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INTRODUZIONE
Le vendite dei prodotti riconducibili alla filiera del Commercio equo e
solidale (Comes) in Europa sono aumentate in media del 20% l'anno dal 2000,
raggiungendo un fatturato di oltre 630 milioni di euro nel 2004, a beneficio di
quasi un milione di lavoratori in 45 diversi paesi dell’Africa, dell’Asia e
dell’America Latina, e delle loro famiglie, per un totale stimato di 6 milioni di
persone1.
I punti vendita sono circa 80 mila: la grande distribuzione conta oltre 57
mila supermercati, circa 19 mila sono gli esercizi commerciali e sono poco meno
di tremila le Botteghe del Mondo che impegnano più di 100 mila volontari
(tabella 1).
In Italia il fatturato complessivo del Comes nel 2001 era di poco superiore
a 16 milioni di euro, nel 2004 è stato di circa 100 milioni: il 56% riferito alle circa
500 botteghe attive nel Paese e il resto alla grande distribuzione2.
Dal 2004 al 2005 il volume complessivo dei prodotti alimentari certificati
da Flo venduti in Italia ha registrato un incremento medio del 25% e dal 2002 il
valore dei prodotti equi e solidali a marchio Fairtrade distribuiti al di fuori del
circuito delle botteghe ha visto un tasso di crescita medio annuo superiore al 37% 3
.
Un incremento che sta a dimostrare il crescente interesse dei consumatori
europei nei confronti degli acquisti responsabili e che rende la realtà del
commercio etico un ambito dinamico e con caratteristiche del tutto peculiari.
In questo contesto l’applicazione delle tecniche di marketing nate e
sviluppatesi nel commercio tradizionale è un fenomeno relativamente recente e
poco sviluppato ma degno di analisi perchè si è dovuto differenziare da quello
classico, adeguandosi agli standard indicati da Ifat4, la Federazione
internazionale per il commercio alternativo: «le organizzazioni diffondono
1
Fairtrade TransFair Italia, Annual report 2007.
Jean-Marie Krier, Fair Trade in Europe 2001 e Fair Trade in Europe 2005.
3 http://www.fairtradeitalia.it/.
4 International Federation of Alternative Trade.
2
2
informazioni sugli obiettivi del Commercio equo e solidale. La pubblicità e le
tecniche di marketing utilizzate devono essere trasparenti ed oneste.
Ogni organizzazione si impegna a fornire i più alti standard qualitativi per
i prodotti e per il confezionamento degli stessi».
La prima parte di questo lavoro è dedicata alla nascita, allo sviluppo e ai
principi a cui si ispira il Commercio equo. Viene poi presentata la filiera italiana,
con particolare attenzione ai canali distributivi umbri, per concentrarsi infine sul
mercato dei prodotti del Comes in Umbria che viene analizzato attraverso lo
studio di un centro di distribuzione, la Coop Umbria, e una Bottega del Mondo,
Monimbò. Va opportunamente precisato che Commercio equo e solidale è la
definizione utilizzata in Italia dalla rete facente capo a Ctm Altromercato,
Consorzio di Botteghe del Mondo con sede a Bolzano. La denominazione
prevalente a livello internazionale è invece Fair Trade, con le varie traduzioni
nelle lingue nazionali: Commerce équitable nei Paesi francofoni, Comercio justo
in quelli ispanofoni.
2000
2005
% di
cambiamento
97
200
+106
Botteghe del Mondo
2.740
2.854
+4
Supermarkets
43.100
56.700
+32
Altri
18.000
19.300
+7
63.800
78.900
+24
Org.zioni di importazione
118.900
243.300
+105
Botteghe del Mondo
41.600
103.100
+148
Org.zioni di etichettatura
208.900
597.000
+186
Organizzazioni d’importazione
Punti vendita
TOTALE
Fatturato in 000 €
Spese per formazione, PR, marketing in 000 €
Org.zioni di importazione
5.600
11.400
+104
Botteghe del Mondo
1.000
1.700
+70
Org.zioni di etichettatura
3.500
5.100
+46
10.100
18.300
+81
TOTALE
Tabella 1. Sintesi statistica di 5 anni di Fair Trade in Europa5
5
Jean-Marie Krier, “Fair Trade in Europe 2005, facts and figures in 25 european countries”.
3
CAPITOLO 1
Nascita e sviluppo del Commercio equo e solidale
1.1 Storia del Comes
Nel 1959 a Kerkrade, una piccola città olandese, un gruppo di giovani del
Partito cattolico olandese fonda SOS Wereldhandel6 con lo scopo di avviare una
campagna per reperire latte in polvere da inviare in Sicilia. A questa prima
iniziativa ne seguono altre, caratterizzate però da un approccio differente: le
raccolte di fondi vengono effettuate per dare assistenza finanziaria a gruppi di
produttori in aree economicamente svantaggiate, aiutandoli così a divenire solide
e autonome realtà commerciali.
Cinque anni più tardi, nella conferenza Unctad7 di Ginevra, viene lanciato lo
slogan Trade not aid per sintetizzare il nuovo orientamento delle politiche di
sviluppo: favorire un maggior equilibrio nella distribuzione della ricchezza
mondiale attraverso il miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi
economicamente meno sviluppati (Pems). Fino a quel momento le nazioni
industrialmente più sviluppate avevano essenzialmente ignorato il problema
dell'accesso al mercato dei Pems preferendo offrire loro prestiti ed aiuti allo
sviluppo.
È il 1965 quando Oxfam, organizzazione non governativa inglese fondata da
un gruppo di Quaccheri e da altri gruppi religiosi ad Oxford, che dalla fine della
Seconda Guerra Mondiale aveva cominciato ad interessarsi al problema della
fame nel mondo avviando progetti di cooperazione nei Pems, lancia il programma
Bridgehead, con il quale inizia l'importazione di artigianato da Africa, Asia e
America Latina. Bridgehead diviene ben presto una Ato8, Organizzazione per il
commercio alternativo, la cui missione è legare contadini e artigiani del Terzo
Mondo ai consumatori del Primo Mondo.
6
Secondo importatore europeo per volume d'affari dopo Gepa in Germania.
United Nations Conference on Trade and Development.
8 Alternative Trade Organization.
7
4
Nel 1969 nasce la prima Bottega del Mondo nella piccola città olandese di
Breukelen.
Inizia così un primo sviluppo europeo del Commercio equo.
I militanti di SOS Wereldhandel aprono punti vendita in tutte le città dove
sono presenti dando vita alla rete Botteghe Terzo Mondo; in soli due anni
raggiungono il numero di 120. Organizzazioni di commercio alternativo nascono
in altri Paesi come Belgio, Germania, Svizzera, Austria, Francia e Svezia.
Il periodo compreso fra il 1974 e il 1975 rappresenta una fase di
collegamento del Commercio equo ai movimenti terzomondisti, antinucleari,
ambientalisti, femministi. L'importazione di prodotti si lega ad un messaggio
politico o di solidarietà internazionale: caffé dal Nicaragua e dalla Tanzania o dai
Paesi dell'African Frontline come sostegno alla lotta anti-apartheid. Dopo la
rivoluzione del 1979, ad esempio, il caffé del Nicaragua diviene un prodotto
simbolo: rappresenta il sostegno al regime Sandinista.
Tale impostazione rimarrà per lungo tempo nell’attività di Commercio equo
tanto da marcare l'inizio di questo movimento in Italia: le confezioni di caffé del
Nicaragua importato dalla Cooperativa Terzo Mondo (Ctm) conterranno fino al
1991 un esplicito sostegno alla rivoluzione Sandinista.
A partire dalla metà degli anni ’70, l’economia internazionale è
caratterizzata da una forte spinta neoliberista. I grandi organismi finanziari, Fondo
Monetario
Internazionale
e
Banca
Mondiale,
sollecitati
dalle
imprese
multinazionali, cominciano a condizionare gli aiuti per un riaggiustamento in
senso liberista delle politiche economiche e sociali. Si delinea inoltre
un'opposizione al sistema di accordi internazionali protezionisti sulle tariffe dei
beni commerciali. Il protezionismo e le tariffe preferenziali vengono viste come
ostacoli allo sviluppo e come tali da abolire.
Le conseguenze di queste politiche sono disastrose per i piccoli produttori
dei Pems. All’inizio degli anni ’80 i prezzi delle materie prime crollano portando
ad un aumento del divario fra Paesi ricchi e Paesi poveri.
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Le organizzazioni di commercio alternativo non sono più in grado di
assorbire una domanda crescente e si rende necessario coinvolgere il settore
commerciale tradizionale nelle pratiche etiche.
6