sono un regionalismo e/o bilateralismo basato sulla legge del più forte. Gli Stati Uniti e l’Europa le alternative ce l’hanno, non può dirsi la stessa cosa per i Paesi in via di sviluppo e per quelli meno avanzati. Quindi, la soluzione multilaterale è necessaria e importante nell’ambito delle relazioni commerciali, ma bisogna stare attenti a non sovraccaricare l’Omc di troppi compiti. L’agenda deve rimanere ampia, ma nell’ambito di temi che sono in qualche modo pertinenti al commercio. Se, al contrario pretendessimo di usare l’Omc come strumento di governo internazionale su tutti i temi, rischieremmo di addossarle compiti che non è in grado di svolgere. La tentazione è forte, ma scatenerebbe una logica perversa, perché rischierebbe di impedire all’Omc di svolgere il compito per cui è stata costituita. Un altro pericolo sembra oggi di estrema attualità: il protezionismo. Il protezionismo, infatti, può risorgere e dilagare in qualunque momento. E soprattutto nella fasi di ristagno economico. Bisogna stare attenti, ad esempio, a non presentare la liberalizzazione commerciale e il libero scambio come un lusso, o addirittura a imputare al libero scambio il problema della disoccupazione. Se si fanno affermazioni di questo genere, se si dice che il libero scambio va bene, ma che ancora Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 163 di più vanno preferiti i posti di lavoro di un paese, si dice che il libero scambio è un lusso che oggi non ci si può permettere. Noi sappiamo che non è vero. Il nostro è un paese che ha costruito sull’apertura commerciale molti dei posti di lavoro che oggi vanta. Questo, naturalmente, non significa negare che siano necessarie politiche macroeconomiche adeguate e sia necessaria la crescita. Come diceva un famoso economista di un tempo, Thomas Balogh, è la piena occupazione a creare le condizioni per il libero scambio e non viceversa. Occorre, dunque, raccogliere il segnale che viene da Cancun, perché è un segnale di disagio forte di un’organizzazione molto importante, la Wto, alla quale tutti teniamo poiché svolge un ruolo di governance fondamentale. È un segnale da non sottostimare perché, non va dimenticato, negli ultimi quattro anni abbiamo avuto due pesanti fallimenti dei negoziati commerciali: Seattle e Cancun, anche se nel mezzo c’è stata Doha. Indubbiamente a Doha c’è stato il lancio di un nuovo round, ma non vanno dimenticate le eccezionali condizioni in cui questo lancio è stato realizzato: a due mesi dall’11 di settembre. L’azione di leadership che gli Stati Uniti hanno esercitato nell’ambito del Doha round è stata in larga parte dettata da ragioni politico strategiche generali, non solo da ragioni legate alle questioni del commercio. Teniamo conto di questa prospettiva più generale per capire cosa è cambiato e come reagire. Come ho già sottolineato, è finita l’era dei Round che hanno portato a straordinari risultati grazie all’imprinting dei due grandi attori. I due “elefanti”, come vengono definiti gli Stati Uniti, innanzitutto, ma anche l’Europa, hanno svolto un grandissimo ruolo di co-leadership in molti casi. Oggi tuttavia questo non è più sufficiente. Il tema dell’agricoltura è straordinariamente esemplificativo. Infatti, è vero che a Cancun l’Europa si presentava con in tasca i risultati di una riforma della Pac che poteva essere una merce di scambio determinante per promuovere avanzamenti in sede negoziale; ma la riforma della Pac non è stata letta così dai nuovi attori di questo negoziato (G22). Solo perché questi ultimi non erano sufficientemente informati sulle riforme agricole europee? In parte è così, ma non sono affatto convinto che fosse sufficiente una migliore informazione per convincere i G22. Cosa si può fare? Si potrebbe sperare che tutto possa in qualche modo riprendere e andare avanti. La scadenza del dicembre 2004 per il Doha round, a questo punto, per unanime riconoscimento, salta; e non è una cosa di poco conto. Tuttavia, se quanto accaduto dovesse servire a capire come reimpostare un dialogo e riavviare i negoziati, ciò significa che saremo stati in grado di trarre profitto dal fallimento di Cancun. Il negoziato potrà quindi riprendere ma ci dobbiamo chiedere che cosa succederà quando arriveremo alla stretta finale. Cancun era sem- 164 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun plicemente una tappa intermedia, eppure il tavolo è saltato. Cosa accadrà quando si dovrà raggiungere un accordo definitivo? Perché si possa arrivare a una conclusione positiva direi che sono necessari due fattori: dentro l’Omc si deve riaffermare una nuova leadership forte di Europa e Stati Uniti - il che significa presumere una loro capacità di costruire il consenso anche degli altri attori, quali il G22; si devono trovare meccanismi che non esaltino i contrasti, ma che cerchino al contrario di trovare delle formule per raggiungere un consenso. Sono convinto che l’Omc debba rimanere un’organizzazione che si basa sulla regola del consenso, ma è necessario rinforzare i meccanismi per arrivare a formare questo consenso, attualmente estremamente fragili. Tra le soluzioni possibili si può pensare di eleggere un gruppo di paesi con rappresentanti a rotazione che si faccia carico di “lavorare” informalmente per istruire e raggiungere un consenso. Certo, nell’ipotesi più negativa, in cui il regime commerciale multilaterale dovesse precipitare e l’Omc perdere un suo ruolo rilevante, la conseguenza sarebbe la frammentazione del quadro complessivo internazionale. Come europei non avremmo molto guadagnare da tale frammentazione È questo, probabilmente, il rischio più serio da scongiurare. È per questo che bisogna cercare di muoversi quanto prima e con quanta più efficacia possibile. Giovanni Anania Mi soffermerò soprattutto sulle questioni agricole, cercando di ragionare su quello che è successo a Cancun e su quello che ci aspetta. A Cancun non è fallito il negoziato; è però sicuramente fallita la Conferenza ministeriale. Di per sé questo, in un negoziato multilaterale, non costituisce un evento drammatico, basti pensare ai fallimenti di Bruxelles nel 1990 nell’Uruguay round e a quello di Seattle nel 1999. Tuttavia, sarebbe un errore, un errore grave, considerare lo stop di Cancun come un fallimento analogo a quello di Bruxelles del 1990: molti sono gli elementi nuovi, e quanto è successo va analizzato con grande attenzione per riuscire a trovare le strade per arrivare ad un accordo. Il fallimento è maturato nella discussione dei cosiddetti “temi di Singapore”, sui quali i Pvs sin dall’inizio del round hanno preso una forte posizione contraria all’avvio di un negoziato. Va tuttavia ricordato che la Dichiarazione di Doha - sottoscritta, naturalmente, da tutti i paesi membri della Wto - prevedeva l’avvio, tra Doha e Cancun, di un lavoro preparatorio su questi temi, e che a Cancun si sarebbe deciso, sulla base di un “consenso esplicito” (cioè con una decisione non data Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 165 per scontata), l’avvio di un negoziato. Quindi, non era la prima volta che questi temi arrivavano sul tavolo negoziale. L’Ue, molto responsabilmente, il 14 settembre - nelle fasi finali, tesissime, subito prima dello stop ai negoziati - ha deciso di fare un passo indietro sui due temi di Singapore di gran lunga più rilevanti: l’introduzione di regole a garanzia della competitività dei mercati internazionali e a tutela degli interessi degli investimenti all’estero. A quel punto, i Pvs sono rimasti fermi sulla loro posizione di rifiuto dell’avvio di un negoziato su qualsiasi “tema di Singapore”. La domanda da porsi è: perché anche di fronte ad un passo indietro di questa portata da parte dell’Ue i Pvs abbiano detto ancora “no”. Era chiaro che, a quel punto, raggiungere un accordo non sarebbe stato più possibile, perché l’Ue non avrebbe potuto concedere più di quello che aveva già concesso senza indebolire moltissimo la sua credibilità negoziale. Quanto all’agricoltura, non si è nemmeno arrivati alla stretta negoziale finale sui temi che la riguardavano. L’agricoltura avrebbe, di per sé, determinato il fallimento? Le opinioni espresse in merito, a caldo a Cancun e nei giorni successivi, non sono univoche. La mia opinione è che se i Pvs avessero mostrato sui temi agricoli la stessa rigidità mostrata sui temi di Singapore, non sarebbe comunque stato possibile raggiungere un accordo. Qual’era la posizione dell’Ue sui grandi temi negoziali agricoli? Sono tre le aree principali della negoziazione. La prima è quella dell’accesso ai mercati, cioè della riduzione delle barriere alle frontiere che difendono il mercato interno dalle importazioni. Qui, di fatto, un accordo c’era, anche se di una solidità solo apparente. Infatti, Stati Uniti e Ue da un lato, e G22 dall’altro, proponevano due “schemi” di accordo (cioè l’indicazione di “come” ridurre le tariffe, ma senza specificare “quali” tariffe e “di quanto”) non molto dissimili. Quindi, in pratica, su un tema sul quale gli interessi sono molto diversi e sul quale l’Ue è molto sulla difensiva (una sensibile riduzione delle tariffe più alte, oggi applicate, metterebbe in discussione in alcuni comparti le attuali politiche di sostegno dei produttori) si sarebbe potuto trovare un modo per dire: «accettiamo per ora un framework generale di accordo, avremo poi tutto il tempo per negoziare gli elementi di dettaglio che definiranno l’effettiva capacità dell’accordo di espandere l’accesso ai mercati» (e lì, poi, sarebbero emerse le forti divergenze negli obiettivi negoziali...). I sussidi all’esportazione costituiscono il secondo pilastro della negoziazione agricola. Anche qui si trattava di definire soltanto un framework, per poi negoziare “i numeri”, da inserire in quel framework, che avrebbero definito l’effettiva potenza liberalizzatrice dell’accordo. 166 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun L’Ue aveva espresso la sua disponibilità per una riduzione consistente della spesa in sussidi all’esportazione (del 45%), e l’eliminazione dei sussidi per un certo numero di prodotti rilevanti per i Pvs, da individuare successivamente. Anche in questo caso le due proposte, quella del G22 e la proposta comune di Stati Uniti e Ue, non erano molto lontane. L’unico punto di differenza sostanziale era dato dal fatto che, mentre gli Stati Uniti avevano rinunciato ad includere nell’accordo riferimenti alla completa eliminazione dei sussidi all’esportazione, il G22 chiedeva l’impegno ad indicare nell’accordo conclusivo del round la data (da negoziare) entro cui i sussidi all’esportazione sarebbero stati eliminati. Anche questo non mi sembra un punto sul quale un’intesa a Cancun non potesse essere raggiunta. L’area negoziale, invece, per la quale le distanze erano maggiori era quella del sostegno interno, cioè quella relativa ai limiti da imporre alle politiche interne dei paesi. E qui vorrei entrare, se pur brevemente, più nel dettaglio. Che cosa chiedevano i Pvs? Il G22 chiedeva l’eliminazione della scatola blu, cioè l’eliminazione dell’esenzione dagli obblighi di riduzione di alcune politiche specifiche, introdotta da Stati Uniti e Ue nell’accordo conclusivo dell’Uruguay round. Questa richiesta, dopo la “riforma Fischler” della Pac del giugno di quest’anno, non era più un problema per l’Ue, ma gli Stati Uniti chiedevano che questa esenzione fosse confermata. La differenza più grossa tra le due posizioni era però un’altra: la richiesta del G22 di negoziare una riduzione, o l’imposizione di un limite superiore, anche alla spesa relativa alle politiche contenute nella scatola verde, cioè le politiche interne che non hanno effetti distorsivi, o hanno effetti distorsivi minimi, sul commercio internazionale. Questa è chiaramente una richiesta che l’Ue non avrebbe mai potuto accettare. D’altro canto, è anche chiaro che questa è una richiesta con una forte connotazione di tipo “ideologico”. In un negoziato, “tutto va bene” e qualsiasi richiesta è legittima; quando però in un negoziato commerciale si chiede che i paesi limitino gli interventi a sostegno delle loro agricolture, anche quando si tratta di politiche che non sono distorsive degli scambi internazionali, sulla base della motivazione “voi ve lo potete permettere, noi no”, è ovvio che le radici della richiesta negoziale non vanno più ricercate soltanto nella volontà di ridurre gli ostacoli al commercio internazionale... La responsabilità del fallimento va attribuita alla Wto? Secondo me no. O almeno, non alla Wto nel senso del lavoro svolto dalla sua struttura; sì, almeno in parte, invece, alla Wto come istituzione, alle sue regole di funzionamento. Il fallimento è stato determinato dal fatto che i risultati del lavoro preparatorio alla conferenza sono stati insufficienti. Quindi, la responsabilità maggiore è dei paesi (sviluppati e in via di Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 167 sviluppo) e della loro incapacità di definire, prima di Cancun, il canovaccio di un possibile accordo. La mia opinione è che i Pvs siano arrivati a Cancun decisi a “vedere” il bluff della retorica utilizzata dai paesi sviluppati; il negoziato, che prima doveva essere il “Seattle round” e poi il “Doha round”, è stato infine etichettato round “per lo sviluppo”, Doha Development Agenda. I Pvs hanno deciso di prendere sul serio questa decisione: questo è il Development Round? Benissimo, allora rendiamo la Wto un’istituzione veramente “al servizio degli interessi dei poveri del mondo”. Così hanno chiesto nel negoziato concessioni che, ovviamente, i paesi sviluppati non erano disposti ad accettare. Il problema è valutare se il chiedere ben al di là di quello che si immaginava potesse essere concesso è stato determinato, ad un estremo, dalla scarsa esperienza negoziale di molti paesi e dalla difficoltà di raggiungere un accordo unanime tra 146 negoziatori, oppure, all’altro estremo, se invece è il risultato di una strategia consapevole, soprattutto da parte dei Pvs più grandi, basata sull’accettazione di un costo nel breve periodo, per spostare il baricentro del potere negoziale lontano da quello tradizionale e, per questa via, ottenere benefici ben maggiori in un’ottica temporale più ampia. La mia opinione è che proprio su tale questione occorra ragionare per capire cosa sia successo e cosa ci aspetta. In particolare, cosa ci aspetta in agricoltura? Dopo il fallimento della Conferenza ministeriale, quando i funzionari si rivedranno a ottobre per continuare il negoziato è ovvio che non avranno alcun margine: non solo per trovare un accordo, ma anche per un riavvicinamento; perché ciò succeda è necessario che si muova qualcosa ad un livello che sta molto sopra di loro. Quindi, i negoziati entrano ora in una fase in cui, di fatto, non succederà niente per un bel po’ di tempo. Intanto, però, il 31 dicembre 2003 scade “la clausola di pace”: sono abbastanza pessimista sul fatto che i paesi non utilizzeranno l’opportunità di aprire dispute, anche perché esse costituiranno un elemento di pressione politica nel negoziato che continua. Nell’Uruguay round l’accordo finale era “compatibile” con le decisioni riguardo alle nostre politiche agricole che erano state già prese: quando si è chiuso il negoziato avevamo da poco fatto la “riforma Mac Sharry”; l’Uruguay round fu disegnato “attorno” alle politiche in essere e non determinò la necessità di cambiare alcunché. Nell’implementazione abbiamo avuto qualche problema in alcuni comparti a causa dei vincoli sulle esportazioni sussidiate, ma non abbiamo certo dovuto cambiare le politiche. Adesso, qualcuno ha parlato di una riforma tardiva delle politiche agricole. Questo è un modo di guardare la questione; l’altro è di pensare che la riforma delle politiche sia stata fatta... troppo 168 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun presto! L’Ue non aveva alternative; la “riforma Fischler” è stata fatta perché la dovevamo fare, e quando era necessario farla, sulla base di motivazioni interne: a causa dell’imminente allargamento, per la crescente insostenibilità sociale della vecchia Pac, a causa dei vincoli finanziari con cui essa deve e dovrà fare i conti. Questo però ha voluto dire che a Cancun ci siamo seduti al negoziato avendo “già dato”; ovviamente, gli altri paesi si sono seduti al tavolo con l’obiettivo di cercare di ottenere più di quello che avevamo già “concesso”. L’Ue è ancora su molti temi su una posizione difensiva, ma è anche vero che, rispetto ai negoziati precedenti, la sua posizione su molti temi di primo piano appare “forte” e, in alcuni casi, aggressiva. Rispetto all’apertura commerciale nei confronti dei Pvs, ad esempio, la proposta dell’Ue è molto più avanzata di quella di chiunque altro tra i paesi sviluppati. Abbiamo già approvato il regolamento “Tutto eccetto le armi”, che prevede libero accesso, senza alcun limite quantitativo e a tariffa zero, delle nostre importazioni di tutti i prodotti eccetto le armi provenienti dai 49 paesi più poveri del mondo. Sulle esportazioni sussidiate, abbiamo già proposto una riduzione di quasi la metà della spesa. In materia di sostegno interno, abbiamo proposto di eliminare, di fatto, la scatola blu e di ridurre tutto il sostegno del 60%. Il problema, dal punto di vista del negoziato, è che queste sono decisioni che abbiamo già preso e offerte che abbiamo già fatto; che tutto ciò sia considerato acquisito e che ci venga chiesto, legittimamente dal punto di vista degli altri paesi, di andare oltre, è molto più che un timore. Questo vorrebbe dire che per la prima volta ci potremmo trovare davanti la necessità di riformare le nostre politiche per l’agricoltura sulla base di una pressione esterna. Non era mai successo prima. Inoltre, l’agricoltura è uno dei venti temi negoziali sui quali si sviluppa il negoziato; ciò significa che gli altri 19 interessi comunitari nelle fasi finali del negoziato eserciteranno una forte pressione sull’agricoltura affinché essa non blocchi i guadagni che possono derivare all’Ue dagli accordi sugli altri 19 tavoli. Dal punto di vista dell’agricoltura, quindi, c’è da prepararsi a quello che potrebbe succedere, perché, per la prima volta, il negoziato potrebbe portarci a mutamenti delle politiche che, di nostro, non faremmo, o, almeno, non faremmo così presto. Quali sono gli scenari che si prospettano? Io ne intravedo tre. Un primo scenario è quello che il negoziato, piano piano, riprenda come business as usual, o quasi, senza cambiamenti strutturali. La negoziazione riparte e si raggiunge un accordo, con qualche passo indietro da parte di tutti, ma senza eccessivi cambiamenti nel modo in cui si negozia e si “disegna” l’accordo finale rispetto all’esperienza dell’Uruguay round. Gli altri due scenari sono entrambi legati, invece, all’accetta- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 169 zione del fatto che a Cancun ci sia stato un cambiamento strutturale nelle negoziazioni multilaterali. Qui possono succedere due cose molto diverse: la prima è che i paesi che hanno sempre detenuto il potere negoziale decidano di non essere pronti ad accettare questo cambiamento, che determina una maggiore democratizzazione (reale, non formale) del negoziato; ciò comporta che il negoziato riparte, continua, ma non chiude chissà per quanto tempo e il focus delle relazioni commerciali internazionali si sposta sugli accordi bilaterali e su quelli regionali. Questo, naturalmente, dal punto di vista dei Pvs vorrebbe dire accordi negoziati in una posizione di potere relativo, che è peggiore di quella che essi hanno nei negoziati multilaterali. Si avrà un forte aumento delle dispute e dei conflitti commerciali, sia formali, nella Wto, che informali, con il ricorso sempre più frequente all’uso di barriere non tariffarie. Per tutti i paesi che hanno una forte componente esportatrice ciò implica un cambiamento sostanziale nel clima in cui le esportazioni avvengono, con maggiori rischi e maggiori costi: in altre parole una perdita di competitività rispetto alle produzioni nazionali. Il terzo scenario è quello in cui i paesi sviluppati più forti decidono di accettare un cambiamento delle regole dal punto di vista della distribuzione del potere negoziale e si lavora, con equilibrio, alla costruzione di un accordo che caratterizzi veramente il round come un round “per lo sviluppo”. Sulle probabilità associate a ciascuno di questi tre scenari ciascuno potrà farsi una sua opinione. Da dove e come ripartiamo? Ripartiamo dalla consapevolezza che tutti abbiamo perso, che ci sono alcuni interessi particolarmente penalizzati dal fatto che a Cancun non si sia raggiunto un accordo, e che la conclusione del round può slittare molto in avanti nel tempo. Gli interessi maggiormente penalizzati sono quelli dei Pvs più competitivi sui mercati internazionali e che oggi beneficiano di preferenze commerciali contenute: da un deterioramento del “clima” sui mercati internazionali e dalla mancata riduzione delle barriere protezionistiche; sarebbero quindi i paesi che ci perderebbero di più. Tra quelli fortemente penalizzati dal fatto che il negoziato potrebbe non concludersi rapidamente, ci sono però anche i più poveri del mondo. Non dobbiamo mai dimenticare che la Fao stima pari all’10% la percentuale della popolazione mondiale, al 2010, strutturalmente incapace di avere accesso quotidianamente ad una quantità di cibo sufficiente a una vita sana. Tutti i paesi toccati da problemi gravi di insicurezza alimentare li vedranno accentuati dal mancato accordo. Non a caso, nel coro, vasto e rumoroso, che subito dopo il fallimento a Cancun, ha gridato alla vittoria dei deboli contro la globalizzazione e i ricchi del pianeta, c’è stata, già a caldo, la voce “fuori dal coro” di Oxfam, una Ong certamente 170 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun non tenera nei confronti delle politiche agricole dei paesi sviluppati e dei loro effetti sui Pvs, che ha espresso forte preoccupazione per il fallimento e per i riflessi negativi che esso avrà per i paesi più poveri. Come lavorare per costruire un’ipotesi di accordo? C’è certamente bisogno di una leadership forte e rappresentativa degli interessi della gran parte dei paesi membri Wto. La mia opinione è che questa leadership debba essere allargata rispetto a quelle del passato. Stati Uniti e Unione Europea da soli non appaiono in grado neanche di far ripartire il negoziato. Si tratta, quindi, di individuare un certo numero di paesi - la Cina, l’India e il Brasile appaiono candidati credibili - per costruire una nuova leadership allargata, capace d’individuare una possibile mediazione tra i diversi interessi e che possa essere vista come vantaggiosa e accettabile da tutti. Questo è però un processo che necessita di tempo. Aspettiamoci, quindi, un negoziato lungo, difficile e dall’esito per nulla scontato. Paolo De Castro Innanzitutto, una considerazione su alcune “letture” di casa nostra completamente sbagliate. Ammesso e non concesso che l’Unione Europea sia uscita da Cancun negativamente, la causa del fallimento del negoziato non può essere individuata nella sua politica. Tutti hanno guardato alla politica agricola dell’Unione Europea definendola “il grande problema”. Il sostegno accordato al settore, che fa pagare ai consumatori prezzi più elevati, tanto per ricordare una delle tante cose che sono state raccontate, dimenticando l’impegno profuso su questo fronte dall’Unione Europea prima con la “riforma Mac Sharry” nel 1992, poi con Agenda 2000 nel 1999 e ora con la nuova riforma della Pac, recentemente varata. Una progressiva riduzione del sostegno ai prezzi e un orientamento sempre più basato su strumenti alternativi di sostegno ai redditi agricoli, e selettivi rispetto al rapporto con l’ambiente e i consumatori. Qualcuno ha sostenuto che forse la riforma della Pac andava fatta prima, così ci sarebbe stato il tempo per spiegarne contenuti e proiezioni all’opinione pubblica, aumentando la percezione dell’enorme cambiamento che essa rappresenta. Ma, in proposito, è bene riflettere sulle mastodontiche difficoltà insite nel trasferire all’opinione pubblica la portata e soprattutto le prospettive di mutamenti così complessi, tanto che ancora non ci si è riusciti con la stessa “riforma Mac Sharry”! L’agricoltura è stata messa sotto accusa su tematiche superate e con approcci stravolti rispetto al reale percorso intrapreso dall’Unione Europea in tema di politiche agricole, con argomentazioni frutto delle Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 171 tensioni internazionali che hanno trovato nel negoziato il loro catalizzatore. La stessa “questione”, più volte richiamata, di una Pac che incide negativamente sulle relazioni commerciali dei Paesi in via di sviluppo pregiudicandone le esportazioni, ne è una evidenza. È stato proprio Fischler, commissario europeo all’agricoltura, che ha dimostrato, cifre alla mano, come oggi l’Europa da sola importi dai Paesi in via di sviluppo di più che Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda messi assieme. L’85% dei prodotti agricoli originari dall’Africa, il 65% dei prodotti agricoli dell’America Latina trovano collocazione sul mercato europeo e non negli Stati Uniti, dove il livello di protezione in campo agricolo appare come inferiore. Sicuramente c’è molto da fare per spiegare all’opinione pubblica quali sono le implicazioni e i riflessi positivi del complessivo processo riformatore della Pac, al quale proprio l’ultima riforma ha impresso accelerazione, definendone compiutamente nuovi indirizzi e strumenti. L’Europa ha fatto i passi necessari per evitare di trovarsi, sul piano agricolo, nella posizione di unico imputato e, ancora di più, ha avuto la forza e la lungimiranza di procedere a una revisione del sistema di regolamentazione del sostegno al settore agricolo, aderente alle prospettive di sviluppo del sistema internazionale di regolazione degli scambi. Questo era un obiettivo importante. C’è tutta una serie di iniziative adottate dall’Unione Europea che ne hanno dato ampia dimostrazione. Innanzitutto, la dimostrazione data a livello internazionale della disponibilità alla riduzione delle protezioni tariffarie, attraverso il già ricordato programma Everything but arms, a beneficio dei 49 paesi più poveri del mondo, in corso di allargamento a tutti i paesi Acp; dando, quindi, un significativo impulso all’estensione dell’area del libero scambio. Sul sostegno all’export, l’Europa si è dimostrata pienamente disponibile a un’ulteriore riduzione del livello di protezione; allo stesso modo sul fronte del sostegno interno, come testimoniano le recenti modifiche alla Pac. Per le ragioni evidenziate, la riforma della Pac non va letta, legandola all’esito del negoziato di Cancun, come un insuccesso. Una lettura di questo tipo sarebbe distorsiva e renderebbe ancora più difficoltoso l’impegno alla prosecuzione del coerente percorso di riforma intrapreso. Senza la riforma di medio termine, oggi l’Europa sarebbe stata sotto accusa, e additata quale unico responsabile del fallimento di Cancun. Dopo gli otto anni di negoziato Gatt, credo che nessuno potesse scommettere sul fatto che il momento di Cancun potesse rappresentare la conclusione del negoziato commerciale su cui pesano, tra l’altro, alcune aspre divisioni internazionali e la generale crisi politica interna- 172 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun zionale. L’ipotesi di un accordo era, di fatto, scartata in partenza. Il mio parere è che le cose si siano svolte come era da prevedere: d’altra parte il lavoro svolto nei ventidue mesi, dal dopo Doha fino a Cancun, non preludeva alla conclusione del negoziato. Già i contributi preparatori manifestavano la convinzione di un probabile nulla di fatto e lo stesso atteggiamento degli Stati Uniti non ha dato l’impressione di una volontà di approvare l’accordo in tempi rapidi. Infine, il protagonismo manifestato dal nuovo gruppo dei Paesi in via di sviluppo, che ha preceduto e caratterizzato il momento negoziale. Con tali premesse, i risultati non potevano essere diversi; e comunque non è tutto perso. Credo che il lavoro fatto con la riforma della Pac continui a rappresentare la strada da percorrere. La scadenza della clausola di pace imponeva un passaggio di riforma che, ribadisco, è stato affrontato in coerenza con l’evoluzione delle aspettative dei consumatori, con le esigenze di progressiva apertura alla competitività del settore, evitando di porre il sistema Europa in una situazione di debolezza negoziale, soprattutto nei confronti degli Usa. Dopo il varo della riforma della Pac non abbiamo nulla da temere dalla scadenza della clausola di pace. Infatti, sono altri che hanno da temere, e su questo fronte l’Unione Europea può avere una linea negoziale più aggressiva. Riguardo poi al tema, divenuto centrale, di come gli assetti regolamentari del settore agricolo incidano sulle prospettive delle economie meno sviluppate, ci sarebbero da affrontare ulteriori argomenti che richiedono una maggiore profondità e articolazione. La confusione emersa in merito al rapporto tra globalizzazione e crescita dei Pvs lascia, infatti, perplessi. Dove si coglie la convinzione che l’apertura delle frontiere tout court consenta di migliorare la bilancia commerciale dei Pvs? Quali dinamiche della globalizzazione producono fattori di sostegno a queste economie? Tornando alla riforma della Pac, oltre alle prospettive di indirizzo, va detto anche delle implicazioni finanziarie. La riforma della Pac trova giustificazione anche nella necessità di non poter mantenere l’attuale valore della spesa a sostegno della politica agricola comunitaria. Oggi, il dibattito sulle prospettive finanziarie parte da una altra base. La nuova Pac è approvata, è stata una riforma importante: fino al 2013 le garanzie finanziarie che consentono l’equilibrio devono essere mantenute. Quindi, pur rendendo il percorso accessibile ad aggiustamenti, occorre tenere presente l’esigenza di mantenerne ferma l’impostazione finanziaria. In definitiva, possiamo dire che se la politica europea non fosse stata aggiornata e il fallimento di Cancun fosse stato attribuito all’Europa, questo avrebbe pregiudicato qualsiasi progetto di riforma dell’agricol- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 173 tura europea, generando esclusivamente una drastica riduzione delle risorse ad essa destinate. Grazie a quanto prodotto con la riforma di medio termine non dobbiamo attenderci nessuna forca caudina al prossimo 31 dicembre; semmai qualcun altro deve avere queste preoccupazioni. Lavoriamo perché cresca la sensibilità sui temi della garanzia, della differenziazione, della tutela. La partita della globalizzazione si vince se riusciamo a far pagare ai consumatori del mondo prodotti con contenuti diversi. Se il sistema compete solo sui fattori di costo gli spazi si restringeranno, non soltanto per l’Italia ma anche per l’intera Europa. Lavoriamo allora perché questa sensibilità cresca, lavoriamo perché se ne possa difendere il ruolo all’interno di questo percorso, che porterà, al 2013, a una nuova politica agricola europea in una Europa nuova, in cui emerge con forza sempre maggiore l’orientamento a favorire il ruolo ambientale e sociale del comparto agricolo e dei territori rurali. I sostenitori di questo percorso riformatore della Pac hanno quale obiettivo il mantenimento condiviso di un sistema di regole comuni, di una politica comune per il settore agricolo; questo non per ragioni sentimentali, ma per evitare desideri di ritorno a proiezioni nazionalistiche della politica agricola con il relativo carico di conseguenze in termini di distorsione delle relazioni di mercato. Problemi che sarebbero di portata ben superiore a quelli che sono oggi oggetto di riflessione nell’ambito della Pac. L’impegno dell’Unione Europea nell’affrontare le tematiche afferenti il settore agricolo deve essere adeguato a un settore che muove un vasto e complesso sistema di relazioni, non solo di natura commerciale; in primo luogo l’intera catena dell’agroalimentare, quindi l’industria della trasformazione e i consumatori quale momento finale sempre più esigente e sensibile. 174 Forum - I negoziati Wto dopo Cancun Glossario 1 Accesso al mercato: esprime il grado di apertura di un paese alle importazioni. L’apertura di un mercato all’accesso di merce straniera è determinata sia dalle tariffe applicate sui prodotti importati sia da misure non tariffarie, quali quote, prelievi variabili, regolamenti sanitari e fitosanitari, ecc. Acp (African, Caribbean and Pacific Group of States): acronimo che indica un gruppo di 70 paesi africani, caraibici e del Pacifico che godono di relazioni commerciali preferenziali con l’Ue. Asean (Association of SouthEast Asian Nations): associazione di stati fondata nel 1967 allo scopo di favorire la cooperazione tra i paesi del Sud-est asiatico per il raggiungimento della pace, della stabilità e dello sviluppo. È composta da Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Filippine, Myanmar, Singapore, Tailandia e Vietnam. Fra questi paesi, sette sono membri Wto (Brunei, Indonesia, Filippine, Malesia, Myanmar, Singapore, Tailandia). Barriere non tariffarie (Bnt): misure di protezione alla frontiera, diverse dalle tariffe, che hanno lo scopo di ridurre le importazioni (o le esportazioni). Esse possono consistere in restrizioni quantitative o in regole, applicate in modo tale da rendere impossibile, difficile o particolarmente costoso il loro recepimento da parte dei produttori stranieri. Esempi: embarghi, quote all’importazione, restrizioni quantitative (quote), licenze, barriere tecniche al commercio (regolamentazioni tecniche riferite al confezionamento, ai marchi, all’etichettatura, alle procedure di valutazione della conformità del prodotto, agli standard per i processi e i metodi di produzione, ecc.). Clausola del trattamento nazionale (Tn): è uno dei principi del sistema commerciale multilaterale, in base al quale i prodotti importati e quelli locali devono ricevere lo stesso trattamento. L’imposizione di una tariffa d’importazione non è una violazione di questo principio, dal momento che essa avviene prima dell’ingresso dei prodotti sul mercato nazionale. La clausola vale per beni, servizi e per gli altri prodotti oggetto degli accordi Wto, con minime differenze dovute alla diversa natura dell’oggetto degli accordi. Clausola della nazione più favorita (Npf): principio di base che regola la riduzione della protezione commerciale su base multilaterale. La clausola (1) Il presente glossario è una versione aggiornata e rivista di quello contenuto nel volume Le vie delle globalizzazione: la questione agricola nel Wto, a cura di Fabrizio De Filippis, Franco Angeli, Milano, 2002. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 175 Npf garantisce l’automatica estensione a tutti i paesi membri Wto di qualunque concessione commerciale accordata da un paese: «tutti i vantaggi, benefici, privilegi o immunità accordati da una parte contraente ad un prodotto originario o destinato a qualsiasi altro paese saranno, immediatamente e senza condizioni, estesi a tutti i prodotti similari o destinati al territorio di tutte le altre parti contraenti» (art. I, Gatt). Clausola de minimis: è una sorta di “franchigia” nell’applicazione del vincolo di riduzione del sostegno interno previsto dall’Accordo sull’agricoltura. Essa consente di non conteggiare nella Mas le misure di sostegno direttamente attribuibili a un prodotto, se il loro valore non supera il 5% del valore della produzione di quel prodotto; oppure, nel caso di sostegno non direttamente imputabile a uno specifico prodotto, se il suo valore è inferiore al 5% del valore della produzione agricola totale di un paese. Per i Pvs tale franchigia è elevata al 10%. Clausola di pace: si tratta dell’impegno, sancito dall’articolo 13 dell’Accordo sull’agricoltura dell’Uruguay round, a non sollevare per nove anni, a partire dal 1° gennaio 1995, dispute relative alle misure legittime sulla base dell’accordo stesso ed entro i limiti da esso previsti (per esempio, i sussidi all’esportazione), ma non conformi alle regole generali Wto. Dazi compensativi: dazi all’importazione che possono essere applicati, da parte di un paese danneggiato, per compensare gli effetti di sussidi distorsivi del commercio o di pratiche di dumping posti in essere da un paese esportatore. Nel caso specifico del dumping, i dazi compensativi devono essere pari alla differenza fra il prezzo di esportazione e il prezzo medio d’importazione dei prodotti interessati. L’articolo VI del Gatt consente l’applicazione di dazi antidumping, nel caso in cui le maggiori importazioni di prodotti soggetti a dumping provochino effettivamente un danno ai produttori del paese importatore. Denominazioni di origine dei vini: si tratta del nome geografico di una zona vinicola particolarmente vocata, utilizzato per designare un vino di qualità, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale e a fattori umani presenti in una data area. Nella normativa Ue, esse si distinguono in Denominazione di origine controllata e garantita (Docg), Denominazione di origine controllata (Doc) e Indicazione geografica tipica (Igt). Diritti di proprietà intellettuale: diritti di proprietà su brevetti, design industriale, design di circuiti integrati, indicazioni geografiche e marchi di fabbrica, e su copyright e segreti industriali. Il commercio di questi diritti è stato oggetto di un accordo specifico (Trips) nell’ambito dell’Uruguay round. Dop (Denominazione di origine protetta): marchio di origine di cui possono fregiarsi i prodotti comunitari la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute, essenzialmente o esclusivamente, all’ambiente geografico di provenienza, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area geografica delimitata. 176 Glossario Dumping: operazione commerciale con cui un’impresa vende all’estero i propri prodotti ad un prezzo inferiore a quello praticato sul mercato nazionale. Poiché la pratica del dumping viene posta in essere da imprenditori privati e non da governi, essa non è formalmente proibita in ambito Wto. Tuttavia, l’Accordo anti-dumping permette ai paesi di reagire a tale pratica, innalzando le proprie barriere tariffarie. Eba (Everything But Arms): iniziativa dell’Unione Europea (Reg. Ce n. 2501/2001) che concede ai 49 paesi meno avanzati (Pma) di esportare verso l’Ue, senza limitazioni quantitative e senza dover pagare alcuna tariffa, eccezion fatta per le armi e le munizioni. Per i prodotti sensibili, quali riso, zucchero e banane, è prevista una implementazione graduale dell’accordo in questione. Efta (European Free Trade Agreement): area di libero scambio stabilita nel 1958 con l’obiettivo, a lungo termine, di eliminare o ridurre le tariffe applicate ai beni commercializzati tra i paesi membri. Fanno attualmente parte dell’Efta: l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera. Fast Track Authority (anche Trade Promotion Authority): provvedimento di delega con cui il Congresso degli Stati Uniti autorizza il presidente a sottoscrivere accordi commerciali internazionali da sottoporre a successiva ratifica da parte del Parlamento nella loro interezza, ovvero senza la possibilità di introdurre emendamenti al testo da parte del Parlamento stesso. Formula svizzera: formula di riduzione tariffaria che si propone sia di abbassare il livello delle tariffe, sia di ridurne la variabilità. È congegnata in modo da assicurare un ridimensionamento delle tariffe, prodotto per prodotto, proporzionale al valore iniziale delle tariffe stesse. Dette Nt la nuova tariffa e t la tariffa di partenza (espresse in termini percentuali, ovvero come tariffe ad valorem) e definita una costante a compresa tra zero ed 1 (tanto più vicina a zero quanto maggiore è la riduzione che si vuole ottenere), la formula svizzera è definita nel seguente modo: Nt = at/(a+t) Front loading: possibilità di allentare il vincolo sulla riduzione annuale delle esportazioni sussidiate, nei primi anni di applicazione dell’Accordo sull’agricoltura, fermi restando i valori massimi consentiti per la spesa e per il volume delle esportazioni sussidiate nell’ultimo anno del periodo di implementazione. Si tratta, cioè, della possibilità di ridurre progressivamente la spesa in sussidi e la quantità di esportazioni sussidiate, a partire non dai loro valori nel periodo base (1986-90) ma da quelli, eventualmente più alti, degli anni 1990-91 o, in qualche caso, dalla media di quelli del periodo base e degli anni 1990-91. G22: gruppo di 22 paesi in via di sviluppo, guidati da Brasile, India e Cina, che ha presentato un documento alternativo a quello proposto dal presidente Perez del Castillo come base per i negoziati a Cancun. I paesi appartenenti al G22 sono: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 177 Cuba, Ecuador, Egitto, El Salvador, Filippine, Guatemala, India, Messico, Nigeria, Pakistan, Paraguay, Perù, Sud Africa, Tailandia, Venezuela. Gats (General Agreement on Trade in Services): acronimo inglese dell’Accordo generale sul commercio dei servizi, ovvero del primo insieme di regole che disciplinano il commercio internazionale dei servizi, siglato nel corso dell’Uruguay round. Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade): acronimo inglese dell’Accordo generale sulle tariffe e sul commercio, firmato a Ginevra nel 1947 e aggiornato durante l’Uruguay round; tale accordo, in origine, aveva carattere transitorio, ma è rimasto in vigore fino al 1994. L’obiettivo principale del Gatt era ampliare il commercio internazionale attraverso la progressiva riduzione delle tariffe e delle altre barriere al commercio. Gruppo di Cairns: gruppo di paesi che prende il nome dalla località (Cairns, in Australia) dove fu costituito, nel 1986. Esso comprende 18 paesi forti esportatori di prodotti agricoli (Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Isole Figi, Indonesia, Filippine, Malesia, Nuova Zelanda, Uruguay, Tailandia, Paraguay e Sudafrica), uniti dal comune interesse a spingere in direzione della liberalizzazione commerciale. Igp (Indicazione geografica protetta): marchio di origine, meno rigido della Dop, di cui possono fregiarsi i prodotti comunitari, le cui qualità, reputazione o caratteristiche possano essere attribuite ad una determinata provenienza geografica. A differenza della Dop, l’Igp può essere concessa anche a prodotti frutto di trasformazione o elaborazione di materie prime non strettamente provenienti dall’area geografica di riferimento. Indicazioni geografiche: definite dall’art. 22.1 dell’Accordo Trips, identificano un bene originario del territorio di un paese membro, di una regione o località, le cui qualità, reputazione o altre caratteristiche sono attribuibili, essenzialmente, alla sua origine geografica. Si tratta di una definizione molto ampia, che comprende sia le denominazioni di origine sia le indicazioni di origine, che, secondo i regolamenti comunitari, rappresentano prodotti con livelli di specificità territoriali assai diversi. Imprese commerciali di stato (State Trading Enterprises, Ste): imprese commerciali, di proprietà o meno dello stato, a cui sono accordati diritti esclusivi o speciali nella gestione del commercio internazionale di un paese (e, a volte, anche nella gestione del mercato interno) per determinati prodotti. Lldc, Ldc: acronimi inglesi per indicare, rispettivamente, i Least developed countries o Paesi meno avanzati (Pma), e i Less developed countries, o Paesi in via di sviluppo (Pvs). Mas (Misura aggregata di sostegno): indicatore che misura il sostegno complessivo concesso da un determinato paese al settore agricolo, attraverso le politiche previste dalla scatola gialla. La Mas, che è soggetta a un obbligo 178 Glossario di progressiva riduzione, comprende i pagamenti diretti agli agricoltori, i sussidi ai mezzi di produzione, le agevolazioni finanziarie, nonché il valore stimato dei trasferimenti di reddito dai consumatori agli agricoltori, dovuti all’applicazione di politiche di sostegno che provocano un aumento dei prezzi di mercato dei prodotti agricoli. Mercosur: Mercato Comune del Sud, creato con il Trattato di Asunción e siglato da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay nel 1991; Cile e Bolivia sono membri associati, rispettivamente, dal 1996 e dal 1997. Misure di Salvaguardia (Safeguards Agreement): accordo, sottoscritto durante l’Uruguay round, che permette ai produttori nazionali di richiedere al proprio governo l’adozione di misure di salvaguardia, nel caso in cui un improvviso aumento delle importazioni produca un serio danno all’industria nazionale. Le misure di salvaguardia fanno anche parte dell’accordo Gatt: l’art. XIX permette infatti ai paesi membri di «limitare temporaneamente l’importazione di un prodotto, nel caso in cui l’industria nazionale sia seriamente lesa o minacciata da una improvvisa impennata delle quantità importate». Multifibre: accordo applicato fra il 1974 e il 1994, in base al quale un paese, i cui mercati sono turbati dalla crescita delle importazioni di tessili e abbigliamento, può negoziare l’introduzione di vincoli quantitativi. Nel 1995, a conclusione dell’Uruguay round, l’accordo multifibre è stato superato dall’Accordo sui tessili e l’abbigliamento, che elimina le quote e le discriminazioni tra gli esportatori. Multifunzionalità: termine che fa riferimento alle numerose funzioni che svolge l’agricoltura, oltre alla produzione di alimenti e fibre, quali la salvaguardia dell’ambiente, il sostegno all’occupazione, il mantenimento di attività economiche nelle zone a basso insediamento, lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare. Nafta (North American Free Trade Agreement): accordo commerciale di libero scambio tra Canada, Messico e Usa operativo dal 1994, con un periodo di transizione di 15 anni. In campo agricolo le disposizioni più rilevanti del Nafta comprendono la trasformazione delle barriere non tariffarie in quote e la loro progressiva eliminazione, la definizione delle regole di origine e la graduale eliminazione delle tariffe. Non-trade concerns: argomenti negoziali molto vari, menzionati per la prima volta nell’articolo 20 dell’Accordo sull’agricoltura del 1994, dove si afferma esplicitamente che il proseguimento del processo di liberalizzazione degli scambi dovrà tenere conto anche di aspetti non prettamente commerciali (appunto, “non-trade” concerns). Essi comprendono la sicurezza alimentare, la protezione dell’ambiente, lo sviluppo rurale e la riduzione della povertà. Notifica: procedura attraverso la quale i paesi membri comunicano periodicamente alla Wto informazioni sull’applicazione degli impegni assunti, eventuali cambiamenti nelle politiche, regolamenti o leggi specifiche, nonché questioni rilevanti correlate agli altri accordi in vigore. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 179 Ocm (Organizzazioni comuni di mercato): insieme di regolamenti che disciplinano il funzionamento e l’organizzazione dei mercati agricoli nell’Unione Europea, compresi il sistema di aiuti alla produzione o al consumo, il regime degli scambi con i paesi terzi, la gestione degli interventi di mercato e gli organi di controllo comunitari. Ocse (o Ocde o Oecd): Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, fondata nel 1961 al fine di promuovere la crescita economica e l’occupazione, migliorare lo standard di vita e la stabilità finanziaria, assistere la crescita economica dei paesi membri e dei Pvs non membri, espandere il commercio mondiale. I paesi membri sono: Australia, Austria, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Lussemburgo, Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti. Ogm (Organismi geneticamente modificati): detti anche “transgenici”, sono organismi prodotti con tecniche d’ingegneria genetica, attraverso il trasferimento di geni funzionali da un organismo all’altro, incluso quello da una specie all’altra. Nella direttiva 2001/18/Ce, che stabilisce l’obbligo di etichettare i prodotti transgenici, un Ogm è così definito: «un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale». Organo per la risoluzione delle dispute (Dispute Settlement Body, Dsb): è l’Organo deputato a dirimere le controversie tra paesi, ed è in pratica rappresentato dal Consiglio generale Wto, che ha la responsabilità di tutti gli accordi sottoscritti nell’ambito dell’Atto finale. Le nuove regole in materia di risoluzione delle dispute prevedono che il Consiglio, sulla base del rapporto predisposto da un collegio giudicante (panel), possa richiedere al paese chiamato in causa di modificare le proprie politiche, se non conformi ai principi generali Wto. Inoltre, è istituito un Organo di appello permanente (Appellate Body, Ab), al quale ciascun paese può ricorrere se non condivide il rapporto predisposto dal panel. Panel: collegio giudicante composto da tre esperti indipendenti, che viene nominato dall’Organo per la risoluzione delle dispute al fine di esaminare la controversia ed emettere un “verdetto”. Picchi tariffari: dazi “proibitivi”, o comunque estremamente alti (spesso superiori al 100%) applicati su prodotti particolarmente “sensibili”. Nei paesi sviluppati le tariffe sono normalmente considerate elevate al di sopra del 15%. Pma, Pvs: acronimi per indicare, rispettivamente, i Paesi meno avanzati e i Paesi in via di sviluppo. I Pma sono i 49 paesi più poveri del mondo, che fanno parte di una lista delle Nazioni Unite; i Pvs sono tali per autoselezione, cui non corrisponde una definizione ufficiale: si tratta, in genere, dei paesi dell’Africa, Asia (escluso il Giappone), America Latina, Caraibi, Melanesia, Micronesia e Polinesia. 180 Glossario Politiche accoppiate: misure di sostegno i cui benefici sono legati, direttamente o indirettamente, alla quantità prodotta o consumata di un determinato prodotto. Gli effetti di queste politiche sulla produzione o sul consumo del paese concorrono a determinare l’ammontare delle sue importazioni e delle sue esportazioni. La loro applicazione è soggetta a vincoli, secondo quanto stabilito dall’accordo Gatt. Politiche disaccoppiate: misure che determinano un sostegno dei redditi dei produttori agricoli non legato a quanto essi producono, e che non hanno effetti sulle decisioni circa quanto produrre. Data tale caratteristica, esse non hanno effetti sulla produzione, sui prezzi o sulla quantità utilizzata dei mezzi di produzione, né sui prezzi di questi ultimi, non determinano quindi variazioni delle importazioni o delle esportazioni del paese. Per questa ragione sono considerate legittime dal punto di vista Wto e classificate all’interno della “scatola verde”. Prelievo variabile: tariffa all’importazione che cambia al variare del prezzo sul mercato mondiale; essa è pari alla differenza tra il prezzo minimo d’importazione (prezzo “soglia” o prezzo di entrata) fissato dal paese importatore, e il prezzo di importazione (alla frontiera) che riflette l’andamento dei mercati internazionali. È la barriera non tariffaria più efficace per proteggere i produttori di un paese dalla competizione dei produttori stranieri, e allo stesso tempo stabilizzare il prezzo sul mercato interno. Prezzo di entrata: prezzo di riferimento o prezzo minimo d’importazione, fissato dal paese importatore in base all’andamento del mercato interno, al fine di calcolare il prelievo variabile all’importazione. È utilizzato quasi esclusivamente dall’Ue nei regimi degli scambi di cereali e ortofrutticoli freschi con i paesi terzi. Per i primi il prezzo di entrata (prezzo d’importazione aumentato dalla tariffa) non può eccedere il 155% del prezzo d’intervento comunitario. Questo meccanismo consente di aggiustare le tariffe applicate in base all’andamento dei prezzi mondiali. Nel caso degli ortofrutticoli freschi, il valore del prezzo di entrata varia nell’arco dell’anno in relazione alla campagna di commercializzazione del prodotto comunitario e va confrontato con il prezzo d’importazione (alla frontiera). Quando quest’ultimo è inferiore al prezzo di entrata, alla partita importata viene applicato un dazio compensativo aggiuntivo alla tariffa in vigore. Principio di precauzione: nella proposta di regolamento che istituisce l’Autorità alimentare dell’Unione Europea, il principio di precauzione è così definito: «qualora, a seguito di una valutazione delle informazioni pertinenti disponibili, venga individuato un rischio per la salute, ma permanga l’incertezza scientifica a riguardo, possono essere adottate misure preventive di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio». Il principio di precauzione è stato originariamente esplicitato nella legislazione tedesca con riguardo ai rischi legati all’inquinamento dell’aria. Esso pone l’accento sulla razionalità di una Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 181 politica preventiva, piuttosto che reattiva. Ha oggi sempre più vasta applicazione negli accordi internazionali, in particolare nel Protocollo sulla biosicurezza. La Commissione europea ha esteso la sua applicazione alla protezione della salute degli esseri umani, degli animali e delle piante. Prospetti (schedules): descrizione dettagliata degli impegni specifici assunti dai paesi membri della Wto. L’insieme dei prospetti dei paesi firmatari costituisce parte integrante degli accordi sottoscritti, nel senso che, con la sottoscrizione di questi ultimi, il contenuto dei prospetti viene accettato dai paesi firmatari come legittima applicazione da parte degli altri paesi del testo letterale degli accordi stessi. La conseguenza è che gli impegni descritti nei prospetti non possono essere oggetto di dispute. Quad: acronimo per Quadrilateral; si riferisce ai quattro paesi che gestiscono la maggior quota del commercio internazionale (Canada, Giappone, Unione Europea, Stati Uniti). Quote di importazione a tariffa ridotta (Qtr): sono state introdotte con l’Accordo sull’agricoltura del 1994, per quei prodotti le cui importazioni costituivano (prima dell’applicazione dell’Aa) meno del 3% del consumo interno del paese. L’Aa ha anche riconosciuto molte quote preesistenti di accesso preferenziale, cioè soggette ad un regime tariffario differenziato sulla base del paese di provenienza delle stesse. Le quote preesistenti sono chiamate “quote di accesso corrente”, mentre quelle introdotte con l’Aa sono dette “quote di accesso minimo”. Le importazioni nell’ambito di tali quote sono soggette a tariffe inferiori a quelle applicate sulle (eventuali) importazioni al di là delle quote. Regole di origine: leggi, regolamenti e procedure amministrative per determinare il paese di origine dei prodotti. Il più importante riferimento è l’Accordo multilaterale sulle regole di origine, sottoscritto nell’Uruguay round. Restrizioni quantitative: si tratta di vincoli posti sulla quantità scambiata. Le più frequenti sono le quote all’importazione e le restrizioni volontarie delle esportazioni. Queste ultime derivano, in genere, da accordi bilaterali, in base ai quali un paese esportatore accetta di ridurre o vincolare le proprie esportazioni, senza che il paese importatore debba ricorrere a quote, tariffe o altri controlli sulle importazioni. Round negoziali: cicli di negoziati multilaterali realizzati sotto l’auspicio del Gatt e poi della Wto, il cui proposito è di ridurre le tariffe e le altre barriere al commercio. I round negoziali del Gatt sono stati quelli di Ginevra (1947), Annecy (1949), Torquay (1951), Ginevra (1955-56), seguitidal dal Dillon round (1961-62), dal Kennedy round (1963-67), dal Tokyo round (1973-79) e dall’Uruguay round (1986-1994). Dal 2001 è in corso il “Doha round” della Wto. Salvaguardia (Clausola speciale in materia agricola): tale clausola, prevista dall’Accordo sull’agricoltura e quindi applicabile ai soli prodotti agricoli, 182 Glossario consente a un paese importatore di imporre dazi aggiuntivi nel caso in cui si verifichi una riduzione dei prezzi all’importazione o un aumento delle quantità importate al di là di soglie prefissate. Tale clausola è applicabile ai prodotti le cui restrizioni commerciali sono state convertite in tariffe sulla base dell’accordo del 1994. Scatola blu: comprende alcune politiche parzialmente disaccoppiate che, sebbene determinino un sostegno che rende conveniente un aumento della produzione (e, quindi, un aumento delle esportazioni o una riduzione delle importazioni), sono comunque esenti dagli obblighi di riduzione del sostegno previsti dall’Accordo sull’agricoltura del 1994. La definizione delle politiche contenute nella scatola blu, così come riportata nell’accordo, è scritta in maniera tale da farle coincidere con i pagamenti diretti alle imprese introdotti dall’Ue nel 1992 con la riforma Mac Sharry, e con i pagamenti alle imprese sotto forma di integrazioni di prezzo esistenti in quegli anni negli Stati Uniti. La “scatola blu” è stata frutto dell’Accordo di Blair House, del novembre 1992, tra Usa e Ue, e rappresenta un’esenzione ad hoc, che ha consentito di porre al riparo da obblighi di riduzione parti cospicue del sostegno concesso ai produttori agricoli dei due paesi. Scatola gialla (amber box): questa scatola contiene le misure di sostegno interno non ammesse nelle scatole verde e blu, in quanto si tratta di politiche accoppiate che determinano un aumento della produzione e, quindi, a seconda della posizione commerciale netta del paese, una riduzione delle sue importazioni o un aumento delle sue esportazioni. Scatola rossa: sulla base dell’analogia con il funzionamento di un semaforo, la scatola rossa contiene le politiche il cui uso è proibito. Al contrario di quanto si ha per gli altri settori, per l’agricoltura questa scatola è sostanzialmente vuota: con l’eccezione delle barriere all’importazione diverse dalle tariffe, per le quali sono previste ulteriori eccezioni, non esistono, infatti, in agricoltura politiche che non possono essere utilizzate tout court. Scatola verde: contiene le politiche il cui sostegno è esente dagli impegni di riduzione (la luce verde del semaforo indica il “via libera”). Queste politiche non hanno effetti distorsivi o hanno effetti distorsivi minimi sul commercio internazionale. Tra le politiche che ricadono nella scatola verde troviamo, ad esempio, quelle a sostegno delle attività di ricerca, di formazione e di assistenza tecnica; gli investimenti in infrastrutture rurali; i pagamenti per la compensazione di danni derivanti da calamità naturali; le politiche a sostegno dell’aggiustamento strutturale delle imprese (come gli incentivi al prepensionamento o agli investimenti aziendali); i programmi di protezione ambientale; le politiche di sviluppo rurale. Singapore issues: temi negoziali introdotti per la prima volta nella Conferenza ministeriale di Singapore (1996); essi riguardano gli investimenti, le politiche della concorrenza, la trasparenza negli appalti pubblici e l’agevolazione del commercio. Promotori della discussione sono stati alcuni paesi sviluppati, men- Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 183 tre sin dall’inizio i Pvs hanno opposto resistenza a portare tali temi in sede Wto, valutandoli come indebite ingerenze nella gestione delle economie nazionali. Single undertaking: si tratta del meccanismo che prevede che tutti gli accordi relativi ai diversi temi dell’agenda negoziale siano sottoscritti nell’ambito di un unico maxi-accordo, senza la possibilità, per i paesi membri Wto, di accettare solo alcuni di essi. Lo scopo di questa procedura negoziale è favorire l’emergere di un consenso su un pacchetto complessivo, alzando il costo del rifiuto a sottoscrivere un singolo accordo e favorendo il trade off fra i vari temi in agenda. Secondo alcuni, tuttavia, l’approccio del single undertaking può generare un’eccessiva lunghezza e complessità dei negoziati da gestire, innescando la pratica dei veti incrociati e sacrificando il raggiungimento di un accordo sui temi dove esso sarebbe invece possibile. Sistema armonizzato (Harmonized System, HS): standard internazionale di classificazione dei prodotti che si basa su un numero progressivo di cifre, in corrispondenza di livelli di dettaglio merceologico crescenti. Il sistema armonizzato è stato utilizzato per la classificazione dei prodotti interessati dalla riduzione delle tariffe, prevista dall’Accordo sull’agricoltura. Sostegno interno: comprende l’insieme di interventi di natura specificamente interna (prezzi minimi garantiti, sussidi, incentivi, sgravi fiscali, pagamenti diretti) applicati da un determinato paese a favore di un settore, con l’obiettivo di sostenere i ricavi dei produttori. L’introduzione di un impegno per la riduzione del sostegno interno di cui beneficia il settore agricolo è stata una delle novità più rilevanti dell’Accordo sull’agricoltura dell’Uruguay round, in quanto i negoziati precedenti si erano sempre limitati alle sole politiche commerciali. Sps (Sanitary and Phytosanitary Measures): accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, sottoscritto nell’ambito dell’Uruguay round, volto a regolare gli strumenti per la difesa della vita e della salute dell’uomo, delle piante e degli animali. In base all’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, tali misure debbono essere definite sulla base di standard riconosciuti a livello internazionale, quali il Codex alimentarius per i prodotti alimentari o l’Ufficio internazionale di epizootica per i prodotti zootecnici. Sono ammessi standard più restrittivi solo se giustificati da un’adeguata base scientifica, per limitare la possibilità che venga utilizzata una definizione strumentale degli standard per proteggere i produttori nazionali. Sussidi alle esportazioni: Sussidi che mirano a coprire la differenza tra i prezzi interni e i prezzi mondiali, concessi dai governi per incoraggiare le esportazioni. Sono utilizzati prevalentemente dall’Ue in forma di restituzioni variabili alle esportazioni. Altre forme indirette di sussidio alle esportazioni, utilizzate prevalentemente dagli Usa, sono date dai crediti agevolati alle esportazioni e da alcune pratiche di aiuto alimentare. Sussidi e misure compensative: si tratta di un accordo siglato durante l’Uruguay round, che disciplina l’uso dei sussidi e delle azioni che i paesi membri possono intraprendere per controbilanciarne gli effetti. I prodotti agricoli 184 Glossario sono esclusi da questa regolamentazione, dal momento l’Accordo sull’agricoltura prevede una regolamentazione specifica per i sussidi interni e all’esportazione. Tariffa (dazio): tassa applicata da un paese sulle importazioni di un determinato prodotto. Può essere espressa come un ammontare monetario per quantità importata (dazio specifico) oppure come una percentuale del prezzo all’importazione (dazio ad valorem). Tariffe consolidate: tariffe i cui valori massimi sono stati concordati nel corso dei negoziati e incorporati nei prospetti dei paesi firmatari degli accordi commerciali. Il consolidamento sta ad indicare che tali tariffe possono essere innalzate solo con il consenso di tutti i paesi membri della Wto. Tariff escalation: struttura tariffaria per cui il livello dei dazi lungo la filiera produttiva aumenta al crescere del grado di trasformazione dei prodotti, con l’obiettivo, da parte dei paesi che la adottano, di massimizzare la protezione sul valore aggiunto rispetto a quella sulla materia prima. Tarifficazione: la tarifficazione (nel testo inglese tariffication) delle barriere non tariffarie alle importazioni è la loro sostituzione con tariffe ad esse equivalenti in termini di volume d’importazioni. Le barriere non tariffarie che l’Accordo sull’agricoltura ha reso soggette alla tarifficazione sono: le restrizioni quantitative sulle importazioni, i prelievi variabili, i prezzi minimi all’importazione, le limitazioni delle importazioni attraverso l’allocazione discrezionale di licenze, le misure non tariffarie poste in essere attraverso agenzie pubbliche d’importazione e le restrizioni volontarie delle importazioni. Trattamento speciale e differenziato (Tsd): insieme di eccezioni ed esenzioni accordate ai Pvs. Nel caso dell’Accordo sull’agricoltura, tale trattamento prevede un periodo di implementazione dell’accordo di dieci anni anziché sei; vincoli meno stringenti per quanto riguarda gli impegni di riduzione del sostegno interno; maggiore accesso ai mercati; esenzione dagli obblighi di riduzione dei sussidi all’esportazione; esenzione per i Paesi meno avanzati (Pma) da tutti gli obblighi di riduzione previsti dall’accordo. Inoltre, i paesi sviluppati si sono impegnati a intervenire nel caso l’applicazione dell’accordo sortisse effetti negativi sui Pma e sui paesi importatori netti di alimenti. Trims (Trade Related Investment Measures): acronimo inglese dell’Accordo sugli investimenti esteri, che si applica alle misure che regolano gli investimenti legati al commercio internazionale dei beni. Si tratta di un accordo che ribadisce la clausola del trattamento nazionale, vietando la discriminazione fra produttori nazionali e stranieri che hanno investito nel paese. Trips (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights): acronimo inglese dell’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale. L’accordo Trips è stato siglato a conclusione dell’Uruguay round e affronta, per la prima volta nella storia dei negoziati commerciali, il problema dei diritti di proprietà intellettuale, estendendo alcuni principi commerciali, Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 185 ad esempio quello della nazione più favorita, anche in questo campo. Esso prevede, inoltre, il ricorso al meccanismo per la soluzione delle dispute. La sezione 3 dell’accordo è dedicata interamente alla tutela delle indicazioni geografiche. Uruguay round: è stato il più grande round di negoziati commerciali multilaterali che si sia mai svolto, sia per la durata (sette anni e mezzo), sia per l’estensione dei negoziati. L’Uruguay round ha determinato la più importante riforma del sistema commerciale mondiale, in quanto ha istituito la Wto e ha affrontato, per la prima volta, alcuni temi quali l’agricoltura (Aa), i servizi (Gats) e i diritti di proprietà intellettuali (Trips). Waiver: permesso accordato a un paese membro, per un tempo limitato, di non rispettare determinati impegni sottoscritti in sede Wto. Wto (World Trade Organization): l’Organizzazione mondiale del commercio, creata con la firma, nell’aprile del 1994, dell’Atto finale dell’Uruguay round del Gatt. Sebbene presenti notevoli elementi di continuità con il Gatt, la Wto costituisce un importante novità nella regolamentazione dei rapporti commerciali internazionali. In pratica la Wto incorpora il precedente Trattato generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt), che si occupa dello scambio delle merci, affiancandolo al nuovo Trattato generale sul commercio dei servizi (Gats) e del Trattato sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trips). La Wto unisce questi trattati entro una singola organizzazione, un singolo insieme di regolamenti e un singolo sistema di risoluzione delle dispute. 186 Glossario Siti web 1 Struttura e funzioni della Wto www.wto.org Il sito ufficiale Wto, molto ricco ed articolato, descrive nel dettaglio cosa è l’Organizzazione mondiale del commercio, cosa fa e come funziona. Inoltre è possibile trovare e scaricare tutta la documentazione riguardante l’attività dell’organizzazione stessa. Nella pagina iniziale si trovano sia i rimandi alle novità, sia il motore di ricerca per consultare la documentazione disponibile. Il sito risulta complessivamente efficace, di facile consultazione e costantemente aggiornato, e rappresenta una fonte di informazioni imprescindibile per chi si occupa di questi temi. Il sito è disponibile in inglese, spagnolo e francese. Gatt e Uruguay round www.wto.org/english/tratop_e/agric_e/agric_e.htm In questo indirizzo, incluso nel sito ufficiale Wto, è possibile trovare molte informazioni relative all’Accordo agricolo dell’Uruguay round. Il sito è in lingua inglese, spagnola e francese. www.fao.org/trade/index.asp?lang=en Questo indirizzo interno al sito della Fao è dedicato al commercio dei prodotti agricoli, forestali e della pesca. In particolare si trovano rimandi ad altri siti, alle posizioni e pubblicazioni della Fao e ad altri aspetti connessi all’Uruguay round del Gatt. Il sito è in inglese, francese e spagnolo. Il nuovo round negoziale in agricoltura www.europa.eu.int/comm/trade/index_en.htm Si tratta del sito ufficiale della Direzione generale del commercio della Commissione Europea, dove è possibile trovare tutte le informazioni relative alla posizione dell’Ue sui molteplici aspetti del Doha round. Il sito e molte delle pubblicazioni scaricabili sono disponibili sia in inglese che in francese. (1) Il presente elenco di siti web è una versione fortemente aggiornata e rivista di quello contenuto nel volume “Le vie delle globalizzazione: la questione agricola nel Wto”, a cura di Fabrizio De Filippis, edizioni Franco Angeli, 2002. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 187 www.europa.eu.int/comm/agriculture/index_it.htm Si tratta della sezione, all’interno del sito della Direzione generale dell’agricoltura della Commissione Europea, relativa alle politiche agricole. A questo indirizzo si può trovare tutto quello che riguarda la Politica agricola comunitaria (Pac), fra cui un approfondimento circa l’interazione tra Pac e Wto. Il sito è consultabile in tutte le lingue dell’Unione. www.agritrade.org Home page dell’International Food And Agricultural Trade Policy Council; al suo interno si trova un’ampia lista di pubblicazioni dedicate al negoziato agricolo Wto. Il sito è consultabile in inglese. www.agtrade.org Questo sito è il frutto di un progetto dell’International Agricoltural Trade Research Consortium, della Farm Foundation e del Department of Agricultural Economics and Rural Sociology della Pennsylvania State University. L’obiettivo principale è quello di fornire una fonte d’informazione circa le principali tematiche e politiche inerenti al commercio agricolo internazionale. Al suo interno si possono trovare articoli sia divulgativi che a carattere scientifico. La lingua è l’inglese. www.wto.org/english/tratop_e/agric_e/negoti_e.htm In questa sezione del sito ufficiale della Wto è possibile trovare tutte le notizie riguardanti lo stato di avanzamento del nuovo round negoziale in agricoltura. In particolare, si possono trovare i discussion paper e tutti i documenti ufficiali, fra cui le proposte negoziali dei vari gruppi di paesi. La pagina contiene anche il calendario di tutti gli eventi con la relativa documentazione. Il sito è in inglese, francese e spagnolo. www.cid.harvard.edu/cidtrade/issues/agriculture.html All’interno della home page del Center for International Development at Harvard University, questa pagina è dedicata al negoziato agricolo. Altre pagine dello stesso sito trattano gli altri temi negoziali del Doha round. Per ognuno dei temi è possibile consultare un elenco di pubblicazioni scaricabili e trovare i rimandi ad altri utili link. La lingua è l’inglese. Altri temi (barriere tecniche, standard, biotecnologie, diritti di proprietà intellettuale) www.wto.org/english/tratop_e/sps_e/sps_e.htm Pagina del sito Wto dedicata all’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie. www.wto.org/english/tratop_e/tbt_e/tbt_e.htm Pagina del sito Wto dedicata all’Accordo sulle barriere tecniche al commercio. www.fao.org/ag/cgfra/default.htm È il sito della Commission on Genetic Resources for Food and Agriculture (Cgrfa) della Fao. Si tratta di un forum permanente, all’interno del quale i 188 Siti web governi di 160 paesi discutono e negoziano su questioni legate alla agro-biodiversità. Il sito contiene tutte le informazioni e i documenti sui lavori della Commissione (inglese, francese e spagnolo). www.oecd.org/department/0,2688,en_2649_34385_1_1_1_1_1,00.html Pagina del sito dell’Oecd che contiene informazioni sulla regolamentazione dei prodotti biotecnologici (solo in inglese). www.europa.eu.int/comm/environment Sito della Direzione generale dell’ambiente della Commissione Europea; una sottosezione è specificamente dedicata alle biotecnologie, alle risorse genetiche e agli Ogm. Consultabile in tutte le lingua dell’Unione. www.biodiv.org/biosafety È l’indirizzo specifico del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, all’interno del sito del Segretariato della Convenzione sulla Biodiversità del United Nations Environment Programme (Unep). Solo in inglese. www.twnside.org.sg/bio.htm Home page del Third World Network, che tratta questioni relative a biotecnologie, biosicurezza e Ogm, dal punto di vista dei Pvs. In inglese. www.who.int/foodsafety/en Sezione sulla sicurezza alimentare della Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organisation, Who) delle Nazioni Unite; in questa pagina, fra gli altri, sono trattati i temi delle biotecnologie e degli standard alimentari, in cooperazione con esperti della Fao e degli altri dipartimenti della Who. In inglese, francese e spagnolo. www.codexalimentarius.net È il sito della Commissione del Codex Alimentarius, stabilita congiuntamente dalla Fao e dalla Wto per favorire l’armonizzazione degli standard in materia di sicurezza alimentare. In lingua inglese, spagnola e francese. www.cid.harvard.edu/cidtrade/issues/biotechnology.html Nel sito del Center for International Development at Harvard University, questa pagina tratta delle biotecnologie e degli Ogm, in particolare del loro ruolo nella lotta alla fame. La lingua è inglese. www.agbioforum.org Rivista on-line interamente dedicata all’economia e alla gestione delle biotecnologie agro-alimentari. In inglese. Istituzioni nazionali e internazionali www.usitc.gov Questo è il sito della United States International Trade Commission, un’agenzia statunitense che ha il compito di valutare l’impatto del commercio estero sulle industrie nazionali e di indagare sulla correttezza delle politiche commerciali adottate dagli altri paesi. Il sito fornisce una serie di analisi e di Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 189 dati molto dettagliati sulla politica commerciale statunitense. Il sito è consultabile solo in inglese. www.dfait-maeci.gc.ca/tna-nac/wto-e.asp Questo è la pagina relativa alla Wto nell’ambito del sito del Department of Foreign Affairs and International Trade canadese. Vi si trovano molti documenti relativi al nuovo round negoziale e alla posizione del Canada sulle tematiche in discussione. Il sito è consultabile sia in inglese che in francese. www.worldbank.org/research/trade Sito del Development Economics Research Group, gruppo di ricerca sulle tematiche dello sviluppo economico in seno alla Banca Mondiale. Nella pagina iniziale si trovano numerose sottosezioni, fra cui una dedicata ai working papers della Banca Mondiale sul commercio, e una sulle attività di ricerca in corso, sempre nell’ambito del commercio internazionale e con particolare riferimento ai negoziati Wto. Il sito è in lingua inglese. www.oecd.org/topic/0,2686,en_2649_37401_1_1_1_1_37401,00.html Questa è la pagina relativa ad agricoltura, alimentazione e pesca nell’ambito del sito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organization for Economic Cooperation and Development, Oecd). Al suo interno è possibile trovare numerosi documenti relativi alle politiche agrarie nei paesi membri dell’Oecd ed ai processi di liberalizzazione commerciale. Il sito è consultabile sia in inglese che in francese. www.unctad.org Sito ufficiale della United Nations Conference on Trade and Development (Unctad). Oltre alla documentazione sull’attività istituzionale legata ai temi del commercio e dello sviluppo, vi si trova il database Trains (Trade Analysis and Information System): si tratta di un’importante fonte di informazioni relativa ai flussi commerciali e alle barriere tariffarie e non tariffarie per più di 100 paesi. Il sito è in lingua inglese, spagnola e francese. www.amad.org Il sito del progetto Agricultural Market Access Data Base (Amad) è il risultato di uno sforzo congiunto di Agriculture and Agri-food Canada, Commissione europea, Oecd, Unctad, Fao e Usda, per mettere gratuitamente a disposizione del pubblico un database contenente informazioni sulle tariffe relative ai prodotti agricoli (sia le tariffe massime consentite fissate all’accordo Gatt del 1994, che le tariffe effettivamente applicate), sulle quote di importazione a tariffa ridotta introdotte con lo stesso accordo (volumi, tariffe applicate nell’ambito della quota, quantità effettivamente importate), oltre ad alcune informazioni di base sugli scambi commerciali internazionali e su produzione e consumo nei diversi paesi. Il sito è in lingua inglese. www.itd.org Sito del Trade & Development Center, frutto di una collaborazione tra la W- 190 Siti web to e la Banca Mondiale, all’interno di un programma denominato Information Technologies for Development (Itd). Gli argomenti trattati sono quelli della povertà e dello sviluppo, con uno spazio particolarmente ampio dedicato alle regolamentazioni Wto e ai loro effetti sulle aree più povere del mondo. Oltre a numerosi documenti, il sito offre un forum su temi come “commercio e sviluppo sostenibile” e “Pvs e Millennium round”. Il sito è ben articolato, con un elenco delle pagine visitabili e la possibilità di scaricare i testi in inglese, francese e spagnolo. Particolarmente interessante è il link ai corsi formativi organizzati e finanziati dalla Wto, per migliorare la capacità di comprensione delle proprie regole da parte dei Pvs. Centri di ricerca www.newsbulletin.org Elenco di pubblicazioni, delle quali viene fornito un abstract e il riferimento bibliografico completo. Le pubblicazioni sono divise per enti di provenienza (fra cui l’Institute for Agriculture and Trade Policy e l’International Centre for Trade and Sustainable Development) e, al loro interno, per argomento trattato. Il sito è consultabile in inglese. www.brookings.org Home page della The Brooking Institution, un’istituzione indipendente di ricerca sui temi dell’economia, della politica estera e del ruolo dei governi e delle istituzioni. È possibile trovarvi rimandi ad alcuni temi rilevanti nell’ambito della globalizzazione, come ambiente e povertà, insieme a numerosi link ad altri istituti di ricerca. La maggior parte degli argomenti sono trattati dal punto di vista degli Usa. Il sito è consultabile in inglese. www.gtap.agecon.purdue.edu Home page del Global Trade Analysis Project (Gtap), un ampio progetto finalizzato allo studio del commercio globale attraverso un modello di equilibrio economico generale. Il progetto è sostenuto da un consorzio di istituzioni tra le quali figurano l’Oecd, l’Usda e l’Unctad. All’interno si possono trovare tutte le informazioni e le iniziative per chi vuole utilizzare il modello o la base dati. Nel complesso il sito è semplice da visitare, grazie ai link sugli argomenti di maggiore importanza. Nel sito è inoltre possibile cercare sia le istituzioni partecipanti che i singoli membri registrati, attraverso un motore di ricerca interno. Il sito è in lingua inglese. www.iatrcweb.org Home page dell’International Agricultural Trade Research Consortium, un’associazione internazionale di economisti che si occupano del commercio internazionale dei prodotti agricoli, dove si possono trovare varie pubblicazioni di approfondimento. I testi sono facilmente scaricabili in formato pdf. Il sito è consultabile in inglese. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 191 www.ictsd.org Questo è il sito dell’International Centre for Trade and Sustainable Development. Il sito contiene un elenco di bollettini on-line (The Bridges), curati dallo stesso istituto, che hanno come tematiche principali il commercio e lo sviluppo sostenibile. Un’intera sezione è dedicata alla Wto. Le pubblicazioni sono scaricabili in formato pdf; quelle con cadenza mensile sono consultabili, oltre che in inglese, anche in francese, spagnolo e tedesco. www.inea.it/prin Sito del Programma di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale su “Il nuovo negoziato agricolo nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio ed il processo di riforma delle politiche agricole dell’Unione Europea”. Contiene informazioni sugli obiettivi del programma ed i partecipanti, oltre ai risultati della ricerca e rimandi a numerosi link. Organizzazioni non governative (Ong) e rappresentanze della società civile www.oxfam.org Home page dell’Oxfam, una confederazione di 12 Ong che hanno il comune obiettivo della riduzione della “povertà, della sofferenza e dell’ingiustizia”. Nel sito si trovano pubblicazioni che illustrano i temi delle campagne promosse dall’Oxfam: il commercio internazionale (Fair Trade), il debito dei Pvs (Debt relief), l’educazione ad una responsabilità globale (Education for all), i problemi sanitari mondiali (Access to medicine). Infine nella sezione Policy & analysis si trovano i documenti pubblicati dall’Oxfam negli ultimi sei anni; i testi, per la maggior parte in lingua inglese, sono scaricabili in formato pdf. Una parte di essi è disponibile sia in francese che in spagnolo. www.ourworldisnotforsale.org Home page di Our world is not for sale, una rete mondiale di Ong unite per la campagna contro la Wto e il Multilateral Agreement on Investment dell’Oecd. Position papers e documenti sono scaricabili in formato html e talvolta in pdf, in inglese, talvolta in spagnolo e portoghese. Infine, sono disponibili i link alle Ong aderenti. www.iatp.org Home page dell’Institute for Agriculture and Trade Policy (Iatp), che si occupa delle politiche e degli accordi commerciali internazionali che hanno un effetto su consumatori, agricoltori e comunità rurali degli Usa e, più in generale, del mondo. Contiene un osservatorio permanente sugli accordi, le negoziazioni e le dispute della Wto (Trade Observatory). Altri osservatori disponibili sul sito sono quelli relativi all’agricoltura, all’ambiente e all’acqua. Alcuni testi sono acquistabili, mentre altri sono liberamente scaricabili in formato pdf. La lingua del sito è l’inglese, ma diversi contributi sono disponibili anche in spagnolo. 192 Siti web www.ifap.org Home page dell’International Federation of Agricultural Producers (Ifap), nata nel 1946 per riunire le organizzazioni professionali nazionali dei produttori agricoli di tutto il mondo. Il sito è in inglese, ma per i comunicati stampa c’è anche la versione in francese e per le relazioni quella spagnola. www.viacampesina.org Home page di Via Campesina, un movimento internazionale di piccoli produttori agricoli, lavoratori agricoli, donne rurali e comunità indigene di Africa, America, Asia ed Europa, nato nel 1992. Nel sito sono scaricabili i comunicati stampa e i position papers in formato html e pdf; le lingue sono l’inglese, il francese e lo spagnolo. www.twnside.org.sg/trade.htm Home page del Third World Network, una rete internazionale no-profit di organizzazioni e individui interessati ai temi dello sviluppo, del terzo mondo e delle relazioni nord-sud. Una sezione speciale è dedicata alla Wto e alle problematiche connesse ai Pvs. Il sito offre una vasta selezione di articoli e pubblicazioni acquistabili, divisi per argomento e quindi facilmente consultabili, di cui viene fornita una sintesi. All’interno c’è anche un numeroso elenco di rimandi a varie pubblicazioni esterne. Il sito è in lingua inglese. www.southcentre.org È il sito di un’organizzazione intergovernativa di Pvs, denominata South Centre, nata nel 1995, che attualmente comprende 46 partecipanti. Il suo obiettivo è la promozione della solidarietà e della cooperazione tra i Pvs. Nel sito si possono trovare riferimenti a libri e pubblicazioni sulle problematiche dello sviluppo. È presente inoltre un’ampia rassegna di link ad altri siti dedicati ai Pvs. Il sito è consultabile in inglese. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 193 Riferimenti bibliografici AA.VV., Prime valutazioni sulla riforma Fischler, Atti del seminario Coldiretti di Villasimius del 4 Luglio 2003, Materiali del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, Ed. Tellus, Roma, 2003. AA.VV., Towards Food Sovereignty: Constructing an Alternative to the World Trade Organization’s Agreement on Agriculture, documento on-line www.tradeobservatory.org/library/uploadedfiles/Towards_Food_Sovereignty _Constructing_an_Alter.pdf, 2003. Abbott P. C., Young L. M., “Export Competition Issues in the Doha Round”, paper presentato alla Conferenza Internazionale Agricultural policy reform and the WTO: where are we heading?, Capri, 23-26 giugno, 2003. Anania G., “L’agricoltura nell’accordo conclusivo dell’Uruguay round”, in Anania G., De Filippis F. (a cura di), L’accordo Gatt in agricoltura e l’Unione Europea, FrancoAngeli, Milano, 1996. Anania G., Carter C. A., McCalla A. F., “Agricultural Policy Changes, Gatt Negotiations, and the Us-Eu Agricultural Trade Conflict”, in Anania G., Carter C. A., McCalla A. F. (a cura di), Agricultural Trade Conflicts and Gatt. New Dimensions in Us-European Agricultural Trade Relations, Westview Press, Boulder, 1994. Anania G., De Filippis F. (a cura di), L’accordo Gatt in agricoltura e l’Unione Europea, FrancoAngeli, Milano, 1996. Bhagwati J., What Really Happened in Seattle, 1999, articolo disponibile online, www.columbia.edu/~jb38/really.pdf. Bureau J. C., Fulponi L., Salvatici L., “Measuring Trade Liberalisation: Eu and US Committments under the Uruguay Round Agreement on Agriculture”, European Review of Agricultural Economics 27 (3), 2000. Bureau J. C., Salvatici L., “WTO Negotiations on Market Access: What We Know, What We Don’t and What We Should”, paper presentato alla Conferenza Internazionale Agricultural policy reform and the WTO: where are we heading?, Capri, 23-26 giugno, 2003. Corazza G., Uruguay Round e politica agraria europea, Gangemi Editore, 1997. Cuffaro N., “Il Wto dall’Uruguay round a Cancun: una lettura in chiave Nord-Sud”, in corso di stampa su QA - La Questione Agraria, n. 3, 2003. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 195 De Filippis F., “Il negoziato agricolo nell’Uruguay round del Gatt”, in Anania G., De Filippis F. (a cura di), L’accordo Gatt in agricoltura e l’Unione Europea, FrancoAngeli, Milano, 1996. De Filippis F., (a cura di), Le vie della globalizzazione: la questione agricola nel Wto, FrancoAngeli, 2002. De Filippis F., “Il vertice Wto: Quelli che hanno perso e quelli che non hanno vinto”, Campagna amica, n. 8/9, 2003. De Filippis F. et al., La revisione di medio termine della politica agricola europea, Edizioni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, Ed. Tellus, Roma, 2003. De Filippis F., Salvatici L., “Dopo Seattle: l’agricoltura nell’agenda dei negoziati commerciali del Wto”, QA - La Questione Agraria, 1, 2000. Fao, World Food Summit - Plan of Action, Roma, 13/17 novembre1996. Gallezot J. “Accès au marché agricole et agro-alimentaire de l’Union européenne: Le point de vue du négociateur à l’OMC et celui du douanier”, Economie Rurale, n. 267, pp 43-54, 2002. Gibson P., Wainio J., Whitley D., Bohman M., “Profiles of Tariffs in Global Agricultural Markets”, Agricultural Economic Report 796, Usda, Ers, Washington DC, 2001. Ingco M., “Agricultural Trade Liberalization in the Uruguay Round: One Step Forward, One Step Back?”, relazione alla Conferenza su Uruguay Round and the Developing Economies, World Bank, Washington DC, 26-27 gennaio 1995. Institute for agriculture and trade policy (Iatp), “United States dumping on world agricultural markets”, Cancun Series Paper, n. 1, www.tradeobserva tory.org/pages/home.cfm. International Centre for Trade and Sustainable Development (Ictsd), Bridges n. 9, anno 5, 2001, www.ictsd.org/monthly/bridges/BRIDGES5-9.pdf. International Centre for Trade and Sustainable Development (Ictsd), Wto Ministerial Conference, 1996, documento on-line, www.ictsd.org/ministerial/ singapore/story9-13-12-96.htm Istituto nazionale di economia agraria (Inea), Le politiche agricole dell’Unione Europea - Rapporto 2000, Roma, 2001. Istituto nazionale di economia agraria (Inea), Le politiche agricole dell’Unione Europea - Rapporto 2001-2002, Roma, 2002. Jackson J., The World Trading System, The MIT Press, Cambridge Mass., 1989. Josling T., “Domestic Farm Policies and the Wto Negotiations on Domestic 196 Riferimenti bibliografici Support”, paper presentato alla Conferenza Internazionale Agricultural policy reform and the WTO: where are we heading?, Capri, 23-26 giugno, 2003. Kennedy L., Brink L., Dyck J., MacLaren D., “Domestic Support Issues in the Wto Negotiations on Agriculture”, Iatrc Commissioned Paper, n. 16, maggio, 2001. Meilke K., Rude J., Burfisher M., Bredahl M., Market Access: Issues and Options in the Agricultural Negotiations, Iatrc Commissioned Paper n. 14, maggio, 2001. Messerlin, P., Measuring the Costs of Protection in Europe: European Commercial Policy in the 2000s, Institute for International Economics, Washington D. C., 2001. Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per la Cooperazione Economica, traduzione non ufficiale della Dichiarazione ministeriale di Doha, 2001, documento on-line www.esteri.it/polestera/wto/all5.pdf. Oecd, Preliminary Report on Market Access Aspects of Uruguay Round Implementation, Com/Agr/Apm/Td/Wp (99)50, Parigi, giugno, 1999. Orden D., “Le politiche agricole degli Usa tra retorica e realtà: il farm bill del 2002 e la proposta per il negoziato di Doha”, in AA.VV., Le Politiche agricole nel mondo, Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, n. 2, Ed. Tellus, Roma, 2003. Oxfam, Rigged rules and double standards - Trade, globalisation, and the fight against poverty, documento on-line, www.maketradefair.com/style sheet.asp?file =26032002105641, 2002. Parenti A., Il Wto - Cos’è e come funziona l’Organizzazione mondiale del commercio, Ed. Il Mulino, Collana “Farsi un idea”, Bologna, 2002 Podbury T., Roberts I., “Wto Agricultural Negotiations. Important Market Access Issues”, Abare Research Report, n. 99.3, Canberra, 1999. Salvatici L., “Meccanismi di regolazione delle relazioni commerciali internazionali: il caso del Gatt”, in Fabiani G. (a cura di), Tra protezionismo e liberalizzazione dei mercati - Nuovi assetti internazionali in agricoltura, FrancoAngeli, Collana di Quaderni «QA - La Questione Agraria», Roma, 1990. Salvatici L., “Dall’accordo generale sulle tariffe e sul commercio, all’organizzazione mondiale del commercio”, in Anania G., De Filippis F. (a cura di), L’Accordo Gatt in agricoltura e l’Unione Europea, FrancoAngeli, Milano, 1996. Salvatici L., De Filippis F., “La nuova Pac dopo la riforma Mac Sharry”, Europa e Mezzogiorno, n. 30, 1994. Salvioni C., “Il sostegno alla produzione nel nuovo farm bill Usa” in corso di stampa su QA - La Questione Agraria, n. 3, 2003. Quaderni del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione 197 Scoppola M., Le multinazionali agroalimentari. I mercati e le politiche, Carocci, Roma, 2000. Skully D. W., Economics of Tariff-Rate Quota Administration, Technical Bullettin n.1893, Usda, Ers, Washington DC, 2001a. Skully D. W., “Liberalizing Tariff-Rate Quotas”, in Burfisher M. (a cura di), Agricultural Policy Reform in the Wto. The Road Ahead, Agricultural Economic Report n. 802, Usda, Ers, Washington DC, 2001b. Wto, Trading into the future, documento on-line, www.wto.org, 2001a. Wto, Wto Agriculture Negotiations. The issue, and where we are now, documento on-line, www.wto.org, 2001b. Young L. M., Abbott P. C., Leetmaa S., “Export Competition: Issues and Options in the Agricultural Negotiations”, Iatrc Commissioned Paper, n. 15, maggio, 2001. 198 Riferimenti bibliografici PUBBLICAZIONI DEL FORUM INTERNAZIONALE DELL’A GRICOLTURA E DELL’A LIMENTAZIONE GLI ATTI DI CERNOBBIO Rigenerando l’agricoltura nella nuova società 19-20 ottobre 2001 Come tutelare il made in Italy alimentare 25-26 ottobre 2002 I QUADERNI La rigenerazione dell’agricoltura - Materiali per un dibattito n. 1 maggio 2003 Le politiche agricole nel mondo n. 2 settembre 2003 Wto e agricoltura prima e dopo la Conferenza di Cancun n. 3 ottobre 2003 I MATERIALI La revisione di medio termine della politica agricola europea marzo 2003 Prime valutazioni sulla riforma Fischler Atti del Seminario di Villasimius, 4 luglio 2003 Le pubblicazioni del Forum possono essere richieste a: Edizioni Tellus, Via XXIV Maggio 43, 00187 Roma tel. 06 4883424 · e-mail: [email protected] Stampato nel mese di ottobre 2003 Tutti i diritti riservati © Edizioni Tellus srl