L`imperfezione dell`uomo - Romanzi e racconti gratuiti di ogni tipo. I

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L`imperfezione dell`uomo - Romanzi e racconti gratuiti di ogni tipo. I
L’imperfezione dell’uomo
di Emanuele Coscia
Romanzo
1
I sincerely thank you, Kaily McRay , for giving me to use his splendid photos that I
liked immediately.
2
Alle donne.
3
Primo chilometro di coda
Erano partiti per un viaggio di lavoro che avrebbe dovuto
durare solamente due ore. Direzione Perugia. Sull’autostrada
la coda era talmente lunga da dargli il tempo per parlare di
qualunque argomento.
Lorenzo sedeva sul lato passeggeri e fissava la Ferrari che
portava dentro di sé una coppia che spesso si lanciava in baci
molto lunghi. Aveva preso la decisione di non rivolgere il suo
sguardo verso Tommaso che, seduto alla guida, aveva
l’espressione di un ectoplasma stitico.
La radio trasmise il bollettino del traffico. Poi Simon&
Garfunkel con “The sound of Silence” ruppe la magia del
silenzio che era sceso dopo gli aggiornamenti delle notizie.
Lorenzo prese a parlare della coppia dinanzi a loro come
scusa per parlare di Tommaso
Spero non vogliano iniziare a spingersi oltre >> disse
vedendo le mani di lui che si insinuavano nel vestito di lei <<
altrimenti dovrò scendere e prenderli a badilate sulla
schiena.>>
<<
Tommaso non mosse un muscolo ma replicò
<<
Preferisco la Lamborghini! >>
E questo che significa? >> domandò Lorenzo fissando il
volto dell’amico che non distoglieva lo sguardo dalla targa
della Ferrari.
<<
<<
Nulla. >> rispose Tommaso sollevando le spalle a conferma.
Sai? Da quel giorno ti ho visto sempre più distratto. Non è
che farai andar a monte l’affare? >>
<<
Sono io che ho procurato il cliente o tu? Sono io che ha
fissato l’appuntamento o tu? Sono io che … >>
<<
4
<< Non
prendere d’acido. Non sono lei! >>
Tommaso si voltò di scatto. Aveva la sensazione di essere in
un mondo parallelo dove Asimov avrebbe di sicuro tirato fuori
una storia fantastica. Amava Asimov come amava ogni cosa
che lui definiva “bella”.
Le donne erano la sua passione ma lui non era la passione
perle donne. Aveva trovato ristoro mentale quando “lei” gli
disse che avrebbe potuto amarlo, che poteva funzionare. Poi
disse
<<
Ho voglia di una sigaretta! >>
<<
Hai smesso da anni. Pensi di ricominciare? >>
Lorenzo sapeva che quello della sigaretta era il primo passo
per l’autolesionismo. Aveva passato diverse giornate ad
ascoltare l’amico che si lamentava della sua vita, della sua
salute, del destino che lo aveva sempre ingannato. La frase
preferita di Tommaso era ‘La Sfiga è l’unica donna senza
bende che vuol fare l’amore con me’ e ci credeva sino al
midollo.
Ho solo voglia di una sigaretta. Sembra che staremo qui
ancora per molto. >>
<<
<<
A che ora è l’appuntamento? >>
<<
Domani alle undici del mattino. >>
Lorenzo aprì la bocca emettendo il fiato lentamente. Sapeva
dei problemi psicologici e fisiologici dell’amico ma non
credeva che avrebbero ricominciato a torturarlo come nel
passato. Ricordava ancora i tempi dell’università quando
Tommaso era in facoltà già alle sette del mattino mentre
l’esame era solo ore dopo nel pomeriggio.
Controllava la presenza del bagno. Andava a comprare la
carta igienica e qualche bottiglietta d’acqua. Poi faceva la
verifica delle penne, delle batterie della calcolatrice, del
quantitativo di carta. Poi usciva e si fumava un paio di
sigarette. Prendeva una pasticca di xanax e poi
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ricominciava il controllo del materiale.
Non voleva sentir parlare anima viva. Il primo esame,
chimica, lo aveva superato solo alla terza volta. La prima si
trovò in corridoio insieme alle persone che si interrogavano a
vicenda. Lui iniziò a rispondere alle domande delle persone
presenti in corridoio dinanzi all’aula dell’esame e si ritrovò
svuotato davanti al professore. Aveva una teoria in proposito
e questa rimase immutata in lui nel tempo.
Tale venne esposta a Lorenzo e Marco, un altro collega di
studi e un amico nel tempo. In essa Tommaso sosteneva che
il cervello possiede due zone di cui una per le informazioni
utili e una per quelle inutili.
<< Le domande di chimica sono mantenute sino a che non ti
interrogano. Poi liberi la mente per lasciar spazio ad altre
materie, così come avviene con la memoria del computer
suddivisa in fissa, mobile e temporanea. Le informazioni inutili
sono nella temporanea. Le utili ma non vitali sono nella
mobile e le vitali sono nella fissa. >>
Marco domandò, un giorno d’autunno dopo l’esame di
elettronica I
Perché mai allora ricordo solo il primo bacio e qualche
particolare sul vestito della mia ragazza ma non la data o
non ho la fotografia completa di lei, di noi, del luogo e dei
discorsi? >>
<<
Tommaso guardò la lavagna vuota e iniziò a scrivere un
concetto tanto profondo quanto orribile che venne in seguito
sintetizzato da Emanuele, un altro del gruppo di studi ma era
considerato come l’amico che inviti alle feste solo per far
numero. Questi disse
<< Ricordi
solo ciò che ami ricordare. >>
La sintesi si riferiva al fatto che la prima ragazza, anche se
importante, non era quella giusta perciò non ricordavi tutto
ma solo una parte … solo quella che ti faceva piacere.
Lorenzo riprese a guardar la coppia che sembrava più eccitata
6
di prima.
<<
Hai ancora problemi? >>
<< Quali? >> domandò
Tommaso volendo glissare sul discorso.
Lorenzo non andò oltre. Sapeva tutto di Tommaso. Erano
amici dal primo giorno dell’università. Aveva vissuto il suo
tentato suicidio, i problemi agli esami con gli attacchi di
panico uniti a incontinenza fecale, i problemi a socializzare
con l’altro sesso, i problemi familiari e così via.
Un giorno Tommaso non si presentò all’esame che avevano
preparato insieme. Alla fine dello scritto Marco, Emanuele e
Lorenzo si ritrovarono a mangiare un boccone sui gradini che
conducevano alla facoltà di ingegneria. La discussione cadde
su Tommaso e tutti convennero quanto fosse difficile vivere
per il loro amico. Eppure era sempre pronto a fare pazzie e a
dire cose argute in mezzo a una marea di follie.
Ebbe lo spirito di aprire il “club degli sfigati” dove per
entrare dovevi come minimo dimostrare di aver ricevuto un
certo numero di bastonate dalla vita.
Lui ne era presidente, ovviamente, e in facoltà solo pochi
ebbero la fantasia di affacciarsi in quell’aula adibita alle
assemblee studentesche dove, per la maggior parte del
tempo, si parlava di politica e solo nei giorni ‘sfigati’ era
aperto al club.
Dopo tre anni di approdo a San Pietro in Vincoli, con molti
esami ancora da fare, si ritrovò nel club solo due persone.
Disse loro, con quel tono di serena rassegnazione per via
della carenza di interesse e per il tempo perso che gli aveva
dedicato
Come vedete siamo sfigati oltre il limite. Anche la sfiga ci
evita per paura di incorrere in qualche anatema. Perciò
dobbiamo chiudere questo club. Sfigati del mondo unitevi e
scioperate. Oggi è giorno di lutto poiché la sede delle vostre
opportunità viene chiusa. >>
<<
Il racconto divenne leggenda quando l’ultimo arrivato nel
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club ebbe un incidente in moto proprio nel giorno in cui si
doveva presentare per discutere la tesi.
Arrivò in forte ritardo e con qualche acciacco. Si presentò
con la media del diciotto, ottenuta a fatica poiché voleva
raggiungere l’obiettivo di prendere il minimo storico, impresa
quasi stoica, ma così facendo avrebbe vinto una scommessa
fatta all’inizio del percorso universitario.
Alle domande della commissione, che aveva acconsentito a
farlo discutere solo dopo aver verificato lo stato della moto,
che era palesemente distrutta, lui non rispose seguendo ciò
che era scritto nella tesi. Lo guardarono e guardarono il
professore che aveva malauguratamente deciso di affidargli
la tesi su un argomento che, tra le altre cose, era semplice.
E venne la domanda che portò alla leggenda
<<
Ma lei sa ciò che ha scritto nella tesi?
>>
Il ragazzo non rispose ma prese il cellulare e chiamò un
numero. La commissione rimase basita e attese. Pochi
istante e l’aula intera ebbe modo d’assistere ad un evento
epocale.
Ciao! Si! Sono io. Sto qui. Senti … non è che per caso
potresti venir qui ad aiutarmi a rispondere? ... Cosa? …
Perché la dovevo anche leggere? >>
<<
La voce di Marco entrò nella sala e ruppe il gelo che si era
venuto a formare
<<
Questa non è sfiga. Questa è idiozia.
>>
Tommaso si voltò a guardalo e chiese a bassa voce
<<
Che ti prende? >>
Marco ormai aveva le lacrime agli occhi da quanto stava
ridendo adenti stretti e urlò
’Mbecille. Così ti fai bocciare. Almeno potevi chiedere un
riassunto. >>
<<
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La commissione annuì a quelle parole. Il presidente della
commissione, un docente che aveva la brutta abitudine di
promuovere solo uno su cento e solo uomini, disse
Ora che lei ha perso la scommessa con gli amici … >>
informazione nota sin dal suo decimo esame << non crederà
mica che si potrà presentare nuovamente davanti a questa
commissione con un’altra tesi? >>
<<
I
ricordi
universitari
erano
sempre
oggetto
di
conversazione, specialmente durante i lunghi momenti di
assenza di argomenti. Portavano a ridere entrambi e spesso
distraevano sul contemporaneo precipitandoli in un passato
che oramai era stato vissuto.
Quella volta però l’argomento “lei” era nell’aria e nulla
avrebbe potuto rimandarlo, neanche l’esame di bioingegneria
o quello di analisi funzionale.
Tommaso evitava l’argomento poiché aveva procurato danni
anche ad altre amicizie.
Tutto divenne strano dal giorno in cui lui decise di lasciare lei.
Gli amici si divisero nell’atteggiamento. Chi diceva ‘Te lo
avevo detto! ’, chi lo sosteneva e chi non disse nulla e non si
azzardò neanche a fare nulla.
Lorenzo era l’unico che aveva sempre tentato di approfondire
l’argomento. Era convinto che capendo tutta la situazione
avrebbe potuto aiutare l’amico. Era l’unico che aveva sempre
detto ciò che pensava anche quando sapeva di ferire uno dei
suoi migliori amici.
Tommaso non poté sopportare la canzone ‘Alta marea’ di
Antonello Venditti che era andata in radio. Era la loro
canzone. Gli ricordava quel che era accaduto anche perché
rappresentava la sua storia. Spense e ribadì il concetto
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Ho proprio voglia di una fottutissima sigaretta. Quasi
quasi scendo e chiedo a quel demente che traq ualche ora
avrà reso gravida la sua compagna di viaggio, prima che
me li vedo copulare dalla mia postazione. >>
<<
Lascia stare.
andata a finire.
<<
>>
disse Lorenzo intuendo come sarebbe
<<
Catroia. Non dovevo smettere di fumare. >>
<<
Perché lo hai fatto?
<<
Per far smettere … >>
>>
Entrambi rimasero in silenzio ad ascoltare qualche sporadico
clacson che veniva azionato dalla testa dei guidatori esausti
già per quelle due ore di ritardo. Il motore era spento da
tempo e i finestrini abbassati per far entrare l’aria fresca del
primo pomeriggio autunnale.
Lorenzo prese una bottiglietta d’acqua e iniziò a bere. A
metà bottiglietta iniziò ad usarla come strumento musicale.
Tommaso rimase a guardare in lontananza
<<
Mi manca.
>>
Lorenzo smise. Tutto il mondo cessò le proprie attività. Era
un momento storico. Tommaso aveva appena riconosciuto
quanto gli amici veri già sapevano e dicevano.
Vacca ladra! >> esclamò Lorenzo incredulo << Spero non
mi dirai anche che l’ami ancora? Specialmente dopo che … >>
<<
Tommaso non era molto alto. Aveva una gobba dovuta ai
dolori che sentiva al fianco destro, sotto le costole. La
pancia era prodotta dalla gobba ma soprattutto dalla
disfunzione alimentare prodotta da stress e dalla carenza di
regolarità nella vita.
Dormiva poco e male. Si svegliava con problemi di
circolazione alle braccia e spesso con la sensazione di esser
tato in apnea per lunghi periodi. Mangiava di tutto e
difficilmente sentiva la sazietà. Si definiva brutto e non
aveva mai preteso di poter conquistare una ragazza.
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Per le sue innumerevoli malattie alcuni amici medici
avevano sperato che avrebbe accettato l’offerta di farsi
vedere da loro. Aveva la possibilità di scavalcare le file, di
arrivare ai centri di ricerca diagnostica più prestigiosi.
Eppure non aveva la voglia di mettersi nelle mani della
medicina.
<< Deve essere proprio una ragazza straordinaria, anche se
stronza. >>
Non è stronza.
… sbagliato. >>
<<
>>
disse ferito e aggiunse
<<
Sono io quello
Come sempre lui la difendeva. Aveva sempre agito così.
Ogni volta che qualcuno parlava male di lei riceveva la sua
occhiata che diceva ‘Ti seppellisco vivo’ insieme al suo
diniego sull’affermazioni della controparte.
Se ne è andata e non è tornata per anni. Hai continuato a
messaggiare con lei. Hai continuato a dirle che l’amavi. Ad
aiutarla nei momenti di difficoltà. Ti sei dedicato a lei e lei …
non ha fatto il minimo sforzo per tornare. >>
<<
<<
>>
Non è sempre bianco ciò che è bianco e nero ciò che è nero.
Che razza di ragionamento. Sai benissimo che chiunque
avrebbe detto ‘Fanculo’ già dopo il primo anno. Quante scuse
ha messo per non venire? >>
<<
Lo sai! Te l’ho detto confidandomi con te. Ha tanti
problemi che non posso sapere. È forte e straordinaria. Io
sono quello debole. È stato meglio così. Lei ora può cercarsi
un uomo vero, migliore di me. Può trovare serenità mentre io
che le ho dato? >>
<<
<<
Tutto. >>
Lorenzo non voleva continuare. Sapeva bene che Tommaso
non voleva vedere o che vedeva solo quello che serviva al
suo animo in quel momento.
Ricordava benissimo quando una ragazza all’università volle
allargare le amicizie e coinvolse anche lui. Eppure Tommaso
volle vedere in quel gesto una sorta di corteggiamento e
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quando lei si mise con un amico comune, lui disse una frase
talmente fuori luogo che provocò la rabbia di Lorenzo.
Erano seduti al tavolino di un bar. Tre ragazzi e quattro
ragazze. Tutte fidanzate. Arrivò Tommaso dopo aver
frequentato il corso di controlli automatici. Vide il gruppo e
vide lei con le braccia intorno a lui. Disse con una voce atona
e quasi addormentato
<<
>>
Lo sapete che l’incidenza dei tumori al seno è aumentata?
Rimasero tutti a bocca aperta e la reazione rimase sul
placato ad eccezione di Lorenzo che si alzò e disse con voce
alta
Sappiamo che sei un coglione. Se non ti rendi conto di
questo vatti a fare un clistere di camomilla. >>
Da quel momento Tommaso capì che l’unico di cui poteva
fidarsi era Lorenzo. Capace di correggere gli errori senza
elaborare piani o strategie. Sapeva colpire e lo faceva con
tutta l’onestà che un vero amico avrebbe dovuto avere.
<<
Era con lui che riusciva a confidarsi e a sentirsi dire quello
che doveva essere giusto. Lorenzo non aveva peli sulla
lingua quando si trattava di amici. Chi non lo conosceva
pensava fosse un tipo arrogante.
Spesso le sue osservazioni erano taglienti e spesso
ferivano. Ma gli amici apprezzavano quel suo modo di vivere
l’amicizia proprio perché riuscivano a meditare su sé stessi e
a porre rimedio ai loro sbagli o imperfezioni.
Lorenzo diceva sempre tutto direttamente senza filtri e
senza mezze parole. O lo apprezzavi o lo avresti voluto
vedere in una colonna di cemento armato con la sua testa
che continuava a perdere capelli, la sua altezza che non ti
faceva pesare ma si sentiva, il suo fisico atletico e la sua
capacità di divorare un cinghiale intero e non ingrassare
neanche di un etto.
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La Ferrari
Scese dall’auto lasciando lo sportello aperto. Lorenzo non
disse nulla e sperò di non vedere il suo amico andare a
disturbare la coppia che continuava a mostrare il proprio
amore con effusioni generose, ma sapeva che non poteva
avere questo miracolo.
Tommaso spostò la testa a destra e a sinistra facendo
scrocchiare il collo. Aveva un problema alla cervicale che gli
induceva spesso il mal di testa. I nervi del collo si tendevano
spesso e quel gesto, con quel rumore fastidioso, aiutava ad
allentare la tensione.
Tommaso iniziò ad avviarsi verso la Ferrari mentre Lorenzo
inizio ad imprecare in tutte le lingue del mondo, anche quelle
antiche ormai morte.
Scusate! >> disse senza alcuna difficoltà
una sigaretta? >>
<<
<<
Potreste darmi
L’uomo al volante si voltò lentamente. La ragazza guardò
Tommaso dalla testa ai piedi storcendo le labbra. L’uomo
tolse la mano dal seno destro della ragazza e lentamente
disse
<<
Non fumiamo. >>
<< Neanche
<<
un sigaro? Una pipa? >>
Ho detto non fumiamo. Sparisci! >>
Fosse facile sparire. Dovrei far un torto a quei froci dei
mafiosi. Magari potrei chiedergli un prestito e … >>
<<
Lorenzo capì che l’ironia dell’amico aveva l’effetto delle
zanzare quando è due notti che non si riesce a chiudere
occhio e ci si è appena addormentati. Scese dall’auto e
raggiunse l’amico. << Scusatelo! È sotto stress. >>
Tommaso ebbe un guizzo negli occhi e Lorenzo capì che
avrebbe dovuto procurarsi un’arma impropria per difendere
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l’amico. Tommaso disse in tono divertito
<< Secondo
te capiscono cosa è lo stress? >>
Prima che aggiungesse alto l’uomo al volante della Ferrari
scese. Era alto. Muscoloso. Pelle che aveva visto il sole e con
un tatuaggio che partiva dal collo sul lato sinistro e scendeva
nascondendosi nella camicia viola. Avrebbe potuto essere un
drago che sputava il fuoco ma non era dato a sapersi.
Lorenzo si avvicinò alla ragazza per chiederle aiuto ma
quello fu interpretato come un gesto ostile. L’uomo passò
lamano sulla testa pelata e diede un pugno a Tommaso che
non ebbe il tempo e il modo di schivarlo. La ragazza scese
mostrando che non era proprio una ragazza. Vestitino giallo
canarino senza reggiseno e con i capezzoli induriti
dall’eccitamento delle attenzioni prestategli sino a quel
momento. Ma anche altro era eccitato.
Lorenzo rimase stordito e lei lo colpì in mezzo alle gambe.
Cadde a terra mentre Tommaso ebbe l’illuminazione del suo
genio unico. Iniziò a colpire la Ferrari.
Prese a calci la parte dietro rigando la fiancata sinistra
posteriore. Ricevette un altro pugno sull’occhio sinistro
mentre il labbro destro iniziava a sanguinare. Tommaso
continuò a prendersela con la Ferrari. Non avrebbe mai
potuto aver la meglio sull’avversario se non colpendolo nel
suo bene più prezioso. Al secondo calcio si ruppe la freccia e
quello attirò l’attenzione della compagna che era rimasta a
guardare incredula.
Lorenzo era ancora a terra e pregò di non dover assistere ad
altro.
Le preghiere vennero esaudite. La ragazza si avventò sulle
spalle di Tommaso tirandogli i capelli. L’uomo non colpì
ulteriormente e si concentrò sui danni. Lorenzo iniziò a
riprendersi e vide lamano di Tommaso stringersi tra le gambe
della ragazza. L’urlo stava per provocare una reazione da
parte del compagno quando un paio di persone ebbero modo
di intervenire in quella zuffa.
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La gente rimase in auto, anche perché ci fu un breve
movimento della fila in avanti. I due uomini iniziarono a
parlare pacatamente con Tommaso e con l’autista della
Ferrari. Sembrò tutto finito ma Lorenzo conosceva l’amico.
Con le mani in mezzo alle gambe si avviò verso il
gruppetto. Prese il braccio di Tommaso e lo guidò sino
all’autovettura ferma in mezzo all’autostrada. Si girò e disse
ad alta voce alle persone presenti
<< Scusatelo.
Ha avuto un brutto periodo. Anche se non è una
giustificazione. Vi chiedo scusa. Ecco il mio numero. >>
Si avvicinò loro e gli consegnò il biglietto da visita ai presenti
aggiungendo
<< Per
qualsiasi danno pagherò personalmente. Perdonatelo se
potete. >>
Non attese risposta. Entrò in auto e chiuse lo sportello
bloccandolo.
I due rimasero a contemplare la coppia che analizzava la
Ferrari e i danni subiti. Videro i due uomini allontanarsi, dopo
aver scambiato qualche frase. La coppia si rimise in auto e
lei prese il numero della loro targa. Mentre scendeva il
silenzio un bip irruppe nell’abitacolo.
<< Cazzo! >> esclamò
Lorenzo.
Si! Cazzo. >> disse Tommaso che ebbe modo di vedere il
suo palmare e il segnale che c’era qualcosa di nuovo su
instagram. Vide la faccia di Marco in mezzo a due asiatiche e
la scritta era chiara “Mi sto divertendo”.
<<
I due risero come matti e la coppia davanti si voltò a
guardarli attraverso il parabrezza della utilitaria. La fila ebbe
modo di avanzare e la Ferrari si spostò nella corsia a
scorrimento veloce.
<< Si! >> esclamò
Tommaso << Aveva il cazzo! >>
Biondo tinta. Seno rifatto, ovviamente. Un bastone tra le
gambe in mezzo a due palline. >>
<<
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Catroia. Se lo venisse a sapere Marco ci coglionerebbe sino
alla fine dei tempi.>>
<<
<< Vedrai
<< Merda!
che qualche genio ci ha già messo su youtube.
>>
Guarda … >>
Lorenzo prese il palmare e vide la foto di Marco mentre
baciava una delle due asiatiche. Questa volta nessuna
scritta solo il commento di Emanuele “Lasciale il polmone!”
Rimasero inebetiti e divertiti. Le auto avanzarono ancora
mentre loro rimasero fermi creando una certa distanza di
sicurezza con la Ferrari.
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Taggato
Lorenzo prese il suo portatile e lo collegò all’accendisigari
dell’auto mediante un cavo made in Taiwan. Attaccò la penna
usb e si collegò alla rete per vedere se su youtube c’era già il
video.
Mentre scorreva la ricerca vide un’icona che segnalava
l’arrivo di una email. L’oggetto era “Sei fottuto” e nel corpo
c’era un link ad un social network.
Sulla pagina a seguire c’era un bradipo con la faccia di
Tommaso e tra le gambe il pene di un neonato. Sulla foto un
tag che indicava il nome e cognome. Il mittente aveva
usato un nick per nascondersi.
Lorenzo chiuse gli occhi e prese a respirare a fatica.
Tommaso, dal canto suo, stava ancora cercando di capire se
avesse tutti i denti.
Mi spiace.
l’amico.
<<
>>
disse Lorenzo rigirando il portatile verso
Tommaso guardò la foto e divertito si collegò, mediante il
palmare, al sito con i suoi dati.
Iniziò a scrivere qualcosa e poco dopo Lorenzo dovette
scendere per urinare per quanto non riusciva a smettere di
ridere. Il commento era
“Grazie per aver voluto esagerare le dimensioni del mio
uccello, vanto e orgoglio della mia vita.”
A seguire in molti aggiunsero faccine e commenti ma l’arguto
Tommaso postò un’immagine di un mitocondrio e taggandosi
aggiunse il commento “In realtà il mio è la metà del suo”.
In pochi capirono la battuta e Lorenzo era tra questi. Dovette
quindi allontanarsi dall’auto attraversando la corsia lenta
dell’autostrada e scavalcare il cavalcavia per svuotare la
vescica.
Sul sito si scatenarono una serie di post nel vano tentativo di
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superare quello in intelligenza e in ilarità, ma era palese
quanta distanza vi fosse tra Tommaso e loro.
L’utilitaria si accostò fermandosi sulla corsia di emergenza e
anche Tommaso scese per svuotare la vescica.
Girandosi verso l’amico disse
<< Ho
avuto successo con un argomento del cazzo. >>
Lorenzo adorava quei momenti. Sapeva che da vecchio
avrebbe raccontato ai nipotini le avventure dei due. Che
avrebbe arricchito la storia con quelle frasi dette senza
pensarci troppo sopra.
Entrambi sembrarono soddisfatti di essersi liberati e
risalirono in auto. La fila era ancora lì. Il traffico sembrava
dover continuare per ore.
Il sole iniziò a calare lentamente e dal telefonino di
entrambi apparirono le chiamate di diverse persone. La
madre di Tommaso chiamò anche Lorenzo per sapere cosa
stesse accadendo. Aveva sentito alla televisione del traffico
infernale su quel tratto di autostrada.
Marco aveva mandato un mms dove si vedeva mentre
agitava la lingua nella bocca dell’asiatica. Emanuele mandò
un messaggio di auguri, in ritardo, per il compleanno della
figlia di Lorenzo. Entrambi ricevettero messaggi di avviso per
un video postato su internet.
Accesero nuovamente l’automobile e attaccarono il portatile.
Su youtube c’era la scena ripresa con un videofonino di
quella breve lotta.
Tommaso pianse. Non era il tipo. Quando morì il padre
dovette mantenere la calma e non versò lacrime. Dinanzi a
quel video pianse. Lorenzo non capì ma poi riconobbe un nick
e rimase a lungo in silenzio.
Il commento era in Rumeno e il nick era del fratello di lei, di
quella lei che aveva sconvolto la sua vita. Non sapeva cosa
dicesse ma era sicuro che avrebbe esaltato la stupidità del
momento.
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Il fratello era un tipo robusto dal sorriso dolce. Eppure non
era apprezzato da Tommaso, anche se non lo aveva mai
conosciuto. Il motivo era nelle litigate fatte con la sua lei.
Aveva detto più volte che in famiglia non erano entusiasti per
quel loro rapporto e che molte falsità erano state dette
proprio da quel fratello che lei, giurandolo, aveva smesso di
chiamare tale.
Il motivo era, secondo Tommaso, egoismo. La sua lei era
una tuttofare in famiglia. Aveva la responsabilità dei
genitori anziani, della casa e di tutti i problemi che avevano
in Romania. Era lei che inviava i soldi e lui voleva che lei si
concentrasse solo sulla famiglia e non su quel rapporto con
uno straniero.
Spesso Tommaso ebbe l’impulso di chiamarla e di chiarire le
cose. Però temeva.
Aveva paura che lei potesse risentirsi di quello sfogo.
Temeva che avrebbe scelto la famiglia di origine a lui.
Temeva tante cose. La distanza non aiutava. Non poteva
dirle quello che pensava.
Inoltre poteva anche sbagliare. In fondo non si conoscevano.
Eppure lei disse almeno due volte che il fratello aveva
messo i bastoni tra le ruote nel loro rapporto. Parlava di
Tommaso come se lo avesse visto o conosciuto. I suoi
genitori tendevano a credergli, più per proteggerla che
peraltro.
Tommaso non aveva altra scelta che attendere. Aspettare
l’incontro che avrebbe cambiato la loro relazione. Lui a casa
dei suoi genitori. Ma tutto cambiò quando decise di lasciarla.
Tommaso disse all’improvviso
youporn! >>
<<
Peccato non sia finito su
Lorenzo non disse nulla. Chiuse il portatile e si mise
comodo abbassando il sedile. Sapeva che quel nick aveva
interferito e non poco.
Lo conosceva poiché era anche su facebook. Non aveva
messo il suo nome e cognome. Si trincerava dietro
l’anonimato ma oro sapevano che era lui. Eppure non
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potevano far nulla.
Per capire le sue intenzioni gli concessero l’amicizia su
facebook, di farsi seguire su instagram e quindi su ogni altro
social presente in rete.
Spesso andavano alla ricerca delle sue informazioni. Sempre
scarse. Era solito ripostare ciò che era stato messo online da
altri. Video e foto non erano mai sue. Eppure loro, durante le
serate di birra e pizza, analizzarono la psicologia di quei post
e di quanto poteva celarsi dietro a quel ‘non individuo’ visto
che era semplicemente un nick.
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“Tutti al mare!”
Le automobili avanzavano di metri. Il sole era ormai sparito
e i monti all’orizzonte non potevano essere distinti dal cielo.
L’autoradio parlava di un incidente avvenuto ventidue
chilometri più avanti. Un camion si era ribaltato ed il
materiale inquinante aveva invaso la carreggiata.
I veicoli coinvolti erano una trentina e vi erano anche dei
morti. Il traffico era dovuto alla difficoltà dei soccorsi
provocata dai vapori del liquido trasportato dal camion.
Alcune automobili presero fuoco e le ruote produssero un
fumo nero che impediva agli elicotteri di agire nella zona
dell’incidente.
La situazione era disastrosa ma la gente non smetteva di
sperare. Il movimento delle auto era dovuto a qualche
mezzo che riusciva a superare il punto dell’incidente. La
radio trasmetteva bollettini ogni cinque minuti e questo non
faceva che arrecare stress agli automobilisti.
Tommaso cambiò canale e si fermò dove vi era della musica.
‘November rain’ dei Guns N’ Roses riuscì a farlo viaggiare
con la mente. Ricordò il corso di chitarra dove incontrò una
ragazza che gli sembrò da subito bella e perlaquale imparò a
suonare alcuni pezzi dei Guns solo per compiacerla.
Aveva sempre agito così. Voleva essere il cavaliere sul
cavallo bianco che era sempre gentile e che accontentava
tutte le richieste delle ragazze.
Sapeva di non piacere ma pensava che con la generosità e
con la galanteria avrebbe conquistato qualcuna prima o poi.
Lorenzo ebbe fortuna. Trovò la compagna della vita durante
il percorso universitario. Lei era una studentessa di filosofia
e solo per puro caso si trovarono nella biblioteca di
ingegneria del triennio.
Lorenzo ripeteva spesso
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È assurdo quanto l’errore possa portare alla gioia.
Quell’idiota del professore sbaglio testo di riferimento
affidando alla classe un libro del professore di teoria delle
comunicazioni. Lei ci mise molto a trovarmi ma io l’avevo
trovata subito. L’aiutai a cercare il libro ma quando seppi del
suo percorso universitario l’accompagnai perle biblioteche di
Roma. L’avrei accompagnata ovunque. >>
La loro storia ebbe subito un ottimo avvio. Piacque agli amici
e Tommaso non poté che dire da subito << Io! >>
<<
I presenti non capirono mentre Lorenzo scoppiò in una risata.
La sua lei, Giada, li prese per idioti ma lui le parlò
all’orecchio facendola arrossire ed anche “innamorare”
dell’amico.
La loro relazione portò a due bambini e Tommaso ebbe
l’onore di fare da padrino al maschio, oltre che da testimone
alle nozze.
Mentre i fari delle automobili illuminavano il nulla la radio
aggiornò Tommaso sull’incidente. Lorenzo aveva iniziato a
dormire e non si accorse del nervosismo dell’amico. La fame
era alle porte e quel bollettino portò solo ad altro
nervosismo. Abbassato il finestrino entrò un’aria fresca. Il
sonno iniziò a farsi sentire e per non addormentarsi Tommaso
decise di canticchiare.
La canzone che gli venne in mente fu quella cantata da
Gabriella Ferri, ‘Tutti al mare.’
Iniziò fischiettando e poi, in un crescendo, iniziò cantando ad
alta voce. Lorenzo si sveglio innervosito da quella novità.
Stava sognando Giada mentre gli diceva di aspettare il loro
primo bambino.
<< Che
ti prende? >> chiese assonnato.
Tommaso riprese a fischiettare il motivetto e poi, dopo un
paio di strofe, riuscì a rispondere << Ho sonno e fame. Sono
nervoso e hanno detto che staremo qui ancora per ore. >>
20
<< Porca vacca sderenata. Potevi almeno cantare qualcosa di
moderno. O magari potevi solo svegliarmi e chiedermi il
cambio. >>
Tommaso alzò le spalle e disse
<< Continua
a dormire. >>
Lorenzo mandò diversi accidenti all’amico e si rese conto che
erano le dieci di sera guardando l’orologio sul suo telefono.
<< Accosta! >>
<< Ancora?
E che hai lì? >>
Non devo pisciare. Devo prendere da mangiare o vuoi fare
la dieta? >>
<< Ambrogio!?!?! >> disse con tono che voleva esser
femminile << Nun c’ho fame ma se me porti ‘napajata, ‘na
carbonara, du’ costolette d’abbacchio scottadito
… bhe! nun te manno affanculo. >>
<<
Lorenzo scosse la testa e si sgranchì dopo esser sceso. Nel
portabagagli aveva messo un portapranzo, di quelli che si
vedevano solo nei film americani in bianco e nero. Era stato
deriso dall’amico ma Lorenzo sapeva che non avrebbe dovuto
dargli soddisfazione e lo ignorò semplicemente.
Passò verso il lato conducente e diede il cambio a
Tommaso. Presero due tramezzini e un panino con salsiccia
e due foglie di lattuga. L’acqua era in bottiglie e si trovava
dietro ai loro sedili.
Mangiarono e mentre Lorenzo voleva il silenzio, Tommaso
canticchiava ancora quella canzone. Passarono alcuni minuti
ed anche Lorenzo si mise a canticchiarla. Poi si ritrovarono
a cantare a perdifiato senza temere il giudizio dei vicini
d’auto.
Ci mancava ‘I Watussi’ di Edoardo Vianello e il quadretto era
completo. I vicini sorridevano stanchi e qualcuno di loro
invidiava quella spensieratezza.
Il cibo venne consumato tra una strofa ed un’altra ed
entrambi riuscirono a distenderei nervi. L’acqua era tiepida
e non andava giù ben volentieri.
20
Dalla macchina alla destra una donna al volante iniziò ad
agitare la mano sinistra per attirare l’attenzione. Tommaso
abbassò il finestrino e lei chiese
<< Avete
un’altra bottiglietta d’acqua? >>
Si! >> rispose con un sorriso Tommaso
e non vanno giù molto bene. >>
<<
<<
Ma sono tiepide
Lorenzo notò l’atteggiamento perennemente galante di
Tommaso. Sapeva che non era per fare la corte alle donne,
così come spesso veniva frainteso, e che il suo era solo un
voler rispettare l’altro sesso trattandolo così come secondo
lui conveniva, o meglio secondo quanto visto nei vecchi
classici in bianco e nero con gli uomini alti vestiti eleganti
che si alzavano all’arrivo di una donna, baciavano le mani o
facevano gesti da gentiluomini.
La donna disse
È per i miei due piccoli. Sono assetati e anche tiepida
potrebbe calmare la loro agitazione. >>
Tommaso prese un paio di bottigliette e le allungò alla donna
sorridendole. Lei ringraziò e diede da bere ai due bambini
che, come prevedibile, si lamentarono perché non era fresca.
<<
Tommaso scese d’improvviso stordendo Lorenzo. Si mise a
parlare con la vicina come se stesse su una di quelle strade
di paese dove tutti conoscono tutti. Lorenzo rimase senza
parole e guardò i fari delle auto che li seguiva con lo
specchietto retrovisore. Tommaso risalì pochi minuti dopo e
riprese a guardare la strada senza dire nulla.
Lorenzo voleva sapere se aveva ottenuto qualche
informazione utile, come il numero di telefono o il piatto
preferito. Le auto iniziarono a muoversi e la fila centrale,
quella da loro occupata, sembrava stranamente la più lenta.
Lorenzo non domandò nulla. Sapeva che Tommaso era
sempre stato discreto a modo suo.
20
E se invece
Grazie al lento procedere delle auto Lorenzo riuscì a
formulare pensieri anche sul lavoro che avrebbero dovuto
affrontare. L’incontro con quell’imprenditore
avrebbe
cambiato la loro vita? Avrebbero ottenuto un incarico e
avrebbero dato nuovo lustro allo studio di ingegneria?
Lorenzo sperava di poter avere una nuova opportunità. La
famiglia contava anche su di lui. Giada lavorava in farmacia,
dopo aver faticosamente preso la seconda laurea in
farmacologia, e portava a casa i suoi mille e duecento, mille e
cinquecento euro al mese, visto che la farmacia non era sua.
Lorenzo aveva costituito una società con Tommaso e con
Marco. Avevano uno studio di ingegneria che si occupava di
progettazione e di consulenza, ma la crisi aveva messo in
ginocchio anche loro.
Guadagnavano sui progetti ma tra le tasse, l’assicurazione,
i corsi di aggiornamento e tutto il resto, riusciva a portare a
casa quasi ottocento euro al mese durante tutto l’anno. Alle
volte portava tremila euro alle volte nulla.
I momenti belli, quelli dopo l’università, erano passati.
Allora si guadagnava spesso e bene. Fu allora che decise di
avere figli.
Pensava spesso a quanti sacrifici avrebbero dovuto fare per
mandare i figli a scuola, per vestirli, mandarli in piscina.
Sicuramente non avrebbero potuto permettersi di mandarli
all’ università.
Lorenzo non vide che Tommaso lo stava fissando. Era
talmente concentrato sulla sua vita che il volto appena
sveglio dell’amico gli apparve come in un classico film
horror.
Ho deciso! >> disse Tommaso con la voce di chi ha appena
mangiato un cachi acerbo << Andiamo da lei! >>
<<
<<
Cosa? >>
25
Continueremo per la nostra strada e andremo da lei.
Sono solo duemila chilometri. Che vuoi che sia? >>
<<
Neanche un tossico lasciato in una farmacia incustodita e
dopo averla svuotata in vena ragionerebbe così. >>
Tommaso bevve e sputò l’acqua dal finestrino. Guardò l’amico
e disse
<<
Andiamo da lei. È la dimostrazione che l’amo ancora. Lei
dovrà quindi decidere cosa vuol fare. Cosa vuol farne di me.
<<
>>
Amico ma stai bene? A parte la distanza … il problema è il
lavoro e il nostro appuntamento. Lo sai benissimo che non
abbiamo abbastanza soldi per questa pazzia. In più sai bene
che siamo in una situazione critica. Senza questo cliente
forse dobbiamo chiudere. >>
<<
<< Togli
anche il forse. >>
<< Appunto.
Non ti rendi conto che … >>
Lorenzo non terminò la frase. Vide Tommaso e capì che non
avrebbe mai potuto fargli cambiare l’idea.
La mente di Lorenzo iniziò ad elaborare i vari scenari. Il
peggiore era quello di arrivare a destinazione e di trovarla
nelle braccia di un altro.
Altri contemplavano incidenti per strada con assenza di
denaro per porvi rimedio. Anche una foratura avrebbe
causato problemi.
Tommaso prese quel cellulare.
Sorprese Lorenzo che nel vedere quel telefono ebbe un nodo
in gola. Lo usava solo per lei. Con quello messaggiarono a
lungo e su quello vi era la memoria storica dei tremila e
oltre messaggi.
Tommaso prese a leggere quei botta e risposta avuti con gli
ultimi messaggi che si erano consumati negli ultimi mesi.
Le cose precipitarono quando lui iniziò a non aver più fiducia
in lei. Troppe cose non tornavano. Troppe sembravano bugie.
26
Eppure lui diceva sempre che
<<
>>
Sembrava solamente. Avevo la sensazione non la certezza.
I messaggi erano accatastati come pagine di un racconto.
Lui diceva che l’amava. Lei rispondeva che lo amava. Lui
chiedeva come stesse. Lei diceva bene e chiedeva di lui. Poi
un messaggio scritto da Tommaso che destabilizzò il
rapporto
<< No!
Non voglio sentirti. >>
Era Natale e lei non era con lui. Era lontana e lui era
malinconico. Odiava le feste e rimaneva sempre in casa con
la madre. Vedersi da solo con la madre mentre la donna che
amava non era con lui lo rese nervoso.
Lei voleva sentirlo ma lui temeva di rompere il rapporto o di
dire qualcosa di sbagliato. Invece non rispose alla sua
chiamata e scrisse di non volerla sentire.
Cosa è successo? Stai male?
messaggi .
<<
<< Sai
>>
continuò allora con i
che odio le feste. Non sono in vena. Ti amo.
>>
Le lacrime iniziarono ascendere lentamente. Lei scrisse
solamente
<< Va
bene. Come vuoi. >>
Quel messaggio aprì la prima cicatrice che si infettò a causa
della distanza o dei mille pensieri che affollavano la testa di
Tommaso. In entrambi i casi quello fu il punto nel quale lui
esaminò la relazione e gli eventi vissuti insieme a lei.
Capodanno passò senza messaggi così l’epifania. Poi un nuovo
messaggio secco
<< Come stai? >>.
Tommaso rispose come se nulla fosse accaduto anche se
sapeva che si era venuta a generare una frattura
<< Sto
bene. Tu? Sai che ti amo?
27
>>
Lo diceva per dirlo a sé stesso? Lo ripeteva per non
dimenticarlo?
I messaggi ripresero con il solito tono romantico e pieno di
parole quali “amore”, “futuro” e così via.
Arrivato al messaggio più duro chiuse lo schermo e guardò
altrove. L’automobile si mosse di pochi centimetri, come se
qualcuno volesse dirgli di andare avanti. Lui guardava il buio
interrotto da qualche faro di automobile che veniva
distaccata da quella davanti.
Riaccese il display e lesse
<< …
forse è meglio lasciarsi. >>
Era la prima volta che lo scriveva e sapeva di averlo scritto
per rabbia e non per convinzione.
Si domandava se avesse mai amato lei. Si domandava se
voleva stare con lei per non vivere da solo o per paura che
avendo avviato quel rapporto doveva prendersene la
responsabilità e portarlo sino in fondo.
Lei rispose a tono e lui riprese il rapporto con una serie di
messaggi dove spiegava la rabbia, la delusione del lavoro, i
problemi di salute, della famiglia ed evitò di parlarle con tutta
l’onestà che le aveva promesso prima che lei partisse.
Non poteva parlarle dei suoi dubbi con gli sms. Non poteva
dirle che il medico temeva per un tumore alla prostata. Non
poteva raccontargli dei problemi di pressione e di altri
problemi che lei già non conoscesse.
Era ingrassato vistosamente e aveva messo in conto di
dimagrire per il suo arrivo. Voleva arrivare al peso forma e
avrebbe avuto quattro mesi per dimagrire. Avrebbe fatto
diete rigide e anche digiuni prolungati ma lo stress e
l’incomprensione con lei lo portarono ad ingrassare.
Le notti insonni divennero una quotidianità tanto che la
pennichella divenne il suo secondo sonno.
I messaggi ripresero in forma d’amore.
28
Aveva ottenuto tempo. L’aveva convinta e si era convinto
che quello che stavano passando era colpa degli eventi e
non vi era nulla tra loro.
Eppure temeva che lei potesse capire e leggere tra le righe
in ogni suo nuovo messaggio. Temeva che sentisse i suoi
dubbi. Che sapesse leggere anche oltre i testi e così si mostrò
attento a non lasciare messaggi che dessero la possibilità di
una seconda lettura. Ogni parola era riletta prima dell’invio.
Arrivò poi un messaggio che aveva definitivamente messo
una chiusura nel loro rapporto. Lei aveva problemi che
stava affrontando e lui lo sapeva.
Tuttavia lei lo escluse. Prese la decisione di rinviare di un
mese la sua vacanza, nella quale avrebbero finalmente
potuto passare del tempo insieme. Decise di chiudere la sua
attività ai primi di settembre per poi partire e stare con lui.
Disse anche che non poteva permettersi un mese ma solo
una settimana o dieci giorni.
Lui rimase a bocca aperta e rispose subito perle rime
cercando di fargli capire che era arrabbiato e deluso.
Avrebbe venduto l’anima per lei e avrebbe, o meglio fece
pazzie per lei.
Però non si aspettava di essere escluso da quella decisione.
Era una stupidaggine perché un mese era nulla dinanzi ai tre
anni vissuti separati. Un rapporto a distanza che era durato
e che per lui poteva essere interpretato unicamente come
segno che i sentimenti dovevano essere sinceri.
Lei non l’aveva chiamato per discutere e per decidere come
ogni coppia avrebbe sicuramente fatto.
Settembre prevedibilmente sarebbe stato un mese difficile
per lui. Il lavoro al primo posto. Ciò lo avrebbe portato a non
averla al cento per cento. Avrebbe dovuto concentrarsi e,
conoscendosi, avrebbe avuto difficoltà poiché la desiderava
e quando lei era in Italia lui non dava il cento percento,
aspettando sempre di poterla incontrare per stare con lei,
fosse stato anche solo per cinque minuti.
29
Perciò si sfogò con una serie di messaggi che l’accusavano.
Diceva che lei non lo amava. O meglio che l’amava solo per
quel che aveva fatto ma non per quello che era. Chiedeva
scusa per la sua incapacità di creare una base solida per la
famiglia. Per aver permesso che partisse gettando tutte le
responsabilità sulle sue spalle.
Disse anche che una coppia era tale se c’era condivisione.
Confermò la sua rabbia per non aver chiamato. Aggiunse
che era deluso da lei e che, molto probabilmente, sarebbe
stato meglio che lei trovasse un altro lì.
Lei non rispose subito.
Passò un giorno e poi ci fu un’accesa discussione con gli sms.
In essi si poteva leggere rabbia e frustrazione. Eppure
entrambi non vedevano ciò che era doloroso nel partner.
Non leggevano il profondo desiderio sessuale che avevano
l’uno per l’altra.
Erano messaggi pieni di violenza ma al tempo stesso erano
messaggi che esprimevano amore.
Lui le diceva di volerla lasciare perché era meglio per lei. Lei
che non voleva farlo soffrire e che quel suo atteggiamento
era mal posto.
Poi due ultimi messaggi in memoria che non ottennero
risposta. Con quelli lui ebbe l’intenzione di chiudere la
relazione e iniziavano così
Ti amo e ti ho amato. Forse è meglio lasciarsi. Credo che
tu non voglia me. Ti capisco … non mi voglio neanche io … >>
<<
30
Stalking cybernetico
Lorenzo guardò il buio dinanzi a loro. La fila si muoveva con
la prima inserita. Le notizie sembravano incoraggianti. I vigili
del fuoco erano riusciti ad isolare l’area e la strada era libera
su una carreggiata.
Lorenzo aveva gli occhi appesantiti per quel buio interrotto
dagli stop di una Ford blue notte che li precedeva.
Dammi il cambio.
bruciavano.
<<
>>
disse infine con gli occhi che gli
Tommaso scese e senza timore passò davanti. Guardò la
corsia sinistr ae in un lampo aprì lo sportello ed entrò veloce
come se non avesse quella pancia che lo rendeva goffo.
Lorenzo aveva scavalcato l’asta della marcia e si era già
accomodato con il portatile attaccato all’accendi sigari
<<
Partiamo? >>
Tommaso ebbe un attimo di esitazione. Anche i suoi occhi
erano stanchi. Aveva letto i messaggi sul display e con quella
sola luce li aveva sforzati.
L’auto riprese lenta la sua marcia verso la meta, quella che
li conduceva da lei. Dalla donna che avrebbe cambiato il
modo di vedere il mondo di Tommaso. Quel luogo a loro
sconosciuto poiché lontano.
Tommaso sapeva che avrebbero avuto problemi con i soldi
ma aveva voglia di lei. Aveva voglia di stringerla al petto.
Di piangere e di parlare con la donna che amava.
<< Bestia
di un cane rabbioso! >>
Lorenzo era intento a leggere un twitt di una sua conoscenza.
<< Che
<<
c’è ora?
>>
Leggi! >>
Tommaso si voltò ma immediatamente capì che non poteva
31
distrarsi.
In un lampo gli stop della Ford si accesero e il suo occhio
sinistro fece in tempo ad inviare i messaggi al cervello. Frenò
di colpo e per un miracolo non tamponarono e non vennero
tamponati.
<< Leggi
<< Il
<<
tu!
>>
nostro caro imprenditore è stato arrestato. >>
Cosa? >>
Lo ha detto l’Ansa in un twitt riportato da un mio amico.
Sembra che abbia evaso il fisco e … aspetta >> scorrendo un
altro messaggio << abbia anche violato altre varie norme. >>
<<
<< Cane
<< Per
<<
di un cane.
>>
fortuna ancora non siamo arrivati. >>
Ti ho detto che andiamo dritti sino da lei.
<< Si!
>>
Scusa. Sono … stordito. >>
Il silenzio scese nell’abitacolo. La radio era accesa ma il
ronzio diceva solo che erano in una zona poco coperta da
quell’emittente su quella frequenza. Lorenzo spense del tutto
e mise fine al suo personale senso di sbandamento chiudendo
il portatile.
<< Mah! >> aggiunse
senza voler effettivamente continuare la
conversazione. Per lui era giusta quella pausa.
<< Certo
che a quest’ora…
<< Cosa? >>
finestrino.
>>
domandò con poco entusiasmo guardando fuori del
Le luci erano fioche e i vicini erano stanchi quanto loro. Il
guidatore alla sua destra aveva il mento appoggiato sul
volante. La luce accesa nell’abitacolo rendeva il suo volto
ancor più stanco di quanto non fosse.
<< Certo
<< Su!
che … pensavo … >>
Già so che stai per dire una delle tue … >>
32
Immagino che sia un buon lavoro quello del “social
networkatore”. >>
<<
<< E
che sarebbe? >>
Penso che … >> continuò Tommaso imperterrito senza
badare all’amico che intanto si strofinava gli occhi << Meglio
chiamarlo “twittatore” o meglio … uhm
… vediamo … >>
<<
Pensò ad un nome adatto mentre Lorenzo era rimasto in
silenzio a cercare di penetrare le tenebre mentre luci
piccolissime attraversavano le sue pupille come degli
spermatozoi ubriachi in cerca di un ingresso nell’ovulo.
<< Giusto!
<< Ma
“internettatore di notizie” >>
di che diavolo stai parlando? >>
I social network. Vedi … Ho un profilo facebook perché
tutti mi chiedevano come mai non lo avessi. Ho un account
twitter e uno instagram per lo stesso motivo. Poi li ho
cancellati. Da poco ho ricreato tutto perché in fondo sono uno
“stalker cybernetico”. >>
<<
Spiegami questa ora. Anzi spiegami tutto. Non ho le forze
perseguirti. >>
<<
Tommaso abbassò il finestrino e iniziò adire
Oggi tutti sono sui social network. Chi lo fa per lavoro,
mostrando sé stesso, chi solo per apparire, chi per non
essere escluso e così via. I VIP ci sono per pubblicizzarsi, e
come dargli torto. La gente normale c’è per esserci senza una
valida ragione. Molti perdono ore intere a scattare foto e
postarle. Molti perdono ore ad aggiornare il profilo. Sempre
gli stessi stanno lì in attesa di un qualche post da
commentare, da taggare, da dire che piace o che non piace.
Se sommi tutto questo tempo vedi che è un vero e proprio
lavoro, non pagato, non riconosciuto, senza sindacato e
senza pensione alla fine della vita lavorativa.
<<
Anzi. Molti continuano a lavorare sui social dando loro
materiale, arricchendoli di popolarità senza ottenere in
<<
33
cambio niente più che uno spazio web dove loro non contano.
Un po' come avviene nella società. Tutti vogliono contare
qualcosa. Vogliono tutti far la differenza. Credono che il loro
voto possa cambiare il mondo ma non hanno capito che sono i
gesti del quotidiano a dar la spinta per cambiare le cose.
Lo stalking è per quel che ho appurato sulla mia pelle. Sai
che mi piace Valeria Bilello. È bella oltre ogni limite del
possibile. Un’attrice che cresce impegnandosi in ruoli sempre
diversi e che mi lascia a bocca aperta ogni volta che vedo le
sue interpretazioni. “Il papà di Giovanna”, “Io, Arlecchino”,
“Happy family” per non parlare delle fiction come “Squadra
mobile” e molto altro. In sostanza è quella che amo definire
“l’icona della bravura e bellezza del nostro tempo”.
<< Come Audrey Hepburn lo fu nel passato, così Valeria lo è
dell’oggi. Non una stella ma un intero firmamento. Capace di
migliorare quotidianamente e di sorprendere sempre con la
sua bravura.
<<
Sai anche che non è solo per l’aspetto fisico che ti dico
questo. Certo. Non è secondario. Anzi! Fu proprio il suo
aspetto a farmi perdere la testa. Poi la vidi su MTV e la seguii
in quello che faceva, limitatamente a quanto potevo fare con
le riviste, la televisione e internet. Con facebook, non
usandolo per scopi di lavoro o di altra natura, iniziai a
cercarla e trovai il suo profilo. Chiesi l’amicizia e iniziai a
seguirla continuando a dire che mi piaceva quello che
postava, che era bella, a commentare cercando di essere
arguto, romantico …
<<
Non saprei se avessi intenzione di conquistarla così.
Forse. Sai ... una speranza. Certo è che … ciò è impossibile.
Tuttavia mi ritrovai a cercarla su instagram. Anche lì la
seguii dando il ‘mi piace’ a tutte le sue foto, che comunque
sono meravigliose. Commentando e cercando di farle capire
che doveva sorridere, visto che il sorriso di una donna,
qualunque essa sia, è il sorriso di Dio. Ma il suo andava
oltre. Forse perché in fondo, in un’altra vita, avrei potuto
incontrarla, falla innamorare di me …
<<
<< Iniziai
quindi a seguirla e poi mi accadde la stessa cosa su
34
twitter. Inizialmente era interesse spinto dal desiderio di
poterle donare un mio commento arguto o una gioia, anche
se minima, di una persona che non si nasconde e che dice
pane al pane e vino al vino. Poi mi resi conto che tutti i giorni
accendevo il cellulare e aprivo i tre social solo per vedere
cosa avesse postato. Per commentarlo per primo. Per dirle
quanto fossi grato della sua bravura. Per essere, in qualche
modo, presente nella sua vita. Conosci Tiziana Luxardo la
fotografa? >>
<< Si!
Mi pare.
>>
Siamo amici e le ho chiesto se riusciva a farmela
conoscere. A quel punto mi resi conto che ero uno stalker
passivo. Conoscendomi so di non essere aggressivo. Sono
timido sino al midollo e combatto la timidezza con l’arroganza
e con la dolcezza, a seconda con chi ho a che fare. >>
<<
Lorenzo cercò di elaborare quel pensiero. Poi, come Lazzaro
risvegliato dal sonno eterno disse
Quindi se ho ben capito. Tu lavori gratis su internet
cercando la galera facendo lo stalker dietro al tuo sogno
irraggiungibile? >>
<< Diciamo di sì. Più o meno. In realtà mi è presa la
convinzione che se non avessi detto che erano belli tutti i
post di tutte le persone che seguo, e sono più di cento, loro
potessero offendersi. Diciamo che l’ho fatto anche per non
“lasciarle sole”. O questo era il sentimento generato su di me
dai social.
<<
Per quanto riguarda lo stalking ho capito che stavo
andando troppo su quei social solo per vederla. Poi però ho
detto a me stesso “se non fai del male …”. Così da allora ho
cessato di essere “maniacale” e ho visto gli aggiornamenti con
quel fare tipico di chi sfoglia il giornale cercando solo
qualche nuova senza andare in fondo a nulla. >>
<<
<<
Ed ora quanti ne segui? >>
Quasi trecento ma ad onor del vero lo sguardo e
l’attenzione si ferma solo su notizie di lei, dei suoi lavori. Ho
<<
35
iniziato a comprare i blu-ray dei suoi film. Spero di vederla
anche come regista per vedere una parte della sua anima. So
che è irraggiungibile come la mia lei. Tuttavia mi aggrappo
all’illusione che vedendo e cercando solo notizie e
aggiornamenti, mollando le redini e non commentando più
di tanto, io possa guarire dal mio essere uno stalker
cybernetico. >>
La tua lei, come la chiami tu, è “reale”. >> disse Lorenzo
ciondolando la testa di qua e di là come un setter da caccia
assetato << mentre Valeria è virtuale. Quindi che temi? >>
<<
Anche Vale lo è. Però la differenza è che la mia lei ho
faticato a conquistarla facendole la corte e standole vicino.
Conosco ogni sfumatura della sua voce. Ogni frase non detta
la capisco. Conosco più la mia lei di quanto possa
conoscere me stesso. >>
<<
<< Dunque
una è reale e l’altra un sogno? >>
No! Entrambe sono un sogno. Valeria è il sogno di una vita
straordinaria fuori dalle righe e da “rotocalco” diciamo così.
Irina è il sogno di una lotta continua contro le difficoltà della
vita, contro le ingiustizie. Una lotta per arrivare a fine mese e
un progetto di un futuro migliore per noi. Quindi Valeria è un
progetto di gioia per me. Irina è un progetto di gioia pe rnoi.
<<
>>
A quelle parole Lorenzo capì il perché di quell’improvviso
cambio di programma. Tommaso aveva usato il “noi” e lo
aveva detto confrontando il suo amore con la sua passione.
Amava la sua lei e aveva progettato la sua vita insieme a
lei.
Aveva dei sogni di famiglia. Aveva in animo di soffrire e
ridere con Irina. Quel confronto lo aveva liberato dalle sue
insicurezze e da quelle domande di chi non ha ben chiaro cosa
fosse l’amore.
Per la prima volta, senza neanche rendersene conto,
Tommaso aveva dichiarato l’amore alla donna della sua vita
con l’onestà di un bimbo appena nato.
Lorenzo non poté che lasciarsi andare sul sedile.
36
Gli inglesi sono stupidi
Le automobili accostarono, oramai era l’una di notte. La fila
sembrava aver creato un parcheggio autostradale. Loro
presero la corsia di quelli che avevano tutta l’intenzione di
non dormire in automobile.
Lorenzo pensava a fondo a quanto l’amico aveva appena
dichiarato. A quanta sofferenza ci fosse in quell’uomo che
aveva preso l’iniziativa di affrontare un viaggio nell’ignoto
alla ricerca di Irina la donna che era entrata nei suoi sogni
occupandoli per intero.
I due si fermarono a pochi chilometri dal punto critico. Videro
le auto bruciate e i rilievi della polizia. Videro i vigili che li
invitavano a camminare sulla corsia d’emergenza ad
un’andatura moderata. Superarono il punto critico in trenta
minuti. Andavano a passo d’uomo poiché gli operatori erano
ancora a lavoro sulla strada tentando di liberarla e
verificando anche lo stato dell’aria.
Il pericolo degli agenti inquinanti, del gas, di detriti
sull’asfalto e di quant’altro aveva costretto a quel tipo di
lavoro e di impegno, costringendo gli automobilisti a
viaggiare a passo d’uomo e su di una corsia stretta, tra
frenando quando gli operatori attraversavano da una parte
all’altra.
Non ci si poteva fermare a guardare o a fotografare, cosa che
in qualche auto accadeva. Qualche flash e l’abitacolo
mostrava il numero dei passeggeri in un istante.
Attraversato il punto l’autostrada riprendeva le solite tre
corsie. Lorenzo e Tommaso accostarono sulla prima zona di
sosta e svuotarono nuovamente le vesciche. Tommaso si
appartò per defecare, portandosi un rotolo di carta igienica
che teneva sempre in automobile. Lorenzo l’attese per poi
andare anche lui a liberarsi, in un altro punto, con quel che
rimaneva del rotolo.
Entrarono in macchina dopo aver fatto la conta. Tommaso
37
doveva guidare e Lorenzo poteva dormire almeno sino alle
sei. Un agente della polizia stradale scese dalla vettura che
si fermò dietro di loro, si accostò allo sportello e domandò
infastidito
<<
Problemi? >>
No! >> rispose stanco Tommaso con il finestrino abbassato
dal lato guidatore.
<< Penso sia meglio vi fermiate e riposiate. Più avanti c’è
un’uscita. L’albergo che si trova a tre chilometri sulla destra
è stato avvertito del potenziale arrivo di passeggeri stanchi.
<<
>>
Consegnò loro un biglietto con sopra il nome dell’albergo e
il numero da chiamare.
Tommaso ringraziò senza entusiasmo ma era deciso ad
affrontare quel viaggio sino alla fine. Voleva arrivare il
prima possibile. Voleva sorprendere Irina. Voleva chiederle
come stesse. Voleva baciarla. Presentarle il suo amico nonché
socio. Parlare con lei. Dirle che l’amava. Dirle che avrebbe
capito ma che senza di lei non vedeva il senso di impegnarsi.
Tommaso si mise sulla seconda corsia e prese i centoventi
chilometri orari rimanendo su questi, anche se era sua
abitudine correre con l’auto. Pertenersi sveglio faceva i
conti. Duemila chilometri diviso centoventi chilometri orari
quante ore sono?
Era stanco ma non voleva ammetterlo. Era distrutto dentro.
La carenza di sonno influenzava e accresceva quella
spossatezza fisica ma ciò che lo aveva stordito
maggiormente era l’aver letto ancora i messaggi e non aver
trovato alcuna risposta ai suoi ultimi due.
Si domandava se lei stesse bene. Cosa stesse facendo e se
tutto procedeva con il lavoro. Se sentiva la sua mancanza.
La mancanza dei giorni in cui lui riusciva a farla ridere.
Aveva trasformato il quotidiano in straordinario. Aveva fatto
impazzire i suoi ormoni e aveva cambiato il suo destino.
Tommaso piangeva.
38
Non si accorse che stava piangendo. Seguiva la strada. Le
sue curve. Le automobili che lo precedevano. I sorpassi. Per
un’ora mantenne i centoventi chilometri orari. Poi un altro
rallentamento.
Una nuova colonna, forse per un’uscita dall’autostrada. Non
aveva neanche idea di dove fossero e si rese conto di essere
ancora sveglio solo quando sentì
<< ‘zo
stiamo? >>
Lorenzo si era svegliato per le oscillazioni che l’auto,
frenando, produssero al suo corpo.
Vide la coda e disse
<< Arriveremo
il giorno del giudizio.
>>
Tommaso era taciturno. Stranamente non aveva voglia di
parlare.
<< Tutto
ok? >>
Lorenzo sapeva che quella domanda avrebbe colpito
l’autista del momento come il pollicione che non vede lo
spigolo maledetto che lo richiama a sé.
<< Gli inglesi sono proprio stupidi. >> iniziò con ripetere quel
pensiero che aveva espresso spesso negli anni.
Lorenzo attizzò il fuoco della conversazione buttando lì la
domanda che nessun altro comune conoscente avrebbe mai
fatto
<<
Perché? >>
Perché parlano inglese. La lingua più stupida del mondo.
Dalla torre di Babele non potevano inciampare e sfracellarsi
quegli avi che hanno avviato quel linguaggio così … stupido?
Devo dire che sono in pochi nel mondo. Meno dei cinesi e dei
russi. Eppure il mondo li venera parlando inglese. Ma
domando e dico … perché il mondo non parla in italiano
visto che le parole sono tutte poetiche?
<<
“Ti amo”. Senti che dolce suono. “I love you” e cosa
peggiore è la risposta che danno. E poi è logico dire “io vado a
39
<<
casa di Giovanni” e loro dicono “I’m going to Giovanni’s
house” ossia io sono vado per Giovanni casa”. Manco a
tradurlo. E poi perché non il russo. È più semplice. Le lettere
sono facili, anche se molti lo temono come la peste. Ma quel
che mi fa incazzare è il fatto che scrivono una cosa e ne
dicono un’altra.
Per Diana cacciatrice dei cervi! Se c’è la erre perché non la
pronunci? Perché la “a” è “ei”? Ma diavolo di un demonio
rincitrullito. Il loro è proprio un linguaggio … da stupidi. >>
<<
Lorenzo vide l’amico distendersi e aggiunse
<< È
perché il computer parla inglese.
>>
Se! Come no! Hai passato fondamenti di informatica con
diciotto! Anzi diciassette e due figure. È vero che devi
scrivere usando il for, il do, il while, l’if, l’else ma non per
questo scrivi la divina commedia in inglese. È la lingua che ti
vogliono far parlare a tutti i costi. È il sistema! Capisci? Sono
i poteri occulti che vogliono importi una lingua che potrebbe
diventare mortase solo non ci fossero queste costrizioni. La
lingua del mondo deve essere quella della popolazione più
numerosa. >>
<<
<< E
così dobbiamo studiare il cinese? >>
No! Dobbiamo fare più figli ed essere sempre al numero
uno anche nelle arti e nelle scienze. Te lo immagini Leonardo
da Vinci che parla inglese? O Dante? O Sciascia? Pirandello,
Moravia, Calvino, Fallaci e tanti altri parlano e scrivono
italiano. Opere vere. Hai mai visto ‘Il Padrino’ in lingua
originale. Mettilo a confronto con la versione doppiata in
italiano. Non c’è storia. E posso continuare per ore. >>
<<
<< Ma
Asimov? Silverberg? Quanti autori inglesi hai letto? >>
<< Erano
<<
americani. >>
Stessa lingua. >>
Va bene! Casi isolati. Ma hai mai visto gli inglesi fare
opere come i romani? Musica. Cinema. Teatro. Lirica.
Letteratura. Tutte le arti in italiano rendono di più. Mettiti a
40
<<
tradurre i testi delle canzoni degli inglesi. Ridicoli. >>
E noi? Pensa a Bobby Solo con ‘Una lacrima sul viso ’.
Pensi sia un testo da eleggere come letterario? >>
<<
La discussione degenerò. Vennero nominati autori vari con
l’intento di arrivare a stabilire se la lingua italiana fosse
degna di essere la lingua mondiale. Lorenzo sapeva che
Tommaso non lasciava vincere nessuno su quel punto. Era
tirato fuori, quando possibile, per svuotare la mente,
specialmente di Tommaso.
Quell’argomento, come pochi altri, riusciva a distrarre
l’amico. Lo portava su un podio invisibile dove lui poteva
pontificare. Era capace di parlare per ore del nulla. Era
convinto che il mondo intero avrebbe capito le sue ragioni
per poi accettarle come vere.
Anche altri amici sfruttavano quell’argomento, anche se solo
per mettere in ridicolo Tommaso o per cambiare discorso.
Eppure Lorenzo lo faceva con il solo scopo di aiutare l’amico,
specialmente quando gli occhi si facevano bui.
41
Gli stranieri
Il sole iniziò a salire alla loro destra. La luce forniva colori che
un pittore avrebbe pagato oro per riuscire a riprodurre. Le
stelle, ancora visibili, erano diventate punti su un lenzuolo
bluastro con un altro azzurro che avanzava divorandone ogni
lembo.
Tommaso stava accostando per lasciare la guida a Lorenzo.
Era stanco ma sapeva che non avrebbe dormito. Avrebbe
sognato ad occhi aperti l’incontro, le frasi, le domande e le
risposte.
Voleva crogiolarsi nei suoi sogni e nelle sue speranze.
Guidare mentre pensava a lei non era consigliabile. Avrebbe
sicuramente sbadato e sarebbero finiti addosso ad altre
macchine. Altro tempo perso se non la stessa vita.
Eppure lui voleva vivere.
La macchina venne affiancata da un furgoncino bianco. Sul
lato sinistro c’era una donna con un bambino in braccio.
Erano rom e lo si poteva vedere dagli abiti di lei con colori
accesi. Le stelline sul foulard della donna erano tenute da
una catenina d’argento.
<< Bisogno
d’aiuto? >> domandò la donna.
Lorenzo ebbe una reazione di sorpresa. Guardò la donna e il
bambino nascose la faccia tra gli enormi seni. L’uomo al
volantesi sporse e ripeté la domanda con un accento strano.
Lorenzo sorrise e ringraziando disse
Grazie. Siamo stanchi ma stiamo andando in Romania. Voi
sapete la strada? Ci potreste guidare? Non abbiamo molti
soldi ma… >>
<<
L’uomo sorrise mostrando la carenza di alcuni denti. La donna
disse
<< No
Romania. Albania. >>
Lorenzo rimase spaesato non capendo la differenza. Per lui i
42
rom era Romeni, una contrazione del nome. Una Panda in
arrivo suonò al furgoncino e questi si spostò davanti
all’utilitaria. La donna scese e il bimbo si mosse tra i suoi
seni cercando di nascondere il volto il più possibile.
Lorenzo non sapeva che fare. Voleva ripartire, temendo
qualche furto, ma non voleva offendere le persone che si
erano comunque preoccupate per loro.
La donna guardò Tommaso che era rimasto con gli occhi
chiusi. Lorenzo guardò il bambino e questo prima nascose il
volto e poi, quasi sentendosi guardare la nuca, girò il capo e
sostenne lo sguardo dell’uomo che aveva un accenno di
barba e delle occhiaie che sottolineavano gli occhi neri.
La donna chiese la mano di Lorenzo per leggere il destino.
Lorenzo pensò che volesse dei soldi. Prese il portafoglio e gli
mostrò il vuoto che vi era dentro. La donna sembrò offesa.
<< Dammi
mano. Io leggo tua vita. >>
Grazie ma è alquanto inutile. Ho già conoscenza di cosa
è stato e non ho interesse a sapere quando morirò. >>
<<
La donna mostrò la sua aperta e tesa ad aspettare quella di
Lorenzo. Pochi istanti e alla fine le due mani si trovarono
palmo a dorso. Lei disse
<< Interessante.
Lei vincitore. Lei lunga vita.
>>
Lorenzo sorrise sperando in cuor suo che la donna avesse
un minimo di ragione. Poi pensò all’amico. Aprì il finestrino
dalla sua parte e scuotendolo disse
<< Predi
questa mano … zingaraaaa >>
La donna girò davanti all’auto e si mise a ridere per la
canzoncina. Anche Tommaso mostrò il portafoglio vuoto e la
donna scosse la testa. Aprì la sua mano e pretese quella di
Tommaso. Pochi istanti e
<<
>>
Lei problemi. Lei ha donna che sarà d’aiuto. Lei sarà felice.
Tommaso si riprese e guardò la donna con intensità. Evitò lo
sguardo del figlio e si immerse negli occhi nocciola e questa
43
in pochi istanti si fece seria. Quello scambio silenzioso venne
interrotto dal marito della donna che sembrava Ennio
Antonelli in Otello Rinaldi, detto "Manzotin", nel celebre film
“Febbre da cavallo”.
L’uomo prese la moglie e, a sorpresa, lasciò un talismano.
Era una carta che rappresentava San Giorgio.
La famiglia si ritirò sul furgoncino e partirono. Tommaso
guardò la carta e si spense in un isolato mondo.
E poi dicono … >> esternò Lorenzo lasciando in sospeso
l’argomento sperando di attirare l’attenzione dell’amico.
Tommaso non abboccò e continuò a fissare la figura anche
quando l’auto si era ormai rimessa in moto.
<<
<< Certo
che i leghisti … >> riprovò Lorenzo.
Tommaso capì che doveva rispondere altrimenti Lorenzo
l’avrebbe presa a male e avrebbe tirato fuori argomenti che
lui non poteva sostenere.
<< È
stata gentile. Ad onor del vero i rom non sono solo quelli
che vengono dalla Romania. Sono nomadi. Sono stati
perseguitati come gli ebrei. Hanno cultura e tradizioni. >>
<<
Rubano. >>
Anche gli italiani. È come per l’essere mafiosi. La mafia è
in Cina, Russia, America e in tante altre nazioni. Eppure noi
italiani siamo i mafiosi. Siamo quelli che per definizione sono
mafiosi. Pensa a Roma. I funerali di quel boss. Roma è
… scusa … era stupenda. Eppure tutti parlano di Roma perl e
puttanate fatte da quattro stronzetti che si credono di poter
fare qualunque cosa. >>
<<
<< Hanno
il potere. >>
No! Ti sbagli. Il potere è solo la rappresentazione di un
consenso popolare ed anche dell’incapacità del popolo a
reagire. Pensala così … se tutti dicessero ‘fanculo’ quando
qualcuno chiede il pizzo o minaccia, vedi che quel qualcuno,
essendo minoranza, non conterebbe un cazzo. Ti ricordi il film
“Il marchese del grillo”? >>
<<
44
Certo! Lo hanno visto anche quelli che devono ancora
nascere. >>
<<
Ecco. Il discorso di Flavio Bucci, interprete magistrale
come Don Bastiano, racchiude in sé quello che dovrebbe
essere insegnato nelle scuole per combattere la mafia. Loro
si credono padroni del cielo e della terra mentre non sono
padroni di nulla. >>
<<
<< Ah!
Quando stava andando al patibolo? >>
Esatto. Loro sono come il marchese del Grillo. “Io sono io,
siete voi che non siete un cazzo.” Eppure Don Bastiano è il
verbo. Occorre studiare i film invece di Leopardi, ad esempio.
Occorrerebbe lasciar liberi i ragazzi nella scoperta della
letteratura mentre bisogna educarli in questo mondo di
cialtroni dove chi sale al potere ha il culo a forma di sedia. >>
<< Hai visto i rom di prima? Ho istintivamente avuto il
timore che mi derubassero. Li ho anche insultati per
ignoranza. >>
<<
<<
Già! >>
Tommaso sbadigliò e disse
È un argomento che mi affascina ma contrastare la merda
è difficile quando ormai si è fatta abitudine alla puzza. >>
<<
Tommaso chiuse gli occhi.
Lorenzo
voleva
discutere ancora. Voleva
ritornare
all’argomento principale. Videro il furgoncino partire. Sarebbe
stato bello, secondo Tommaso, se fossero stati rom della
Romania. Avrebbero avuto una guida.
Però quella lettura aveva lasciato un senso di profonda
tristezza che lui voleva scacciare.
Perdendo il furgoncino di vista ebbe un sospiro di sollievo.
Forse lo avrebbero raggiunto nuovamente ed anche
sorpassato. Ma volle tenere quella lettura della mano come
un qualcosa di avvenuto sul quale non porre alcuna
attenzione futura.
45
Irina
Tommaso mise la figura di San Giorgio dentro il portafoglio.
Aprì il cellulare e si mise a scorrere le immagini di Irina. La
luce della mattina divenne un sereno nuovo inizio. Tommaso
s’accorse che Lorenzo aveva girato per una sosta. Dovevano
far benzina e fare una pausa per il caffè oltre a fare
colazione.
Tommaso però non scese. Rimase in silenzio in macchina
come a fare la guardia, anche se avrebbero potuto derubarlo
dei vestiti prima che il suo cervello avesse il tempo di
collegasse all’oggi.
Lorenzo entrò nel bar. Un cappuccino e un cornetto. Scambiò
due parole con il barman per sapere quale percorso prendere
perla Romania.
L’uomo calvo e troppo magro per le sue spalle, gli mostrò
quelle classiche mappe dell’Italia e dell’Europa difficili da
consultare per quanto sono grandi. Sembrava che chi le
avesse inventate lo avesse fatto di proposito.
Tommaso risalì alla prima foto di lei. Aveva la testa
inclinata di lato. Stava guardando i suoi piedi che si erano
bagnati nel giardino della zia di Tommaso. Lei era un’amica
della zia e fu questa a combinare il primo incontro. Chiamò
Tommaso per chiedergli aiuto e Irina per un caffè.
Entrambi si ritrovarono in quel giardino a consumare un tea
con dei pasticcini che erano stati offerti come fatti in casa.
Entrambi erano lì ma sembravano in altro luogo. Lui vide il
suo volto con una ciocca di capelli, tra il castano e il biondo,
che scendevano sul viso mentre lei osservava i piedi colpiti
da una zanzara.
In quell’istante tirò fuori il cellulare e scattò la foto, nella
speranza di non esser visto né notato. Lei si girò guardandolo
incuriosita
<< La
metterai su qualche sito? >> domandò con voce ironica.
46
Tommaso abbassò gli occhi come un bambino che aveva
rubato la nutella ed era stato pizzicato dai genitori.
Notò che parlava bene l’italiano. Quando vennero presentati
la zia sottolineò la sua nazionalità, come a dire che era
qualcosa di lontano dal comune ma in senso quasi negativo.
Tommaso seppe dopo qualche incontro che Irina aveva
colto il modo con il quale la zia aveva sottolineato che
proveniva dalla Romania. Tommaso le confessò che la zia
credeva che Irina fosse extra-comunitaria. Ma anche lui,
all’inizio, domandò se lei fosse una rom. Non conosceva i rom
così pure la loro storia. Lei lo guardò divertita e disse
Sono di madre romena e di padre tedesco. Sono nata in
Romania. I rom sono un’etnia. >>
<<
Tornando al primo incontro Tommaso mostrò la foto a Irina e
disse
Era il momento giusto. Ci sono persone che fotografano
tutto, anche il nulla. Così le foto non hanno vita né anima.
Come vedi... >> si fermò ad immagazzinare nella memoria il
suo profumo.
<<
Lei guardò la foto e poi si rivolse a lui con quel suo modo di
scherzare che avrebbe contribuito a farlo innamorare
Ho capito. Vuoi mostrarla agli amici e impettirti con loro.
Se è così mi dovrai pagare. >>
<<
Tommaso ebbe un sussulto. Era la prima ragazza che
mostrava di saper dire qualcosa di straordinariamente
normale ma in modo straordinariamente amorevole.
Rispose, lanciando un amo per vedere se poteva tirar su una
bella preda
<< Ti
pagherò invitandoti a cena.
>>
Lei ci pensò sopra. Avrebbe voluto dire qualche altra cosa ma
d’improvviso
<< Però
ti invito se mi prometti di non innamorarti di me.
>>
Guardò gli occhi neri e tristi di Tommaso. Vide in lui una luce
47
che voleva esser alimentata ma che si stava spegnendo peri
tanti “no” che aveva ricevuto.
Rimase scioccata da quello sguardo che voleva entrare in
lei. Sentiva che quell’uomo voleva conoscere la sua anima.
Voleva vederla come avrebbe fatto un medico con una
lastra. Sentiva che in lui viveva curiosità ma non sapeva
interpretare i suoi modi. Schivo ma dalla battuta pronta.
Rispondeva a tono alla zia ma sembrava comunque che si
stesse trattenendo. Era lì dinanzi a lei ma sembrava lontano.
Assente. Non interessato a farle la corte eppure stava
facendo la corte proprio a lei. Era una contraddizione in
termini.
Decise quindi di stare al suo gioco
Ti prometto che non mi innamorerò di te se tu pagherai la
cena. >>
<<
Aveva fatto centro. Colse in lui una gioia sopita. Vide il volto
distendersi. Poco curato con i capelli neri e qualche
sfumatura di grigio. L’odore acre di chi non usa profumi.
Pensò “Il primo regalo sarà un profumo.”
Guardò a lungo il suo sguardo e si rese conto che già stava
pensando a qualcosa di più di una semplice conoscenza nata
per caso grazie ad una signora che li aveva incastrati con un
incontro non annunciato.
Lui sostenne il suo sguardo per non guardare nella sua
scollatura. Aveva una maglietta azzurra con il collo a “v” e si
intravvedeva un reggiseno nero. I jeans blue erano attillati e
ai piedi dei sandali. Le unghie blue si intonavano ai jeans.
Sulla testa due occhiali neri anni cinquanta.
Lui annotò tutto e ricordò sempre tutto. Memorizzò la data,
l’ora, i minuti e i secondi. Memorizzò ogni singolo dettaglio di
lei. Tuttavia non aveva ancora idea di amare quella donna.
Non sapeva ancora che avrebbe fatto pazzie per lei. Era del
tutto estraneo ai suoi sentimenti che erano sempre stati
schiacciati dal suo aspetto che aveva sempre allontanato le
ragazze.
48
Ebbe un paio di storie ma niente di serio. Neanche un bacio.
Dinanzi a lei non pensava alla sua verginità. Non pensava al
problema di come si bacia. Di come far combaciare i nasi. I
tempi. Il momento giusto. Lui era lì, eccitato anche se non in
modo consapevole. Lei era lì ammirata anche se ancora
ignara di quanto quell’incontro avrebbe cambiato le vite di
entrambi.
Tommaso si staccò da lei e si avviò verso il cancelletto. Aveva
in mente lei. La sua immagine. L’immagine di entrambi nel
ristorante. Poi quattro chiacchiere. Poi una serie di azioni
romantiche. Poi si sarebbero separati e lei, per il suo
debordante atteggiamento, avrebbe cambiato numero di
cellulare, nome e cognome, città, nazione, pianeta e quanto
d’altro potesse cambiare per non essere rintracciabile da lui.
Quella stessa sera Tommaso alzò le spalle. Era bella. Ma era
troppo
per
lui.
Era
una
diva
irraggiungibile.
“Porcaputtanavergine!” esclamò tra sé mentre iniziò a
cucinare per lui e i suoi genitori. “Non ha il mio numero. Non
gli ho detto l’ora, il ristorante o altro.”
Guardò il minestrone, dimenticandosi di mettere il dado, e si
spense. “Tanto!”
Eppure quella volta quel suo “Tanto!” pesava quanto
un’intera montagna. Curvò ulteriormente le spalle. L’ernia
iatale iniziò a farsi sentire. Il fiato si fece corto e la testa
vuota. Assaggiò il minestrone ma non mise attenzione a
nulla. Chiamò i genitori e servì a tavola. La madre iniziò a
rimproverarlo per quel minestrone insipido, cercando di
dargli le giuste informazioni su come si cucina. Lui era su un
altro pianeta.
La foto successiva riuscì a farla al ristorante.
Dopo due settimane ricevette una chiamata da un numero
sconosciuto
Pronto. >> disse con l’entusiasmo di chi avrebbe di lì a
poco fatto una colonscopia.
<<
<< Allora
è vero che non vuoi pagare la cena! >>
49
Ci mise pochi secondi a riconoscere la voce. Era in ufficio e
aveva la scrivania piena di conti che indicavano già la crisi.
Certo che la voglio pagare.
battute stupide << È che
… >> e concluse lei
<<
>>
disse trattenendosi da
Sei troppo distratto per chiedere il numero ad una
ragazza o forse ne hai talmente tante che sapevi che ti avrei
chiamato io. >>
<<
Sorrise. Dentro di sé c’era una banda che suonava tutti i
pezzi più allegri mai scritti. Aveva i bambini che giocavano e
la fiera del paese con mele caramellate, zucchero filato e
tanti dolci da portare tutti ad avere il diabete.
Stava per rispondere con una battuta ma come sempre
faceva disse la verità mettendosi in gioco e vedendo se la
controparte avrebbe visto le carte e mostrate le sue
No! È che non ho mai avuto una ragazza e neanche un
appuntamento. >>
<<
<<
Sei serio? >>
<< Perché
dovrei mentire? >>
Aveva calato una coppia e pensò che lei avesse un poker.
Non rispose. Ci volle un minuto esatto per sentire
nuovamente la voce di un essere umano all’interno di quella
linea di comunicazione
<< Allora
permettimi di fare a mezzi con il conto. >>
Tommaso non capì e disse, alzando le spalle
Come vuoi. Domani sera alle otto e trenta nel ristorante
che fa angolo prima del semaforo. Sai di quale parlo? >>
<<
<< Certo!
A domani. >>
Lei attaccò ma lui avrebbe voluto aggiungere “Vieni senza
vestirti con pretese. Normale. Èu na cena così, tanto per
fare.“ e ciò rimase nel suo cervello.
Passò la sera di venerdì 27 agosto 2010 e la mattina di quel
50
sabato 28 agosto 2010 a pensare a come avrebbe dovuto
vestirsi. Cosa mettere. Elegante o sportivo? Camicia o polo?
Chiaro o scuro?
Avrebbe voluto richiamarla e chiedere lumi. Avrebbe voluto
che fosse lei a guidare il gioco. Poi si guardò allo specchio e si
vide vecchio. Non si piaceva e si disse “Al diavolo. Tanto è
una cena.”
La sera di sabato alle otto e un quarto entrambi arrivarono
al ristorante. Sorridendo Tommaso disse
<< Così
non vale! >>
E tentò la carta del broncio dei bambini. Lei lo guardò con
fare serio. Lui disse che lei era elegante con una camicetta
azzurra e un gilet nero. Sotto i jeans azzurri e scarpe da
ginnastica azzurre. Lui aveva una camicia bianca con sotto
una canottiera bianca, ma che si intravvedeva visto che
aveva lasciato sbottonato il collo, jeans scuri e scarpe scure.
Entrarono e si accomodarono dove la gente potesse vederli.
Tommaso pensò che così l’avrebbe tranquillizzata, visto che in
quel modo non poteva fare nulla di strano. Lei pensò che una
scelta simile era per una coppia navigata che non aveva
nulla da dirsi. Lo guardò senza parlare.
Ordinarono la pizza e lui scelse la bianca rotonda dopo aver
sentito che lei aveva ordinato quella con funghi e mozzarella.
Aveva sempre amato la pizza bianca e ordinava sempre
quella. Gli amici lo criticavano e per questo non usciva spesso
con loro. Lei non disse nulla. Prese dell’acqua in bottiglia e lui
disse al cameriere di portare due bottiglie.
È rinfrescato non trovi?
argomento.
<<
>>
iniziò Tommaso cercando un
Lei annuì e fissò un bambino in un passeggino. Fu in quel
momento che Tommaso le fece un’altra foto.
51
Aveva i capelli raccolti in una coda e quello sguardo
denotava un senso materno e di tenerezza. Lei non badò a
Tommaso e continuò a guardare il bambino che aveva in
mano un pezzo di pizza e continuava a succhiarlo come se
fosse un biberon.
Lui scattò una seconda foto e quella rimase in memoria,
mentre la prima venne cestinata. Si alzò e arrivò dal suo lato.
Posò la sua calda mano sulla sua spalla e mostrò la foto al
soggetto della stessa. Lei si voltò e lui sorrise senza dire
altro.
La serata proseguì senza nessun ricordo degno di nota.
Camminarono dopo la pizza e parlarono del nulla. Entrambi
con il pensiero rivolto altrove. Era come assistere a due
persone che discutevano di due argomenti distinti. Qualche
accenno con la testa per confermare di essere d’accordo su
qualcosa che non avevano neanche ascoltato e poi
nuovamente il proprio argomento portato in primo piano.
Esternamente sembravano estranei ma tra loro
nascendo un’intimità che li avrebbe portati lontano.
stava
Poi arrivò il momento di separarsi. Si trovavano a metà
strada tra i due appartamenti. Lui le diede lamano anche se
voleva portarla a sé e chiederle di poterla baciare.
Lei prese la sua mano e la lasciò andar via anche se non
avrebbe voluto che la serata si concludesse così.
Passarono altri giorni e poi il primo di tantissimi messaggi:
“Che ne pensi? Casa mia, cucino io, tu ed io soli, poi usciamo e
prendiamo un gelato. “
Lei non rispose subito. Passarono due giorni e lui si disse
“Tanto!”
La mattina alle sei uno squillo che avvertiva di un messaggio:
“Ok! Quando?”
Tommaso guardò il display e poi il calendario. I genitori
sarebbero andati fuori per una settimana e lui scrisse:
“Domani sera?”
52
La risposta quasi subito: “Facciamo dopodomani. “
Tommaso rispose con “OK” inviando e sentendosi mordere
dentro perché odiava usare l’inglese.
Durante la pausa in ufficio andò su internet a cercare qualche
piatto tipico del paese dei suoi genitori. Trovo “Cicatell” e
stampò la ricetta.
Avrebbe preparato petto di pollo con patate come secondo
e come primo “cicatell” con sugo. Come dolce avrebbero
preso il gelato. Antipasto di mare.
Sistemò casa. Pulì anche se non amava farlo. Tirò fuori la
tovaglia delle occasioni. Il servizio dei genitori, regalatogli
dalle colleghe della madre per le nozze. Sistemò camera sua,
piena di libri e di vestiti buttati ovunque. Sistemò il bagno. Si
lavò e si rese conto che l’appuntamento era il giorno dopo.
La mattina al lavoro poi alle tre chiuse l’ufficio dicendo agli
amici che aveva da fare. Iniziò a fare spesa e si ritrovò alle
cinque a chiedersi come avessero fatto le sue nonne a cavare
i “cicatell” visto che i suoi polpastrelli divennero in breve come
quelli di un muratore esperto con tanto di duroni.
Cavò metà della pasta fatta in casa e l’altra la dovette
lasciare così com’era a causa dell’orologio che segnava le
otto meno dieci.
Mise a fare i petti di pollo e i funghi e alle otto e sette minuti
tutto era in tavola, ad eccezione della pasta. L’odore del
cucinato riempì il soggiorno. Lui guardò con soddisfazione la
disposizione. Lei dinanzi a lui. I piatti e i bicchieri lavati di
fresco con la lavastoviglie ciclo energico. Gli antipasti
sistemati.
Il pane abbrustolito. L’acqua due bottiglie. La tovaglia delle
occasioni con i tovaglioli abbinati. L’acqua sul fuoco e il
citofono che squillò.
Scusi? Sto cercando padrona. Mi signora chiama Lucrezia.
Conosce? >>
<<
La voce era strana ma lui, nervoso, aprì e basta. Rimase in
attesa del citofono sperando che lei arrivasse. Mandò un
53
messaggio: “Dove sei? È quasi pronto … la pasta si scoce”
Rilesse spesso quel messaggio che mostrava quanto fosse
nervoso. Lei non rispose. Silenzio.
Due minuti dopo una mano bussò piano sulla porta
d’ingresso. Lui andò ad aprire, temendo fosse il vicino che
spesso lo disturbava per chiedere cose come l’aglio, le
patate, il sale o altro. Ebbe un brivido pensando al vicino che
avrebbe visto la tavola e, conoscendolo, avrebbe investigato
e aspettato allo spioncino l’arrivo dell’ospite.
Aprì senza guardare il suo spioncino e senza chiedere. Lei
era lì. In piedi e con le braccia dietro la schiena a mostrare il
suo petto. Un maglioncino blue, jeans stile vissuti, scarpe
nere con i tacchi. Sotto il maglioncino una camicetta viola.
Aveva gli occhi con una sfumatura di blue sulle palpebre. Un
rossetto leggero sulle labbra.
Lui notò un poco di peluria sulle labbra ma si eccitò senza
poter capire cosa stesse realmente accadendo.
Da bambino aveva fatto la corte ad una compagna di scuola
che aveva la peluria sulle braccia e sulle labbra. Erano
piccoli ma adesso quella peluria quasi invisibile non lo
disturbava. In altre sue conoscenze era sottolineata con un
allargamento delle palpebre come se stessero uccidendo un
bambino dinanzi a lui.
In lei tutto era perfetto secondo il suo stato ormonale.
Vedeva lei ma non solo il suo corpo. Non avrebbe mai saputo
dirlo ma quando la vedeva… vedeva fuori e dentro. Vedeva
le lacrime del passato e il sorriso del presente. Vedeva il
nervosismo e il timore. Vedeva il sospetto e quel pizzico di
follia per una vita che lei viveva senza domandare né
domandarsi.
Sulla porta non seppe se abbracciarla o baciarla o stringerle
la mano. Con un gesto da cameriere d’albergo la fece
accomodare in casa. Le mostrò il salotto e si congedò per
accendere il gas per la pasta.
Lei fece il giro della casa accompagnata dal suo cicerone che
54
le si mantenne alle spalle. Guardò il terrazzo, il vicinato, le
strade, i quadri e quello che appariva un ordine
approssimativo nelle stanze.
Lui pensava all’acqua, al ghiaccio che si stava sciogliendo, al
timore che una mosca avrebbe potuto rovinare tutto, al
sedere sodo della giovane donna che visitava la sua casa
trovandola interessante.
La visita finì e lui la fece accomodare sulla sedia che era stata
predisposta per lei. Andò in cucina dicendole che non aveva
bisogno di aiuto. Scolò la pasta. Versò il sugo sopra. Il
pecorino romano sopra il sugo. Una foglia di basilico e portò
in tavola.
Lei aveva consumato qualche antipasto di pesce e riempito il
bicchiere d’acqua. Vide la pasta e disse
<< Non
dovevi disturbarti. Guarda che è troppo.
>>
Nessun disturbo. Mi piace cucinare. E poi … questi sono
piatti che amo particolarmente. >>
Lei mangiò parlando del nulla così come fece lui, come a
voler continuare l’appuntamento avuto al ristorante.
Entrambi degustarono la cena e lei si propose di aiutarlo a
sparecchiare e lavare i piatti
<<
<< Grazie.
C’è la lavastoviglie. >>
<< Comodo
così. >>
Facciamo così! ... Quando non ti senti di lavare i piatti
portali qui. Li metti nella lavastoviglie e … oplà! >>
<<
Lei rise di gusto e lui si ritrovò a chiederle
<< Posso
baciarti? >>
Lei lo guardò con volto sereno
Ti ho detto che la mia vita è difficile. E poi … non sei stato
tu a dirmi di non innamorarmi di te? >>
<<
<<
Vero. Però …
>>
55
Girò intorno al tavolo e goffamente la baciò. Lei si alzò per
andar via ma lui la prese per il polso sinistro e disse
<< Insegnami.
<< Così
Voglio baciarti ancora. Ti prego insegnami. >>
potrai diventare esperto e farlo con altre? >>
Sorrise ma vide che Tommaso era serio. La guardava e la
portò a sé. Questa voltala baciò meglio, senza scontrarsi con
lei ma incontrandosi con lei.
<<
>>
Tu sei stata il mio primo bacio. Tu sarai il mio unico bacio.
Disse con tutta la serietà che un uomo può avere. Le stava
promettendo qualcosa che per lui valeva il mondo. Era
come se stesse facendo un giuramento solenne in chiesa
dinanzi al Signore in Persona.
Lei disse
<< Devo
andare. Non posso trattenermi più di tanto.
<< Baciami
>>
ancora. >>
Ho mille difficoltà e la mia vita non è facile. Ora sono io a
dirti di non innamorarti di me. >>
Lui non voleva lasciarla. La strinse forte a sé facendole male
non regolando la sua forza. Lei lo guardò e
<<
<< Mi
>>
fai male. Lasciami andare. È meglio così. Per entrambi.
Tommaso la baciò di nuovo e disse
<<
Ti lascio ma non rinuncio a te. >>
Lei sgattaiolò fuori dell’appartamento e lasciò Tommaso a
guardarsi allo specchio posto all’ingresso dell’appartamento.
56
I valori dell’amore
Tommaso girò la terza e la quarta fotografia. Poi alla quinta si
fermò a ricordare.
<< Sai
<<
cosa cerco in una ragazza? >>
Cosa? >>
Onestà e condivisione. Penso che se una ragazza fosse
onesta con me allora potrei amarla senza paure e senza
chiedere nulla in cambio. Sono i valori dell’amore per me.
<<
>>
Irina tacque e poi
Ti devo dire una cosa. Ho una figlia. Ho divorziato da mio
marito. Lavoro per mandarla a scuola e per darle un futuro.
<<
>>
Tommaso rimase in silenzio e la guardò senza provare nulla
di diverso da prima. Non aveva paura di quello che aveva
detto. Una figlia era una responsabilità oltre le sue
possibilità economiche. Non ebbe compassione. Non ebbe
nessuna reazione. Era sereno come se lei avesse
semplicemente soffiato tra i suoi capelli.
<< Come
si chiama? >> domandò con sincera curiosità.
<< Anişoara
ma la chiamiamo Anna. >>
A Tommaso si illuminò il volto e con una voce bassa disse
Come mia madre. >> poi aggiunse, con un tono più alto <<
Se un domani avrò un figlio, e ne voglio molti, lo
chiameremo Francesco Carlo. Mi piace il doppio nome e
suona bene. >>
<<
Lei rimase stordita. Pensava che il suo passato avesse creato
una distanza ma sentendogli dire di voler dei figli con lei,
come se fosse un argomento normale da trattare nei primi
argomenti, rimase basita.
Tuttavia fu proprio per quello che da quel momento il loro
57
mondo cambiò per sempre. Divennero quasi telepatici. Lui
capì subito il suo pensiero e disse, affrettandosi a farlo
<< Sarei
felice se potessi chiamarla figlia, un giorno. >>
Lei lo guardò e capì che stava dicendo sul serio. Tommaso
stava ridendo dentro. Era felice. Aveva qualcosa. Lei lo
sapeva. Sapeva che c’era qualcosa che gli stava
nascondendo.
<< Cosa
<<
c’è? >>
Nulla. >>
<< Non
è vero. Lo sento.
>>
Tommaso si girò. Erano in un piccolo studiolo ricavato in
soffitta. Si avviò verso una scrivania bianca e rossa. Aprì il
tiretto senza farsi vedere e continuava a dire
<< Nulla.
Veramente. >>
Poi ritornò da lei sul divano dove erano seduti poco prima.
Fece per sedersi ma si inginocchiò.
<< Mi
vuoi sposare? >>
In mano aveva un anello con un piccolo diamante che
emergeva. A lui non piaceva molto ma era l’unico che
poteva permettersi in quel periodo. Era il 21 marzo del 2012
quando in una soffitta adibita a studio Tommaso chiese a
Irina di partecipare alla sua vita.
Si erano frequentati poco. Lei faceva due lavori per riuscire a
mandare i soldi a casa. Non aveva tempo e quel che aveva lo
toglieva al riposo per incontrarlo. Gli appuntamenti furono
pochi e tutto avvenne per telefono.
Quel telefono che ora guardava con amorevole insistenza.
La loro relazione crebbe tra parole e qualche raro incontro
dove si conobbero baciandosi. Lui si spingeva sempre un
passo oltre. Prima il bacio. Poi le carezze. Poi la lasciò in
reggiseno. Infine arrivò a poterla ammirare nella sua
splendida bellezza.
58
Aveva parlato con lei a lungo. Quasi ed esclusivamente il loro
rapporto era nato e s’era costruito sulle parole.
Aveva capito i suoi innumerevoli problemi, durante i
molteplici messaggi e chiamate. Aveva cercato di darle delle
soluzioni. Si erano frequentati poco ma entrambi sembravano
attratti.
Eppure avevano messo tra loro un qualche paletto a frenare
l’entusiasmo che solo i giovani potevano avere. Tommaso
aveva appena trent’otto anni e lei solo trenta. Erano giovani
dentro ma sapevano che la vita era fatta per gli adulti.
Sapevano che occorreva il lavoro per fare famiglia. Sapevano
che avrebbero affrontato molte difficoltà ma non ci
pensavano mai. Andavano avanti sperando di uscire da
quelle viuzze e di ritrovarsi in piazza ad abbracciare
l’infinito.
Lui attese e lei provò a mettersi l’anello. In cuor suo
Tommaso sperava entrasse ma non fu così. Lei lo baciò. Si
fecero le coccole e si strinsero amorevolmente. Lui la denudò
e lei lo lasciò con indosso i pantaloni. Entrambi temevano per
un rapporto sessuale perle conseguenze che si portava
dietro.
Erano consapevoli del desiderio che li stava uccidendo. Due
anni di baci e di carezze. Il massimo era stato il toccarsi a
vicenda.
Tommaso voleva di più. Irina voleva di più. Un giorno
entrambi desideravano andare oltre ma lei disse
<< Se
non avessi una figlia tutto ora sarebbe diverso.
>>
Rimase sbalordita quando Tommaso le disse
Ti amo per ciò che è stato, per ciò che è e per ciò che
sarà. Ti amerò oltre l’eternità. Lo farò scrivere sulle nostre
fedi. Anche il prete dovrà dire “oltre l’eternità” e non “sino a
che morte non vi separi”. È stupido amarsi sino a che morte
non vi separi. Io ti voglio oltre tutte le eternità. Voglio te per
quel che sei. Sei oggi perché hai vissuto quel che hai vissuto.
Ogni nostra lacrima ci ha portato qui. >>
<<
59
A quelle parole lei capì quanto l’amava e capì anche quanto
amava quell’uomo e che avrebbe condotto la sua vita
insieme a lui. Lui sapeva da tempo che avrebbe amato solo
lei. Sapeva da tempo che avrebbe fatto l’amore con lei sino
al suo ultimo respiro, fosse stato a cent’anni.
Fare l’amore con lei non era solo il sesso. Era tutto. I
bisticci. Le riappacificazioni. Il parlare. Il toccarsi e farsi
toccare. Sarebbe stato anche sesso, a tempo debito.
Avrebbe stimolato lei sessualmente anche qualora non
avesse avuto una sola erezione per quello.
Avrebbe fatto con lei i preliminari e le avrebbe dato gioia
sessuale con questi qualora il suo corpo stanco gli avesse
impedito i movimenti per un rapporto completo. Avrebbe
dato attenzione a quell’aspetto anche dopo la menopausa.
Durante la gravidanza. Durante tutta la sua esistenza.
Voleva donarsi a lei. Voleva che lei lo avesse. Avesse tutto di
lui. Anima, corpo, proprietà ma più di tutto i suoi sogni. Le
disse un giorno
<< Ricercami
tra i sogni tuoi. >>
Era la massima espressione di ciò che voleva da lei. Voleva
che lei potesse concedergli la gioia di fargli donare gioia.
Voleva che lei riuscisse a realizzare i propri desideri, di
qualunque natura, nutrendosi di tutto quello che le offriva.
Avrebbe venduto il mondo per due caramelle se quelle erano
il suo desiderio. Soffriva nel non poterle dare tutto e subito.
Soffriva per averla fatta innamorare perché non aveva una
posizione e sapeva che avrebbero incontrato mille difficoltà.
Soffriva per le lacrime che gli avrebbe procurato ma al
tempo stesso voleva che lei si nutrisse di lui. Disse una volta
Io sono la terra e tu hai le radici che si nutrono in me. Ti
estendi e con le tue braccia accogli l’ossigeno che mi serve
per vivere con te. Tu sei la madre dei nostri figli. Sei il seme
e il frutto. Sei ciò che voglio raggiungere. Sei il sorriso di Dio
per me. >>
<<
60
Lorenzo
Lorenzo cercò di disegnare il percorso che li avrebbe
condotti in Romania. Si appoggiò ad un congelatore pieno di
gelati di ogni tipo e gusto. La mappa dell’Italia poi quella
della Slovenia, poi quella della Bulgaria e infine quella della
Romania. Un lungo percorso tortuoso tra quattro nazioni
europee. Per fortuna non dovevano pensare alla dogana.
Prese una penna dal bancone del bar e iniziò a tracciare la
linea che avrebbero dovuto seguire. Avrebbe volentieri
acquistato un navigatore satellitare, anche come applicazione
sullo smartphone ma voleva conservare i soldi, pochi, per
ogni evenienza seria.
Pensò al portatile e alle mappe online ma non sapeva per
quanto ancora potesse navigare. Si grattò la testa e si sentì
colpevole per non aver accettato quella tariffa conveniente
propostagli dalla solita centralinista che ti chiama proprio
quando sei impegnato.
Lorenzo volse lo sguardo all’auto, nella speranza che
nessuno l’avesse rubata mettendo fuori dalla stessa il suo
amico. Lo vide che fissava il suo cellulare e capì che aveva
del tempo per far altro.
Guardò il suo smartphone e decise che avrebbe potuto
disturbare la moglie per avvertirla di quella pazzia.
Il telefono squillò e il suo cuore sembrò rallentare al punto
che iniziò a sentire la testa girare.
<< Amore
dove sei? >>
<< Amore
ti devo dire una cosa. Ti prego non ti agitare.
>>
Lory lo sai che se mi dici così mi agito. Dimmi quello che
devi dire. >>
<<
<< Abbiamo
<<
deciso di … anzi ha deciso di …
Lorenzo? >>
61
>>
Sapeva che quello era il segnale che diceva ‘se non parli ora
ti raggiungo e ti dissanguo pungendoti con un miliardo di
aghi’ ma era difficile darle questa notizia dopo che avevano
discusso a lungo anche di quel viaggio.
Lei non voleva che lui accompagnasse l’amico solo perché
questo aveva ancora i suoi problemi. Voleva bene a
Tommaso ma voleva anche che crescesse e che affrontasse
la vita con i suoi piedi.
Andiamo in Romania. Deve parlare con lei. Lo sai. Deve
liberarsi dalle sue paure per poter avere la testa
concentrata. È un peso per noi … e lo sai. Sai che i problemi
econo… >>
<<
Non riuscì a finire. Lei attaccò il telefono. Pochi istanti e
ricevette una chiamata dal numero della farmacia. Era il
segnale che aveva superato il limite stabilito sia verbalmente
che con dei sott’intesi.
Mollalo lì dove è. Non puoi e non devi far questo. Sai bene
che ti trascinerà nel vortice della sua depressione. Vorrà di
sicuro metterti nel mezzo. Lo conosci. Sai bene che quando si
parla di lei non ha altro perla mente.
<<
Potrebbe aver preso impegni importanti e inderogabili
eppure lei lo distrarrà da tutto e da tutti. Deve crescere. Deve
essere il regista della sua vita. Amore torna. Hai una
famiglia, impegni, i figli hanno bisogno di te. Sai bene che
senza il tuo contributo non possiamo andare avanti. >>
Lorenzo rimase in silenzio. Doveva decidere tra un rapporto
solido e un’amicizia che aveva un valore non scritto. Giada era
tutta la sua vita. Avrebbe fatto tutto per lei ma non aveva il
cuore per abbandonare l’amico. C’era un codice non scritto.
Una relazione tra maschi che le donne non capivano.
Lorenzo sapeva che quella era una scelta che avrebbe
corrotto comunque qualcosa. Pensò che avrebbe potuto
mantenere entrambi i rapporti nella stessa situazione del
giorno precedente, anche se aveva discusso animatamente
con la sua sposa per quello stesso viaggio di lavoro.
62
Lei voleva veder felice il loro comune amico. Tommaso
aveva avuto sempre speciali attenzioni per loro. Li
considerava una seconda famiglia. Portava giocattoli e
faceva favori senza chiedere nulla in cambio. Lei voleva
vederlo crescere e superare i suoi momenti da solo. Sapeva
che con una donna al fianco tutto sarebbe stato più facile.
Aveva portato alcune sue amiche avarie cenema Tommaso
era sempre sulle sue. Sembrava un timido che pretendeva di
essere corteggiato. Lei lo vedeva come un fiore da frutto.
Prima o poi avrebbe visto il frutto. Si aspettava un frutto
dolce ma non troppo. Si aspettava un uomo non solo
nell’aspetto.
Lorenzo sapeva come la pensava Giada. Lo sapeva perché
avevano discusso del loro amico. Anche quando la moglie
portò amiche nubili lui si irritò. Si mostrava scontroso perché
sapeva che Tommaso era tipo da cavallo bianco.
Amore. Ti amo. Amo i nostri figli e per loro ucciderei. Sai
bene che impiegherò tutta la vita per farmi perdonare. Lo
farò. Perciò ora prendo le mappe e mi avvierò verso la città
della donna del mio migliore amico. Lo farò per lui. Lo farò
ben volentieri. Amore. Mi dispiace. So bene che pensandoci
sopra capirai e mi appoggerai. Amore. Ti amo. Ti chiamerò
durante le soste e ti manderò messaggi. Ti prometto una
cosa … non mi lascerò coinvolgere. >>
<<
Giada rimase in silenzio. Voleva far pesare quella decisione al
marito e sapeva come fare. Conosceva tutti i tasti giusti del
suo compagno. Rimase in silenzio e trattenne un singhiozzo.
Poi Lorenzo aggiunse quello che gli diede modo equiparare
le forze
Bacia i bimbi e dì loro che papà gli porterà un regalo. Dì
loro che gli voglio bene. >>
<<
Trattenne a fatica le lacrime ed attaccò sapendo che la moglie
avrebbe pianto.
Guardò fuori e pensò a quanto aveva vissuto con l’amico.
Alle difficoltà, alle birre, alle partite di calcio e alla pizza della
domenica. Guardò e disse tra sé che quella era la decisione
63
giusta. Poi si corresse. Era la decisione migliore.
Tommaso si voltò a guardarlo, come se avesse un sesto
senso. Lorenzo alzò la mano. Si voltò per non far vedere le
lacrime e comprò un paio di cornetti.
64
Alta marea
Tommaso si mise al volante lasciando Lorenzo ai suoi
pensieri. Consumò i cornetti e poi partì alla volta della sua
destinazione.
<< Lì
sorge il sole.
>>
Disse per avviare una conversazione. Lorenzo non disse
nulla e chiuse gli occhi.
Sorge ad est. Hanno un’ora di differenza. Un’ora di
anticipo. Quindi arriveremo un’ora prima. >>
<<
Sorrise ma l’amico rimase in silenzio con gli occhi chiusi. Le
automobili avevano un andamento regolare. Le tre corsie
sembravano disegnate con una matita. Una varietà di
modelli e di volti che sfuggivano ad ogni chilometro.
Tommaso avviò il cd che aveva inserito dalla partenza. Era
sempre lì presente ma mai messo in funzione. Antonello
Venditti era il poeta della loro relazione. Era lui a fare il
commento della loro storia. La scelta della canzone della
loro storia non venne da loro ma dal caso che volle vedere
Irina partire per non sapere quando tornare.
Un giorno Tommaso e Irina parlarono del suo viaggio nella
terra natia.
Lei doveva tornare in patria per star dietro alla figlia.
Doveva assisterla visto che era in quel periodo dove una
bambina diventa donna. Lui non disse nulla se non
È giusto. Parla di me però. Dille che c’è un uomo che ti
ama e che ti vuole come sposa. >>
<<
In quel momento gli vennero in mente le parole di ‘Alta
Marea’ e sentì che quelle descrivevano proprio la loro
condizione in quel momento. Prima della sua partenza
comprò due cd e fece sentire la canzone a lei dicendole
<< Sarà
la nostra canzone. >>
65
Lei ascoltò in silenzio mentre Tommaso cercava di
raccontarle ogni frase associandola alla loro storia. Irina
guardò Tommaso in malo modo. Voleva ascoltare quella
canzone e capire il senso a modo suo, dal suo punto di
vista.
Il cd conteneva quella canzone, solo quella, e lo stereo la
riproduceva con un volume moderato.
Lorenzo sapeva che quel brano era stata una tortura per
l’amico. Avrebbe voluto togliere il cd e lanciarlo in
autostrada sperando che una carovana di tir lo
frantumassero.
La canzone finì e iniziò nuovamente. Lorenzo si voltò a
guardare l’amico ma ebbe una sorpresa. Non vi erano
lacrime. Non c’era quella malinconia caratteristica dei
silenzi che l’amico adottava per convincersi che ‘lui’ era
stato scelto per vivere nella solitudine.
Tommaso stava guardando la strada con un volto sereno.
Gli occhi erano concentrati sull’andamento del traffico ma
avevano quel qualcosa caratteristico di chi riesce a vedere il
futuro in modo positivo.
Era stata la scelta migliore, pensò Lorenzo. Era quella che
avrebbe sistemato tutto. I problemi di cuore e di salute
dell’amico. I problemi finanziari. Il rapporto con la moglie
che era comunque ottimo ma corrotto dai problemi che
Lorenzo si portava in casa.
Anche se non ne parlava sapeva che il suo silenzio
raccontava più di quanto volesse. Aveva una moglie che
lo capiva e che sentiva quel che gli stava accadendo.
Tommaso era lì. L’amico di sempre era lì che sorrideva
con lo sguardo. Che sembrava più sereno. L’amico che
non schiacciava più l’acceleratore e che sembrava godersi
gli istanti prima della conclusione di quello che doveva
essere solo un semplice esame.
Ed ecco che il mondo si affaccia al mio silenzio. >> iniziò
Tommaso << Guarda e ascolta senza parlare. Io sono nel
<<
66
mondo e il mondo percepisce la mia presenza. Come
un’entità unica vivo tra la folla e condivido gioie e dolori.
Le mie lacrime nutrono il pianeta che mi ripaga con un
raccolto abbondate. Ecco che mi ritrovo a non essere più
un semplice ingombro. Ora sono un nome riportato nel
grande libro della storia. Sono parte della storia. >>
Quelle erano le parole che aveva detto dopo aver letto i
romanzi di Asimov. Le aveva scritte alla nascita dei figli di
Lorenzo sul bigliettino che accompagnava il suo regalo.
Lorenzo non volle dire nulla. Quello spirito ritrovato era
quello che giocava a pallone con lui. Era quello con il quale
aveva condiviso paure e speranze. Era finalmente il
compagno di battaglia al quale affidi la vita e con il quale
fai baldoria.
Le donne non capiranno mai. >> disse Tommaso
cercando di fare conversazione. << Non comprenderanno
mai lo spirito di unione che hanno gli uomini. Per noi essere
amici significa qualcosa. Supera la semplice uscita per
andare a comprare un vestito. Per noi essere amici
significa divertimento, condivisione. L’unica invidia è quella
del pene. Se ci pensi bene siamo migliori rispetto alle
donne. Per loro l’amicizia è qualcosa che ha solo due
aspetti. O c’è il chiacchiericcio tra femmine o c’è il volerle
portare a letto da parte degli uomini. Forse gli manca
l’invidia della vagina.
<<
Leggendo i fumetti ho visto che i giapponesi hanno
provato a dare alle donne l’invidia del seno. Una cosa
impossibile. Una terza è eccitante quanto una seconda o
una prima. Non sanno che è la somma estetica che fa il
totale. A noi piace grosso o piccolo basta che stia sul petto
di una che ha bello il volto, i capelli, il sedere, la pussy, e
lo sai, anche l’anima. Ci sono certe donne che
manderebbero il diavolo in chiesa a chiedere perdono per
aver pensato di essere il solo ad avere il predominio del
male. >>
<<
Lorenzo ne ebbe a sufficienza
67
<< Dimmi
quello che hai da dire senza giri di parole. >>
Ho visto quelle rughe in due sole occasioni. La prima era
il giorno nel quale litigasti con la tua Giada per via del
nome del tuo primogenito. La seconda è quando hai
litigato con lei pervia di tua madre. Ed ora hai nuovamente
quelle rughe. >>
<<
Sono rughe di vecchiaia non di pensieri. >> disse
Lorenzo sperando di far cessare quella discussione.
<<
Tommaso sapeva che doveva insistere. Avevano sempre
fatto così. Si conoscevano e sapevano come interagire tra
loro.
<< Giada
ti ha minacciato? >>
<<
No! >>
<<
Ha già chiesto il divorzio? >>
<<
Fottiti! >>
Allora? Dimmi cosa è successo. So bene che l’hai
chiamata per avvertirla del cambiamento dei piani. So
anche che ti ha stritolato le palle quando ha saputo che
dovevi venire con me. So anche che … >>
<< Hai messo delle micro spie in casa mia? >> disse Lorenzo
con tono alterato
<<
Non voglio metterti nei guai. Posso uscire alla prossima
e lasciarti alla prima stazione dei treni. Vado da solo. Sai
che è una cosa che devo fare. Posso anche farla da solo. >>
<<
Lorenzo rimase in silenzio. Passarono diversi minuti e i due
non dissero nulla. Tommaso prese la corsia lenta. Avrebbe
preso il primo casello e abbandonato l’amico senza ulteriori
commenti.
Era capace di queste follie. Un giorno di anni prima, si
recarono insieme ad un pub dove c’erano dei telefoni con i
quali potevi chiamare un altro tavolo e parlare con chi
desideravi.
Tommaso aveva acconsentito ad andare con l’auto dei
68
genitori. Al pub si ritrovarono a ricevere molte chiamate
ma nessuna indirizzata a loro era per lui. I compagni di
viaggio
erano
Lorenzo
ed
Emanuele.
Entrambi
‘conquistarono’ una persona di sesso femminile al tavolo 5
mentre loro erano al 16. A quel tavolo vi erano quattro
ragazze e tutte evitavano Tommaso come un malato di
AIDS evita una semplice influenza.
Le ragazze salirono in macchina con loro. Parlavano e
facevano le ‘civette’ con Lorenzo ed Emanuele ignorando il
guidatore. Passarono venti minuti e si ritrovarono in zona
piramide a Roma. Tommaso tirò il freno a mano e l’auto
scivolò per
qualche metro. Aprì
lo sportello e
semplicemente disse
<<
Scendete! >>
Il comando era riferito alle ragazze ma Lorenzo ed
Emanuele scesero con loro per non lasciarle sole.
Tommaso salì in auto, dopo aver richiuso gli sportelli e
disse
<< Voi
che fate? >>
Gli amici indicarono le ragazze. Sorrisero e si avviarono
con loro dalla parte opposta. Ciò non indebolì l’amicizia
tra i ragazzi poiché loro sapevano tacitamente cosa era
accaduto.
Anche in quell’occasione Tommaso avrebbe sicuramente
lasciato l’amico al primo posto che capitava, anche se non
lì dove si trovasse poiché era in autostrada.
Sapevano entrambi che se Lorenzo non avesse detto ciò
che stava accadendo avrebbe sicuramente dovuto
arrangiarsi con un taxi o i mezzi pubblici.
69
Giada
La farmacia era vuota. Il titolare sapeva che la ragazza
chiamava dal telefono fisso solo se era veramente
importante. Era sempre precisa sul lavoro. Con il sorriso,
anche quando aveva problemi, e capace di dare
suggerimenti, cosa preziosa per il modo con il quale
gestiva la farmacia.
Giada non badò a lui. Era nel retro e continuava a guardare
il display del cordless nella speranza di uno squillo da
Lorenzo. La luce verde della ricarica lampeggiava
ritmicamente come se la vita fosse tutta lì.
Giada non lasciò trasparire pensieri e parole. Voleva
solamente riuscire a tirar le somme e a decidere cosa fosse
meglio fare. Il pensiero andò ai figli ma non evocò una
gioia tale da eliminare quella sensazione di vuoto
provocata dal marito.
“Gli uomini …” pensava “sono capaci di corrompere tutto.
Lory poteva dirmi di sì. Cosa gli costava? Doveva proprio
assecondare lui e non me? Che fine ha fatto la promessa di
condivisione?”
Prese una gomma dalla borsetta e iniziò a masticarla
nervosamente. Avrebbe preferito andar via. Scappare a
casa. Voleva abbracciare i figli e piangere ma era sicura
che il meglio per loro era la sua stabilità.
Lorenzo l’aveva spesso lasciata sull’albero di mezza prima
dell’arrivo di una tempesta.
“È una caratteristica del mio sposo o di tutti gli uomini?”
70
Era questa la domanda che si poneva mentre tornava
dietro al bancone. Lorenzo non era un tipo che parlava
molto. Era dolce ed era un padre ottimo. Sapeva dire
parole dolci e sapeva anche darle le attenzioni di cui
necessitava ma era svanito quel corteggiamento avuto nei
primi mesi.
Sembrava come se fosse tutto ormai palese. Un gesto
improvviso, una cena fuori, sussurri, lettere, parole e
poesie inventate per conquistarla. Come se il dvd del
corteggiamento fosse finito ed era stato sostituito dal dvd
della routine.
Giada sapeva con non poteva pretendere molto, anche
peri problemi finanziari e le difficoltà lavorative del marito.
Lo stress per un affare non andato in porto, per un
pagamento in ritardo o neanche effettuato, era sempre
nell’aria e lei, come una pianta, si era abituata a
quell’ambiente progressivamente inquinato.
Prima vi erano molti baci, carezze, coccole. Sorprese
sotto le lenzuola. Film strappalacrime o quella pizza sotto
le coperte con lui che la accarezzava.
Poi i figli che avevano assorbito il loro tempo ma sembrò
che non furono capaci di consolidare il rapporto. Anzi. Lei si
ritrovò a valutare se fosse stato un bene per loro. Amava i
figli. Ovvio.
Quel che non capiva era il motivo di quei lunghi silenzi.
Quelle cene con quattro chiacchiere dove si parlava di cose
frivole. Quel letto nel quale si sprofondavano dopo aver visto
la televisione.
Lei non rammentava il momento in cui tutto ebbe a
cambiare. L’ultima carezza quando l’aveva ricevuta senza
che fosse il suo compleanno o quello dei figli? L’ultimo
bacio per svegliarla e fare l’amore quando era stato?
L’ultima volta nella quale si erano messi faccia a faccia per
parlare del futuro?
Quale era il colore degli occhi del marito?
71
Certo il sesso era ancora presente, anche se
sporadicamente. C’era ancora qualche attenzione come
spostare le coperte per coprirla. Però temeva che quei gesti
erano una sorta di assicurazione per il suo egoismo. Un
raffreddore della donna che portava i soldi in casa avrebbe
provocato solo problemi.
E lei aveva fatto di tutto per nascondere la tallonite, il
dolore ai surreni o anche solo la pelle secca che dava
fastidio ma per la quale non aveva tempo da dedicare.
E poi quelle serate che dovevano essere solo per loro e
invece c’era sempre un ospite che lui, come se fosse la
cosa più naturale del mondo, invitava senza avvertirla.
Giada guardò l’ingresso della farmacia. Le coppie che
passavano davanti alla porta scorrevole erano mano nella
mano.
Quando loro avevano lasciato la presa? Era stata lei a
lasciare la presa o lui? Forse era colpa del fatto che lei
guadagnava e lui no. O forse era che non si prendeva più
cura del suo aspetto e si era lasciata andare.
L’amore era finito?
Sapeva che doveva prendersi i suoi tempi per capire cosa
fare e come mantenere quel rapporto in piedi.
Sapeva che non doveva mettere Lorenzo in bilico tra lei e
l’amico. Probabilmente avrebbe scelto lei ma ciò avrebbe
segnato per sempre il loro rapporto. La farmacia riprese
vitae lei servì la clientela senza quel classico entusiasmo
che leniva i pensieri dei malati.
72
Ancora Italia
<<
Orgoglio! >>
<<
Cosa. >>
<< L’uomo
agisce per orgoglio. Mentre le donne per… per…
<< Agiscono
<<
>>
>>
per consapevolezza? >>
Se vabbè! Tu le difendi perché hai appena litigato con lei.
<< Ho
detto che non voglio parlarne. >>
Ti sto dando l’occasione per non rimanere in mezzo al
nulla e continuare il viaggio con me. >>
<<
Tom. Sai bene come la pensa Giada. Perché non la
smetti? Se ti dico anche una sola virgola ecco che … >>
<<
Lo so ma tra noi non c’è mai stato un segreto. Abbiamo
condiviso tanto. Ti rammenti delle volte che siamo andati a
bere quando non ne potevi di lei? Ti rammenti delle volte che
tua madre ti voleva incastrare ed io ti ho salvato? Ti
rammenti … >>
<<
Si! Tu rammenta che amo Giada. Non farò mai uno
sbaglio come il dirti qualcosa. >>
<<
<< Guarda
che già hai commesso un errore, secondo lei.
>>
Tommaso accostò per guardare nuovamente la mappa.
Voleva arrivare spedito ma al tempo stesso stava concedendo
tempo all’amico per decidere. Lorenzo invece voleva far
quadrare tutto. Voleva riuscire a tenere insieme l’amicizia e
il matrimonio. Voleva che l’amico capisse quanto stesse
facendo per lui e che ciò fosse sufficientemente abbondante
per ripagare la sua curiosità.
Sulla mappa la strada era stata evidenziata dalla penna
blue. Tommaso mise un dito sopra e già immaginava di fare
quelle curve e di arrivare in giornata a superare l’Italia.
73
Lorenzo disse
Non facciamo più sesso. >> e non attendendo la reazione
dell’amico << Non più come prima. Sembra sempre difficile
far quadrare le cose. >>
<<
<<
La desideri ancora? >>
Certo. Ma non come prima. All’inizio il suo corpo mi
mandava in estasi. Poi … poi ho fatto fatica a sollevarlo. >>
disse mimando con il braccio << Ora però mi sembra che …
non saprei dire. >>
<<
<<
Viagra? >>
<< Fanculo.
Lo vedi perché non ti dico nulla? >>
Tommaso proseguì per fermarsi in una zona di sosta, invece
di rimanere nella corsia di emergenza. Spense il motore e
guardò Lorenzo con la serietà che non aveva mai avuto
prima.
Lorenzo sentiva che stava tradendo la moglie ma non ne
poteva più di dover affrontare tutto da solo. Si sfogò senza
pensare a quello che stava dicendo né tantomeno se il
discorso stesse ancora seguendo un filo logico.
Era così bella. Lo è ancora. Ma tra i bambini e il lavoro
sembra che io non abbia più energie. Mi sento attratto da lei.
Eppure non ho un’erezione come nel passato. Stando a letto
con lei sogno di baciarla ma poi ho paura che lei voglia far
l’amore con me. Cosa gli posso dire? Ho il mal di testa? Posso
dire che sono stanco una o due volte ma non tutte le volte. Ho
smesso di baciarla. Ho smesso di coccolarla. Ho smesso di
prestarle attenzione per paura che lei la prestasse a me.
<<
Mi sento impotente. Non come pensi tu. Mi sento come
se non avessi nessuna possibilità per cambiare questa
condizione. Ti ricordi l’anno scorso? Sono stato al mare e ho
iniziato la corsa mattutina per una decina di giorni. Alle
cinque mi alzavo e poi mi mettevo a correre. Con me c’erano
giovani ragazze. Seno prosperoso con i capezzoli che mi
puntavano dietro quelle magliette bianche senza reggiseno.
<<
74
Alle volte vedevo alcune a petto nudo sdraiate di prima
mattina. Mi eccitavano. Mi eccitavano e volevo appartarmi
con loro. Sbatterle in qualche buco per poi andar orgoglioso
delle mie doti amatoriali. Una sveltina la mattinami avrebbe
tolto da quell’imbarazzo.
Tornavo indietro e la vedevo lì, sdraiata. Pancia in giù con
quel costume che non riusciva a coprirla. Intravvedevo i
capezzoli e i peli. Quanto mi piace il pelo.
Ma poi … sulla porta mi fermavo. Rimanevo a guardarla e mi
bloccavo. Temevo che avrei fatto sesso con lei mentre ero
eccitato per altre. Come un tradimento. Come se avessi usato
lei peri miei scopi personali.
<<
A quel punto mi girai e andai nella stanza dei miei figli. Li
osservavo pensando che avrei dovuto provarci almeno perl
oro. Ma anche questo mi bloccava. Fare l’amore a comando o
per ragioni diverse dal desiderio mi sembrava inopportuno.
Andai anche dove c’erano le mignotte. Eppure non ho
potuto starci con loro. Non avrei più potuto guardarla. Mi
sento come se … >>
<<
Tommaso alzò la mano e disse
Io non posso capirti. So bene che ami Giada e so quanto
Giada ti ami. Dovete risolvere i vostri problemi parlando.
Portami i bambini e prenditi una settimana, dieci giorni o
quanto vuoi. Provaci. Non mollare. Mi hai visto? Sono qui
perché ho mollato. Ho ceduto alla tentazione di fare il
superiore. Eppure sono qui. Mi trovo sulla strada che mi
condurrà a lei. Amico mio … Ciò che ti chiedo è prenditi una
pausa da te stesso. >>
<<
Lorenzo non disse altro. Guardò fuori cercando un punto ove
fissare lo sguardo su quei terreni a lui sconosciuti. Il cielo
era libero da nubi. Un lieve vento smuovevai rami lungo
l’autostrada. La mappa era aperta sulle sue gambe e in parte
su quelle di Tommaso.
Si domandò se fosse tutto normale. Se quella fosse stata
una scelta che non avrebbe maledetto. Guardò infine
Tommaso e disse
75
<< L’uomo
agisce per istinto. La donna agisce per amore. >>
76
Italia alle spalle
L’automobile superò il confine e Tommaso accostò per avere
il cambio alla guida. A quell’andatura sarebbero arrivati
forse dopo tre giorni. Ma per Tommaso era meglio. Poteva
riflettere sugli scenari e sulle varie opzioni. Cosa avrebbe
fatto se l’avesse vista nelle braccia di un altro. Cosa avrebbe
fatto e detto se lei avesse confessato il suo eterno amore per
lui. Cosa se non l’avesse incontrata. Cosa se ci fosse stata
un’altra guerra nucleare.
Avrebbe combattuto per arrivare a lei e per dirle che
l’amava. Lo sapeva. Lo sentiva. Era lei la donna con la quale
attraversare le difficoltà della vita. Ovviamente avrebbe
scelto anche di vivere da solo. Era abituato a quel pensiero.
Sapeva che non poteva attrarre nessuna donna.
Nei sogni gli incontri avvenivano specialmente con Irina ma
anche con Valeria e tutti avvenivano per un caso. Lui
incontrava una delle due. Le seduceva con un gesto
romantico. Le portava in spiaggia durante la schiusa delle
uova delle tartarughe marine. Le affascinava con la bellezza
che il creato aveva.
Faceva da guida nel cosmo mentre lei, una delle due,
iniziava ad amarlo perdutamente. Tuttavia amavano lui
come specchio del creato e non lui perle sue qualità.
Amavano specchiarsi in lui e non vedere quel che poteva
proporre loro.
Odiava il suo aspetto e il suo volto. Non era tanto il
sovrappeso. Gli era impossibile trovare bellezza nel suo
volto. Gli appariva come quello di un criminale. Odiava quel
volto come odiava ogni sua imperfezione. Le difficoltà per
superare l’ansia. Le difficoltà per arrivare alla laurea. Il
lavoro. Il suo carattere spigoloso. La continua voglia
dell’attrice e artista che adorava e che desiderava con tutte le
particelle del suo corpo.
Eppure Irina era stata la prima e l’unica. Era stata lei il suo
77
primo rapporto. Era stata l’unica a dire “Ti amo” e a baciarlo.
Aveva cambiato il suo modo di vivere il mondo. Lo aveva
catapultato in una realtà nuova. Aveva tolto la colonna
sonora dei film e aveva consegnato la penna del suo
destino nelle sue mani.
L’aveva fatto crescere in poco tempo. Entrambi erano
cambiati ma Tommaso poteva notare solo quanto lei aveva
pesato in quello che ora era.
Eppure c’era sempre stata qualche difficoltà tra loro. Lei
sembrava volerlo allontanare. Aveva molti problemi in casa
e aveva una figlia da crescere. Tommaso era ancora un
fanciullo dentro e lei lo aveva intuito. Temeva che il suo
fosse solo un altro errore. Come l’ex marito che aveva amato
ma che era vissuto sulle sue spalle. Irina sapeva bene che gli
uomini sanno far del male in molti modi.
Colpiscono basso. Inconsapevolmente sanno entrare nella
psiche e distruggerla. Sapeva che Tommaso avrebbe dovuto
cambiare sé stesso. Eppure si tuffò in quella storia per le
attenzioni che riceveva. Sentiva la sua presenza anche con
un semplice messaggio. Sentiva di potersi abbandonare
nelle sue braccia.
Non le importava di dover mandare avanti la famiglia da
sola. Sapeva che Tommaso avrebbe amato lei e la figlia.
Eppure non bastava. Doveva cambiare. Doveva maturare.
Doveva superare le sue crisi, la sua vita e il suo modo di
vedere il mondo.
Tommaso invece sentiva che lei sfuggiva ma non capiva il
perché. Cambiò stile di vita, modo di agire e anche il modo di
vedere gli altri.
Fu lei a mostrargli la differenza tra amico e sfruttatore.
Sempre lei ebbe la pazienza di accarezzarlo mentre la sua
ansia stava prendendo il possesso del suo destino.
Tanto doveva ad Irina. Si conosceva grazie a lei.
Sapeva che avrebbe fatto l’amore anche con altre donne se
avesse potuto. Eppure l’eccitazione arrivava solo con lei e
78
con il suo idolo. Guardando l’una o l’altra sentiva una voglia
irrefrenabile tale da consentirgli di tirare un aratro da solo
per centinaia di chilometri.
Sentiva il suo corpo in subbuglio. Le desiderava. Voleva
entrambe ma in modo diverso. Eppure non sentiva di capire
quale fosse la differenza. Erano diverse fisicamente. Il seno,
la statura, il modo di guardare il mondo, il modo di
sorridere. Tutto era diverso eppure per lui era tutto
meravigliosamente sublime.
Avrebbe ben volentieri vissuto in un harem con entrambe.
Spesso si domandava cosa fosse l’amore.
Sapeva che era solo una parola. Il vero amore, per lui, era
nei gesti, nelle intenzioni, nel rispetto, nella verità e nella
dedizione. Era donarsi senza sentirsi in credito. Era soffrire se
lei era triste o aveva litigato con la figlia.
Era l’empatia unica tra due anime che sollevate nel cielo
riuscivano ad orientarsi poiché viaggiavano vicine.
Tommaso chinò il capo sul finestrino e si addormentò. Lorenzo
guidava sempre in modo calmo. La macchina procedeva
fluida su quelle strade sconosciute. Sembrò tutto perfetto e
normale quando Tommaso si svegliò di colpo. Prese quel
cellulare. Lesse ed urlò.
Lorenzo spaventato accostò il mezzo sul ciglio della strada.
Tommaso continuò ad urlare. Scese dal mezzo. Si avviò di
qualche passo davanti al velivolo e si chinò. Non riusciva a
respirare. Iniziò adire a sé stesso
“Non è un infarto. Non stai per morire. Respira. Dai! Puoi
riuscire a superarla. Non devi andare in bagno. Nessuno ti
giudica. Respira. Puoi farcela. Sei più forte. Lei ti aspetta.
Respira. Puoi farcela. Sei forte. Respira. Dai! Cazzo! R-E-S- P”
Lorenzo riuscì in tempo ad uscire e ad evitare che l’amico
cadesse di faccia sull’asfalto. Con sangue freddo prese
l’amico tra le braccia. Lo distese sul sedile posteriore, mentre
le auto rallentavano per vedere meglio cosa stesse
accadendo. Entrò e prese due profondi respiri. Provò a
79
svegliare l’amico ma nulla.
L’automobile si avviò e i limiti di velocità, i cartelli e le
strisce divennero optional.
80
Dove sono?
Il colore bianco e quell’odore avevano dato gli indizi su dove si
trovassero ora. Tommaso era sdraiato su un lettino. Le scarpe
non erano ai suoi piedi mentre i vestiti erano ancora quelli del
giorno prima. Si guardò intorno e si domandò “Dove sono?
Che giorno è?”
Lorenzo era ai piedi del letto. Dormiva. Tommaso fece fatica
a mettersi seduto. Tutti i muscoli erano indolenziti. Provò a
svegliare Lorenzo spostando la sua testa con il piede.
L’amico si mosse leggermente ma rimase con la testa
appoggiata sul materasso.
Tommaso si alzò. Voleva trovare qualcuno e chiedergli lumi.
Capì che fuori era buio e questo lo agitò. Uscendo incontrò
una signora anziana che camminava lentamente lungo il
corridoio. Le luci al neon la rendevano ancor più in là con
l’età.
<< Scusi
dove siamo? >>
Domandò con voce bassa per non svegliare altre persone.
Aveva il corpo che sembrava avesse affrontato tutte le prove
delle olimpiadi in una giornata sola.
L’anziana si voltò e socchiuse gli occhi per tentare di
focalizzare l’immagine. Vide quell’uomo sulla porta della
stanza e il suo volto bianco con le occhiaie. Prese coraggio e
disse
<< In
ospedale. Reparto psichiatrico. >>
Tommaso ebbe la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di uno
scherzo. Cercò in giro qualche altro volto ma l’anziana donna
era l’unica ad essere sveglia.
<< Che
ore sono? >>
<< Le
due e mezza di notte.
<< In
che giorno siamo? >>
>>
81
L’anziana rimase in silenzio. Era un reparto dove arrivavano
pazienti di ogni tipo. Gente che urlava o che aveva la bava
alla bocca.
Gente che aveva preso psicofarmaci tutti insieme o che non
smetteva di tremare e di dire cose senza senso. Quel
silenzio prolungato provocò altro disagio in Tommaso che
però sembrava avesse tutto sotto controllo. Dentro di sé il
mare era placido. Gli uccellini cinguettavano e il sole
tramontava arricchendo la volta celeste con colori unici.
Dentro aveva quella calma che non aveva mai provato.
Avrebbe dovuto spaventarsi per quello stato. Non
rammentava neanche l’ultima volta che ebbe modo di
sentirsi in pace con sé stesso. Eppure era lì, in attesa di una
risposta da una donna anziana che non conosceva. Voleva
sapere come fosse finito in quel posto e dovesi trovava
esattamente. La signora si voltò e riprese a camminare.
Tommaso rimase intontito. Sentì una mano sulla sua spalla
e vide il volto pallido di Lorenzo.
<<
Ehi!
<<
Ehi! Cos’è successo? >>
>>
<< Hai
avuto un collasso. La tua pressione era alle stelle e …
i medici hanno detto che hai spento il cervello. >>
Tommaso si piegò sulle gambe. Respirava bene. Aveva il
corpo sotto controllo. Non sudava e riusciva a ragionare
lucidamente. Analizzò tutte le parole e tentò di arrivare da
solo a comprendere cosa fosse accaduto. Cosa era cambiato
e perché.
Poi …
Il telefono, quello speciale, aveva la batteria scarica.
Tommaso lo prese dalla tasca che aveva sulle gambe
all’altezza delle ginocchia. Tentò ti accenderlo ma fu inutile.
Lì poteva trovare ciò che cercava. Il motivo per il quale ora
stava decisamente meglio. Ciò che era responsabile di quel
cambiamento radicale. Sentiva che doveva essere importante
ma non ricordava. Era il loro cellulare, quello che usava per
82
comunicare con lei.
Lì vi era qualche informazione che doveva assolutamente
conoscere prima di subito.
Guardò Lorenzo che capì senza necessità di parole. Sparendo
nella tromba delle scale Lorenzo si precipitò all’ingresso dove
aveva lasciato l’automobile.
Lì poteva trovare le loro borse e sicuramente il caricatore
del cellulare. Un modello vecchio quindi un caricatore
differente da altri che portavano con loro.
Arrivò all’automobile dopo cinque minuti e con il suo
smartphone illuminò la portiera e il telecomando per aprirla.
Due lampeggi rapidi. Iniziò a spostare le sue borse e ad
aprire quelle dell’amico. Si sentiva strano, sporco. Non
voleva vedere cosa avesse con sé. Però doveva trovare quel
carica batterie. Era importante. Lo aveva capito.
Alcuni minuti dopo si ritrovò a guardare il volto di Tommaso
mentre il led verde lampeggiava. Ci voleva del tempo per la
ricarica. Lorenzo ne approfittò per aggiornare Tommaso
della situazione. Gli disse dell’inversione di marcia per
portarlo in Italia. Gli disse che aveva avvisato la madre.
Passò un’ora e alla fine la spia rimase accesa. Lorenzo
continuò a parlare di quello che era accaduto. Del panico che
gli era entrato in corpo temendo per l’amico. Della telefonata
alla moglie per avvertirla di quell’incidente. Della
conversazione con i medici. Tommaso ascoltò la storia senza
dire nulla. Staccò la spina e prese le scarpe dicendo
<<
Grazie. Ora andiamo. >>
<<
Devi ancora fare i controlli. Devi anche mangiare.
<<
No! È tardi. Dobbiamo andare. >> e si avviò verso l’uscita.
>>
Lorenzo rifletté sul quello che doveva fare e alla fine seguì
semplicemente l’amico. Arrivati alla macchina si voltò e disse
Se ti risenti male ti lascio lì senza pensarci due volte. Non
posso farti da balia. Più di tutto non credo che … >> e non
terminò il concetto.
<<
83
L’amico entrò senza dire nulla. Era concentrato su quello che
stava per fare. Sapeva che qualcosa nell’amicizia s’era
corrotta ma sapeva anche che avrebbe potuto sistemare una
sola cosa alla volta. Prima veniva lei e se ne rese conto solo
allora.
Accese il cellulare mentre l’amico mise in moto. Ci volle
qualche istante prima che il cellulare gli permettesse di
avere accesso ai messaggi. Uscirono dal parcheggio
dell’ospedale e si avviarono nuovamente verso la meta di
Tommaso. Lorenzo era in un altro mondo. Guidava senza
alcun segno di vita nell’animo. Aveva tutta l’intenzione di
accostare e lasciare l’amico da solo ma anche di dargli
un’altra possibilità. Di chiarirsi e di procedere per quella
pazzia insieme, così come era stato nella vita sino ad allora.
Tommaso sospirò quando vide il numero dei messaggi in
memoria. Vide uno non letto e …
84
Nell’oblio ti troverò.
Lorenzo non ebbe difficoltà a trovar parcheggio in quella
sosta dedicata ai camionisti. Il ristorante era semivuoto e la
gente non badava a loro. Con un inglese spartano riuscì ad
ordinare bistecche e insalata per due. Un vinello della casa e
un dolce del luogo. Sul cartello c’era Dragomer ed erano
ancora in Slovenia. L’accoglienza era di quelle che ti facevano
sentire a casa. La bistecca era ben cotta e l’insalata scondita,
con i condimenti sul tavolo.
Tommaso mangiava di gusto. Aveva gli occhi lucidi ma era
sereno. Volto disteso e un ritrovato appetito. La minaccia di
Lorenzo era la discussione sul tavolo
Lo sai bene >> stava dicendo Tommaso << che non ho
intenzione di mentire. Sto bene. Ho come liberato il mio
mondo da quell’oblio che mi aveva posseduto sino a che non
ho letto il messaggio. >>
<<
<<
Cosa diceva? Come può un messaggio far ciò? >>
Non lo so come ha potuto. >> evitò attentamente di
rivelare il contenuto che gli aveva cambiato la vita.
<<
Aveva una gioia interna che Lorenzo intuiva ma non riusciva
a spiegarsi. Sentiva che qualcosa era cambiato nell’amico
ma pensava che fosse uno di quei storici momenti dove
Tommaso sembrava sereno. Come un seme che riposa su di
un terreno fertile la sua ansia e il panico erano pronti a dar
i frutti senza che qualcuno ne ravvisasse la presenza.
Ho avuto la sensazione che qualcosa uscisse da me.
Ricordo che stavo soffocando ma ricordo anche quella marea
interna. Posso dirti che rammento la sensazione. Un bruciore.
Poi il vuoto. Mi sono risvegliato in ospedale sentendomi
leggero. Svuotato. Riposato e con le idee… anzi no! … con la
mente lucida. Riesco a riflettere senza dover far attenzione
ad altro, come avveniva in passato.
<<
<<
Prima dovevo riflettere a cosa stesse accadendo al mio
85
corpo. Facevo attenzione alle sensazioni. Era come se dentro
di me ci fosse un giudice di gara in attesa del vincitore
all’arrivo. Mah! Forse non rende l’idea. Ero sempre in attesa
che quella bestia del DAP facesse la sua comparsa.
<< Avrei voluto guardare sotto il letto e dentro gli armadi al
fine di scoprire se realmente non vi fosse niente a
minacciarmi. Speso ho dovuto fare degli sforzi eccessivi per
mantenere il controllo. Controllavo la presenza dello xanax
mettendo mano sulla custodia in attesa. >>
Il racconto era noto ad entrambi. Tuttavia Tommaso riusciva
ora a parlarne in modo distaccato. Serenità nel mostrare
quelle catene che lo avevano reso schiavo e lo avevano
rallentato.
Lorenzo guardava l’amico sentendo che stava partecipando
a qualcosa di nuovo. Poteva così consolidarsi quel rapporto
fatto di storie tristi e gioiose oppure sarebbe stata la fine di
una lunga convivenza.
Tommaso finì la sua bistecca e iniziò l’insalata. La gente
distrattamente li guardava. Il locare era in legno e gli odori
della cucina alimentavano la fame degli ospiti. Le cameriere
andavano tra i tavoli correndo senza fermarsi. Lorenzo decise
di pagare subito e di lasciare anche la mancia. Erano abituati
a lasciare la mancia specialmente se erano serviti da donne.
Tommaso vide il piattino con la ricevuta e i soldi. Prese in
mano la ricevuta e la mise nel portafoglio. Era un ricordo di
quel nuovo album che stava riempiendo.
Lorenzo andò alla toilette prima di seguitare a guidare.
Dentro un paio di camionisti stavano parlando in una lingua
a lui sconosciuta.
Tommaso si avviò verso l’uscita ma poi si voltò. Andò verso
la cameriera che li aveva serviti e allungò la mano dicendo <<
Grazie. >>
Lei capì e strinse la mano rispondendo in italiano. Tommaso
non badò alla risposta e si avviò nuova mente verso la
porta e quindi verso il parcheggio.
86
Salì in macchina e accese il suo cellulare di lavoro. Mise
questo in roaming e si domandò quanto potesse parlare con il
credito che aveva.
<<
Mamma? >>
<< Stai
bene? >>
Si ma’! Sto bene. Sto in viaggio perla Romania. Le vado a
prendere. >>
<<
<< Stai
attento. >>
<< Ciao
ma’. Ti voglio bene. >>
Tommaso salì in auto nel posto di guida. Accese il loro
cellulare e rilesse il messaggio. Non pianse come aveva fatto
prima. Questa volta il sorriso si allargò al punto che anche
quelle nuvole bianche sembravano qualcosa di meraviglioso.
Si guardò intorno.
Attese Lorenzo con la testa appoggiata sul volante. Abbassò i
finestrini per far cambiare l’aria all’abitacolo. Si tolse anche le
scarpe per massaggiarsi i piedi.
Lorenzo salì quando aveva già rimesso le scarpe al loro
posto. Sedendosi al lato passeggeri disse
<<
Te la senti di guidare? >>
Certamente. Sto bene. Non temere. Non mi accadrà nulla.
Ora sono tornato
… normale. Come quando ero piccolo e non avevo ancora
vissuto la prima crisi. Allora neanche ci conoscevamo. >>
<<
Lorenzo guardò l’amico e perla prima volta si domandò come
era da bambino. Forse non sarebbero stati amici. Forse
avrebbero litigato per il pallone o per altro.
Tommaso mise in modo e da subito il mondo capì che lui non
era più quello di prima. Guidava piano e seguiva i segnali. I
suoi occhi seguivano le linee disegnate dall’uomo. Non si
distraeva con il paesaggio o non guardava altro.
Era un’altra persona e si sentiva così. Sentiva di essere
87
capace di vivere serenamente. Aveva in mente lei, il
messaggio e ciò che il loro futuro poteva riservargli.
Lorenzo non diceva nulla. Sentiva la presenza dell’amico
come di un corpo estraneo. Chiamò a casa.
Amore. Si! Stiamo bene. Continuiamo. … Cosa? … Si!
Guida lui. … No! Non temere. Tutto bene. >>
<<
Tommaso no badò all’amico. L’automobile si mise in coda e
seguì la strada che conduceva alla prossima sosta. Un’altra
nazione e poi la Romania.
Lorenzo iniziò
Allora chiariamoci. Ho deciso di seguirti per la nostra
amicizia. Ho litigato con Giada e tu … tu sei fuori di testa. Sei
stato in ospedale e non hai voluto farti controllare come si
deve. Se ti senti male io ti lascio dove sei senza più aiutarti. Ti
ho chiesto di rimanere in ospedale per farti visitare. Vuoi
sempre fare di testa tua. Ti ho assecondato ma … >>
<<
Tommaso lo zittì
Ti chiedo scusa. Ora sto veramente bene. Te l’ho detto. Mi
sono liberato di un peso. Devo tutto a lei. >>
<<
<< Anche
la tua disperazione. >>
Anche. Però mi sono ritrovato. Vivevo in un tunnel.
Vivevo sotto nelle profondità oscure dell’oceano dove la luce
non riesce a penetrare. Orami trovo sulla battigia a
guardare la risacca. Vedo le barchette con le loro vele che si
stagliano all’orizzonte. Ora sento me stesso in armonia con
la natura. Sono felicemente vivo. >>
<<
<< Ti
sei ritrovato? >>
No! È lei che mi ha ritrovato. Lei mi ha segnato la via. Ha
acceso le luci al fine di farmi atterrare sulla pista giusta. Ha
indirizzato il faro. Senza di lei ero nell’oblio. Senza di lei non
vivevo, sopravvivevo. Ora sono me stesso e lo devo solo a
lei. >>
<<
<< Cosa
c’era scritto nel messaggio? >>
88
<< Non
posso. Ti dirò solo che nel messaggio ho trovato lei.
89
>>
Irina ora
Il telefono non dava segnali da troppo tempo. Lei si
domandava perché lui non le rispondesse. Cosa era
accaduto? Forse stava male. Forse un incidente. Cosa poteva
saperne lei. Aveva inviato quel messaggio da troppo tempo e
sperava in cuor suo che lui avesse capito.
Sentiva che doveva chiamarlo ma non aveva un attimo di
respiro. Il negozio iniziava ad andar bene ma ancora non
riusciva a portare a casa quel tanto che bastava per avere
una famiglia.
C’erano le clienti abituali e qualcuna che entrava
promettendo che avrebbe reso periodica le sue visite. Ma lei
lo sapeva. Sparivano.
Il telefono era in carica vicino allo specchio. Sempre acceso e
spesso lo guardava per vedere se c’era quella busta che
indicava la presenza di un messaggio. Correva veloce
quando ne appariva una, ma era l’operatore che l’avvertiva in
riferimento al credito.
Era tentata di inviare un altro messaggio o di chiamare ma
non poteva poiché il messaggio lasciato era inequivocabile.
Lui doveva risponderle. Era lui che doveva metter fine a
quel delirio.
Le clienti si erano abituate al suo umore. Continuava ad
essere professionale servendole come al solito ma non aveva
più quel sorriso che in qualche modo faceva effetto anche a
loro.
La figlia non nominò più quel nome. All’inizio aveva sperato
che la madre riuscisse a trovare il coraggio di rompere quelle
regole non scritte. Voleva che lo chiamasse anche perché
temeva due cose. La prima, forse la più importante per lei,
era il non poter più adoperarlo come discorso per cambiare
argomento, quando era in una situazione a lei scomoda.
La seconda erano i regali che Tommaso le aveva fatto per i
90
compleanni e per ogni festa. Aveva anche ricevuto regali per
il solo fatto di esser stata promossa.
Un giorno tornò a casa e vide la madre nervosa. Aveva il
timore di indagare ma non poteva far finta di niente a lungo.
Prese il coraggio e le domandò
<< Mami?
Cosa hai? >>
Lei non rispose. Guardò la figlia e mosse la testa per dire
“no”. La bambina continuò a fissarla con i suoi occhi nocciola
e i capelli lunghi che le scendevano sulla schiena. La madre
sparì per qualche minuto nella sua stanza. Tornò di nuovo in
soggiorno e le diede un pacco postale. Sopra il nome della
bambina e il nome di Tommaso.
La bambina guardò stordita. Aprì il pacco e dentro ve ne era
un altro mal fatto. Un bigliettino, tradotto poi dalla madre,
diceva “Scusa ma non sono bravo in queste cose.”
All’interno un tablet ultimo modello.
Lei lo prese e i suoi occhi si allargarono come in una stanza
semioscura. La madre vide il sorriso della figlia e subito
disse, continuando a leggere la lettera
Lo ha fatto perché vuole che tu prenda il massimo in tutte
le materie. >>
<<
La bambina non stava neanche sentendo. Prese il tablet e
iniziò a leggere le istruzioni. Lo mise sotto carica e già
immaginò il volto delle amiche mentre lei lo usava. Subito la
madre disse
Non ci pensare neanche. Questo resta in casa. Lo userai
per studiare. Compriamo i libri online e li metti qui. Ti
aiuteranno. Se vedo che lo porti fuori come un giocattolo ti
assicuro che non lo vedrai mai più. >>
<<
Quella minaccia era reale. Ci fu una discussione tra
Tommaso ed Irina. Lui voleva che la bambina fosse felice
perché sosteneva che
Se lei è felice di sicuro lo sarai anche tu. So bene che
l’ami e quindi i l suo sorriso diverrà nutrimento per il tuo. >>
<<
91
Aveva ragione.
Irina fu contenta di vedere la figlia felice per tutta la
settimana. Sapeva anche che il desiderio della figlia era
quello di portare a scuola quel regalo. Sapeva che Tommaso
aveva dovuto rinunciare a qualcosa per farle quel pensiero
ed odiava dover litigare con la figlia per lo schermo rotto o
per qualche graffio se non perché qualcuno lo aveva rubato.
La bambina, ormai signorina, voleva che le cose tornassero
come un tempo. Con i doni che apparivano senza un perché.
Con i regali nei giorni attesi. Con i pranzi che Tommaso regalò
ad entrambe e le follie della madre.
Irina l’aveva portata al ristorante quando quell’uomo
dall’Italia gli mandò dei soldi. Nel messaggio indicò la
condizione che quelli dovevano essere consumati per una
cena tra lei e la figlia.
La madre la portò in un bel ristorante di Piatra Neamț e fece
mettere un piatto anche per un posto vuoto.
<< Chi
aspettiamo? >> chiese Anna
<< Nessuno.
Lui non può essere qui, però per noi lui è qui! >>
Anche il cameriere trovò strana quella cosa. La serata si
svolse tranquilla e loro parlarono a lungo e spesso Irina
evitava di soffermarsi sull’argomento Tommaso.
Sembrava che volesse tenersi quell’argomento per sé. Era
consapevole di dover coinvolgere la figlia, anche perché lei
avrebbe subito le decisioni della madre. Però era gelosa e
non voleva che quel nome uscisse dalla sua bocca, come per
paura di perderlo.
Anna prese il pettine e iniziò a passarlo tra i suoi capelli. Le
clienti la guardavano sempre con molta tenerezza e anche un
pizzico di invidia. Loro erano costrette a farsi mettere prodotti
per colorare i capelli, a far nutrire la cute e a fare dei tagli
che nascondessero quelle imperfezioni che l’età porta con sé.
Anna era l’esatta pubblicità di un negozio di parrucchiera che
compie miracoli.
92
La madre non badava alla figlia. Aveva i suoi pensieri e
stava cercando di accontentare una donna che voleva un
taglio alla Audrey Hepburn, pur non avendo il volto adatto.
Aveva fatto tagli di ogni specie e genere. Molte delle signore
volevano i tagli delle riviste e in poche chiedevano qualcosa
di così rétro.
La signora si godeva la sua lenta trasformazione. Aveva,
come altre, rinunciato a chiedere notizie dell’infelicità della
donna che le stava sistemando i capelli. Qualcuna venne
presa a male parole quando propose di farla incontrare con il
figlio o il nipote.
Irina mostrava l’anello che aveva ricevuto per la proposta.
Le donne lo guardavano e nei loro volti c’era scritta la
disapprovazione per un gioiello che non aveva un gran valore
economico.
Però Irina disse a Tommaso che quello sul quale avrebbero
speso dei denari era la fede.
Aveva ricevuto una parure per il suo compleanno. Poi altri
regali ma sempre di meno. Tommaso le aveva detto che
stava subendo la crisi e che aveva mille difficoltà.
Le scrisse dei corsi che per fortuna superava al primo corso.
Le scrisse di quelle opportunità che non si avverarono, sogni
infranti di un sognatore. Le scrisse e le disse quanto sperava
in un cambiamento con lo studio, con alcune strategie che
però non gli diedero modo di avere la stabilità.
Lei gli diceva spesso
<< Sarò
io a farti venire qui. Non ti preoccupare.
>>
Ma sapeva che Tommaso era orgoglioso e che in Italia aveva
una rete di amicizie e conoscenze tali da poter almeno avere
qualche opportunità. In Romania avrebbe dovuto iniziare
tutto da zero.
Imparare una lingua e gli usi e costumi. Studiare le leggi.
Trovare un lavoro e tenerselo.
93
Quello era un problema. Tommaso aveva lavorato anche
nell’industria e alle dipendenze ma era uno spirito libero e lei
lo sapeva. Lo amava anche per quello.
Amava di lui molte cose e al tempo stesso odiava quei suoi
scatti di stupidità. Sapeva che c’era la distanza a far da
destabilizzante. Sapeva che i problemi in Italia non erano
passati. Sapeva che la carenza di sesso e le incomprensioni
avrebbero creato una frattura che il tempo avrebbe risanato.
Eppure non capiva l’ultima litigata. Non riusciva a
comprendere perché aveva messo un muro dinanzi a lei. Era
stata costretta a prendere la decisione di rinviare il suo
viaggio in Italia. Avrebbe voluto partire da molto e, anzi,
avrebbe voluto rimanere in Italia. Però il piano era chiaro.
Due nazioni due opportunità.
Tanti difficoltà nel provarci e comunque era meglio
moltiplicare le opportunità che essere schiacciati e avere un
futuro pieno di punti interrogativi. Sapeva bene che i sacrifici
di oggi sarebbero stati la felicità di domani. Anche Tommaso
l’aveva capito. Eppure quello era uno di quei sacrifici e lui
sembrava non volerlo accettare. Nel negozio entrò una
anziana signora che conosceva Irina e la sua famiglia.
Era una di quelle che sanno sempre tutto di tutti. Vide la
figlia mentre tentava di farsi le trecce e sorrise all’idea di
quanto fosse bella la spensieratezza di quell’età.
Prese posto nella sedia in attesa e domandò
<<
L’assistente? >>
Irina rispose senza staccare gli occhi da quei capelli finto
biondo che non volevano conformarsi alla sua maestria
L’ho mandata a prendere i prodotti dal fornitore. Si trova
a due chilometri. So bene che è andata a fumarsi una
sigaretta e poi a fare un salto da quel tipo … >>
<<
L’anziana sorrise e si accarezzò i capelli color platino.
<< Peccato.
Ero venuta per un taglio veloce.
94
>>
<< Aspetti
che tra qualche minuto ho finito. >>
Irina non voleva deludere una delle clienti che apprezzava
per il tatto e per la gentilezza. Aveva fatto il suo ingresso il
giorno dell’apertura. Era stata una delle prime clienti e da
allora aveva sparso la voce con amiche e nipoti delle amiche.
Fu lei a segnalarla al fotografo che si occupava di matrimoni.
Grazie a quello il giro di affari aumentò, anche se le difficoltà
non cessarono. Sperava che in un anno potesse capire se il
negozio funzionasse oppure se era meglio abbandonare.
Fu Tommaso a dirle di provarci altri due anni. Disse
Ci vuole tempo. Prima devi farti una clientela storica. Poi
ti basi su questa per capire se riesci ad arrivare a fine mese.
Infine analizzi le clienti sporadiche e quelle occasioni come i
matrimoni. Mettendo tutto insieme potrai decidere. Ora sei
solo stanca. Vieni e riposati. >>
<<
Ma lei non poté partire. Avrebbe voluto ma in realtà aveva
ancora problemi economici che in parte Tommaso aveva
risolto. Non aveva i soldi dei biglietti, anche se sapeva bene
che Tommaso avrebbe noleggiato un aereo intero per farla
ritornare. Rimase aperta quell’agosto e l’agosto successivo.
In parte fu un bene. Cambiò assistente. Cambiò fornitori.
Decise di cambiare anche banca per i costi che quella prima
scelta avevano.
Decise l’anno dopo di non andare per problemi di salute ma
anche per allargare il giro d’affari con il servizio in casa.
Provava e riprovava tutte le cose. Tommaso era sempre lì a
dirle che era giusto così.
Perché
quella volta aveva sollevato tanta questione?
Era vero. Non l’aveva interpellato ma era solo un mese.
Vero anche che a settembre la figlia doveva andare a
scuola. Doveva anche lavorare ad agosto per i vari
matrimoni del periodo. Sapeva che a settembre Tommaso
avrebbe dovuto riprendere la sua attività.
Erano tanti i tasselli che non riusciva a far combaciare per
95
costruire quel puzzle di felicità che aveva in mente.
Anche Tommaso voleva andare da lei ma aveva il problema
dell’ansia e del panico. Temeva l’aereo e sarebbe arrivato in
auto con un costo molto alto del viaggio. Disse a lei che
aveva calcolato questo. Seicento euro forse erano
sufficienti. Due giorni di auto per duemila chilometri. Tra
benzina, autostrada, pagamento delle tasse di circolazione in
Romania, qualche sosta forse avrebbe speso tanto, andata e
ritorno.
Lei sorrise all’idea e in negozio le presenti rimasero stupite.
In quel momento invece non sorrideva. Era solamente stanca
e demoralizzata. Aveva voglia di uscire a comprarsi un
biglietto aereo per l’Italia. Forse solo andata.
La figlia la riportò sul pianeta terra.
<< Mami?
Posso uscire? >>
Sapeva che Anna avrebbe desiderato andare a giocare con le
amiche ma sapeva anche che doveva parlare con lei. Aveva
deciso di spiegarle cosa stesse accadendo e della decisione
di accettare il fatto che Tommaso avesse scelto di porre fine
alla loro storia.
Doveva trovare tempo e modo. Il tempo mancava sempre e
il modo lo aveva elaborato in quei giorni. Anna doveva
rimanere lì e doveva prender coscienza di quanto la vita
fosse un incastro di opportunità ma non tutte arricchivano.
Anzi. Quella era una storia che aveva dato tanto ma che ora
stava togliendo molto di più.
Come se un esattore avesse fatto visita a loro chiedendo il
prestito indietro con un tasso di usura applicato.
96
Ti ammazzo o ti dico addio?
Lorenzo ebbe modo di riprendere in mano la guida
dell’utilitaria. Tommaso avrebbe guidato senza soste e se
avesse potuto avrebbe mandato avanti il mezzo con i vapori
della benzina.
Il serbatoio venne riempito e loro avrebbero potuto fare
altri trecento chilometri circa. Le strade erano tortuose e la
velocità variava spesso. In media forse stavano facendo i
cinquanta chilometri orari.
La guida calma di Tommaso era una novità, però Lorenzo
diffidava dell’amico. Era stato male e non sapeva se quello
che era avvenuto avesse avuto conseguenze sul cervello o
sul cuore. Temeva che l’amico potesse lasciar questo mondo
da un minuto all’altro.
Approfittò della sosta per il rifornimento per rimettersi alla
guida. La radio trasmetteva “Ann Lee” dei Dream Theater e
il lancio venne effettuato con una lingua a loro sconosciuta.
Tommaso provò ad allungarsi sul lato passeggeri inclinando
lo schienale. Appoggiò la testa sentendola leggera e al
contempo piena di pensieri. Sapeva che al pilota serviva una
scusa qualsiasi per avviare la conversazione e, ancor peggio,
per ritornare sulla sua domanda sul messaggio e su quello
che era avvenuto.
Aveva evitato di raccontare tutta la storia e tutto quello che
era avvenuto nel tempo. Evitò di raccontare dei soldi inviati,
dei regali e dei soldi spesi nelle ricariche. Mentì per
proteggersi ma con la consapevolezza che l’amico non
avrebbe tollerato il suo modo di ragionare.
Aveva investito nel suo futuro. Sapeva che per far ciò
doveva rischiare. Era sicuro che l’amico non lo avrebbe
condiviso solo per la sua condizione. Essere sposati è
qualcosa che comunque ti rende stabile. Rende il futuro
diverso. Non che il matrimonio potesse essere una
scappatoia. Solo che Tommaso condivideva il pensiero
97
espresso da Emanuele molti anni prima.
“Ci si sposa per riuscire a dormire.”
La sicurezza che Irina fosse quella giusta l’ebbe solo quando
lesse il messaggio. Solo allora prese coscienza di quanto era
realmente avvenuto e di che valore avesse quella ragazza.
Con l’amaro in bocca per il suo atteggiamento, rimase in
silenzio ad ascoltare i Red Hot Chili Peppers con “Under the
bridge” suonata in qualche concerto e trasmessa in quel
momento. La radio riusciva a saziare le menti. La musica era
diventata parte essenziale di quel viaggio.
Come una colonna sonora che sottolinea la situazione sul
grande schermo così quella radio e quei pezzi. Avrebbero
voluto fare delle richieste. Magari qualcosa degli Iron Maiden
o dei Metallica. Qualcosa che li potesse unire visto che
avevano condiviso molti cd e di diversi gruppi.
Lorenzo voleva cambiare stazione. Avrebbe gradito un
commento musicale utile ad avviare una conversazione e
magari sostenerla. Lasciò comunque la scelta a Tommaso.
Sperava che di lì a qualche chilometro la stazione perdesse la
frequenza e un’altra subentrasse.
Avrebbe gradito anche uno stacco pubblicitario, anche se in
una lingua sconosciuta.
In realtà c’era una voce di ragazzo che anticipava un pezzo,
o era quello che si poteva immaginare. Eppure in quei due
minuti non riusciva a trovare l’esca per la sua preda.
Tommaso tentò di chiudere gli occhi per tornare a sognare
l’incontro. Lui che apriva la porta del negozio. Lei che
spalancava gli occhi. L’abbraccio. I baci davanti alle clienti.
Le esclamazioni di queste. Voleva crogiolarsi in quel sogno e
sperare che lei non lo respingesse. Non poteva. Aveva scritto
quel messaggio. Non avrebbe mai potuto allontanarlo.
Di sicuro lo avrebbe baciato e poi rimproverato. Avrebbero
litigato ma poi avrebbero fatto nuovamente pace. Voleva che
accadesse. Voleva litigare con lei per dimostrarle quanto
tenessea lei.
98
Voleva dirle che l’amava dopo aver chiarito la sua posizione.
Dopo averle detto che non aveva apprezzato quella
decisione presa da sola. Non apprezzò quella mancanza.
Sarebbe bastata una telefonata e si sarebbe ritrovato a fare
altro. Ad attenderla mentre contava i giorni e poi le ore, come
ormai d’abitudine.
Aveva iniziato contando da trecento e sessantacinque
giorni. Poi dovette riprendere il conto da trecento e
novantasei giorni. Quell’anno avrebbe contato trentuno sino
a contare le ore, poi i minuti ed infine i secondi.
Aveva sognato di farsi trovare all’aeroporto. Di attenderle.
Di baciarla al terminal. Di stringere a sé la figlia. Di parlare
con loro e di dire ad Irina quanto fosse difficile arrivare sino
a casa poiché il desiderio lo stava uccidendo.
Avrebbe conosciuto la figlia.
attraverso Irina. Avrebbe detto
Avrebbe parlato
con
lei
Non sono sicuro di essere quello giusto. Forse neanche
posso pretendere di sostituire tuo padre. Certo è che
comunque mi impegnerò a renderti felice. >>
<<
Tale impegno lo avrebbe fatto per amore di Irina. Voleva
che lei sorridesse perché quel sorriso lo faceva star bene.
Nei messaggi usò spesso il termine “egoismo” riferito a sé
stesso. Disse che era egoista quando mandava i soldi e
faceva i regali.
Era vero.
Aveva fatto tutto per star bene. Per essere felice. Eppure
sentiva che non era sufficiente per dirsi innamorato. Non
avrebbe dovuto guardare o pensare ad altre. Doveva evitare
i film porno e i siti porno. Doveva andare per la retta via e
non frequentare le chat con le donne che si spogliavano e non
solo.
Era consapevole dei suoi limiti e ne soffriva. Voleva essere
migliore, anche se solo allora era cosciente del fatto che
voleva essere quello giusto per loro.
99
Spesso ebbe cedimenti pensando che faceva tutto per via
della presenza della bambina. Ma in macchina, con l’amico
che non proferiva parola, la radio che stava trasmettendo
“Cemetery Gates” dei Pantera, ebbe modo di interrogarsi su
tutta la faccenda.
Scoprì che in realtà non aveva mai fatto nulla di
straordinario. Scoprì che non era la presenza della bambina
a legarlo ad Irina. Scoprì che era stato ed era ancora
innamorato di Irina.
Sapeva che per amare ed essere amati occorreva stare
insieme. Occorreva condividere il letto e le posate. La scelta
delle vacanze e le nottate svegli per un’influenza.
Sapeva che l’amore non esisteva come vocabolo ma lo si
costruiva
sino
ad
arrivare anziani con la piena
consapevolezza dell’altro.
Sapeva di dover scoprire ancora molto su Irina ed aveva
tutta l’intenzione di farlo. Di imparare i suoi tic, il suo tono e
i suoi gesti. Di adeguarsi al modo di agire e di pensare.
Sapeva di dover indirizzare il suo modo d’agire sulla strada
della condivisione di idee e di intenti.
Non era sufficiente voler dei figli e volere una famiglia.
Occorreva riuscire a sognare insieme. Sospirare. Scaldarsi e
al tempo stesso vibrare in armonia.
Capì che l’amore doveva essere il termine ultimo della loro
vita. Solo alla fine avrebbero scritto quella parola. Durante
tutta la loro esistenza insieme avrebbero messo i mattoncini
della costruzione che avrebbe portato quel nome.
Solo così sarebbe stato completo.
Quel pensiero gli permise di aprire gli occhi e di girarsi verso
l’amico. Doveva fare quello che Irina gli disse una delle
prime volte. Doveva testare l’amicizia e distinguerla dal
semplice gioco di squadra.
Sapeva che tra gli uomini vi erano regole che portavano
avanti relazioni tra lo stesso sesso. Dirsi quanto di sufficiente
per non escludere. Coinvolgere nelle goliardate anche e
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0
soprattutto quando l’altro è giù di morale.
Una birra in due ha più sapore, specialmente se puoi
fumare e sputare. >>
<<
<< Hai
ancora voglia di riprendere a fumare? >>
No! Pensavo a quanto è avvenuto. Al fatto che hai deciso
di comportarti in questo modo. >>
<<
<< E
che modo sarebbe? >>
Tommaso non diede la risposta. Sapeva quello che Lorenzo
stava cercando. Sapeva che avrebbe affrontato una rissa
con l’amico ma difficilmente contro l’amico.
Guardò fuori.
Paesaggi mai visti arricchivano la memoria dando al viaggio
un valore maggiore. Avrebbe raccontato quella storia ai figli.
Se non avesse avuto altri figli avrebbe raccontato tutto alla
figlia. Avrebbe detto che aveva affrontato il suo demone e
aveva visto quel che vedeva proprio per arrivare a vivere
una vita piena ed intensa con la donna che amava.
Spesso si domandava come rispondere all’eventuale curiosità
della bambina. Si poneva la domanda del perché avesse
scelto Irina. E tentava di rispondere dando un senso a quel
che diceva ma anche rendendo romantico il discorso.
Alle poche parole che gli venivano non riusciva a dar seguito.
Eppure avrebbe avuto quel viaggio. Avrebbe potuto dire che
aveva affrontato quel percorso attraverso terre sconosciute
semplicemente perché Irina era Irina.
Avrebbe creato un anello che dava comunque una risposta
a suo avviso esaustiva.
Sto cercando di capire. Temo che hai subito qualcosa. Se
ciò è vero io non posso aiutarti. Nemmeno questo paese
potrà aiutarti. Ti rendi conto che un’altra crisi e ti ritrovi
all’altro mondo? Ne vale la pena? >>
<<
Tommaso capì la domanda ma ebbe solo voglia di tirar giù
santi e madonne.
10
1
Hai ben capito che sono disposto ad arrivare sino in fondo.
L’ho fatto anche con l’università quando tutti mi dissero di
mollare. >>
<<
<< Vero.
Solo che sei passato al nuovo ordinamento cambiando
indirizzo. >>
Ciò non toglie che ho terminato. Sai bene che la scelta è
avvenuta anche per altre ragioni. >>
<<
<< Non
trovare scuse. >>
Non ne trovo. Alla mia discussione della tesi non c’era
nessuno. Sai perché?
<<
>>
Lorenzo rimase in silenzio. Sapeva che Tommaso aveva
discusso la tesi quattro mesi dopo la morte del padre e con
tanti problemi connessi. Ebbe infine solo modo di dire, dopo
qualche minuto
<< Ognuno
hai cazzi proprio. Ognuno è puttana piena di cazzi
da non saper a chi dare i resti. >>
Tommaso ebbe chiara la visione di come quella discussione
sarebbe potuta degenerare. Decise di non controbattere.
Decise di lasciar l’amico alla guida e di guardare nuovamente
ogni singolo particolare che poteva immagazzinare.
10
2
L’inquietudine di Giada
I figli stavano giocando con i colori su dei fogli con dei progetti
scartati dal padre. Lei li sorvegliava mentre era intenta a
sparecchiare. Avevano mangiato una pizza e questo solo per
distrarli e rendere meno pesante l’atmosfera. La madre era
seduta sul divano e sembrava stesse dormendo.
Aveva guardato i due bambini per tutto il pomeriggio, dopo
averli presi da scuola.
Giada non aveva voluto discutere con la madre. Aveva
evitato di dirle della decisione del marito. Aveva evitato di
raccontarle dell’inquietudine provata dopo la telefonata.
Il maschio stava disegnando una casa in mezzo ad un prato.
La femmina era intenta a colorare il foglio di azzurro.
Giada si sentiva più stanca del solito. Voleva togliersi le
scarpe e stenderei piedi. Voleva far riposare la schiena e
chiudere gli occhi per un paio di minuti. Non poteva.
Doveva sistemare tutto prima che la madre si svegliasse.
Sapeva che in quel modo avrebbe potuto riaccompagnarla a
casa senza vederla trafficare per pulire e sistemare.
Avrebbe dormito con i bambini.
Li avrebbe stretti a sé e avrebbe pianto quando fosse stata
certa di essere l’unica sveglia.
Mise nel frigorifero i pezzi rimanenti e decise di lasciare le
bibite fuori, nel caso i bambini avessero avuto sete.
Guardò nuovamente nella loro direzione e si rese conto di
quanto assomigliassero al padre. Stessi occhi. Irritata da
quella constatazione, si decise di andare in bagno e di lavarsi
il volto.
L’acqua fresca riuscì ad allontanare il senso di caos che
aveva. Sapeva di dover parlare con i bambini e dir loro che il
padre sarebbe rimasto fuori qualche giorno in più. Sapeva
10
3
che era suo il compito di ricucire lo strappo avvenuto.
L’ultima telefonata l’aveva sconvolta e non voleva riflettere
su quanto stava avvenendo. Voleva tornare e vedere i figli.
Li voleva felici e non sopportava l’idea di dover dire loro di
quel litigio, se non peggio.
Si guardò allo specchio e si vide più anziana di quanto fosse.
Quella peluria sul volto mostrava anche incuria dovuta al
poco tempo e ai tanti impegni. I dolori erano presenti ma lei
faceva sempre finta di niente. Sperava in un periodo di
riposo e di pace.
Aveva le spalle dritte ma sentiva il peso del mondo.
Tornata in soggiorno vide la madre che stava accarezzando
la testa del primogenito. Quell’immagine la fece crollare.
Andò dritta in camera da letto ed iniziò a piangere. Voleva
rimanere sola per qualche minuto. Voleva il suo spazio.
Voleva i suoi tempi. Rivoleva quel sogno che era iniziato con
un uomo che era stato con lei perle librerie di Roma.
Quell’uomo capace di condurla in luoghi e in negozi mai visti
prima. Librerie piccole nascoste nelle viuzze della capitale.
Molte erano scomparse. La crisi le aveva colpite.
Ricordava quanto amasse l’odore dei libri. L’odore della
cultura che si poteva sfogliare. Sottolineare ogni rigo, ogni
parola, ogni concetto che era stato espresso da qualcuno
capace di leggere l’anima.
Rammentava anche lo stress peri testi accademici. Le nottate
passate con lui a cercare di afferrare quei concetti che
dovevano essere memorizzati e capiti. Quante volte lo
aveva visto addormentarsi sul libro di farmacologia.
Rammentava il plaid che doveva mettere sulle spalle del
marito. Lo aveva perso nell’ultimo trasloco e quella perdi tale
aveva dato da pensare.
Credeva che le cose accadessero per una ragione. Erano
l’anticipo del futuro.
Quella perdita doveva essere il preavviso di quella
situazione che stava vivendo. Avrebbe voluto tenere quel
10
4
plaid sulle gambe mentre i figli portavano con sé i nipoti.
Avrebbe raccontato per la centesima volta la storia del loro
amore. La storia di quel tessuto che era nato altrove ma che
aveva protetto l’uomo che amava.
Era così.
Amava il marito anche se non riusciva a comprendere il suo
perenne atteggiamento da ragazzo. Gli uomini erano per lei
la dimostrazione della beffa che il tempo ha con il genere
umano.
Mentre le donne maturano in giovane età, gli uomini
rimangono a lungo spaesati nel viale della vita. Le donne
coltivano rose mentre gli uomini danno un calcio al pallone.
Le donne costruiscono case mentre gli uomini si azzuffano per
l’affermazione di un’idea.
Chi cambia il mondo?
L’uomo ha la tendenza a compiere azioni che manifestano
forza e risolutezza ma che non incidono nella storia del
globo.
La donna ha la tendenza di compiere azioni silenziose e non
pubblicizzate mala storia è tale perché è donna.
Lei guardò la fede al dito. L’aveva girata per tutto il giorno e
sentiva che era un filo d’unione con l’anima del suo sposo.
Era certa d’aver lasciato parte della sua anima nella fede
del marito nel giorno del matrimonio e viceversa.
I bambini entrarono nella stanza.
La nonna era dietro di loro e aveva lo sguardo di chi sa.
Aveva condotto i nipoti dalla madre per darle quell’energia
di cui sapeva necessitare. Ogni donna ha vissuto una crisi
nel rapporto. Chi prima chi dopo ogni donna affronta un
pianto. Sono fortunate quelle che piangono prima del
matrimonio.
Giada li strinse a sé e pianse. Guardò la madre come a dirle
“Non andar via” e lei entrò nella stanza. Si mise seduta sul
letto matrimoniale, ai piedi di questo, e prese in braccio la
10
5
nipote. Accarezzò la sua testa e
Amare vuol dire conoscere ogni difetto del compagno.
Quando questi difetti non danno fastidio allora l’amore è
completo. >>
<<
<< Lui
non ha difetti.
>>
Appunto. Però se piangi è solo perché hai scoperto un
nuovo difetto. È questo che provoca lacrime calde e un
gelido dolore. >>
<<
Il piccolo abbracciò la madre come se sentisse che ne
avesse necessità. Lei ricambiò baciandolo sulla nuca.
<< Mami
ti ho fatto piangere? >>
Lei con un singhiozzo rispose
<< No amore della mamma. È che sono stanca. Non ti
preoccupare. >>
<< Mami? >> iniziò
<<
la femminuccia << Possiamo dormire qui? >>
Certo. >>
Rimane anche la nonna? >> continuò la bambina che si
strinse al petto dell’anziana signora.
<<
<< Certo.
Non me ne vado. Su!
poco di fatica.
>> e
10
6
sollevò la piccola con un
Saggio è l’uomo che tace
Lorenzo era fuori dall’auto seduto su di un masso. Tommaso
non voleva guardare nella sua direzione. Qualcosa s’era
corrotto e doveva essere sistemato. Sapeva che era giunto
il momento di parlare seriamente. Prese aria a pieni polmoni
gettandola fuori lentamente. Stava cercando di placare lo
stress provocato da quella lite.
Lorenzo aveva parlato troppo. Aveva sollevato dubbi ad alta
voce. Disse
Per me ha un altro e tu sei un illuso. Una donna che ama
trova il tempo di chiamare. Trova il tempo di tornare a casa.
Tutti hanno problemi. Lei non è la regina dei problemi. Ma se
anche fosse … nessuno al mondo è talmente impegnato da
non avere tempo … specialmente se ama.
<<
Quante volte ti ho ascoltato mentre ti lamentavi di lei. Sei
tu che hai i dubbi mentre io semplicemente raccolgo
informazioni e te le espongo. In questa storia sono parte
perché sei stato tu a tirarmici dentro. So tutto. So dei soldi
che le inviavi. >>
<<
Tommaso si voltò incredulo.
Semplice. Il sospetto mi è venuto quando hai iniziato a
non pranzare. Pensai che fosse per via di qualche tua dieta
ma poi ho visto che iniziasti a non spendere anche per altre
piccole cose. Vita quotidiana. Stiamo insieme nove ore al
giorno, e a volte anche più. >>
<<
Tommaso si appoggiò all’utilitaria.
Posso capire che ti sacrifichi ma non ammetto che
sacrifichi anche me. Sei stato un peso per il lavoro e la mia
famiglia. Le spese per l’ufficio gravano più su di me. Marco
non lo conto visto che non viene mai. Sempre fuori a cercar
di ampliare il business. Uno di quei soci che speri di avere
solo quando riesce nei suoi intenti.
<<
10
7
Perciò siamo in due a gestire l’attività. I soldi sono nostri e
tu mi hai costretto a prelevare dalla mia famiglia per dare a
lei. Sono io che ho coperto le tue mancanze. Le tasse. I
corsi e quanto d’altro sono parte delle spese che lo studio
affronta.
<< Non ho voluto dire nulla perché speravo rinsavissi. A
proposito Giada è a conoscenza di tutto. Ho dovuto parlarle
e raccontarle tutto quando, due anni fa, ho dovuto coprire la
tua quota del versamento allo stato. Lei ha notato tutto
facendo i conti. Lo sai … con dei figli devi sempre calcolare
anche i centesimi. Ciò non toglie che abbiamo contribuito alla
tua pazzia sperando rinsavissi prima di farci sprofondare
nell’oblio.
<<
Lo so! Non guardarmi così. I clienti li hai procurati tu ma
questo non giustifica nulla. Non è che per questo hai diritto a
qualche quota in più. Quanto dobbiamo andare avanti? Credi
che possiamo continuare a stare nella stessa barca?
Dobbiamo remare insieme. Stesso obiettivo. E tutto per
cosa? Per chi soprattutto?
<<
Ti sei preso una rogna. E ti ha anche detto della figlia. Non
ti capisco. Hai tante possibilità. Giada ti ha proposto delle
sue amiche. Tu? Ti sei buttato su una storia che non ha
nessuna ragione. Ti sei messo con una divorziata. Una che
abita a duemila chilometri e che hai visto talmente poche
volte … Almeno hai inzuppato il biscottino? Oppure paghi una
così, giusto per spirito missionario?
<<
>>
Tommaso chiuse gli occhi. Inclinò la testa per permettere
all’aria di entrare più facilmente.
Lei ha sicuramente un altro con il quale sta facendo la
bella vita sulle tue … anzi sulle nostre spalle. Starà con lui
adesso. Ti ha detto che ha preso i soldi per aprire l’attività
eppure non sai neanche l’indirizzo. Non puoi neanche vederla
su google maps. Sicuramente è lui che tira le fila dei suoi
messaggi. Quante volte hai atteso un sms? Forse lei doveva
chiedere a lui per continuare a farti credere quello che,
secondo me, tu vuoi credere. Lo vuoi fermamente e non
<<
10
8
comprendo il perché.
Hai mai pensato che i messaggi erano dettati da lui? Che
loro ridono alle tue spalle? Forse neanche ha divorziato. La
figlia? Hai chiesto l’amicizia su facebook e lei ha acconsentito
ma poi ti ha cancellato. Non lo trovi strano? Non trovi tutto
assurdamente strano? Il fratello che ti odia senza un
perché. I genitori improvvisamente malati. Quanti hanno
perso il loro patrimoni per delle straniere? Come farai a
recuperare i soldi se non dovesse funzionare? Ah! Certo! Tu
sei talmente ricco che puoi permetterti di lasciarle tutto. Anzi.
Le dai sempre qualcosa. In cambio di cosa?
<< Di una promessa? Di un sogno? Di una realtà che ti sei
voluto costruire su di voi. Lei cosa ha fatto per te? Ti ha detto
che ti amava e tu hai perso il lume della ragione. Sbaglio? >>
<<
Tommaso stava elaborando le informazioni. Quello che più lo
tormentava non era quel discorso ma l’effetto che stava
facendo. Stava indebolendo le sue certezze. Le sue
sicurezze. Stava insinuando il dubbio.
Secondo te … perché sono comunque venuto insieme a te
in questa follia? È vero ero contrario ma poi … ho pensato
facesse bene anche a me conoscere la verità. Bene alla mia
famiglia. >>
<<
Lorenzo rimase in silenzio per qualche istante. Guardò le nubi
e un jet che stava lasciando una striscia in quello spazio che
le nubi non avevano ancora coperto. Poi riprese
Ho parlato con Giada e litigato con lei. È vero. Abbiamo
litigato per questa cosa. Eppure lei vuole che tu sia capace di
crescere ed ora … ora riesco a capire cosa vuol dire con
questa parola. Crescere. Dovevi essere tu il diretto
interessato a chiarire la situazione. Dovevi cercare le
risposte per non continuare ad errare. In questo modo la
nostra vita poteva tornar tranquilla.
<<
Il viaggio dovevi farlo già la prima volta che ti ha detto
che non poteva venire. Dovevi verificare la sua versione e
non prenderla come se fosse una verità assoluta. Sei stato
male. Sei stato da noi e noi abbiamo dovuto subire il tuo
10
9
<<
malumore. Come mai non hai affrontato i tuoi problemi e
invece hai solamente agito come se nulla fosse? Non ti sei
mai domandato come mai lei trova tante difficoltà a
chiamarti, a vederti su skype. Già! Il computer che le hai
regalato è sempre rotto, come dice lei.
Cosa c’è … in Romania non ci sono centri di assistenza?
Nessuno è capace di eliminare i virus? Hai inviato soldi per
tantissime cose, credo. Eppure nessuna di queste era per te.
Non saprei … i soldi peri biglietti aerei ad esempio. Oppure
potevi prenotare un albergo e andarle a fare visita. Potevi
scoprire cosa era accaduto alla famiglia. Cosa c’era dietro
quei rimando. E ora?
<<
Ora lei ti ha chiesto … quanto? Un mese? Sicuramente un
mese passerà e lei ti dirà che non può venire perché al suo
paese è scoppiatala rivoluzione civile o … che cazzo! Tom non
hai proprio un briciolo di rispetto per te stesso? Dove è la tua
spina dorsale? >>
<<
Tommaso iniziò a porsi quelle domande scomode che aveva
evitato da tempo.
Credeva in lei. Credeva nel loro amore e sapeva che tutto è
difficile quando vuoi costruire qualcosa da zero. La meta.
Quella voleva e doveva guardare. Le domande che gli
nascevano erano la negazione della sua stessa ragione.
Come poter dubitare di lei senza dubitare di sé stesso?
Doveva prendere possesso di quel tempo che stava
dedicando a quello che ora vedeva come uno sconosciuto.
Doveva far cessare quel monologo. Eppure sapeva che il
rischio era di dire cose fuori luogo.
Sapeva che avrebbe sfogato il suo rancore dicendo qualsiasi
cosa riuscisse a farlo sfogare, anche cose che non avrebbe
voluto dire o che pensava.
Rabbia. Dolore. Rancore. Delusione.
Tutto viveva in lui ma lui era più forte. Aveva sconfitto il
DAP e poteva vincere quella sfida.
Rimase in silenzio mentre quell’uomo si alzò visibilmente
11
0
stanco ma contemporaneamente libero. Aveva finalmente
detto quello che pensava senza usare aforismi. Aveva fatto
quel monologo senza lasciare alcuna gramigna nel suo
giardino stile inglese.
11
1
L’uomo
Lorenzo si avviò verso l’auto temendo che l’amico reagisse in
modo scomposto. Temeva anche di dover rimanere lì, in
quella via di campagna presa per riuscire a parlare con
calma. Si mise al volante per evitare qualsivoglia stramberia
per quello che continuava a considerare amico.
Tommaso salì rimanendo in silenzio. Il volto era teso.
Gli sportelli vennero chiusi e loro si ritrovarono a respirare la
stessa aria. Avevano comunque i pensieri su due lunghezze
d’onda diverse.
Lorenzo aveva offeso Irina e l’amore che Tommaso provava.
Aveva offeso anche la sua intelligenza m a questo, per
Tommaso, era secondario. Eppure Tommaso non reagì.
Avrebbe dovuto difendere quello che doveva essere
importante. Perché non lo faceva? Forse era perché non era
realmente importante? Forse Lorenzo aveva detto il vero?
Tommaso e Lorenzo ripresero a viaggiare. Lorenzo girò a
destra e continuò verso la Romania. Tommaso stava in un
placido lago con la sua barchetta in attesa di quel magico
incontro, come Robin Williams in “Al di là dei sogni”.
Attendeva una barchetta che avrebbe smosso il suo
destino. Attendeva un evento esterno poiché dentro era
completamente vuoto. Era il quadro che Annabella Sciorra
come Annie Collins-Nielsen aveva dipinto per Chris suo
marito. Lui era sul monte mentre i colori intorno stavano
vivendo al posto suo.
Poi avvenne l’evento.
Una coppia di motociclisti li superò con una Cagiva 500
molto rumorosa. Sembrava che la marmitta fosse stata
smontata. Il rumore assordante ebbe l’effetto di un flute che
cadeva in un ampio salone vuoto.
Hai ragione.
convinzione.
<<
>>
iniziò Tommaso senza
100
però troppa
<< Lo
credo. >>
<< Ho
anche io questi dubbi. >>
<< Sarebbe
strano il contrario. >>
<< Discutere
<< È
giova ad entrambi. >>
quello che pensavo. >>
<< Penso
<< Io
che non mi capirai comunque. >>
ti capisco. Ma tu? Ti capisci? >>
Tommaso teneva a quell’amicizia. Avevano vissuto diversi
eventi insieme. Era come se senza di lui non potesse
affrontare la sfida che si trovava dinanzi. Era andare a
combattere il nemico senza qualcuno che ti guardi le spalle.
Eppure non riusciva a chiamarlo amico. Non più. Aveva
parlato con la franchezza di sempre ma sembrava strano.
Lorenzo aveva idea di esser riuscito a far riflettere l’amico.
Era quello lo scopo. Doveva riuscire a far sì che l’amico
tornasse quello di un tempo. Schivo e anche con dei problemi
ma lo preferiva così. In quel modo l’amico era un amico. Era
capace di esser d’aiuto. Di lavorare e di partecipare alle cene
con la sua famiglia senza che queste si trasformassero in un
funerale.
Tommaso ebbe idea che il laghetto stava per essere
investito da una tempesta. La sua barchetta navigava ancora
placida ma l’albero iniziava ad oscillare. Quale fosse il vento
non lo sapeva. Era maestrale, ostro, grecale o quale?
Sapere quale vento era poco importante rispetto a cosa lo
stesse generando.
<< Ho
<<
voluto credere a quello che sentivo. >>
Cioè? >>
<< Amore
<< È
<<
… credo. >>
questo il tuo problema.
>>
Quale? >>
100
Che non lo senti. Lo credi. Eppure hai detto che l’ami. Lo
hai detto confrontando ciò che è con ciò che sogni. La vera
difficoltà è … lei cosa prova per te? È sincera? È sola? >>
<<
<< Ho
già capito il concetto. >>
Tommaso ebbe un tono che non credeva di possedere.
Voleva che la conversazione progredisse e stava cercando di
capire dove attraccare.
Credo che hai ragione. Forse mi sono affidato a quello
che volevo e non a quello che era. Come sempre. Sogno
l’impossibile. Eppure speravo che … >>
<< Volevi fosse vero. >>
<<
Si! L’amo veramente. Ciò che ho fatto lo farei solo per chi
amo. Certo è strano che non abbia mai tempo e … ancor più
strano che abbia sempre un problema che le impedisce di
venire. Però sentivo … anzi … sento che effettivamente c’è
qualcosa di più. Non chiedermi cosa. >>
<<
Tommaso era combattuto. Voleva dar ragione a Lorenzo ma
voleva far placare quelle voci che iniziavano a far alzare le
onde sino ad allora ancora placide. Quel compagno di
viaggio aveva sparso il sale sul terreno coltivato. La sua
ostentata amicizia rendeva tutto sempre complicato.
Tommaso tentò di ricostruire lo strappo con Lorenzo ma
sentiva una profonda cicatrice attraversarlo nell’anima.
Sentiva di tradire. “È assurdo” si diceva “poiché in effetti
cosa c’è stato tra me e lei? Esiste un indizio della nostra
storia?”
Eppure sapeva che Irina era andato a trovarlo anche
quando era stanca o quando poteva collegarsi e parlare con
la figlia. Sapeva che aveva fatto i suoi sacrifici per lei solo
perché c’era un sentimento reale. Era qualcosa che non
doveva essere espresso e giustificato.
Quel sentimento viveva e respirava senza per questo avere
una sua identità. Morfologicamente indescrivibile sostava
tra mente e anima per collegarle in un astrattismo
travolgente.
100
Aveva imparato a camminare e a respirare. Aveva imparato
a nuotare come ad allacciarsi le scarpe. E con Irina aveva e
stava imparando ad amare. Quell’amore che non necessita di
approvazione. Quel sentimento che non è detto debba
essere espresso ogni giorno e con quel conformismo che lo
avrebbe reso uguale agli altri.
Il loro era l’eccezione e non doveva dar conferma a nulla se
non ai loro intimi sogni dove le lacrime vengono asciugate
senza parole, sussurri o gesti eclatanti.
Doveva saperlo e sentiva che lo sapeva ma aveva
quell’uomo acanto a sé e con lui aveva vissuto l’amicizia.
Aveva condiviso intimi segreti. Aveva fatto pazzie ed era
stato difeso. Era un compagno di viaggio al quale potevi
chiamare in tarda notte e sapevi che sarebbe venuto.
Lei?
Tommaso iniziò a pensare che lei sì che sbagliava, ma forse
era lui in errore.
Decise di chiarirsi prima di continuare a conversare. Rimase
in silenzio a meditare su quello che era accaduto. Sulle
parole. Sull’immagine di lei con un altro. Lei che rideva
andando per negozi con i suoi soldi mano nella mano con lui.
Lei che era come una delle tante che sono venute dall’est per
approfittarsi degli italiani. Lei che aveva detto “Ti amo” ma
solo per avere un sostegno economico da quell’uomo
insicuro.
Aveva capito come sfruttare le sue debolezze. Aveva parlato
di una figlia ma se fosse stata la nipote? Se invece era solo
la sorella minore?
Iniziò a dubitare di lei, dei suoi racconti e dei suoi
sentimenti. Iniziò a rinvangare il passato sentendo che
Lorenzo era stato onesto e sempre al suo fianco. Lei era come
un capitone il giorno di Natale. Sfuggente.
Era sempre piena di scuse forse
programmate. Eppure …
100
“Taci!”
Nel negozio entrò il fratello con la sua nuova ragazza. Entrò
con la sicurezza di chi ha il mondo in mano. Era sempre
stato così. Sicuro e con gli occhi che ti fissavano sino a che
non distoglievi lo sguardo. La sua nuova fiamma era piccola,
come una bambolina di porcellana.
Lei aveva lo sguardo verso terra. Una coppia perfetta,
pensò Irina. Lui che dominava e lei che si lasciava
dominare.
Si sedettero e lui prese a parlare con Anna visto che Irina
era impegnata con l’anziana signora. Anna vedeva lo zio
come l’eroe dei fumetti. Se si fosse strappato la camicia e
sotto vi fosse una “s” rossa, lei avrebbe solamente avuto
conferma che lo zio era un eroe.
Lo guardava con gli occhi di chi vede il proprio idolo e lo
osanna. Era gelosa ma non della sua nuova ragazza. La
vedeva come una sorella e quell’aspetto da bambina la
rendeva innocua. Non era come l’altra. Non era capace di far
del male allo zio. Per lei non temeva visto che lui l’avrebbe
sempre difesa. Prendeva le sue parti anche con la madre e
questo lei lo apprezzava.
I due si misero a conversare ed Irina ebbe un brivido lungo la
schiena.
Aveva litigato con il fratello perle ultime menzogne lanciate
contro Tommaso. Eppure Tommaso gli aveva detto che lo
capiva. Era normale per un fratello difendere la sorella e
cercare di affiancarle un uomo. Tommaso sollevò dubbi su
quell’affetto che li legava. Diceva che lui la voleva lì solo per i
suoi comodi. Avrebbe perso Anna. Avrebbe perso la sorella e i
suoi innumerevoli servigi.
Lei però non diede peso a quelle parole. Tommaso non lo
conosceva. Non sapeva cosa lei stava vivendo.
La bambolina alzò lo sguardo e fissava Irina dallo specchio.
116
Irina non badò a quegli occhi che cercavano di vedere oltre.
Sapeva bene che solo Tommaso era riuscito a penetrare in
lei. Aveva visto lo sconfinato amore che provava e la
solitudine prodotta dalle continue delusioni derivanti dal
mondo.
Aveva visto l’amore di madre e l’amore di donna. Lei aveva
lasciato che lui aprisse i suoi cassetti. Voleva che vedesse
tutto il set di bigiotteria che raccontava del suo passato.
Tommaso era capace di non smettere di parlare ma aveva
anche la qualità di saper leggere oltre i testi. Era stato lui a
farle capire quanta tristezza provava per la lontananza dalla
figlia. Lui ebbe la pazienza di farle capire che lei poteva
amare nuovamente. Ebbe la forza di darle fiducia nel mondo.
Credette in lei e si spese per farle aprire quell’attività.
Non chiedeva rendiconti. Chiedeva solo la sua felicità.
Quel suo modo di agire e di vedere il mondo era
completamente estraneo al suo vivere. Era come se un
angelo avesse preso le sembianze di uomo per dirle che
anche lei poteva essere amata da Dio. Sentiva la sua
presenza nelle notti fredde di quella cittadina in Romania.
Sentiva il vuoto tra le coperte. Sentiva che lo desiderava e,
più di tutto, soprattutto, sentiva che lui desiderava lei.
Lo aveva scritto nei messaggi parlando dei suoi seni.
Parlando di cosa volesse da lei. Dei suoi sogni. Lei era nei
sogni di Tommaso. Quella frase “ricercami tra i sogni miei”
era una realtà. Lei avrebbe potuto cercarlo tra i suoi sogni
poiché lui era stato completamente onesto.
Aveva espresso ogni pensiero con la massima chiarezza e
s’era aperto senza paura.
Quello era il motivo del suo amore per lui.
Un uomo capace di aprirsi ancor prima che la
consapevolezza dell’amore raggiungesse il centro del
pensiero. Un uomo che non aveva temuto di raccontarle
tutto e sperava di poter condividere ancor di più. Un uomo
che parlava di famiglia, figli e di progetti anche se sapeva
117
che per lui tutto era più difficile.
Sapeva che anche solo presentarsi sull’altare sarebbe stato
un grosso sacrificio. Eppure voleva lei che doveva stare a
duemila chilometri e che stava faticosamente cercando di
chiudere con il suo passato. Il divorzio lo aveva ottenuto
ma non la custodia della figlia. Inoltre il suo ex marito
aveva fatto causa per avere indietro dei soldi che mai aveva
prestato a lei o alla figlia.
Che differenza tra i due uomini. Tommaso non parlava mai
di denaro se non per chiederle se le servisse. Non diceva mai
se era in difficoltà. Non aveva neanche chiesto indietro i soldi
quando disse che era finita.
Quel concetto stava per farle fare uno sbaglio. Stava per
tagliare ancor di più quei capelli che erano comunque
abbastanza corti.
L’anziana donna era lì come sempre per darle aiuto. Irina
aveva rifiutato un prestito e aveva anche rifiutato di
condividere l’appartamento con lei. Era orgogliosa e
cocciuta. L’anziana capì che l’unico aiuto che potesse darle
era di andare spesso da lei. Di portarle clienti. Vedeva in
Irina una donna che doveva avere qualcosa in più. Come se
avesse preso sulle spalle il compito di ripagarla pe run
destino avverso.
Il fratello uscì con Anna e voltandosi chiese il permesso. Irina
alzò le spalle ma notò che la bambolina era lì ferma.
Finito di sistemare il locale Irina sentì il corpo stanco.
L’anziana era andata via contenta e aveva pagato
lasciandole una mancia. Ora era sola con la bambolina che
silenziosamente la fissava ma aiutandosi con l’immagine
riflessa nello specchio.
<<
C’è qualcosa che vuoi dirmi? >>
La bambolina abbassò lo sguardo ed Irina continuò
Non mi piacciono questi trucchetti. Se voi due avete
qualcosa basta dirlo. >>
<<
118
Non puoi andartene.
voce bassa.
<<
<<
>>
disse senza alzare la testa e con
Cosa? >>
<< Sono
incinta. Ora non puoi andartene.
>>
Irina guardò la bambolina. Era consapevole che avrebbe
perso la pazienza e l’avrebbe cacciata a calci?
Con quale diritto ti presenti qui adirmi di fare qualsiasi
cosa? >>
<<
Sono incinta. >> ripeté lei sperando che quel concetto
diventasse uno scudo a proteggerla.
<<
Irina rimase ferma. Sapeva che nel negozio poteva entrare
chiunque e non voleva perdere un guadagno per una
bambolina che lei reputava stupida. Guardò fuori e capì che
quella novità era il motivo per il quale il fratello aveva
condotto con sé la figlia. Voleva dirle che avrebbe avuto un
giocattolo con il quale giocare e lei avrebbe fatto i salti di
gioia tale per cui avrebbe posto veti nel caso lei avesse voluto
partire.
Non era in programma ma quel trucco le sembrò uno scherzo
mal fatto.
La bambolina vide che Irina stava ancora riflettendo su
quanto era accaduto e aggiunse
Lo sai pure tu che i tuoi hanno bisogno di qualcuno che li
assista. Lui … ecco
… lui deve stare con me. Vuole tenerlo. Forse mi sposa
anche. E poi … mi ha detto che quell’italiano è uno di quelli
che ti usa come uno straccio. >>
<<
A quelle parole Irina sentì che il diavolo in persona stava
andando a pregare Iddio per avere la grazia di non assistere
a quanto stava per accadere.
Lentamente si avvicinò al bancone. Prese le forbici e le
impugno con la sua maestria. Sapeva che la bambolina non
aveva lo sguardo alzato. Si avvicinò a lei e in un istante prese
quanti più capelli e li tagliò con più colpi.
119
Dopo il primo la bambolina si rese conto che stava accadendo
qualcosa. Alzò lo sguardo e vide Irina alla sua destra. Capì
che s’era messa in quella posizione per non farsi vedere da
qualcuno che in quel momento fosse passato davanti alla
porta in vetro.
Al secondo taglio iniziò a sentire la paura e indietreggio. Il
secondo taglio si accompagnò anche al dolore dei capelli
tirati. Arrivò il terzo ma il taglio non venne fatto in modo
regolare e lei si ritrovò con il lato destro con un evidente buco
tra i suoi capelli lunghi e marroni. Irina stava per ripetere
l’operazione quando alle sue spalle sentì la voce della figlia
<< Mami? >>
Lei si voltò e la figlia capì che non era il caso di parlare.
Indietreggiò incontrando il corpo dello zio. Questi stava
fissando la scena e iniziò a sentire il sangue pulsare nelle
vene. Irina non abbassò lo sguardo. Aveva tutta l’intenzione
di affrontarlo senza pensare ad altro.
Aveva voglia di far capire che era lei la padrona del suo
destino. Voleva porre fine alle dicerie dette dal fratello. Anna
si spostò per lasciar entrare lo zio. Questi entrò e stava per
bloccare le braccia della sorella quando vide l’espressione
della sua compagna. Vide il volto sfigurato da quel taglio di
capelli. Vide le lacrime e capì che doveva prima pensare a lei.
Avrebbe sistemato la sorella
giustizia.
120
con calma. Avrebbe fatto
Un’ora prima
Al parco Constantia stava dondolando i piedi seduta ad una
panchina. Alcuni bambini stavano giocando a nascondino.
Constantia poteva essere tranquillamente scambiata per
una bambina. Corpo minuto, viso rotondo e capelli ricci e
biondi.
Lei continuava ad osservare i bambini e non si rese conto che
l’amica l’aveva raggiunta. Si sedette accanto a lei e disse
<< Sono
proprio carini. >>
Constantia si voltò e sorrise all’amica. Entrambe sedute sulla
panca con vestiti simili attiravano l’attenzione più delle urla.
<< Sei
arrivata? Allora? Cosa volevi dirmi? >>
Scusa il ritardo. Sono stato con Ioan. Sono andata a
trovarlo sul lavoro. Tra poco ci raggiunge. Come stai? >>
<<
<< Io
bene. Sei tu che sembri avere qualcosa. >>
<< L’hai
notato? >>
<< Certo!
Hai un sorriso mai visto prima. >>
<< Trovi? >>
Certo Sofia. Che ti è successo? Ti ha chiesto in sposa
finalmente? >>
<<
<< Chi?
Ioan? >>
Certo! Altrimenti chi? Non è che hai un altro? Guarda che
Ioan è capace di tutto. Lo conoscono in paese. >>
<<
<< No!
No. È che … come dire.
<< Dillo
>>
e basta. >>
<< Aspetto
<< Cosa?
un bambino. >>
E da quando? >>
121
<< Come
<< Cioè
<< Ho
<<
da quando? >>
… come dire … da quando lo sai? >>
un ritardo di un mese e mezzo. Quindi … >>
E chi … >>
<< Ioan.
Chi pensi sia stato? Mica sono una di quelle … io!
>>
Con questo che vuoi dire? Che io potrei essere unadi
quelle? >>
<<
<< No!
No. Dico che sono stata solo con Ioan. >>
<< Ah!
Ecco! E quindi lui lo sa? >>
Te l’ho detto. Sono passata prima da lui. Comunque mi
aspettavo più entusiasmo da parte tua. Siamo amiche
dall’infanzia. Perché quindi quell’atteggiamento come …
infastidito? >>
<<
<<
Non è per te. È per lui.
>>
Guarda che è un ragazzo straordinario. Dolce. Mi capisce.
Stiamo bene insieme. >>
<<
<<
>>
Ma lo sai quello che dicono di lui? È un donnaiolo. E poi …
<<
Basta! >>
<<
Scusa. >>
Constantia abbracciò Sofia. La gente vide quelle due
bamboline sedute nel parco e scattò una foto che postarono
immediatamente. Il quadretto venne interrotto dauna Ioan
che non amava quel tipo di manifestazioni
<< Possiamo
<< Ioan?
andare? >>
Ciao. >> disse Constantia con una voce insicura.
<< Allora? >> domandò
Ioan guardando solamente Sofia.
L’aria si fece pesante e Sofia si alzò per andarsene insieme a
lui.
Constantia non disse nulla ma osservò l’amica e quell’uomo
122
andar via. Avrebbe voluto fermare lei e cacciare lui ma con
quell’informazione sapeva che lui aveva in mano un’armadi
ricatto. Vide le loro spalle girare verso la casa di lei e sperò
che almeno lui si prendesse la responsabilità del gesto e
parlasse con i genitori di Sofia.
Ioan si sentiva stranamente agitato. Voleva parlare con
Sofia e dirle di abortire. Il lavoro non gli permetteva di
occuparsi di lei né tanto meno di un eventuale pargolo.
Sofia era calma e aveva la speranza nel cuore che
quell’uomo che amava tanto riuscisse finalmente adire quelle
due semplici parole “Te iubesc”.
Ioan temporeggiò e sulle scale prese il polso destro di Sofia
e la costrinse a fermarsi.
<< Perdonami.
Non credo sia giusto andare dai tuoi genitori.
Scusa perché?
suo corpo.
<<
>> domandò
>>
con un senso di vuoto in tutto il
Perché sai bene che tuo padre dirà sicuramente che dovrai
abortire. >>
<<
Sofia prese consapevolezza di quel concetto e perse
l’equilibrio mentale per un breve attimo. Per la prima volta
sostenne lo sguardo di Ioan. Questi si voltò e continuò a
parlare mentre si dirigeva verso l’uscita.
Sai bene che non possiamo tenere il bambino. Eppure se
proprio lo vuoi … Dobbiamo trovare una soluzione. Tu non
lavori e questo è un problema. Puoi presentare la tua laurea
in giurisprudenza presso uno studio ma sapendo che sei
incinta… Lasciami pensare … sempre se vuoi tenerlo. >>
<<
Lei rimase in completo silenzio e in completa balia di lui. Era
come se stesse addossando a lei tutta la responsabilità della
scelta. Per due volte aveva detto che era lei che lo voleva.
Non aveva menzionato mai un noi. Certo si preoccupava ma
sembrava più preoccupato per sé stesso che per il bambino
loro.
Ioan
attese
qualche
istante
123
e
poi
si
diresse
verso
l’appartamento che aveva lì vicino. Salirono e lui la fece
accomodare. Lentamente disse
Lavorerai da mia sorella. Solo che dobbiamo convincerla
a non partire. Se parte tu non puoi fare la parrucchiera col
pancione. E poi … sicuramente mi chiederà i soldi per il
negozio. Quindi dovrai dirgli di non partire. Gli dirai che sei
incinta e … e poi gli dirai che hai necessità di lavorare. >>
<<
Ioan vide la testa di Sofia che si abbassava e che, come al
solito, guardava i suoi piedi. Domandò per avere certezza
<< Hai
<<
capito cosa fare? >>
Si! >>
Devi capire che è l’unica soluzione. Io non posso mante…
pensare anche a te, specialmente ora. Sai che lavoro sotto
padrone ed è solo da un anno che ho un contratto. Guadagno
poco. Lo sai. Ehi!?!? >>
<<
Lei stava piangendo ma temendo una sua reazione, visto
che capì solo allora di non conoscerlo, si affrettò adire
<<
Scusa. Sono gli ormoni. Farò come hai detto tu. >>
Uscirono convinti che quella soluzione avrebbe comunque
sistemato le cose. Lei sperava di poter comunque esser
capita dalla famiglia di Ioan. Sapeva di Anna e sapeva
anche del divorzio di Irina. Sperò che in Irina avesse
trovato un’amica e anche un supporto, non solo economico.
124
Nuova nazione
Il serbatoio venne riempito e i due stranieri si guardavano
intorno per cercare di non guardarsi e parlare. Avevano
discusso a lungo negli ultimi chilometri senza però arrivare a
chiarirsi e riportare quel rapporto d’amicizia nella forma
originale. Tommaso stava tentando di dare risposte ai
numerosi dubbi sollevati da Lorenzo. Lorenzo stava
aspettando che l’amico gli desse ragione.
Le altre auto camminavano sicure lungo quella strada.
Nessuno badava a loro anche se la loro targa aveva attirato
l’attenzione di alcuni addetti alle pompe di benzina.
Lorenzo era infastidito da quel mormorio e da quegli
sguardi. Voleva riprendere il viaggio eppure Tommaso non
sembrava avere fretta. Lo vide dirigersi verso il bar e si
immaginò già la litigata in auto perla sigaretta accesa o per il
finestrino abbassato per far uscire il fumo.
Attese fuori cercando di respirare l’aria fresca del primo
pomeriggio e sgranchì le gambe come meglio poté.
Tommaso uscì dopo un paio di minuti. Aveva in mano una
busta.
Saliti in automobile ripartirono alla volta della loro
destinazione. Tommaso aprì la busta e tirò fuori un paio di
dolci che erano stati fatti in casa. Lo diede uno a Lorenzo e
non disse nulla.
Mangiarono e poco dopo Tommaso tirò fuori una bibita. Poi
un altro dolce che però Lorenzo rifiutò con un semplice gesto
della mano. Tommaso finì quel dolce e prese quello che
aveva offerto a Lorenzo e questi capì. Tommaso stava
mangiando per nervosismo. Avrebbe voluto dire una battuta
ma entrarono in Ungheria.
Tommaso guardò il cartello con il segnale del confine e
sospirò. Un’altra nazione e poi la Romania. Altre otto o dieci
ore e sarebbero arrivati. Avrebbe finalmente visto Irina.
L’avrebbe baciata e avrebbe chiesto scusa per aver dubitato
110
di lei.
Si rese conto che non aveva intenzione di lasciarsi
influenzare da Lorenzo. Era logico quello che gli diceva però
sentiva che non era vero.
L’amore sta alla logica come l’arcobaleno alla notte.
disse dopo aver meditato su quanto sentiva.
Lorenzo non diede voce ai suoi pensieri.
<<
>>
Tommaso aprì il finestrino e prese un paio di boccate d’aria.
Disse poi, dopo aver pesato la voce e i termini
<< Mancano otto o dieci ore. Forse qualcosa di più.
Arriveremo e vedremo. So che questo cambierà la nostra
vita e … ti chiedo scusa per averti fatto dei torti. O meglio
per averli fatti a te e alla tua famiglia. >>
Rimase in silenzio sperando che Lorenzo potesse chiedere
scusa a sua volta. Avrebbe perdonato i suoi sospetti e quelle
insinuazioni che un amico non dovrebbe sollevare. Avrebbe
ricucito il rapporto magari fingendo. Avrebbe voluto che la
coppia si consolidasse così come era stato per Franco Franchi
e Ciccio Ingrassia o per Carlo Pedersoli e Mario Girotti.
Lorenzo invece annuì come se avesse semplicemente
sentito parlare di un probabile temporale vedendo le nubi
nere all’orizzonte.
Tommaso attese sino a che poté. Poi decise che non poteva
considerare amico quell’estraneo accanto a lui. Non poteva
considerare amico colui che metteva zizzania nel suo
rapporto. Colui che aveva destabilizzato la sua mente. Era lui
che commentava quel quadro senza averne competenza.
Sembrava uno di quei critici d’arte che parlano con paroloni
che solo loro capiscono.
Tommaso decise di far finta di nulla. Avrebbe dato il ben
servito a quella persona che aveva considerato amico. Iniziò
a pensare a quante volte aveva fatto favori e quali.
Era andato a prenderlo in mezzo alla strada alle due di notte
perché gli avevano rubato la moto. Lo aveva accompagnato
110
in ospedale a farsi le visite. Aveva organizzato lo studio e lo
aveva invitato quando sapeva che Lorenzo stava a spasso.
Lo aveva aiutato con il trasloco. Aveva mantenuto la sua
roba in ogni dove nella casa dei genitori litigando con questi.
Da parte sua Lorenzo aveva fatto ben poco. Era anche vero
che Tommaso non gli aveva mai chiesto nulla di particolare.
Certo i soldi li aveva presi dallo studio però sapeva che
avrebbe restituito sino all’ultimo centesimo. Valutare ciò che
avevano fatto l’uno per l’altro era difficile, anche
quantificarlo, purtuttavia quell’esercizio mise Tommaso nelle
condizioni di chiusura.
Chiuse il rapporto poiché Lorenzo era diventato … un estraneo.
110
Anişoara
La madre stava sciacquandosi il viso. Sapeva di non poterle
parlare. Temeva che anche la sua presenza potesse
provocare una reazione o forse alimentare la semplice
discussione.
Aveva visto gli occhi della madre che fissavano lo zio.
L’aveva vista adirata seriamente per la prima volta. Si rese
conto che con lei non era mai stata adirata in quel modo.
Vero era che qualche volta aveva alzato la voce ma mai in
quello stato.
Sentiva di dover dire qualcosa per addolcire il momento. Il
problema è che non sapeva cosa. Poteva parlare di Tommaso
ma forse l’ira della madre si sarebbe scagliata su di lei e
avrebbe attirato la sua collera come un parafulmine.
Silenziosamente si mise seduta al suo solito posto. Pregò
affinché qualcuno entrasse nel negozio, anche per sbaglio.
La madre fece scorrere l’acqua sui polsi. Perla prima volta
vedeva la sua forza e la sua debolezza. Sentiva stranamente
di volerle bene come non mai. Cosa fosse non sapeva
spiegarselo ma era una situazione che la faceva soffrire e
voleva abbracciarla. Piangere con lei. Dirle che era la
mamma speciale che amava tanto.
Ti voglio bene mamma.
guardando nella sua direzione.
<<
>>
disse con voce sicura
Irina si voltò verso la figlia e vide la paura ma anche
qualcosa di nuovo nella figlia. Vide che per la prima volta
poteva parlare apertamente con lei.
Anna sorrise e lentamente, più per paura che per altro, si
alzò per andare ad abbracciare la madre. Accelerò
gettandosi su di lei. Anche se la superava in altezza si
ritrovò con la testa sul suo ventre. Sentì il profumo della
madre che si distingueva dolcemente da quello dei prodotti
peri capelli.
128
Sentì il suo calore e sentì le carezze date sulla sua testa.
Alzò lo sguardo e cercò il suo. Vide la madre che stava
piangendo. Piangeva silenziosamente e quello provocò un
dolore che non avrebbe saputo spiegare a parole. Decise di
parlare di ciò che sentiva senza parlare di altro.
<< Mami ti voglio veramente bene. >>
<< Cosa
ti prende? È la prima volta che …
>>
Anna non diede modo alla madre di continuare. Stava
piangendo senza rendersene conto. Piangeva per un
aggroviglio di sentimenti. Capì che stava piangendo quando
le dita della madre gli asciugarono le guance.
Sentì il calore della madre e le dita raggrinzite per i frequenti
lavaggi. L’aveva considerata un’amica da quando era
ritornata dall’Italia. In quel momento sentiva i suoi veri
sentimenti. Sentiva l’amore di una madre.
<< Mami
quello che vuoi tu voglio anche io. >>
<< Secondo
te cosa voglio? >> chiese Irina con una voce dolce
anche se il corpo ancora tremava.
Pensò di risponderle con il nome dell’italiano ma sentì che
non era la verità. Non sapeva cosa volesse la madre eppure
sapeva quello che lei voleva.
Io voglio vederti come eri.
qualcosa che non afferrava.
<<
>> disse
cercando di esprimere
La madre sorrise. Si mise seduta e vide quanto fosse alta la
figlia. Era orgogliosa per quello. Sapeva che stava crescendo
bene anche con tutte le difficoltà che incontravano. Sentiva
che la figlia aveva un animo buono e ciò le diede quel dolce
dopo tutto.
<< Vuoi
rimanere qui con i nonni? >>
Lei capì. Sapeva cosa le stesse chiedendo. Decise di non
mentire
Voglio stare con le mie amiche e i miei amici. Conosco
tutti a scuola. Poi ho provato a studiare l’italiano ma non ci
<<
129
riesco. Non sono brava come te. Vorrei stare qui perché qui è
il mio mondo. >>
Disse quell’ultimo concetto allargando le braccia come ad
includere tutto il negozio. Irina sorrise e decise che doveva
parlarle senza però parlare dello zio. Temeva e perciò
Io amo Tommaso. Lui è un uomo bravo. Ha molte
difficoltà ma so che sa amare. Ti vuole bene. Non per tutti i
regali che ti ha fatto. Quelli per lui sono cose di poco conto.
Ti vuole bene perché … ti capisce. Fidati di me. Io la amo e
penso che vivremo insieme.
<< Abbiamo i nostri problemi, dovuti anche a questa
situazione. Però se qui non dovesse funzionare io … io andrò
da lui. Ovunque si trovi io lo troverò e starò con lui. Ti scrisse
una lettera. Ricordi? >>
<<
Anna fece mente locale e ricordò quando la madre la prese in
disparte, i primi giorni dal suo ritorno in Romania. Lesse una
lettera traducendola dall’italiano. Ricordava qualcosa ma
preferì che la madre le esponesse quel concetto, anche
perché oramai erano passati tre anni e lei era cresciuta.
Tante cose erano cambiate.
Aveva ritrovato una madre che tornava in casa solo per
agosto e raramente per le feste. Aveva sentito parlare di
quell’uomo giorno dopo giorno senza che però lei le mettesse
pressione. Aveva visto i nonni ammalarsi e la madre
impegnarsi con il negozio e con i nonni. L’aveva
accompagnata a danza anche quando c’era la neve.
Nella lettera lui ti diceva che mi amava ma che non
avrebbe fatto di tutto per farci stare insieme. Avrebbe anche
rinunciato ame, al nostro amore se questo era ciò che
avrebbe permesso di farci stare insieme. Se tu volevi lui si
sarebbe trasferito qui oppure sarebbe rimasto lontano da
noi. Ti lasciava la scelta e voleva che tu scegliessi con tutto
l’egoismo del quale fossi stata capace.
<<
Disse anche che non ti mandava i regali per comprarti ma
per farti stare bene. Ti ricordi uno degli ultimi messaggi che
ti ho letto? Diceva che se tu sorridi mi rendi felice e questo è
130
<<
sufficiente per lui. Te lo leggo. >>
La madre prese il telefonino per la prima volta dopo tanto
tempo. Cercò il messaggio piangendo mentre li scorreva. Poi
Tutto ciò che faccio è per egoismo. Saperti felice mi fa star
bene per questo mi impegno adonarvi il sorriso. E aggiunse…
Ti invio i soldi per comprarle quelle scarpe perché altrimenti
il tuo cuore può soffrire nel vederla triste per una
mancanza… e poi … Lo sai che ti amo e faccio tutto per farti
star bene. Ti amo… E così chiuse il messaggio. In pratica ci
ama. Ama me e di riflesso ama te. Ovviamente. Non ti
conosce ma ha tanto di quell’amore … >>
<<
<< Andremo
<< Non
in Italia? >>
lo so. Ti posso solo dire che … vivremo con lui.
131
>>
Ioan
La faccia della sorella lo aveva colpito. Era la prima volta
che la vedeva alterata. Da piccoli lei lo aveva sempre
trattato con rispetto. In famiglia erano gli uomini a
comandare e le donne si occupavano di tutte le faccende.
Difficilmente le donne rispondevano anche se la sorella
faceva eccezione. Spesso rispondeva a tono e spesso
sembrava ribelle.
Eppure mai una volta l’aveva vista adirata con un membro
della famiglia. Quell’espressione lo aveva colpito. Aveva
necessità di tornare in casa e parlarne con il padre. Sapeva
che trattava Irina in modo speciale. Era stato così. Il padre
trattò duramente lui mentre la madre tratto duramente la
sorella.
Il tragitto dalla città al paese era di un’ora di macchina.
Strade che d’inverno divenivano trappole si contorcevano tra
le montagne. A tratti le pareti delle montagne provocavano
ansia per quanto alte e per quanto la strada fosse stretta.
Spesso non si vedeva chi arrivasse dietro una curva e quei
tratti erano sempre percorsi a velocità ridotte.
Eppure Ioan camminava sempre con il piede sull’acceleratore.
Sembrava avere sempre fretta. Doveva dare la sua versione
ai genitori prima che Irina potesse rientrare in casa. Doveva
anche trovare il modo di parlare di Sofia. Però quello,
pensava, era un problema secondario.
Durante il percorso si preparava le diverse versioni per
cercare quella che potesse essere convincente e che
potesse ridurre qualsivoglia punizione. Si sentiva sempre
umiliato per le punizioni che i genitori gli infliggevano. Lo
trattavano come un bambino anche se era in compagnia con i
suoi amici.
Considerò l’idea di omettere il nome di Sofia e di dire solo
della sua idea di far rimanere in Romania Irina e della sua
reazione esagerata. Poteva sempre parlar male dell’italiano
132
come se fosse tutta colpa sua. Sapeva di aver fatto bene a
parlar male di quello sconosciuto, anche perché voleva che la
sorella rimanesse ad assistere ai genitori.
Anche loro preferivano così.
Espressero quel desiderio durante la prima cena di natale
quando l’argomento Tommaso venne post sulla tavola. Il
padre aveva mostrato accomodamento.
Durante tutta la serata sembrava volesse accettare la
partenza della figlia e della nipote. Era convinto che la sua
felicità non era con loro in quel paese.
Però la madre portò tutti alla realtà. Loro erano anziani e
avevano bisogno di cure, le quali un uomo non avrebbe
potuto mai espletare. Perciò Irina era un tassello importante
della famiglia e quella constatazione lo rese più sicuro.
Arrivò sulla soglia. Lì tutte le case sono colorate e quella non
faceva eccezione. Vicino un giardino che un tempo fu
meraviglioso. C’erano fiori di molte specie e qualche
selezione che il padre riusciva a fare quando era in casa.
Si fermò poco distante dall’ingresso per non allarmare la
madre.
Entrò in casa e vide il padre seduto sul divano a leggere il suo
solito quotidiano. Vide un uomo che lo aveva cresciuto
facendo sacrifici e spendendosi anche in molte litigate. Erano
state più le bastonate che le parole mentre la madre
compensava con il suo amore.
<<
Padre! >>
L’uomo posò il giornale mettendo un segna pagina prima di
chiuderlo. Si voltò e vedendo il volto del figlio capì che
doveva sedersi sulla sua poltrona. Era una tradizione che
aveva adottato alla morte di suo padre. Aveva ricevuto in
eredità alcuni mobilie quella poltrona era quella che amava
di più. I suoi fratelli e le sue sorelle lanciavano ancora
frecciatine perché volevano quella che era una “signora”
poltrona.
Prese l’abitudine di non sedersi sopra spesso. La usava solo
133
per eventi eccezionali. Le elezioni, i mondiali di calcio oppure
una lezione che doveva dare ai figli.
Guardò il figlio con il suo sguardo sostenuto. A quello
chiunque abbassava il proprio, anche il figlio che tanto gli
somigliava. Il figlio iniziò adire
<< Ho litigato con Irina perché lei vuole andare in Italia. Ho
detto a lei che è l’unica a poter stare qui. Lo sai. Voglio
aiutarvi ma ho i miei problemi. >>
Il padre disse in modo naturale
<<
Sofia. Lo so. >>
A quella notizia Ioan rimase in silenzio. Cosa sapeva suo
padre? Sapeva che era incinta? E chi l’aveva avvertito? Forse
Sofia. Voleva sposarsi e quindi era ovvio che avesse
avvertito chiamando i propri genitori. Il padre interruppe il
suo pensiero.
<< Se pensi che noi siamo solo delle suppellettili ti sbagli. I
genitori di Sofia hanno chiamato dicendoci che state insieme.
Ti ha incastrato? >>
Ioan si sentì perso. Sapeva che quello che era iniziato come
un puro divertimento era diventato qualcosa che avrebbe
dovuto gestire. Forse poteva sfruttare la cosa a suo favore
ma l’idea che i suoi sapessero della gravidanza non gli
andava giù. Non voleva impegnarsi specialmente con una
ragazza che non aveva quello che cercava.
Appunto. >> disse riprendendosi e cercando di girare la
ruota a suo favore <<
Proprio perché aspetta un figlio dame Irina deve rimanere
qui. Se va in Italia si porta via Anna e ci abbandona proprio
nel momento del bisogno. È per questo che abbiamo litigato.
Non può andar via. >>
<<
Il padre rimase in silenzio. Aveva ricevuto una notizia che gli
diede da pensare. Il figlio era stato con la ragazza e l’aveva
compromessa. Lui credeva che stesse giocando con lei.
Sperava che non facesse una cosa del genere.
134
Eppure era lì, davanti a lui, a parlare di Irina con quel tono
che non poteva avere visto quel che aveva combinato.
Spero vorrai smetterla di parlar male di tua sorella. Lei ha
avuto una bambina e l’ha cresciuta facendo moltissimi lavori
in Italia. È grazie a quell’italiano che disprezzi che lei ora è
qui con noi. >>
<<
Padre non parlo male di lei. Dico solo la verità. Lei vuole
andar via e portarsi via Anna, tua nipote. Noi l’abbiamo
cresciuta. Chi si è occupato di lei quando ha avuto la varicella?
Chi si è occupato di lei quando ha avuto gli orecchioni? E chi
l’ha curata quando è caduta e si è fatta male? Potrei
continuare a lungo. Ora lei vuole portarla via da noi, la sua
famiglia. Per questo gli ho detto che … >>
<<
Entrò la madre.
Il padre la guardò cercando di farle capire che non doveva
intervenire ma lei l’ignorò. Ogni volta che i suoi due uomini
discutevano lei voleva essere presente poiché sapeva che il
marito era di mano pesante.
<< Cosa
è successo? >> domandò al figlio ma rispose il marito
Ha messo incinta la ragazzina dei tuoi amici, quelli che ti
hanno chiamato qualche giorno fa. >>
<<
La madre allargò le braccia e strinse il figlio al petto. Già
immaginava il piacere di organizzare il suo matrimonio.
Ioan intuì di essere nei guai e per non peggiore le cose disse
<< Stavamo
discutendo di quella pazza di tua figlia.
>>
Quell’espressione fece balzare in piedi il padre. Era furioso
per quella mancanza di rispetto e per quello che la moglie gli
permetteva di fare.
135
Confronti
Il mezzo era parcheggiato poco distante dall’ingresso. Lei lo
vide e parcheggiò la sua auto dietro. La differenza era
palese. La macchina di Ioan era sportiva e nuova mentre la
sua era un’utilitaria di seconda mano.
Irina non badava a quelle cose mentre Anna aveva più volte
chiesto alla madre perché di quella differenza.
Irina si mise in modo da bloccare il fratello. Sarebbe entrata
in casa con Anna e avrebbe chiarito il tutto quella sera
stessa. Anna entrò per prima e si avviò direttamente nella
stanza del nonno. Così come in passato l’uomo trattava
gentilmente tutte le donne della sua casa. Anche la nonna
trattava bene la nipote, visto che era l’unica sino ad allora e
credeva che il figlio maschio non avrebbe mai messo la testa
a posto.
Irina entrò in soggiorno e trovò i genitori seduti sul divano
mentre il fratello era in disparte a parlare con qualcuno al
cellulare.
Irina salutò i genitori e attese che il fratello si decidesse a
chiudere quella conversazione e a confrontarsi con la
famiglia. Temeva che avesse raccontato la storia secondo
una visione tutta sua e temeva altresì di dover faticare nel
cercare di riportare la discussione secondo verità.
Ioan concluse la telefonata e si mise seduto su una sedia in
modo da essere alla destra del padre e da riuscire a tenere
Irina lontana. Lei iniziò adire
<< Vi
avrà sicuramente detto di quello che ha fatto.
>>
I genitori erano stranamente sereni. Sembrava che nulla
fosse accaduto. Irina rimase spiazzata ma subito riprese le
redini del discorso
Posso capire che voi mi possiate domandare di rimanere
qui in Romania ma non tollero che lui usi i suoi mezzi per…
<<
>>
121
Ioan non disse nulla ma non sostenne il suo sguardo.
Qualcosa era cambiato e lei era consapevole che l’ambiente
non era quello che si aspettava. I genitori non la stavano
attaccando e il fratello non era pronto a sguainare la spada.
Era tutto surreale.
<< Se deciderò di partire, di sposarmi o altro ve ne parlerò
ma valuterò i vostri consigli e non mi lascerò influenzare da
questi. Perciò! Non so cosa lui vi abbia detto. Vi dico solo che
non accetto che lui mi voglia comandare e voglia… >>
Il padre si alzò e andò a sedersi nella poltrona che lei
conosceva bene. Sembrava più stanco del solito e i suoi
malanni sembravano comunque lontani.
Ora che tuo fratello sta per diventare padre le cose
cambieranno. >>
<<
Quello fu un colpo per Irina che stava per sfogare
nuovamente la sua rabbia ma questa volta contro il
fratello. Eppure il padre conosceva i figli e subito aggiunse
Figlia mia. Ti vogliamo bene e vogliamo tu viva la tua
vita. Voglio che tu sia felice e che ti accolli le responsabilità
delle tue decisioni. Non dovrai pensare a noi visto che la
compagna di Ioan vivrà qui. Ti siamo grati peri sacrifici che
hai fatto nei nostri confronti ma tu hai sempre confuso i
ruoli. È vero che ho problemi e che tua madre non sta molto
bene.
<<
Anche tu hai i tuoi problemi. Se quell’italiano è la persona
per te io non lo so. Lo spero. Spero che tu possa stare con la
persona che ti rende felice. Tua madre ed io sappiamo che
la vita è difficile e che spesso ciò che l’uomo sceglie è di
accontentarsi. Possiamo essere felici se non scendiamo a
compromessi. Perciò se vuoi partire o vuoi rimanere spetta
solo a te.
<<
Ciò che ti chiediamo è di poterti vedere e sentire spesso.
Di sapere come cresce Annina. Vogliamo tu viva ovunque
ma felice. Vogliamo che tu sia prima di tutto nostra figlia e
non la nostra badante. Perciò … Chiama il tuo compagno e se
sarà destino vivrete insieme altrimenti sei bella e capace …
<<
122
troverai ciò che ho trovato io. >>
Abbracciò la moglie che si era messa seduta sul bracciolo.
Irina stava piangendo e si voltò verso il fratello con il quale
aveva dei conti in sospeso. Anna si unì all’assemblea. Il
fratello le indicò di avvicinarsi ma Irina la bloccò.
Non posso perdonare le tue cattiverie. Sino a che non mi
chiederai scusa per tutto il male che mi … che ci hai fatto …
<<
>>
Ioan stava per parlare quando all’ingresso una mano pesante
bussò.
L’anziano uomo andò ad aprire mentre Irina si asciugò le
lacrime. Guardò Anna e stava per dirle di andar via quando
sentì
Venite! >>
La voce dell’uomo rimbombò per tutta la casa. Tutti, ad
eccezione di Ioan, si affacciarono. All’ingresso una vicina
aveva il volto rosso. Loro guardarono la scena ma non
capivano. Poi dietro la donna videro un uomo con delle
occhiaie che lo rendevano più stanco di quanto non fosse.
<<
<<
Tom? >>
Lorenzo e Tommaso arrivarono nel paese dove vivevano i
genitori di Irina. Era più facile trovare loro che la ragazza in
città. Tommaso iniziò a chiedere alle persone che erano in un
bar ma il suo inglese e quello degli indigeni facevano a lotta.
Tommaso capì che doveva solamente chiedere di Irina e di
Anna aggiungendo il cognome da nubile di lei e da sposata.
Eppure a quel bar sembravano tutti stranieri in terra straniera.
Lorenzo non aiutò l’amico. Attendeva di vederlo entrare
nella casa che lo avrebbe ospitato mentre lui avrebbe fatto
marcia indietro. Avevano litigato e avevano concluso il loro
rapporto. Lui rimaneva solo per lasciargli le valige.
Tommaso iniziò a bussare alle varie porte. Ogni volta
sembrava che si intrattenesse qualche istante di più. Poi
entrò in una casa. Pochi minuti e una donna uscì insieme a
123
lui. Entrarono in auto e lei diede indicazioni per arrivare alla
loro meta. Tommaso aveva un’altra espressione. Era
gioviale e aveva la speranza in corpo.
Arrivarono e videro due auto di cui una messa di traverso. La
donna disse più volte il nome Irina. Poi scese e corse alla
porta. Tommaso non capì subito. Quando vide aprirsi la
porta decise di raggiungerla. Poi vide quell’immagine che
aveva sperato di vivere da tantissimo tempo.
Lei domandò sorpresa << Tom? >> e lui sorrise. Era stanco e
sentiva il peso degli eventi. Si voltò per andare verso
Lorenzo. Da dietro i passi di Irina stavano per raggiungerlo
ma lui doveva chiudere quello che era ancora socchiuso.
Lei si fermò quando vide l’amico che stava lasciando le
valigie in strada. Tommaso non disse nulla. Prese le valigie e
si avviò verso di lei mentre Lorenzo ritornò perla strada dalla
quale erano venuti.
Tommaso sorrise e disse solamente
<< Ho
bisogno di un paio di ore di sonno. Ti prego non lasciarmi
fuori. >>
Poi cadde svenuto e sentì solamente la voce di Irina che lo
chiamava urlando ma non poteva svegliarsi.
Tommaso si ritrovò dentro un letto. Vicino a lui una
bambina lo guardava incuriosita. Quando questa vide che si
era svegliato si allontanò. Tommaso sentiva di essere
sereno. Qualunque cosa fosse accaduta lui aveva raggiunto
quello che aveva sempre desiderato. Pace.
L’uomo che si affacciò era anziano. Parlava ma la sua lingua
era sconosciuta a Tommaso. Si decise ad uscire dal letto e
chiese
<< Dov’è
Irina? Where is Irina? >>
Anna iniziò a rispondere in un inglese scolastico e Tommaso
capì così che Irina era al negozio. Forse aveva dormito più del
dovuto. Forse stava disturbando.
124
Incontro
Il bagno ristoratore tolse la puzza del viaggio. Ristorò le ossa
e le carni ma non l’anima. Tommaso sapeva che doveva
andare a parlare con lei. Non conosceva la linguae non
sapeva come parlare alle persone lì presenti.
Prese il cambio e si vestì. Era elegante visto che quello era il
vestito che aveva scelto per impressionare il potenziale
cliente. Eppure si sentiva fuori luogo. Cercò di orientarsi in
quella casa e alla fine trovò il soggiorno
dove
probabilmente i genitori di Irina erano lì in attesa di lui. Anna
era seduta davanti al televisore e spense lo stesso quando
vide l’immagine riflessa sullo schermo.
<< I
want Irina. Can I go … ehm … >>
Anna prese la sua mano e lo condusse fuori dopo aver preso
le chiavi. L’auto che aveva visto quando era arrivato era lì,
quindi quella che era parcheggiata dietro era stata usata da
Irina.
Anna fece da navigatore. Con le mani indicò dove girare sino
ad arrivare dinanzi al negozio. Lei diede un piccolo pugno
quando vide che lui voleva parcheggiare in mezzo alla strada.
Lo condusse in un parcheggio poco più avanti. Scesero ma lei
corse subito al negozio. Sembrava contenta.
Tommaso la raggiunse e vide che Irina stava lavorando. Non
entrò. Lei lo guardò e si capirono.
Lui andò in giro rimanendo vicino al negozio. Trovò un bare
prese un caffè, visto che non sapeva ordinare altro. Poi venne
raggiunto da Anna e lei prese un paio di panini. Tommaso
sentì la fame. Era tanto che non mangiava? Non lo sapeva.
Però sapeva che poteva gustarsi il panino senza fretta.
Prese il cellulare e chiamò la madre.
Si! Sono arrivato. Qui con me c’è Anna … Si! È bella. Mi ha
preso un panino …. Irina? Sta a lavoro … Hai sentito Lorenzo?
Visto? >>
<<
125
Tommaso si rese conto che erano passati tre o quattro giorni.
In realtà era stato in un dormiveglia. Sembrava che
dormisse ma il letto nuovo e le emozioni lo avevano tenuto
in un limbo. Si ricordava di aver mangiato e poi dormito. Si
ricordava di un medico che l’aveva svegliato con qualche
buffetto.
Tommaso attaccò la comunicazione. Sapeva di non avere
molto credito e voleva conservarlo. Anna lo guardava
incuriosita e lui non badò a lei. Era in cerca di risposte a
domande che non aveva modo di esprimere. Lorenzo aveva
ingannato il suo animo o aveva semplicemente portato alla
luce quello che lui stesso voleva nascondere?
Ora era lì e vedeva quello che poteva definirsi realtà.
Si avviarono al negozio e videro che la cliente stava pagando.
Qualche sorrise. Due parole e poi se ne uscì.
Tommaso entrò con aria incerta. Aveva una strana
sensazione ma stava costringendosi a pensar positivo.
Irina lo guardò con la durezza che lui aveva scoperto in uno
dei pochi litigi che avevano affrontato. C’era qualcosa e lui
sapeva ma non voleva credere che …
<< Non
dovevi venire. Ti ho detto che sarei venuta io.
>>
Lo so. Ho sbagliato. È che … ho sentito che dovevo farlo.
>>
<<
Lei sembrava nervosa e adirata. Tommaso sentì la mano di
Anna e fu quel contatto che lo mise in movimento. Lasciò
quella mano e si diresse verso Irina. L’abbracciò e la baciò.
Sentì il suo profumo, il suo calore. Il sapore del bacio era
come lo ricordava.
Irina non si abbandonò a lui.
Tommaso prese le distanze e capì che lei non aveva
apprezzato quella sorpresa. Provò con il dire
Ho letto il messaggio. Ho capito. Però devi sapere che io
ti amo quanto tu stessa hai detto. Mi hai scritto che sono
parte della tua famiglia. Lo hai fatto dopo tantissimo tempo.
126
<<
Ho ricevuto il messaggio solo quando sono uscito dall’Italia.
Se lo avessi avuto primati … >>
<<
Basta. >>
Irina era calma ma non sembrava avere l’intenzione di
perdonarlo. Era rimasta in sospeso sino al suo arrivo. Era
rimasta sconvolta nel vederlo. Ancor più nel vederlo svenire.
Aveva combattuto con il fratello e aveva vinto. Eppure non
apprezzava quel gesto. Voleva che il suo uomo avesse piena
fiducia in lei. Voleva un rapporto speciale così come lui aveva
iniziato a creare prima di quella visita. Prima del litigio.
Prima che tutto cambiasse colore.
Anna era in attesa. Sperava di poter vedere il sorriso della
madre. Voleva intervenire ma decise di uscire e di evitare che
chiunque potesse interferire.
Irina non badò alla figlia. Rimase a guardare quell’uomo che
l’aveva tradita. Che non aveva creduto in lei. Che era stato
capace di parole dolci ed uniche mentre alla fine si mostrò per
quello che era.
Tommaso stava aspettando la sentenza. Sentiva la rabbia
salire sino in gola. Sentiva che stava per rompersi anche quel
qualcosa che lo teneva lì fermo ad attendere. Decise senza
però dar modo di poter tornare indietro.
<< Addio. Sono venuto per dirti addio. >>
Si voltò. Voltò le spalle per non guardarla più. Si avviò verso
l’uscita. Strinse la mano alla bambina e si diresse verso
l’automobile. Silenziosamente sarebbe tornato in quella
casa. Avrebbe preso i bagagli e sarebbe sparito. Niente Italia.
Niente Romania. Solo un lupo solitario come era sempre
stato.
Avrebbe condotto una vita vissuta alla giornata.
“Mai più ricordi”. Mentre si avvicinava alla macchina ripeteva
a sé stesso quel concetto come a farne radici di una nuova
religione. I volti divennero tutti uguali. I colori sparirono.
L’auto si avviò e lui si spense in un solitario silenzio.
127
Simone e Anna
Il padre di Irina era davanti a Tommaso. Sembrava
giganteggiare ma ancor di più era d’ostacolo a quella fuga.
Gli occhi dell’uomo erano fissi in quello di Tommaso. La
moglie stava telefonando.
L’uomo disse più volte il suo nome. Si chiamava Simone. Però
riuscì a far capire solo quello. Tommaso voleva scansarlo ma
quello stava diventando passato. Le borse erano strette e il
formicolio alle dita iniziò afarsi sentire.
Simone si spostava danzando con quell’uomo. Vedeva che
non abbassava il suo sguardo. Vedeva la tristezza del vuoto
che aveva la uso interno. Sentiva che qualcosa non andava
in lui e temeva per quello stato. Voleva impedire che
uscisse anche perché eras traniero.
Al telefono la moglie urlò.
Simone si voltò e disse nella sua lingua
<< Anna.
Cosa è successo? Non vuole venire? >>
Annasi affacciò. Vide lo sguardo assente di quel ragazzo ma
temette più perla salute del marito. Era in piedi da troppo
tempo.
Simone capì la moglie e senza che lei parlasse prese il
braccio di Tommaso per portarlo in soggiorno. Tommaso non
si mosse. Mentre i due sembravano stessero per ingaggiare
una lotta alla porta arrivò un segnale.
All’ingresso una giovane minuta salutò la padrona di casa.
Vide i due uomini e disse subito
<< Sono
Alexandra. Amica di famiglia. Tu sei amico di Irina? >>
Tommaso guardò la figura e abbassò la testa. Simone
continuò a tirare il braccio. Disse qualcosa e Alexandra
intervenne
<< Sta
dicendo di aver pazienza. Seguilo. Vuole parlarti. >>
128
Tommaso disse con voce calma e con rassegnazione.
Non ho intenzione di parlare. Non mi intrattengo. Devo
andar via. Andare per la mia strada. Seguire la mia vita. >>
Simone ascoltò la traduzione e diede uno schiaffo a
quell’uomo. Tommaso non rispose. Guardò i presenti e disse
<<
Digli che mi dispiace. Ho provato ad amarla ma non può
funzionare. Sino a che lei non aprirà il suo cuore non potrò
amarla e non sarà mai amata. >>
<<
Anna prese la parola e il tono era simile a quello che Irina
aveva durante i suoi momenti di rabbia
Sei sicuro di quello che dici? Oppure hai paura di lei e
della sua situazione? Hai fatto tanto e mi domando il perché.
Se non l ’amavi non avresti fatto quanto hai fatto. Devi
capirla. Ha vissuto sempre in mezzo ai problemi. Ti chiedo
solo di aspettare. Non essere egoista ora. >>
<<
Tommaso diede un pugno alla parete. Era un pugno di
rabbia. Si sentiva in gabbia. Sentiva che loro non capivano.
Lei non lo voleva. Lei lo aveva rifiutato. Anche lui aveva
avuto difficoltà nella vita. Eppure non aveva smesso di amare
e di cercare il futuro. Non aveva smesso sino a che non era
stata lei a negargli l’amore. A negare il perdono.
Tommaso voleva solamente andarsene. Simone riuscì a
portarlo in soggiorno seguito da Anna e da Alexandra.
Simone ed Anna iniziarono a parlare tra loro e sembrava
stessero discutendo come se lì non vi fosse quello straniero.
Alexandra si mise in disparte. Simone alla fine fece
accomodare Tommaso sulla sua poltrona. La moglie sembrò
meravigliata.
Simone disse
Attenderai mia figlia perché dovete chiarirvi. Lei ha
vissuto una vita difficile. Noi non siamo stati capaci di darle
quello che volevamo. Si è sposata giovane e ha divorziato
non appenala figlia ha fatto tre anni. Lei non ha più aperto il
suo cuore alle persone. Ha creduto in quell’uomo e
quell’uomo l’ha tradita. Ha tradito quello che per Irina era
129
<<
sacro. La famiglia.
Tu dovresti riuscire a capirla. Se l’ami dovresti rimanere
qui. So che hai i tuoi dubbi e che il torto è da entrambi le
parti. Eppure so anche che vi amate. Ogni difficoltà si supera
basta guardare oltre. Basta guardare il progetto che si ha e
che si vuole condividere. Anche io e mia moglie abbiamo
litigato spesso. Alle volte sembrava finita. Alle volte avrei
voluto abbandonare tutto perché combattere mi faceva male
e mi toglieva energie.
<< Ti comprendo perché anche io sono stato come te. Sono
stato sull’orlo di una crisi che non mi lasciava dubbi. Ero
sicuro che non ci sarebbe stato futuro tra noi due. >> e
strinse la moglie a sé << Eppure tutto si supera. Tuttavia
occorre mettere l’orgoglio sotto i piedi perché non aiuta. >>
<<
Tommaso dovette far cessare quella valanga di parole
tradotte quasi in tempo reale.
Non è orgoglio. Ho sbagliato io. Sono venuto senza
avvertirla. Ho dato retta al mio … a Lorenzo che mi ha
accompagnato. Ho avuto dubbi su di lei. Su di voi. Lei ha
ragione a non volerne sapere di me. So benissimo che ho
tradito la sua fiducia. Lei voleva un uomo capace di fidarsi
nonostante tutto. Eppure io ho provato a farlo. È stato
difficile ed ho combattuto con tutte le mie forze. Ho deciso di
parlarle per cercare di ricucire lo strappo però ho mostrato
quello che realmente c’era. Assenza di fiducia.
<<
Come fidarsi se non ci si apre? Come fidarsi se non ci si
ama. Vostra figlia non si ama. Le ho detto spesso amati così
mi ami. Non mi ha capito. Se si amava avrebbe trovato il
tempo per noi. Se si amava non si sarebbe ammalata al
punto da costringerla a non venire. Se si amava avrebbe
comunque fatto qualcosa per amore. Eppure non lo ha fatto.
Come può dire di amarmi se non ha fatto niente per me? Non
intendo gesti straordinari. Non intendo neanche che lei
dovesse venire e fare follie. Intendo anche lasciarmi
permettersi con un altro. Intendo dire che poteva scegliersi
una vita.
<<
<<
Poteva dirmi di sì e crederci. Dirmi di sì e affrontare le
130
conseguenze. Curarsi. Prendersi tempo. Dedicare tempo a sé
stessa per poter avere tempo per noi. Oppure decidere di
troncare il rapporto. Di dirmi che amava un altro. Doveva
lasciarsi amare. Lo sapeva. Sapeva benissimo che io avrei
solamente chiesto se fosse realmente felice. La amo e l’ho
amata. Eppure lei non si ama e mi ha reso difficile amarla.
E il problema non era venire in Italia. Non erano i soldi.
Non erano le telefonate mancate, gli sms che lei mi
mandava quando decideva e che pretendeva da me creando
disparità. Avrei perdonato tutto. E l’ho anche fatto. Ma non
posso perdonarle di non aver capito che per amarmi doveva
amarsi. Perdonarsi a me doveva avere qualcosa da donare.
Doveva capirsi per capirmi. Doveva affrontare i suoi demoni.
Doveva anche aprire il cuore ad altre persone perché così se
avesse scelto me sarei stato sicuro che avrebbe scelto.
<< Così come stanno le cose lei non ha scelto. Lei si è
lasciata trasportare. Ha creduto che fosse dire ti amo per
dare amore. Non ha capito che avevo necessità di essere
scelto. Avevo il disperato bisogno di essere indicato tra una
selezione di aspiranti. Se un domani trovasse qualcosa da
ridire? Se litigando dovesse dirmi che si pente per aver
creduto in me? Sarei io quello che ha sbagliato tutto. Se mi
avesse scelto la colpa sarebbe almeno equa e nel rapporto ci
sarebbe quell’equilibrio tale per cui si può fare famiglia.
<<
Avremmo potuto piangere e ridere. Litigare e far la pace.
Ma non ci sarebbe stata nessuna opzione. L’amore è anche
decidere di rischiare. Sbagliare. Ma io gli ho offerto la
possibilità di scegliermi. Volevo che lei scegliesse sé stessa.
La sua felicità. Senza pensare alla figlia. Senza pensare a
quello che le donavo. Doveva criticamente vedere quello che
ero e che le offrivo e dirmi se ero io l’uomo che la rendeva
felice. Le ho sempre detto che non avrei detto nulla se si
fosse presentata con un uomo e mi avesse detto che quello la
rendeva felice.
<<
Certo avrei accusato il colpo ma proprio perché l ’amavo
sarei stato ben disposto a vederla con un altro. So che è
assurdo ma io vivo l’amore così. Per me amare vuol dire
donarsi anche se questo donare non trova pari valore.
<<
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L’amata deve amarsi e deve avere la gioia di amare ed
essere amata. Se ami e non trovi gioia nell’essere amato
allora non è amore. Se ami e gioisci nell’essere amato e
nell’amare allora è giusto.
Trova compimento l’amore quando si è egoisti e si gioisce
nell’amare. >>
<<
A quelle parole Tommaso prese coscienza di quello che aveva
detto. Capì che non stava fuggendo ma le stava donando
ancora amore. Sarebbe scomparso dalla vita di Irina e di
quella famiglia per donare ad Irina tutto il suo amore.
Voleva che lei imparasse ad amare. Doveva imparare ad
amare sé stessa e poi chi l’amava e non il contrario.
Si alzò dalla poltrona. Si diresse verso l’ingresso e prese i
bagagli. Si voltò e disse rivolgendosi ad Alexandra che stava
singhiozzando
Dille che questo è il mio modo di amarla. Spero capisca.
Dille che ho cercato di imparare ad amare senza sapere che
già amavo. Mi ha reso felice donarmi a lei. Mi ha reso vita.
Ora lei dovrà amare sé stessa e quando troverà l’amore avrà
trovato me. >>
<<
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Ringraziamenti e dediche
Questo libro lo dedico alla mia compagna di vita e il mio unico
amore. Devo tutto a lei, anche i sentimenti.
Dedico questo libro a mia madre che mi sostiene sin dalla
morte di mio padre. Dedico questo libro a voi che avete avuto
la pazienza di leggerlo.
Ringrazio Kaily McRay per la bellissima copertina.
Ringrazio tutti coloro i quali vorranno scrivermi criticandomi e
dandomi consigli.
Ringrazio Dio per avermi fatto così come sono, con tutti i
difetti che ho.
Ringrazio infine Valeria Bilello per aver contribuito,
involontariamente.
Nota: La conclusione che segue è dovuta alla critica di mia
madre che ha detto “Sembra che non hai scritto fine.”
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Conclusione
Il bambino voleva che la madre l’accontentasse. Voleva
andare alle giostre e non stare lì dinanzi ad una porta
chiusa. La sorella lo prese in braccio e gli sussurrò qualcosa
nell’orecchio. Questi sembrò calmarsi.
La porta non si aprì velocemente. Loro erano in attesa. Lei
specialmente. Un’anziana signora aprì ed ebbe difficoltà ad
inquadrare il volto.
<< Sono
Irina. Si ricorda? >>
Erano passati nove anni l’anziana sembrava ricordare. Vide
che non era sola ma comunque li fece accomodare.
<< Come
<< Una
sta signora? >>
voltami chiamavi mamma. >>
<< Vero. >> disse
Irina con voce bassa
<< Lui
dov’è? >>
Mio figlio? Non saprei. È in giro per il mondo. Da quando è
venuto da te non è stato più lo stesso. >>
<<
<< Si
è sposato? >>
La donna iniziò a piangere più per rabbia che per dolore.
<< Lo
sai. Te lo ha promesso. Non si sarebbe sposato neanche
se tu … Come vedi hai messo su famiglia ed hai anche un altro
figlio. Come si chiama? >>
Il bambino guardò l’anziana signora e cercò di farsi prendere
in braccio ma la donna non si mosse.
<< Lo
abbiamo chiamato Tommaso. >>
A quel nome il bambino si voltò e la donna anziana non poté
che constatare quanto dolore stesse realmente provando.
Irina continuò
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<< Tommaso
mi ha amato ed io in qualche modo l’ho amato.
Ho creduto che così potessi ripagare il debito. >>
La donna anziana non poté dire nulla. Vedeva quel piccolo e
pianse pensando che non era il nipote che sperava di avere.
Tommaso era figlio unico e lei sperava di diventare nonna.
Più di tutto voleva che il figlio fosse felice e sapeva che non
era così. Andava in giro per il mondo adattandosi agli
ambienti e chiamandola non appena poteva. Eppure era
sempre triste. Non aveva entusiasmo per nulla. Aveva fatto
l’allevatore e aveva assistito ad un parto di una mucca. Ma
nel suo racconto c’era sempre l’anonimato.
La ragazza che era lì lo aveva ridotto in quello stato e lei
non poteva perdonarglielo. L’uomo al suo fianco cosa aveva
di più del suo bambino? Irina spezzò quei pensieri
<< Tommaso
mi ha insegnato ad amare. La promessa che ha
fatto è il suo modo per dimostrarmi il suo amore. Ciò che non
capisco è perché sia fuggito. >>
<< Perché
avrebbe reagito in modo eccessivo. >>
Irina lasciò un biglietto con scritto un numero.
<< Se
lo sente può dargli questo numero? >>
<< Non
penso lo farò. Come madre mi capirai. Almeno su
questo sono convinta. Come madre capirai. >>
La porta si chiuse alle loro spalle. Irina capì che non sarebbe
stata mai richiamata perché quello era il modo per
quell’anziana di amare il figlio. Lo avrebbe protetto. Anna
disse
<< Non
esiste un solo amore e non si impara mai ad amare. >>
Irina non poté che guardare la figlia. Strinse il figlio a sé e
con il marito si avviarono verso l’albergo. Sarebbero tornati in
Romania dopo qualche giorno. Irina si ripromise di parlare
con suo figlio e di insegnargli che l ’amore non è per forza
perfetto. Anzi.
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