3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia

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3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Vol. 74; n. 4 Supplement 1, December 2002
Founded
in 1924
by:
G. Nicolich
U. Gardini
G.B. Lasio
Indexed in
Medline/Index Medicus
EMBASE/Excerpta Medica
Medbase/Current Opinion
SIIC Data Base
Urological and Andrological Sciences
Official Journal
of the SIEUN
Periodico trimestrale - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano
Società Italiana
di Ecografia Urologica,
Nefrologica e Andrologica
3° Congresso Nazionale
Società Italiana
di Endourologia
7-9 Aprile 2003 - Bari
Urological and Andrological Sciences
Official Journal of the SIEUN
Società Italiana di Ecografia Urologica, Nefrologica e Andrologica
Indexed in
Medline/Index Medicus
EMBASE/Excerpta Medica
Medbase/Current Opinion
SIIC Data Base
Founded in 1924 by: G. Nicolich, U. Gardini, G.B. Lasio
3° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Bari, 7-9 Aprile 2003
Giunta Esecutiva
G. Bianchi (Presidente), R.M. Scarpa (Vice Presidente), E. Montanari (Segretario),
M. D'Armiento (Membro nominato dal Presidente), L. Defidio (Tesoriere)
Consiglio Direttivo
P. Cortellini, M. Dal Bianco, A. De Lisa, V. Disanto, F. Germinale, G. Guazzoni, D. Mannini, F. Merlo
Collegio dei Probi Viri
Effettivi: T. Lotti, S. Rocca Rossetti, E. Usai - Supplenti: G. Fiaccamento, A. Traficante
Comitato Scientifico
E. Pisani (Presidente), A. Pagliarulo (Coordinatore), G. Breda, S. Caggiano, P. Caione, F. Caramia,
L. Cormio, A. De Lisa, S. Micali, F. Porpiglia, A. Trippitelli, A. Tubaro, G. Zanetti, F. Zattoni
Informazioni Generali
Segreteria Scientifica
Arcangelo Pagliarulo
Emanuele Montanari
Azienda Ospedaliera – Ospedale Policlinico Consorziale
Piazza Giulio Cesare, 11 – 70124 Bari
Tel. +39 080 5478741 Fax +39 080 5593150
Abstracts e Videotapes
Emanuele Montanari
Istituto di Urologia
Università degli Studi di Milano
Via della Commenda 15 – 20122 Milano
Tel. +39 02 55034546/4502 Fax +39 02 50320584
e.mail: [email protected]
Segreteria Organizzativa
Emilia Viaggi Congressi & Meeting
Via del Pratello 2/b – 40122 Bologna
Tel.051.235993 Fax 051.2914455
e.mail: [email protected]
Segreteria IEA
Via del Pratello 2/c 40122 Bologna
Tel.051.2960103 Fax 051.2919210
e.mail: [email protected]
Sede del Congresso e Chirurgia in Diretta
Hotel Sheraton Nicolaus Bari
Via Cardinale A. Cascia, 9 – 70124 Bari
Tel. +39 080 5682111 Fax +39 080 5042548
I
Iscrizioni dopo il 28 febbraio 2003 e in Sede Congressuale
Soci IEA
Non Soci IEA
Specializzandi*
Infermieri**
Cena sociale
Programma sociale
Euro 260,00 (+ iva 20%) =
Euro 310,00 (+ iva 20%) =
Euro 130,00 (+ iva 20%) =
Euro 65,00 (+ iva 20%) =
Euro 55,00 (+ iva 20%) =
Quotazione da richiedere alla
Euro 312,00
Euro 372,00
Euro 156,00
Euro 78,00
Euro 66,00 (fino ad esaurimento posti)
Segreteria organizzativa
Espositori e sponsor: Verranno forniti su richiesta un massimo di n. 3 badges gratuiti NON NOMINATIVI per Azienda . Il badge darà diritto a Sandwich Lunch, Coffee Station
e all’accesso all’area espositiva. Non dà diritto all’ingresso in sala per i
lavori scientifici.
*La scheda di adesione degli Specializzandi deve essere accompagnata da una dichiarazione
della Scuola di Specializzazione di Urologia .
**La scheda di adesione degli Infermieri deve essere accompagnata dalla fotocopia del Tesserino
Sanitario.
La quota di iscrizione include: partecipazione ai lavori scientifici, kit congressuale, attestato di partecipazione, sandwich lunch, coffee station.
Programma Sociale
Per la giornata di lunedì 7 aprile: escursione alle Grotte di Castellana, visita di Alberobello con pranzo ed esibizione di un rinomato maestro trullare.
Per la mattinata di martedì 8 aprile: visita guidata della città di Bari.
La cena sociale si terrà martedì 8 aprile 2003 alle ore 21.00 a Villa Romanazzi Carducci
(Via G. Capruzzi, 326 – 70124 Bari – Tel +39 080 5427400 Fax +39 080 5560297).
Come raggiungere Villa Romanazzi Carducci:
Una navetta al servizio dei congressisti partirà il giorno 8 aprile 2003.
L’appuntamento è per le ore 20.15 nella Hall dell’ Hotel Sheraton Nicolaus.
Auto:
Dalla tangenziale (SS 16): uscita n. 10/A Bari Picone direzione Centro, seguendo le indicazioni.
Dall’autostrada A 14: uscita Bari Sud direzione Centro seguendo le indicazioni.
Per accedere alla cena sociale è assolutamente necessariopresentare il badge all’ingresso: solo
in questo modo potrà essere rilevato l’avvenuto pagamento.
Come raggiungere l’Hotel Sheraton Nicolaus
In aereo: l’aereoporto internazionale “Palese” di Bari dista circa 12 Km dalla Sede Congressuale.
Un servizio di Shuttle Bus Alitalia collega l’aereoporto alla Stazione Ferroviaria. Dalla Stazione
Ferroviaria Centrale un servizio pubblico di bus (n. 6 o n. 10) permette di raggiungere la Sede
Congressuale
In treno: Dalla Stazione Ferroviaria la Sede Congressuale è raggiungibile con un servizio di bus (n.
6 o n. 10).
In auto: le principali autostrade collegano la Sede Congressuale.
Da Nord: autostrada A 14 uscita Bari Nord - Immettersi sulla Tangenziale seguendo direzio
ne Brindisi-Lecce, uscita n.11 Poggiofranco - seguire poi la segnaletica dell’hotel.
Da Sud: uscita n. 11 Poggiofranco - seguire poi la segnaletica dell’hotel.
Sede alberghiera e tariffe
Hotel Sheraton Nicolaus Bari
Via Cardinale A. Cascia, 9 – 70124 Bari
Tel. +39 080 5682111 - Fax +39 080 5042548
Camera doppia uso singola:
Camera doppia:
Euro 143,00
Euro 182,00
I prezzi sono per camera, per notte, inclusivi di pernottamento e prima colazione.
Diritti di prenotazione ( non rimborsabili): Euro 16,00
II
L’opzione degli alberghi è scaduta il 24 gennaio 2003. Emilia Viaggi Congressi & Meeting s.r.l.
provvederà comunque ad evadere le richieste in base alla disponibilità.
Orari della Segreteria Organizzativa
Segreteria Organizzativa:
Tel. +39 080 5682023
Fax +39 080 5048548
I numeri della Segreteria Organizzativa presso la Sede Congressuale saranno attivi a partire
dalle ore 7.00 del giorno 7 aprile 2003.
Coffee Station e Sandwich Lunch
Sono previsti coffee station per tutta la durata della manifestazione e sandwich lunch
nelle giornate di lunedì 7 e martedì 8 aprile 2003, dalle ore 11.30 alle ore 14.30
presso le aree espositive.
Corsi didattici e Simposi
Sarà possibile richiedere informazioni dettagliate in merito a programmi e relatori
dei Corsi didattici e dei Simposi alla Segreteria Organizzativa in Sede Congressuale.
Attestato di partecipazione al Congresso
L’attestato di partecipazione verrà rilasciato presso il Desk della Segreteria Organizzativa al
termine del Congresso. Il certificato verrà rilasciato solo a fronte della restituzione del badge.
Esposizione Tecnico-scientifica
Nell’ambito del Congresso sarà allestita un’esposizione Tecnico–scientifica alla quale
parteciperanno aziende farmaceutiche ed aziende produttrici di apparecchi elettromedicali.
Assemblea dell’Associazione Italiana di Endourologia (I.E.A.)
La Seduta Amministrativa della I.E.A. si svolgerà martedì 8 aprile 2003
dalle ore 19.00.
L’accesso all’assemblea è riservato ai Soci I.E.A. in regola con la quota dell’anno 2002.
4° Congresso Nazionale della Società Italiana di Endourologia (I.E.A.)
Sarà possibile richiedere informazioni sul 4° Congresso Nazionale della Società Italiana
di Endourologia (I.E.A.) che si svolgerà a Sorrento (NA) dal 22 al 24 Marzo 2004
(Presidente del Congresso: Prof. Massimino D’Armiento) alla Segreteria Organizzativa
in Sede Congressuale.
Educazione Continua in Medicina (ECM) = 15 crediti
Il Congresso è stato accreditato presso il sistema ECM attraverso l’Associazione Italiana di
Endourologia: i crediti assegnati, comunicati dal Ministero della Salute in data 19/02/03, sono 15.
Al fine di permettere un preciso e puntuale svolgimento degli eventi accreditati e la conseguente rilevazione delle presenze,
sia i relatori sia i partecipanti sono pregati di voler rispettare gli orari previsti e di voler seguire fino a completamento l’evento scelto. Verrà rilevata la presenza in Sede Congressuale sia in entrata sia in uscita (mediante codice inserito nel badge)
e verranno certificati i crediti solo se il tempo di presenza in Sede Congressuale risulterà essere effettivamente quello previsto per l’evento.
Al fine dell’attestazione dei crediti formativi ECM è necessaria la presenza effettiva degli operatori sanitari del 100%
rispetto alla durata complessiva dell’evento formativo aziendale, previa consegna presso la segreteria congressuale del
Questionario di Verifica debitamente compilato (è obbligatorio indicare il proprio codice fiscale, in assenza del quale i
crediti non potranno essere attribuiti) e della scheda di valutazione dell’evento formativo. Nei particolari casi di assenza brevissima sarà cura dell’organizzatore valutare la giustificazione e l’incidenza dell’assenza sull’apprendimento.
L’attestato ECM verrà inviato dopo l’evento per posta, all’indirizzo indicato sul Questionario di Verifica dell’evento, previo controllo elettronico delle ore di presenza effettiva nell’ area congressuale del partecipante, che dovranno risultare il 100% delle ore accreditare.
III
3° Congresso Società Italiana di Endourologia
Norme per gli oratori
Il programma scientifico è stato elaborato dal Comitato Scientifico della Associazione Italiana di
Endourologia (I.E.A.) in base ai contributi inviati entro la scadenza del lunedì 20 gennaio 2003.
Sono previste tre forme di presentazioni:
• Comunicazioni
• Poster
• Video
Per ogni comunicazione sono previsti 5 minuti di presentazione e massimo 3 minuti per l’eventuale discussione.
Per ogni poster discusso (max 70 di larghezza x l00 altezza ) sono previsti 3 minuti di presentazione e 3 minuti per l’eventuale discussione.
Per i poster non discussi è prevista un’apposita area per l’esposizione.
I video (formato VHS) dovranno inderogabilmente essere contenuti in un limite di 7 minuti e saranno seguiti da 2 minuti di discussione. I video dovranno essere in copia di buona qualità in formato VHS, con commento sonoro. Sarà cura degli autori dei video accettati consegnare, personalmente, in sede congressuale, per la proiezione in sala, la cassetta originale ( o in copia di buona
qualità) in formato VHS.
La presentazione dei lavori sarà consentita solo agli iscritti al Congresso.
Le diapositive, i CD e i Floppy Disk dovranno essere consegnati al Centro Slide , in ordine di proiezione, entro la mattina per le sedute pomeridiane e il pomeriggio per le sedute della mattina successiva.
Non è necessario collegarsi con il proprio computer al fine di evitare spiacevoli inconvenienti tecnici. Le
sale saranno collegate in rete con il Centro Slide.
Il ritiro delle diapositive e dei video dovrà essere effettuato presso il Centro Slide entro il termine
della manifestazione.
Il Centro Slide sarà aperto dalle ore 7.00 al termine dei lavori, durante tutte le giornate congressuali.
Modalità ed informazioni sono anche riportati sul sito dell’ Associazione Italiana di Endourologia:
www.ieanet.it.
Aziende sponsor
L’Associazione Italiana di Endourologia (I.E.A.) ringrazia le Ditte che, con la loro partecipazione,
hanno reso possibile la realizzazione del Congresso.
Aziende espositrici:
Altre ditte che hanno contribuito
AB MEDICA
ACMI
BAYER
B-K MEDICALE
BOEHRINGER INGELHEIM ITALIA
BOSTON SCIENTIFIC
COOK ITALIA
EDAP TECHNOMED ITALIA
EMS ITALIA
ETHICON
EXCERPTA MEDICA ITALIA
FARMA-ESSE
IPSEN
KARL STORZ ENDOSCOPIA ITALIA
MOVI
OLYMPUS
PORGES
RUSCH
STORZ MEDICAL ITALIA
TYCO HEALTH CARE
UROTERM
ALFA WASSERMANN
AM NEXT
ASTRAZENECA
AVENTIS PHARMA
DORNIER MEDTECH ITALIA
KYOWA ITALIANA FARMACEUTICI
NOVARTIS FARMA
ROCCHETTA
SANOFI SYNTHELABO
SCHERING
IV
3° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Hotel Sheraton Nicolaus
Bari, 7-9 Aprile 2003
Lunedì, 7 Aprile 2003
Salone Nicolaus
8.00 - 8.15
8.15 - 13.30
Saluto del Presidente (A. Pagliarulo)
Live Surgery
Sala Operatoria A: Robotica
Sala Operatoria B: Laparo tradizionale
Sala Operatoria A: Telechirurgia
Aula:
11.30 - 14.30
Prostatectomia radicale (R. Gaston)
Prostatectomia radicale (V. Disanto)
Surrenectomia laparoscopica
(G. Bianchi - sito remoto: F. Porpiglia)
Moderatori: F.P. Selvaggi, V. Pansadoro
Sandwich Lunch
Salone Nicolaus
14.30 - 15.00
14.30 - 15.00
15.30 - 16.00
16.00 - 17.30
17.30 - 19.00
Sala 1
16.00 - 19.00
Sala 2
16.00 - 19.00
Podium: Lettura magistrale (Presenter: A. Pagliarulo)
Trattamento chirurgico dell’urolitiasi nel III millennio (G. Preminger)
Podium: Lettura magistrale (Presenter: A. Tubaro)
Nuove modalità di teaching in endourologia (P. Laguna)
European training in Urotechnology (J. De La Rosette)
Sessione Video I "Laparoscopia"
(Presidente: G. Grosso - Moderatori: G. Ludovico, M. Battaglia)
Sessione Video II "Neoplasie uroteliali + stenosi"
(Presidente: G. Muzzonigro - Moderatori: C. Pisanello, E. Cirillo Marucco)
Sessione Comunicazioni "Laparoscopia" / Sessione Posters
(Presidente: E. Usai - Moderatori: P. Cozzupoli, G. Carrieri)
Sessione Comunicazioni "Ureterorenoscopia + ESWL" / Sessione Posters
(Presidente: M. Motta - Moderatori: V. Cavaliere, P. Beltrami)
Martedì, 8 Aprile 2003
Salone Nicolaus
V
8.00 - 13.30
Live Surgery
Sala Operatoria B: Tecniche innovative
TVT: U.S.I. (R. Migliari)
Uratape: U.S.I. (B. Frea)
ACT: U.S.I. (E. Kocyancic)
Macroplastique: Incontinenza Urinaria nell'uomo (G. Giocoli Nacci)
Turp (Gyrus) B.O.O. (G. Bianchi)
Sala Operatoria A: Endourologia
Tecniche con accesso percutaneo calcolosi a stampo (A. De Lisa)
Tecniche con accesso retrogrado Acucise: (G. Preminger, A. Pagliarulo)
Laser: (F. Francesca)
Calcolosi caliciale (L. Defidio)
Neoplasia ureterale (R. M.Scarpa)
Aula:
Moderatori: S. Schonauer, F. Zattoni, G. Guazzoni
11.30 - 14.30
Sandwich Lunch
3° Congresso Società Italiana di Endourologia
Salone Nicolaus
13.30
13.30
13.45
14.00
14.15
14.30
-
14.45
13.45
14.00
14.15
14.30
14.45
Nuove tecniche di imaging (Moderatori: T. Lotti, G. Angelelli)
CT multistrato (A.A. Stabile-Ianora)
Endoscopia virtuale (G. Gandini)
Uro R.M. (A. Ragozzino, A. Rotondo)
L’urologo: immagini e immaginazioni (G. Carmignani)
Discussione
14.45 - 15.15
Podium: Lettura magistrale
Stenosi del giunto pieloureterale: tutte le strade portano a…. (A. Pagliarulo)
15.15
15.15
15.25
15.35
15.45
15.55
16.05
16.15
Chirurgia retrograda intrarenale ed ureterale (Moderatori: M. Rizzo, M. Porena)
Indicazioni (P. Cortellini)
Strumentazione ed accessori: che c'è di nuovo sul mercato (E. Montanari)
Calcolosi caliciale inferiore (ESWL vs PCNL ureteroscopia) (D. Cuzzocrea)
Il diverticolo caliciale (A. Saita)
Endopielotomia retrograda (G. Preminger)
Carcinoma uroteliale: trattamento organ sparing (R.M. Scarpa)
Discussione
-
16.30
15.25
15.35
15.45
15.55
16.05
16.15
16.30
Salone Nicolaus
16.30
16.30
16.45
17.00
17.15
17.30
17.45
18.00
18.15
18.30
18.45
-
19.00
16.45
17.00
17.15
17.30
17.45
18.00
18.15
18.30
18.45
19.00
Sessione Infermieristica: Evoluzione del nursing e nuove applicazioni in urologia
Saluto del Presidente e apertura dei lavori
Il ruolo della strumentista nella gestione dello strumentario chirurgico laparoscopico (Inf. Elda Benfenati)
Steris acido paracetico in endourologia (Inf. Simona Gravina)
Nefrostomia percutanea: indicazioni, tecniche e assistenza (Inf. Leandro Eto)
Discussione
Intervallo
Assistenza ai pazienti operati di chirurgia laparoscoica (Inf. Vito Cascarano)
Gestione del rischio clinico: il cateterismo intermittente (Inf. Davide Di Prima)
Chemio-immunoterapia endovescicale: il ruolo dell'infermiere e rischi biologici (Afd. Rosa Lagreca)
Discussione
16.30 - 19.00
Corsi Didattici
Sala 1
16.30 - 17.30
Simposio Satellite
Chirurgia Robotica: Il sistema da Vinci, presente e futuro
Sponsor: AB Medica
Relatore: Ing. C. Varinelli
18.00 - 19.00
Gyrus Pk: "la TUR emostatica"
Sponsor: AB Medica
Relatori: A. Eaton, A: De Lisa, A. Abbolito
Sala 2
16.30 - 17.30
18:00 - 19:00
Sala 3
16:30 - 17:30
18:00 - 19:00
Nuove tecnologie nell'ureteroscopia dei calici inferiori
Sponsor: ACMI
Relatori: l. Defidio, G. Carluccio
T.U.R.P.: le nuove tecnologie bipolari
Sponsor: ACMI
Relatori: G. Giocoli Nacci, V. Ricci Barbini
Hands on training: ureteroscopia flessibile, rigida e accesso percutaneo
Sponsor: COOK -STORZ
Relatori: F. Cauda, V. Lorusso, G. Grossi
Corso di laparoscopia: esercizi di base e tecniche di sutura
Sponsor: Ethicon - STORZ
Relatori: S. Micali, A. Celia, F. Puglisi
VI
Sala 4
16.30 - 17.30
Sala 5
16.30- 19.00
PLFT: intraprostatic temperature and cell-kill modeling
Sponsor: Urotherm
Relatori: R.M. Scarpa, A. Tubaro, M. Bolmsjo
Accesso anterogrado: Pcnl e miniperc
Sponsor: Boston Scientific - Olympus
Relatori: E. Montanari, S. Caggiano
Accesso retrogrado:
Sponsor: Olympus - Boston Scientific
Relatori: A. De Lisa, M. Cormio, F. Merlo
Video uretrocistoscopia flessibile
Sponsor: Boston Scientific - Olympus
Relatori: F. Germinale, G. De Rienzo, V. Pagliarulo
Salone Nicolaus
19.00
Seduta Amministrativa I.E.A.
Villa
Romanazzi Carducci
21.00
Cena sociale
Mercoledi, 9 Aprile 2003
Salone Nicolaus
8.30 - 10.00
Tavola rotonda: Endourologia 1980 - 2000 "The times are changing"
(Moderatori: E. Pisani, S. Cosciani Cunico)
ESWL (F. Rocco)
Chirurgia percutanea (G. Bianchi)
Ureteroscopia (M. D’Armiento)
BPH (A. Tubaro)
Oncotecnologia (A. Traficante)
10.00 - 10.30
10.30 - 11.30
11.30 - 12.30
Sala 1
10.30 - 12.30
Sala 2
10.30 - 12.30
VII
Podium: Lettura Magistrale (Presenter: A. Pagliarulo)
Expanding laparoscopic applications (G. Breda)
Sessione Video I "Chirurgia percutanea intrarenale"
(Presidente: D. Melloni - Moderatori: S.Micali, G. Giocoli Nacci)
Sessione Video II "Miscellanea"
(Presidente: A. Masala - Moderatori: E. Ruggero, F. Proscia)
Sessione Comunicazioni "Chirurgia percutanea intrarenale "
(Presidente: V. Ricci Barbini - Moderatori :F. Beleggia, G. Carluccio)
Sessione Comunicazioni "Miscellanea"/Sessione Posters
(Presidente: A. Pellegrino - Moderatori: S.Raguso, M. Altomare)
3° Congresso Società Italiana di Endourologia
SESSIONI
Lunedi, 7 aprile 2003
16.00 - 17.30 SALONE NICOLAUS - SESSIONE VIDEO I “Laparoscopia”
Presidente: G. Grosso
Moderatori: G. Ludovico, M. Battaglia
Caleffi G, Pastorello M, Poluzzi M, Molon A
Uretere retrocavale destro: approccio laparoscopico
Gaboardi F, Simonato A, Lissiani A, Gregori A, Galli S, Bozzola A
M.I.La.N.:Minimally Invasive Laparoscopic Neobladder
Nava L, Guazzoni G, Cestari A, Losa A, Bellinzoni P, Rigatti L, Rigatti P
Innesto di nervo surale in corso di prostatectomia radicale laparoscopica
Ludovico GM, Cirillo Marucco E, Puglisi F, Maselli FP, Martinez G, Memeo V, Pagliarulo A
Approccio laparoscopico transperitoneale per nefrectomia e surrenectomia: nostra esperienza
Ricci Barbini E, Creti G, Sebastio N, Beccia E, Santodirocco M, Ricci Barbini V
Trattamento laparoscopico di cisti congenita della vescicola seminale associata ad agenesia renale ipsilaterale:
case report
Milani M, Tonelli M, Capriotti I, Giannunzio F, Giuliano P, Pierantozzi E
La pieloplastica retroperitoneoscopica sec. Anderson-Hynes
Gaboardi F, Lissiani A, Gregori A, Bozzola A, Galli S, Simonato A
Nefroureterectomia laparoscopica e cistectomia radicale con neovescica ortotopica (M.I.LA.N.)
Porpiglia F, Tarabuzzi R, Morra I, Destefanis P, Fiori C, Terzolo M, Fontana D, Scarpa RM
Sindrome di Cushing da adenoma surrenalico bilaterale: trattamento con surrenectomia laparoscopica conservativa
Porpiglia F, Tarabuzzi R, Morra I, Terrone C, Cossu M, Scarpa RM
Resezione transuretrale di adenoma prostatico e diverticulectomia laparoscopica sequenziale
16.00 - 17.30 SALONE NICOLAUS - SESSIONE VIDEO II “Neoplasie uroteliali/stenosi”
Presidente: G. Muzzonigro
Moderatori: C. Pisanello, E. Cirillo Marucco
Moretti M, Benvenuti S, Gastaldi E, Pittaluga P, Cichero A, Malcangi B, Iacoviello M, Zaninetta G, Caviglione M, Varaldo M
Ablazione laser delle neoplasie vescicali: tecnica e risultati preliminari
Scoffone C, Guercio S, Poggio M, Scarpa RM
Carcinoma uroteliale pielico bilaterale: trattamento endoscopico con Holmium laser
Usai P, Cirillo P, Usai E, Campedèl F, De Lisa A
La terapia "organ-sparing" nei tumori superficiali uroteliali dell'alta via escretrice
Zizzi V, Callea A, Barberini F, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Cormio L, Traficante A
Trattamento endoscopico di neoplasia uroteliale in moncone di uretere residuo a nefroureterectomia
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Consolazione G, Biancorosso S
Acucise at work: endoscopic overview in the strictures of urinary way
Cormio L, Zizzi V, Mona G, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Callea A, Traficante A
Trattamento endoscopico delle stenosi uretero-ileali: modalità diverse per situazioni diverse
Cagnazzi E, Mangione F, Mari M, Ambu A, Bellina M
Trattamento endourologico della stenosi dell'uretere: endoureterotomia retrograda mediante fonte Laser
previa dilatazione idropneumatica con catetere a palloncino; caso clinico
Scoffone C, Guercio S, Cossu M, Poggio M, Cracco C, Terrone C, Scarpa RM
Stenosi uretero-ileale in neovescica ad Y: trattamento endoscopico con Holmium laser
Bianchi G, Pollastri CA, Di Pietro C, Saredi G, Spagni M
Ricanalizzazione endoscopica di stenosi di anastomosi ureterale in neo-vescica ileale padovana
16.00 - 19.00 SALA 1 - SESSIONE COMUNICAZIONI “Laparoscopia”/SESSIONE POSTERS
Presidente: E. Usai
Moderatori: P. Cozzupoli, G. Carrieri
Simonato A, Gregori A, Lissiani A, Galli S, Bozzola A, Gaboardi F
Cistoprostatectomia radicale per via laparoscopica: tecnica chirurgica
VIII
Cestari A, Guazzoni G, Nava L, Maga T, Dell'Acqua E, Rigatti P
Crioablazione laparoscopica di neoplasie renali (LRC): follow-up a medio termine
Caleffi G, Pastorello M, Poluzzi M, Carluccio G, Vecchio D, Molon A
Nefrectomia laparoscopica per neoplasia: nostra esperienza su 25 casi
Porpiglia F, Ghignone GP, Fiori C, Destefanis P, Terrone C, Cracco C, Guercio S, Scarpa RM
Il trattamento mini-invasivo dei tumori renali: Studio della situazione italiana condotto su incarcico della Società
Italiana di Endourologia (IEA)
Cestari A, Guazzoni G, Centemero A, Riva M, Bellinzoni P, Rigatti P
Surrenalectomia laparoscopica transperitoneale: 10 anni di esperienza
Gregori A, Simonato A, Lissiani A, Galli S, Gaboardi F
Prostatectomia radicale laparoscopica: complicanze perioperatorie nei primi 80 casi
Celia A, Sighinolfi MC, Micali S, Bianchi G
Trocar seeding in urology laparoscopy
Cestari A, Guazzoni G, Nava L, Colombo R, Rigatti L, Lazzeri M, Broglia L, Rigatti P
Cistectomia laparoscopica "Prostate and seminal sparing" (CLPSS) con neovescica ortotopica: esperienze preliminari
Caleffi G, Pastorello M, Poluzzi M, Carluccio G, Vecchio D, Molon A
Nefroureterectomia laparoscopica per neoplasia dell'alta via escretrice: nostra esperienza su 7 casi
Cestari A, Guazzoni G, Riva M, Centemero A, Montorsi F, Broglia L, Rigatti P
Sviluppo della tecnica di anastomosi vescico-uretrale dopo prostatectomia redicale laparoscopica (VLRP)
Simonato A, Gregori A, Lissiani A, Galli S, Bozzola A, Gaboardi F
Ricostruzione di neovescica ileale ortotopica per via laparoscopica: tecnica originale
Porpiglia F, Tarabuzzi R, Destefanis P, Fiori C, Terzolo M, Scarpa RM, Fontana D
La surrenectomia laparoscopica bilaterale è proponibile nel trattamento della Sindrome di Cushing ?
Nava L, Guazzoni G, Cestari A, Losa A, Zanoni M, Rigatti P
Prostatectomia radicale laparoscopica (VLRP) con interposizione di nervo surale: una nuova opzione terapeutica
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Consolazione G, Biancorosso S, Morana F
Rara ostruzione dinamica del giunto pieloureterale
Cassanelli A, Ferrarese C, Zoppè C, Diana M, Ombres M, D'Elia G, Mastrangeli B
Presentazione di un caso di calcolosi gigante dell'uretere pelvico sottoposto a litotrissia extracorporea con onde d'urto
Rippa A, Pedesini M, Tzoumas S, Tura M, Inferrera A, Consolazione G
Ruolo della TUR nella terapia radicale endoscopica del carcinoma prostatico
16.00 - 19.00 SALA 2 - SESSIONE COMUNICAZIONI “Uretorenoscopia/ESWL”/SESSIONE POSTERS
Presidente: M. Motta
Moderatori: V. Cavaliere, P. Beltrami
Saita A, Bonaccorsi A, Condorelli S, Saglimbene S, Scandurra L, Giordano R, Motta M
Ureteroscopia: impiego dell'anestesia spinale asimmetrica. Nostra esperienza su 125 casi
Cormio L, Callea A, Fiorentino B, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Zizzi V, Traficante A
Drenare o non-drenare dopo ureteroscopia?
Filoni A, Giannone V, Serio S
Nostra esperienza sulla calcolosi ureterale trattata con ureteropieloscopio rigido
Cauda F, Rocca A
Ottimizzazione dell'uso dell'ureteroscopio flessibile al fine di prolungarne la longevità
Manganini V, Casu M, Giuberti A, Mazza L, Vigano P, Strada GR
Trattamento della litiasi ureterale con ureterorenoscopia: nostra esperienza
De Marco F, Ricciuti GP, Grillenzoni L, Di Nicola S, Fini D, Di Silverio F
A comparison of three different sources of energy after 1.340 ureterolithotripsies
Breda G, Tekerlekis P, Giunta A. Isgrò A
Follow-up a lungo termine di pazienti sottoposti ad impianto di stent endouretrale urolume
per stenosi recidiva dell'uretra bulbare
Cormio L, Zizzi V, Barberini F, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Callea A, Traficante A
Trattamento della calcolosi del calice inferiore con ureteroscopia flessibile e litotrissia con laser ad olmio
Saita A, Bonaccorsi A, Pedalino M, Lazzara A, Motta M
L'approccio al meato ureterale: tecnica della doppia guida. Nostra esperienza
Rippa Augusto, Tzoumas Spiridon, Tura Massimo, Consolazione Giovanni, Biancorosso Salvatore, Pedesini Mariapia
Il calcolo pielico "border line": ESWL o PCN o URS?
Dachille G, Bottalico M, Lorusso A, Albo G, Pagliarulo V, Grossi FS, Pagliarulo A
Ruolo dell'ESWL nelle urgenze della litiasi ureterale
IX
3° Congresso Società Italiana di Endourologia
Albo G, Abbinante M, Lorusso A, Dachille G, Proscia N, Barnaba D, Pagliarulo A
Terapia della litiasi ureterale: ESWL e trattamento endoureterale. Confronto dei costi
De Marco F, Ricciuti GP, Grillenzoni L, Di Nicola S, Fini D, Di Silverio F
Comparison of a new electromagnetic shockwave source with HM3-MOD in a randomised trial
Romanò AL, Zanetti GP, Bernardini P, Gelosa M, Serrago M, Castelnuovo C, Pisani E
Trattamento della calcolosi ureterale con litotritore elettromagnetico
Saita A, Bonaccorsi A, Giammusso B, Aqiolino M, Lazzara A
ESWL: due tecniche analgesiche a confronto. Nostra esperienza
Callea A, Cormio L, Fiorentino B, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Zizzi V, Traficante A
Trattamento con HIFU del carcinoma prostatico in pazienti ultrasettantacinquenni
Zizzi V, Cormio L, Crudele G, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Callea A, Traficante A
Endopielotomia retrograda ureteroscopica con laser ad Olmio: indicazioni e risultati
Callea A, Zizzi V, Fiorentino B, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Cormio L, Traficante A
La stenosi dell'uretra prostatica: una singolare complicanza nel trattamento con HIFU del carcinoma prostatico
Mercoledi, 9 aprile 2003
10.30 - 11.30 SALONE NICOLAUS - SESSIONE VIDEO I “Chirurgia percutanea intrarenale”
Presidente: D. Melloni
Moderatori: S. Micali, G. Giocoli Nacci
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Consolazione G, Biancorosso S
L'approccio combinato (URS-PCN) nella calcolosi renoureterale multipla
Salsi P, Frattini A, Ferretti S, Meli S, Cortellini P,
Quick-percutaneous nephrolithotripsy (QUICK-PCNL)
Spagni M, Celia A, de Stefani S, Micali S, Bianchi G
Litotrissia percutanea (PCNL): un litotritore a doppia sorgente di energia
Usai Paolo, Cirillo Paolo, Usai Enzo, De Lisa Antonello
Trattamento della malattia del GPU plurirecidiva: risoluzione con tecnica percutanea
Carluccio G, Za A, Amoroso P, Plenteda A, Bramato D
Endopielotomia percutanea: tecnica e risultati
Montanari E, Romanò AL, Serrago M, Zanetti GP, Rocco B, Goumas I
Litotrissia percutanea: nostra iniziale esperienza con tecnica miniperc
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Inferrera A, Consolazione G
Decubito prono e supino a confronto nell'accesso percutaneo al rene
11.30 - 12.30 SALONE NICOLAUS - SESSIONE VIDEO II “Miscellanea”
Presidente: A. Masala
Moderatori: E. Ruggero, F. Proscia
Scoffone C, Guercio S, Poggio M, Porpiglia F, Vacca F, Scarpa RM
Calcolosi ureterale e caliceale complessa: approccio con strumenti flessibili ed Holmium laser
D'Elia A, Di Lena S
Il laser ad olmio nel trattamento dei calcoli della via escrertice alta
Cagnazzi E, Mangione F, Mari M, Ambu A, Bellina M
Stone Cone: la soluzione alla retromigrazione del calcolo durante la litotrissia endoureterale
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Consolazione G, Biancorosso S
La nefrostomia a "U" nella nefropessi percutanea
Iannucci M, Nicolai M, Intorno R, Tenaglia R
Approccio sovrapubico-endoscopico nell'IPB
10.30 - 12.30 SALA 1 - SESSIONE COMUNICAZIONI “Chirurgia percutanea intrarenale”
Presidente: V. Ricci Barbini
Moderatori: F. Beleggia, G. Carluccio
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Inferrera A, Consolazione G, Biancorosso S
Calcolosi caliciale periferica di difficile accesso percutaneo: tecniche e strategie operative
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003, 75, Supplemento 2
X
Celia A, Di Pietro C, Bruschi M, Baisi B, Bianchi G
La nefrolitotrissia percutanea nel rene policistico
Saita A, Bonaccorsi A, Marchese F, Burrello M, Fondacaro L, Motta M
Valutazione dele complicanze nei pazienti sottoposti a PCNL. Nostra esperienza
Rippa A, Pedesini M, Tzoumas S, Tura M, Inferrera A, Consolazione G, Biancorosso S
La nefrostomia "fai da te": economica, razionale, personalizzata
Di Pietro C, Bruschi M, Ghidini N, Bisi M, Saredi S, Bianchi G
Nefrolitotomia percutanea (PCNL) nel paziente monorene: nostra esperienza
Micali S, Celia A, Miano R, de Santis M, Preziosi P, Pollastri CA, Vespasiani G, Bianchi G
Nefrolitotomia percutanea nella calcolosi renale: tecnica in due tempi
De Lisa A, Firinu M, Scarpa RM, Usai P
La nefrolitotrissia percutanea (PCNL) mini-invasiva con ausilio di strumenti flessibili-attivi nella terapia della calcolosi renale complessa
Rippa Augusto, Tzoumas Spiridon, Tura Massimo, Consolazione Giovanni, Biancorosso Salvatore
La puntura renale percutanea: regole ed errori in 1503 interventi
Frattini A, Ferretti S, Salsi P, Azzolini N, Cortellini P
PCNL: mini, midi o maxi ?
Celia A, Micali S, Di Pietro C, Beltrami P, Sighinolfi MC, Mofferdin A, Bianchi G
Calcolosi renale a stampo: trattamento endourologico
Rippa A, Tzoumas S, Tura M, Inferrera A, Consolazione G
La puntura percutanea: decubito prono e supino a confronto
10.30 - 12.30 SALA 2 - SESSIONE COMUNICAZIONI “Miscellanea”/SESSIONE POSTERS
Presidente: A. Pellegrino
Moderatori: S. Raguso, M. Altomare
Micali S, Porpiglia F, Sighinolfi MC, Tarabuzzi R, Grassi N, Celia A, De Stefani S, Scarpa RM, Bianchi G
Prima esperienza telechirurgia in Italia: due esperti uniscono la propria esperienza per migliorare il risultato!
Cecchetti W, Tasca A, Zattoni F
Laser ad Olmio in Endourologia: fenomeni correlati alla formazione di bolle di plasma
Traficante A, Callea A, Crudele G, Berardi B, Sblendorio D, Piccinni R, Cormio L, Zizzi V
Trattamento con HIFU del carcinoma prostatico
De Rienzo G, Masiello G, Martines I, Vitarelli A, Giocoli Nacci G, Pagliarulo A
Vaso anomalo e stenosi del giunto pieloureterale: specificità diagnostica della TC spirale
Proscia N, Masiello G, Pagliarulo V, De Rienzo G, Giocoli Nacci G, Larocca L, Pagliarulo A
Macroplastique nella ISD
Usai Paolo, Pili Pierpaolo, Cadoni Rossano, Loi Daniela, De Lisa Antonello
La TUMT ad alte energie nella terapia mini-invasiva dell'IPB in regime di Day Surgery
Moretti Marco, Benvenuti Sandro, Varaldo Marco
Sling con regolazione post-operatoria della tensione nell'incontinenza iatrogena maschile
Morra I, Vacca F, Scarpa RM
Efficacia della feedback TUMT nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna
Kocjancic E, Sadi M, Sauter T, Costa P, Pacetta A, Chartier-Kastler E, Wachter J, Maier U, Slutsky J, Crivellaro S, Frea B
L'esame urodinamico per valutazione e indicazione al trattamento della stress incontinence con ACT
(adjustable continence therapy)
Micali S, Bove P, Sighinolfi MC, Vannozzi E, Grassi N, Celia A, Vespasiani G, Bianchi G
Telechirurgia puramente italiana: Modena aiuta Roma!
Bruschi M, Silingardi V, Micali S, Mofferdin A, Paterlini M, Ghidini N, Bianchi G
Ureterorenoscopia semplificata con guide Nitinol
Muraro GB, Grifoni R
TUMT della prostata mediante PLFT (ProstaLund Feedback Treatment) in pazienti anziani con catetere vescicale a
permanenza per Ipertrofia Prostatica Benigna ostruttiva
Carluccio G, Cerfeda M, Distante A, Plenteda A, Bramato D
Endoscopia vs ESWL nel trattamento della calcolosi ureterale: nostra esperienza in cinque anni di attività
XI
ABSTRACTS
3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Bari, 7-9 aprile 2003
TERAPIA DELLA LITIASI URETERALE:
ESWL E TRATTAMENTO ENDOURETERALE.
CONFRONTO DEI COSTI.
G. Albo1, M. Abbinante1, A. Lorusso1, G. Dachille1,
N. Proscia1, D. Barnaba2, A. Pagliarulo1
1
Urologia Universitaria II, Università degli Studi di
Bari; 2Divisione di Urologia, Ospedale Civile di
Martina Franca, Taranto, Italia
Introduzione: Il trattamento della litiasi ureterale è
stato rivoluzionato dall’avvento della urs. Lo sviluppo di strumenti sempre più piccoli e flessibili ha
ridotto il rischio di complicanze maggiori (perforazione o stenosi dell’uretere) conseguenti all’ureteroscopia, ed enfatizzato la notevole efficacia nel trattamento dei calcoli ureterali, che in alcuni centri
sono risolti con eliminazione del calcolo nel 99%
circa dei casi (1, 2). Tuttavia anche lo sviluppo dei
litotritori ha comportato un progressivo miglioramento dei risultati, con una clearance del 81-90%
dei calcoli (3), tanto da considerare questo approccio come quello di prima scelta nella litiasi ureterale nel caso di calcoli situati nel tratto prossimale
dell’uretere, ed una scelta valida quanto l’approccio
endoscopico nelle litiasi ureterali del tratto medio e
di quello distale (4). Occorre tuttavia stratificare i
risultati tenendo presenti diversi fattori legati al
tipo di calcolo: le sue dimensioni e la sua sede.
Calcoli delle dimensioni inferiori a 50 mm3 presentano un’ottima clearance con la tecnica extracorporea. A causa della difficoltà nell’individuazione
radiologica della formazione litiasica in corrispondenza del terzo medio dell’uretere, fa dei calcoli in
questa sede quelli più avversi. La scelta sul tipo di
trattamento da utilizzare, dunque, non può essere
basata esclusivamente sulla loro efficacia, ma anche
sul tipo di calcolo, sulla tollerabilità delle tecniche,
sulla disponibilità degli strumentari necessari, e sul
costo della procedura.
Materiali e Metodi: Presso la nostra divisione universitaria il trattamento di prima scelta è stato quello extracorporeo. Nell’intervallo di tempo compreso tra giugno 2000 a gennaio 2003 abbiamo trattato 60 pazienti affetti da litiasi ureterale; sono stati
eseguiti 99 ESWL. È stato abbandonato l’atteggiamento conservativo nel caso di:
• segni di sepsi (febbre, leucocitosi);
• dolore non rispondente alla comune analgesia
della durata di più di 72 ore;
• stasi del calcolo;
• evidenza di compromissione della funzionalità
renale;
• ostruzione delle alte vie urinarie per più di tre
settimane di seguito.
In caso di mancata clearance del calcolo dopo il
primo trattamento extracorporeo, sono stati proposti altri trattamenti fino ad un massimo di 5.
Dei 60 pazienti sottoposti ad ESWL, in 2 casi è
stata necessaria l’applicazione di stent ureterale JJ
per la persistenza di idroureteronefrosi, in 8 casi è
stato necessario il ricorso a procedura endoscopica.
Di questi, 1 per trattamento di steinstrasse, ed in 7
casi per la persistenza della formazione litiasica
nonostante ripetuti trattamenti ESWL. Tutti i
pazienti sottoposti a trattamento ESWL sono stati
ricoverati presso la nostra divisione in regime di
D.H. Tutti i pazienti sottoposti ad urs sono stati
ricoverati in regime ordinario con una durata
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
1
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Figura 1.
numero di pazienti
35
30
25
20
15
10
5
0
1
2
3
4
5
numero di trattamenti
Figura 2.
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
costo medio ESWL DH
costo medio ESWL ordinario
costo medio urs
media della degenza di 3,6 giorni (range 2-6). I
trattamenti endoureterali sono stati eseguiti con
energia pneumatica (2 casi), oppure con tecnica ad
ultrasuoni (1 caso), o con Holmium laser (5 casi).
Il follow-up dei pazienti è stato basato sull’esecuzione di esami radiologici (RX diretta renale) ed
ecografici (ETG renale e vescicale) e condotto fino
alla risoluzione della litiasi ureterale.
Analisi dei costi. L’analisi dei costi è stata eseguita
sulla base dei DRG corrisposti alla nostra divisione
per ogni trattamento. Non sono stati considerati i
costi delle apparecchiature, del materiale di consumo, del medico durante il follow-up. La nostra A.O.
corrisponde a 292,83 Euro per ogni accesso DH eseguito per ogni trattamento ESWL. Il costo medio per
il trattamento extracorporeo è stato dunque di
483,17 Euro. In caso di degenza in regime ordinario
il costo corrisposto per soli due giorni di degenza è di
5.370 Euro. Per il trattamento endoscopico, considerando la durata media della degenza presso la nostra
2
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
divisione, il costo corrisposto è stato di 2.061,18
Euro. Confrontando il costo di ciascuna procedura
per ogni giorno di degenza, per l’approccio endoscopico sono necessari 572,55 Euro, mentre per ogni
seduta di ESWL in regime di DH 292,83 Euro e per
ogni ESWL in regime ordinario 2.685 Euro.
Discussione: Il progressivo miglioramento delle tecniche endoscopiche che hanno sviluppato strumentari sempre più sottili, flessibili ed atraumatici
ha reso assai appetibile la litotrissia endoscopica
nella terapia della litiasi ureterale. Tuttavia anche le
tecniche extracorporee, con lo sviluppo di litotritori sempre più evoluti, che consentono un puntamento del calcolo sia radiologico che ecografico,
sono da tenere in considerazione nel trattamento
di questa condizione clinica. Dunque, con la progressiva attenzione degli operatori sanitari nei confronti delle spese di gestione, anche la valutazione
dei costi di ciascuna tecnica deve essere considerata per la decisione terapeutica. La disponibilità
quotidiana di un apparecchio per litotrissia endoscopica presso una UO rende il trattamento endoscopico come seconda valida alternativa all’eventuale insuccesso della ESWL. Diverso è il caso della
disponibilità saltuaria di questi apparecchi (in caso
di strumenti portatili), o della loro completa indisponibilità: in questi casi l’approccio endoscopico
risulta essere l’unico efficace a disposizione.
Conclusioni: Considerando le due tecniche di efficacia confrontabile, la gestione dei costi può essere un
importante aspetto da considerarsi per la decisione
terapeutica. Nei centri che non debbano affrontare
una spesa per un nuovo apparecchio di litotrissia la
tecnica extracorporea risulta più economica rispetto
a quella endoscopica. Nel caso in cui, invece, non si
abbia a disposizione un tale strumentario, la spesa
per l’acquisto e la gestione dello strumentario endoscopico risulta essere inferiore a quella dell’acquisto
di un litotritore. È probabile che in un prossimo
futuro, con lo sviluppo di apparecchiature sempre
più sofisticate che consentano la riduzione dei tempi
di degenza nel trattamento endoscopico, o l’esecuzione di tali procedure in anestesia locale (5) che
consentirebbero una degenza di un solo giorno, le
tecniche endoscopiche potranno essere considerate
come la prima opzione terapeutica nel trattamento
della litiasi.
Bibliografia
1. Tawfiek ER, Bagley DH, Management of upper urinary tract calculi with ureteroscopic techniques
Urology 1999; 53:25
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
2. Whitfield HN. “The management of ureteric stones.
Part II: therapy” BJU International 1999; 84: 916
3. Bierkens AF, Hendrikx AJM, De La Rosette JJMCH,
Stultiens GNM, Beerlage HP, Arends AJ, Debruyne
FMJ. Treatment of mid and lower ureteric calculi:
extracorporeal shock-wave lithotripsy vs laser ureteroscopy. A comparison of costs, morbidity and effectiveness Br J Urol 1998; 81: 31
4. Tiselius HG, Ackermann D, Alken P, Buck C, Conort
P, Gallucci M. Guidelines on Urolithiasis
5. Yalcinkaya F, Tobaloglou H, Ozmen E, Unal S. Is
general anaesthesia necessary for URS in women? Int
Urol Nephrol 1996; 28:153
RICANALIZZAZIONE ENDOSCOPICA DI
STENOSI DI ANASTOMOSI URETERALE IN
NEO-VESCICA ILEALE PADOVANA.
G. Bianchi, C.A. Pollastri, C. Di Pietro, G. Saredi,
M. Spagni
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia, Italia
Introduzione: La stenosi dell’anastomosi ureterointestinale è una delle complicanze più frequenti
delle neovesciche ileali ortotopiche.
Materiali e Metodi: Paziente di 61 anni sottoposto
nell’aprile 2002 a cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica ileale padovana (VIP) con anastomosi ureterointestinale non
antireflusso, per Ca transizionale pT3a pN0 Mx.
Il decorso postoperatorio è stato caratterizzato da
incompleta tenuta idraulica del neoserbatoio, risolta con posizionamento di nefrostomie bilaterali.
Dopo 6 mesi, è stato riscontrato ureteroidronefrosi
sinistra secondaria a stop ureterale prevescicale a circa
3 cm dal neo ostio ureterale, risolta con posizionamento di nefrostomia. Dopo tentativo infruttuoso di
superamento della stenosi con guida per via percutanea, si è proceduto ad incisione in corrispondenza di
minima rilevatezza della parete vescicale ottenuta
mediante pulsioni esercitate sulla porzione terminale
dell’uretere tramite guida superstiff. Identificata la
guida, si è proceduto a sua estrazione tramite pinza e
a posizionamento di stent ureterale DJ 7x26 cm.
La cistografia retrograda di controllo, eseguita due
settimane dopo la procedura, non ha evidenziato
spandimenti di mdc.
Conclusioni: L’approccio endoscopico, utilizzando
una metodica combinata percutanea e cistoscopia,
rappresenta la modalità di trattamento di prima scelta in caso di stenosi dell’anastomosi ureteroileale.
FOLLOW-UP A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI SOTTOPOSTI AD IMPIANTO DI STENT
ENDOURETRALE UROLUME PER STENOSI
RECIDIVA DELL’URETRA BULBARE.
G. Breda, P. Tekerlekis, A. Giunta, A. Isgrò
S.C. di Urologia, Ospedale Nuovo, Bassano del
Grappa, Vicenza, Italia
Introduzione: Scopo del lavoro è valutare l’efficacia,
la tollerabilità ed i risultati a lungo termine del
posizionamento di stent endouretrale Urolume per
stenosi recidive dell’uretra bulbare.
Materiali e Metodi: Tra il 1990 ed il 1999 sono stati
impiantati 45 Urolume in 40 pazienti affetti da stenosi recidiva dell’uretra bulbare. In 5 pazienti sono
stati posizionati 2 stent. Le stenosi erano idiopatiche,
infiammatorie o iatrogene. Tutti i pazienti erano già
stati sottoposti ad uretrotomia e/o dilatazione dell’uretra. L’età media dei pazienti era di 62 anni. Gli stent
sono stati impiantati in anestesia locale, generale o
spinale. Dei 40 pazienti trattati 3 hanno un follow-up
di 11 anni, 10 di 10 anni, 9 di 9 anni, 4 di 8 anni, 3
di 7 anni, 6 di 6 anni ed i rimanenti 5 hanno un follow-up più breve perché deceduti o affetti da altre
patologie o per ragioni sconosciute.
Risultati: Con un follow-up medio di 8.02 anni e mediano di 9 anni (range 2-11 anni), le stenosi trattate con
successo sono risultate 38 su 40 (95%). Il flusso massimo è aumentato di oltre il 185% in 38 pazienti. 10
pazienti (25%) sono stati sottoposti dopo 1 anno ad uretrocistoscopia che ha evidenziato la completa riepitelizzazione dell’uretra. Le complicanze a breve termine sono
state fastidi perineali (17.5%) e gocciolio post-minzionale (99%); i primi si sono risolti in tutti i pazienti, mentre il secondo nell’85% dei casi ad un anno dal trattamento. Le complicanze a lungo termine sono state rappresentate da iperplasia della mucosa (10%), stenosi
recidiva (7.5) e calcificazione dell’Urolume (8%).
L’iperplasia della mucosa è stata trattata con resezione
transuretrale, mentre le calcificazioni sono state trattate
con Lithoclast. In tutti i casi abbiamo ottenuto la risoluzione definitiva del problema.
Conclusioni: L’impianto di stent endouretrale
Urolume si è dimostrato una procedura efficace,
sicura e stabile nel tempo per il trattamento delle
stenosi recidive dell’uretra bulbare.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
3
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
URETERORENOSCOPIA SEMPLIFICATA CON
GUIDE NITINOL.
M. Bruschi, V. Silingardi, S. Micali, A. Mofferdin,
M. Paterlini, N. Ghidini, G. Bianchi
Divisione clinicizzata e Cattedra di Urologia,
Università di Modena e Reggio Emilia, Italia
Introduzione: Negli ultimi anni lo sviluppo della
tecnologia ha notevolmente influenzato le procedure chirurgiche mini-invasive. Il contributo fornito dalla nascita di nuovi tipi di guide permette al
chirurgo di aumentare i campi d’applicazione della
endourologia delle alte vie escretrici.
Riportiamo le indicazioni all’uso di guide Nitinol
come alternativa alle guide PTFE durante ureterorenoscopia con strumento rigido e flessibile.
Materiali e Metodi: Le guide Nitilon apportano numerosi vantaggi rispetto alle guide PTFE: hanno una
maggiore durata, memory core e superficie idrofilica.
Inoltre una punta flessibile permette varie angolazioni. L’unico svantaggio è l’alto costo che impone pertanto una corretta indicazione all’utilizzo. Quando le
guide PTFE non consentono il passaggio attraverso
un’ostruzione le guide Nitilon nella maggior parte dei
casi riescono a superare l’ostacolo consentendo l’esecuzione della procedura ureteroscopica.
Risultati: Dal gennaio 2001 al gennaio 2002 sono
state eseguite 57 ureterorenoscopie con strumento
rigido e flessibile. In 9 casi una guida PTFE non è
riuscita ad oltrepassare l’ostruzione e pertanto sono
state utilizzate con successo guide Nitilon: 4 erano
ureteri tortuosi, 3 calcoli indovati, 1 neoplasia dell’uretere, ed 1 compressione ab estrinseco.
Conclusioni: Dalla nostra esperienza possiamo così
riassumere l’utilizzo di guide Nitilon: anomalie
anatomiche, calcoli indovati, calcolosi multipla o
complessa, stenosi, compressioni ab estrinseco e
neoplasie. Durante alcune manovre endourologiche le guide Nitilon possono aiutare o completare
le procedure con successo.
TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLA STENOSI DELL'URETERE: ENDOURETEROTOMIA
RETROGRADA MEDIANTE FONTE LASER PREVIA DILATAZIONE IDROPNEUMATICA CON
CATETERE A PALLONCINO; CASO CLINICO.
E. Cagnazzi, F. Mangione, M. Mari, A. Ambu,
M. Bellina
U.O.A. Urologia P.O, Rivoli A.S.L. 5
4
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Nel video è presentato un caso clinico di stenosi
dell'uretere sottogiuntale sinistro (in paziente affetta da connettivite e vasculite autoimmune) trattata
con dilatazione idropneumatica mediante palloncino collocato a livello della stenosi in corso di ureteroscopia, così da eseguire una dilatazione sotto
visione. Successivamente, esplorata la stenosi e le
vie escretrici, si completa il trattamento con la
sezione della stenosi mediante fonte Laser.
È dimostrato il risultato 6 mesi dal trattamento.
STONE CONE: LA SOLUZIONE ALLA RETROMIGRAZIONE DEL CALCOLO DURANTE LA
LITOTRISSIA ENDOURETERALE.
E. Cagnazzi, M. Mari, F. Mangione, A. Ambu,
M. Bellina
U.O.A. Urologia P.O, Rivoli A.S.L. 5
Il video dimostra l'efficacia del nuovo dispositivo
endourologico per prevenire la retromigrazione dei
calcoli durante la litotrissia in corso di ureteroscopia. Il Basket è dimostrato nella sua funzione sia
all'interno del canale operativo dell'ureteroscopio
che in parallelo allo strumento.
NEFROURETERECTOMIA LAPAROSCOPICA
PER NEOPLASIA DELL’ALTA VIA ESCRETRICE: NOSTRA ESPERIENZA SU 7 CASI.
G. Caleffi, M. Pastorello, M. Poluzzi, G. Carluccio,
D. Vecchio, A. Molon
Divisione di Urologia. Ospedale “Sacro Cuore, Don
Calabria”, Negrar, Verona, Italia
Introduzione: Il trattamento d’elezione per neoplasia
dell’alta via escretrice consiste a tutt’oggi nella nefroureterectomia, asportando il rene, racchiuso entro la
fascia di Gerota, insieme all’uretere in toto.
Analogamente alla metodica chirurgica, l’approccio
laparoscopico permette di conseguire una nefroureterectomia oncologicamente corretta, con tutti i considerevoli vantaggi già riconosciuti alla laparoscopia:
ridotta invasività con minor trauma per il paziente,
limitata richiesta di analgesici, minimo danno esteticoparietale, breve degenza ospedaliera e rapida convalescenza. Nel presente lavoro si presenta l’esperienza
maturata presso la Divisione Urologica di Negrar sui
primi sette casi di nefroureterectomia per neoplasia.
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Materiali e Metodi: Dal marzo 2001 al dicembre
2002 sono giunti alla nostra osservazione sette
pazienti con una storia di macroematuria e/o dolori lombari ricorrenti; in un caso si trattava di
paziente a noi noto da anni per neoplasia vescicale, già sottoposto a cistectomia radicale con neovescica ileale ortotopica in follow-up con evidenza di
una idroureteronefrosi. I pazienti (2 femmine e 5
maschi) di età media pari a 68,1 anni (range: 58 –
73) sono stati sottoposti a nefroureterectomia laparoscopica per neoplasia dell’alta via escretrice, in 4
casi a destra, in 3 casi a sinistra. Le nefroureterectomie destra sono state condotte per via transperitoneale, mentre 2/3 sinistre per via retroperitoneale. Il tempo operatorio medio è stato di 251.4
minuti (range 210-300 minuti). Le perdite di sangue stimate di 306 cc (90-370 cc). Il peso del
pezzo operatorio asportato è stato in media di 493
g (range 475-500 g). In 6 casi l’esame istologico ha
confermato trattarsi di carcinoma uroteliale (stadio
e grado di malattia sono compresi tra pTa e pT2 e
tra G2 e G3), mentre un caso è risultato essere un
papilloma invertito multifocale. Con il paziente
posto in posizione dorsolitotomica modificata si
procede a induzione del pneumoperitoneo
mediante ago di Veress o in alternativa mediante
tecnica di Hasson. Solitamente vengono utilizzate
quattro porte di accesso per l’esecuzione del I
tempo laparoscopico nel corso del quale si attua la
nefrectomia e l’isolamento dell’uretere sino a livello pelvico. Successivamente si procede al II tempo
chirurgico di liberazione dell’uretere pelvico con
exeresi di pastiglia vescicale mediante ampliamento dell’accesso più caudale (incisione di Gibson) o
riposizionando il paziente mediante incisione
ombelico-pubica o Pfannenstiel. Quindi si asporta
il rene con l’uretere in toto.
Risultati: Nella nostra casistica di nefroureterectomia laparoscopica per neoplasia non si sono registrate complicanze intraoperatorie e le perdite
ematiche sono risultate minime, senza quindi la
necessità di erogare emotrasfusioni. I tempi di
degenza sono scesi dagli iniziali 10 agli attuali 7
giorni. Nel follow-up a tutt’oggi 2 pazienti hanno
sviluppato una neoplasia vescicale.
Conclusioni: Noi riteniamo che questo approccio
combinato, pur mantenendo la stessa efficacia e
sicurezza oncologica dell’intervento a “cielo aperto”, consente un’aggressione metodologica superiore, con un’invasività decisamente ridotta.
Richiede all’urologo uno specifico apprendimento
ma offre al paziente tutti i non trascurabili vantaggi
intrinseci alla procedura laparoscopica.
NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA PER NEOPLASIA: NOSTRA ESPERIENZA SU 25 CASI.
G. Caleffi, M. Pastorello, M. Poluzzi, G. Carluccio,
D. Vecchio, A. Molon
Divisione di Urologia. Ospedale “Sacro Cuore, Don
Calabria”, Negrar, Verona, Italia
Introduzione: Il trattamento d’elezione per neoplasia renale consiste a tutt’oggi nella nefrectomia,
asportando il rene, racchiuso entro la fascia di
Gerota, insieme all’uretere prossimale. Discussa
resta invece la necessità di una concomitante surrenalectomia e linfadenectomia ilare. Analogamente
alla metodica chirurgica, l’approccio laparoscopico
permette di conseguire una nefrectomia oncologicamente corretta, con tutti i considerevoli vantaggi
già riconosciuti alla laparoscopia: ridotta invasività
con minor trauma per il paziente, limitata richiesta
di analgesici, minimo danno estetico-parietale,
breve degenza ospedaliera e rapida convalescenza.
Nel presente lavoro si riporta l’esperienza maturata
presso la Divisione Urologica di Negrar sui primi
25 casi di nefrectomia per neoplasia.
Materiali e Metodi: Dal maggio 2001 al gennaio
2003 venticinque pazienti (8 femmine e 17 maschi)
di età media pari a 66,8 anni (range: 27 – 81) sono
stati sottoposti a nefrectomia laparoscopica per
neoplasia renale, in 16 casi a destra, in 9 casi a sinistra. In 9 pazienti l’approccio laparoscopico è stato
esteso a contestuale surrenalectomia omolaterale in
presenza di voluminosa massa neoplastica sopraequatoriale; in due pazienti si è inoltre associata
colecistectomia per litiasi. Stadio e grado di malattia sono compresi tra pT1 e pT3b e tra G1 e G4. Il
peso medio del pezzo operatorio asportato risulta
di 628 g. L’approccio laparoscopico da noi utilizzato è quello transperitoneale: l’induzione del pneumoperitoneo è ottenuta mediante ago di Veress o in
alternativa mediante tecnica di Hasson. Solitamente
vengono utilizzate quattro porte di accesso. Si
medializza il colon previa incisione della linea di
Toldt; la dissezione continua sotto il polo renale
inferiore identificando e scollando l’uretere e la
fascia di Gerota dal muscolo psoas e poi risalendo
medialmente a raggiungere l’ilo renale, ove si riconosce il peduncolo vascolare. Ivi si espone vena ed
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
5
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
arteria realizzando la chiusura arteriosa con
Endoclips e con cucitrice meccanica si ottiene poi
sezione della vena con sutura dei monconi. Con
sonotropo si continua la dissezione dell’organo sul
versante polare superiore con eventuale surrenalectomia. Completa mobilizzazione sottodiaframmatica del rene. Successiva sezione dell’uretere lombare. La rimozione dell’organo, mantenuto intatto
entro la fascia di Gerota, si ottiene inserendolo
entro apposita sacca che viene estratta grazie ad
estensione della porta più caudale o di quella
ombelicale. La rimozione dei trocar è controllata
scopicamente, così come il corretto posizionamento di un drenaggio in loggia lombare.
Risultati: Nella casistica di Negrar la nefrectomia
laparoscopica per neoplasia con il progredire dell’esperienza ha portato a una riduzione nei tempi
operatori ed a un’estensione delle indicazioni a
masse renali sempre più voluminose. Non si sono
registrate complicanze intraoperatorie e le perdite
ematiche sono risultate minime (media: 117 ml)
senza quindi la necessità di erogare emotrasfusioni.
I tempi di degenza sono scesi dagli iniziali 7 agli
attuali 5 giorni. Nel follow-up a tutt’oggi si deve
riportare una sola conversione in laparotomia a
cielo aperto e, tra le complicanze a distanza, un
caso di erniazione ileale entro breccia mesenterica.
Conclusioni: La nefrectomia radicale laparoscopica,
della quale si sono presentate le caratteristiche tecnico-operative e le risultanze della nostra esperienza, appare oggi metodica affidabile e sicura.
Consente un’aggressione metodologicamente accurata, corretta nel rispetto della radicalità oncologica, con un’invasività globalmente ridotta. Richiede
all’urologo uno specifico apprendimento ma offre
al paziente una marcata riduzione del trauma operatorio, con tutti i conseguenti benefici nel limitato
dolore, nel trascurabile danno estetico e nel recupero funzionale in tempi rapidi.
URETERE RETROCAVALE DESTRO: APPROCCIO LAPAROSCOPICO.
G.Caleffi, M. Pastorello, M.Poluzzi, A. Molon
Divisione di Urologia, Ospedale “Sacro Cuore, Don
Calabria”, Negrar, Verona, Italia
Introduzione: L’uretere retrocavale costituisce anomalia congenita di non frequente osservazione, a
preminente interessamento clinico maschile, carat-
6
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
terizzata da compressione (di grado oltremodo
variabile) della vena cava inferiore sull’uretere
destro a decorso posteriore rispetto al tronco venoso. All’origine della malformazione si riconosce una
mancata atrofizzazione della vena sottocardinale
(nella sua porzione lombare) tale da comportare il
costituirsi di una vena cava inferiore posta ventralmente rispetto all’uretere che, nel suo decorso,
potrà risultare “intrappolato” dorsalmente ad essa.
La responsabilità cavale dell’anomalia viene sottolineata anche nella definizione di “Vena cava preureterale”. Si documenta in Video il nostro approccio laparoscopico per il trattamento di una forma
sintomatica di questa anomalia.
Materiali e Metodi: Un paziente maschio di 35 anni
giunge alla nostra osservazione in corso di pielonefrite acuta destra; presenta da più tempo episodi di
dolore lombare destra a carattere sordo ed intermittente. L’ultrasonografia addominale documenta
idroureteronefrosi destra prossimale, in assenza di
immagini litiasiche; l’urografia evidenzia un uretere destra circumcavale con spiccata retrostasi: il
quadro di uretere ectasico deformato a J inversa
all’altezza della compressione cavale appare patognomonico per uretere retrocavale di tipo I secondo Kenawi-Williams. Una TC addominale non
aggiunge ulteriori informazioni. Per la correzione
elettiva della patologia il paziente acconsente a procedimento laparoscopico transperitoneale. Quattro
porte di accesso vengono posizionate previa collocazione dorsolitotomica del paziente, adagiato sul
fianco sinistro: mobilizzando il colon ascendente si
espone agevolmente la pelvi renale destra (a preminente sviluppo extrailare) e l’uretere prossimale:
entrambi si presentano marcatamente dilatati. La
procedura laparoscopica contempla quindi un’accurata esposizione della vena cava e dell’uretere
sino al tratto iliaco. L’uretere viene sezionato al suo
emergere medialmente alla cava ed il suo tratto distale è antero-traslato lateralmente alla cava medesima: dall’uretere prossimale si reseca il tratto retrocavale (atonico e sclerotico) e lo si viene a posizionare in asse al moncone inferiore. Si procede quindi a confezionare l’anastomosi uretero-ureterale
destra, senza tensione alcuna tra i due monconi,
previo posizionamento di stent endoluminale autostatico doppio-J, collocato anch’esso per via laparoscopica transperitoneale.
Risultati: L’intervento di trasposizione ureterale
destra per via laparoscopica ha richiesto complessivamente 260 minuti; le perdite ematiche sono
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
risultate di 190 ml; non si sono avute complicanze
intraoperatorie né successive. Il paziente ha ripreso le normali funzioni fisiologiche in prima giornata, quando già ha iniziato a deambulare spontaneamente. Non ha manifestato problema alcuno nel
recupero di una completa omeostasi e a tutt’oggi si
presenta asintomatico.
Conclusioni: La correzione dell’uretere retrocavale
sintomatico di tipo I è codificata nella resezione chirurgica dell’uretere, con asportazione del segmento
retrocavale, nella trasposizione laterale e successiva
ricostruzione mediante anastomosi uretero-ureterale
(o pielo-ureterale). Tale intervento, come dimostrato nel nostro Video, può essere espletato per via
laparoscopica transperitoneale nel pieno rispetto dei
canoni metodologici tradizionali, con un modico
allungamento nei tempi operatori ma con tutti i vantaggi (ridotta invasività, minimo danno esteticoparietale, breve degenza e rapida convalescenza) già
riconosciuti alla procedura laparoscopica. L’ureteroureteroanastomosi laparoscopica transperitoneale
appare dunque, nella nostra esperienza, una tecnica
efficace e sicura.
LA STENOSI DELL’URETRA PROSTATICA:
UNA SINGOLARE COMPLICANZA NEL TRATTAMENTO CON HIFU DEL CARCINOMA
PROSTATICO.
A. Callea, V. Zizzi, N. Fiorentino, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, L. Cormio,
A. Traficante
AUSL BA 4, Ospedale Di Venere, U.O. Clinicizzata di
Urologia, Bari, Italia
L’HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) è una
terapia “mininvasiva” per il carcinoma prostatico,
che si prefigge la termoablazione della ghiandola
mediante ultrasuoni focalizzati ad alta energia.
Negli ultimi 8 mesi abbiamo effettuato 41 termoablazioni della prostata con l’ABLATHERM della
EDAP TECHNOMED in 38 pazienti affetti da carcinoma, non candidabili a prostatectomia radicale.
Prima dell’HIFU è stata eseguita un’epicistostomia
di minima ed una TURP di debulking.
I risultati oncologici e gli eventi avversi osservati
dopo questo trattamento sono discussi altrove.
La ripresa di minzioni spontanee si è ottenuta
mediamente dopo 12 giorni, durante i quali l’epicistostomia è stata mantenuta in situ. Si vuole qui
riferire l’insorgenza di un evento avverso non sufficientemente evidenziato in letteratura: la stenosi
dell’uretra prostatica post TURP+HIFU.
In 2 dei 38 pazienti da noi trattati si è osservato un
cospicuo ritardo nella ripresa di minzioni spontanee (> di 40 giorni), con assoluta impervietà al sondaggio dell’uretra prostatica; in un terzo paziente,
dopo la ripresa delle minzioni per uretram (terza
giornata) si è verificato, a distanza di pochi giorni,
uno stato di ritenzione urinaria a cui si è ovviato
con la riapertura dell’epicistostomia. Anche in questo caso l’uretra prostatica non era sondabile.
In tutti e 3 i pazienti è stata effettuata una uretrocitoscopia in narcosi (rispettivamente dopo 105, 86 e
43 giorni dall’HIFU), che ha evidenziato una stenosi serrata dell’uretra prostatica con una quasi completa coalescenza delle sue pareti, mentre perfettamente integro e contrattile risultava lo sfintere uretrale esterno. La ricanalizzazione dell’uretra prostatica è stata effettuata con incisione a freddo alle ore
12, sulla guida di un cateterino ureterale 3 Ch, che
si è riusciti a far giungere in vescica. Dopo l’incisione dell’uretra prostatica, in tutti e tre i casi si è
osservata una perfetta beanza del collo vescicale,
completamente riepitelizzato, mentre l’uretra prostatica era ridotta ad un rigido canale fibroso, a
monte del quale era ancora presente tessuto prostatico necrotico, che in un caso è stato elettroresecato. I tre pazienti trattati presentano una minzione
soddisfacente, con un Qmax mediamente di 14
ml/sec, con assenza di residuo postminzionale e
riferiscono un I-PSS score di 4; uno di essi è affetto
da stress incontinence di grado I. Tutti e tre i
pazienti hanno PSA < 0,5 ng/ml e le biopsie effettuate nell’uretra prostatica, al momento della ricanalizzazione della stenosi, e per via transrettale
sono risultate negative.
La stenosi dell’uretra prostatica, raramente riscontrabile dopo HIFU preceduto da TURP di debulking, nella nostra esperienza si è verificata nel 7,8%
dei casi. L’incisione a freddo alle ore 12 si è sempre
dimostrata fattibile ed efficace.
In caso di ritardo nella ripresa delle minzioni per
uretram, in quindicesima giornata, per prevenire
l’insorgenza di tali stenosi, siamo oggi soliti effettuare un cauto sondaggio con catetere Foley 16 Ch,
al fine di evitare la coalescenza delle pareti della
loggia prostatica.
La complicanza descritta non sembra aver compromesso il risultato dell’HIFU dal punto di vista oncologico.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
TRATTAMENTO CON HIFU DEL CARCINOMA
PROSTATICO IN PAZIENTI ULTRASETTANTACINQUENNI.
A. Callea, L. Cormio, N. Fiorentino, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, V. Zizzi, A. Traficante
AUSL BA 4, Ospedale Di Venere, U.O. Clinicizzata di
Urologia, Bari, Italia
L’HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) è una
terapia “mininvasiva” per il carcinoma della prostata, che si prefigge la termoablazione della ghiandola mediante ultrasuoni focalizzati ad alta energia
capaci di generare nel tessuto prostatico temperature di 95 °C. Il sistema attualmente più impiegato
per questo trattamento è l’ABLATHERM, prodotto
dalla EDAP TECHNOMED.
Gli studi clinici disponibili hanno fornito indicazioni sull’efficacia oncologica e sulla tollerabilità di questa terapia nei pazienti con carcinoma della prostata
clinicamente localizzato (Tl-2) e localmente avanzato (T3) ed in quelli con recidiva locale dopo radioterapia esterna o prostatectomia radicale.
Negli ultimi 8 mesi abbiamo sottoposto a termoablazione della prostata con ultrasuoni focalizzati ad
alta energia 16 pazienti ultrasettantacinquenni
affetti da carcinoma della prostata (1 T1, 13 T2, 1
T3 ed 1 T4). L’età media era 78,8 anni (range 7684), il valore medio di PSA pretrattamento 11,3
ng/ml ed il Gleason score medio 5,5; nel 75% dei
casi era presente un’ostruzione cervicouretrale
medio-severa che richiedeva una terapia medica o
chirurgica.
Tutti i pazienti sono stati studiati con ecografia
renale, vescicale e prostatica transrettale, con uroflussometria, con TAC e scintigrafia ossea solo in
caso di PSA > di 10 ng/ml ed a tutti sono stati somministrati i questionari I-PSS, QoL e IIEF 5, prima
ed a 3 mesi dal trattamento.
Prima dell’HIFU è stata eseguita un’epicistostomia
di minima ed una TURP di debulking (con presenza di carcinoma all’istologia post TUR nel 53,8%
dei casi). L’intera procedura è stata eseguita in anestesia spinale ed ha avuto una durata media di 219
minuti. La degenza postoperatoria media è stata di
5,9 giorni e la minzione spontanea si è ottenuta
mediamente dopo 15 giorni, durante i quali l’epicistostomia è stata mantenuta in situ.
Il follow-up medio è di 15,7 settimane, con determinazioni del PSA a 6 e 12 settimane e successivamente ogni 3 mesi ed esecuzione di biopsia prostatica dopo 6 mesi dall’HIFU.
8
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
È stato considerato indice di successo “biochimico”
un PSA post-trattamento < 0,5 ng/ml ed il success
rate è stato globalmente del 72,7%.
Gli eventi avversi registrati sono stati: UTI asintomatiche nel 31,2% dei casi, prostatiti ed orchiepididimiti nel 6,2%. Uno stress incontinence di
grado I si è osservato nel 25% dei casi ed una disfunzione erettile nel 71,4% dei pazienti potenti
prima del trattamento.
L’HIFU è sicuramente più razionale della ormonoterapia nel trattamento della neoplasia prostatica
localizzata o localmente avanzata, anche nei
pazienti con una spettanza di vita inferiore a 10
anni. Questo trattamento sembra ben tollerato e
risolve ottimamente anche l’ostruzione cervicouretrale spesso coesistente in questi soggetti.
ENDOSCOPIA VS ESWL NEL TRATTAMENTO
DELLA CALCOLOSI URETERALE: NOSTRA
ESPERIENZA IN CINQUE ANNI DI ATTIVITÀ
G. Carluccio, M. Cerfeda, A. Distante, A. Plenteda,
D. Bramato
Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera
“Card. G. Panico”, Tricase (LE), Italia
Introduzione: L’avvento della litotrissia extracorporea
e la miniaturizzazione degli strumenti endoscopici
hanno rivoluzionato il trattamento della calcolosi
ureterale. È tuttora aperto il dibattito su quale delle
due metodiche sia più adatta per un corretto trattamento, il grado di risoluzione, la minima invasività,
la compliance del Paziente e non ultimi i costi.
Abbiamo voluto riportare la nostra esperienza di
cinque anni d’attività, mettendo a confronto le due
metodiche nei termini in precedenza descritti.
Materiali e Metodi: Abbiamo trattato in cinque anni
d’attività (gennaio 98 - dicembre 02) 1693 Pazienti
affetti da calcolosi ureterale. Rispettivamente 1101
con ESWL, utilizzando il Lithostar Plus Siemens
con test ad alta efficacia e 592 con endoscopia utilizzando strumenti ottici miniaturizzati, Sonde di
Dormia e prevalentemente il litotritore ad energia
balistica per la frammentazione di calcoli più voluminosi. Le indicazioni all’ESWL sono state: calcoli
di 0.5-2 cm collocati in tutti i segmenti ureterali,
idronefrosi assente o di lieve entità, urine sterili. La
potenza impiegata è stata di 21-24 Kv, somministrando 3000- 3500 colpi mediamente per seduta;
l’analgesia non è stata utilizzata, provvedendo ad
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
usare della vaselina solida sulla zona cutanea colpita dall’onda d’urto. Tale sostanza evita l’esplosione delle bolle di cavitazione responsabili del dolore. La metodica ha richiesto in alcuni casi l’utilizzo
di manovre ancillari associate. L’endoscopia è stata
utilizzata nelle situazioni d’assoluta controindicazione all’ESWL (coagulopatie, idropionefrosi, obesità severa, scoliosi invalidante) e nei casi d’esclusione funzionale renale o insuccesso al 2° trattamento con onde d’urto.
Risultati: Con l’utilizzo dell’ESWL abbiamo ottenuti percentuali di successo dell’81% ma con alti
indici di ritrattamento e l’utilizzo in alcuni casi di
manovre aggiuntive ancillari. Non abbiamo mai
avuto effetti collaterali di rilievo clinico. Con l’endoscopia abbiamo ottenuto percentuali di successo
del 100% per i casi calcolosi pelvica, 96% per l’iliaca e 72% per quella lombare. Queste ultime percentuali riguardano casi di risalita di calcoli nella
pelvi e successivo trattamento con EWSL, l’anestesia utilizzata è stata prevalentemente quella spinale. In casi d’idropionefrosi inveterata o in situazione di manovre endoscopiche complesse, è stato
messo a dimora lo stent JJ per almeno venti giorni.
Abbiamo avuto un unico caso di perforazione ureterale iatrogena e tre casi di stenosi ureterale trattate, successivamente, con reimpianto.
Discussione: Nella nostra esperienza l’ESWL e
l’Ureteropieloscopia sono due tecniche entrambe
utili nella risoluzione di situazioni differenti. In
casi non complicati la litotrissia sembra essere la
metodica di prima scelta per la scarsa invasività e
l’assenza d’effetti nocivi, anche se gravata da un
alto indice di ritrattamento e da un certo numero
di insuccessi. L’ureteropieloscopia è prontamente
risolutiva, almeno nei casi di calcolosi pielica ed
iliaca, ma necessita di alta esperienza, strumenti
miniaturizzati e minimamente lesivi, e anestesia.
ENDOPIELOTOMIA PERCUTANEA: TECNICA
E RISULTATI
G. Carluccio, M. Cerfeda, A. Distante, A. Plenteda,
D. Bramato
Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera
“Card. G. Panico”, Tricase (LE), Italia
Dal gennaio 1998 al dicembre 2002 abbiamo trattato con Endopielotomia percutanea 26 Pazienti
affetti da ostruzione del giunto pielo-ureterale. In
21 Pazienti era presente una displasia congenita,
mentre 5 presentavano un’ostruzione secondaria a
pregressa chirurgia pielica.
Ventitrè endopielotomie sono state realizzate a freddo con lama uncinata o forbici microchirurgiche e
3 mediante ansa diatermica.
Tutti i Pazienti sono stati studiati con ecografia
renale, urografia endovenosa e scintigrafia.
Abbiamo escluso da questo trattamento i Pazienti
con pelvi molto ampia e quelli con sospetto urografico di vaso polare.
Nel video gli Autori presentano le tecniche chirurgiche utilizzate e i risultati a distanza.
PRESENTAZIONE DI UN CASO DI CALCOLOSI GIGANTE DELL’URETERE PELVICO SOTTOPOSTO A LITOTRISSIA EXTRACORPOREA
CON ONDE D’URTO.
A. Casanelli, C. Ferrarese, C. Zoppè, M. Diana,
M. Ombres, G. D’Elia, B. Mastrangeli
Divisione di Urologia, Ospedale Generale Provinciale
“S.Camillo De Lellis” di Rieti, Italia
Introduzione: Scopo di questo lavoro è quello di presentare una risoluzione di un caso di calcolosi gigante dell’uretere pelvico destro con la sola metodica di
litotrissia extracorporea con onde d’urto (ESWL).
Materiali e Metodi: Nel maggio 2002 abbiamo osservato una paziente che da ottobre 2001 presentava
coliche renali destre recidivanti, associate a febbri
urosettiche, con brevi periodi di relativo benessere.
Al momento dell’osservazione la paziente aveva eseguito una Rx diretta delle vie urinarie che mostrava
2 concrezioni di ciascuno 4x0,8 cm e 2x0,8 cm a
livello del tratto pelvico dell’uretere destro. Abbiamo
sottoposto la paziente ad una Rx urografica perfusionale che ha confermato la presenza di 2 calcoli nell’uretere pelvico dx con ureteroidronefrosi omolaterale. Essendo la paziente allergica a molti farmaci, tra
cui anche al mezzo di contrasto dell’urografia da noi
eseguita, si è ritenuto opportuno evitare l’anestesia
necessaria per l’ureterolitotrissia e procedere ad un
tentativo di ESWL.
Risultati: La paziente è stata sottoposta ad un primo
trattamento di litotrissia dove sono stati somministrate 3000 onde d’urto ottenendo la frantumazione del 50% dei calcoli e dopo 2 giorni ad un secondo trattamento con ulteriori 3000 onde d’urto ottenendo la completa frantumazione dei calcoli. Non
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
9
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
abbiamo sottoposto la paziente a posizionamenti di
cateterino o stent ureterale durante i due trattamenti di litotrissia. La paziente in 4 giorni ha eliminato completamente i frammenti; non ha presentato coliche né febbre durante il periodo di eliminazione. La paziente è stata sottoposta successivamente allo studio metabolico per la prevenzione
della calcolosi.
Discussione: La possibilità di varie metodiche per
affrontare e risolvere la calcolosi delle vie urinarie
pone spesso lo specialista di fronte all’indicazione
terapeutica. In questo caso, spinti da esigenze dettate dal caso clinico (paziente allergica) che ha portato ad usare una metodica raramente applicata in
questi tipi di calcolosi, ci ha permesso di apprezzare la possibilità di frantumazione anche di calcoli
dove molto spesso per eliminarli ricorriamo a
metodiche più invasive rispetto alla ESWL, sottoponendo i pazienti stessi ad un rischio maggiore.
OTTIMIZZAZIONE DELL’USO DELL’URETEROSCOPIO FLESSIBILE AL FINE DI PROLUNGARNE LA LONGEVITÀ.
F. Cauda, A. Rocca
Dipartimento di Nefrourologia, S.C. Urologia 3, A.S.O.
S. Giovanni Battista di Torino, Torino, Italia
Introduzione: Stabilire un metodo di utilizzo ottimale degli ureteroscopi flessibili, mediante l’impiego di accessori idonei tali da aumentarne la longevità e ridurre il ricorso alle manutenzioni.
Nonostante i progressi tecnologici, il diametro
ridotto degli ureteroscopi flessibili di oggi rende
inevitabili i danni da uso prolungato.
Materiali e Metodi: È stata eseguita un’indagine
retrospettiva sulle ureteroscopie flessibili da noi
eseguite e sui dati riportati in letteratura. Sono stati
comparati i risultati sulla durata degli strumenti in
relazione all’utilizzo prima e dopo l’avvento dei
nuovi accessori e materiali (camicia introduttrice,
basket in Nitinol, fibre laser Holmio flessibili da
200-micron, e guide con rivestimento idrofilico).
I parametri utilizzati si riferiscono alla riduzione della
visuale per lesione delle fibre ottiche, alla riduzione
dell’angolo di deflessione, all’impraticabilità del canale operativo, alle infiltrazioni del liquido di lavaggio
per infrazione della guaina esterna.
Risultati: Nella nostra Unità Operativa sono state
eseguite 107 ureteroscopie flessibili dal 1999 ad
10
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
oggi utilizzando due CIRCON DUR-8. La media di
utilizzo, prima di dover ricorrere a riparazioni è
stata di circa 15 procedure per strumento senza
accessori di nuova generazione, che corrisponde
alla media storica di uso di tali strumenti.
Utilizzando i nuovi accessori per ureteroscopia
flessibile, la media di utilizzo è salita a circa 25 procedure per strumento con un minimo di 19 e un
massimo di 30.
Conclusioni: Avvalendosi dei giusti presidi che la tecnologia odierna ci fornisce, associati all’esperienza
operativa, conseguente ad una giusta curva di apprendimento, si può arrivare all’incremento operativo
degli ureteroscopi flessibili, aumentando gli intervalli
di manutenzione e quindi riducendone i costi.
LASER AD OLMIO IN ENDOUROLOGIA:
FENOMENI CORRELATI ALLA FORMAZIONE
DI BOLLE DI PLASMA.
W. Cecchetti1, A. Tasca2, F. Zattoni3
1
INFM, Dipartimento di Chimica e Fisica, Università
Cà Foscari, Venezia; 2Unità operativa di Urologia,
Ospedale San Bortolo, Vicenza; 3Unità operativa di
Urologia, Ospedale Santa Maria della Misericordia,
Udine, Italia
Introduzione: Il fenomeno fisico correlato alle alte
temperature generate durante le procedure con laser
ad Olmio (Ho-YAG) è l’oggetto del nostro studio. Lo
scopo del lavoro è stato quello di determinare, per
ogni tipo di fibra ottica utilizzata, l’evenienza della
formazione di plasma ed il corrispondente livello di
densità di potenza e di stimare le dimensioni della
bolla in relazione a parametri quali energia per
impulso e frequenza degli impulsi.
Materiali e Metodi: Utilizzando una doppia slitta
micrometrica connessa ad una fibra ottica di 550
micrometri e 2 termocoppie immerse in acqua sono
stati emessi dall’Ho-YAG alcune serie di impulsi di
intensità e frequenza da 0.8 a 1.5 J e da 10 a 30 Hz
misurando le temperature corrispondenti sia sul
piano frontale (a 2 ed a 3 mm) che laterale (a 0.5 e
0.3 mm). Inoltre dei campioni di tessuto prostatico
ed alcuni calcoli sono stati trattati con 1.5 J a 20 Hz
sia sul piano frontale che laterale.
Risultati: Il trattamento con 1.5 J a 30 Hz (piano frontale) e con 1.5 J a 20 Hz (piano laterale) ha prodotto
l’ablazione della struttura delle termocoppie a 2 mm
e 1 mm rispettivamente, ad indicare la formazione di
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
plasma. Le dimensioni della bolla dopo emissione di
1.5 J a 20 Hz sono risultate di 2 x 1.5 mm.
L’ablazione del tessuto prostatico e la litotrissia sono
avvenute approssimativamente a 2 mm ed a 0.5 mm
rispettivamente sul piano frontale e laterale.
Discussione: Le bolle di plasma che si formano
all’estremità delle fibre collegate al laser Ho-YAG
rendono possibile operare sui calcoli e sui tessuti
molli frontalmente e lateralmente. La coagulazione
del tessuto prostatico è causata dalle bolle di vapore acqueo che si formano sul bordo delle bolle di
plasma. Durante la litotrissia, guide e cestelli
rischiano di essere danneggiati se si trovano nell’area di espansione delle bolle di plasma.
CALCOLOSI RENALE A STAMPO: TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO.
A. Celia, S. Micali, C. Di Pietro, P. Beltrami,
M.C. Sighinolfi, A. Mofferdin, G. Bianchi
Divisione clinicizzata e Cattedra di Urologia,
Università di Modena e Reggio Emilia, Italia
Introduzione: La litotrissia percutanea (PCNL) rappresenta un’eccellente procedura nel trattamento
della litiasi renale coralliforme o a stampo e nella
maggior parte dei casi è più efficace e sicura della
chirurgia a cielo aperto. Riportiamo l’esperienza di
2 centri Italiani che utilizzano la litotrissia percutanea (PCNL) con eventuale associazione di litotrissia extracorporea (ESWL) nel trattamento della
litiasi renale a stampo.
Materiali e Metodi: Dal gennaio 1987 al gennaio
2002, 228 pazienti di età media di 62 anni (96 uomini e 132 donne) sono stati trattati con litotrissia percutanea (PCNL). 133 pazienti erano affetti da calcolosi a stampo parziale (dell’ampolla e di 1 o più calici) e 95 erano affetti da calcolosi a stampo completa
(occupante tutta la cavità escretrice); di questi ultimi,
47 pazienti presentavano una calcolosi a stampo semplice e 48 presentavano una calcolosi a stampo complessa con numerose diramazioni caliceali. 152
pazienti sono stati trattati con la sola PCNL e in 18 di
questi si è reso necessario un doppio accesso. Nei 76
restanti pazienti venne associato un successivo trattamento PCNL o ESWL. In 26 casi si rese necessaria
trasfusione di sangue omologo, in media 1,5 Unità
(range: 1-3).
La sorgente PCNL utilizzata era ad ultrasuoni e
balistica.
Risultati: 128/133 pazienti affetti da litiasi a stampo
parziale e 73/95 pazienti affetti da calcolosi a stampo completa risultarono stone free dopo un singolo
trattamento. Un secondo trattamento (PCNL o
ESWL) fu necessario nel 28% dei pazienti con calcolosi a stampo parziale, nel 49% dei pazienti con
calcolosi a stampo completa semplice, nel 59% dei
pazienti con calcolosi a stampo complessa. Il tempo
operatorio medio è stato di 105 minuti (range 60180 minuti). Il tempo medio di ospedalizzazione è
stato di 4 giorni (range 3-5 giorni). Le complicanze
osservate sono state 2 perforazioni del colon e 1
caso di fistola atero-venosa.
Conclusioni: Riteniamo che la litotrissia percutanea
debba essere considerata di prima scelta nel trattamento della litiasi renale a stampo. La bassa morbidità, i brevi tempi di ospedalizzazione unitamente
alla bassa percentuale di complicanze avvalorano
tale procedura. Tuttavia consigliamo l’esecuzione
del trattamento percutaneo solo in centri attrezzati
e qualificati per tale metodica.
LA NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA NEL
RENE POLICISTICO.
A. Celia, C. Di Pietro, M. Bruschi, B. Baisi,
G. Bianchi
Dipartimento di Urologia, Università degli Studi di
Modena e Reggio Emilia, Italia
Introduzione: La nefrolitotrissia percutanea (PCNL) è
considerata la metodica di elezione nella terapia della
litiasi renale con diametro superiore ai 2 cm, è una
tecnica ampiamente sperimentata e come qualsiasi
procedura chirurgica non è esente da complicanze.
Materiali e Metodi: Riportiamo la nostra esperienza
di PCNL eseguita in un caso clinico di particolare
interesse: calcolosi pielica, caliceale superiore ed
inferiore del rene destro (diametro massimo 3,5
cm) in rene policistico.
Caso clinico: donna di 67 anni con calcolosi renale
bilaterale, reni policistici e modica insufficienza renale (valori di creatininemia stabili di 2,5 mg/dl). La
paziente era stata precedentemente sottoposta a
PCNL di un calcolo caliceale medio del rene destro, il
rene più compromesso dalla calcolosi. Dopo valutazione della documentazione clinica in possesso e
nuova valutazione con TC addomino-pelvica si programmava mini-Perc renale destra. Lo studio per
immagini evidenziava la presenza di collettori caliArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
11
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ceali sottili, verosimilmente non compiacenti a strumenti di grosso calibro. Eseguito l’accesso percutaneo, e constatata una buona compiacenza dei collettori alla strumentazione si decideva di proseguire l’intervento con PCNL standard. La paziente a fine trattamento era stones free. Il decorso postoperatorio è
stato caratterizzato da iperpiressia ed ematuria risoltisi spontaneamente, anemia che ha richiesto la trasfusione di due unità di sangue omologo.
Conclusioni: La PCNL non è esente da complicanze e in casi particolari la riuscita dell’intervento e la
gestione del postoperatorio richiedono abilità tecnica ed esperienza. Nel caso clinico su rportato le
complicanze possono verificarsi sia durante la creazione del tramite percutaneo, sia durante il trattamento endoscopico. Noi consigliamo di eseguire
tale procedura in centri specializzati ed esperti.
TROCAR SEEDING IN UROLOGY LAPAROSCOPY.
A. Celia, M.C. Sighinolfi, S. Micali, G. Bianchi
Department of Urology, Modena, Italy
Introduction: The increasing number of direction
for laparoscopy has made this procedure very
popular in the last ten year period because of the
advantages ascribed to this surgical technique. The
achievement of laparoscopy in urology is something new compared to the experience of general
and gynaecologic surgery, nevertheless the literature attests the effect of this procedure also in oncologic urology. Currently this new approach is proved only for a few pathologies while others directions seemed to be controversial or experimental.
The problem of port site metastases and peritoneal
dissemination comes out from the consolidate
experience of laparoscopic procedure in general
and gynaecologic surgery.
Aim of study: To estimate the real incidence of port
site metastases in laparoscopic oncological surgery.
Materials and Methods: Literature review from
January 1990 to January 2002 concerning port site
tumor siding in laparoscopic oncological surgery.
Results: The results are expressed in the Table 1.
Conclusions: No clear explanation exists for this phenomenon. The mechanisms involved seem to be
multifarious and consider the direct implant, local
factors and specific factors connected to laparoscopic
surgery. Further explanation will probably come out
from experimental research and clinical practice. The
few number of urological cases probably depends on
the limited experience of urological laparoscopy or
on the lack of reported cases in contrast with the
general surgery and gynecologic one experience.
CRIOABLAZIONE LAPAROSCOPICA DI NEOPLASIE RENALI (LRC): FOLLOW-UP A
MEDIO TERMINE.
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Nava, T. Maga,
E. Dell’Acqua, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute,
Ospedale San Raffaele, Ville Turro, Milano, Italia
Introduzione: In casi selezionati, la crioablazione
laparoscopica di piccole neoplasie renali, si prefigge
di ottenere gli stessi risultati oncologici della chirurgia conservativa renale a cielo aperto, con i vantaggi
Table 1.
12
Authors
Year
Laparoscopic procedure
Oncological staging
Time for recurrences
Stolla
1994
laparoscopic lymphadenectomy
bladder cancer
pT3N0M0
9 months
Bangma C. et all.
1995
laparoscopic pelvic lymphadenectomy
for prostatic carcinoma
pT3N1M0
6 months
Andersen
1995
laparoscopic biopsy bladder cancer
TCC
-
Smith
1995
laparoscopic biopsy bladder cancer
TCC
-
Abdelhamid M.E.
1998
laparoscopic staging of bladder tumor
pT3G2
3,5 months
Abdelhamid M.E.
1998
laparoscopic staging of bladder tumor
pT3G2
9 months
Abdelhamid M.E.
1998
laparoscopic staging of bladder tumor
pT3G2
non stated
Ahmed et all.
1998
laparoscopic radical nephrectomy
-
8 months
Castilho L.N. et all.
2001
laparoscopic radical nephrectomy
-
5 months
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
tipici della chirurgia minimamente invasiva.
Materiali e Metodi: 33 pazienti di età media 64.5
anni (range 29-80) sono stati sottoposti a LRC per
lesioni renali documentate mediante TAC o RMN.
Il diametro medio delle lesioni era di 25.9 mm. In
accordo alla posizione della neoplasia, in19 casi è
stato impiegato un approccio transperitoneale e nei
rimanenti 14 un approccio retroperitoneoscopico.
Risultati: Il diametro medio dell’“ice ball” è stato di
48.3 mm (range 30-80). In un caso si è resa necessaria una conversione chirurgica dell’intervento. Il
tempo operatorio medio è stato di 200 min (range
120-300); le perdite ematiche sono state di 165.8
cc (range 20-900). L’esame istologico delle biopsie
intraoperatorie ha documentato 23 casi di carcinoma renale, 6 casi di oncocitoma, 2 angiomiolipomi
e 2 casi “indefiniti”. La degenza postoperatoria
media è stata di 3.9 giorni (range 3-7). Le complicanze postoperatorie sono state 3 casi di iperpiressia, 1 ematoma perirenale, 1 caso di edema polmonare e un caso di ematuria macroscopica importante, trattati in modo conservativo. Come complicanza tardiva si è registrato un caso di sindrome
del giunto pielo ureterale che ha richiesto una correzione chirurgica 8 mesi dopo l’intervento. Il diametro medio della criolesione alla RMN in prima
giornata era di 48.2 mm; la riduzione media delle
lesioni a 1 mese (33 pazienti), 3 mesi (30 pazienti), 6 mesi (29 pazienti), 12 mesi (24 pazienti) 18
mesi (14 pazienti) e 24 mesi (2 pazienti) di followup è stata rispettivamente del 24%, 43%, 60%,
74%, 91% e 100%. Le biopsie percutanee delle
lesioni a 6 mesi di follow-up non hanno documentato la presenza di tessuto neoplastico residuo.
Conclusioni: La crioablazione laparoscopica di piccole masse renali si dimostra una metodica sicura,
riproducibile ed efficace. Il nostro follow-up è promettente anche se ulteriori studi e un prolungato
follow-up sono necessari per definire appieno il
ruolo della metodica nel trattamento della patologia neoplastica renale.
SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE: 10 ANNI DI ESPERIENZA.
A. Cestari, G. Guazzoni, A. Centemero, M.
Riva, P. Bellinzoni, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute,
Ospedale San Raffaele, Ville Turro, Milano, Italia
Introduzione: La surrenalectomia laparoscopica è
considerata la tecnica chirurgica di scelta per l’ablazione delle lesioni surrenaliche benigne. Diversi
approcci e tecniche sono stati descritti, con accesso
trans o retroperitoneoscopico. Presentiamo la
nostra esperienza di 10 anni di chirurgia laparoscopica del surrene, con approccio transperitoneale.
Materiali e Metodi: Nel periodo ottobre 1992 ottobre 2002, 205 approcci laparoscopici al surrene sono stati eseguiti presso il nostro Istituto. In
particolare 178 surrenalectomie unilaterali (77
destre, 101 sinistre - 60 Sindromi di Conn, 40
Sindromi di Cushing, 37 Feocromocitomi, 32
Incidentalomi e 9 lesioni maligne), 19 surrenalectomie bilaterali e 8 casi di chirurgia conservativa. Il
paziente viene posizionato sul fianco a 60° con il
letto flesso per ampliare il campo chirurgico; il
primo step dell’intervento è la legatura precoce
della vena surrenalica, al fine di impiegarla come
filo guida per la corretta dissezione del surrene.
Risultati: L’intervento laparoscopico è stato completato con successo tranne che in 5 casi che hanno richiesto una conversione chirurgica a cielo aperto, di cui
due durante surrenalectomia per patologia maligna. Il
tempo operatorio medio è stato di 151 min per il
gruppo unilaterale, di 236 minuti per il gruppo bilaterale e di 84 minuti per gli interventi conservativi. Le
complicanze sono state rappresentate da 3 casi di
emoperitoneo drenati chirurgicamente, 3 casi di sanguinamento trattati conservativamente (emotrasfusioni) e due casi di infezioni della ferita. I pazienti
sono stati in grado di alzarsi sin dalla prima giornata
postoperatoria e sono stati dimessi rispettivamente
dopo 2.7, 5 e 1.5 giorni nei tre gruppi.
Conclusioni: La surrenalectomia laparoscopica
transperitoneale è una tecnica sicura ed efficace,
minimamente invasiva e rappresenta sicuramente
l’indicazione “gold standard” per il trattamento
della maggior parte delle patologie surrenaliche di
interesse chirurgico.
SVILUPPO DELLA TECNICA DI ANASTOMOSI
VESCICO-URETRALE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA (VLRP).
A. Cestari, G. Guazzoni, M. Riva, A. Centemero,
F. Montorsi, L. Broglia, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute,
Ospedale San Raffaele, Ville Turro, Milano, Italia
Introduzione: La prostatectomia radicale laparoscopica sta incontrando un interesse progressivamente creArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
13
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
scente nella comunità urologica. La ricostruzione
della continuità vescico-uretrale rappresenta uno dei
passaggi più critici e complessi dell’intera procedura.
Presentiamo la nostra esperienza e lo sviluppo della
corretta tecnica di anastomosi vescico-uretale in
corso di prostatectomia radicale laparoscopica.
Materiali e Metodi: Nei primi 15 pazienti sottoposti a VLRP presso il nostro istituto (gruppo 1) l’anastomosi vescico-uretrale è stata confezionata
mediante punti staccati e nodo extracorporeo; successivamente è stata sviluppata una corretta tecnica di sutura intracorporea e nei successivi 15
pazienti (gruppo 2) è stata impiegata una tecnica di
sutura a punti staccati e nodo intracorporeo.
Abbiamo modificato ulteriormente la tecnica e nei
successivi 15 pazienti (gruppo 3) è stata impiegata
una sutura in continua per il confezionamento dell’anastomosi vescico-uretrale.
Risultati: Nella tabella 1 sono riportati i risultati dei tre
gruppi. La continenza alla rimozione del catere è stata
simile nei tre gruppi. Il primo paziente nel gruppo 1
ha sviluppato una stenosi dell’anastomosi che ha
richiesto un’incisione endoscopica 5 mesi dopo l’intervento, senza effetti peggiorativi sulla continenza.
Conclusioni: Un corretto training sulle suture laparoscopiche è necessario per l’esecuzione corretta
dell’anastomosi vescico-uretrale. La sutura extracorporea si è dimostrata più lunga nell’esecuzione
rispetto alle suture con nodo intracorporeo, sebbene sia di più diretta esecuzione nella fase di
apprendimento della metodica. La sutura in continua, pur richiedendo un maggior grado di manualità laparoscopica, si è rivelata per noi la tecnica più
veloce per il confezionamento dell’anastomosi.
CISTECTOMIA LAPAROSCOPICA “PROSTATE AND SEMINAL SPARING” (CLPSS) CON
NEOVESCICA ORTOTOPICA: ESPERIENZE
PRELIMINARI.
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Nava, R. Colombo,
L. Rigatti, M. Lazzeri, L. Broglia, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute,
Ospedale San Raffaele, Ville Turro, Milano, Italia
Introduzione: La cistectomia con risparmio della
capsula prostatica e delle vescicole seminali rappresenta un’alternativa chirurgica per quei pazienti
di giovane età dove la preservazione della continenza urinaria e della potenza sessuale sono di primaria importanza. Presentiamo la nostra esperienza preliminare nell’impiego della laparoscopia per
eseguire questo intervento.
Materiali e Metodi: Due uomini di 58 e 61 anni,
affetti da neoplasia vescicale superficiale plurirecidiva, resistente alle terapie endovescicali, sono stati
sottoposti a CLPSS. Una settimana prima dell’intervento è stata eseguita una TURP al fine di creare
una capsula prostatica adeguata per l’anastomosi.
Dopo l’induzione del pneumoperitoneo ed il posizionamento di 5/6 trocars, gli ureteri vengono
identificati, isolati, clippati e sezionati. Viene successivamente creato lo spazio tra vescica e vescicole seminali, utilizzando i deferenti come filo guida
e la cistectomia completata mediante impiego di
EndoGia preservando la capsula prostatica. La configurazione della neovescica viene creata a cielo
aperto, mediante l’isolamento di 60 cm di ileo
attraverso un’incisione periombelicale di 7 cm.
Dopo aver riposizionato la neovescica nella cavità
addominale, il pneumoperitoneo viene reindotto e
la ileocapsulo anastomosi confezionata laparoscopicamente.
Risultati: Non si sono registrate complicanze maggiori. Il tempo chirurgico è stato rispettivamente di
480 e 450 minuti. Le perdite ematiche sono state di
150 e 220 cc rispettivamente. I drenaggi sono stati
rimossi dopo 4 e 6 giorni e i pazienti dimessi
rispettivamente dopo 8 e 9 giorni. I due pazienti
sono stati completamente continenti sin dalla
Tabella 1.
Gruppo
N° di punti
Tempo
per l’anastomosi (min)
Tempo
per ogni punto (min)
Cateterizzazione
(giorni)
Extracorporei
5 (4-6)
124.6 (98-150)
24.9
15 (10-20)
Intracorporei
9 (7-14)
81.9 (67-110)
9.1
8 (7-19)
14 (12-15)
57.4 (75-50)
4.1*
Sutura Continua
*tempo medio per ogni passaggio
14
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
rimozione del catetere vescicale con normale uroflussometria. Al follow-up trimestrale avevano una
normale funzionalità sessuale, equivalente a quella
preoperatoria. I pazienti hanno riferito erezioni
valide, adatte all’atto sessuale, senza la necessità di
farmaci specifici.
Conclusioni: La cistectomia laparoscopica con
risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali è una procedura che si è rivelata sicura, riproducibile e può rappresentare una valida alternativa
alla tradizionale cistectomia in pazienti selezionati
che vogliono mantenere un’ottimale continenza e
potenza sessuale.
DRENARE O NON-DRENARE DOPO URETEROSCOPIA?
L. Cormio, A. Callea, N. Fiorentino, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, V. Zizzi, A. Traficante
AUSL BA 4, Ospedale Di Venere, U.O. Clinicizzata di
Urologia, Bari, Italia
Studi recenti hanno messo in discussione la necessità di drenare la via urinaria superiore dopo ureteroscopia non-complicata, ovvero in assenza di
edema o lesioni della parete ureterale. È noto, tuttavia, che i risultati di studi eseguiti in centri di
riferimento non sono sempre riproducibili nella
pratica clinica quotidiana. Scopo di questo studio è
stato valutare i risultati ottenuti con il “drenare o
non-drenare” i pazienti sottoposti ad ureteroscopia
nella nostra pratica quotidiana.
Da gennaio 2000 a gennaio 2003 sono state eseguite 144 ureteroscopie diagnostiche o operative in 108
pazienti; 23 pazienti sono stati esclusi dallo studio
perché portatori di patologie con indicazione assoluta allo stenting ureterale (stenosi del giunto pieloureterale, stenosi e/o fistole ureterali). Nei rimanenti 85 pazienti sono state condotte 109 procedure,
ovvero 86 frammentazioni e/o estrazioni di calcoli
renali e/o ureterali, 18 controlli e/o trattamenti
(biopsie e/o asportazione e/o fotocoaugulazione
laser) per neoplasie uroteliali, 5 procedure diagnostiche per ematuria o idronefrosi. Le procedure sono
state condotte in anestesia generale o spinale e tutti
i pazienti hanno ricevuto terapia antibiotica parenterale a partire dal giorno della procedura. La necessità e la modalità di drenaggio sono state stabilite dall’operatore. Delle 109 unità reno-ureterali sottoposte
ad ureteroscopia, 15 non sono state drenate; le
rimanenti 94 sono state drenate con doppio-J (84) o
con mono-J/catetere ureterale (10), oltre a catetere
vescicale per 24-48 ore. In casi sporadici di doppio
sistema o per garantire un appropriato drenaggio in
presenza di numerosi frammenti litiasici sono stati
posizionati due stents doppio-J paralleli.
Le 10 procedure concluse con drenaggio con
mono-J o catetere ureterale non hanno presentato
complicanze. Delle 84 procedure concluse con drenaggio con doppio-J, una sola (1,2%) è stata associata a sepsi urinaria postoperatoria con prolungamento della ospedalizzazione di 5 giorni. Delle 15
procedure concluse senza alcun drenaggio, 4 (26%)
hanno richiesto un prolungamento dell’ospedalizzazione, di 5 giorni per sepsi urinaria in 2, e di 7
giorni per dolore al fianco ed anuria in altre 2; tuttavia, non è stato necessario drenare nessuna delle
unità inizialmente non-drenate.
Nella nostra pratica quotidiana, l’incidenza di
complicanze tali da prolungare significativamente
la degenza postoperatoria è risultata molto elevata
(26%) nelle unità reno-ureterali non-drenate, tanto
da sconsigliare tale condotta. Il drenaggio con doppio-J, pur con gli svantaggi di un’elevata incidenza
di sintomi irritativi e della necessità di una cistoscopia per la sua rimozione se (come è nostra abitudine) non si lasciano fili di trazione al di fuori
del meato uretrale, ha dimostrato di essere associato ad una incidenza di complicanze maggiori
molto bassa (1,2%), suggerendone l’uso quando si
desidera dimettere il paziente il giorno stesso della
procedura. Il numero di unità reno-ureterali drenate con mono-J o catetere ureterale è esiguo per
trarre conclusioni certe; tuttavia, tale drenaggio
non è stato associato a complicanze maggiori né
minori (sintomi irritativi prolungati, necessità di
rimozione con cistoscopia) e, pertanto, sembra
essere una valida opzione qualora si ritenga opportuno eseguire l’ureteroscopia in regime di ricovero
di uno-due giorni.
TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DELLE STENOSI URETERO-ILEALI: MODALITÀ DIVERSE
PER SITUAZIONI DIVERSE.
L. Cormio, V. Zizzi, G. Mona, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, A. Traficante
AUSL BA 4, Ospedale Di Venere, U.O. Clinicizzata di
Urologia, U.O. di Chirurgia d’Urgenza, Bari, Italia
Le stenosi uretero-ileali costituiscono una complicanza relativamente frequente (2-15%) di questa
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
15
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
derivazione urinaria; mentre in passato richiedevano
spesso un trattamento “a cielo-aperto” con asportazione del tratto stenotico e reimpianto ureterale, con
l’affinamento delle moderne tecniche endourologiche la maggior parte di esse può oggigiorno essere
risolta con un trattamento endoscopico. Si riporta
l’esperienza maturata negli ultimi 5 anni che, pur
riferita a sole 5 unità reno-ureterali, dimostra come
diverse metodiche endourologiche possano essere
utilizzate per ottenere la dilatazione e/o l’incisione
endoscopica delle stenosi uretero-ileali.
Il primo paziente è stata trattato con dilatazione a
palloncino e successivo stenting per via anterograda di una stenosi uretero-ileale destra comparsa 15
mesi dopo il confezionamento di neovescica ortotopica tipo Camey II con anastomosi uretero-ileale
tipo Le Duc.
Il secondo paziente è stato trattato con dilatazione
per via anterograda di una stenosi uretero-ileale
destra in neovescica ortotopica tipo Camey II con
anastomosi uretero-ileale tipo Le Duc, posizionamento anterogrado di uno stent doppio-J e di un
filo guida, incisione retrograda con laser ad olmio
della stenosi tra lo stent ed il filo guida, controllo
ureteroscopico e posizionamento retrogrado di un
secondo doppio-J parallelo al primo.
Il terzo paziente, portatore di uretero-ileo-sigmoidostomia e stenosi uretero-ileale bilaterale, è stato trattato in due tempi. Nel primo, è stata eseguita una
dilatazione anterograda della stenosi uretero-ileale
sinistra e, dopo recupero del filo guida con coloscopio, stenting anterogrado con mono-J; si posizionava anche nefrotomia destra. Nel secondo tempo, si
procedeva a dilatazione anterograda della stenosi
uretero-ileale destra e, dopo recupero del filo guida
con coloscopio, stenting anterogrado con mono-J.
Il quarto paziente, portatore di condotto ileale tipo
Bricker con anastomosi uretero-ileale tipo Wallace
II, è stato trattato con dilatazione anterograda della
stenosi, posizionamento di filo guida, incisione con
laser ad olmio e stenting con doppio-J.
Ad un follow-up medio di 18 mesi (range 9-27), il
trattamento ha risolto l’ostruzione e la sintomatologia in tutti i casi. È interessante notare che le unità
reno-ureterali del primo e del quarto paziente,
nonostante l’assenza di dilatazione e di sintomi,
risultano scarsamente funzionanti, probabilmente
per compromissione del parenchima da prolungata ostruzione non trattata.
L’esperienza riportata dimostra che la disponibilità
e la familiarità con le diverse nuove tecniche
16
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
endourologiche possono consentire di trattare in
modo mini-invasivo un numero sempre maggiore
di stenosi uretero-ileali.
TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI DEL
CALICE INFERIORE CON URETEROSCOPIA
FLESSIBILE E LITOTRISSIA CON LASER AD
OLMIO.
L. Cormio, V. Zizzi, M. Barberini, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, A.
Traficante
AUSL BA 4, Ospedale Di Venere, U.O. Clinicizzata di
Urologia, Bari, Italia
Scopo dello studio è stato valutare efficacia e tollerabilità della litotrissia retrograda ureteroscopica
nella calcolosi renale del gruppo caliciale inferiore.
Da febbraio 2000 a dicembre 2002 sono giunti alla
nostra osservazione 22 pazienti con calcolosi renale
del gruppo caliciale inferiore; in due la patologia era
bilaterale ed in un caso vi era associata una malformazione renale (rene a ferro di cavallo). Tutti i
pazienti erano già stati sottoposti a ESWL senza
alcun beneficio. La valutazione pre-operatoria comprendeva l’urografia e l’ecografia renale e vescicale.
La procedura prevedeva l’utilizzo di uretereroscopio
rigido 8 o 10 Fr (Storz) e ureteroscopio flessibile
telescopico 8,4 Fr (Circon DUR-8), nonché di laser
ad olmio di 15 Watt di potenza con fibre laser di 200
micron di diametro. Dopo ureteropielografia e posizionamento di due fili guida, di cui uno di sicurezza, si procedeva a ureteroscopia rigida (a scopo diagnostico e dilatativo). Si introduceva quindi l’ureteroscopio flessibile con fibra laser da 200 micron e si
procedeva a litotrissia con energia media di 1,2 J
(0,6-1,7 J), con l’accortezza di evitare la formazione
di frammenti grossolani. I frammenti maggiori venivano rimossi con cestello Zero tip 2,4 Fr. In tutti i
pazienti è stato posizionato uno stent doppio-J
rimosso dopo 3 settimane, ed un catetere vescicale
rimosso dopo 48 ore. La durata media della procedura è stata di 100’ (50’-240’), la degenza media di
4,2 giorni (4 - 5 giorni). Tra le complicanze intra e
post-operatorie sono state registrate una piccola discontinuità ureterale, risoltasi con lo stenting, ed un
caso di iperpiressia (38,4° C) risoltosi in seconda
giornata con terapia antibiotica.
Il follow-up medio è di 21 mesi (4-35 mesi). Tutti
i pazienti sono stati sottoposti a Rx diretta renale a
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
30 giorni ed ecografia renale semestrale. La percentuale di stone-free è stata del 37,5% (9/24), al
primo trattamento, e del 62,5% (15/24), al secondo trattamento; in 8 casi si è avuta una netta riduzione delle dimensioni e del numero di frammenti
senza tuttavia raggiungere una completa bonifica.
In un solo caso è stato necessario un terzo trattamento endourologico per ottenere la condizione di
stone-free.
La litotrissia con laser ad olmio della calcolosi del
gruppo caliciale inferiore è associata a bassa morbilità; a causa della normale curva di apprendimento, la percentuale di stone-free è certamente
bassa nei primi casi trattati ed aumenta con l’esperienza. Lo svantaggio della frequente necessità di
ritrattamento è compensata dalla mini-invasività
della procedura.
IL LASER AD OLMIO NEL TRATTAMENTO
DEI CALCOLI DELLA VIA ESCRETRICE ALTA.
A. D’Elia, S. Di Lena
Struttura Semplice di Urologia, Dipartimento di
Chirurgia, Ospedale di Castellaneta, ASL TA/1,
Castellaneta (Ta)
Il Laser impiega fibre di calibro ridotto (200 0 400
micron) in grado di subire torsioni importanti
(anche 180°) senza perdita di potenza. È possibile
quindi impiegare ureteroscopi sia rigidi sia flessibili
il cui canale operativo può ospitare contemporaneamente la fibra laser ed un cestello di Dormia (2.2
Ch) o un Grasping in Nitinol (materiale indeformabile) consentendo la migliore manipolazione del calcolo. La disponibilità di cateteri a palloncino, guide
idrofiliche in Nitinol, cestelli da calcolo senza punta
(O-tip), costituisce la dotazione minima obbligatoria
per affrontare gli eventuali ostacoli che possono presentarsi in questo tipo di chirurgia.
Con il Laser la retropulsione del calcolo è scarsa,
così anche la migrazione dei frammenti. Data la
miniaturizzazione degli strumenti, è necessario
comunque disporre di un sistema di irrigazione
efficace, anche forzata (SASP – Microvasive), per
ridurre l’effetto di polverizzazione del calcolo e
mantenere la visione ottimale.
Nel nostro Ospedale è disponibile un Laser ad
Olmio della ditta Dornier (potenza massima 17
Watt) e da maggio a novembre 2002 sono state eseguite 25 ureteroscopie con strumento rigido per
calcolo ureterale ostruente e 15 ureteroscopie flessibili per calcoli dei calici inferiori e medi in gran
parte residui a ESWL (diametro 8-10 mm). La
potenza impiegata è stata di 4-6 Watt, il tempo operatorio è stato da un minimo di 30 minuti ad un
massimo di 3 ore e 20 minuti, in tutti i casi è stato
utilizzato a fine intervento uno stent DJ (rimosso
dopo 15 giorni), la degenza media postoperatoria è
stata 2 gg (1-5 giorni). Non sono stati necessari
ritrattamenti, 3 pazienti sono stati sottoposti successivamente a ulteriore ESWL ed in 2 è residuata
una calcolosi minima dei calici inferiori (3-4 mm).
Il Laser permette, in conclusione, la polverizzazione del calcolo riducendo notevolmente la strumentazione dell’uretere ed i potenziali rischi a ciò connessi. Bisogna comunque tenere presente che l’impiego degli endoscopi flessibili comporta all’inizio
maggiori difficoltà tecniche sia per il campo visivo
più piccolo e meno nitido sia per l’orientabilità
dello strumento nelle cavità renali.
RUOLO DELL’ESWL NELLE URGENZE DELLA
LITIASI URETERALE.
G. Dachille1, M. Bottalico1, A. Lorusso1, G. Albo1,
V. Pagliarulo1, F.S. Grossi2, A. Pagliarulo1
1
Urologia Universitaria II, Università degli Studi di
Bari; 2Divisione di Urologia, Ospedale Civile di
Martina Franca, Taranto, Italia
Introduzione: Il presente studio intende verificare la
validità e l’efficacia della litotrissia extracorporea ad
onde d’urto (ESWL) nella litiasi ureterale in situazioni d’urgenza, utilizzando il primo trattamento a
non più di una settimana dall’insorgenza della sintomatologia o dal ricovero.
Materiali e Metodi: Dal gennaio 2001 al dicembre
2002 abbiamo considerato 182 pazienti, 132
maschi e 50 donne, giunti alla nostra osservazione,
in regime di urgenza, provenienti dal pronto soccorso con diagnosi di sospetta colica renale. In 98
(53.8%) casi le indagini strumentali hanno confermato il sospetto clinico ed in 88 di essi si è trattato
di una litiasi ureterale. Di quest’ultimo gruppo 12
(13.6%) pazienti hanno avuto una clearance spontanea dei calcoli che presentavano un diametro non
superiore ai 4 mm, i restanti 76 pazienti sono stati
sottoposti a ESWL d’urgenza con primo trattamento effettuato a non più di una settimana dalla nostra
osservazione litotritore Litostar Plus con puntaArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
17
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
mento radiologico ed ecografico.
Risultati: Nel gruppo dei pazienti trattati con
ESWL in urgenza 12 (15.7%) presentavano una
litiasi dell’uretere iuxtavescicale e del tratto intramurale con diametro medio di 5,5 mm (range 57.0 mm), 57 (75%) dell’uretere lombare con diametro medio di 6 (range 5.5- 7.5 mm) e 7 (9.2%)
del tratto alto e sottogiuntale con diametro medio
di 10 mm (range 8-15 mm). L’ESWL in urgenza si
è mostrata sempre efficace al primo trattamento in
tutti i casi di litiasi dell’uretere iuxtavescicale ed
intramurale, così come nei casi di litiasi del tratto
lombare anche se in 20 pazienti si è dovuto ripetere il trattamento, infine di totale insuccesso nelle
litiasi dell’alto tratto dell’uretere dove si è dovuti
ricorrere in 2 casi a ureterolitotrissia endoscopica
con laser ad holmium ed in 5 a stenting ureterale
con rimozione endoscopica di calcolo.
Conclusioni: L’ESWL in situazioni di urgenza urologica è indubbiamente una valida opzione terapeutica
in tutte le forme di litiasi ureterale del tratto urinario
basso con una risposta complessiva nella nostra casistica del 90% con buona tollerabilità da parte del
paziente alla procedura. Di fondamentale importanza rimangono le dimensioni del diametro dei calcoli.
Nella litiasi ureterale calcoli con dimensioni superiori al centimetro sono molto difficili da eliminare con
la sola ESWL. Di scarsa importanza rimane l’impiego
dell’ ESWL nelle litiasi dell’alto tratto urinario.
Bibliografia
1. Gonzales E, Cabrera PJ, Calahorra FFJ, Garcia CJ,
Veel NR. Efficient, immediate or emergency ESWL: an
attractive strategic alternative to be considered in the
treatment of renal colic. Actas Urologicas Espanolas
2000; 24:721
2. Holman CD, Wisniewski ZS, Semmens JB, Bass AJ.
Chancing treatmmments for primary urolithiasis:
impact on services and preservation in 16679 patients
in Western Australia. Br J Urol Int.2002; 90:7
LA NEFROLITOTRISSA PERCUTANEA (PCNL)
MINI-INVASIVA CON AUSILIO DI STRUMENTI
FLESSIBILI-ATTIVI NELLA TERAPIA DELLA
CALCOLOSI RENALE COMPLESSA.
A. De Lisa, M. Firinu, R.M. Scarpa, P. Usai
Clinica Urologica, Cagliari, Italia
Introduzione: Obiettivo del nostro studio è stato
quello di dimostrare come ottenere alti tassi di
18
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
stone-free utilizzando una tecnica combinata con
endoscopio rigido e flessibile nella PCNL per la
terapia delle calcolosi renali complesse. L’utilizzo di
Amplatz di piccolo diametro e un accesso attraverso il calice inferiore riducono l’invasività e le complicanze.
Materiali e Metodi: Abbiamo trattato 92 pazienti
(94 unità renali) (54 donne, 38 uomini; età 22-78
anni). I calcoli renali complessi erano >2.5 cm.
Dopo puntura del calice inferiore sotto guida fluoroscopica abbiamo inserito (con tecnica one-shot)
la cannula di Amplatz da 18 o 24 Ch. Gli altri strumenti ed accessori utilizzati sono stati: nefoscopio
rigido e flessibile, litotritore balistico con sonda
rigida e flessibile, cestelli da estrazione, pinze da
estrazione rigide o flessibili, Laser Ho:YAG.
Risultati: Il tasso di stone-free è stato dell’86%
dopo singolo trattamento (risultato confermato al
controllo endoscopico e fluoroscopico in sala operatoria al termine della procedura).Tutti i calcoli del
calice superiore o medio (sito iniziale o calcolo
migrato durante la procedura) sono stati trattati
con nefroscopio flessibile ogni qual volta non potevano essere raggiunti con l’endoscopio rigido. Il
tubo nefrostomico è stato rimosso dopo un massimo di 72 ore. Il tempo operatorio medio è stato di
70’ (30’-185’). Solo il 14% di pazienti con piccoli
(<8 mm) frammenti residui (non evidenziabili al
controllo fluoroscopico o endoscopico al termine
della procedura) sono stati trattati con successo
con ESWL. L’accesso al calice inferiore ha evitato
lesioni epatiche, spleniche o toraciche più frequenti dopo accesso diretto al calice superiore. Le complicanze intra-operatorie hanno incluso una lesione della pelvi in un paziente. Le complicanze postoperatorie hanno incluso un’infezione non complicata delle vie urinarie in 28 pazienti (35%), ostruzione ureterale da frammenti migrati durante la
procedura (1 paziente), emorragia con necessità di
trasfusione (2 pazienti).
Conclusioni: Gli Autori sostengono la validità della
tecnica mini-invasiva che consente, attraverso l’uso
combinato di strumenti rigidi e flessibili, di ottenere
i migliori risultati (grazie allo strumento flessibile)
attraverso una completa clearance dei calcoli migrati.
A COMPARISON OF THREE DIFFERENT
SOURCES OF ENERGY AFTER 1,340 URETEROLITHOTRIPSIES.
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
F. De Marco1, G.P. Ricciuti2, L. Grillenzoni1, S.
Di Nicola1, D. Fini1, F. Di Silverio2
1
Stone Center INI Grottaferrata, Rome; 2Department
of Urology, University “La Sapienza”, Rome, Italy
Introduction: There are different sources of energy
to obtain the stone fragmentation, with different
mechanisms of action, different probes to transmit
the energy, different effectiveness on chemical
composition of the stones, different capability to
potentially damage the urinary tract and to lead to
complications.
Materials and Methods: Between June 1996 and
September 2002, 1,340 patients with ureteral stones or steinstrasse after ESWL underwent ureteroscopy. The stones location and size were (Table 1).
As a source of energy to fragment the stones we
compared:
• the new generation ultrasonic lithotripter Circon
ACMI USL 2000, rigid probes, size 4.5 fr;
• the pneumatic lithotripter Calcusplit Storz, rigid
probes, size 3 fr;
• the holmium YAG laser Dornier Medilas, flexible
probes, size 200-600 micron.
Stone-free and complication rates in patients in each
treatment group were assessed. Complete success was
defined as radiographic absence of stones post operatively and we evaluated the complications due to the
Table 1.
Stone location
Number of patients
Stones size
Upper
Ureter
445 (33.2%)
10-20 mm
Middle
Ureter
206 (15.3%)
6-20 mm
Lower
Ureter
552 (41.1%)
6-20 mm
Steinstrasse
137 (10.2%)
30-70 mm
Table 2.
Number of patients treated with
each intracorporeal device.
Intracorporeal lithotripter
Number of patients
Pneumatic lithotripter
282 (21.0%)
Ultrasonic lithotripter
547 (40.8%)
Holmium yag laser lithotripter
511 (38.1%)
use of the intracorporeal lithotripters and not due to
the ureterorenoscopes employed.
Results and Conclusions: In our series of 1,340 ureterolithotripsies, the new ultrasonic lithotripsy system
ACMI USL 2000 and the Holmium YAG laser Dornier
Medilas resulted more effective to fragment the stones
of the urinary tract compared with the pneumatic
lithotripter Storz Calcusplit, but the early complica-
Table 3.
Stone-free rates for each intracorporeal lithotripter after one endoscopic procedure.
Stones location
Pneumatic lithotripsy
Ultrasonic lithotripsy
Holmium yag laser lithotripsy
Upper
Ureter
60/87 (68.9%)
146/156 (93.5%)
194/205 (96.0%)
Middle ureter
56/62 (90.3%)
66/72 (91.6%)
69/72 (95.8%)
105/118 (88.9%)
256/263 (97.3%)
171/171 (100%)
13/15 (86.6%)
53/56 (94.6%)
66/66 (100%)
Distal
Ureter
Steinstrasse
Table 4.
Complication rate due to the use of different intracorporeal lithotripters.
Complications
Pneumatic lithotripsy
Ultrasonic lithotripsy
Holmium yag laser lithotripsy
20/282 (7.0%)
22/547 (4.0%)
0/511(0%)
11 (3.9%)
9 (1.6%)
0
Perforation
2 (0.7%)
6 (1.0%)
0
Submucosal wedging of fragments
7 (2.4%)
7 (1.3%)
0
42/1,340 (3.1%)
Minor complication
Unintentional push up
major complications
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
19
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
tions for the ACMI USL 2000 and the Calcusplit Storz
were higher and in the same way the late complications: 9 (1.0%) ureteral stenosis. No complications
were observed in the Holmium YAG laser group. The
Holmium YAG laser Dornier Medilas seems to be an
effective and safe device to treat ureteral stones whatever their chemical composition. The stone-free rate
after one procedure was higher compared with the
ultrasonic and pneumatic lithotripters and their safety
is demonstrated by the absence of early or late complications. The only disadvantages observed during
the holmium YAG laser lithotripsy was that it is time
consuming but these data confirm that it is the ideal
intracorporeal lithotripter we were looking for.
COMPARISON OF A NEW ELECTROMAGNETIC
SHOCKWAVE SOURCE WITH HM3-MOD IN A
RANDOMISED TRIAL.
F. De Marco1, G.P. Ricciuti2, L. Grillenzoni1,
S. Di Nicola1, D. Fini1, F. Di Silverio2
1
Stone Center INI Grottaferrata; 2Department of Urology,
“La Sapienza” University, Rome, Italy
Introduction: The newly developed powerful
Dornier EMSE 220-XXP can now achieve a performance level equal to that of electrohydraulic
system (HM3 mod), and therefore a randomized
study can contribute to answer to questions of preference of shock wave source type for future developments improving ESWL in respect to fragmentation and side effects.
Materials and Methods: To evaluate the safety and
the efficacy of the shock wave source EMSE 220FXXP versus the Dornier Lithotripter HM3 modified, 197 patients, 3 had bilateral stones, with renal
and ureteral stones were treated in a randomised
way from January 2000 to April 2002.
Inclusion criteria were: Patients with a ureter or kidney stones for whom ESWL is indicated, stone size
between 5 to 40 mm diameter measured on KUB,
Stone localisation and positioning possible for both
lithotripters. Exclusion criteria were: Coagulation
abnormalities, radiolucent stones, pregnancy, patients
with single kidney. The stones location was in Table 1.
The success of the ESWL therapy was determined
according to freedom from stones or clinically insignificant residual fragments < 3 mm (CIRF).
Results and Conclusions: After the first treatment, the
stone-free rate in the EMSE group was 79%; this value
increased after a second treatment, to 86%. In the
20
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Table 1.
Stone Location
Group EMSE
220 F XXP
Group HM3
MOD
14 (14%)
58 (58%)
Upper calyx
5 (5%)
6 (6%)
Middle calyx
29 (29%)
4 (4%)
Lower calyx
46 (46%)
25 (25%)
UPJ
3 (3%)
2 (2%)
Ureteral L1-L3
3 (3%)
5 (5%)
Pyelum
HM3 group, the stone-free rates after one and two
treatments were respectively 66% and 76%. In the
EMSE 220F-XXP group the ReESWL RATE was about
13% versus a higher value of about 45% in the HM3
group. The average shock waves number was 1896 in
the EMSE group versus 2755 in the HM3 group and
in the same way the energy doses were 55 J in the
EMSE group versus 70 J in the HM3 group. Twenty
patients had auxiliary endoscopic procedures in the
EMSE group compared with 28 in the HM3 group.
Regarding the anaesthesia, only 6 patients of the EMSE
group required alfentanyl because of pain, compared
with 15 patients of the HM3 group. Only one patient
of the EMSE group had a perirenal hematoma treated
in a conservative way. Our clinical study has demonstrated that the new EMSE 220F XXP seems to be
more powerful compared with the HM3 modified; in
fact, in a randomized series the stone free rates after
one or more treatment resulted higher in the EMSE
group compared with the HM3 group and the
reESWL rates were lower in the EMSE group. The average shock waves number was different in the different
groups, the EMSE group received a lower number of
shock waves and then of the energy dose to obtain the
fragmentation of the stones compared with the HM3
group. These results indicate that in the next future we
could obtained better results with this new shockwave
source changing the “golden standard” device.
VASO ANOMALO E STENOSI DEL GIUNTO PIELOURETERALE: SPECIFICITÀ DIAGNOSTICA
DELLA TC SPIRALE.
G. De Rienzo, G. Masiello, I. Martines, A. Vitarelli,
G. Giocoli Nacci, A. Pagliarulo
Urologia Universitaria II, Università degli Studi di Bari,
Bari, Italia
Introduzione: Valutare la specificità della TC spirale nel
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
riconoscimento di vasi anomali che incrociano l’area
del giunto pieloureterale (crossing vessels).
Materiali e Metodi: Dal 1997 al 2002 abbiamo sottoposto 49 pazienti a trattamento chirurgico per stenosi del giunto pieloureterale. Il protocollo di studio
prevedeva per ogni paziente l’esecuzione di urografia
endovenosa e scintigrafia renale sequenziale con
MAG3 in fase di accertamento di ostruzione, indi TC
spirale al momento della scelta del trattamento chirurgico per evidenziare la presenza eventuale di vasi
anomali. In caso di loro assenza, al paziente veniva
proposto un trattamento endourologico mininvasivo; in caso contrario il paziente veniva informato
circa l’utilità di eseguire una plastica del giunto a
cielo aperto (dismembered pieloplasty secondo
Anderson-Hynes).
Risultati: 38 pazienti sono risultati eleggibili per il trattamento endourologico mininvasivo della stenosi del
giunto pieloureterale (ACUCISE). In 11, invece, la TC
spirale mostrava la presenza di vaso anomalo e pertanto questi pazienti sono stati sottoposti ad intervento di Anderson-Hynes.
In 4 (36,4%) di questi 11 pazienti non è stato repertato alcun vaso anomalo, e pertanto la metodica ha
mostrato una specificità del 63,6%.
Discussione: Un vaso anomalo che incroci anteriormente il giunto pieloureterale può essere causa di
stenosi ed è una controindicazione all’esecuzione di
un trattamento mininvasivo di questa patologia, vista
la riduzione dell’efficacia terapeutica e il rischio di
sanguinamento. L’urografia non è affidabile nella diagnosi di vasi anomali: sugli urogrammi i vasi anomali possono solo essere suggeriti da segni indiretti. Al
contrario i vasi anomali sono direttamente visualizzati su angiogrammi convenzionali e le immagini
sono ottimizzate nell’angiografia digitalizzata.
Tuttavia l’angiografia è costosa ed è associata a rischi
come il sanguinamento e la dissezione arteriosa.
Inoltre le relazioni anteriore e posteriore dei vasi con
il giunto pieloureterale possono essere difficili da
identificare. Pertanto, una procedura meno invasiva,
meno costosa e che individui più facilmente i crossing vessels, è necessaria. La TC spirale ha consentito di migliorare la ricerca preoperatoria di un vaso
anomalo. La sensibilità della TC spirale nel riconoscere un crossing vessel è già stata valutata in letteratura ed è stimata essere del 89-100%. Questa metodica ha anche un elevato potere di risoluzione, essendo in grado di riconoscere un vaso già dal diametro
di 2 mm. Meno dati esistono, invece, sulla sua specificità. Gli studi sull’accuratezza della TC spirale
riportano una specificità del 96,6-100%, ma spesso si
basano su casistiche di meno di 50 pazienti. È segnalata la possibilità che la TC spirale dia degli artefatti,
dovuti alla ricostruzione tridimensionale del software, all’ampiezza della collimazione, allo spessore delle
scansioni ed alla loro sovrapposizione, nonché alla
capacità del paziente di mantenere l’apnea. Inoltre
non esiste ancora un protocollo standardizzato di esecuzione della TC spirale. Tutti i suddetti fattori possono giustificare la discrepanza esistente fra i nostri
risultati e i dati riscontrati in letteratura.
Conclusioni: Sebbene la TC spirale sia una metodica
molto promettente e sia da alcuni Autori giudicata il
nuovo standard nella valutazione della stenosi del
giunto pieloureterale per un favorevole rapporto costibenefici, la sua applicazione in questo campo è ancora
sperimentale. Un reperto di assenza di crossing vessel
è da giudicare affidabile e sicuro ed il paziente può
essere avviato senza ulteriori remore ad un trattamento mininvasivo; in caso di segnalazione di vaso anomalo, invece, va contemplata l’eventualità di ulteriori
accertamenti diagnostici almeno nei casi più incerti, se
la presenza di un vaso anomalo può modificare la strategia terapeutica.
NEFROLITOTOMIA PERCUTANEA (PCNL)
NEL PAZIENTE MONORENE: NOSTRA ESPERIENZA.
C. Di Pietro, M. Bruschi, N. Ghidini, M. Bisi,
S. Saredi, G. Bianchi
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia
Introduzione: La nefrolitotomia percutanea (PCNL) è
una metodica per il trattamento della calcolosi renale. Persistono, tuttavia, ancora delle perplessità nel
trattare, con questa procedura, i pazienti monorene.
Materiali e Metodi: Abbiamo eseguito un’analisi retrospettiva delle PCNL eseguite dal 01/01 al 12/02. La tecnica utilizzata prevede la creazione di uno o più accessi ai calici che può essere eseguita alcuni giorni prima
(7-3 giorni) mediante guida ecografica o in corso di
trattamento con guida radioscopica.
Risultati: Su 26 pazienti sottoposti a PCNL, 3 sono
risultati essere monorene. Paziente di 37 anni, rene
sinistro grinzo con calcolosi a stampo e rene destro
con calcolosi a stampo dei calici inferiori. È stata
eseguita PCNL in 2 tempi con accesso da due calici inferiori con bonifica completa della calcolosi
(cistina e fosfati). Esami pre-operatori: creatinina
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
21
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
1,4 mg/dl, urea 37 mg/dl, Hb 14,0 g/dl. Esami postoperatori: creatinina 1,4 mg/dl, urea 25 mg/dl, Hb
8,5 g/dl. Eseguite trasfusioni di 5 unità di sangue di
cui 3 omologhe per anemizzazione. Paziente di 62
anni con rene destro grinzo per calcolosi a stampo e
rene sinistro con calcolosi a stampo radiotrasparente. IRA sottoposta a dialisi e successivo posizionamento di DJ sinistro. È stata eseguita PCNL in 2
tempi con accesso ad un calice medio con bonifica
completa della calcolosi (acido urico).
Esami pre-operatori: creatinina 3,8 mg/dl, urea 88
mg/dl, Hb 9,7 g/dl. Esami post-operatori: creatinina
3,1 mg/dl, urea 70 mg/dl, Hb 9,0 g/dl. Paziente di
70 anni sottoposta a nefrectomia destra per pionefrosi ed ascesso perirenale complicante calcolosi a
stampo. Per la presenza di calcolosi a stampo del
rene sinistro della pelvi e di tutti i calici renali, è stata
sottoposta a trattamento PCNL in due tempi con
accesso da un calice superiore con bonifica della
pelvi e di un calice superiore (struvite). Successiva
PCNL da un calice inferiore con bonifica del calice
stesso, ma impossibilità ad accedere ai calici medi.
Esami pre-operatori: creatinina 2,1 mg/dl, urea 80
mg/dl, Hb 12,9 g/dl. Esami post-operatori: creatinina 2,1 mg/dl, urea 79 mg/dl, Hb 9,8 g/dl. La paziente è in attesa di bonifica della calcolosi residua con
plurimi accessi o nefrolitotomie.
Discussione: La PCNL, nonostante la limitata casistica, è risulta essere una metodica sicura ed efficace con un tasso di complicanze ridotto; pertanto
può essere eseguita nei pazienti monorene senza
eccessive preoccupazioni.
CALCOLOSI URETERALE.
A. Filoni, V.Giannone, S.Serio
Unità Operativa di Urologia, A.S.L. Lecce 1, Presidio di
Campi Salentina
Gli autori riferiscono della loro esperienza su 143 casi
di calcolosi ureterale in due anni di esperienza.
Le nuove tecnologie permettono di trattare oramai per
via endourologica tutte le calcolosi dell’uretere.
Sicuramente di fronte a calcoli inferiori ad 1 cm, il
primo approccio è l’ureteropieloscopia.
La conoscenza anatomica e fisiologica dell’alto apparato urinario, il crescente progresso tecnologico degli
strumenti impiegati, che sono di giorno in giorno sempre più perfezionati ed affidabili, l’evoluzione dei sistemi di litotrissia intraureterale, che dalle prime sonde
22
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
ad ultrasuoni ed elettroidrauliche sono passati a quelle balistiche e laser, l’immediato riconoscimento delle
complicanze ed il loro tempestivo trattamento, hanno
fatto dell’ureteropieloscopia una metodica sicura ed
affidabile. Le conoscenze anatomiche, associate alle
conoscenze dell’anatomia endoscopica, hanno permesso negli ultimi anni l’applicazione di tecniche sempre meno invasive. La calcolosi renale ed ureterale
rimane ancora oggi una malattia sociale e come tale
impegna in maniera determinante il lavoratore e quindi l’economia nazionale. La litiasi urinaria colpisce il
12% dei pazienti nel mondo; nel 20% dei casi la calcolosi è localizzata a livello dell’uretere ed il 70% di
questi calcoli è localizzato a livello dell’uretere distale.
Il suo picco d’incidenza è maggiore fra i 20-40 anni,
con un rapporto maschi femmine di 3 a 1.
Nel 60% la calcolosi ureterale è inferiore a 5 mm. Nel
25% dei casi fra 5-10 mm, nel 15% > a 20 mm.
I risultati ottenuti sono in linea di massima sovrapponibili a quelli della letteratura mondiale.
Nel prevenire le complicanze bisogna fare molta
attenzione nella selezione dei pazienti, allo studio
diagnostico completo e alla disponibilità di tutta la
strumentazione. Se la distanza della linea immaginaria congiungente pelvi ed ostio ureterale, sia a livello pelvico che lombare, è superiore a cm3, risulterà
difficile porre in linea l’uretere con conseguente
insuccesso dell’ureteropieloscopia rigida. Viene presentata, con un mini video clip, la tecnica con doppia guida per il superamento dell’ostio non compiacente e vengono presentati due casi di calcolosi ureterale trattati con energia laser. Secondo il nostro
modesto punto di vista l’ureteroscopia oramai è una
tecnica da eseguire in day surgery ed in alcuni casi
può sostituire l’ureteropielografia retrograda.
PCNL: MINI, MIDI o MAXI?
A. Frattini, S. Ferretti, P. Salsi, N. Azzolini,
P. Cortellini
Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera
Universitaria di Parma, Parma, Italia
La nefrolitotrissia percutanea (PCNL) è attualmente il
trattamento di prima scelta nella calcolosi renale non
suscettibile di terapia extracorporea.
Le dimensioni dei calcoli, la conformazione anatomica
endorenale e la vasta gamma di strumentario endourologico a disposizione rendono, oggi, possibile la personalizzazione del trattamento percutaneo privilegian-
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
do una terapia mini-invasiva senza compromettere
l’efficacia terapeutica. La scelta del tramite nefrostomico congruo alla conformazione endorenale e alla litiasi da trattare rende più rapida e sicura la procedura
chirurgica evitando possibili traumatismi dovuti alla
non perfetta armonia tra strumenti e strutture anatomiche. Un Mini-accesso percutaneo (<14 Fr) è da
riservarsi a calcoli di diametro inferiore a 1,5 cm refrattari alla litotrissia extracorporea o su richiesta del
paziente; il successo di tale metodica è condizionato
dalla disponibilità di un set idoneo allo scopo e dall’utilizzo di sonde e fonti d’energia per la trissia in grado
di esasperare la frammentazione dei calcoli sino a piccolissime dimensioni compatibili con l’espulsione
spontanea o con l’asportazione di pinze congrue con
lo strumentario (per esempio laser ad olmio). Un
Midi-accesso percutaneo (20-24 FR) consente la risoluzione di gran parte delle calcolosi non complesse in
un tempo unico; tale tecnica è più facilmente coronata da successo se si dispone di un sistema di trissia ad
energia combinata (per esempio US+balistica). Un
MAXI-accesso percutaneo (30-34 Fr) è da riservarsi
alla calcolosi di grosse dimensioni nelle quali la possibilità di estrarre grossi frammenti accorcia notevolmente i tempi operatori, giustificando quindi una
maggior invasività.
Va tenuto presente che tali tecniche possano essere
anche utilizzate in combinazione qualora si rendesse
necessario ricorrere a più accessi per ottenere la clearance completa della litiasi.
Alla luce di tali possibilità riteniamo che la personalizzazione del trattamento è certamente da considerarsi
l’ottimizzazione della procedura; tutto ciò ha ripercussioni positive sui tempi di degenza, sulle complicanze
intra e post-operatorie con maggior comfort per il
paziente che, correttamente informato, spesso preferisce una procedura percutanea, più rapida ed efficace,
alla litotrissia extracorporea.
anatomici e chirurgici effettuati su cadavere, abbiamo sviluppato una tecnica originale di cistectomia
radicale laparoscopica con linfadenectomia pelvica
e contestuale configurazione di neovescica ileale
ortotopica che viene illustrata in questo video.
Materiali e Metodi: La tecnica prevede tre fasi: una
prima fase demolitiva (cisto-prostato-vesciculectomia radicale e linfadenectomia pelvica bilaterale)
per via laparoscopica, un tempo ricostruttivo extracorporeo attraverso un’incisione sovraombelicale di
5 cm (estrazione del pezzo operatorio, isolamento
dell’ansa ileale, anstomosi entero-enterica, detubularizzazione e parziale riconfigurazione dell’ansa
ileale), ed una terza fase ricostruttiva laparoscopica
(anastomosi uretero-ileali, anastomosi uretro-neovescicale, completamento del neo-serbatoio).
Risultati: Abbiamo eseguito tale intervento in 6
pazienti con carcinoma transizionale organo-confinato. Il tempo operatorio medio è stato di 380 minuti con perdite ematiche medie di 310 ml. Nel periodo postoperatorio abbiamo utilizzato solo analgesici
tipo FANS per il controllo del dolore. Non sono state
riscontrate complicanze post-operatorie rilevanti ed i
pazienti sono stati tutti dimessi tra la 7a e la 9a giornata post-operatoria con catetere vescicale.
Conclusioni: Secondo noi la tecnica proposta rende
la cistectomia radicale laparoscopica con neovescica ileale ortotopica un intervento fattibile e riproducibile. Tuttavia necessita di un adeguato training
laparoscopico per l’équipe chirurugica.
M.I.La.N: Minimally Invasive Laparoscopic
Neobladder.
F. Gaboardi, A. Simonato, A. Lissiani, A. Gregori,
S. Galli, A. Bozzola
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”,
Milano, Italia
Introduzione: Sulla base dell’esperienza acquisita nella
chirurgia laparoscopica che ci ha consentito di eseguire
con tecnica mini-invasiva una cistectomia radicale laparoscopica con neovescica ileale (M.I.La.N., Minimally
Invasive Laparoscopic Neobladder) abbiamo attuato
questa tecnica su un paziente affetto contemporamente
da neoplasia vescicale e neoplasia delle alte vie effettuando una nefroureterectomia e una cistectomia laparoscopica con ricostruzione di neovescica ileale. Il presente video descrive la tecnica utilizzata.
Introduzione: La cistectomia radicale rappresenta il
trattamento chirurgico di scelta per il carcinoma
transizionale infiltrante della vescica. Dopo studi
NEFROURETERECTOMIA LAPAROSCOPICA E
CISTECTOMIA RADICALE CON NEOVESCICA
ORTOTOPICA (M.I.LA.N.).
F. Gaboardi, A. Lissiani, A. Gregori, A. Bozzola, S.
Galli, A. Simonato
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”,
Milano, Italia
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
23
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Materiali e Metodi: Il tempo della nefroureterectomia
viene eseguito mediante l’impiego di 5 porte transperitoneali e successivamente completato con il tempo
della cistectomia con l’aggiunta di ulteriori 3 porte. Il
pezzo operatorio intatto viene estratto attraverso un’incisione sopraombelicale di 7 centimetri, estraendo per
prima la porzione vescico-prostatica, poi l’uretere ed il
rene. Attraverso la stessa incisione si isolano 25 centimetri di ileo che vengono detubularizzati e parzialmente riconfigurati per la costituzione della neovescica ileale. Successivamente la neovescica viene completata laparoscopicamente con la tecnica (M.I.La.N.) e
l’intervento viene completato con la linfadenectomia.
Risultati: Abbiamo eseguito l’intervento in due pazienti. Il tempo operatorio medio è stato di 540 minuti, le
perdite ematiche trascurabili, inferiori ai 300 cc.
Entrambi i pazienti hanno avuto scarsissimo dolore
post-operatorio, hanno presentato una ripresa dell’attività intestinale dopo 3 e 5 giorni e sono stati mobilizzati in 4a giornata post-operatoria. I pazienti sono
stati dimessi dopo 7 e 9 giorni con catetere e cateterino ureterale che dopo controllo radiologico sono stati
tolti in 14a giornata post-operatoria.
Conclusioni: La nefroureterectomia e cistectomia radicale in tempo unico sono sicuramente un intervento
non comune e che quando effettuato a cielo aperto ha
un notevole impatto sul performance status del
paziente. La possibilità di eseguire l’intervento per via
laparoscopica, come illustrato dal video, sembra ridurre il dolore e le sequele post-operatorie, pur rispettando i principi oncologici della chirurgia a cielo aperto.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: COMPLICANZE PERIOPERATORIE NEI
PRIMI 80 CASI.
A. Gregori, A. Simonato, A. Lissiani, A. Bozzola, S.
Galli, F. Gaboardi
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”,
Milano, Italia
Introduzione: Valutare le complicanze perioperatorie nei primi 80 casi di prostatectomia radicale
laparoscopica trattati consecutivamente nella
nostra Unità Operativa.
Materiali e Metodi: Abbiamo esaminato retrospettivamente 80 pazienti operati di prostatectomia radicale
laparoscopica per carcinoma prostatico clinicamente
localizzato dal 22/1/2001 al 24/7/2002. Caratteristiche
dei pazienti: età media 63.8 anni (range 53-78), body
mass index medio 25.6 (range 19-32), ASA score 1 in
24
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
31 pazienti, 2 in 42 e 3 in 7, PSA medio 11.5 ng/ml
(range 1.3-60). Gleason score bioptico: 10 pazienti
(12.5%) 2-4, 53 pazienti (66.25%) 5-7, 16 pazienti
(20%) 8-10, 1 pazienti (1.25%) HG-PIN diffuso.
Ventuno pazienti avevano eseguito un trattamento
ormonale neoadiuvante di durata variabile da 2 settimane a 3 mesi, 27 pazienti avevano già subìto un
intervento chirurgico addominale sottoombelicale, 2
pazienti una TUR-P e 1 pazienti una TUR-BT.
Risultati: Nessun intervento è stato convertito a cielo
aperto. La durata media dell’intervento è stata 218
minuti (range 150-420) con perdite ematiche medie di
376 ml (range 50-1000) e degenza media 4.5 giorni
(range 3-9). Il catetere è stato mantenuto in media 11
giorni (range 7-23). Stadiazione patologica: 18 pT2a
(22.5%), 29 pT2b (36.25%), 21 pT3a (26.25%), 10
pT3b (12.5%), 2 pT4 (2.5%), di cui 1 N+; Gleason
score: 3 pazienti (3.75%) 2-4, 53 pazienti (66.25%) 57 e 24 pazienti (30%) 8-10. Complicanze: lesione di
un’arteria epigastrica inferiore in 5 pazienti (6.25%), 1
paziente (1.25%) è deceduto dopo 35 giorni per ischemia cerebrale insorta in 3a giornata postoperatoria, 1
(1.25%) ileo postoperatorio, emoperitoneo in 5
pazienti (6.25%), 2 (2.5%) ritenzioni acute di urina, 6
(7.5%) deiscenze dell’anastomosi vescico-uretrale
risolte mantenendo il catetere per 7 giorni, 1 (1.25%)
stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale, 1 (1.25%)
idrocele, 2 (2.5%) IVU dopo rimozione del catetere.
Conclusioni: La prostatectomia radicale retropubica è
l’intervento più praticato in pazienti affetti da carcinoma prostatico localizzato: tale intervento è standardizzato e vengono riportati in Letteratura tassi di complicanze tra il 2 e il 50% dei casi. L’approccio laparoscopico, nella nostra iniziale esperienza, si è dimostrato
riproducibile e sicuro. Non abbiamo osservato complicanze nel 77.5% dei casi. Complicanze minori si
sono verificate nel 16.25% dei pazienti, complicanze
maggiori nel 6.25% dei casi. Con l’esperienza crediamo che tale approccio sarà paragonabile, in termini di
complicanze, all’intervento a cielo aperto mantenendo
i vantaggi propri della laparoscopia.
APPROCCIO SOVRAPUBICO-ENDOSCOPICO
NELL’IPB.
M. Iannucci, M. Nicolai, R. Intorno, R. Tenaglia
Cattedra di Clinica Urologica dell’Università
“G. D’Annunzio”, Chieti, Italia
Introduzione: L’adenomectomia prostatica trova indicazione nella ritenzione acuta e cronica e nell’insuffi-
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
cienza renale da ostruzione cervico-uretrale da iperplasia prostatica. La sovrapubica è preferibile nei soggetti più giovani con una prostata superiore a 50-75
g e nei casi di concomitante presenza di diverticoli o
calcoli vescicali intrattabili endoscopicamente.
Sebbene si eviti l’iponatremia da diluizione, che può
comparire nella TUR, vi è un aumento dell’emorragia
della loggia prostatica.
Materiali e Metodi: L’uretrocistoscopia non discrimina
il tipo di scelta terapeutica ma è raccomandabile preoperatoriamente in pazienti prostatici con macroematuria, stenosi uretrali o neoplasie vescicali ed inoltre fornisce informazioni visive sull’anatomia vescicale e sulle
caratteristiche dell’uretra prostatica. In letteratura il
legame tra aspetto endoscopico e risultati del trattamento è poco documentato. In casi in cui vi sia
macroematuria di presumibile insorgenza uretrale in
un paziente in cui è indicata l’adenomectomia, consigliamo l’approccio combinato. Oltre a escludere cause
extraprostatiche di sanguinamento, si ha una visione
diretta sia della loggia prostatica, per prevenire la presenza di tessuto residuo, e sia dello sfintere, con minor
rischio di lesione. Ci permette inoltre l’identificazione
di tutte le zone a rischio emorragico, come il moncone uretrale a livello dell’apice prostatico, sezionato con
le forbici di Metzenbaum, e l’anastomosi della giunzione prostatovescicale.
Risultati: Nei tre pazienti operati, di età compresa tra i
50 e i 60 anni, con ematuria occasionale e con l’esclusione di un carcinoma prostatico, il contemporaneo
approccio endoscopico ha permesso di evidenziare un
buon flusso retrogrado uretro-vescicale lasciando presupporre un altrettanto buon flusso anterogrado.
L’ospedalizzazione è risultata essere sovrapponibile alla
media della durata degli interventi di sola adenomectomia sovrapubica. Non vi è stata evidenza di focolai
neoplastici sia in vescica che in tutta l’uretra e pertanto al controllo a 3 mesi, dato anche il referto istologico di iperplasia prostatica benigna, non è stato necessario effettuare ulteriori indagini diagnostiche. Al controllo i pazienti presentavano un notevole incremento
dei valori all’uroflussometria (Qmax circa 20 ml/sec)
ed un residuo postminzionale scarso all’ecografia
sovrapubica (circa 10-20 cc) eseguito in almeno due
occasioni, l’assenza di microematuria all’esame urine e
il mantenimento della continenza riferito dal paziente.
Conclusioni: Quando l’esame urine e l’urinocoltura
risultano essere negativi, quando l’ecografia vescicale
e la citologia urinaria non sono dirimenti di una probabile patologia neoplastica e quando il paziente presenta disturbi disurici non controllabili farmacologi-
camente, questa tecnica si è rivelata soddisfacente.
Garantisce un adeguato trattamento dell’iperplasia,
riducendone le complicanze ed inoltre allo stesso
tempo funge da indagine diagnostica di esclusione di
altre cause di ematuria. Non è un’indagine semplice,
richiede un maggior impegno di sala operatoria e la
necessità di un corretto posizionamento del paziente
nella posizione litotomica dorsale (anchilosi delle
anche). L’indicazione è limitata ed è consigliabile per
un maggior e più sicuro controllo della malattia e dei
risultati della terapia a cielo aperto.
L’ESAME URODINAMICO PER VALUTAZIONE
E INDICAZIONE AL TRATTAMENTO DELLA
STRESS INCONTINENCE CON ACT (ADJUSTABLE CONTINENCE THERAPY).
E. Kocjancic, M. Sadi, T. Sauter, P. Costa, A. Pacetta,
Chartier-Kastler, E.J. Wachter, U. Maier, J. Slutsky,
S. Crivellaro, B. Frea
Ospedale Maggiore di Novara, Novara, Italia
Introduzione: Differenti metodiche di sling sottouretrali tension-free per le pazienti affette da ipermobilità
uretrale hanno guadagnato popolarità negli ultimi
anni. L’obiettivo degli urologi è oggi quello di dare la
corretta indicazione terapeutica utilizzando i dati ottenuti con l’esame urodinamico. Questo studio si propone di ricercare un’associazione tra il valore dell’
Abdominal Leak Point Pressure (ALPP) e la massima
pressione di chiusura uretrale (MPCU) con la risposta
clinica delle pazienti trattate con ACT (Adjustable
Incontinence Therapy).
Materiali e Metodi: L’ ACT consiste di due palloncini di
silicone posizionati nel tessuto periuretrale al di sotto
del collo vescicale. Ogni palloncino è collegato tramite
un condotto ad un port situato nelle piccole labbra. Il
volume di ogni palloncino può essere quindi regolato
successivamente tramite il port. Su 119 pazienti trattate, il 55% (n=66) era stata sottoposta ad almeno un
intervento antiincontinenza, inclusi infiltrazioni di
agenti bullking, slinguretrali, colposospensioni o sfinteri artificiali. All’inizio dello studio il 72% (81/112)
delle pazienti avevano un ALPP <60 ed il 42%
(48/115) avevano un MPCU <30 cm H20. All’ esame
obiettivo il 52% (62/119) delle pazienti è stata classificata come tipo II ed il 48% (57/119) come tipo III. Lo
stress test è stato utilizzato per valutare l’efficacia clinica a 6 e a 12 mesi dall’ impianto dell’ACT.
Risultati: I parametri urodinamici iniziali identificavano il 72% (81/112) dei pazienti con ALPP<60 dei quali
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
il 93% (72/80) era positivo allo stress test. Al followup di 6 e 12 mesi, un significativo numero di queste
pazienti era continente: il 63% (29/46, p<0.001) e il
50% (15/30, p=0.01). A 6 e 12 mesi di follow-up le
pazienti continenti e mediamente incontinenti erano il
78% e 87%. Inoltre all’inizio dello studio l’MPCU era
<30 nel 42% (48/115) deille pazienti; il 96% (44/46)
era positivo allo stress test. Al follow-up di 6 e 12 mesi,
un significativo numero di queste pazienti era continente: 61% (p=0.0003) e 50% (p=0.05). A 6 e 12 mesi
di follow-up le pazienti asciutte e mediamente incontinenti erano l’82% e l’89%. A 6 e 12 mesi comparando il basso con l’alto ALPP (cut off 60 cmH20) l’ incidenza di continenti allo stress test era 63% vs 53% ed
il 50% vs 62%. Inoltre i pazienti continenti e mediamente incontinenti erano il 78% vs 84% e l’87% vs
81%. A 6 e 12 mesi comparando il basso con l’alto
MCPU (cut off 30 cm H2O) l’incidenza di continenti
allo stress test era 61% vs 60% ed il 50% vs 57%.
Inoltre i pazienti asciutti e mediamente incontinenti
erano il 82% vs 79% e l’ 89% vs 82%.
Conclusioni: L’ACT è una terapia utilizzabile per
pazienti con un ampio raggio di valori urodinamici.
L’ACT è un’eccellente possibilità di soluzione per le
pazienti che hanno fallito altri interventi chirurgici. In
accordo con lo stress test, approssimativamente l’80%
delle pazienti sono continenti o mediamente incontinenti a 6 e a 12 mesi dall’impianto dell’ACT.
APPROCCIO LAPAROSCOPICO TRANSPERITONEALE PER NEFRECTOMIA E SURRENECTOMIA: NOSTRA ESPERIENZA.
G.M. Ludovico1, E. Cirillo Marucco2, F Puglisi3,
F.P. Maselli1, G. Martinez3, V. Memeo3,
A. Pagliarulo4
1
AUSL BA/05, U.O. Urologia P.O. Gioia del Colle; 2AUSL
BA/01, U.O. Urologia P.O. Andria; 3Università degli Studi
di Bari, DETO Policlinico Bari, Sez Chirurgia Generale;
4
Università degli Studi di Bari, DETO Policlinico Bari,
U.O. Urologia Universitaria II, Bari, Italia
Video : Viene illustrata la nostra esperienza su 15 casi
(12 nefrectomie e 3 surrenctomie) effettuate tra il gennaio 2001 e dicembre 2002, mediante approccio laparoscopico trans peritoneale. La scelta dell’approccio
trans peritoneale garantisce alcuni vantaggi: maggior facilità di esecuzione, migliore definizione dei
reperi anatomici, maggior controllo dei grossi vasi
retroperitoneali, ideale per masse di grosse dimensioni, curva di apprendimento più rapida.
26
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
TRATTAMENTO DELLA LITIASI URETERALE
CON URETERORENOSCOPIA: NOSTRA ESPERIENZA.
V. Manganini, M. Casu, A. Giuberti, L. Mazza,
P. Vigano, G.R. Strada
U.O. di Urologia, Ospedale San Gerardo, Monza, Milano,
Italia
Introduzione: La litotrissia extracorporea è indubbiamente il trattamento di prima scelta nei calcoli del tratto lombare seguita in caso di insuccesso da ureterorenoscopia. Quest’ultima assume un ruolo più definito e
dirimente nel segmento iliaco e pelvico dell’uretere. In
tale caso la URS determina oltre il 90% di stone-free.
Materiali e Metodi: Abbiamo suddiviso la nostra casistica in due gruppi. Dal 1984 al 1993 abbiamo sottoposto a litotrissia endoureterale 861 pazienti (863
unità renali), di età compresa fra 18 e 85 anni (età
media 55 anni). Le complicanze sono state 39 in corso
di manovra endoscopica: 19 perforazioni ureterali (8
stravasi di cui 2 hanno richiesto intervento chirurgico);
in tre casi si è avuta fuoriuscita del calcolo dall’uretere;
in due casi emorragia importante; una avulsione ureterale; in 14 casi mancata progressione dello strumento. In 29 casi si è avuta iperpiressia postoperatoria.
Il secondo gruppo comprende il periodo dal 1994 al
dicembre 2002.
Sono stati sottoposti a litotrissia endoureterale 392
pazienti (275 maschi e 117 femmine) di età compresa
tra 14 e 88 anni (media 54 anni). La sede dei calcoli
era così divisa: 106 (27%) uretere lombare; 286 (73%)
uretere iliaco-pelvico. La dimensione dei calcoli compresa fra 5 e 25 mm. I risultati sono stati: in 317 casi
buona frammentazione; in 29 casi si è eseguita litolapassi; in 42 casi si è verificato push-up. In 4 pazienti è
stata necessaria URS di completamento. In 84 pazienti è stato posizionato stent JJ (oltre ai 42 casi in cui si è
verificato il push-up).
Il tempo operatorio va da 10 a 90 minuti. La degenza
postoperatoria era compresa tra 1 e 2 giorni.
Nel controllo a un mese 91,8% stone-free (96% dei
calcoli dell’uretere pelvico e il 70% circa di quelli lombari). Nel controllo a tre mesi tutti stone-free.
Le complicanze si sono verificate nel 3% dei casi: 10
perforazioni ureterali (7 trattate con JJ e 3 non trattate)
e 1 presenza di frammento di cateterino ureterale.
Abbiamo avuto una complicanza tardiva consistente in
uno stravaso urinoso da lisi dell’uretere lombare in
idroureteronefrosi da piccolo frammento litiasico nell’uretere intramurale.
Conclusioni: La riduzione di numero e di importanza
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
di alcune complicanze e la scomparsa di altre sono da
imputarsi sia alla maggiore manualità acquisita che al
progresso tecnologico (miniaturizzazione dello strumento e nuove fonti energetiche). Gli attuali strumenti rendono la procedura più semplice e diminuiscono
i tempi di apprendimento, rendendola di fatto alla
portata di tutti; l’alta percentuale di stone-free, soprattutto per la litiasi pelvica, rende l’URS competitiva con
la litotrissia extracorporea.
NEFROLITOTOMIA PERCUTANEA NELLA CALCOLOSI RENALE: TECNICA IN DUE TEMPI.
S. Micali1, A. Celia2, R. Miano1, M. De Santis2,
P. Preziosi1, C.A. Pollastri2, G. Vespasiani1,
G. Bianchi2
1
Dipartimento di Urologia e Radiologia, Policlinico
Casilino, Università di Roma, Tor Vergata, Roma;
2
Dipartimento di Urologia e Radiologia, Università di
Modena e Reggio Emilia, Italia
Introduzione: La nefrolitotomia percutanea e la litotrissia extracorporea hanno indiscutibilmente sostituito
gli interventi di chirurgia a cielo aperto nel trattamento della calcolosi delle alte vie escretrici. L’ESWL rappresenta la procedura migliore in caso di calcoli inferiori ai 2 cm di diametro; la morbidità è minore rispetto alla tecnica percutanea e la percentuale di successo
è comparabile. Uno dei momenti più difficili della tecnica PCNL è la scelta di un accesso caliceale selettivo:
tale procedura dovrebbe essere eseguita possibilmente
il giorno prima dell’intervento, al fine di ridurre i
tempi operatori e l’esposizione radiologica.
Materiali e Metodi: Da febbraio 2001 a febbraio 2002
sono state eseguite 41 litotrissie percutanee per litiasi
renale semplice. Il giorno precedente l’intervento il
radiologo effettuava l’accesso percutaneo sotto controllo ecografico associato a scopia (anestesia locale); questo primo tempo operatorio terminava con l’introduzione di un tubo nefrostomico da 7 Fr. Il giorno successivo, in anestesia generale una guida veniva sostituita al tubo nefrostomico e su questa si realizzava un
accesso da 30 Fr con il dispositivo NephroMax
(Boston Scientific Microvasive, USA). Per la frantumazione dei calcoli è stata utilizzata una sorgente balistica. Tutti i pazienti erano affetti da litiasi semplice con
calcoli inferiori a 3 cm (range: 2-3,3 cm). Un singolo
accesso caliceale è stato sufficiente in 39/41 pazienti;
solo in due casi (con calcolosi multipla) è stato necessario posizionare un doppio accesso.
Risultati: Il tempo medio di realizzazione di un acces-
so nefrostomico è stato di 15 minuti (range 10-25
minuti); in 3/41 pazienti il primo tempo ha fallito e la
procedura è stata effettuata direttamente in Sala
Operatoria. Il tempo medio operatorio è stato di 40
minuti (range 25-65 minuti). Le perdite ematiche sono
state minime senza necessità di trasfusioni di sangue
omologo. Non si sono avute complicanze intra o postoperatorie. Il tempo medio di ospedalizzazione è stato
di 4 giorni (range 3-5 giorni) e tutti i pazienti sono
risultati stone-free a 3 mesi di follow-up.
Conclusioni: Il trattamento percutaneo descritto è semplice, sicuro ed efficace. Comparata a metodiche in un
unico tempo, la tecnica a due tempi riduce i tempi
operatori e l’esposizione radiologica sia dei chirurghi
che dei pazienti.
TELECHIRURGICA PURAMENTE ITALIANA:
MODENA AIUTA ROMA!
S. Micali1, P. Bove2, M.C. Sighinolfi1, E. Vannozzi2,
N. Grassi, A. Celia1, G. Vespasiani2, G. Bianchi1
1
Cattedra di Urologia, Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia; 2Cattedra di Urologia, Università di Roma
Tor Vergata, Italia
Introduzione: La chirurgia mini-invasiva presenta
numerosi vantaggi, ma sfortunatamente si associa ad
una lunga curva d’apprendimento. La telechirurgia è
stata sviluppata per ridurre le complicanze dovute all’inesperienza dei chirurghi, poiché permette ad un chirurgo situato in un sito operativo remoto, di guidare
passo dopo passo un chirurgo meno esperto che opera
in un sito primario utilizzando sistemi robotizzati, telecomunicazioni e video-tecnologie. Riportiamo la
nostra esperienza preliminare su 5 interventi laparoscopici eseguiti con l’ausilio della telechirurgia.
Materiali e Metodi: Presso l’Università di Roma “Tor
Vergata” sono stati eseguiti 5 interventi di laparoscopia
in telechirurgia assistiti dall’Università degli Studi di
Modena e Reggio Emilia: 2 Nefrectomie per patologie
benigne, 1 legatura delle vene spermatiche, 1 marsupializzazione di diverticolo vescicale ed una enucleoresezione di carcinoma renale. Il sistema comprende:
un collegamento audio e video. Con una lavagna
magnetica il chirurgo “pilota” può evidenziare graficamente suggerimenti sullo schermo presente in sala
operatoria ed infine, possiede anche la possibilità di
coagulare direttamente.
Risultati: Quattro su cinque interventi sono stati portati a termine con successo, senza complicanze intra e
post-operatorie. La diverticolectomia è stata sospesa a
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
27
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
causa delle difficoltà d’orientamento nello spazio
extraperitoneale, successivamente è stato trattato
endoscopicamente con discreto risultato. Le due
nefrectomie e la tumorectomia sono state eseguite per
via retroperitoneale, mentre il varicocele transperitonealmente. Questi quattro interventi non hanno riportato complicanze intra o post-operatorie e la degenza
non ha superato i due giorni.
Conclusioni: Quest’esperienza preliminare di telechiruria ha dimostrato la fattibilità della metodica, e sopratutto la sua sicurezza. Dai risultati ottenuti è emerso
che anche un chirurgo con poca esperienza laparoscopica su una determinata indicazione, può eseguire
interventi in maniera sicura ed efficace se assistito da
un collega esperto su una determinata indicazione.
Riteniamo infine, che questa nuova tecnica d’insegnamento può accelerare la curva d’apprendimento correlata alla laparoscopia.
PRIMA ESPERIENZA TELECHIRURGICA IN
ITALIA: DUE ESPERTI UNISCONO LA PROPRIA
ESPERIENZA PER MIGLIORARE IL RISULTATO!
S. Micali1, F. Porpiglia2, M.C. Sighinolfi1,
R. Tarabuzzi2, N. Grassi, A. Celia1, S. De Stefani2,
R.M. Scarpa2, G. Bianchi1
1
Cattedra di Urologia, Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia; 2Divisione Universitaria di Urologia,
Orbassano, Torino, Italia
Introduzione: La chirurgia mini-invasiva presenta
numerosi vantaggi, ma sfortunatamente si associa ad
una lunga curva di apprendimento. La telechirurgia è
stata sviluppata per ridurre le complicanze dovute all’inesperienza dei chirurghi, poiché permette ad un chirurgo situato in un sito operativo remoto, di guidare
passo dopo passo un chirurgo meno esperto che opera
in un sito primario utilizzando sistemi robotizzati, telecomunicazioni e video-tecnologie. Nella nostra esperienza abbiamo voluto valutare un’altra modalità di
interazione tra chirurghi esperti, eseguendo le nostre
prime 5 surrenalectomie laparoscopiche.
Materiali e Metodi: Presso la nostra Università sono
stati eseguiti 5 interventi di surrenalectomia laparoscopica in telechirurgia assistiti dall’Università
degli Studi di Torino. Il sistema comprende: Un
collegamento audio e video. Con una lavagna
magnetica il chirurgo “pilota” può evidenziare graficamente suggerimenti sullo schermo presente in
sala operatoria ed infine, possiede anche la possibilità di coagulare direttamente.
28
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Risultati: Tutti gli interventi sono stati portati a termine con successo, senza complicanze intra e post-operatorie. Il chirurgo operante aveva una buona esperienza laparoscopica generale ed una buona esperienza di surrenalectomie a cielo aperto ma non aveva mai
eseguito una surrenalectomia laparoscopica. I risultati
ottenuti da questa serie preliminare sono sorprendenti; infatti, i tempi operatori sono stati molto contenuti,
il sanguinamento è stato minimo e la degenza postoperatoria non è stata superiore a 2 giorni.
Conclusioni: Questa esperienza preliminare di telechirurgia ha dimostrato la fattibilità della metodica,
e sopratutto la sua sicurezza. Dai risultati ottenuti è
emerso che anche un chirurgo esperto può beneficiare delle potenzialità didattiche della telechirurgia, infatti, si sfruttano il potere di interazione tra
due colleghi concentrato più sul collegamento
audio-video che permette lo scambio di opinioni,
conferma di pareri tecnici come la scelta di una via
da seguire o anche confronti con la chirurgia tradizionale. Riteniamo, al contrario di ciò che era stato
dedotto in precedenza, che la telechirurgia è utile
soltanto per un rapporto docente allievo, ma è
molto efficace anche a migliorare la performance
chirurgica di operatori esperti che abbiamo il desiderio di implementare le loro indicazioni laparoscopiche.
LA PIELOPLASTICA RETROPERITOENOSCOPICA SECONDO ANDERSON-HYNES.
M. Milani, M. Tonelli, I. Capriotti, F. Giannunzio, P.
Giuliano, E. Pierantozzi
Ospedale Val Vibrata, S. Omero – U.O. di Chirurgia
Generale. Direttore, A.S.L. Teramo, Teramo, Italia
Fino a pochi anni or sono era possibile correggere le
patologie del giunto pielo-ureterale solo mediante la
chirurgia a cielo aperto ma poi si sono sviluppate tecniche endoscopiche che hanno rivoluzionato anche in
questo campo l’approccio per il trattamento di queste
malattie. Fra le varie metodiche proposte la pieloplastica endoscopica e quella laparoscopica hanno suscitato estremo interesse per la possibilità di ottenere i
medesimi risultati mediante tecniche meno invasive.
La laparoscopia o per meglio definirla la retroperitoneoscopia ha permesso l’esecuzione di svariati interventi anche sull’apparato urinario ed infatti oggi è possibile eseguire interventi chirurgici demolitivi e ricostruttivi sul rene e sulle vie escretrici che prima erano
di esclusivo appannaggio della chirurgia a cielo aperto.
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Gli Autori presentano un caso di pieloplastica eseguita per via lomboscopica extraperitoneale secondo la
tecnica di Anderson-Hynes modificata in una paziente di 65 anni portatrice di idronefrosi notevole secondaria a patologia del giunto pielo-ureterale.
La paziente è stata sottoposta preoperatoriamente a
tutti gli accertamenti del caso che hanno portato alla
diagnosi di idronefrosi secondaria a stenosi del giunto
pielo-ureterale senza presenza di vasi anomali e quindi le è stato proposta la correzione chirurgica in retroperitoneoscopia. La posizione del paziente è quella
classica degli interventi a cielo aperto e lo spazio retroperitoneale viene preparato mediante la tecnica della
manovra digitale che permette lo scollamento dei tessuti retroperitoneali; si accede quindi alla loggia renale mediante il posizionamento di quattro porte di cui
una da 10 mm e tre da 5 mm. L’intervento quindi procede con l’isolamento completo della pelvi e del tratto
lombare dell’uretere che di solito è agevole anche se
talora la presenza di briglie aderenziali possono rendere più indaginosa la manovra. A questo punto evidenziata l’anomalia, si procede con la sezione della pelvi
per ridimensionarne il volume secondo la necessità del
caso e quindi al distacco dell’uretere.
La fase ricostruttiva viene eseguita con punti continui
e/o staccati con filo riassorbibile 4/0 che permette la
sutura della pelvi e la ricostruzione del giunto pieloureterale in maniera da correggerne la stenosi e da permettere il normale deflusso delle urine. A protezione si
posiziona uno stent ureterale doppio J che siamo soliti mantenere per circa un mese.
Anche se i tempi inizialmente sono ovviamente più
lunghi della chirurgia tradizionale, con l’esperienza
siamo giunti a completare l’intervento in circa 90-120
minuti, ma in ogni caso il vantaggio della visione ravvicinata che permette la confezione più rigorosa dell’anastomosi e la metodica sicuramente meno traumatica per il paziente, che permette tempi di recupero più
brevi, l’approccio retroperitoneoscopico si pone in
valida alternativa alle altre forme di chirurgia.
LITOTRISSIA PERCUTANEA: NOSTRA INIZIALE
ESPERIENZA CON TECNICA MINIPERC.
E. Montanari, A.L. Romanò, M. Serrago,
G.P. Zanetti, B. Rocco, I. Goumas
Istituto di Urologia - IRCCS - Opsedale Maggiore,
Milano, Italia
Introduzione: La litotrissia percutanea con strumenti di
calibro ridotto (miniperc) è una tecnica utilizzata in
chirurgia pediatrica allo scopo di ridurre il trauma
renale e le potenziali complicanze; attualmente tale tecnica viene comunemente utilizzata nella popolazione
adulta, sia come tecnica unica nei calcoli di dimensioni contenute, che in ausilio alla tecnica tradizionale in
calcoli complessi; riportiamo di seguito la nostra esperienza iniziale.
Materiali e Metodi: Dal 1997 al 2002 172 pazienti (184
unità renali) sono stati sottoposti a nefrolitotrissia percutanea; 11/172 pazienti sono stati trattati con tecnica
miniperc. È stato utilizzato uno strumento Olympus
dal diametro di 15.9 F con con canale operativo di 7.5
F e camicia di Amplatz di 14-18 F. Sono stati trattati 5
pazienti con calcolo pielico, 3 pazienti con calcolo caliceale, 2 pazienti con calcolo pielocaliceale ed 1 paziente con calcolo ureterale. L’area media del calcolo è di
2.4 cm2. Al termine della procedura è stata posizionalta nefrostomia pig-tail 8-10 Ch.
Risultati: Il tempo operatorio medio è stato di 81
minuti; l’emorragia valutata come calo medio dell’emoglobina è di 1.2 g/dL; il tempo medio di permanenza della nefrostomia 2.7 giorni. 2/11 pazienti
hanno necessitato di somministrazione di analgesici
(media = 0.36 fl); In 2/11 pazienti abbiamo osservato
ritenzione di coaguli nella via escretrice e in 1/11
pazienti abbiamo osservato pielonefrite. 10/11 Pz sono
risultati stone free dopo l’intervento. In 1 caso abbiamo
convertito la tecnica miniperc in tecnica standard.
Conclusioni: La tecnica miniperc nella nostra esperienza iniziale è risultata una procedura efficace, ben tollerata e a basso rischio di complicanze; attualmente viene
utilizzata come alternativa alla litotrissia percutanea
standard e all’ESWL in casi selezionati.
ABLAZIONE LASER DELLE NEOPLASIE VESCICALI: TECNICA E RISULTATI PRELIMINARI.
M. Moretti, S. Benvenuti, E. Gastaldi, P. Pittaluga,
A. Cichero, B. Malcangi, M. Iacoviello,
G. Zaninetta, M. Caviglione, M. Varaldo
U.O. Urologia, Azienda Ospedaliera Villa Scassi, Genova,
Italia
Presentiamo la nostra tecnica di ablazione delle
neoplasie vescicali con laser ad olmio, eseguita in
via preliminare su 10 casi; in 7 casi è stata praticata anestesia spinale e in 3 anestesia endocavitaria
con metodo EMDA. Utilizziamo fibre da 550
micron, energia variabile da 1,0 a 1,4 joule e frequenza 10-14, con potenza da 10 a 19,6 Watt.
Dopo esplorazione della vescica ed identificazione
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
29
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
dei meati ureterali si procede ad incisione della
mucosa vescicale alla periferia del tumore, con
coagulazione dei vasi afferenti. L’incisione viene poi
avanzata sino ad evidenziare il grasso perivescicale,
come in una comune resezione endoscopica: da
questo repere si procede a distaccare la base di
impianto del tumore progressivamente. In questa
manovra, oltre all’effetto di taglio del laser, si utilizza l’azione meccanica della fibra che scosta il
tumore dal letto di incisione; durante la manovra si
coagulano agevolmente i vasi. Al termine della procedura la neoplasia è distaccata in blocco (parte
papillare esofitica e base di impianto) e non si
osserva sanguinamento; non è di solito necessario
lavaggio vescicale e il catetere è rimosso il giorno
seguente. La durata media dell’intervento è stata di
15 minuti (10–20 minuti); in 8 casi il tumore è
risultato superficiale (pT –pT1 G1/G2) e in 2 casi
infiltrante (pT2/G2) ed all’ istologico dopo cistectomia l’ablazione laser è risultata radicale.
Diversamente da altre tecniche riusciamo a consegnare al patologo il tumore vescicale integro con
base di impianto, in modo da permettere un esame
istologico sicuro e senza artefatti degni di nota; la
tecnica non inficia la radicalità dell’ablazione, come
mostrato nel video.
SLING CON REGOLAZIONE POST-OPERATORIA DELLA TENSIONE NELL’INCONTINENZA
IATROGENA MASCHILE.
M. Moretti, S. Benvenuti, M.Varaldo
U.O. Urologia, Azienda Ospedaliera Villa Scassi, Genova,
Italia
Presentiamo la nostra esperienza preliminare nel
trattamento dell’incontinenza iatrogena maschile
con sling a regolazione post-operatoria della tensione con il sistema REMEEX che è costituito da una
sling in polipropilene e da un regolatore di tensione
da porre in sede retropubica. Si tratta di 3 pazienti
maschi di età variabile da 65 a 69 anni; 2 trattati
con prostatectomia radicale senza evidenza biochimica di malattia e 1 trattato con resezione endoscopica di prostatica. Tutti presentavano incontinenza
da deficit sfinterico (leak-point pressure < 60 cm
H2O e pressione uretrale < 20 cm H2O) con pad-test
positivo (oltre 1500 ml/die). Tecnica chirurgica: In
posizione litotomica abbiamo praticato incisione
perineale mediana ed isolamento dell’uretra bulba-
30
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
re; viene poi praticata altra incisone di 3 cm in sede
sovrapubica sino ad esporre la fascia muscolare.
Con una pinza da dissezione si perfora il diaframma
urogenitale ai lati dell’uretra e si crea un tunnel
verso il Retzius; si procede poi al passaggio, dal
perineo verso l’incisione sovrapubica, di ago tunneler curvo spostando l’uretra con la camicia del cistoscopio per evitare perforazioni vescicali. Una volta
eseguiti i passaggi dell’ago si effettua controllo cistoscopico, si assicura un filo sulla punta e l’ago viene
retratto dal perineo; i capi della sling sono legati a
questi fili e la sling viene posizionata sull’uretra bulbare con i suoi capi che fuoriescono dalla ferita
sovrapubica. La ferita perineale viene suturata e in
sede sovrapubica viene posto il tensionatore in cui
sono inseriti i capi della sling; segue sutura sovrapubica con il regolatore di tensione che fuoriesce
dalla ferita stessa. Gli interventi sono durati da 40 a
45 minuti, con perdita ematica trascurabile; in un
caso siamo entrati in vescica con l’ago, poi ripassato senza problemi. Il catetere è stato tenuto 6 giorni
in questo caso e 1 negli altri e i pazienti sono stati
dimessi dopo 2 giorni. La regolazione della tensione è stata effettuata dopo 7 giorni, in piedi, dopo
riempimento vescicale e con manovra di Valsalva
sostenuta. Abbiamo valutato la minzione dei
pazienti e l’assenza di residuo, ed stato disconnesso
il tensionatore. Due pazienti sono continenti a 2 e 3
mesi dall’intervento, mentre il terzo (uno dei 2 sottoposti a prostatectomia radicale) è stato sottoposto
a nuova regolazione.
La tecnica che abbiamo presentato è certamente ancora da validare, ma è facilmente eseguibile; inoltre la
possibilità di regolare la tensione della sling nel postoperatorio è certamente attraente e ci fa pensare al possibile impiego come alternativa agli iniettabili.
EFFICACIA DELLA FEEDBACK TUMT NEL
TRATTAMENTO DELL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA OSTRUENTE.
I. Morra1, F. Vacca2, R.M. Scarpa1
1
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di
Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di
Torino; 2Clinica Urologica, Dipartimento di Scienze
Chirurgiche e Trapianti d’Organo, Università degli Studi di
Cagliari, Italia
Introduzione: Negli ultimi anni sono state introdotte
diverse tecniche mini-invasive per il trattamento del-
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
l’ostruzione minzionale da IPB, in alternativa alla
TURP e all’adenomectomia. Abbiamo voluto valutare
l’efficacia della Feedback Trans Urethral Microwave
Thermotherapy (TUMT) nel trattamento dell’ostruzione da iperplasia prostatica benigna.
Materiali e Metodi: Dal novembre 2001 fino a gennaio
2003 sono stati trattati presso il nostro centro, mediante Feedback TUMT, 58 pazienti affetti da ipertrofia
prostatica benigna ostruente. I criteri di eligibilità alla
termoterapia sono: PSA in range di normalità, assenza
di lesioni sospette all’esplorazione rettale, diametro
longitudinale della prostata non inferiore a 35 mm e
assenza di terzo lobo. Tutti i pazienti sono stati sottoposti preoperatoriamente a uroflussometria e studio
pressione flusso, e hanno compilato l’IPSS. La valutazione a distanza di almeno 3 mesi dal trattamento è
stata effettuata con studio pressione flusso e compilazione dell’IPSS. I trattamenti sono stati effettuati tutti
in anestesia locale e la rimozione del catetere è avvenuta dopo 3 settimane; a tutti i pazienti è stata prescritta terapia antibiotica e antiflogistica.
Attualmente 33 pazienti su 58 hanno un follow-up
post-operatorio superiore a 3 mesi.
Risultati: L’età media dei pazienti era di 74 anni (range:
60-85); la degenza ospedaliera media è stata di 12 ore.
Otto pazienti erano portatori di catetere vescicale a
permanenza. Il volume prostatico medio trattato è
stato di 73 cc (range: 35-203 cc). La durata media dei
trattamenti è stata di 34 minuti (range: 5-70). In nessun caso la procedura è stata sospesa per intolleranza.
L’IPSS medio preoperatorio era pari a 17.2 (range: 633) e dopo 3 mesi dal trattamento era di 7.81 (range:
1-28); l’IPSS Quality of Life è variato da 3.45 a 1.72 nel
follow-up. Sei pazienti con catetere a permanenza
hanno ripreso le minzioni spontanee dopo il trattamento. Il flusso massimo medio è aumentato da 6.93
ml/sec a 13.29 ml/sec. Il residuo post-minzionale
medio è variato da 150 ml prima del trattamento
(range: 20-400 ml) a 34 ml dopo (range: 0-72 ml). La
Pdet al flusso massimo media è variata da 58.19
cmH2O a 32.04 cmH2O. La massima pressione detrusoriale media è diminuita da 85.53 cmH2O a 51.25
cmH2O. L’URA media si è ridotta da 34.68 a 13.72.
Nella prima ora dopo il trattamento tutti i pazienti
hanno presentato una lieve macroematuria transitoria;
il 24.2% dei pazienti è andato incontro a uno o più
episodi di ritenzione urinaria dopo la rimozione del
catetere. Un paziente è andato incontro ad un episodio
di epididimite acuta un mese dopo la rimozione del
catetere. Dieci pazienti (30.3%) hanno lamentato pollachiuria, bruciore e urgenza minzionale per un perio-
do variabile da 2-3 giorni fino a 2 mesi.
Conclusioni:La Feedback TUMT, con controllo intraprostatico della temperatura, permette di regolare il
trattamento applicando la giusta potenza necessaria al
raggiungimento della temperatura terapeutica. Sei
pazienti su 8 (75%) con catetere a permanenza hanno
ripreso le minzioni spontanee dopo il trattamento, e
solo in 2 pazienti su 33 non si è notato un significativo
miglioramento dei parametri urodinamici. I nostri dati
denotano come la termoterapia sia una tecnica miniinvasiva efficace per la disostruzione soprattutto nei
pazienti ad elevato rischio anestesiologico.
TUMT DELLA PROSTATA MEDIANTE PLFT
(PROSTALUND FEEDBACK TREATMENT) IN
PAZIENTI ANZIANI CON CATETERE VESCICALE A PERMANENZA PER IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA OSTRUTTIVA.
G.B. Muraro, R. Grifoni
U.O. di Urologia INRCA, IRCCS (Istituto Nazionale di
Ricerca e Cura per Anziani), Ancona, Italia
Introduzione: Lo scopo del nostro studio è stato quello
di valutare l’efficacia e l’affidabilità della termoterapia
per via transuretrale della prostata mediante PLFT
(ProstaLund Feedback Treatment)‚ in un gruppo di
anziani affetti da gravi polipatologie e portatori di catetere vescicale a permanenza per Ipertrofia Prostatica
Benigna (IPB).
Materiali e Metodi: Sono stati trattati 32 pazienti, di età
compresa tra i 60 e 93 anni (età media 79,9) portatori
di catetere vescicale da più di un anno. I pazienti dopo
i test di routine furono sottoposti a PLFT. Il 98% di essi
presentava importanti comorbilità ed elevato rischio
anestesiologico (22% ASA 3 e 76% ASA 4); il 68,8% fu
sottoposto a semplice analgesia mentre il 31,2% ad
anestesia spinale. Il peso medio delle prostate sottoposte a TUMT è stato di 58,8 g (range 40-110), il tempo
medio di trattamento 60 minuti (range 42-70).
L’energia media erogata è stata di 59 W (range 30-70),
con una temperatura intraprostatica massima media di
58,8 °C (range 48 – 71,5) mentre la necrosi media del
tessuto prostatico ottenuta è stata di 24,5 g (range
4–43).
Risultati: Non sono state registrate importanti complicazioni immediate o tardive e tutti i pazienti sono
stati dimessi dopo 24 ore. Dopo un periodo medio
di cateterizzazione di 4 settimane, 28 pazienti
(87,5%) hanno ripreso ad urinare spontaneamente
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
31
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
senza l’ausilio del catetere. Di questi, 7 (21,9%) sono
ancora in follow-up, 21 (66,5%) hanno mostrato
una riduzione media del volume prostatico di 20 cc
e 26,5 cc con una media del tempo di flusso massimo di 12,6 ml/sec e 12,9 ml/sec rispettivamente a 3
e 6 mesi dal trattamento.
Conclusioni: La TUMT mediante PLFT è una nuova ed
utile opzione terapeutica particolarmente indicata in
quei pazienti anziani portatori di catetere vescicale per
IPB che non possono essere sottoposti ad altre procedure chirurgiche a causa delle importanti comorbilità
da cui sono affetti. Inoltre questo tipo di trattamento,
oltre a migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei
loro familiari, determina una riduzione dei costi sanitari e sociali connessi alla cateterizzazione permanente
degli anziani.
INNESTO DI NERVO SURALE IN CORSO DI
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: IL VIDEO.
L. Nava, G. Guazzoni, A. Cestari, A. Losa,
P. Bellinzoni, L. Rigatti, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute, Ospedale
San Raffaele, Ville Turro, Milano, Italia
Introduzione: In questo video riportiamo i passaggi
chiave del “nerve graft” con nervo surale in corso di
prostatectomia radicale laparoscopica non “nerve
sparing”
Materiali e Metodi:
1) L’estremo prossimale e distale del fascio neurovascolare viene delimitato a livello di apice e base prostatica;
2) Il nervo surale viene prelevato da un secondo
team chirurgico, impiegando un dilatatore fasciale di
Alken da 15 Ch;
3) Vengono selezionati circa 7 cm di nervo (la lunghezza del fascio neurovascolare escisso, oltre a un
20% in più per compensare i fenomeni di retrazione). Un punto di PDS 6-0 viene passato ai due
estremi del nervo a livello del perinevrio e il nervo
così preparato viene inserito in un tubicino di
gomma per proteggerne le delicate strutture e le
suture durante il passaggio nel trocar;
4) Una volta inserito in addome, il nervo viene anastomizzato ai due estremi del fascio neurovascolare.
L’apposizione del graft nervoso viene eseguita sia con
l’annodamento dei due punti che con l’apposizione di
colla di fibrina;
32
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
5) Si completa l’anastomosi vescico-uretrale facendo
attenzione a non lesionare il graft.
Conclusioni: Il posizionamento di nervo surale in corso
di prostatectomia radicale laparoscopica è una tecnica
fattibile, sicura e riproducibile. La laparoscopia, grazie
al sua campo di visione magnificato ed esangue, permette un preciso riconoscimento delle strutture anatomiche. Un follow-up adeguato è necessario al fine di
valutare i risultati funzionali della metodica.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA (VLRP) CON INTERPOSIZIONE DI NERVO
SURALE: UNA NUOVA OPZIONE TERAPEUTICA.
L. Nava, G. Guazzoni, A. Cestari, A. Losa,
M. Zanoni, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita e Salute, Ospedale
San Raffaele, Milano, Italia
Introduzione: È stata valutata la fattibilità, la sicurezza e
la riproducibilità dell’interposizione di nervo surale in
corso di VLRP non “nerve sparing”
Materiali e Metodi: Tre pazienti potenti pre-intervento
(età media 52.3 anni, range 49-56) a rischio per neoplasia prostatica localmente avanzata, sono stati sottoposti a VLRP con resezione intenzionale del fascio neurovascolare mono (2 pazienti) o bilateralmente (1
paziente) e grafting con nervo surale. I punti chiave
della procedura sono: 1) Delimitazione del fascio neurovascolare (NVB) a livello dell’apice e della base prostatica; 2) Il nervo surale viene agevolmente prelevato
impiegando un dilatatore di Alken da 15 ch; 3) La lunghezza del nervo da innestare è determinato dalla lunghezza del NVB sezionato +/- il 20%; un punto in prolene 6-0 è posizionato ai due estremi del nervo. Il
nervo così preparato viene successivamente inserito in
addome attraverso la porta da 12 mm all’interno di un
tubo di gomma per proteggerne le delicate strutture e
le suture; 4) Mediante sutura intracorporea il nervo
viene anastomizzato con i monconi prossimali e distali del NVB. L’anastomosi nervosa viene completata con
impiego di colla di fibrina; 5) L’anastomosi vescico-uretrale viene eseguita facendo attenzione a non danneggiare il nervo innestato.
Risultati: Tutte le procedure sono state eseguite interamente per via laparoscopica. Il tempo medio è stato di
225 min (range 210-250) escludendo il tempo per il
grafting del nervo che ha richiesto in media 27.5 min
per ogni lato (rispettivamente 40, 30 e 20+20 min).
L’esame istologico finale ha confermato la completa
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
escissione del fascio neurovascolare, dove eseguita,
con margini chirurgici negativi in tutti i casi. Lo stadio
finale è risultato essere pT3a, pT2b e pT3a.
Conclusioni: La VLRP con innesto di nervo surale è un
intervento fascinoso, fattibile, sicuro e riproducibile.
Un adeguato follow-up è necessario al fine di valutarne l’efficacia oncologica ed andrologica.
RESEZIONE TRANSURETRALE DI ADENOMA
PROSTATICO E DIVERTICULECTOMIA LAPAROSCOPICA SEQUENZIALE.
E. Porpiglia, R. Tarabuzzi, I. Morra, C. Terrone,
M. Cossu, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, A. O. San Luigi,
Orbassano, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche
Università degli Studi di Torino, Torino, Italia
Introduzione: L’ostruzione cervico-prostatica complicata da diverticolosi vescicale è una condizione clinica
con cui l’urologo deve spesso confrontarsi. Lo scopo di
questo lavoro è illustrare una tecnica endo-laparoscopica che permette contestualmente sia la disostruzione
prostatica sia l’exeresi dei diverticoli. Inoltre, poiché il
riconoscimento della parete diverticolare è di fondamentale importanza durante la dissezione e nessuna
delle tecniche fino ad ora riportate sembra soddisfare
appieno questa esigenza, proponiamo un semplice
accorgimento da noi impiegato durante la diverticulectomia.
Tecnica operatoria: Si procede a tipica TUR-P disostruttiva impiegando il recettore di Iglesias e prestando massima cura alla fase emostatica.
Successivamente si posiziona stent ureterale a doppio
J nell’uretere omolaterale, quindi si posiziona catetere
Foley diametro 14 Ch intradiverticolare introdotto
mediante camicia di uretrotomo di Sachse e si gonfia
il palloncino con 15-30 ml di soluzione fisiologica per
mantenere il catetere in sede. Un catetere tipo
Tiemann diametro 12 Ch viene posto in vescica e solidarizzato al precedente. Si procede a controllo fluoroscopico dei cateteri che permettono di distendere e
detendere le due cavità, indipendentemente l’una dall’altra. Il paziente viene posto in posizione supina e si
introducono tre porte. Si distendono con soluzione
fisiologica il diverticolo e successivamente la vescica
per apprezzarne i limiti. In tale fase può essere utilmente impiegata anche la sonda ecografica laparoscopica introdotta attraverso una delle porte dei trocar. Si
incide il peritoneo posteriore medialmente al lega-
mento ombelicale, si reperisce il deferente che viene
preservato. Si libera il diverticolo fino a individuare il
palloncino del Foley. Si identifica il colletto diverticolare e si incide lo stesso fino ad esteriorizzare l’estremità
del Foley. Il palloncino del Foley viene sgonfiato e il
catetere viene retratto in vescica evidenziando i margini dell’ostio diverticolare. Sutura dell’orifizio con 2
punti staccati di Dexon 2/0 e successiva distensione
della vescica per verificare la tenuta della sutura. Si
estrae il diverticolo e si posiziona drenaggio tubulare.
Risultati: L’intervento dura in media 240’, la degenza
postoperatoria è in media di 3 giorni. In 7a giornata
postoperatoria viene eseguita cistografia per evidenziare eventuali spandimenti di mezzo di contrasto e, in
caso di normalità del quadro cistografico, vengono
rimossi sia il doppio J sia il catetere vescicale.
Conclusioni: Numerose opzioni terapeutiche sia “open”
sia endoscopiche, sono state proposte nel trattamento
dell’ostruzione prostatica complicata da diverticolosi
vescicale. L’approccio endo-laparoscopico da noi
descritto si è dimostrato sicuro ed efficace, pur implicando tempi operatori elevati; l’impiego del doppio
catetere ed, eventualmente, della sonda ecografia consentono una precisa identificazione del diverticolo ed
una rapida dissezione dello stesso. Riteniamo importante sottolineare che con la procedura laparoscopica
contestuale alla resezione endoscopica della prostata si
risolvono, in un solo tempo, due patologie riducendo
al minimo la degenza postoperatoria ed assicurando
ottimi risultati estetici con una pronta ripresa delle normali attività.
IL TRATTAMENTO MINI-INVASIVO DEI TUMORI
RENALI: STUDIO DELLA SITUAZIONE ITALIANA
CONDOTTO SU INCARICO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA (IEA).
F. Porpiglia, G.P. Ghignone, C. Fiori, P. Destefanis,
C. Terrone, C. Cracco, S. Guercio, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di
Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di
Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano, Torino, Italia
Introduzione: Negli ultimi anni l’impiego della laparoscopia è stato esteso anche al trattamento delle patologie maligne di interesse urologico come le neoplasie
renali, surrenaliche e prostatiche. In particolare, per
quanto riguarda il trattamento dei tumori renali (RCC)
sono state prodotte numerose pubblicazioni scientifiche relative all’efficacia ed alla sicurezza della nefrectoArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
mia laparoscopica nella cura di tale affezione.
Parallelamente, sono stati proposti numerosi trattamenti mini-invasivi (radiofrequenze, crioterapia,
HIFU) per il trattamento dell’RCC. Lo scopo di questo
lavoro è quello di “fotografare” l’impiego e la diffusione delle procedure mini-invasive nel trattamento
dell’RCC in Italia.
Materiali e Metodi: Nell’ambito di uno studio promosso dall’IEA abbiamo inviato un questionario a tutte le
310 Divisioni di Urologia Italiane in cui venivano
richiesti i dati relativi all’uso delle metodiche miniinvasive alternative alla chirurgia tradizionale nel trattamento dell’RCC. Ottenute le risposte dalle singole
Divisioni abbiamo inviato un secondo questionario a
tutti quei centri in cui erano state eseguite più di 10
nefrectomie radicali con approccio laparoscopico chiedendo maggiori informazioni riguardanti i dati intraoperatori ed il follow-up oncologico.
Risultati: Abbiamo ricevuto 52/310 (20%) risposte ai
questionari inviati. In 25 centri viene eseguita la
nefrectomia radicale per via laparoscopica, mentre le
radiofrequenze percutanee e la crioablazione vengono
impiegate rispettivamente in 10 ed in 2 centri. Per
quanto riguarda la laparoscopia, 9/25 (36%) centri
hanno iniziato a trattare l’RCC tra il 1995 ed il 1999,
16/25 (64%) hanno iniziato tra il 2000 ed il 2002. In
22/25 (90%) centri tale tecnica viene impiegata solo in
caso di tumori in stadio clinico T1 e T2; nel rimanente 10% anche in stadio clinico T3a. Complessivamente
sono state registrate 449 nefrectomie, di cui 211 (46%)
con approccio transperitoneale, 176 (39%) con
approccio retroperitoneale e 62 (15%) con approccio
hand assisted. Per quanto riguarda la chirurgia conservativa sono state eseguite 83 enucleoresezioni laparoscopiche in 15 centri: 23 (27%) con approccio transperitoneale e 60 (73%) con approccio retroperitoneale. In 44 centri (85%) la laparoscopia è ritenuta sicura
dal punto di vista oncologico. Per quanto riguarda gli
altri trattamenti alternativi alla chirurgia tradizionale
sono state eseguite 25 termoablazioni mediante radiofrequenze percutanee e 42 crioablazioni. Nei 12 centri
che hanno risposto al secondo questionario sono state
eseguite complessivamente 205 nefrectomie radicali,
110 (53%) con approccio transperitoneale e 95 (47%)
con approccio retroperitoneale. Fra i due gruppi non
sono state registrate differenze significative in termini
di diametro delle lesioni trattate, tempi operatori complicanze, perdite ematiche, degenza postoperatoria. In
entrambi i gruppi sono state registrate 3 recidive locali ad un follow-up medio di 11.5 mesi (approccio
transperitoneale) e 47 mesi (approccio retroperitonea-
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
le) (p=NS). Non sono stati segnalati né insemenzamento peritoneale né recidive a livello delle porte dei
trocar.
Conclusioni: I risultati di questo studio dimostrano che
l’impiego della laparoscopia nel trattamento dell’RCC,
e più in generale l’impiego delle tecniche mini-invasive è ancora limitato a pochi centri in Italia. Per quanto riguarda la laparoscopia non sembrano esserci differenze fra l’approccio retroperitoneale e quello transperitoneale, mentre i risultati oncologici, pur mancando
un adeguato follow-up, sembrano essere sovrapponibili ai risultati che si ottengono con la chirurgia tradizionale.
SINDROME DI CUSHING DA ADENOMA SURRENALICO BILATERALE: TRATTAMENTO CON
SURRENECTOMIA LAPAROSCOPICA CONSERVATIVA.
F. Porpiglia1, R. Tarabuzzi1, I. Morra1, P. Destefanis3,
C. Fiori3, M. Terzolo2, D. Fontana1, R.M. Scarpa1
1
Divisioni Universitarie di Urologia e 2Medicina Interna I,
A.O. San Luigi Orbassano (TO); 3Divisione Universitaria
di Urologia II, A.O. “S. Giovanni Battista”, Torino,
Università degli Studi di Torino, Torino, Italia
Introduzione: La surrenectomia laparoscopica bilaterale espone all’insufficienza corticosurrenalica. Nel tentativo di evitare l’assunzione cronica di cortico-steroidi è
stata proposta per alcune patologie bilaterali la conservazione parziale di uno dei due surreni. Riportiamo un
raro caso di sindrome di Cushing ACTH indipendente secondaria ad adenoma surrenalico bilaterale funzionante trattato con surrenectomia laparoscopica
conservativa.
Descrizione del caso: Si tratta di una paziente di 47
anni affetta da sindrome di Cushing ACTH indipendente. Alla TC era possibile visualizzare due lesioni del
diametro di 3 cm ciascuna, nel contesto di entrambi i
surreni che apparivano disomogenei. La scintigrafia
con iodocolesterolo documentava ipercaptazione del
tracciante bilateralmente. Si decide quindi di sottoporre la paziente a surrenectomia bilaterale con tentativo
di conservazione del surrene di destra.
Materiali e Metodi: Si posiziona la paziente in decubito laterale sinistro. Si incide il peritoneo sottoepatico e
si evidenzia una massa surrenalica destra. Si isola il
surrene dapprima lungo il margine superiore e si prosegue l’isolamento lungo il margine inferiore e il margine cavale sino a evidenziare la vena surrenalica. Si
completa la dissezione del surrene mediante legatura
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
con clip e sezione dell’arteria surrenalica inferiore. Si
reperisce il limite tra massa e surrene e mediante dissezione con elettrocoagulazione si separa l’adenoma
dal surrene. La sezione è completata mediante l’ausilio
di endogia. Si ispeziona il surrene residuo alla ricerca
di altre possibili lesioni. Il surrene viene quindi liberato da un piccolo nodo che all’esame estemporaneo
risulta essere costituito da tessuto adiposo. Il surrene
liberato dalla massa riprende la sua forma originale a
berretto frigio mantenuto in sede dal peduncolo
vascolare principale che è stato preservato. Si procede
quindi alla surrenectomia controlaterale. Incisione del
legamento colon-diaframmatico. Medializzazione
della milza mediante incisione del legamento splenoparietale fino ad evidenziare i vasi gastrici brevi.
Esposizione della loggia surrenalica e tipica surrenectomia laparoscopica sinistra.
Risultati: L’intervento è durato 180 minuti. Le perdite
ematiche sono state stimate intorno ai 150 cc. Il decorso postoperatorio è stato regolare. La paziente è stata
dimessa in 5a giornata postoperatoria.
LA SURRENECTOMIA LAPAROSCOPICA BILATERALE È PROPONIBILE NEL TRATTAMENTO
DELLA SINDROME DI CUSHING?
F Porpiglia1, R. Tarabuzzi4, P. Destefanis2,
C. Fiorib, Terzolo3, R.M. Scarpa1, D. Fontana4
1
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento di
Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli Studi di
Torino, Ospedale San Luigi; 2Divisione Universitaria di
Urologia II, Dipartimento di Discipline Medico-chirurgiche, Università degli Studi di Torino, Ospedale San
Giovanni Battista; 3Clinica Medica I, Dipartimento di
Scienze Cliniche e Biologiche; 4Università degli Studi di
Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano, Torino, Italia
Introduzione: Nell’ultimo decennio la laparoscopia ha
assunto un ruolo preminente nel trattamento delle
patologie surrenaliche; tuttavia il ruolo di questa tecnica nel trattamento di lesioni surrenaliche bilaterali è
a tutt’oggi materia di vivace dibattito. Lo scopo di questo studio è quello di dimostrare, mediante un confronto con la tecnica “open”, l’efficacia e la sicurezza
della surrenectomia laparoscopica bilaterale nel trattamento dei pazienti affetti da sindrome di Cushing.
Materiali e Metodi: Abbiamo valutato retrospettivamente i dati relativi ai pazienti sottoposti a surrenectomia bilaterale per sindrome di Cushing presso la
nostra Divisione dal gennaio 1989 al tutto il 2002. La
popolazione dello studio è risultata composta da 23
pazienti: dieci pazienti sono stati trattati mediante tecnica “open” con approccio laparotomico mediano, 13
pazienti (gruppo B) mediante tecnica laparoscopica
con approccio transperitoneale o retroperitoneale. Il
confronto fra le due metodiche è stato condotto analizzando i seguenti parametri: tempi operatori, perdite
ematiche, complicanze intra e postoperatorie, utilizzo
di farmaci antidolorifici, degenza postoperatoria e risoluzione della patologia endocrinologica. Le elaborazioni statistiche sono state condotte mediante t test di
Student, Fisher exact test, test del Chi quadro.
Risultati: I tempi operatori medi sono stati
181.2±13.14 minuti per il gruppo A contro 234±39.11
min per il gruppo B. (p<0.05) Le perdite ematiche stimate sono state 425 ml per il gruppo A contro 340 ml
per il gruppo B (p=ns). Sono state registrate complicanze intraoperatorie in 1 caso (10%) del gruppo A
(lesione dell’ilo renale) ed in due casi (15%) del gruppo B (p=ns). In questi ultimi due casi è stata necessaria
la conversione chirugica dell’intervento. Il consumo
medio di farmaci antidolorifici (buprenorfina cloridrato) è risultato 2.2 fiale per il gruppo A e 1.2 fiale per il
gruppo B (p<0.05). È stato registrato un solo caso di
complicanza postoperatoria nel gruppo A (spandimento perirenale di urina) mentre non sono stati osservati
episodi tromboembolici nei due gruppi. Il tempo di
degenza media è stato 14.5 giorni per i pazienti del
gruppo A e 5.42 giorni per quelli del gruppo B
(p<0.05). In tutti i casi trattati si è osservata la guarigione dalla malattia endocrinologia.
Conclusioni: Alla luce dei risultati di questo studio riteniamo che la surrenectomia sia una valida opzione nel
trattamento dei pazienti affetti da sindrome di
Cushing, tuttavia riteniamo che la procedura debba
essere eseguita soltanto da chirurghi esperti in laparoscopia del surrene, che debba essere riservata solo a
casi selezionati dopo attenta valutazione preoperatoria.
In queste condizioni la surrenectomia laparoscopica
bilaterale è una procedura sicura ed efficace al pari
della tecnica “open”.
MACROPLASTIQUE NELLA ISD.
N. Proscia1, G. Masiello1, V. Pagliarulo1,
G. de Rienzo1, G. Giocoli Nacci1, L. Larocca2,
A. Pagliarulo1
1
Urologia Universitaria II, Università degli Studi di Bari;
2
Divisione di Urologia, Ospedale civile di Martina Franca,
Taranto, Italia
Obiettivo: dimostrare, con l’ausilio di un filmato, la faciArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
lità di esecuzione di una tecnica miniinvasiva per la
correzione dell’incontinenza da stress da deficit sfinterico intrinseco, la sua effficacia a fronte di un rischio
operatorio minimo e la possibilità di attuazione in regime di “day surgery” od “over night stay.”
Introduzione: Il ricorso all’uso di “Bulking agent” nel
trattamento del deficit sfinterico puro (incontinenza
tipo III di Blaivas) non è certo pratica recente. Più
volte, in passato, l’introduzione di nuovi materiali
iniettabili in situ, ha suscitato facili entusiasmi che,
presto o tardi, hanno lasciato il campo a disillusioni
riconducibili a: dissoluzione o rissaorbimento del
materiale stesso; fenomeni di migrazione da parte
dello stesso con pericolosi episodi trombo-embolici;
fenomeni di farmaco-intolleranza che hanno provocato pericolose reazioni flogistiche locali. L’introduzione
di materiali di ultima generazione sembra aver superato questi problemi, offrendo inoltre vantaggi tipo: la
durata nel tempo (Macroplastique ormai in uso in UK
dal 1991 e da qualche anno in trial in US); la non
migrabilità (Macroplastique-ACT); la facile localizzazione con tecniche di ricerca d’immagine: ultrasuoni
per Macroplastique e Duratsphere ed Rx per ACT per
la ricerca della posizione nel folow-up. Rifacendosi alla
classificazione della S.U.I. di Blaivas Olson e considerandone la fisiopatologia, enfasi è stata posta in passato sull’utilizzo dei vari “Bulking Agent” solo nel tipo III
(I.S.D), ma studi più recenti (Barranger et al.) allargano l’indicazione anche alle forme di incontinenza da
ipermobilità. Nella nostra breve esperienza (12 mesi),
abbiamo preferito mantenere un atteggiamento più
tradizionale, limitando l’uso del Macroplastique a
forme di tipo III, solo in pochi casi associate a lieve
ipermobilità.
Materiali e Metodi: Sono state selezionate per l’iniezione di Macroplastique 10 donne, di età compresa tra i
40 e 59 anni.
La valutazione pre operatoria comprendeva:
Stress test in ortostasi e posizione assisa; Pad test (più
di 3-4 al dì); Q tip test negativo; Cistomanometria con
detrusore stabile; VLPP < 60 cm H2O; MUCP < 30-40
cm H2O; PPU dinamico nella norma.
La tecnica operatoria prevedeva: paziente in anestesia
epidurale (per permettere il riflesso della tosse a
“domanda”) o locale in posizione litotomica (angolo
fra asse longitudinale della coscia e piano orizzontale
di 60°). Con la tecnica descritta nel filmato si infiltrano 2.5 cc di Macroplastique alle ore 6 e 1.25 cc rispettivamente alle ore 10 e 02. Si poziona catetere 14-16
Fr, che viene rimosso mediamente dopo 18 ore. Il follow-up comporta stress test, ETG trans vaginale e RPM
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
a 3 e 6 mesi, ed ancora stress test, cistomanometria,
PPU, VLPP ed endoscopia ad 1 anno.
Risultati: In tutte le pazienti la procedura è durata dai
20 ai 35 minuti, con lo stress test che si è negativizzato intraoperatoriamente; alla rimozione del catetere,
tutte hanno ripreso a mingere spontaneamente con
assenza di RPM e stress test negativo. Al follow-up di
3 e 6 mesi lo stress test è stato negativo ed il RPM
assente, posizione conservata. Quattro pazienti hanno
riferito la presenza di disturbi irritativi della minzione
con urinocoltura positiva, trattati con antibiotico terapia. Solo tre pazienti hanno avuto il controllo annuale,
con risultati soddisfacenti.
Conclusioni: Se si considera che nel rapporto
numerico la ISD (Deficit Sfinterico Intrinseco) è
decisamente meno frequente della ipermobilità, ci
si rende conto della più rara indicazione di questa
tecnica di Bulking rispetto a quelle di sospensione
e dei numeri che un centro non di riferimento può
trattare in 12 mesi. Anche con queste limitazioni,
ma soprattutto con riferimento alla letteratura, si
possono riconoscere le motivazioni della facile diffusione di questa tecnica, riassumibili in: facilità di
esecuzione, tempi brevissimi di degenza, possibilità di esecuzione in anestesia locale, elevata compliance della paziente e del chirurgo, facili followup basati sia su dati soggettivi che oggettivi (ultrasuoni), ripetibilità dell’atto chirurgico in caso di
risultato incompleto, vantaggi economici per l’Ente
(DRG), rapido recupero.
Bibliografia:
1. Lightner D. Curr Opin Urol 2002, 12:333-338; 2.
Barranger E. J Urol 2000, 164:1619
TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO DI CISTI
CONGENITA DELLA VESCICOLA SEMINALE
ASSOCIATA AD AGENESIA RENALE IPSILATERALE: CASE REPORT.
E. Ricci Barbini, G. Cretì, N. Sebastio, E. Beccia, M.
Santodirocco, V. Ricci Barbini
Divisione di Urologia, Ospedale “Casa Sollievo della
Sofferenza”, IRCCS, San Giovanni Rotondo, Foggia, Italia
Introduzione: Le malformazioni congenite delle vescicole seminali si riscontrano raramente nell’adulto,
eccezionalmente in età pediatrica e, nella maggior
parte dei casi, consistono in formazioni cistiche di
volume variabile da pochi centimetri fino ad assumere, in qualche caso, le caratteristiche di una massa in
sede pelvica. Le cisti delle vescicole seminali, in circa i
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
2/3 dei casi, si associano ad agenesia renale ipsilaterale; tale reperto è riconducibile alla comune derivazione embriologica dal mesonefro da parte della gemma
ureterale e dell’abbozzo primitivo delle vescicole seminali. Descritte per la prima volta da Zinner nel 1914,
sono stati segnalati in Letteratura, a tutt’oggi, circa 150
casi di cisti delle vescicole seminali che rimangono, in
genere, silenti sul piano clinico fino alla 3-4a decade di
vita, esordendo con disturbi minzionali, disuria, episodi di orchiti ed epididimiti, eiaculazione dolorosa,
emospermia, tensione perineale ed infertilità. In alternativa al trattamento chirurgico tradizionale, più
recentemente sono stati riportati in Letteratura i primi
casi di exeresi di cisti delle vescicole seminali con
approccio laparoscopico transperitoneale.
Case Report: Gli Autori descrivono un caso di cisti
della vescicola seminale sinistra associata ad agenesia
renale ispilaterale osservata in Z.G., paziente di 22
anni, il cui quadro clinico di presentazione appariva
piuttosto scarno e sfumato, emergendo solo un modesto e saltuario dolore gravativo in sede ipogastrica
associato ad una “fastidiosa” sensazione di tensione in
sede perineale insorta negli ultimi 3 mesi. L’ecografia
addominale e pelvica evidenziava l’assenza del rene
sinistro ed, in sede pelvica, la presenza di una voluminosa formazione cistica ipo-anecogena, mediana,
retrovescicale, la cui sede d’origine veniva meglio definita con l’ecografia prostatica transrettale, a partenza
della vescicola seminale sinistra. L’Rx cistografica minzionale rilevava la compressione e la dislocazione della
vescica da parte del processo espansivo endopelvico,
mentre l’RMN descriveva meglio le caratteristiche
morfo-strutturali e topografiche della suddetta neoformazione (11 x 8 cm), situata in sede mediana, tra il
retto e la vescica, con il limite superiore passante per
le ali iliache ed il limite inferiore in corrispondenza
della sinfisi pubica. La cistoscopia documentava la
presenza dell’emitrigono destro, in assenza del meato
ureterale sinistro. Il paziente è stato sottoposto a trattamento laparoscopico transperitoneale, utilizzando 4
porte (1° trocar da 12 mm ombelicale per la videocamera; 2° trocar da 10 mm subito sotto l’ombelico, sul
margine laterale del muscolo retto sinistro; 3° da trocar 5 mm sul margine laterale del muscolo retto
destro; 4° da trocar 5 mm in fossa iliaca destro. La
durata dell’intervento è stata di 270 minuti, con perdite ematiche stimate intorno a 120 cc. Il decorso postoperatorio è stato regolare, senza complicanze di rilievo; il drenaggio tubulare è stato rimosso in 2° giornata ed il paziente è stato dimesso in 3° giornata. L’esame
istopatologico ha confermato la derivazione della for-
mazione cistica dalla vescicola seminale e l’assenza di
residui displastici renali ed ureterali.
Discussione: L’anomalo sviluppo embriologico che
coinvolge la gemma ureterale e l’abbozzo delle vescicole seminali, strutture legate dalla comune matrice
mesonefrica, determina, intorno alla 12a settimana
gestazionale, da un lato la mancata induzione per lo
sviluppo del blastema metanefrico e la conseguente
agenesia o displasia renale, dall’altro l’atresia o la stenosi del dotto eiaculatore ed il conseguente sviluppo della
cisti della vescicola seminale. Sul piano clinico possono emergere sintomi da irritazione vescicale (frequenza, urgenza, disuria), sintomi da distensione della cisti
(dolore perineale o sovrapubico, dolore post-coitale,
emospermia), sintomi più generici di prostatismo ed
epididimite cronica. Il trattamento è indicato solo nei
casi sintomatici, riservando ai casi diagnosticati incidentalmente il periodico controllo clinico-strumentale.
Se l’atteggiamento conservativo della puntura ed aspirazione della cisti è associato al rischio di recidiva, alla
ricomparsa della sintomatologia clinica ed alla possibile infezione, il trattamento chirurgico tradizionale a
cielo aperto (transvescicale, transperitoneale, sagittale
posteriore transcoccigeo) risulta piuttosto invasivo e
gravato da una significativa morbidità. L’approccio
laparoscopico nel caso trattato, così come rilevato nell’esiguo numero di casi trattati e riportati in Letteratura,
ha consentito un comodo accesso ed un’eccellente
esposizione dello spazio retroprostatico-vescicale, facilitando così un accurato controllo dell’emostasi, l’agevole dissezione della cisti dalle strutture adiacenti. La
scarsa invasività chirurgica, la bassa morbilità, il lieve
dolore postoperatorio, la breve degenza ospedaliera, la
completa risoluzione dei sintomi rappresentano degli
evidenti vantaggi dell’approccio laparoscopico tale da
essere già proposto quale trattamento di scelta per le
malformazioni delle vescicole seminali.
RARA OSTRUZIONE DINAMICA DEL GIUNTO
PIELOURETERALE: UN DILEMMA DIAGNOSTICO ED UN ENIGMATICO PROBLEMA TERAPEUTICO.
A. Rippa1, S. Tzoumas1, M. Tura1,
G. Consolazione1, S. Biancorosso1, F. Morana2
1
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza, Monza (MI); 2U.O Urologica di Ragusa, Italia
Introduzione: Paziente con coliche renali ricorrenti,
con bacinetto renale sinistro ampollare in alcune
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
pose delle urografie (3), negative per litiasi e per
ostruzioni della via escretrice, ecografie (8) con saltuarie minime pielectasie intermittenti, assenza di
spot litiasici. Tre scintigrafie renali con curva da
scarico al renogramma con modesta ostruzione
prontamente risolta con il test diuretico. TAC negativa per litiasi e neoformazioni.
Materiali e Metodi: Il paziente è stato sottoposto a
3 ureterorenoscopie nei 5 anni di sintomatologia
algica con esito diagnostico negativo. Soltanto l’applicazione del DJ (3) placava le coliche, tuttavia il
tutore era mal tollerato per uno stato di irritazione
vescico-psicologica. Veniva infine inviato al nostro
Centro per eseguire una endopielotomia percutanea. Alla pieloscopia percutanea il giunto si presentava pervio e dopo una giusta attesa ed una
astensione terapeutica, nel momento della rinuncia
abbiamo individuato la causa della ostruzione
giuntale.
Conclusioni: Il paziente manteneva la nefrostomia per
1 mese, con prove di chiusura e controlli contrastografici favorevoli. Alla rimozione della nefrostomia non
ha più accusato sintomatologia. Tre anni di follow-up
negativi con controllo urografico di normalizzazione
pielica e renogramma normalizzato.
L’APPROCCIO COMBINATO (URS-PCN) NELLA
CALCOLOSI RENOURETERALE MULTIPLA.
A.
Rippa,
S.
Tzoumas,
M.
Tura,
G. Consolazione, S. Biancorosso
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza, Monza (Mi), Italia
Introduzione: Vi sono casi di calcolosi difficile o multipla reno-ureterale che sono irrisolvibili con la litotrissia extracorporea perché indovati in camere di edema
perilitiasico, perché multipli o di volume non idoneo.
Queste situazioni patologiche complesse o complicate
pongono il terapeuta di fronte a scelte strategiche di
difficile soluzione.
Materiali e Metodi: Un’alternativa terapeutica efficace ed elegante è l’approccio combinato transuretrale e percutaneo (URS + PCN) poco conosciuto e
praticato, una scelta terapeutica da noi denominato “Rendez-vous” endourologico, nel ricordo di un
corso di endourologia quando due operatori
(Valdivia, Rippa Valencia, Venezuela 1991) affrontarono in comunione la stessa patologia litiasica
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
complessa per due vie contrapposte (URS-PCN).
Una sola via a volte potrebbe essere inefficace,
incompleta e/o potrebbe richiedere distinte o varie
sessioni terapeutiche (endoscopiche o endoscopiche seguite da ESWL).
Al contrario in tempo unico, con paziente in decubito supino, con minima invasività l’approccio
combinato rappresenta una spettacolare e risolutiva soluzione strategico-terapeutica.
Risultati: Si presentano alcuni casi emblematici con
particolare attenzione alla posizione del paziente
ed alle regole di puntura percutanea in decubito
supino.
LA PUNTURA PERCUTANEA: DECUBITO
PRONO E SUPINO A CONFRONTO.
A. Rippa, S. Tzoumas, M. Tura, A. Inferrera,
G. Consolazione
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza, Monza (Milano), Italia
Introduzione: La tecnica della puntura percutanea
prevede non solo la conoscenza della posizione
anatomo-topografica del rene ma soprattutto una
propria rappresentazione stereoscopica delle diramazioni caliciali che l’operatore deve immaginarsi
e “vedere” proiettata sulla cute della regione dorsolombare, dove si apre la “finestra anatomica” dell’accesso percutaneo.
Materiali e Metodi: La XII costa, la cresta iliaca e la
linea ascellare posteriore sono i reperi di orientamento cutaneo. Colon e pleura debbono essere rigorosamente rispettati per evitare le più temute e gravi
complicanze. Il decubito prono è la posizione più
usuale per gli urologi, con paziente piana o inclinata sotto controllo radioscopico e raramente con puntamento ecografico. Questa posizione preoccupa gli
anestesisti per problemi emodinamici, respiratori e
per incidenti articolari e di decubito.
Risultati: La posizione supina viene utilizzata in
caso di approccio combinato transuretrale (URS)
e percutaneo e da alcune scuole endourologiche
viene privilegiata per i vari vantaggi, tra i quali la
prevenzione del rischio di perforazione colica.
Uno studio con TAC spirale dimostra le variazioni anatomiche ed i vantaggi di procedura di questa posizione rispetto alla posizione prona tradizionale.
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
DECUBITO PRONO E SUPINO A CONFRONTO NELL’ACCESSO PERCUTANEO AL RENE.
A. Rippa, S. Tzoumas, M. Tura, A. Inferrera,
G. Consolazione
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi), Italia
Introduzione: La tecnica della puntura percutanea prevede non solo la conoscenza della posizione anatomotopografica del rene ma soprattutto una propria rappresentazione stereoscopica delle diramazioni caliciali
che l’operatore deve immaginarsi e “vedere” proiettata
sulla cute della regione dorso-lombare, dove si apre la
“finestra anatomica” dell’accesso percutaneo.
Materiali e Metodi: La XII costa, la cresta iliaca e la
linea ascellare posteriore sono i reperi di orientamento cutaneo. Colon e pleura debbono essere rigorosamente rispettati per evitare le più temute e gravi
complicanze. Il decubito prono è la posizione più
usuale per gli urologi, con paziente piana o inclinata sotto controllo radioscopico e raramente con puntamento ecografico. Questa posizione preoccupa gli
anestesisti per problemi emodinamici, respiratori e
per incidenti articolari e di decubito.
Risultati: La posizione supina viene utilizzata in
caso di approccio combinato transuretrale (URS) e
percutaneo e da alcune scuole endourologiche
viene privilegiata per i vari vantaggi, tra i quali la
prevenzione del rischio di perforazione colica. Uno
studio con TAC spirale dimostra le variazioni anatomiche ed i vantaggi di procedura di questa posizione rispetto alla posizione prona tradizionale.
CALCOLOSI CALICIALE PERIFERICA DI DIFFICILE ACCESSO PERCUTANEO: TECNICHE
E STRATEGIE OPERATIVE.
A. Rippa, S. Tzoumas, M. Tura, A. Inferrera,
G. Consolazione, S. Biancorosso
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi), Italia
Introduzione: I calcoli indovati in calici dei gruppi medio-superiore, non trattabili con ESWL per volume o
per rapporto volume-infundibulo non favorevole non
sono sempre aggredibili per via percutanea diretta, come invece lo sono quelli del gruppo caliciale inferiore.
Materiali e Metodi: Il caso è risolvibile se esistono i
presupposti per una individuazione del calcolo, la
litolapassi o litotrissia dello stesso con strumentazione flessibile in presenza di un infundibulo compiacente o previa infundibulotomia. Presentiamo la
strategia percutanea, lo strumentario endoscopico e
lo strumentario ancillare da impiegare caso per caso
in una serie emblematica. La terapia endoscopica
può risolvere casi di calcoli indovati in calici periferici medio-superiori anche con puntura diretta, se
si conoscono le regole per evitare la lesione della
pleura e del polmone. Nei casi non trattabili l’alternativa è la chirurgia a cielo aperto con l’eminefrectomia polare superiore o con difficili interventi di
nefrolitotomia o infundibulotomia chirurgica.
Conclusioni: La conoscenza di accorgimenti strategici
particolari, trucchi e disponibilità di strumentario sofisticato sono indispensabili per ottenere la soluzione
pratica, “mininvasiva” dei calcoli di difficile approccio
endoscopico, non idonei alla ESWL.
ACUCISE AT WORK: ENDOSCOPIC OVERVIEW
IN THE STRICTURES OF URINARY WAY.
A. Rippa, S. Tzoumas, M. Tura, G. Consolazione,
S. Biancorosso
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi), Italia
Introduzione: Tra le procedure “minimanente invasive” eseguibili per via transuretrale, in opzione alternativa alle procedure percutanee, sta sempre più
affermandosi la via retrograda alla patologia stenotica dell’uretere, alle stenosi delle anastomosi ureterointestinali ed alle ostruzioni del giunto pielo-ureterali. Oltre all’interventistica endoscopica, si propongono strumentazioni “squisitamente” endourologiche
eseguibili sotto esclusivo controllo fluoroscopico.
L’Acucise è sicuramente la più sofisticata ed efficace
arma attualmente disponibile nelle mani dell’urologo
che lo può utilizzare con una certa tranquillità
soprattutto nelle stenosi secondarie, postchirurgiche.
Materiali e Metodi: Presentiamo alcuni casi emblematici di trattamento endourologico di stenosi in anastomosi uretero-intestinali che per cautela ed anche a
scopo speculativo sono stati controllati endoscopicamente: ciò ha consentito una progressiva incisione per
ottenere un’efficace apertura dell’ostruzione evitando
un “overtreatment” che avrebbe potuto determinare
lesioni delle strutture contigue. In un caso di stenosi
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
39
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
primaria del giunto pielo-ureterale l’incisione transuretrale della stenosi con Acucise è stata “assistita” endoscopicamente da una porta percutanea, nell’intento di
provvedere ad un’eventuale lesione vascolare, dopo
una completa ma dubbia diagnostica per immagini.
Risultati: Questa preoccupazione ci ha permesso di seguire “passo a passo” le varie fasi operative dell’Acucise
ed il risultato della metodica che, per non togliere “l’effetto della diretta” rinviamo alla visione del video.
RUOLO DELLA TUR NELLA TERAPIA RADICALE ENDOSCOPICA DEL CARCINOMA PROSTATICO.
A. Rippa, M. Pedesini, S. Tzoumas, M.Tura,
A. Inferrera, G. Consolazione
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi), Italia
Introduzione: Es posible efectuar una terapia radical
del carcinoma prostático en stadio T1-T2 solamente
aplicando el sistema de resección a baja presión con
trocar suprapubico.
Materiali e Metodi: La baja presion intraoperatoria previene la sindrome da RTU y permite la resectión radical de toda la capsula prostatica.
Risultati: Un grupo de Autores estan analizando sus
resultados en un largo número de pacientes sometidos a terapia endoscópica radical en el carcinoma
prostático. La ausencia de incremento del APS en el
seguimiento y la ausencia de tejido tumorál residuo
en la celda prostatica en la resectión de restaging,
propone esta solución terapeutica como valida alternativa a la cirugía abierta.
Conclusioni: Sovretodo en pacientes con riesgo operatorio alto, de edad superior a 70 anos, y por factores
personales, la terapía endoscópica radicál en el carcinóma prostático localizado, puede ser una valiosa
alternativa a la cirugia a cielo abierto.
LA NEFROSTOMIA “FAI DA TE”: ECONOMICA,
RAZIONALE, PERSONALIZZATA.
A. Rippa, M. Pedesini, S. Tzoumas, M. Tura,
A. Inferrera, G. Consolazione, S. Biancorosso
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi), Italia
Introduzione: Per quanto siano a disposizione numero-
40
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
se soluzioni nefrostomiche, di svariati materiali e di
varie ditte, la nefrotomia “fatta in casa” ovvero confezionata al momento, al tavolo della strumentista, è la
più idonea risposta a necessità che variano da caso a
caso. L’ operatore alla fine di una chirurgia percutanea
comunica alla ferrista la configurazione della nefrostomia che dovrà assicurare il tragitto percutaneo nel
postoperatorio. Esse variano in rapporto alla morfologia delle cavità renali, alle caratteristiche del sanguinamento, allo stato ed al calibro del canale nefrostomico.
Materiali e Metodi: Il catetere vescicale di Foley ben si
presta alla funzione di tubo nefrostomico. Il Foleynefrostomico “classico” deve essere preparato tagliando la punta ed aprendo un ugello a valle del palloncino. La punta a sua volta può essere corta, media o cortissima a seconda dell’ampiezza del bacinetto, con alette laterali per permettere il deflusso delle urine anche
quando la punta del tubo si adagia sul versante mediale dell’ampolla pielica. Se il palloncino viene gonfiato
nel calice di accesso, a scopo di tamponamento emostatico, non si deve aprire l’ugello a valle del palloncino che pescherebbe fuori dalla via escretrice, in pieno
parenchima sanguinante. L’ampio padiglione e la valvola del palloncino a Y rendono impossibile il posizionamento del tubo nefrostomico e la contemporanea
rimozione del nefroscopio o dell’Amplatz.
È quindi necessario conoscere metodiche e trucchi per
il suo corretto posizionamento.
Risultati: Non sono solamente quelli dell’ovvio risparmio, ma soprattutto quelli derivanti dal ragionato e
personalizzato confezionamento, che si traduce in
minori complicanze postoperatorie.
IL CALCOLO PIELICO “BORDER LINE”: ESWL O
PCN O URS?
A. Rippa1, S. Tzoumas1,4, M. Tura1,
G. Consolazione1, S. Biancorosso1, M. Pedesini1,
F. Lino2,3,4, D. Caimi2, A. Rippa2,3,4, P.M. Ferri3,
I. Vavassori3,4, C. Sangalli4, D. Arena4
1
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi); 2Lithotripter Città di Milano, Milano;
3
Divisione di Urologia Zingonia, Bergamo; 4Unità
Operativa di Urologia, Ospedale San Donato, San Donato
Milanese (Mi), Italia
Le indicazioni alla ESWL suggerite da Chaussy alla
fine della fase sperimentale condotta dal gruppo di
Mainz-Muenchen, sono state rapidamente superate
nell’immediata applicazione clinica per due princi-
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
pali motivi: di catalizzazione dei pochi Centri di
Litotrissia degli anni 80 (1986) e dalla richiesta pressante dei pazienti affetti da calcolosi.
L’introduzione della strumentazione ausiliaria (cateteri
ureterali e successivamente doppio J) e la spinta commerciale alla ESWL “monoterapia” imposta dai Centri
di riferimento e da alcune Case produttrici di
Litotritori (panacea per la calcolosi) consentì una valutazione dei reali limiti della ESWL, in rapporto alla
obiettiva revisione delle complicanze.
Nella fase di slancio della Litotrissia Extracorporea ne
faceva le spese la Chirugia Percutanea nata qualche
anno prima e dichiarata morta “sin da piccola”. Pochi
Centri proseguirono la pratica percutanea adottandola
come procedura di routine nella calcolosi pielica superiore ai 3 cm. La crisi della ESWL maturò negli anni
‘90 quando venne alla portata di quasi tutti i reparti di
Urologia con litotritori fissi ma soprattutto con i litotritori mobili affidati ad équipe urologiche prive di
esperienza e quindi suscettibili di rivivere la “curva di
apprendimento”. Alla fine degli anni ‘90 si è d’altro
canto assistito ad un “revival” della chirurgia percutanea favorito dal miglioramento dello strumentario, da
nuove fonti di energia, da nuove metodiche di dilatazione, da accessi “mininvasivi”. La miglior attuabilità
della percutanea e la maggior richiesta del paziente
informato dell’alta percentuale di successo in comunione alla minor morbilità ed alla più rapida soluzione del “problema” litiasico, hanno determinato l’attuale estensione della percutanea al calcolo “border line”
in questione di volume variabile da 1,5 a 2 cm, considerando i calcoli di volume superiore campo esclusivo
della percutanea in mani comunque “esperte”.
A favore della endoscopia si è accostato anche l’accesso transuretrale (URS) favorito dalla miniaturizzazione
dei telescopi, dall’introduzione delle fibre flessibili ad
alta risoluzione e dalla grande efficacia dell’energia
laser finalmente operativa. Paradossalmente oggi nel
nostro Centro dobbiamo dedicare più informazione
per il trattamento ESWL (accettazione dell’eventuale
doppio J e ritrattamenti) che non per dare l’indicazione alla percutanea. L’indicazione all’URS nella calcolosi pielica di grande volume deve dipendere esclusivamente dalla convinzione dell’operatore di avere
il supporto strumentale e l’esperienza per dare al
paziente una concreta possibilità di soluzione dell’urolita. L’analisi della morfologia del calcolo (ossalato
disidrato), della sua nota o ipotetica composizione
(struvite), un buon rapporto volume-via escretrice
ed il coinvolgimento favorevole del paziente possono fare propendere per la litotrissia extracorporea.
LA NEFROSTOMIA A “U” NELLA NEFROPESSI
PERCUTANEA.
A. Rippa, S. Tzoumas, M. Tura, G. Consolazione, S.
Biancorosso
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea, Policlinico di
Monza (Mi), Italia
Introduzione: La correzione chirurgica della ptosi renale ha da sempre rappresentato per l’urologo un campo
minato per le possibili sequele sintomatiche parietali e
della loggia renale. Il più delle volte si tergiversa, guadagnando tempo con la diagnostica (Urografia e renogramma), demandando l’intervento alla chiara denuncia sintomatologica da parte della paziente.
Materiali e Metodi: Il riscontro chirurgico di tenaci
aderenze nella sede di pregresse derivazioni percutanee (pig tail – nefrostomie) ha suggerito di sfruttare
queste sequele cicatriziali nelle ptosi renali. Il rene
ptosico viene sospinto in posizione fisiologica originale ponendo un barattolo di gel da ecografia sotto
l’ipocondrio della paziente adagiata in posizione
prona. La pelvi renale viene raggiunta preferibilmente con una puntura del calice medio. Si pone il nefroscopio nella guaina di Amplazt e si esegue la seconda puntura nel calice inferiore, estendendo il tramite
sino a porre una guaina del 26 Charr. Il filo guida del
secondo accesso viene quindi esteriorizzato dal 1°
canale con una pinza a 3 branche. Per realizzare una
nefrostomia ad “U” si utilizza un drenaggio chirurgico del 20 Charr. facendolo scorrere sul filo guida. Il
drenaggio delle cavità pielocaliciali viene assicurato
da 4 ugelli confezionati “ad hoc”.
Risultati: Abbiamo eseguito 7 correzioni percutaee con
derivazioni ad “U”.
L’assenza di complicanze, la scomparsa della sintomatologia secondaria alla ptosi e il costante miglioramento delle curve di scarico del renogramma, hanno rivelato, nella nostra pratica operatoria, la nefropessi percutanea quale intervento di prima scelta nella patologia
ptosica renale.
Conclusioni: L’avvento delle tecniche percutanee nella
calcolosi renale ha aperto la strada alla soluzione di
altre patologie (idrocalicosi, diverticoli caliciali, stenosi
delle vie escretrici, neoplasie uroteliali).
La reazione tissutale che si sviluppa attorno e lungo il
tramite nefrostomico non lascia alcuna sequela clinica,
e nei casi di nefropessi percutanea offre una “tiracca” al
rene (nefropassi con accesso singolo). Nei casi più gravi
le “tiracche” possono essere due, naturalmente con
maggiori garanzie di successo.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
41
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
LA PUNTURA RENALE PERCUTANEA: REGOLE
ED ERRORI IN 1503 INTERVENTI
A. Rippa, S. Tzoumas, M. Tura, G. Consolazione,
S. Biancorosso
Unità Operativa di Urologia, Centro di Endourologia
Chirurgica e Litotrissia Extracorporea Policlinico di
Monza, Milano, Italia
Introduzione: Le complicanze della puntura percutanea sono spesso dovute ad errori di percorso. La
conoscenza della distribuzione spaziale del rene. La
proiezione dei calici alla cute ed una profonda conoscenza della topografia degli organi e delle strutture
contigue alla loggia renale, limitano la frequenza
delle complicanze.
Materiali e Metodi: L’inclinazione dell’ago deve essere
quella del calice prescelto; la finestra cutanea deve considerare il percorso della linea ascellare posteriore; l’ago
deve ricercare la coppa caliciale, e tutto lo strumentario
deve rispettare le strutture caliciali ed infundibulari in
rapporto all’anatomia e alla patologia del caso.
Risultati: Tre perforazioni intestinali, 19 emorragie
gravi (trasfusioni), 3 interventi chirurgici, 2 urinomi e
nessuna lesione toracica su 1503 interventi sono soddisfacenti risultati che saranno ulteriormente migliorati, con il rispetto delle regole applicabili per evitare
errori procedurali.
Conclusioni: Il nuovo slancio delle procedure per cutanee dovrà sempre tenere presente la correttezza delle
manovre per evitare di danneggiare il singolo (il paziente) e la bontà dei risultati che stanno riqualificando questa procedura che deve rimanere “mininvasiva”.
42
pelvica (186), con litotritore Storz SLX Modulith, con
puntamento ecografico e radiologico coassiale. Il trattamento è stato eseguito nel 90% dei casi in regime di
Day Hospital. 181 pazienti sono stati sottoposti a trattamento in sedazione; di questi il 55% presentava un
calcolo in sede lombare e il 45% in sede pelvica. Le
dimensioni dei calcoli osservati variavano da 27 mm a
10 mm (media 4.6 mm) per i calcoli lombari e da 15
mm a 5 mm (media 5.22 mm) per i calcoli pelvici.
Risultati: Abbiamo registrato un successo del 45% al
primo trattamento, del 65% al secondo e dell’80% al
terzo trattamento. In media i pazienti sono stati sottoposti a 1.9 trattamenti in caso di calcolosi lombare, 1.2
per la calcolosi pelvica. 25 pazienti sono stati sottoposti a trattamento endoscopico per fallimento dell’SWL
( 20 ULL e 5 PCNL). In 33 casi è stato posizionato uno
stent prima del trattamento, in 9 casi dopo. Non sono
state osservate gravi complicanze intra-operatorie, in
tutti i casi alterazioni del ritmo cardiaco corrette utilizzando la modalità Trigger o sospendendo la procedura (6 extrasistolia, 8 bradicardia, 3 tachicardia).
Discussione: L’SWL si dimostra una terapia pratica,
scarsamente invasiva, con poche complicanze e necessita raramente di strumentazioni pre-trattamento. A
nostro parere è la tecnica di prima scelta per il trattamento della calcolosi ureterale, anche in presenza di
retrostasi, purché non settica, senza strumentazione
preventiva dell’uretere.
TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI URETERALE CON LITOTRITORE ELETTROMAGNETICO
A.L. Romanò, G.P Zanetti, P. Bernardini,
M. Gelosa, M. Serrago, C. Castelnuovo, E. Pisani
Istituto di Urologia, Ospedale Maggiore di Milano, Italia
URETEROSCOPIA: IMPIEGO DELL'ANESTESIA
SPINALE "ASIMMETRICA. NOSTRA ESPERIENZA SU 125 CASI.
A. Saita, A. Bonaccorsi, S. Condorelli,
S. Saglimbene, L. Scandurra, R. Giordano,Prof. M.
Motta
Università degli Studi di Catania, Clinica Urologica II,
Catania, Sicilia
Introduzione: Il trattamento di elezione della calcolosi ureterale risulta a tutt’oggi difficilmente standardizzabile. In particolare, la sede, le dimensioni e la
composizione del calcolo, la sintomatologia soggettiva e le eventuali complicanze (infezioni e retrostasi) condizionano la scelta del trattamento (SWL vs
ULL/PCNL) e le eventuali manovre preventive (stenting e nefrostomia).
Materiali e Metodi: Dal 1996 al 2001 sono stati sottoposti a trattamento SWL 404 pazienti (299 donne,
105 uomini) per calcolosi ureterale lombare (218),
Introduzione: L'ureteroscopia rappresenta l'approccio
più idoneo nel trattamento della calcolosi ureterale > 1
cm. Il procedimento può essere eseguito in anestesia
spinale/epidurale o generale ed, in casi selezionati, con
anestesia locale +/- analgesia EV. Ai fini chirurgici è
importante che vi sia una buona copertura antalgica
intra e postoperatoria. Descriviamo la nostra esperienza con il blocco spinale asimmetrico nelle URS.
Materiali e Metodi: Dall'Aprile 2001 al Novembre
2002 sono state eseguite 125 URS in 98 pazienti; 38
donne di età media di 51.9 anni, 67 uomini di età
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
media di 47.5. In 30 casi si trattatava di calcolosi dell'uretere lombare, in 45 dell'uretere iliaco ed in 50 dell'uretere pelvico.In 98 casi è stato praticato il blocco
spinale asimmetrico, previa premedicazione con ketorolac, betametasone e fluoroglucinolo, consistente nell'introduzione negli interspazi L2-L3 ed L3-L4 di 6-11
mg 0.50% bupivacaina iperbarica dopo il quale i
pazienti venivano posti in decubito ipsilaterale l'uretere da trattare, per un periodo pari a 15 minuti.
Abbiamo valutato i tempi operatori, le variazioni emodinamiche, il dolore peri- e postoperatorio(VAS/NAS),
nausea, vomito e cefalea.
Risultati: La percentuale degli stone-free al follow-up a
3 mesi è stata del 92%(115/125). I tempi operatori
medi sono stati di 82 +/- 32min (range 50-115) in tutti
i casi. In 1/98 trattamenti eseguiti con il blocco asimmetrico si è dovuto procedere ad analgesia endovenosa. In 5 pazienti si sono osservate delle variazioni emodinamiche intraoperatorie: in 2 casi modesta ipotensione ed in 3 bradicardia. Nei 27 casi, eseguiti con
altro tipo di anestesia, le variazioni emodinamiche
sono state anche qui minime: 1 caso si ipotensione ed
1 di bradicardia. Nel 37% dei casi i pazienti hanno
lamentato cefalea; dolore postoperatorio nel 25% dei
pazienti (VAS/NAS compresa tra 1 e 2).
Conclusioni: Rispetto all'anestesia generale, l'anestesia
spinale "asimmetrica", presenta il vantaggio di controllare in maniera completa la sintomatologia algica postoperatoria mentre rispetto all'anestesia spinale "simmetrica", consente un migliore controllo della sintomatologia algica intraoperatoria a fronte di minori
effetti emodinamici intraoperatori. L'utilizzo dei farmaci associati (Ketorolac -- Betametasone -- luoroglucinolo), agendo sulla condizione funzionale ureterale,
consente di ottenere una compliance migliore alle
manovre endourologiche.
ESWL: DUE TECNICHE ANALGESICHE A CONFRONTO. NOSTRA ESPERIENZA.
A. Saita, A. Bonaccorsi, B. Giammusso,
M. Aquilino, A. Lazzara
Clinica Urologica II, Università degli Studi, Catania, Italia
Introduzione: Il trattamento della litiasi reno-ureterale mediante la litotrissia extracorporea (ESWL),
richiede per la sua migliore realizzazione un supporto analgesico. Non esistono dei protocolli analgesici ben codificati; l’analgesia varia dalla semplice
infiltrazione locale sottocutanea di anestetico fino
all’anestesia generale. A tal proposito abbiamo praticato due differenti protocolli analgesici in pazienti
sottoposti ad ESWL presso la nostra Divisione.
Materiali e Metodi: Dal gennaio 2001 al novembre
2002 sono stati trattati 300 pazienti con ESWL per calcolosi renale o ureterale. L’età media dei pazienti era di
46 anni (range 20-76). L’attrezzatura da noi utilizzata è
rappresentata dal Dornier Compact Delta magneto
lithotripter. Un gruppo di 180 pazienti (Gruppo A) è
stato trattato con Ketorolac 30 mg IM più tramadolo
100 mg, 30-40 minuti prima del trattamento e betametasone 4 mg in bolo ev durante il corso dell’ESWL.
L’altro gruppo (Gruppo B), costituito da 120 pazienti, è
stato trattato aggiungendo l’applicazione di Luan nella
zona cutanea “target”. Durante il trattamento il dolore
percepito è stato valutato con una scala verbale a tre
punti (1: assente, 2: moderato, 3: intenso). Sono stati
valutati il trattamento analgesico sede-effetto in relazione alla durata ed all’efficacia del trattamento ESWL.
Risultati: Nel Gruppo A 150/180 (83,3%) pazienti
hanno richiesto una riduzione del trattamento per
un’intensità inferiore a 12,75 kV. La durata media del
trattamento è stata di 45 min (range 30-55). I pazienti
stone-free a tre mesi erano il 61% (110/180). In tutti i
casi si è evidenziata l’insorgenza di eritema cutaneo
nella zona “target”, risoltosi entro 6 h dal trattamento
ESWL. Non si sono riscontrate complicanze maggiori.
Nel Gruppo B in 80/120 (66,6%) casi si è proceduto
con intensità del trattamento fino a 15 kV. La durata
media del trattamento è stata di 25 minuti (range 2035). Gli stone-free a tre mesi sono stati pari al 79%
(95/120). In 70/120 pazienti si è avuto eritema locale
risoltosi entro tre ore, mentre in 2/120 casi l’insorgenza di ematoma renale.
Conclusioni: Il trattamento analgesico in associazione
con l’applicazione locale di Luan, ha degli indubbi vantaggi nella litotrissia extracorporea. La miglior compliance dei pazienti, in termini di analgesia, determina
una maggiore efficacia del trattamento, come si evince
dalla percentuale degli stone-free rilevati al follow-up.
VALUTAZIONE DELLE COMPLICANZE NEI
PAZIENTI SOTTOPOSTI A PCNL. NOSTRA
ESPERIENZA.
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Burrello,
L. Fondacaro, M. Motta
Clinica Urologica II, Università degli Studi, Catania, Italia
Introduzione: La nefrolitotrissia percutanea (PCNL)
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
43
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
rappresenta tutt’oggi la metodica di scelta per il trattamento dei calcoli renali >2 cm. Obiettivo dello studio è stato valutare le complicanze della procedura
nella nostra esperienza con particolare riguardo agli
eventi emorragici e settici.
Materiali e Metodi: Dall’aprile del 2001 al dicembre
2002 sono stati trattati 51 pazienti, di età media di
54.2 anni, per un totale di 53 PCNL. In tutti i casi è
stata praticata profilassi antibiotica preoperatoria con
la somministrazione di cefalosporina di III generazione in caso di calcolosi semplice o di doppio schema
terapeutico con cefalosporina di III generazione e
ciprofloxacina 200 mg nei casi complessi. Sono stati
valutati i seguenti parametri: emocromo con formula, azotemia, creatininemia, Na, K, pressione arteriosa (PA), Frequenza cardiaca (FC), esame delle urine e
batteriologico nel periodo preoperatorio, 6 ore dopo
l’esecuzione del trattamento e nella I e II giornata del
postoperatorio. Tutti i pazienti sono stati avviati a follow-up a 20 giorni, 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi ed 1 anno.
Risultati: Nelle 50 PCNL eseguite nell’11.4% dei casi
si è proceduto in 2 tempi, mentre si è avuta batteriemia postoperatoria nel 5.7%. Il calo medio
dell’Hb è stato pari 1.5 g/dL. In nessun caso si è
dovuto ricorrere ad emotrasfusioni. In tutti i casi nel
postoperatorio si è evidenziata la comparsa di neutrofilia e linfopenia risoltasi generalmente in I giornata. Leucocituria e microematuria erano presenti
nel 97% dei pazienti, e risultando persistente in tutti
i casi sottoposti a stenting ureterale JJ (95.7%). Le
variazioni di PA e FC non sono state significative.
Conclusioni: le complicanze settiche ed emorragiche
nei pazienti trattati con manovre endourologiche sono
tra le più temibili. Esse sono correlabili non solo a delle
infezioni preesistenti al trattamento, ma anche all’esperienza dell’operatore ed ai tempi operatori medi. A
nostro avviso l’esecuzione corretta della tecnica riduce
il rischio di sanguinamento e di lesioni vascolari; l’adeguata profilassi con copertura dei Gram positivi e
negativi sono in grado di prevenire la sepsi.
L’APPROCCIO AL MEATO URETERALE: TECNICA DELLA DOPPIA GUIDA: NOSTRA ESPERIENZA.
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Pedalino, F. Nicolosi,
A. Lazzara, M. Motta
Clinica Urologica II, Università degli Studi, Catania, Italia
Introduzione: Le metodiche di accesso al meato ureterale oggi più utilizzate sono rappresentate dalla
44
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
dilatazione con palloncino oppure da quella determinata dall’introduzione di cateteri ureterali progressivi,
od anche dall’introduzione di una camicia ureterale.
L’evoluzione degli strumenti endourologici consente
oggi di approcciare l’uretere nella maggior parte dei
casi senza dover ricorrere alle manovre suddette.
Tenendo presente che ancora oggi in varie casistiche
si ricorre a manovre di dilatazione di routine o di
necessità per accedere al meato ureterale riportiamo
la nostra esperienza sull’utilizzo della doppia guida in
ureteroscopia come manovra di sicurezza delle procedure, e nello stesso tempo come manovra di dilatazione parafisiologica del meato. Descriviamo la
nostra esperienza sull’accesso all’ostio ureterale con la
tecnica della doppia guida valutando i tempi operatori medi, complicanze e percentuale di successo nel
trattamento della calcolosi ureterale.
Materiali e Metodi: Dall’aprile del 2001 al Dicembre
del 2002 sono stati arruolati 110 pazienti per un totale di 135 trattamenti, di cui 43 donne di età media di
51.9 anni (range 27-76), e 67 uomini di età media di
49.5 anni (range 20-79). L’apparecchiatura da noi utilizzata è costituita da: ureteroscopi semirigidi (8-10 F),
guide idrofiliche glide wire (0.035 F) ed una guida di
Bentson (0.035 F). Gli interventi sono stati eseguiti sia
dall’urologo con esperienza in endourologia sia da specializzandi della nostra divisione. Sei ore dopo il trattamento ed in I giornata postoperatoria abbiamo valutato i parametri di funzionalità renale, la temperatura
corporea, dolore al fianco, sintomi disurici, sepsi ed
altre complicanze. Tutti i pazienti sono stati rivalutati
dopo 20 giorni con esame delle urine, esame batteriologico ed Rx diretta apparato urinario.
Risultati: Nei 135 trattamenti i tempi operatori medi
non sono aumentati e le complicanze osservate rappresentano il 4.75% dei casi. Il successo si è avuto
nella totalità dei trattamenti senza mai ricorrere a dilatazioni dell’ostio ureterale tradizionali, attive o passive.
Conclusioni: Riteniamo che la tecnica della doppia
guida nell’accesso all’ostio ureterale sia di semplice
attuazione, soprattutto per gli operatori di minore
esperienza, limitando le complicanze di tali manovre.
QUICK - PERCUTANEOUS NEPHROLITHOTRIPSY (QUICK-PCNL).
P. Salsi, A. Frattini, S. Ferretti, S. Meli,
P. Cortellini
U.O. di Urologia, A. O. Universitaria di Parma, Italia
Introduzione: La nefrolitotrissia percutanea (PCNL) è
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ormai in grado di trattare quasi tutti i casi di calcolosi renale anche complessa e di grosse dimensioni;
con le attuali tecnologie disponibili si è dimostrata
una tecnica sicura ed efficace. Tuttavia, alcune calcolosi a stampo complete di grosse dimensioni mettono a dura prova l’abilità (e la pazienza) dell’urologo,
in quanto i tempi operatori possono risultare estremamente prolungati, aumentando in questo modo il
rischio di complicanze, sia anestesiologiche che chirurgiche. Inoltre, quanto è più grande il calcolo,
tanto più elevato sarà il rischio di frammenti residui,
che possono rendere necessarie manovre ausiliarie
oppure un “second look” percutaneo ecc. Le fonti
energetiche per litotrissia attualmente a disposizione
hanno vantaggi e svantaggi: l’energia balistica è efficace anche su calcoli molto duri, ma produce grossi
frammenti, per cui la litolapassi può essere laboriosa;
l’energia a ultrasuoni è efficace, produce frammenti
piccoli che possono essere aspirati ma è molto lenta;
il laser ad olmio è molto efficace e maneggevole, può
essere utilizzato nei fibroscopi flessibili, ma non ha
un sistema di aspirazione. Presentiamo un caso in cui
è stato utilizzato un nuovo apparecchio per litotrissia, che è in grado di unire il sistema di litotrissia balistica e quello ad ultrasuoni, sfruttando i vantaggi di
entrambi i sistemi.
Materiali e Metodi: Questo nuovo apparecchio è
dotato di una sonda che è in grado di erogare, contemporaneamente o separatamente, sia l’energia balistica che gli ultrasuoni, montati su un unico manipolo; l’apparecchio è inoltre corredato di un sistema
di aspirazione a depressione variabile, che può essere adeguato alle diverse necessità; la sonda balistica
frantuma il calcolo in grossi frammenti, che vengono
contemporaneamente ridotti in polvere dalla sonda
ad ultrasuoni, mentre il sistema di aspirazione trattiene il calcolo e contemporaneamente aspira la polvere, evitandone la dispersione nelle cavità renali.
Abbiamo utilizzato questo nuovo presidio in un
paziente maschio, B. G. di 40 anni, portatore di un
calcolo pielo-caliciale inferiore a stampo del diametro
maggiore superiore a 5 cm (volume stimato >65 cc),
Rx opaco, condizionante idrocalice superiore. Dopo
un accesso con tecnica standard al calice inferiore, si
è eseguita la litolapassi di numerosi piccoli calcoli
caliciali inferiori e quindi si è proceduto alla litotrissia balistica e con ultrasuoni del voluminoso calcolo
pielico. Il tempo percutaneo complessivo è stato di
circa 45 min. La nefrostomia è stata rimossa in IV
giornata ed il paziente è stato dimesso in V giornata.
Conclusioni e Discussione: Questo sistema è in grado
di velocizzare le procedure di litotrissia percutanea,
evitando la dispersione dei frammenti e favorendone
una più rapida e fine frammentazione, permettendone nel contempo una completa eliminazione. Riduce
pertanto la durata degli interventi, diminuendo i
rischi di complicanze e la necessità di manovre ancillari successive. Pur mostrando la sua maggiore efficacia proprio nei casi di calcolosi complessa, è senz’altro un apparecchio che risulterà utile anche nelle procedure di PCNL “di routine”.
STENOSI URETERO-ILEALE IN NEOVESCICA
AD Y: TRATTAMENTO ENDOSCOPICO CON
HOLMIUM LASER.
C. Scoffone, S. Guercio, M. Cossu, M. Poggio, C.
Cracco, C. Terrone, R.M. Scarpa
Clinica Urologia, A.S.O. San Luigi, Università degli Studi
di Torino, Orbassano, Torino, Italia
La stenosi dell’anastomosi uretero-ileale rappresenta
una delle complicanze più frequenti, in corso di chirurgia ricostruttiva dell’apparato urinario. La sua incidenza varia, a seconda delle casistiche, dall’1.5% al
12%. La causa più comune della stenosi è rappresentata dall’ischemia, provocata dalla mobilizzazione
dell’uretere.
Numerose sono le tecniche utilizzate dai diversi Autori
per il trattamento della stenosi e diverse sono anche le
percentuali di successo delle stesse. L’utilizzo del laser
ad Olmio ha permesso di raggiungere percentuali di
successo che variano dal 60 al 90%.
In questo video presentiamo un caso di trattamento
con laser ad Olmio di una stenosi dell’anastomosi uretero-ileale destra, insorta a 12 mesi dal confezionamento della neovescica ortotopica ad Y.
Dopo introduzione di ureteroscopio Wolf 7.5 Ch nella
neovescica si evidenzia senza difficoltà il meato ureterale destro in cui era stato precedentemente posizionato per via anterograda uno stent tipo doppio J.
Introdotto lo strumento nell’uretere si evidenzia una
stenosi di circa 2 cm all’incrocio con i vasi iliaci.
Viene introdotta la fibra del laser a Olmio da 400
micron e viene eseguita una sezione della stenosi alle
ore 12 utilizzando una potenza di circa 20 W.
Si regolarizzano i margini della sezione asportando
con pinze da biopsia alcuni lembi di tessuto cicatriziale e si procede a ulteriore apertura della stenosi
nella sua parte superiore con la sonda laser.
Al termine della procedura si evidenzia un normale
calibro dell’uretere.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Viene posizionato, su filo guida, un secondo stent
ureterale tipo doppio J. I due stent verranno rimossi
dopo circa 40 giorni.
Al controllo urografico a 4 mesi si evidenzia una
normale morfologia e funzionalità della via escretrice
trattata. Il controllo endoscopico a 6 mesi conferma
il dato urografico.
Il successo di questa procedura, confortata da dati
della letteratura, consente di proporre il laser ad
Olmio come prima opzione nel trattamento delle
stenosi uretero-ileali.
CALCOLOSI URETERALE E CALICEALE COMPLESSA: APPROCCIO CON STRUMENTI FLESSIBILI ED HOLMIUM-LASER.
C. Scoffone, S. Guercio, M. Poggio, F. Porpiglia, F.
Vacca, R.M. Scarpa
Clinica Urologica, A.S.O. San Luigi, Università degli Studi
di Torino, Orbassano, Torino, Italia
L’ureteroscopia rappresenta una valida alternativa al
trattamento della litiasi caliceale inferiore con percentuali di successo che variano dall’82 all’88% per calcoli con diametro inferiore ad 1 cm, e dal 63 al 72% per
calcoli di diametro compreso tra 1 e 2 cm.
In questo video riportiamo un caso di litiasi urinaria
multipla dell’uretere pelvico di sinistra e del calice inferiore del rene omolaterale, in paziente affetto da
megauretere congenito sinistro. Il paziente era stato
sottoposto, presso la nostra Divisione, ad intervento di
resezione e reimpianto ureterale con tecnica antireflusso. Circa un anno dopo per comparsa di coliche renali a sinistra, causate da un calcolo di circa 10 mm a
livello ureterale e due calcoli presenti a livello del
distretto inferiore, veniva posizionato, c/o altra sede,
sondino ureterale tipo doppio J.
Successivamente il paziente veniva ricoverato presso la
Nostra Divisione per essere sottoposto a trattamento
endoscopico.
Alla cistoscopia preliminare, si evidenziava la calcificazione completa dell’estremo distale del sondino
Doppio J, che veniva frantumata con pinza, estraendo
i frammenti con evacuatore di Ellik.
Su filo guida si introduceva ureteroscopio rigido che
evidenziava, a livello dell’uretere pelvico, un calcolo
del diametro di circa 1 cm. Si procedeva quindi a
litotrissia con Holmium laser utilizzando una
potenza di 8 Watt, una frequenza di 8 Hertz con
una durata di impulso di 150 micro secondi.
46
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
Con cestello 0-tip si estrevano i frammenti residui.
Su filo guida si risaliva la via escretrice con ureteroscopio flessibile Circon Acmi Dur-8 Elite sino a livello
delle cavità renali sinistre.
Si raggiungeva, utilizzando la doppia deflessione attiva
dello strumento, il gruppo caliceale inferiore dove si
evidenziava un calcolo di circa 8 mm.
Con sonda da 200 micron si eseguiva litotrissia laser
del calcolo utilizzando una potenza di 8 Watt con una
frequenza di 8 Hertz con una durata di impulso di 150
micro secondi.
Un calcolo più piccolo veniva quindi estratto con
cestello 0-tip.
Si posizionava quindi sondino ureterale tipo Doppio J
6 Ch, che veniva rimosso dopo 20 giorni.
Il controllo radiografico mostrava l’assenza di calcoli
residui.
CARCINOMA UROTELIALE PIELICO BILATERALE: TRATTAMENTO ENDOSCOPICO CON HOLMIUM LASER.
C. Scoffone, S. Guercio, M. Poggio, R.M. Scarpa
Clinica Urologica, A.S.O. San Luigi, Università degli Studi
di Torino, Orbassano, Torino, Italia
Il carcinoma a cellule transizionali delle alte vie escretrici è un tumore con un’incidenza relativamente
bassa, rappresentando circa il 2-5% di tutti i tumori
uroteliali. La più frequente localizzazione è a livello
della pelvi renale; il coinvolgimento bilaterale sincrono
delle vie escretrici è riscontrabile nel 2-4% dei casi.
In tutti i casi di difetto di riempimento agli esami
radiologici sospetto per neoformazione dell’alta via
escretrice è opportuno eseguire un’ureteroscopia diagnostica con eventuale biopsie della lesione. L’esame
istologico ottenuto dalla biopsia e il rischio di progressione tumorale conseguente potrà orientare verso un
intervento chirurgico demolitivo o verso una terapia
endoscopica o chirurgica demolitiva.
Presentiamo il caso di un paziente di 64 anni affetto da
neoplasia bilaterale della pelvi renale.
Il paziente si presentava alla nostra attenzione in
seguito all’insorgenza di episodi di macroematuria e
disturbi minzionali importanti. L’urografia perfusionale e la Tac addome evidenziavano la presenza bilateralemente, a livello della pelvi renale, di una neoformazione di circa 1.5 cm di diametro. Gli esami
citologici su urine confermavano la presenza di cellule uroteliali neoplastiche.
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Su filo guida si risaliva con ureteroscopio Wolf 7.5 Ch
sino a livello del bacinetto sinistro evidenziando una
neoformazione di circa 1,5 cm di diametro apparentemente di aspetto superficiale.
Succcessivamente si eseguiva un prelievo sulla neoformazione mediante pinza da biopsia.
Si iniziava quindi l’asportazione della neoformazione
mediante l’utilizzo di Holmium Laser. La potenza utilizzata è stata di 15 Watt, la frequenza di 20 Hertz, la
durata dell’impulso è stata di 400 microsecondi. Al
termine della procedura si evidenziava il grasso peripielico.
Mediante amplificatore di brillanza si evidenzia l’assenza di difetti di riempimento.
Analoga procedura veniva effettuata anche a livello
della pelvi renale destra dove si evidenziava una neoformazione delle dimensioni di circa 1 cm di diametro.
Al termine della procedura sono stati quindi posizionati bilateralmente sondini ureterali tipo Doppio J in
previsione di chemioterapia endocavitaria.
L’esame istologico definitivo ha evidenziato bilateralmente un carcinoma papillare dell’urotelio della pelvi
renale di basso grado.
Il paziente è stato quindi sottoposto a ciclo di 6 sedute di instillazioni endovescicali con BCG, in posizione
di Trendelenburg per 60 minuti in occasione di ogni
instillazione e a successivo follow-up ureteroscopico.
CISTOPROSTATECTOMIA RADICALE PER VIA
LAPAROSCOPICA: TECNICA CHIRUGICA.
A. Simonato, A. Gregori, A. Lissiani, S. Galli,
A. Bozzola, F. Gaboardi
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”,
Milano, Italia
Introduzione: La cistectomia radicale resta il trattamento di scelta per il carcinoma transizionale infiltrante
della vescica. La laparoscopia si è dimostarata in grado
di rimuovere questa neoplasia ma l’intervento non è
ancora ben codificato. Dopo l’esperienza sulla prostatectomia radicale laparoscopica abbiamo eseguito 10
cistoprostatectomie radicali laparoscopiche: proponiamo dettagliatamente la nostra tecnica.
Materiali e Metodi: In sintesi: vengono utilizzate 5
porte transperitoneali. Si inizia con l’accesso posteriore alle vescicole seminali, l’isolamento e la sezione
prossimale delle arterie ombelicali e la sezione distale
degli ureteri. Viene raggiunto lo spazio prevescicale, si
incide la fascia endopelvica e si fa l’emostasi preventiva
del Santorini. A questo punto, con il bisturi ad ultrasuoni, i peduncoli fibrovascolari vescicali e prostatici
vengono progressivamente coagulati e sezionati. Infine
si incide il complesso venoso del Santorini e l’uretra
rasente all’apice prostatico terminando così la cistoprostatectomia. Viene eseguita la linfadenectomia pelvica.
Si pratica un’incisione mediana di 5 cm per rimuovere
dalla cavità addominale il complesso vescico-prostatico
ed i linfonodi. Sono stati trattati con questa tecnica 10
pazienti: 8 con neoplasia infiltrante della vescica e 2
con multiple lesioni pT1G3 e carcinoma in situ plurirecidivo.
Risultati: Sono state eseguite: 6 neovesciche ileali ortotopiche, 2 ureterosigmoidostomie e 2 ureterocutaneostomie. Nessun intervento è stato convertito. Il tempo
operatorio demolitivo medio è stato di 166 minuti
(range 180-150) con perdite ematiche medie di 310 ml
(range 220-440). Il dolore postoperatorio ha richiesto
solo analgesici minori (FANS). I pazienti sono stati
mobilizzati in 1a-3a giornata postoperatoria e si sono
canalizzati in 1a-5a giornata, sono stati dimessi in 5a-9a
giornata postoperatoria. L’esame istopatologico definitivo ha confermato in tutti i pazienti l’assenza di margini chirurgici positivi e linfonodi negativi. Un paziente
ha sviluppato metastasi multiple a sei mesi.
Conclusioni: La cistoprostatectomia radicale per via
laparoscopica è un intervento facilmente riproducibile,
preciso e sufficientemente rapido se condotto con una
strategia pianificata. Non sono candidabili pazienti con
malattia extravescicale o con voluminosa massa neoplastica. La laparoscopia nel trattamento demolitivo
delle neoplasie offre sicuramente dei vantaggi, tuttavia
vanno attentamente valutati i risultati oncologici.
RICOSTRUZIONE DI NEOVESCICA ILEALE
ORTOTOPICA PER VIA LAPAROSCOPICA: TECNICA ORIGINALE.
A. Simonato, A. Gregori, A. Lissiani, S. Galli,
A. Bozzola, F. Gaboardi
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”,
Milano, Italia
Introduzione: La cistectomia radicale rappresenta il
trattamento chirurgico di scelta per il carcinoma
transizionale infiltrante della vescica. Dopo studi
anatomici e chirurgici effettuati su cadavere, abbiamo sviluppato una tecnica originale che ci ha permesso di eseguire una neovescica ileale ortotopica
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
per via laparoscopica combinata su sei pazienti.
Materiali e Metodi: La tecnica prevede, dopo una fase
demolitiva per via laparoscopica (cistoprostatectomia
radicale e linfoadenectomia pelvica bilaterale con
estrazione del pezzo chirurgico da una incisione
sovraombelicale di 5 cm), una fase ricostruttiva a cielo
aperto (isolamento-riconfigurazione dell’ansa intestinale ed anastomosi intestinale) ed una fase ricostruttiva laparoscopica (anastomosi uretero-ileale e uretroneovescicale, chiusura del neoserbatoio). Sono stati
trattati con questa tecnica 6 pazienti: 5 con neoplasia
infiltrante della vescica ed 1 paziente con multiple
lesioni pT1G3 e carcinoma in situ plurirecidivo resistente alla terapia endovescicale con BCG.
Risultati: Il tempo operatorio medio è stato di 380
minuti (range 320-510), le perdite ematiche medie
di 310 ml (range 220-440). Il dolore post-operatorio ha richiesto solo analgesici minori (FANS). I
pazienti sono stati mobilizzati in 2a-3a giornata
postoperatoria e si sono canalizzati in 3a-5a giornata. I tutori ureterali sono stati rimossi in 6a-7a giornata, previo controllo radiologico. I pazienti sono
stati dimessi in 7a-9a giornata post-operatoria con
catetere vescicale, rimosso dopo circa 7 giorni, previo controllo neocistografico. L’esame istopatologico definitivo ha confermato in tutti i pazienti la
presenza di carcinoma vescicale organo-confinato
senza invasione dei margini chirurgici con linfonodi negativi.
Conclusioni: La tecnica da noi proposta rende la cistectomia radicale laparoscopica con neovescica ileale
ortotopica un intervento fattibile e riproducibile.
Tuttavia necessita di un adeguato training laparoscopico per l’équipe chirurugica. Questa tecnica sembra
combinare i vantaggi della minima invasività propri
della laparoscopia con quelli della chirurgia a cielo
aperto. Infatti risulta sorprendente la rapidità di recupero post-operatorio dei pazienti. Tuttavia pensiamo
che i risultati oncologici di tale tecnica debbano essere
attentamente valutati con uno stretto follow-up.
LITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL): UN LITOTRITORE A DOPPIA SORGENTE DI ENERGIA.
M. Spagni, A. Celia, S. De Stefani, S. Micali,
G. Bianchi
Divisione Clinicizzata e Cattedra di Urologia, Università
di Modena e Reggio Emilia, Italia
Introduzione: Il numero e la varietà di sistemi attual-
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
mente disponibili per la litotrissia endoscopica avvalorano l’ipotesi che un singolo dispositivo non possa
essere ideale in tutte le situazioni. La PCNL è il metodo di scelta per calcoli di oltre 2 cm di diametro; esistono vari sistemi di frammentazione ma nessuno di
questi può essere usato singolarmente in tutte le occasioni.
Riportiamo la combinazione di due tecniche: la litotrissia ad ultrasuoni e balistica.
Materiali e Metodi: Tre pazienti con calcolosi a stampo
dell’ampolla (due con diramazioni caliceali) sono stati
sottoposti a PCNL dopo la realizzazione di un accesso
al calice inferiore con un ago 18 Gouge e il successivo
posizionamento di una doppia guida. Il dispositivo
Nephromax (Boston Scientific Microvasive, USA) è
stato utilizzato per creare l’accesso al rene con il posizionamento di una camicia 30 Fr. Dopo l’introduzione
del nefroscopio la litiasi è stata frantumata attraverso
una sorgente ad ultrasuoni e balistica.
Risultati: Tutti i pazienti sono stati trattati con successo, è stato creato un solo accesso ed il tempo operatorio medio è stato di 1 ora. In tutti i casi sono state utilizzate i due tipi di energie, ad ultrasuoni e balistica, in
modo combinato, e dopo questo singolo trattamento
tutti i pazienti sono risultati liberi da calcoli. La frammentazione e la rimozione dei frammenti è stata semplice e non si sono verificate complicanze intra o postopertorie.
Conclusioni: La litotrissia ad energia combinata, ad
ultrasuoni e balistica, è sicura ed efficace; riduce i
tempi operatori ed incrementa il comfort dell’operatore. Inoltre l’aspirazione dei frammenti conduce il calcolo in prossimità della sonda consentendone pertanto una migliore frammentazione.
TRATTAMENTO CON HIFU DEL CARCINOMA
PROSTATICO.
A. Traficante, A. Callea, G. Crudele, B. Berardi, D.
Sblendorio, R. Piccinni, L. Cormio, V. Zizzi
U.O. Clinicizzata di Urologia, AUSL BA 4, Ospedale Di
Venere, Bari, Italia
L’HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) è una
terapia “mininvasiva” per il carcinoma della prostata, che si prefigge la termoablazione della ghiandola mediante ultrasuoni focalizzati ad alta energia
capaci di generare nel tessuto prostatico temperature di circa 95 °C. Il sistema attualmente più
impiegato per questo trattamento è l’Ablatherm,
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
prodotto dalla Edap Technomed.
Gli studi clinici disponibili hanno fornito indicazioni
sull’efficacia oncologica e sulla tollerabilità di questa
terapia nei pazienti con carcinoma della prostata clinicamente localizzato (Tl-2) e localmente avanzato (T3)
ed in quelli con recidiva locale dopo radioterapia esterna o prostatectomia radicale.
Negli ultimi 8 mesi abbiamo sottoposto a termoablazione della prostata con ultrasuoni focalizzati ad alta
energia 38 pazienti affetti da carcinoma della prostata,
non candidabili a prostatectomia radicale per età superiore a 77 anni, per alto rischio anestesiologico o per
loro espressa volontà.
L’età media era 72,7 anni (range 54-84), il valore
medio del PSA pretrattamento 11,3 ng/ml ed il
Gleason score medio 5,6; in 31 casi si trattava di neoplasie localizzate (T1-2) ed in 7 casi di tumori localmente avanzati (T3).
Tutti i pazienti sono stati studiati con ecografia
renale, vescicale e prostatica transrettale, con uroflussometria, con TAC e scintigrafia ossea solo in
caso di PSA > di 10 ng/ml ed a tutti sono stati somministrati i questionari I-PSS, QoL e IIEF 5, prima
ed a 3 mesi dal trattamento.
Prima dell’HIFU è stata eseguita un’epicistostomia di
minima ed una TURP di debulking. L’intera procedura è stata eseguita in anestesia spinale ed ha avuto una
durata media di 209 minuti. La degenza postoperatoria media è stata di 4,8 giorni e la minzione spontanea
si è ottenuta mediamente dopo 12 giorni, durante i
quali l’epicistostomia è stata mantenuta in situ.
Il follow-up medio è di 18,7 settimane, con determinazioni del PSA a 6 e 12 settimane e successivamente
ogni 3 mesi ed esecuzione di biopsia prostatica dopo
6 mesi dall’HIFU.
È stato considerato indice di successo “biochimico” un
PSA post-trattamento < 0,5 ng/ml e indice di successo
istopatologico la negativizzazione della biopsia prostatica a 6 mesi dal trattamento. Il success rate biochimico è stato 100% nei T1, 71,4% nei T2 e 50% nei T3;
il success rate istopatologico è stato 100% nei T1,
83,3% nei T2 e sempre 50% nei T3.
Gli eventi avversi registrati sono stati: UTI asintomatiche nel 21% dei casi, prostatiti nel 10,5%, orchiepididimiti nel 5,2%, ematuria e stenosi dell’uretra prostatica nel 7,8%, sclerosi del collo vescicale e dolore
emorroidario nel 2,6%. Una stress incontinence di
grado I si è osservata nel 15,7% dei casi ed una disfunzione erettile nel 66,6% dei pazienti potenti prima
del trattamento.
Riteniamo che la prostatectomia radicale costituisca il
trattamento d’elezione per la neoplasia prostatica localizzata o localmente avanzata, perché consente la
migliore sopravvivenza. L’HIFU è un’alternativa promettente, probabilmente più valida della radioterapia
conformazionale e della brachiterapia e sembra determinare una percentuale analoga di successi con un
minor rischio intraoperatorio ed un minor tasso di
complicanze.
LA TUMT AD ALTE ENERGIE NELLA TERAPIA
MINI-INVASIVA DELL’IPB IN REGIME DI DAY
SURGERY.
P. Usai, P. Pili, R. Cadoni, D. Loi, A. De Lisa
Clinica Urologica, Cagliari, Italia
Introduzione: Scopo dello studio è stato quello di valutare in termini di efficacia e sicurezza la HE-TUMT
(High Energy Transurethral Microwave Therapy) con
Prostalund-Feedback Treatment® (PLFT) nella terapia
dell’IPB sintomatica.
Materiali e Metodi: Nel periodo giugno-settembre
2002 abbiamo trattato 18 pazienti di età media
71.6 anni (92-55) affetti da IPB sintomatica “non
responder” alla terapia medica. Tutti avevano un
volume prostatico >30 ml, assenza di lobo medio
ed avevano una lunghezza dell’uretra prostatica
>35 mm. Tre pazienti erano portatori di catetere
vescicale da più di 3 mesi. L’esame urodinamico
effettuato ha confermato l’ostruzione da IPB. Tutti i
15 pazienti non portatori di catetere presentavano
un IPPS medio di 26 (22-26) ed un Qmax medio di
9.0 ml/sec (7.4-11.9). Nei pazienti con PSA elevato
(valori max 9.8) le biopsie prostatiche effettuate
hanno escluso la presenza di tumore. Abbiamo praticato un’anestesia endovescicale ed uretrale topica.
La durata media del trattamento è stata di 34’ (63’15’) con un valore medio di necrosi di 18 ml. La
potenza media utilizzata è stata di 78 Watt, sviluppando un valore medio di temperatura massima
intraprostatica di 59.4 °C. Dopo il trattamento è
stato posizionato un catetere transuretrale 18 Ch
tenuto a dimora per 15 giorni. Il paziente è stato
dimesso in giornata.
Risultati: Tutti i parametri indagati (IPSS, Bother Score,
Qmax, Residuo PM) hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo a 3 mesi di follow-up. Le
complicanze sono state: infezione non complicata delle
vie urinarie (35%), ematuria (9%), eiaculazione retrograda (18%), ritenzione risolta con cateterismo fino al
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
21° giorno (23%). Disturbi irritativi minzionali si sono
manifestati in tutti i pazienti e sono stati efficacemente
trattati con anticolinergici e FANS. Al controllo ecografico del 3° mese abbiamo documentato (70% dei
pazienti) l’imbutizzazione (tunneling) del collo vescicale e la formazione di una cavità cilindrica di necrosi
all’interno della ghiandola prostatica.
Conclusioni: La TUMT con PLFT si è dimostrata efficace e ben tollerata raggiungendo significativi miglioramenti della sintomatologia e soprattutto del flusso
urinario e del RPM. La possibilità di condurre il trattamento in anestesia locale e in regime di ricovero giornaliero rende la procedura un’ottima alternativa alle
procedure chirurgiche tradizionali per la terapia
dell’IPB. Un periodo maggiore di follow-up è necessario per esprimere giudizi più accurati ma l’esperienza
preliminare e l’alto grado di soddisfazione del paziente suggeriscono una sempre più ampia applicazione di
questa tecnica alternativa alla TURP tradizionale.
TRATTAMENTO DELLA MALATTIA DEL GPU
PLURIRECIDIVA: RISOLUZIONE CON TECNICA
PERCUTANEA.
P. Usai, P. Cirillo, E. Usai, A. De Lisa
Clinica Urologica, Cagliari, Italia
Introduzione: I risultati nel trattamento endoscopico della malattia del GPU hanno, nelle varie casistiche, una percentuale di successo che si attesta
attorno al 70%; questo sia per le tecniche retrograde, che per le tecniche anterograde di tomia percutanea. Grande importanza nel risultato hanno il
diametro dello stent applicato, ma soprattutto la
reattività dell’organismo che è un parametro non
quantificabile preoperatoriamente.
Nella nostra clinica abbiamo modificato col tempo
la tecnica chirurgica di trattamento della malattia
del GPU, passando dalla plastica chirurgica alla
tomia retrograda, e ultimamente alla tomia per via
percutanea.
Case Report: Il caso mostrato è riferito ad una paziente di 71 anni, sottoposta ad un primo trattamento di
endopielotomia retrograda sinistra che si rivelò infruttuoso per cui si procedette a pieloplastica secondo
Anderson-Hines. In seguito la paziente sviluppò una
recidiva della stenosi, quindi nel febbraio del 2002 fu
tentato un nuovo approccio retrogrado per posizionare una protesi tipo “wall stent” in “nitinol” in sede
giuntale. Tuttavia, la protesi non si dimostrò un rimedio efficace in quanto fu rapidamente riepitelizzata
50
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
all’interno dalla mucosa giuntale esuberante. Si decise
quindi di rimuovere la protesi per via percutanea. Si
procedette pertanto ad un approccio percutaneo al
calice medio del rene sinistro con Amplaz 24 Ch. La
scopia dimostrò come lo stent fosse, per una piccola
parte, incarcerato nella mucosa esuberante. Si tentò
quindi di sezionare le maglie dello stent con forbice,
ma questa manovra si rivelò difficile per la durezza
delle fibre in titanio. Si ritenne opportuno allora elettrofolgorare la base del tessuto che avvolgeva il tutore
e rimuoverlo con una minima parte di mucosa adesa.
Successivamente alla rimozione dello stent, la zona del
giunto si presentò particolarmente alterata, tanto da
non permettere il posizionamento di un tutore ureterale di calibro adeguato. Si procedette allora all’applicazione per via retrograda di uno stent ureterale a DJ
7-14 Ch aumentato di calibro fino a 18 Ch con tubo
di drenaggio in silicone. Sulla guida del tutore ureterale, si è praticata tomia a caldo della giunzione pieloureterale fino a raggiungere il grasso periureterale. La
procedura terminò con emostasi accurata del tramite
percutaneo e applicazione di drenaggio nefrostomico
polifenestrato 18 Ch.
Il controllo endoscopico a distanza di 2 mesi ha dimostrato buona riepitelizzazione della mucosa e regolare
imbutizzazione del GPU.
Conclusioni: Nei casi di fallimento del primo approccio
endoscopico o dell’approccio chirurgico, la tecnica
percutanea rappresenta una valida opzione terapeutica
con alti tassi di successo. Nella nostra esperienza l’endopielotomia percutanea, che permette un ottimo
dominio della zona del GPU, è preferita alla tecnica
retrograda.
LA TERAPIA “ORGAN-SPARING” NEI TUMORI
SUPERFICIALI UROTELIALI DELL’ALTA VIA
ESCRETRICE.
P. Usai, P. Cirillo, E. Usai, F. Campedèl, A. De Lisa
Clinica Urologica, Cagliari, Italia
Introduzione: Presentiamo la nostra esperienza nella
tecnica conservativa “organ-sparing” per la terapia dei
tumori uroteliali dell’alta via escretrice (UUTT) di
basso grado e stadio.
Materiali e Metodi: Tra il marzo 1992 e il gennaio 2002
abbiamo trattato 80 pazienti con UUTT di basso stadio
e grado (Ta, Tis, T1; G1-G2). Le indicazioni comprendevano: tumore ureterale (27 pazienti), tumori della
pelvi e dei calici (34 pazienti), tumori bilaterali (5
pazienti) e tumore in rene unico (5 pazienti). La valu-
Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
tazione pre-operatoria includeva: urografia, TAC
addome-pelvi, citologia. I tumori dell’uretere e i quelli localizzati nella pelvi e nel calice superiore di diametro < 2 cm sono stati trattati con tecnica retrograda e
ureteroscopi flessibili o rigidi. Tumori più grandi nella
pelvi o nei calici sono stati trattati con tecnica percutanea (12 pazienti). La tecnica percutanea è stata condotta con la tecnica di dilatazione “one-shot” e
Amplatz da 18 o 24 Fr. Altri strumenti ed accessori
usati sono stati: elettrodi “Bugbee”, Laser HolmiumYAG, Dormia, pinza da biopsia. Il follow-up è stato
effettuato con endoscopia della vescica e dell’alta via
(“panendoscopia” PE), urografia, citologia urinaria,
TAC addome/pelvi.
Risultati: Il follow-up medio è stato di 40 mesi. L’esame
istologico ha evidenziato: pTa, G1-G2 (31 pazienti);
pT1G2 (15 pazienti); pTx, G1-G2 (12 pazienti)
pT1/CIS, G2 (1 paziente); pTxGx (15 pazienti).
Abbiamo esaminato le complicanze riferite ad un totale di 320 procedure (terapeutiche e di follow-up): 6
casi di stenosi ureterali; 7 perforazioni ureterali; 28
pazienti con ematuria sono stati trattati con diuretici e
infusione di liquidi; un paziente dopo emorragia
importante è stato trattato con elettrocoagulazione
endoscopica; un ematoma perirenale (terapia conservativa). Il tempo medio di recidiva è stato di 12.6 mesi
(40% di recidive nella tecnica retrograda, 22% nella
percutanea). La recidiva è stata più spesso di basso
grado e stadio (pTxG1-G2=23%) e superficiale (pTa
G1-G2 = 51%). Nel 26% dei pazienti non è stato chiarito grado e stadio (frammento raccolto esiguo). Un
paziente ha sviluppato una recidiva invasiva (T2) ed è
stato trattato con nefroureterectomia. La sopravvivenza tumore-specifica è del 100% (novembre 2002).
Conclusioni: Il trattamento conservativo deve essere
utilizzato sempre nei tumori di basso stadio e grado.
L’ottimale selezione dei pazienti è fondamentale assieme all’esecuzione di un rigoroso programma di followup che deve includere necessariamente una PE della
via urinaria.
ENDOPIELOTOMIA RETROGRADA URETEROSCOPICA CON LASER AD OLMIO: INDICAZIONI e RISULTATI.
V. Zizzi, L. Cormio, G. Crudele, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, A. Callea, A. Traficante
AUSL BA 4, Ospedale Di Venere, U.O. Clinicizzata di
Urologia, Bari, Italia
Scopo di questo studio è stato valutare efficacia, tolle-
rabilità e risultati della endopielotomia retrograda ureteroscopica con laser ad olmio nel trattamento della
stenosi del giunto.
Da febbraio 2000 a dicembre 2002 sono giunti alla
nostra osservazione 18 pazienti con stenosi del giunto;
la valutazione pre-operatoria prevedeva l’urografia con
eventuale test diuretico, la scintigrafia renale sequenziale con eventuale test diuretico e l’ecocolor Doppler
renale. Otto pazienti con sospetto di vaso anomalo
all’ecocolor Doppler sono stati trattati con pieloplastica
a cielo aperto secondo Anderson-Hynes, mentre 10
sono stati trattati mediante incisione laser endoscopica
retrograda. L’endopielotomia è stata realizzata utilizzando un ureteroscopio rigido 8 Fr Storz, un laser ad
olmio di 15 Watt di potenza e fibre laser di 550 micron
di diametro.
Dopo ureteropielografia e posizionamento di due fili
guida, di cui uno di sicurezza, si inseriva l’ureteroscopio e si procedeva a incisione sul versante laterale, utilizzando un’energia di 0.8-1.2 J. Il risultato veniva
valutato visivamente e radiologicamente (stravaso del
mezzo di contrasto).
In tutti i pazienti è stato posizionato uno stent doppio-J da rimuovere dopo 6 settimane, ed un catetere
vescicale da rimuovere dopo 48 ore. In due casi
abbiamo ritenuto utile posizionare 2 stent doppio-J
paralleli anziché uno solo con l’intento di valutare se
tale modalità potesse favorire la rigenerazione della
via escretrice incisa in maniera più ampia. La durata
media della procedura è stata di 52’ (25’-115’), mentre la degenza media di 4,2 giorni (4-5 giorni). Non
è stata registrata alcuna complicanza intra e postoperatoria e nessun paziente ha richiesto analgesici.
Il risultato è stato valutato mediante urografia e scintigrafia renale a tre mesi e un anno, nonché controlli ecografici semestrali. Il follow-up medio è stato di
23 mesi (5-35 mesi). Il risultato è stato soddisfacente in 8/10 pazienti; un fallimento si è verificato in un
caso in cui era stata trattata contestualmente una calcolosi renale, mentre un altro fallimento si è verificato in un caso in cui vi era un vaso anomalo non diagnosticato all’ecocolor Doppler, ma rilevato durante
il successivo intervento di plastica a cielo aperto
secondo Anderson-Hynes. In entrambi i casi la pieloplastica non ha presentato problemi particolari.
L’endopielotomia laser retrograda rappresenta una tecnica chirurgica mini-invasiva e ben tollerata dai pazienti. La nefrolitiasi associata e la presenza di vaso anomalo controindicano questa scelta terapeutica, che tuttavia non preclude in alcun modo un ritrattamento in
chirurgia open.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
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Abstracts 3° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DI NEOPLASIA
UROTELIALE IN MONCONE DI URETERE RESIDUO A NEFROURETERECTOMIA.
V. Zizzi, A. Callea, M. Barberini, B. Berardi,
D. Sblendorio, R. Piccinni, L. Cormio, A. Traficante
Unità Operativa Clinicizzata di Urologia, Ospedale Di
Venere, Bari-Carbonara, Italia
Il trattamento di elezione delle neoplasie uroteliali
dell’alta via urinaria resta tuttoggi la nefroureterectomia con asportazione dell’intero uretere fino al suo
sbocco in vescica. Casi ben selezionati (neoplasie
papillari con piccola base di impianto e basso grado
patologico) possono essere trattati con successo con
le moderne metodiche endourologiche retrograde,
mentre meno frequente è il ricorso a tecniche endoscopiche percutanee o all’asportazione a cielo aperto
del tratto di via urinaria alta interessata. In caso di
chirurgia conservativa, comunque, un attento ed
assiduo follow-up delle alte vie urinarie residue è
assolutamente necessario.
Si riporta il caso di una donna di 80 anni giunta alla
nostra osservazione in urgenza per macroematuria ed
insufficienza renale (creatininemia 3.2). All’anamnesi
la paziente riferiva di essere stata sottoposta due anni
prima in altra sede a nefroureterectomia destra per
neoplasia uroteliale ed a ripetute TURBT di recidive
Direttore Responsabile
Pietro Cazzola
Direzione Marketing
Armando Mazzù
Registrazione
Tribunale di Milano n.289 del 21/05/2001
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
vescicali riscontrate ai successivi controlli cistoscopici trimestrali. L’ecografia del rene sinistro risultava
nella norma, mentre l’ecografia vescicale metteva in
evidenza una voluminosa neoformazione della parete vescicale anteriore. La paziente veniva sottoposta a
TURBT della formazione descritta; nel corso della
procedura si evidenziava la presenza del meato ureterale destro e la fuoriuscita dallo stesso di frange
papillari, materiale necrotico e sangue. Incannulato il
meato destro con cateterino ureterale 3 Ch, si procedeva ad ureteroscopia che metteva in evidenza un
moncone ureterale di circa 10 cm interessato “a
manicotto” da neoplasia papillare. Quindi, con un
resettore 26 Ch si eseguiva una resezione della neoplasia ureterale e, al termine, si posizionava, oltre al
catetere vescicale, un catetere ureterale con palloncino lungo 6 cm per garantire una migliore emostasi
del moncone ureterale resecato. Purtroppo la paziente decedeva in quarta giornata postoperatoria per
arresto cardiocircolatorio.
Il caso riportato ribadisce la necessità di asportazione
dell’intero uretere fino al suo sbocco in vescica in
corso di nefroureterectomia. Quando ciò non avviene, per qualsiasi motivo, un attento ed assiduo follow-up del moncone residuo con ureteroscopie
periodiche è indispensabile per evitare di trovarsi di
fronte a situazioni limite quale quella descritta.
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