Sindrome da overlap epatite cronica C/epatite autoimmune: realtà o

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Sindrome da overlap epatite cronica C/epatite autoimmune: realtà o
Editoriale
Vol. 96, N. 1, Gennaio 2005
Sindrome da overlap
epatite cronica C/epatite autoimmune:
realtà o fantasia?
Salvatore Antonaci, Gianluigi Giannelli, Barbara Simone, Francesco Saverio Vella
Riassunto. La presenza di autoanticorpi non organo-specifici in pazienti con epatite cronica C determina un rilevante problema classificativo per il fondamentale ruolo rivestito dagli autoanticorpi nella diagnosi di epatite autoimmune. Nella maggioranza dei casi
l’assenza di caratteristiche addizionali peculiari dell’epatite autoimmune identifica la cosiddetta sindrome da overlap “falsa” fra epatite autoimmune ed epatite cronica C, mentre in un esiguo numero di casi è possibile porre diagnosi di sindrome da overlap “vera”.
La terapia di scelta nella sindrome da overlap “falsa” rimane costituita da interferone più
ribavirina, come già codificato per l’epatite cronica C. L’uso dei corticosteroidi deve essere invece limitato ai casi di overlap “vera”, nei quali una opzione innovativa può essere
rappresentata dalla associazione interferone/corticosteroide.
Parole chiave. Autoanticorpi, epatite autoimmune, epatite cronica C, interferone, ribavirina, sindrome da overlap.
Summary. Chronic hepatitis C/autoimmune hepatitis overlap syndrome: fact or fancy?
Non-organ specific autoantibodies are common in patients with chronic hepatitis C,
making differential diagnosis difficult between viral, autoimmune forms and hepatitis
C/autoimmune hepatitis overlap syndrome. The lack of additional criteria of autoimmunity in most patients leads to the definition of a “false” hepatitis C-autoimmune hepatitis overlap syndrome, while the “true” overlap syndrome occurs in a very few number of
subjects. In patients with “false” overlap syndrome the first choice therapy is based on the
administration of interferon plus ribavirin. On the contrary, first-line therapy with corticosteroids should be restricted to the “true” hepatitis overlap syndrome with the new
therapeutic option of interferon/corticosteroid association.
Key words. Autoantibodies, autoimmune hepatitis, chronic hepatitis C, interferon, overlap
syndrome, ribavirin.
La descrizione della comparsa in giovani donne
di quadri clinici caratterizzati da ittero, amenorrea
ed ipergammaglobulinemia costituisce storicamente la prima individuazione di forme di epatopatie
correlate a fenomeni autoimmuni 1. Un inquadramento nosografico più moderno di epatite cronica a
patogenesi autoimmunitaria risale al 1956 ad opera di Mackay che, sulla base del riscontro di cellule
LE generalmente associate al lupus eritematoso sistemico (LES), introdusse la definizione di epatite
“lupoide” 2. La successiva messa in evidenza degli
anticorpi anti-nucleo (ANA) e la associazione di tali autoanticorpi con l’epatite “lupoide” ha favorito la
attuale denominazione di epatite autoimmune
(AIH). Peraltro, la caratterizzazione degli anticorpi
anti- muscolo liscio (SMA) nel 1965 e degli anticorpi anti-microsomi di fegato e rene (anti-LKM) nel
1973 ha permesso la distinzione fra epatite autoimmune di tipo 1 (ANA+, SMA+) e di tipo 2 (anti-
LKM+) 3. Infine, l’identificazione nel 1987 dell’anticorpo anti-antigene epatico solubile (SLA) ha consentito la definizione dell’epatite autoimmune di tipo 3, mentre solo più recentemente è stata confermata l’esistenza di un’epatite autoimmune senza
autoanticorpi 4. Alcuni pazienti presentano caratteristiche di sovrapposizione fra AIH ed epatopatie
autoimmuni ad impronta colestatica, i.e. cirrosi biliare primitiva (PBC) e colangite sclerosante primitiva (PBS), e vengono pertanto inquadrati come affetti da sindromi da overlap nell’ambito delle epatopatie autoimmuni. Le ipotesi relative al
significato di queste ultime forme comprendono la
possibilità di una reale sovrapposizione di distinte
patologie (figura 1A), l’esistenza di forme con caratteristiche intermedie (figura 1B), o infine esprimono la difficoltà legata alla mancanza di criteri diagnostici utili ad identificare differenze sfumate nell’ambito di entità già note (figura 1C).
Sezione di Medicina Interna, Dipartimento di Clinica Medica, Immunologia e Malattie Infettive, Università, Bari.
Pervenuto il 17 settembre 2004.
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 1, 2005
Figura 1. Ipotesi interpretative della sindrome da overlap fra le epatopatie autoimmuni.
Fin dalle prime osservazioni, le caratteristiche peculiari dell’epatite autoimmune sono state
rappresentate dall’associazione di dati demografici (prevalenza del sesso femminile, giovane età,
familiarità per malattie autoimmuni), clinici (frequente sintomaticità, malattia sistemica, coesistenza di altre patologie autoimmuni), di laboratorio (presenza di autoanticorpi, ipergammaglobulinemia policlonale pur in assenza di cirrosi,
elevata attività citolitica, associazione con particolari fenotipi HLA), istologici, di evoluzione (rara in HCC), di risposta favorevole alla terapia
corticosteroidea, piuttosto che costituire una
espressione clinica monomorfa. Proprio la presenza di queste caratteristiche, in assenza di
marcatori del virus dell’epatite B (HBV) e/o di altre cause note di epatopatia, ha permesso di distinguere fino all’inizio degli anni ’90, l’epatite
autoimmune dalle epatiti virali o tossiche, alle
quali in un certo senso si contrapponeva. Dalle
certezze della definizione è derivata la messa a
punto di criteri di diagnosi semplificati, basati
esclusivamente sulla positività autoanticorpale e
sull’assenza di altre cause note di epatopatia (criteri minimi di diagnosi).
La distinzione fra forme autoimmuni e virali è
stata tuttavia resa problematica dall’allestimento di test per la ricerca di anticorpi anti-virus dell’epatite C (HCV). In popolazioni mediterranee, le
epatiti croniche definite autoimmuni sono risultate positive per anticorpi anti-HCV in percentuali intorno al 50% in soggetti ANA/SMA positivi, e prossime al 90% in pazienti anti-LKM positivi. Gli stessi dati sono riportati in casistiche di
epatopatie HCV-correlate che risultano positive
per autoanticorpi complessivamente nel 30% dei
casi, con una più bassa incidenza nel caso degli
anti-LKM presenti in non più del 5% dei casi.
Questa associazione numericamente rilevante ha
posto alcune problematiche di interpretazione.
Da un lato, ha suggerito una possibile eziologia dell’epatite autoimmune, più volte ritenuta
secondaria ad una infezione virale; dall’altro, ha
enfatizzato la possibilità che una parte di pazienti con epatite virale C fosse erroneamente diagnosticata come autoimmune. Naturalmente i fenomeni immunitari sui quali è stata focalizzata
l’attenzione sono costituiti dalla presenza di autoanticorpi (ANA, SMA, LKM), data l’importanza
diagnostica assunta da questi ultimi nell’epatite
autoimmune.
Alla luce di tali dati, l’associazione di infezione da HCV e autoimmunità può configurare le seguenti possibilità: 1. Epatite autoimmune nella
quale gli anticorpi anti-HCV costituiscono una
falsa positività sierologica, realizzando quindi
una falsa associazione virus/autoimmunità; 2.
Epifenomeno della malattia virale che in sostanza non acquisisce nuove caratteristiche cliniche;
3. Nuova entità clinica caratterizzata dall’overlap
reale fra eziologia virale e connotazioni cliniche
autoimmunitarie.
Una tale eterogeneità diagnostica riveste un
notevole impatto nella pratica quotidiana, nella
quale il medico deve formulare la diagnosi (autoimmune?, virale?, sindrome da overlap?) e prescrivere la terapia più appropriata.
Un corretto inquadramento si dimostra cruciale per la scelta terapeutica spesso antitetica,
nel senso che se da un lato un antivirale-immunomodulante come l’interferone (IFN) può determinare il peggioramento di una forma autoimmune, dall’altro un immunosoppressore può favorire la fase viremica di una malattia virale. La
conseguenza di un dilemma tanto insidioso è stata quella di aver influenzato negativamente per
molti anni le capacità decisionali sino all’esclusione di questi pazienti da qualsiasi protocollo terapeutico.
La metodologia utilizzata per superare le problematiche connesse alla significatività clinica
della presenza degli autoanticorpi in soggetti anti-HCV+ è consistita inizialmente nel verificare
la reale positività per infezione da HCV mediante test di conferma sierologici (RIBA) e diretti
(PCR). I risultati hanno permesso di dimostrare
una falsa positività degli anticorpi anti-HCV solo in pochi pazienti, prevalentemente nord-europei, confermando quindi una possibile sovrapposizione. Di conseguenza, si è resa necessaria una
rivalutazione critica e retrospettiva allo scopo di
identificare gli elementi addizionali caratteristici delle forme di epatite cronica C ad impronta
autoimmune. A questo riguardo, i dati ottenuti
in numerose casistiche concordano ormai ampiamente sul fatto che, nei soggetti con infezione cronica da HCV, la presenza di autoanticorpi
non determina generalmente un profilo clinico
di tipo autoimmune e non influenza la risposta
terapeutica all’interferone, rappresentando semplicemente un epifenomeno della malattia virale 5-10 .
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Tuttavia, in un ristretto numero di casi sono
emerse caratteristiche cliniche e biochimiche di
tipo autoimmunitario 11-13, così come pattern di risposta di tipo autoimmune (sotto forma di esacerbazioni epatocitolitiche in corso di terapia interferonica) 9,12-14, che hanno reso suggestiva l’ipotesi dell’esistenza della sindrome da overlap
epatite cronica C/epatite autoimmune. In realtà,
riacutizzazioni epatocitolitiche in corso di terapia interferonica sono state osservate in pazienti
apparentemente inquadrabili nella sindrome da
overlap epatite cronica C/epatite autoimmune,
ma va sottolineato come il flare-up potrebbe essere stimolato dall’IFN per sé, piuttosto che rappresentare la manifestazione di un background
autoimmunitario. Peraltro, l’assenza di autoanticorpi prima del trattamento nella maggior parte
dei pazienti e la bassa prevalenza complessiva
dell’ipertransaminasemia rispetto al numero di
pazienti con autoanticorpi trattati con IFN suggeriscono che la coesistenza di meccanismi autoimmuni e virali sia un evento meno probabile
della induzione di un disordine autoimmunitario
diretto contro il tessuto epatico stimolato dallo
stesso IFN in pazienti con diatesi autoimmune
non specifica (in modo del tutto sovrapponibile a
quanto si verifica per le tiroiditi).
Figura 2. Quadri clinici correlati alla associazione infezione da HCV/fenomeni autoimmunitari.
La componente autoimmunitaria dell’epatite
da HCV in soggetti con autoanticorpi può essere
d’altra parte individuata mediante l’applicazione
dei criteri proposti dalla International Autoimmune Hepatitis Group (IAHG) nello scoring
system diagnostico per l’epatite autoimmune, che
si prefigge come primo obiettivo quello di definire
alcuni criteri differenziali fra epatite C ed epatite
autoimmune 15. Tuttavia, un limite nell’applicazione dello scoring system è quello di non offrire
una elevata specificità complessiva, dal momento
che soggetti anti-HCV positivi con caratteristiche
autoimmuni possono essere classificati come “AIH
probabile” in una percentuale variabile dall’8 al
33%, rispetto ad una percentuale pari al 3% estrapolabile dai lavori che non utilizzano questo metodo 13. Un’alternativa è rappresentata dalla utilizzazione di criteri addizionali di autoimmunità,
sebbene non inseriti dall’IAHG, come la coesistenza di ANA e SMA, titoli autoanticorpali elevati (≥ 1:320), alcune subspecificità (ANA omogeneo, SMA anti-actina e/o la loro associazione) e la
presenza di altre malattie autoimmuni nello stesso paziente 16. Mediante un simile approccio, sono
state identificate tre distinte entità (figura 2): a)
la prima rappresentata dalla falsa positività sierologica per anti-HCV in soggetti con epatite autoimmune, più semplicemente individuabile ma
meno comune; b) la seconda in cui gli autoanticorpi costituiscono un epifenomeno della malattia
virale: la più frequente e identificabile con i criteri sopra esposti; c) la terza forma, costituita dalla
overlap reale fra eziologia virale e patogenesi autoimmunitaria, che si presenta in un numero esiguo di casi e pone i maggiori problemi in termini
di diagnosi e terapia.
In relazione a tale eterogeneità clinica, Czaja 17
ha proposto di suddividere i soggetti con epatite
cronica HCV+ ed autoanticorpi in “autoimmune
predominant” e “viral predominant” sulla base dei
criteri addizionali di autoimmunità, presupponendo pertanto la coesistenza di due differenti meccanismi patogenetici.
È verosimilmente più corretto identificare una
“vera” ed una “falsa” sindrome da overlap epatite
cronica C/epatite autoimmune, in contrasto peraltro con definizioni che continuano a considerare la
sindrome da overlap come entità omogenea caratterizzata dalla componente patogenetica autoimmunitaria 18 o che utilizzano la denominazione di
“autoantibody-associated chronic hepatitis” in conseguenza della mancata conoscenza del meccanismo patogenetico 19.
Questa suddivisione dimostra la sua validità
soprattutto in rapporto alla capacità predittiva
della risposta a differenti protocolli terapeutici. I
pazienti con “falsa” sindrome rispondono infatti favorevolmente alla terapia interferonica o alla associazione IFN + ribavirina. Per contro, i pazienti
con “vera” sindrome da overlap sono gli unici responsivi alla terapia corticosteroidea 13, che comunque non si dimostra ottimale, in quanto non
determina eradicazione dell’HCV ed anzi è a volte
responsabile di incremento della viremia. Inoltre,
nella “vera” sindrome da overlap la terapia interferonica può esacerbare la componente autoimmunitaria ed è quindi controindicata.
Con riferimento alle opzioni terapeutiche nei
soggetti con overlap “vera” o “falsa”, è necessario
sfatare alcuni luoghi comuni.
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Non esiste una reale evidenza che, in pazienti
con epatite cronica C e autoanticorpi non ulteriormente selezionati, i corticosteroidi possano essere
considerati più sicuri dell’IFN; è stato documentato persino un peggioramento dell’epatite in casi che
non soddisfano i criteri addizionali di autoimmunità 20. Inoltre, la risposta alla terapia corticosteroidea non può essere utilizzata come criterio ex-iuvantibus per il riconoscimento della componente
patogenetica autoimmune. La precoce risposta alla
terapia corticosteroidea può esaurirsi durante il regime di mantenimento e non è specifica delle forme
con componente patogenetica autoimmunitaria dal
momento che è stata dimostrata anche in soggetti
con epatite cronica C senza autoanticorpi 21.
Una allettante prospettiva terapeutica è offerta dalla possibile utilizzazione nella overlap
“vera” di una terapia di associazione IFN/corticosteroide, analogamente a quanto codificato
nelle vasculiti virus-correlate 22. Tanto più che,
nell’ambito dell’infezione da HCV, l’overlap virale/autoimmune si ripropone nelle manifestazioni
extraepatiche autoimmunitarie sia direttamente
dipendenti dall’HCV che in relazione all’uso di
IFN. Nel complesso delle diverse espressioni dell’overlap, potrebbe essere pertanto proposta una
tale associazione terapeutica che, nella nostra
esperienza 23, è risultata un’utile opzione.
In conclusione:
1. La “vera” sindrome da overlap epatite cronica C/epatite autoimmune è da considerare
una evenienza eccezionale, ma probabilmente
sottostimata.
2. I criteri addizionali di autoimmunità forniscono un ausilio nella definizione di questa
entità e nella scelta terapeutica.
3. Nei pazienti con “falsa” sindrome da overlap epatite cronica C/epatite autoimmune la terapia di prima scelta è rappresentata dall’IFN
in associazione alla ribavirina.
4. I flare-up epatocitolitici indotti da IFN non
sono in stretto rapporto con la “vera” sindrome
da overlap epatite cronica C/epatite autoimmune”, ma costituiscono un evento eccezionale ed
imprevedibile.
5. La terapia di prima scelta con corticosteroidi deve essere limitata alla “vera” overlap.
Brevi trial di trattamento con corticosteroidi
non dovrebbero essere utilizzati come criterio
ex-iuvantibus.
6. Nei pazienti con epatite cronica C e componente autoimmune (epatica e/o extraepatica,
causale o casuale) non sono stati ancora formulati protocolli terapeutici sicuri ed efficaci. Nella nostra esperienza l’associazione IFN/corticosteroide ha comportato una risposta favorevole.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Salvatore Antonaci
Policlinico Universitario
Dipartimento di Clinica Medica, Immunologia
e Malattie Infettive
Clinica Medica Cesare Frugoni
70124 Bari
E-mail: [email protected]
31
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