soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”…

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soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”…
Pentecoste – Gv 20,19-23
«…soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”…»
Introduzione
Con la domenica di Pentecoste si completa il tempo di Pasqua. Sono passati 50 giorni dal
giorno in cui abbiamo celebrato la vittoria di Cristo sulla morte e, così come nell’antico
Israele con questa festa si ricordava il dono della Legge che Dio, per mezzo di Mosè, aveva
dato al popolo sul monte Sinai, adesso, i cristiani vogliono fare memoriale della Legge Nuova
scritta non più su tavole di pietra ma scolpita nel cuore di ognuno per mezzo del dono dello
Spirito Santo. L’importanza di questo evento, da un punto di vista liturgico, è sottolineata
dall’esigenza di una Veglia che, appunto, precede il giorno solenne della festa. È una
celebrazione vigiliare importante come quella di Natale e di Pasqua proprio perché si
riconosce allo Spirito un ruolo fondamentale: se a Natale celebriamo l’evento
dell’Incarnazione e a Pasqua quello della Redenzione con la Pentecoste, attraverso il dono
dello Spirito, facciamo memoria viva della nascita della Chiesa e, all’interno di essa, di ogni
battezzato, abitato dallo Spirito Santo e mosso a vivere in modo nuovo.
Per diversi motivi culturali e di impostazione religiosa, purtroppo, ancora si stenta a dare
centralità allo Spirito Santo tanto da essere definito un “illustre Sconosciuto”. Sin dagli anni
del catechismo siamo stati introdotti alla conoscenza della vita di Gesù e del suo mistero
Pasquale; ci è stato detto che Dio Padre è il Creatore di tutte le cose ma, dello Spirito Santo
non sappiamo dire molto. Eppure è partire dalla presenza di questa Persona della Santissima
Trinità che tutto prende avvio. È impossibile staccare l’azione del Padre e del Figlio da quello
dello Spirito non solo perché la Trinità agisce insieme ma perché c’è sempre continuità tra
ciò che ha compiuto il Padre, ciò che ha realizzato il Figlio e quanto costantemente rinnova lo
Spirito Santo. Ignorare l’azione dello Spirito equivale a bloccare tutto ad un passato che non
c’è più e che nessuna forza rigeneratrice può avere. Ecco perché senza lo Spirito ogni
elemento della nostra fede rischia di rimanere lettera morta e la nostra esperienza cristiana
rimane inevitabilmente rinchiusa in una dimensione passata. Lo Spirito è l’azione potente di
Dio dentro ognuno di noi e dentro la Chiesa come corpo mistico di Cristo. Lo Spirito è il “dito
della mano di Dio” – come cantiamo in un famoso inno. È Dio all’opera! È il soffio del Cristo
Risorto; è l’eterno abbraccio di Amore del Padre e del Figlio partecipato ai credenti. Pertanto
questa domenica può essere l’occasione per riscoprire l’importanza dello Spirito nella nostra
vita. Attraverso la Liturgia della Parola si avrà modo di riflettere su alcuni aspetti dello Spirito
partendo dal momento della sua effusione – prima lettura – fino ad arrivare alle
conseguenze nella vita del cristiano – seconda lettura – e ponendo al centro di tutto il
“passaggio di consegne” fra il Risorto e lo stesso Spirito.
Il Vangelo di questa domenica, infatti, è collocato nel contesto delle apparizioni del Risorto. È
lo stesso brano che la liturgia ci ha fatto ascoltare la seconda domenica di Pasqua con
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l’obiettivo di aiutarci a riflettere sul fatto che, attraverso il dono dello Spirito, il Cristo Risorto
continua a vivere ad agire nella vita della Chiesa.
1. «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte…»
La prima annotazione del Vangelo somiglia molto alla descrizione iniziale del brano degli Atti
degli Apostoli. Si dice che la porta del luogo dove si trovavano i discepoli (probabilmente il
Cenacolo) era chiusa. Questa chiusura esprime la condizione interiore di coloro che Gesù
aveva chiamato. È una chiusura dettata dalla paura; è conseguenza di una sconfitta e di un
fallimento; somiglia all’atteggiamento di chi ha gettato la spugna. Ogni chiusura è sinonimo
di morte, perché nella chiusura non circola più aria. La metafora della chiusura descrive la
condizione della chiesa senza lo Spirito. Papa Francesco ripete spesso che una chiesa chiusa
è una chiesa malata; al contrario, una chiesa aperta è una chiesa viva, anche se corre il
rischio di sporcarsi. Dopo la morte i discepoli si sentivano schiacciati dal peso di quanto era
accaduto. Si ritenevano incapaci di continuare l’opera del loro Maestro. Pensavano che le
forze esterne fossero più potenti della Parola di Colui che li aveva chiamati. E allora la
chiusura era l’inevitabile sigillo da apporre su un fallimento dichiarato. È in questo contesto
che appare il Risorto e comunica il dono dello Spirito. L’evangelista Giovanni nel suo
racconto più volte si sofferma sulla realtà dello Spirito. In particolare, nei cosiddetti discorsi
di addio che precedono gli eventi di Pasqua, pone sulla bocca di Gesù degli insegnamenti nel
quali si parla esplicitamente dello Spirito. Gesù dice ai suoi che è necessario che Egli torni al
Padre perché in questo modo loro potranno ricevere un altro Consolatore, lo Spirito Santo.
Si tratta di Colui che continuerà la sua opera, ricorderà ai suoi discepoli tutto ciò che Egli
stesso aveva detto e li guiderà alla verità tutta intera; in questo modo l’opera voluta da Dio
Padre e realizzata da Dio Figlio continua attraverso l’agire potente e liberissimo dello Spirito
Santo descritto, nella prima lettura, con le immagini del fuoco e del vento; poiché lo Spirito è
Amore eterno Vita che rinnova e rigenera; fuoco che infiamma e vento che soffia
perennemente.
2. «…Pace a voi…i discepoli gioirono al vedere il Signore…»
La sconfitta di ogni chiusura coincide con la conoscenza dei primi “frutti” dello Spirito. San
Paolo nelle sue lettere rifletterà molto sullo Spirito Santo mostrando una nuova antropologia
segnata dal dono dello Spirito che, ormai, abita in noi e che agisce in collaborazione con la
nostra libertà. In una pagina della lettera ai Galati (capitolo 5) mette a confronto le opere
della carne (ovvero dell’uomo vecchio, cioè del peccato) con il frutto dello Spirito Santo. Se
noi ci lasciamo guidare dal peccato, imboccando la strada della ribellione a Dio
inevitabilmente arriviamo alla morte poiché il peccato è rifiuto della vita a partire dalla sua
Sorgente. Al contrario lo Spirito genera vita eterna e tutto ciò che è secondo lo Spirito è
pienezza di vita. La sua accoglienza determina “amore, gioia, pace, magnanimità,
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benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). È una sorgente inarrestabile,
una cascata di vitalità divina; una potenza che riflette i raggi dell’Onnipotente.
La prima parola del Risorto e la prima reazione dei discepoli ci riportano all’interno di due
aspetti del frutto dello Spirito: Gesù apparendo dice: “Pace a voi” e i discepoli reagiscono
manifestando “gioia”. Pace e gioia, segni e semi dello Spirito che è entrato a porte chiuse per
sconfiggere ogni chiusura e per aprire le porte di ogni cuore. Lo Spirito è pace perché rende
presente la riconciliazione operata da Cristo sulla croce. Ormai siamo stati riconciliati! Non
siamo più in lotta contro Dio e non siamo nemmeno destinati a lottare in eterno contro noi
stessi. Ma è anche gioia perché ci fa prendere consapevolezza di essere abitati da Dio.
Scatena la gioia dentro di noi, mentre siamo immersi nella tribolazione delle tante prove che
la vita ci mette davanti, perché ci fa vivere alla presenza di Dio che è più forte e più grande di
ogni avversità.
I primi versetti del Vangelo ci mostrano come lo Spirito ha la grande capacità di ribaltare ogni
situazione umana di fallimento dalla chiusura delle porte alla tristezza dei discepoli. Quando
ci lasciamo guidare dallo Spirito, quando gli diamo spazio e consentiamo a questa Forza
straordinaria di orientare la nostra vita, allora sperimentiamo un capovolgimento totale di
ciò che viviamo: la tristezza si trasforma in gioia, la noia in entusiasmo, la chiusura in
apertura, il silenzio timido in parola che fa ardere i cuori, la paura in coraggio, il peccato in
grazia. Tutte queste abbiamo potuto constatarle nel racconto degli Atti degli Apostoli che
abbiamo ascoltato nel tempo di Pasqua. La lettura di ciò che accade ai discepoli in quelle
pagine è molto utile per capire cosa voglia dire essere una chiesa animata dallo Spirito Santo.
3. «…Soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo”»
E arriviamo al momento in cui le immagini cedono il posto alla realtà. Il Risorto partecipa il
suo soffio vitale ai discepoli. Così come il Creatore aveva soffiato sulle narici delle prime
creature rendendole esseri viventi, allo stesso modo il Redentore soffia sui suoi e da quel
momento diventano esseri credenti. Lo Spirito è il respiro del Cristo! I Padri della Chiesa
commentavano questo grande mistero affermando che l’ultimo respiro del Cristo è
diventato il primo respiro della Chiesa. Il respiro è la cifra della vita perché ne rappresenta la
possibilità concreta. Cristo, per mezzo del suo Spirito, ci comunica la sua stessa vita. Non
un’altra; non qualcosa che ci assomiglia ma la sua stessa vita, se stesso che è l’irradiazione
della gloria del Padre e l’impronta della sua sostanza (Eb). Vivere nello Spirito vuol dire
vivere in Cristo e vivere di Cristo. Questo soffio somiglia molto a quanto avviene all’interno di
una coppia di innamorati li dove il respiro dell’uno – in un abbraccio che mai si interrompe –
passa nella vita dell’altro. L’Amato (Cristo) ci comunica l’Amore (Spirito) e ci rende Amati; ci
abilita ad amare come Lui; instaura in noi potenzialità inattese, facoltà inaudite, desideri
prima inimmaginabili. Dal momento di quel soffio siamo diventati non più esseri carnali ma
spirituali, cioè persone abitate dallo Spirito e chiamate ad affrontare ogni cosa con la forza
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dello Spirito. Attenti però a non tradurre l’aggettivo “spirituale” con sinonimi sbagliati.
Perché essere spirituali non vuol dire astrarsi dalla storia o vivere momenti devozionali
staccati dalla vita. Colui che è spirituale – e tutti in qualche modo lo siamo – vive le lotte e le
contraddizione della vita, sperimenta i fallimenti, fa i conti con la carne, subisce il fascino
delle cose passeggere…ma sa bene che tutte queste cose non lo definiscono mai
pienamente. Sà di avere dentro di sé una Forza che lo spinge sempre oltre il passo appena
compiuto; lo spinge oltre il peccato orientandolo verso la grazia; lo spinge oltre la
rassegnazione guidandolo verso la speranza; lo spinge oltre il fallimento facendogli
intravedere la vita eterna…Lo Spirito è Colui che ci muove oltre! Non fa cose nuove ma fa
nuove tutte le cose! Non crea vite diverse ma rigenera ogni vita! Non immette dentro storie
ideali ma dà fantasia per vivere ogni storia in modo originale. Sì, perché lo Spirito è la
fantasia di Dio e se noi Lo accogliamo ne diventiamo i giullari, come Francesco di Assisi o
come Madre Teresa di Calcutta, come don Pino Puglisi o come Giovanni Bosco…perché i
santi sono stati uomini e donne come noi ma che, ad un certo punto, hanno scommesso
tutta la loro vita su questo misterioso “respiro” consegnandogli tutta la loro vita. E lo Spirito
ha lavorato in e su ciascuno di loro. Perché lo Spirito si chiama “Santo” non solo perché ci
comunica la santità di Dio ma anche perché ci fa santi. Allora, accogliere lo Spirito e vivere
dello Spirito vuol dire, in definitiva, vivere da Santi. Penso che ne valga la pena!
Don Baldo Reina
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