L`imperfezione dell`uomo - Romanzi e racconti gratuiti di ogni tipo. I
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L`imperfezione dell`uomo - Romanzi e racconti gratuiti di ogni tipo. I
L’imperfezione dell’uomo di Emanuele Coscia Romanzo 1 I sincerely thank you, Kaily McRay , for giving me to use his splendid photos that I liked immediately. 2 Alle donne. 3 Primo chilometro di coda Erano partiti per un viaggio di lavoro che avrebbe dovuto durare solamente due ore. Direzione Perugia. Sull’autostrada la coda era talmente lunga da dargli il tempo per parlare di qualunque argomento. Lorenzo sedeva sul lato passeggeri e fissava la Ferrari che portava dentro di sé una coppia che spesso si lanciava in baci molto lunghi. Aveva preso la decisione di non rivolgere il suo sguardo verso Tommaso che, seduto alla guida, aveva l’espressione di un ectoplasma stitico. La radio trasmise il bollettino del traffico. Poi Simon& Garfunkel con “The sound of Silence” ruppe la magia del silenzio che era sceso dopo gli aggiornamenti delle notizie. Lorenzo prese a parlare della coppia dinanzi a loro come scusa per parlare di Tommaso Spero non vogliano iniziare a spingersi oltre >> disse vedendo le mani di lui che si insinuavano nel vestito di lei << altrimenti dovrò scendere e prenderli a badilate sulla schiena.>> << Tommaso non mosse un muscolo ma replicò << Preferisco la Lamborghini! >> E questo che significa? >> domandò Lorenzo fissando il volto dell’amico che non distoglieva lo sguardo dalla targa della Ferrari. << << Nulla. >> rispose Tommaso sollevando le spalle a conferma. Sai? Da quel giorno ti ho visto sempre più distratto. Non è che farai andar a monte l’affare? >> << Sono io che ho procurato il cliente o tu? Sono io che ha fissato l’appuntamento o tu? Sono io che … >> << 4 << Non prendere d’acido. Non sono lei! >> Tommaso si voltò di scatto. Aveva la sensazione di essere in un mondo parallelo dove Asimov avrebbe di sicuro tirato fuori una storia fantastica. Amava Asimov come amava ogni cosa che lui definiva “bella”. Le donne erano la sua passione ma lui non era la passione perle donne. Aveva trovato ristoro mentale quando “lei” gli disse che avrebbe potuto amarlo, che poteva funzionare. Poi disse << Ho voglia di una sigaretta! >> << Hai smesso da anni. Pensi di ricominciare? >> Lorenzo sapeva che quello della sigaretta era il primo passo per l’autolesionismo. Aveva passato diverse giornate ad ascoltare l’amico che si lamentava della sua vita, della sua salute, del destino che lo aveva sempre ingannato. La frase preferita di Tommaso era ‘La Sfiga è l’unica donna senza bende che vuol fare l’amore con me’ e ci credeva sino al midollo. Ho solo voglia di una sigaretta. Sembra che staremo qui ancora per molto. >> << << A che ora è l’appuntamento? >> << Domani alle undici del mattino. >> Lorenzo aprì la bocca emettendo il fiato lentamente. Sapeva dei problemi psicologici e fisiologici dell’amico ma non credeva che avrebbero ricominciato a torturarlo come nel passato. Ricordava ancora i tempi dell’università quando Tommaso era in facoltà già alle sette del mattino mentre l’esame era solo ore dopo nel pomeriggio. Controllava la presenza del bagno. Andava a comprare la carta igienica e qualche bottiglietta d’acqua. Poi faceva la verifica delle penne, delle batterie della calcolatrice, del quantitativo di carta. Poi usciva e si fumava un paio di sigarette. Prendeva una pasticca di xanax e poi 5 ricominciava il controllo del materiale. Non voleva sentir parlare anima viva. Il primo esame, chimica, lo aveva superato solo alla terza volta. La prima si trovò in corridoio insieme alle persone che si interrogavano a vicenda. Lui iniziò a rispondere alle domande delle persone presenti in corridoio dinanzi all’aula dell’esame e si ritrovò svuotato davanti al professore. Aveva una teoria in proposito e questa rimase immutata in lui nel tempo. Tale venne esposta a Lorenzo e Marco, un altro collega di studi e un amico nel tempo. In essa Tommaso sosteneva che il cervello possiede due zone di cui una per le informazioni utili e una per quelle inutili. << Le domande di chimica sono mantenute sino a che non ti interrogano. Poi liberi la mente per lasciar spazio ad altre materie, così come avviene con la memoria del computer suddivisa in fissa, mobile e temporanea. Le informazioni inutili sono nella temporanea. Le utili ma non vitali sono nella mobile e le vitali sono nella fissa. >> Marco domandò, un giorno d’autunno dopo l’esame di elettronica I Perché mai allora ricordo solo il primo bacio e qualche particolare sul vestito della mia ragazza ma non la data o non ho la fotografia completa di lei, di noi, del luogo e dei discorsi? >> << Tommaso guardò la lavagna vuota e iniziò a scrivere un concetto tanto profondo quanto orribile che venne in seguito sintetizzato da Emanuele, un altro del gruppo di studi ma era considerato come l’amico che inviti alle feste solo per far numero. Questi disse << Ricordi solo ciò che ami ricordare. >> La sintesi si riferiva al fatto che la prima ragazza, anche se importante, non era quella giusta perciò non ricordavi tutto ma solo una parte … solo quella che ti faceva piacere. Lorenzo riprese a guardar la coppia che sembrava più eccitata 6 di prima. << Hai ancora problemi? >> << Quali? >> domandò Tommaso volendo glissare sul discorso. Lorenzo non andò oltre. Sapeva tutto di Tommaso. Erano amici dal primo giorno dell’università. Aveva vissuto il suo tentato suicidio, i problemi agli esami con gli attacchi di panico uniti a incontinenza fecale, i problemi a socializzare con l’altro sesso, i problemi familiari e così via. Un giorno Tommaso non si presentò all’esame che avevano preparato insieme. Alla fine dello scritto Marco, Emanuele e Lorenzo si ritrovarono a mangiare un boccone sui gradini che conducevano alla facoltà di ingegneria. La discussione cadde su Tommaso e tutti convennero quanto fosse difficile vivere per il loro amico. Eppure era sempre pronto a fare pazzie e a dire cose argute in mezzo a una marea di follie. Ebbe lo spirito di aprire il “club degli sfigati” dove per entrare dovevi come minimo dimostrare di aver ricevuto un certo numero di bastonate dalla vita. Lui ne era presidente, ovviamente, e in facoltà solo pochi ebbero la fantasia di affacciarsi in quell’aula adibita alle assemblee studentesche dove, per la maggior parte del tempo, si parlava di politica e solo nei giorni ‘sfigati’ era aperto al club. Dopo tre anni di approdo a San Pietro in Vincoli, con molti esami ancora da fare, si ritrovò nel club solo due persone. Disse loro, con quel tono di serena rassegnazione per via della carenza di interesse e per il tempo perso che gli aveva dedicato Come vedete siamo sfigati oltre il limite. Anche la sfiga ci evita per paura di incorrere in qualche anatema. Perciò dobbiamo chiudere questo club. Sfigati del mondo unitevi e scioperate. Oggi è giorno di lutto poiché la sede delle vostre opportunità viene chiusa. >> << Il racconto divenne leggenda quando l’ultimo arrivato nel 7 club ebbe un incidente in moto proprio nel giorno in cui si doveva presentare per discutere la tesi. Arrivò in forte ritardo e con qualche acciacco. Si presentò con la media del diciotto, ottenuta a fatica poiché voleva raggiungere l’obiettivo di prendere il minimo storico, impresa quasi stoica, ma così facendo avrebbe vinto una scommessa fatta all’inizio del percorso universitario. Alle domande della commissione, che aveva acconsentito a farlo discutere solo dopo aver verificato lo stato della moto, che era palesemente distrutta, lui non rispose seguendo ciò che era scritto nella tesi. Lo guardarono e guardarono il professore che aveva malauguratamente deciso di affidargli la tesi su un argomento che, tra le altre cose, era semplice. E venne la domanda che portò alla leggenda << Ma lei sa ciò che ha scritto nella tesi? >> Il ragazzo non rispose ma prese il cellulare e chiamò un numero. La commissione rimase basita e attese. Pochi istante e l’aula intera ebbe modo d’assistere ad un evento epocale. Ciao! Si! Sono io. Sto qui. Senti … non è che per caso potresti venir qui ad aiutarmi a rispondere? ... Cosa? … Perché la dovevo anche leggere? >> << La voce di Marco entrò nella sala e ruppe il gelo che si era venuto a formare << Questa non è sfiga. Questa è idiozia. >> Tommaso si voltò a guardalo e chiese a bassa voce << Che ti prende? >> Marco ormai aveva le lacrime agli occhi da quanto stava ridendo adenti stretti e urlò ’Mbecille. Così ti fai bocciare. Almeno potevi chiedere un riassunto. >> << 8 La commissione annuì a quelle parole. Il presidente della commissione, un docente che aveva la brutta abitudine di promuovere solo uno su cento e solo uomini, disse Ora che lei ha perso la scommessa con gli amici … >> informazione nota sin dal suo decimo esame << non crederà mica che si potrà presentare nuovamente davanti a questa commissione con un’altra tesi? >> << I ricordi universitari erano sempre oggetto di conversazione, specialmente durante i lunghi momenti di assenza di argomenti. Portavano a ridere entrambi e spesso distraevano sul contemporaneo precipitandoli in un passato che oramai era stato vissuto. Quella volta però l’argomento “lei” era nell’aria e nulla avrebbe potuto rimandarlo, neanche l’esame di bioingegneria o quello di analisi funzionale. Tommaso evitava l’argomento poiché aveva procurato danni anche ad altre amicizie. Tutto divenne strano dal giorno in cui lui decise di lasciare lei. Gli amici si divisero nell’atteggiamento. Chi diceva ‘Te lo avevo detto! ’, chi lo sosteneva e chi non disse nulla e non si azzardò neanche a fare nulla. Lorenzo era l’unico che aveva sempre tentato di approfondire l’argomento. Era convinto che capendo tutta la situazione avrebbe potuto aiutare l’amico. Era l’unico che aveva sempre detto ciò che pensava anche quando sapeva di ferire uno dei suoi migliori amici. Tommaso non poté sopportare la canzone ‘Alta marea’ di Antonello Venditti che era andata in radio. Era la loro canzone. Gli ricordava quel che era accaduto anche perché rappresentava la sua storia. Spense e ribadì il concetto 9 Ho proprio voglia di una fottutissima sigaretta. Quasi quasi scendo e chiedo a quel demente che traq ualche ora avrà reso gravida la sua compagna di viaggio, prima che me li vedo copulare dalla mia postazione. >> << Lascia stare. andata a finire. << >> disse Lorenzo intuendo come sarebbe << Catroia. Non dovevo smettere di fumare. >> << Perché lo hai fatto? << Per far smettere … >> >> Entrambi rimasero in silenzio ad ascoltare qualche sporadico clacson che veniva azionato dalla testa dei guidatori esausti già per quelle due ore di ritardo. Il motore era spento da tempo e i finestrini abbassati per far entrare l’aria fresca del primo pomeriggio autunnale. Lorenzo prese una bottiglietta d’acqua e iniziò a bere. A metà bottiglietta iniziò ad usarla come strumento musicale. Tommaso rimase a guardare in lontananza << Mi manca. >> Lorenzo smise. Tutto il mondo cessò le proprie attività. Era un momento storico. Tommaso aveva appena riconosciuto quanto gli amici veri già sapevano e dicevano. Vacca ladra! >> esclamò Lorenzo incredulo << Spero non mi dirai anche che l’ami ancora? Specialmente dopo che … >> << Tommaso non era molto alto. Aveva una gobba dovuta ai dolori che sentiva al fianco destro, sotto le costole. La pancia era prodotta dalla gobba ma soprattutto dalla disfunzione alimentare prodotta da stress e dalla carenza di regolarità nella vita. Dormiva poco e male. Si svegliava con problemi di circolazione alle braccia e spesso con la sensazione di esser tato in apnea per lunghi periodi. Mangiava di tutto e difficilmente sentiva la sazietà. Si definiva brutto e non aveva mai preteso di poter conquistare una ragazza. 10 Per le sue innumerevoli malattie alcuni amici medici avevano sperato che avrebbe accettato l’offerta di farsi vedere da loro. Aveva la possibilità di scavalcare le file, di arrivare ai centri di ricerca diagnostica più prestigiosi. Eppure non aveva la voglia di mettersi nelle mani della medicina. << Deve essere proprio una ragazza straordinaria, anche se stronza. >> Non è stronza. … sbagliato. >> << >> disse ferito e aggiunse << Sono io quello Come sempre lui la difendeva. Aveva sempre agito così. Ogni volta che qualcuno parlava male di lei riceveva la sua occhiata che diceva ‘Ti seppellisco vivo’ insieme al suo diniego sull’affermazioni della controparte. Se ne è andata e non è tornata per anni. Hai continuato a messaggiare con lei. Hai continuato a dirle che l’amavi. Ad aiutarla nei momenti di difficoltà. Ti sei dedicato a lei e lei … non ha fatto il minimo sforzo per tornare. >> << << >> Non è sempre bianco ciò che è bianco e nero ciò che è nero. Che razza di ragionamento. Sai benissimo che chiunque avrebbe detto ‘Fanculo’ già dopo il primo anno. Quante scuse ha messo per non venire? >> << Lo sai! Te l’ho detto confidandomi con te. Ha tanti problemi che non posso sapere. È forte e straordinaria. Io sono quello debole. È stato meglio così. Lei ora può cercarsi un uomo vero, migliore di me. Può trovare serenità mentre io che le ho dato? >> << << Tutto. >> Lorenzo non voleva continuare. Sapeva bene che Tommaso non voleva vedere o che vedeva solo quello che serviva al suo animo in quel momento. Ricordava benissimo quando una ragazza all’università volle allargare le amicizie e coinvolse anche lui. Eppure Tommaso volle vedere in quel gesto una sorta di corteggiamento e 10 quando lei si mise con un amico comune, lui disse una frase talmente fuori luogo che provocò la rabbia di Lorenzo. Erano seduti al tavolino di un bar. Tre ragazzi e quattro ragazze. Tutte fidanzate. Arrivò Tommaso dopo aver frequentato il corso di controlli automatici. Vide il gruppo e vide lei con le braccia intorno a lui. Disse con una voce atona e quasi addormentato << >> Lo sapete che l’incidenza dei tumori al seno è aumentata? Rimasero tutti a bocca aperta e la reazione rimase sul placato ad eccezione di Lorenzo che si alzò e disse con voce alta Sappiamo che sei un coglione. Se non ti rendi conto di questo vatti a fare un clistere di camomilla. >> Da quel momento Tommaso capì che l’unico di cui poteva fidarsi era Lorenzo. Capace di correggere gli errori senza elaborare piani o strategie. Sapeva colpire e lo faceva con tutta l’onestà che un vero amico avrebbe dovuto avere. << Era con lui che riusciva a confidarsi e a sentirsi dire quello che doveva essere giusto. Lorenzo non aveva peli sulla lingua quando si trattava di amici. Chi non lo conosceva pensava fosse un tipo arrogante. Spesso le sue osservazioni erano taglienti e spesso ferivano. Ma gli amici apprezzavano quel suo modo di vivere l’amicizia proprio perché riuscivano a meditare su sé stessi e a porre rimedio ai loro sbagli o imperfezioni. Lorenzo diceva sempre tutto direttamente senza filtri e senza mezze parole. O lo apprezzavi o lo avresti voluto vedere in una colonna di cemento armato con la sua testa che continuava a perdere capelli, la sua altezza che non ti faceva pesare ma si sentiva, il suo fisico atletico e la sua capacità di divorare un cinghiale intero e non ingrassare neanche di un etto. 10 La Ferrari Scese dall’auto lasciando lo sportello aperto. Lorenzo non disse nulla e sperò di non vedere il suo amico andare a disturbare la coppia che continuava a mostrare il proprio amore con effusioni generose, ma sapeva che non poteva avere questo miracolo. Tommaso spostò la testa a destra e a sinistra facendo scrocchiare il collo. Aveva un problema alla cervicale che gli induceva spesso il mal di testa. I nervi del collo si tendevano spesso e quel gesto, con quel rumore fastidioso, aiutava ad allentare la tensione. Tommaso iniziò ad avviarsi verso la Ferrari mentre Lorenzo inizio ad imprecare in tutte le lingue del mondo, anche quelle antiche ormai morte. Scusate! >> disse senza alcuna difficoltà una sigaretta? >> << << Potreste darmi L’uomo al volante si voltò lentamente. La ragazza guardò Tommaso dalla testa ai piedi storcendo le labbra. L’uomo tolse la mano dal seno destro della ragazza e lentamente disse << Non fumiamo. >> << Neanche << un sigaro? Una pipa? >> Ho detto non fumiamo. Sparisci! >> Fosse facile sparire. Dovrei far un torto a quei froci dei mafiosi. Magari potrei chiedergli un prestito e … >> << Lorenzo capì che l’ironia dell’amico aveva l’effetto delle zanzare quando è due notti che non si riesce a chiudere occhio e ci si è appena addormentati. Scese dall’auto e raggiunse l’amico. << Scusatelo! È sotto stress. >> Tommaso ebbe un guizzo negli occhi e Lorenzo capì che avrebbe dovuto procurarsi un’arma impropria per difendere 13 l’amico. Tommaso disse in tono divertito << Secondo te capiscono cosa è lo stress? >> Prima che aggiungesse alto l’uomo al volante della Ferrari scese. Era alto. Muscoloso. Pelle che aveva visto il sole e con un tatuaggio che partiva dal collo sul lato sinistro e scendeva nascondendosi nella camicia viola. Avrebbe potuto essere un drago che sputava il fuoco ma non era dato a sapersi. Lorenzo si avvicinò alla ragazza per chiederle aiuto ma quello fu interpretato come un gesto ostile. L’uomo passò lamano sulla testa pelata e diede un pugno a Tommaso che non ebbe il tempo e il modo di schivarlo. La ragazza scese mostrando che non era proprio una ragazza. Vestitino giallo canarino senza reggiseno e con i capezzoli induriti dall’eccitamento delle attenzioni prestategli sino a quel momento. Ma anche altro era eccitato. Lorenzo rimase stordito e lei lo colpì in mezzo alle gambe. Cadde a terra mentre Tommaso ebbe l’illuminazione del suo genio unico. Iniziò a colpire la Ferrari. Prese a calci la parte dietro rigando la fiancata sinistra posteriore. Ricevette un altro pugno sull’occhio sinistro mentre il labbro destro iniziava a sanguinare. Tommaso continuò a prendersela con la Ferrari. Non avrebbe mai potuto aver la meglio sull’avversario se non colpendolo nel suo bene più prezioso. Al secondo calcio si ruppe la freccia e quello attirò l’attenzione della compagna che era rimasta a guardare incredula. Lorenzo era ancora a terra e pregò di non dover assistere ad altro. Le preghiere vennero esaudite. La ragazza si avventò sulle spalle di Tommaso tirandogli i capelli. L’uomo non colpì ulteriormente e si concentrò sui danni. Lorenzo iniziò a riprendersi e vide lamano di Tommaso stringersi tra le gambe della ragazza. L’urlo stava per provocare una reazione da parte del compagno quando un paio di persone ebbero modo di intervenire in quella zuffa. 14 La gente rimase in auto, anche perché ci fu un breve movimento della fila in avanti. I due uomini iniziarono a parlare pacatamente con Tommaso e con l’autista della Ferrari. Sembrò tutto finito ma Lorenzo conosceva l’amico. Con le mani in mezzo alle gambe si avviò verso il gruppetto. Prese il braccio di Tommaso e lo guidò sino all’autovettura ferma in mezzo all’autostrada. Si girò e disse ad alta voce alle persone presenti << Scusatelo. Ha avuto un brutto periodo. Anche se non è una giustificazione. Vi chiedo scusa. Ecco il mio numero. >> Si avvicinò loro e gli consegnò il biglietto da visita ai presenti aggiungendo << Per qualsiasi danno pagherò personalmente. Perdonatelo se potete. >> Non attese risposta. Entrò in auto e chiuse lo sportello bloccandolo. I due rimasero a contemplare la coppia che analizzava la Ferrari e i danni subiti. Videro i due uomini allontanarsi, dopo aver scambiato qualche frase. La coppia si rimise in auto e lei prese il numero della loro targa. Mentre scendeva il silenzio un bip irruppe nell’abitacolo. << Cazzo! >> esclamò Lorenzo. Si! Cazzo. >> disse Tommaso che ebbe modo di vedere il suo palmare e il segnale che c’era qualcosa di nuovo su instagram. Vide la faccia di Marco in mezzo a due asiatiche e la scritta era chiara “Mi sto divertendo”. << I due risero come matti e la coppia davanti si voltò a guardarli attraverso il parabrezza della utilitaria. La fila ebbe modo di avanzare e la Ferrari si spostò nella corsia a scorrimento veloce. << Si! >> esclamò Tommaso << Aveva il cazzo! >> Biondo tinta. Seno rifatto, ovviamente. Un bastone tra le gambe in mezzo a due palline. >> << 15 Catroia. Se lo venisse a sapere Marco ci coglionerebbe sino alla fine dei tempi.>> << << Vedrai << Merda! che qualche genio ci ha già messo su youtube. >> Guarda … >> Lorenzo prese il palmare e vide la foto di Marco mentre baciava una delle due asiatiche. Questa volta nessuna scritta solo il commento di Emanuele “Lasciale il polmone!” Rimasero inebetiti e divertiti. Le auto avanzarono ancora mentre loro rimasero fermi creando una certa distanza di sicurezza con la Ferrari. 16 Taggato Lorenzo prese il suo portatile e lo collegò all’accendisigari dell’auto mediante un cavo made in Taiwan. Attaccò la penna usb e si collegò alla rete per vedere se su youtube c’era già il video. Mentre scorreva la ricerca vide un’icona che segnalava l’arrivo di una email. L’oggetto era “Sei fottuto” e nel corpo c’era un link ad un social network. Sulla pagina a seguire c’era un bradipo con la faccia di Tommaso e tra le gambe il pene di un neonato. Sulla foto un tag che indicava il nome e cognome. Il mittente aveva usato un nick per nascondersi. Lorenzo chiuse gli occhi e prese a respirare a fatica. Tommaso, dal canto suo, stava ancora cercando di capire se avesse tutti i denti. Mi spiace. l’amico. << >> disse Lorenzo rigirando il portatile verso Tommaso guardò la foto e divertito si collegò, mediante il palmare, al sito con i suoi dati. Iniziò a scrivere qualcosa e poco dopo Lorenzo dovette scendere per urinare per quanto non riusciva a smettere di ridere. Il commento era “Grazie per aver voluto esagerare le dimensioni del mio uccello, vanto e orgoglio della mia vita.” A seguire in molti aggiunsero faccine e commenti ma l’arguto Tommaso postò un’immagine di un mitocondrio e taggandosi aggiunse il commento “In realtà il mio è la metà del suo”. In pochi capirono la battuta e Lorenzo era tra questi. Dovette quindi allontanarsi dall’auto attraversando la corsia lenta dell’autostrada e scavalcare il cavalcavia per svuotare la vescica. Sul sito si scatenarono una serie di post nel vano tentativo di 17 superare quello in intelligenza e in ilarità, ma era palese quanta distanza vi fosse tra Tommaso e loro. L’utilitaria si accostò fermandosi sulla corsia di emergenza e anche Tommaso scese per svuotare la vescica. Girandosi verso l’amico disse << Ho avuto successo con un argomento del cazzo. >> Lorenzo adorava quei momenti. Sapeva che da vecchio avrebbe raccontato ai nipotini le avventure dei due. Che avrebbe arricchito la storia con quelle frasi dette senza pensarci troppo sopra. Entrambi sembrarono soddisfatti di essersi liberati e risalirono in auto. La fila era ancora lì. Il traffico sembrava dover continuare per ore. Il sole iniziò a calare lentamente e dal telefonino di entrambi apparirono le chiamate di diverse persone. La madre di Tommaso chiamò anche Lorenzo per sapere cosa stesse accadendo. Aveva sentito alla televisione del traffico infernale su quel tratto di autostrada. Marco aveva mandato un mms dove si vedeva mentre agitava la lingua nella bocca dell’asiatica. Emanuele mandò un messaggio di auguri, in ritardo, per il compleanno della figlia di Lorenzo. Entrambi ricevettero messaggi di avviso per un video postato su internet. Accesero nuovamente l’automobile e attaccarono il portatile. Su youtube c’era la scena ripresa con un videofonino di quella breve lotta. Tommaso pianse. Non era il tipo. Quando morì il padre dovette mantenere la calma e non versò lacrime. Dinanzi a quel video pianse. Lorenzo non capì ma poi riconobbe un nick e rimase a lungo in silenzio. Il commento era in Rumeno e il nick era del fratello di lei, di quella lei che aveva sconvolto la sua vita. Non sapeva cosa dicesse ma era sicuro che avrebbe esaltato la stupidità del momento. 18 Il fratello era un tipo robusto dal sorriso dolce. Eppure non era apprezzato da Tommaso, anche se non lo aveva mai conosciuto. Il motivo era nelle litigate fatte con la sua lei. Aveva detto più volte che in famiglia non erano entusiasti per quel loro rapporto e che molte falsità erano state dette proprio da quel fratello che lei, giurandolo, aveva smesso di chiamare tale. Il motivo era, secondo Tommaso, egoismo. La sua lei era una tuttofare in famiglia. Aveva la responsabilità dei genitori anziani, della casa e di tutti i problemi che avevano in Romania. Era lei che inviava i soldi e lui voleva che lei si concentrasse solo sulla famiglia e non su quel rapporto con uno straniero. Spesso Tommaso ebbe l’impulso di chiamarla e di chiarire le cose. Però temeva. Aveva paura che lei potesse risentirsi di quello sfogo. Temeva che avrebbe scelto la famiglia di origine a lui. Temeva tante cose. La distanza non aiutava. Non poteva dirle quello che pensava. Inoltre poteva anche sbagliare. In fondo non si conoscevano. Eppure lei disse almeno due volte che il fratello aveva messo i bastoni tra le ruote nel loro rapporto. Parlava di Tommaso come se lo avesse visto o conosciuto. I suoi genitori tendevano a credergli, più per proteggerla che peraltro. Tommaso non aveva altra scelta che attendere. Aspettare l’incontro che avrebbe cambiato la loro relazione. Lui a casa dei suoi genitori. Ma tutto cambiò quando decise di lasciarla. Tommaso disse all’improvviso youporn! >> << Peccato non sia finito su Lorenzo non disse nulla. Chiuse il portatile e si mise comodo abbassando il sedile. Sapeva che quel nick aveva interferito e non poco. Lo conosceva poiché era anche su facebook. Non aveva messo il suo nome e cognome. Si trincerava dietro l’anonimato ma oro sapevano che era lui. Eppure non 19 potevano far nulla. Per capire le sue intenzioni gli concessero l’amicizia su facebook, di farsi seguire su instagram e quindi su ogni altro social presente in rete. Spesso andavano alla ricerca delle sue informazioni. Sempre scarse. Era solito ripostare ciò che era stato messo online da altri. Video e foto non erano mai sue. Eppure loro, durante le serate di birra e pizza, analizzarono la psicologia di quei post e di quanto poteva celarsi dietro a quel ‘non individuo’ visto che era semplicemente un nick. 20 “Tutti al mare!” Le automobili avanzavano di metri. Il sole era ormai sparito e i monti all’orizzonte non potevano essere distinti dal cielo. L’autoradio parlava di un incidente avvenuto ventidue chilometri più avanti. Un camion si era ribaltato ed il materiale inquinante aveva invaso la carreggiata. I veicoli coinvolti erano una trentina e vi erano anche dei morti. Il traffico era dovuto alla difficoltà dei soccorsi provocata dai vapori del liquido trasportato dal camion. Alcune automobili presero fuoco e le ruote produssero un fumo nero che impediva agli elicotteri di agire nella zona dell’incidente. La situazione era disastrosa ma la gente non smetteva di sperare. Il movimento delle auto era dovuto a qualche mezzo che riusciva a superare il punto dell’incidente. La radio trasmetteva bollettini ogni cinque minuti e questo non faceva che arrecare stress agli automobilisti. Tommaso cambiò canale e si fermò dove vi era della musica. ‘November rain’ dei Guns N’ Roses riuscì a farlo viaggiare con la mente. Ricordò il corso di chitarra dove incontrò una ragazza che gli sembrò da subito bella e perlaquale imparò a suonare alcuni pezzi dei Guns solo per compiacerla. Aveva sempre agito così. Voleva essere il cavaliere sul cavallo bianco che era sempre gentile e che accontentava tutte le richieste delle ragazze. Sapeva di non piacere ma pensava che con la generosità e con la galanteria avrebbe conquistato qualcuna prima o poi. Lorenzo ebbe fortuna. Trovò la compagna della vita durante il percorso universitario. Lei era una studentessa di filosofia e solo per puro caso si trovarono nella biblioteca di ingegneria del triennio. Lorenzo ripeteva spesso 20 È assurdo quanto l’errore possa portare alla gioia. Quell’idiota del professore sbaglio testo di riferimento affidando alla classe un libro del professore di teoria delle comunicazioni. Lei ci mise molto a trovarmi ma io l’avevo trovata subito. L’aiutai a cercare il libro ma quando seppi del suo percorso universitario l’accompagnai perle biblioteche di Roma. L’avrei accompagnata ovunque. >> La loro storia ebbe subito un ottimo avvio. Piacque agli amici e Tommaso non poté che dire da subito << Io! >> << I presenti non capirono mentre Lorenzo scoppiò in una risata. La sua lei, Giada, li prese per idioti ma lui le parlò all’orecchio facendola arrossire ed anche “innamorare” dell’amico. La loro relazione portò a due bambini e Tommaso ebbe l’onore di fare da padrino al maschio, oltre che da testimone alle nozze. Mentre i fari delle automobili illuminavano il nulla la radio aggiornò Tommaso sull’incidente. Lorenzo aveva iniziato a dormire e non si accorse del nervosismo dell’amico. La fame era alle porte e quel bollettino portò solo ad altro nervosismo. Abbassato il finestrino entrò un’aria fresca. Il sonno iniziò a farsi sentire e per non addormentarsi Tommaso decise di canticchiare. La canzone che gli venne in mente fu quella cantata da Gabriella Ferri, ‘Tutti al mare.’ Iniziò fischiettando e poi, in un crescendo, iniziò cantando ad alta voce. Lorenzo si sveglio innervosito da quella novità. Stava sognando Giada mentre gli diceva di aspettare il loro primo bambino. << Che ti prende? >> chiese assonnato. Tommaso riprese a fischiettare il motivetto e poi, dopo un paio di strofe, riuscì a rispondere << Ho sonno e fame. Sono nervoso e hanno detto che staremo qui ancora per ore. >> 20 << Porca vacca sderenata. Potevi almeno cantare qualcosa di moderno. O magari potevi solo svegliarmi e chiedermi il cambio. >> Tommaso alzò le spalle e disse << Continua a dormire. >> Lorenzo mandò diversi accidenti all’amico e si rese conto che erano le dieci di sera guardando l’orologio sul suo telefono. << Accosta! >> << Ancora? E che hai lì? >> Non devo pisciare. Devo prendere da mangiare o vuoi fare la dieta? >> << Ambrogio!?!?! >> disse con tono che voleva esser femminile << Nun c’ho fame ma se me porti ‘napajata, ‘na carbonara, du’ costolette d’abbacchio scottadito … bhe! nun te manno affanculo. >> << Lorenzo scosse la testa e si sgranchì dopo esser sceso. Nel portabagagli aveva messo un portapranzo, di quelli che si vedevano solo nei film americani in bianco e nero. Era stato deriso dall’amico ma Lorenzo sapeva che non avrebbe dovuto dargli soddisfazione e lo ignorò semplicemente. Passò verso il lato conducente e diede il cambio a Tommaso. Presero due tramezzini e un panino con salsiccia e due foglie di lattuga. L’acqua era in bottiglie e si trovava dietro ai loro sedili. Mangiarono e mentre Lorenzo voleva il silenzio, Tommaso canticchiava ancora quella canzone. Passarono alcuni minuti ed anche Lorenzo si mise a canticchiarla. Poi si ritrovarono a cantare a perdifiato senza temere il giudizio dei vicini d’auto. Ci mancava ‘I Watussi’ di Edoardo Vianello e il quadretto era completo. I vicini sorridevano stanchi e qualcuno di loro invidiava quella spensieratezza. Il cibo venne consumato tra una strofa ed un’altra ed entrambi riuscirono a distenderei nervi. L’acqua era tiepida e non andava giù ben volentieri. 20 Dalla macchina alla destra una donna al volante iniziò ad agitare la mano sinistra per attirare l’attenzione. Tommaso abbassò il finestrino e lei chiese << Avete un’altra bottiglietta d’acqua? >> Si! >> rispose con un sorriso Tommaso e non vanno giù molto bene. >> << << Ma sono tiepide Lorenzo notò l’atteggiamento perennemente galante di Tommaso. Sapeva che non era per fare la corte alle donne, così come spesso veniva frainteso, e che il suo era solo un voler rispettare l’altro sesso trattandolo così come secondo lui conveniva, o meglio secondo quanto visto nei vecchi classici in bianco e nero con gli uomini alti vestiti eleganti che si alzavano all’arrivo di una donna, baciavano le mani o facevano gesti da gentiluomini. La donna disse È per i miei due piccoli. Sono assetati e anche tiepida potrebbe calmare la loro agitazione. >> Tommaso prese un paio di bottigliette e le allungò alla donna sorridendole. Lei ringraziò e diede da bere ai due bambini che, come prevedibile, si lamentarono perché non era fresca. << Tommaso scese d’improvviso stordendo Lorenzo. Si mise a parlare con la vicina come se stesse su una di quelle strade di paese dove tutti conoscono tutti. Lorenzo rimase senza parole e guardò i fari delle auto che li seguiva con lo specchietto retrovisore. Tommaso risalì pochi minuti dopo e riprese a guardare la strada senza dire nulla. Lorenzo voleva sapere se aveva ottenuto qualche informazione utile, come il numero di telefono o il piatto preferito. Le auto iniziarono a muoversi e la fila centrale, quella da loro occupata, sembrava stranamente la più lenta. Lorenzo non domandò nulla. Sapeva che Tommaso era sempre stato discreto a modo suo. 20 E se invece Grazie al lento procedere delle auto Lorenzo riuscì a formulare pensieri anche sul lavoro che avrebbero dovuto affrontare. L’incontro con quell’imprenditore avrebbe cambiato la loro vita? Avrebbero ottenuto un incarico e avrebbero dato nuovo lustro allo studio di ingegneria? Lorenzo sperava di poter avere una nuova opportunità. La famiglia contava anche su di lui. Giada lavorava in farmacia, dopo aver faticosamente preso la seconda laurea in farmacologia, e portava a casa i suoi mille e duecento, mille e cinquecento euro al mese, visto che la farmacia non era sua. Lorenzo aveva costituito una società con Tommaso e con Marco. Avevano uno studio di ingegneria che si occupava di progettazione e di consulenza, ma la crisi aveva messo in ginocchio anche loro. Guadagnavano sui progetti ma tra le tasse, l’assicurazione, i corsi di aggiornamento e tutto il resto, riusciva a portare a casa quasi ottocento euro al mese durante tutto l’anno. Alle volte portava tremila euro alle volte nulla. I momenti belli, quelli dopo l’università, erano passati. Allora si guadagnava spesso e bene. Fu allora che decise di avere figli. Pensava spesso a quanti sacrifici avrebbero dovuto fare per mandare i figli a scuola, per vestirli, mandarli in piscina. Sicuramente non avrebbero potuto permettersi di mandarli all’ università. Lorenzo non vide che Tommaso lo stava fissando. Era talmente concentrato sulla sua vita che il volto appena sveglio dell’amico gli apparve come in un classico film horror. Ho deciso! >> disse Tommaso con la voce di chi ha appena mangiato un cachi acerbo << Andiamo da lei! >> << << Cosa? >> 25 Continueremo per la nostra strada e andremo da lei. Sono solo duemila chilometri. Che vuoi che sia? >> << Neanche un tossico lasciato in una farmacia incustodita e dopo averla svuotata in vena ragionerebbe così. >> Tommaso bevve e sputò l’acqua dal finestrino. Guardò l’amico e disse << Andiamo da lei. È la dimostrazione che l’amo ancora. Lei dovrà quindi decidere cosa vuol fare. Cosa vuol farne di me. << >> Amico ma stai bene? A parte la distanza … il problema è il lavoro e il nostro appuntamento. Lo sai benissimo che non abbiamo abbastanza soldi per questa pazzia. In più sai bene che siamo in una situazione critica. Senza questo cliente forse dobbiamo chiudere. >> << << Togli anche il forse. >> << Appunto. Non ti rendi conto che … >> Lorenzo non terminò la frase. Vide Tommaso e capì che non avrebbe mai potuto fargli cambiare l’idea. La mente di Lorenzo iniziò ad elaborare i vari scenari. Il peggiore era quello di arrivare a destinazione e di trovarla nelle braccia di un altro. Altri contemplavano incidenti per strada con assenza di denaro per porvi rimedio. Anche una foratura avrebbe causato problemi. Tommaso prese quel cellulare. Sorprese Lorenzo che nel vedere quel telefono ebbe un nodo in gola. Lo usava solo per lei. Con quello messaggiarono a lungo e su quello vi era la memoria storica dei tremila e oltre messaggi. Tommaso prese a leggere quei botta e risposta avuti con gli ultimi messaggi che si erano consumati negli ultimi mesi. Le cose precipitarono quando lui iniziò a non aver più fiducia in lei. Troppe cose non tornavano. Troppe sembravano bugie. 26 Eppure lui diceva sempre che << >> Sembrava solamente. Avevo la sensazione non la certezza. I messaggi erano accatastati come pagine di un racconto. Lui diceva che l’amava. Lei rispondeva che lo amava. Lui chiedeva come stesse. Lei diceva bene e chiedeva di lui. Poi un messaggio scritto da Tommaso che destabilizzò il rapporto << No! Non voglio sentirti. >> Era Natale e lei non era con lui. Era lontana e lui era malinconico. Odiava le feste e rimaneva sempre in casa con la madre. Vedersi da solo con la madre mentre la donna che amava non era con lui lo rese nervoso. Lei voleva sentirlo ma lui temeva di rompere il rapporto o di dire qualcosa di sbagliato. Invece non rispose alla sua chiamata e scrisse di non volerla sentire. Cosa è successo? Stai male? messaggi . << << Sai >> continuò allora con i che odio le feste. Non sono in vena. Ti amo. >> Le lacrime iniziarono ascendere lentamente. Lei scrisse solamente << Va bene. Come vuoi. >> Quel messaggio aprì la prima cicatrice che si infettò a causa della distanza o dei mille pensieri che affollavano la testa di Tommaso. In entrambi i casi quello fu il punto nel quale lui esaminò la relazione e gli eventi vissuti insieme a lei. Capodanno passò senza messaggi così l’epifania. Poi un nuovo messaggio secco << Come stai? >>. Tommaso rispose come se nulla fosse accaduto anche se sapeva che si era venuta a generare una frattura << Sto bene. Tu? Sai che ti amo? 27 >> Lo diceva per dirlo a sé stesso? Lo ripeteva per non dimenticarlo? I messaggi ripresero con il solito tono romantico e pieno di parole quali “amore”, “futuro” e così via. Arrivato al messaggio più duro chiuse lo schermo e guardò altrove. L’automobile si mosse di pochi centimetri, come se qualcuno volesse dirgli di andare avanti. Lui guardava il buio interrotto da qualche faro di automobile che veniva distaccata da quella davanti. Riaccese il display e lesse << … forse è meglio lasciarsi. >> Era la prima volta che lo scriveva e sapeva di averlo scritto per rabbia e non per convinzione. Si domandava se avesse mai amato lei. Si domandava se voleva stare con lei per non vivere da solo o per paura che avendo avviato quel rapporto doveva prendersene la responsabilità e portarlo sino in fondo. Lei rispose a tono e lui riprese il rapporto con una serie di messaggi dove spiegava la rabbia, la delusione del lavoro, i problemi di salute, della famiglia ed evitò di parlarle con tutta l’onestà che le aveva promesso prima che lei partisse. Non poteva parlarle dei suoi dubbi con gli sms. Non poteva dirle che il medico temeva per un tumore alla prostata. Non poteva raccontargli dei problemi di pressione e di altri problemi che lei già non conoscesse. Era ingrassato vistosamente e aveva messo in conto di dimagrire per il suo arrivo. Voleva arrivare al peso forma e avrebbe avuto quattro mesi per dimagrire. Avrebbe fatto diete rigide e anche digiuni prolungati ma lo stress e l’incomprensione con lei lo portarono ad ingrassare. Le notti insonni divennero una quotidianità tanto che la pennichella divenne il suo secondo sonno. I messaggi ripresero in forma d’amore. 28 Aveva ottenuto tempo. L’aveva convinta e si era convinto che quello che stavano passando era colpa degli eventi e non vi era nulla tra loro. Eppure temeva che lei potesse capire e leggere tra le righe in ogni suo nuovo messaggio. Temeva che sentisse i suoi dubbi. Che sapesse leggere anche oltre i testi e così si mostrò attento a non lasciare messaggi che dessero la possibilità di una seconda lettura. Ogni parola era riletta prima dell’invio. Arrivò poi un messaggio che aveva definitivamente messo una chiusura nel loro rapporto. Lei aveva problemi che stava affrontando e lui lo sapeva. Tuttavia lei lo escluse. Prese la decisione di rinviare di un mese la sua vacanza, nella quale avrebbero finalmente potuto passare del tempo insieme. Decise di chiudere la sua attività ai primi di settembre per poi partire e stare con lui. Disse anche che non poteva permettersi un mese ma solo una settimana o dieci giorni. Lui rimase a bocca aperta e rispose subito perle rime cercando di fargli capire che era arrabbiato e deluso. Avrebbe venduto l’anima per lei e avrebbe, o meglio fece pazzie per lei. Però non si aspettava di essere escluso da quella decisione. Era una stupidaggine perché un mese era nulla dinanzi ai tre anni vissuti separati. Un rapporto a distanza che era durato e che per lui poteva essere interpretato unicamente come segno che i sentimenti dovevano essere sinceri. Lei non l’aveva chiamato per discutere e per decidere come ogni coppia avrebbe sicuramente fatto. Settembre prevedibilmente sarebbe stato un mese difficile per lui. Il lavoro al primo posto. Ciò lo avrebbe portato a non averla al cento per cento. Avrebbe dovuto concentrarsi e, conoscendosi, avrebbe avuto difficoltà poiché la desiderava e quando lei era in Italia lui non dava il cento percento, aspettando sempre di poterla incontrare per stare con lei, fosse stato anche solo per cinque minuti. 29 Perciò si sfogò con una serie di messaggi che l’accusavano. Diceva che lei non lo amava. O meglio che l’amava solo per quel che aveva fatto ma non per quello che era. Chiedeva scusa per la sua incapacità di creare una base solida per la famiglia. Per aver permesso che partisse gettando tutte le responsabilità sulle sue spalle. Disse anche che una coppia era tale se c’era condivisione. Confermò la sua rabbia per non aver chiamato. Aggiunse che era deluso da lei e che, molto probabilmente, sarebbe stato meglio che lei trovasse un altro lì. Lei non rispose subito. Passò un giorno e poi ci fu un’accesa discussione con gli sms. In essi si poteva leggere rabbia e frustrazione. Eppure entrambi non vedevano ciò che era doloroso nel partner. Non leggevano il profondo desiderio sessuale che avevano l’uno per l’altra. Erano messaggi pieni di violenza ma al tempo stesso erano messaggi che esprimevano amore. Lui le diceva di volerla lasciare perché era meglio per lei. Lei che non voleva farlo soffrire e che quel suo atteggiamento era mal posto. Poi due ultimi messaggi in memoria che non ottennero risposta. Con quelli lui ebbe l’intenzione di chiudere la relazione e iniziavano così Ti amo e ti ho amato. Forse è meglio lasciarsi. Credo che tu non voglia me. Ti capisco … non mi voglio neanche io … >> << 30 Stalking cybernetico Lorenzo guardò il buio dinanzi a loro. La fila si muoveva con la prima inserita. Le notizie sembravano incoraggianti. I vigili del fuoco erano riusciti ad isolare l’area e la strada era libera su una carreggiata. Lorenzo aveva gli occhi appesantiti per quel buio interrotto dagli stop di una Ford blue notte che li precedeva. Dammi il cambio. bruciavano. << >> disse infine con gli occhi che gli Tommaso scese e senza timore passò davanti. Guardò la corsia sinistr ae in un lampo aprì lo sportello ed entrò veloce come se non avesse quella pancia che lo rendeva goffo. Lorenzo aveva scavalcato l’asta della marcia e si era già accomodato con il portatile attaccato all’accendi sigari << Partiamo? >> Tommaso ebbe un attimo di esitazione. Anche i suoi occhi erano stanchi. Aveva letto i messaggi sul display e con quella sola luce li aveva sforzati. L’auto riprese lenta la sua marcia verso la meta, quella che li conduceva da lei. Dalla donna che avrebbe cambiato il modo di vedere il mondo di Tommaso. Quel luogo a loro sconosciuto poiché lontano. Tommaso sapeva che avrebbero avuto problemi con i soldi ma aveva voglia di lei. Aveva voglia di stringerla al petto. Di piangere e di parlare con la donna che amava. << Bestia di un cane rabbioso! >> Lorenzo era intento a leggere un twitt di una sua conoscenza. << Che << c’è ora? >> Leggi! >> Tommaso si voltò ma immediatamente capì che non poteva 31 distrarsi. In un lampo gli stop della Ford si accesero e il suo occhio sinistro fece in tempo ad inviare i messaggi al cervello. Frenò di colpo e per un miracolo non tamponarono e non vennero tamponati. << Leggi << Il << tu! >> nostro caro imprenditore è stato arrestato. >> Cosa? >> Lo ha detto l’Ansa in un twitt riportato da un mio amico. Sembra che abbia evaso il fisco e … aspetta >> scorrendo un altro messaggio << abbia anche violato altre varie norme. >> << << Cane << Per << di un cane. >> fortuna ancora non siamo arrivati. >> Ti ho detto che andiamo dritti sino da lei. << Si! >> Scusa. Sono … stordito. >> Il silenzio scese nell’abitacolo. La radio era accesa ma il ronzio diceva solo che erano in una zona poco coperta da quell’emittente su quella frequenza. Lorenzo spense del tutto e mise fine al suo personale senso di sbandamento chiudendo il portatile. << Mah! >> aggiunse senza voler effettivamente continuare la conversazione. Per lui era giusta quella pausa. << Certo che a quest’ora… << Cosa? >> finestrino. >> domandò con poco entusiasmo guardando fuori del Le luci erano fioche e i vicini erano stanchi quanto loro. Il guidatore alla sua destra aveva il mento appoggiato sul volante. La luce accesa nell’abitacolo rendeva il suo volto ancor più stanco di quanto non fosse. << Certo << Su! che … pensavo … >> Già so che stai per dire una delle tue … >> 32 Immagino che sia un buon lavoro quello del “social networkatore”. >> << << E che sarebbe? >> Penso che … >> continuò Tommaso imperterrito senza badare all’amico che intanto si strofinava gli occhi << Meglio chiamarlo “twittatore” o meglio … uhm … vediamo … >> << Pensò ad un nome adatto mentre Lorenzo era rimasto in silenzio a cercare di penetrare le tenebre mentre luci piccolissime attraversavano le sue pupille come degli spermatozoi ubriachi in cerca di un ingresso nell’ovulo. << Giusto! << Ma “internettatore di notizie” >> di che diavolo stai parlando? >> I social network. Vedi … Ho un profilo facebook perché tutti mi chiedevano come mai non lo avessi. Ho un account twitter e uno instagram per lo stesso motivo. Poi li ho cancellati. Da poco ho ricreato tutto perché in fondo sono uno “stalker cybernetico”. >> << Spiegami questa ora. Anzi spiegami tutto. Non ho le forze perseguirti. >> << Tommaso abbassò il finestrino e iniziò adire Oggi tutti sono sui social network. Chi lo fa per lavoro, mostrando sé stesso, chi solo per apparire, chi per non essere escluso e così via. I VIP ci sono per pubblicizzarsi, e come dargli torto. La gente normale c’è per esserci senza una valida ragione. Molti perdono ore intere a scattare foto e postarle. Molti perdono ore ad aggiornare il profilo. Sempre gli stessi stanno lì in attesa di un qualche post da commentare, da taggare, da dire che piace o che non piace. Se sommi tutto questo tempo vedi che è un vero e proprio lavoro, non pagato, non riconosciuto, senza sindacato e senza pensione alla fine della vita lavorativa. << Anzi. Molti continuano a lavorare sui social dando loro materiale, arricchendoli di popolarità senza ottenere in << 33 cambio niente più che uno spazio web dove loro non contano. Un po' come avviene nella società. Tutti vogliono contare qualcosa. Vogliono tutti far la differenza. Credono che il loro voto possa cambiare il mondo ma non hanno capito che sono i gesti del quotidiano a dar la spinta per cambiare le cose. Lo stalking è per quel che ho appurato sulla mia pelle. Sai che mi piace Valeria Bilello. È bella oltre ogni limite del possibile. Un’attrice che cresce impegnandosi in ruoli sempre diversi e che mi lascia a bocca aperta ogni volta che vedo le sue interpretazioni. “Il papà di Giovanna”, “Io, Arlecchino”, “Happy family” per non parlare delle fiction come “Squadra mobile” e molto altro. In sostanza è quella che amo definire “l’icona della bravura e bellezza del nostro tempo”. << Come Audrey Hepburn lo fu nel passato, così Valeria lo è dell’oggi. Non una stella ma un intero firmamento. Capace di migliorare quotidianamente e di sorprendere sempre con la sua bravura. << Sai anche che non è solo per l’aspetto fisico che ti dico questo. Certo. Non è secondario. Anzi! Fu proprio il suo aspetto a farmi perdere la testa. Poi la vidi su MTV e la seguii in quello che faceva, limitatamente a quanto potevo fare con le riviste, la televisione e internet. Con facebook, non usandolo per scopi di lavoro o di altra natura, iniziai a cercarla e trovai il suo profilo. Chiesi l’amicizia e iniziai a seguirla continuando a dire che mi piaceva quello che postava, che era bella, a commentare cercando di essere arguto, romantico … << Non saprei se avessi intenzione di conquistarla così. Forse. Sai ... una speranza. Certo è che … ciò è impossibile. Tuttavia mi ritrovai a cercarla su instagram. Anche lì la seguii dando il ‘mi piace’ a tutte le sue foto, che comunque sono meravigliose. Commentando e cercando di farle capire che doveva sorridere, visto che il sorriso di una donna, qualunque essa sia, è il sorriso di Dio. Ma il suo andava oltre. Forse perché in fondo, in un’altra vita, avrei potuto incontrarla, falla innamorare di me … << << Iniziai quindi a seguirla e poi mi accadde la stessa cosa su 34 twitter. Inizialmente era interesse spinto dal desiderio di poterle donare un mio commento arguto o una gioia, anche se minima, di una persona che non si nasconde e che dice pane al pane e vino al vino. Poi mi resi conto che tutti i giorni accendevo il cellulare e aprivo i tre social solo per vedere cosa avesse postato. Per commentarlo per primo. Per dirle quanto fossi grato della sua bravura. Per essere, in qualche modo, presente nella sua vita. Conosci Tiziana Luxardo la fotografa? >> << Si! Mi pare. >> Siamo amici e le ho chiesto se riusciva a farmela conoscere. A quel punto mi resi conto che ero uno stalker passivo. Conoscendomi so di non essere aggressivo. Sono timido sino al midollo e combatto la timidezza con l’arroganza e con la dolcezza, a seconda con chi ho a che fare. >> << Lorenzo cercò di elaborare quel pensiero. Poi, come Lazzaro risvegliato dal sonno eterno disse Quindi se ho ben capito. Tu lavori gratis su internet cercando la galera facendo lo stalker dietro al tuo sogno irraggiungibile? >> << Diciamo di sì. Più o meno. In realtà mi è presa la convinzione che se non avessi detto che erano belli tutti i post di tutte le persone che seguo, e sono più di cento, loro potessero offendersi. Diciamo che l’ho fatto anche per non “lasciarle sole”. O questo era il sentimento generato su di me dai social. << Per quanto riguarda lo stalking ho capito che stavo andando troppo su quei social solo per vederla. Poi però ho detto a me stesso “se non fai del male …”. Così da allora ho cessato di essere “maniacale” e ho visto gli aggiornamenti con quel fare tipico di chi sfoglia il giornale cercando solo qualche nuova senza andare in fondo a nulla. >> << << Ed ora quanti ne segui? >> Quasi trecento ma ad onor del vero lo sguardo e l’attenzione si ferma solo su notizie di lei, dei suoi lavori. Ho << 35 iniziato a comprare i blu-ray dei suoi film. Spero di vederla anche come regista per vedere una parte della sua anima. So che è irraggiungibile come la mia lei. Tuttavia mi aggrappo all’illusione che vedendo e cercando solo notizie e aggiornamenti, mollando le redini e non commentando più di tanto, io possa guarire dal mio essere uno stalker cybernetico. >> La tua lei, come la chiami tu, è “reale”. >> disse Lorenzo ciondolando la testa di qua e di là come un setter da caccia assetato << mentre Valeria è virtuale. Quindi che temi? >> << Anche Vale lo è. Però la differenza è che la mia lei ho faticato a conquistarla facendole la corte e standole vicino. Conosco ogni sfumatura della sua voce. Ogni frase non detta la capisco. Conosco più la mia lei di quanto possa conoscere me stesso. >> << << Dunque una è reale e l’altra un sogno? >> No! Entrambe sono un sogno. Valeria è il sogno di una vita straordinaria fuori dalle righe e da “rotocalco” diciamo così. Irina è il sogno di una lotta continua contro le difficoltà della vita, contro le ingiustizie. Una lotta per arrivare a fine mese e un progetto di un futuro migliore per noi. Quindi Valeria è un progetto di gioia per me. Irina è un progetto di gioia pe rnoi. << >> A quelle parole Lorenzo capì il perché di quell’improvviso cambio di programma. Tommaso aveva usato il “noi” e lo aveva detto confrontando il suo amore con la sua passione. Amava la sua lei e aveva progettato la sua vita insieme a lei. Aveva dei sogni di famiglia. Aveva in animo di soffrire e ridere con Irina. Quel confronto lo aveva liberato dalle sue insicurezze e da quelle domande di chi non ha ben chiaro cosa fosse l’amore. Per la prima volta, senza neanche rendersene conto, Tommaso aveva dichiarato l’amore alla donna della sua vita con l’onestà di un bimbo appena nato. Lorenzo non poté che lasciarsi andare sul sedile. 36 Gli inglesi sono stupidi Le automobili accostarono, oramai era l’una di notte. La fila sembrava aver creato un parcheggio autostradale. Loro presero la corsia di quelli che avevano tutta l’intenzione di non dormire in automobile. Lorenzo pensava a fondo a quanto l’amico aveva appena dichiarato. A quanta sofferenza ci fosse in quell’uomo che aveva preso l’iniziativa di affrontare un viaggio nell’ignoto alla ricerca di Irina la donna che era entrata nei suoi sogni occupandoli per intero. I due si fermarono a pochi chilometri dal punto critico. Videro le auto bruciate e i rilievi della polizia. Videro i vigili che li invitavano a camminare sulla corsia d’emergenza ad un’andatura moderata. Superarono il punto critico in trenta minuti. Andavano a passo d’uomo poiché gli operatori erano ancora a lavoro sulla strada tentando di liberarla e verificando anche lo stato dell’aria. Il pericolo degli agenti inquinanti, del gas, di detriti sull’asfalto e di quant’altro aveva costretto a quel tipo di lavoro e di impegno, costringendo gli automobilisti a viaggiare a passo d’uomo e su di una corsia stretta, tra frenando quando gli operatori attraversavano da una parte all’altra. Non ci si poteva fermare a guardare o a fotografare, cosa che in qualche auto accadeva. Qualche flash e l’abitacolo mostrava il numero dei passeggeri in un istante. Attraversato il punto l’autostrada riprendeva le solite tre corsie. Lorenzo e Tommaso accostarono sulla prima zona di sosta e svuotarono nuovamente le vesciche. Tommaso si appartò per defecare, portandosi un rotolo di carta igienica che teneva sempre in automobile. Lorenzo l’attese per poi andare anche lui a liberarsi, in un altro punto, con quel che rimaneva del rotolo. Entrarono in macchina dopo aver fatto la conta. Tommaso 37 doveva guidare e Lorenzo poteva dormire almeno sino alle sei. Un agente della polizia stradale scese dalla vettura che si fermò dietro di loro, si accostò allo sportello e domandò infastidito << Problemi? >> No! >> rispose stanco Tommaso con il finestrino abbassato dal lato guidatore. << Penso sia meglio vi fermiate e riposiate. Più avanti c’è un’uscita. L’albergo che si trova a tre chilometri sulla destra è stato avvertito del potenziale arrivo di passeggeri stanchi. << >> Consegnò loro un biglietto con sopra il nome dell’albergo e il numero da chiamare. Tommaso ringraziò senza entusiasmo ma era deciso ad affrontare quel viaggio sino alla fine. Voleva arrivare il prima possibile. Voleva sorprendere Irina. Voleva chiederle come stesse. Voleva baciarla. Presentarle il suo amico nonché socio. Parlare con lei. Dirle che l’amava. Dirle che avrebbe capito ma che senza di lei non vedeva il senso di impegnarsi. Tommaso si mise sulla seconda corsia e prese i centoventi chilometri orari rimanendo su questi, anche se era sua abitudine correre con l’auto. Pertenersi sveglio faceva i conti. Duemila chilometri diviso centoventi chilometri orari quante ore sono? Era stanco ma non voleva ammetterlo. Era distrutto dentro. La carenza di sonno influenzava e accresceva quella spossatezza fisica ma ciò che lo aveva stordito maggiormente era l’aver letto ancora i messaggi e non aver trovato alcuna risposta ai suoi ultimi due. Si domandava se lei stesse bene. Cosa stesse facendo e se tutto procedeva con il lavoro. Se sentiva la sua mancanza. La mancanza dei giorni in cui lui riusciva a farla ridere. Aveva trasformato il quotidiano in straordinario. Aveva fatto impazzire i suoi ormoni e aveva cambiato il suo destino. Tommaso piangeva. 38 Non si accorse che stava piangendo. Seguiva la strada. Le sue curve. Le automobili che lo precedevano. I sorpassi. Per un’ora mantenne i centoventi chilometri orari. Poi un altro rallentamento. Una nuova colonna, forse per un’uscita dall’autostrada. Non aveva neanche idea di dove fossero e si rese conto di essere ancora sveglio solo quando sentì << ‘zo stiamo? >> Lorenzo si era svegliato per le oscillazioni che l’auto, frenando, produssero al suo corpo. Vide la coda e disse << Arriveremo il giorno del giudizio. >> Tommaso era taciturno. Stranamente non aveva voglia di parlare. << Tutto ok? >> Lorenzo sapeva che quella domanda avrebbe colpito l’autista del momento come il pollicione che non vede lo spigolo maledetto che lo richiama a sé. << Gli inglesi sono proprio stupidi. >> iniziò con ripetere quel pensiero che aveva espresso spesso negli anni. Lorenzo attizzò il fuoco della conversazione buttando lì la domanda che nessun altro comune conoscente avrebbe mai fatto << Perché? >> Perché parlano inglese. La lingua più stupida del mondo. Dalla torre di Babele non potevano inciampare e sfracellarsi quegli avi che hanno avviato quel linguaggio così … stupido? Devo dire che sono in pochi nel mondo. Meno dei cinesi e dei russi. Eppure il mondo li venera parlando inglese. Ma domando e dico … perché il mondo non parla in italiano visto che le parole sono tutte poetiche? << “Ti amo”. Senti che dolce suono. “I love you” e cosa peggiore è la risposta che danno. E poi è logico dire “io vado a 39 << casa di Giovanni” e loro dicono “I’m going to Giovanni’s house” ossia io sono vado per Giovanni casa”. Manco a tradurlo. E poi perché non il russo. È più semplice. Le lettere sono facili, anche se molti lo temono come la peste. Ma quel che mi fa incazzare è il fatto che scrivono una cosa e ne dicono un’altra. Per Diana cacciatrice dei cervi! Se c’è la erre perché non la pronunci? Perché la “a” è “ei”? Ma diavolo di un demonio rincitrullito. Il loro è proprio un linguaggio … da stupidi. >> << Lorenzo vide l’amico distendersi e aggiunse << È perché il computer parla inglese. >> Se! Come no! Hai passato fondamenti di informatica con diciotto! Anzi diciassette e due figure. È vero che devi scrivere usando il for, il do, il while, l’if, l’else ma non per questo scrivi la divina commedia in inglese. È la lingua che ti vogliono far parlare a tutti i costi. È il sistema! Capisci? Sono i poteri occulti che vogliono importi una lingua che potrebbe diventare mortase solo non ci fossero queste costrizioni. La lingua del mondo deve essere quella della popolazione più numerosa. >> << << E così dobbiamo studiare il cinese? >> No! Dobbiamo fare più figli ed essere sempre al numero uno anche nelle arti e nelle scienze. Te lo immagini Leonardo da Vinci che parla inglese? O Dante? O Sciascia? Pirandello, Moravia, Calvino, Fallaci e tanti altri parlano e scrivono italiano. Opere vere. Hai mai visto ‘Il Padrino’ in lingua originale. Mettilo a confronto con la versione doppiata in italiano. Non c’è storia. E posso continuare per ore. >> << << Ma Asimov? Silverberg? Quanti autori inglesi hai letto? >> << Erano << americani. >> Stessa lingua. >> Va bene! Casi isolati. Ma hai mai visto gli inglesi fare opere come i romani? Musica. Cinema. Teatro. Lirica. Letteratura. Tutte le arti in italiano rendono di più. Mettiti a 40 << tradurre i testi delle canzoni degli inglesi. Ridicoli. >> E noi? Pensa a Bobby Solo con ‘Una lacrima sul viso ’. Pensi sia un testo da eleggere come letterario? >> << La discussione degenerò. Vennero nominati autori vari con l’intento di arrivare a stabilire se la lingua italiana fosse degna di essere la lingua mondiale. Lorenzo sapeva che Tommaso non lasciava vincere nessuno su quel punto. Era tirato fuori, quando possibile, per svuotare la mente, specialmente di Tommaso. Quell’argomento, come pochi altri, riusciva a distrarre l’amico. Lo portava su un podio invisibile dove lui poteva pontificare. Era capace di parlare per ore del nulla. Era convinto che il mondo intero avrebbe capito le sue ragioni per poi accettarle come vere. Anche altri amici sfruttavano quell’argomento, anche se solo per mettere in ridicolo Tommaso o per cambiare discorso. Eppure Lorenzo lo faceva con il solo scopo di aiutare l’amico, specialmente quando gli occhi si facevano bui. 41 Gli stranieri Il sole iniziò a salire alla loro destra. La luce forniva colori che un pittore avrebbe pagato oro per riuscire a riprodurre. Le stelle, ancora visibili, erano diventate punti su un lenzuolo bluastro con un altro azzurro che avanzava divorandone ogni lembo. Tommaso stava accostando per lasciare la guida a Lorenzo. Era stanco ma sapeva che non avrebbe dormito. Avrebbe sognato ad occhi aperti l’incontro, le frasi, le domande e le risposte. Voleva crogiolarsi nei suoi sogni e nelle sue speranze. Guidare mentre pensava a lei non era consigliabile. Avrebbe sicuramente sbadato e sarebbero finiti addosso ad altre macchine. Altro tempo perso se non la stessa vita. Eppure lui voleva vivere. La macchina venne affiancata da un furgoncino bianco. Sul lato sinistro c’era una donna con un bambino in braccio. Erano rom e lo si poteva vedere dagli abiti di lei con colori accesi. Le stelline sul foulard della donna erano tenute da una catenina d’argento. << Bisogno d’aiuto? >> domandò la donna. Lorenzo ebbe una reazione di sorpresa. Guardò la donna e il bambino nascose la faccia tra gli enormi seni. L’uomo al volantesi sporse e ripeté la domanda con un accento strano. Lorenzo sorrise e ringraziando disse Grazie. Siamo stanchi ma stiamo andando in Romania. Voi sapete la strada? Ci potreste guidare? Non abbiamo molti soldi ma… >> << L’uomo sorrise mostrando la carenza di alcuni denti. La donna disse << No Romania. Albania. >> Lorenzo rimase spaesato non capendo la differenza. Per lui i 42 rom era Romeni, una contrazione del nome. Una Panda in arrivo suonò al furgoncino e questi si spostò davanti all’utilitaria. La donna scese e il bimbo si mosse tra i suoi seni cercando di nascondere il volto il più possibile. Lorenzo non sapeva che fare. Voleva ripartire, temendo qualche furto, ma non voleva offendere le persone che si erano comunque preoccupate per loro. La donna guardò Tommaso che era rimasto con gli occhi chiusi. Lorenzo guardò il bambino e questo prima nascose il volto e poi, quasi sentendosi guardare la nuca, girò il capo e sostenne lo sguardo dell’uomo che aveva un accenno di barba e delle occhiaie che sottolineavano gli occhi neri. La donna chiese la mano di Lorenzo per leggere il destino. Lorenzo pensò che volesse dei soldi. Prese il portafoglio e gli mostrò il vuoto che vi era dentro. La donna sembrò offesa. << Dammi mano. Io leggo tua vita. >> Grazie ma è alquanto inutile. Ho già conoscenza di cosa è stato e non ho interesse a sapere quando morirò. >> << La donna mostrò la sua aperta e tesa ad aspettare quella di Lorenzo. Pochi istanti e alla fine le due mani si trovarono palmo a dorso. Lei disse << Interessante. Lei vincitore. Lei lunga vita. >> Lorenzo sorrise sperando in cuor suo che la donna avesse un minimo di ragione. Poi pensò all’amico. Aprì il finestrino dalla sua parte e scuotendolo disse << Predi questa mano … zingaraaaa >> La donna girò davanti all’auto e si mise a ridere per la canzoncina. Anche Tommaso mostrò il portafoglio vuoto e la donna scosse la testa. Aprì la sua mano e pretese quella di Tommaso. Pochi istanti e << >> Lei problemi. Lei ha donna che sarà d’aiuto. Lei sarà felice. Tommaso si riprese e guardò la donna con intensità. Evitò lo sguardo del figlio e si immerse negli occhi nocciola e questa 43 in pochi istanti si fece seria. Quello scambio silenzioso venne interrotto dal marito della donna che sembrava Ennio Antonelli in Otello Rinaldi, detto "Manzotin", nel celebre film “Febbre da cavallo”. L’uomo prese la moglie e, a sorpresa, lasciò un talismano. Era una carta che rappresentava San Giorgio. La famiglia si ritirò sul furgoncino e partirono. Tommaso guardò la carta e si spense in un isolato mondo. E poi dicono … >> esternò Lorenzo lasciando in sospeso l’argomento sperando di attirare l’attenzione dell’amico. Tommaso non abboccò e continuò a fissare la figura anche quando l’auto si era ormai rimessa in moto. << << Certo che i leghisti … >> riprovò Lorenzo. Tommaso capì che doveva rispondere altrimenti Lorenzo l’avrebbe presa a male e avrebbe tirato fuori argomenti che lui non poteva sostenere. << È stata gentile. Ad onor del vero i rom non sono solo quelli che vengono dalla Romania. Sono nomadi. Sono stati perseguitati come gli ebrei. Hanno cultura e tradizioni. >> << Rubano. >> Anche gli italiani. È come per l’essere mafiosi. La mafia è in Cina, Russia, America e in tante altre nazioni. Eppure noi italiani siamo i mafiosi. Siamo quelli che per definizione sono mafiosi. Pensa a Roma. I funerali di quel boss. Roma è … scusa … era stupenda. Eppure tutti parlano di Roma perl e puttanate fatte da quattro stronzetti che si credono di poter fare qualunque cosa. >> << << Hanno il potere. >> No! Ti sbagli. Il potere è solo la rappresentazione di un consenso popolare ed anche dell’incapacità del popolo a reagire. Pensala così … se tutti dicessero ‘fanculo’ quando qualcuno chiede il pizzo o minaccia, vedi che quel qualcuno, essendo minoranza, non conterebbe un cazzo. Ti ricordi il film “Il marchese del grillo”? >> << 44 Certo! Lo hanno visto anche quelli che devono ancora nascere. >> << Ecco. Il discorso di Flavio Bucci, interprete magistrale come Don Bastiano, racchiude in sé quello che dovrebbe essere insegnato nelle scuole per combattere la mafia. Loro si credono padroni del cielo e della terra mentre non sono padroni di nulla. >> << << Ah! Quando stava andando al patibolo? >> Esatto. Loro sono come il marchese del Grillo. “Io sono io, siete voi che non siete un cazzo.” Eppure Don Bastiano è il verbo. Occorre studiare i film invece di Leopardi, ad esempio. Occorrerebbe lasciar liberi i ragazzi nella scoperta della letteratura mentre bisogna educarli in questo mondo di cialtroni dove chi sale al potere ha il culo a forma di sedia. >> << Hai visto i rom di prima? Ho istintivamente avuto il timore che mi derubassero. Li ho anche insultati per ignoranza. >> << << Già! >> Tommaso sbadigliò e disse È un argomento che mi affascina ma contrastare la merda è difficile quando ormai si è fatta abitudine alla puzza. >> << Tommaso chiuse gli occhi. Lorenzo voleva discutere ancora. Voleva ritornare all’argomento principale. Videro il furgoncino partire. Sarebbe stato bello, secondo Tommaso, se fossero stati rom della Romania. Avrebbero avuto una guida. Però quella lettura aveva lasciato un senso di profonda tristezza che lui voleva scacciare. Perdendo il furgoncino di vista ebbe un sospiro di sollievo. Forse lo avrebbero raggiunto nuovamente ed anche sorpassato. Ma volle tenere quella lettura della mano come un qualcosa di avvenuto sul quale non porre alcuna attenzione futura. 45 Irina Tommaso mise la figura di San Giorgio dentro il portafoglio. Aprì il cellulare e si mise a scorrere le immagini di Irina. La luce della mattina divenne un sereno nuovo inizio. Tommaso s’accorse che Lorenzo aveva girato per una sosta. Dovevano far benzina e fare una pausa per il caffè oltre a fare colazione. Tommaso però non scese. Rimase in silenzio in macchina come a fare la guardia, anche se avrebbero potuto derubarlo dei vestiti prima che il suo cervello avesse il tempo di collegasse all’oggi. Lorenzo entrò nel bar. Un cappuccino e un cornetto. Scambiò due parole con il barman per sapere quale percorso prendere perla Romania. L’uomo calvo e troppo magro per le sue spalle, gli mostrò quelle classiche mappe dell’Italia e dell’Europa difficili da consultare per quanto sono grandi. Sembrava che chi le avesse inventate lo avesse fatto di proposito. Tommaso risalì alla prima foto di lei. Aveva la testa inclinata di lato. Stava guardando i suoi piedi che si erano bagnati nel giardino della zia di Tommaso. Lei era un’amica della zia e fu questa a combinare il primo incontro. Chiamò Tommaso per chiedergli aiuto e Irina per un caffè. Entrambi si ritrovarono in quel giardino a consumare un tea con dei pasticcini che erano stati offerti come fatti in casa. Entrambi erano lì ma sembravano in altro luogo. Lui vide il suo volto con una ciocca di capelli, tra il castano e il biondo, che scendevano sul viso mentre lei osservava i piedi colpiti da una zanzara. In quell’istante tirò fuori il cellulare e scattò la foto, nella speranza di non esser visto né notato. Lei si girò guardandolo incuriosita << La metterai su qualche sito? >> domandò con voce ironica. 46 Tommaso abbassò gli occhi come un bambino che aveva rubato la nutella ed era stato pizzicato dai genitori. Notò che parlava bene l’italiano. Quando vennero presentati la zia sottolineò la sua nazionalità, come a dire che era qualcosa di lontano dal comune ma in senso quasi negativo. Tommaso seppe dopo qualche incontro che Irina aveva colto il modo con il quale la zia aveva sottolineato che proveniva dalla Romania. Tommaso le confessò che la zia credeva che Irina fosse extra-comunitaria. Ma anche lui, all’inizio, domandò se lei fosse una rom. Non conosceva i rom così pure la loro storia. Lei lo guardò divertita e disse Sono di madre romena e di padre tedesco. Sono nata in Romania. I rom sono un’etnia. >> << Tornando al primo incontro Tommaso mostrò la foto a Irina e disse Era il momento giusto. Ci sono persone che fotografano tutto, anche il nulla. Così le foto non hanno vita né anima. Come vedi... >> si fermò ad immagazzinare nella memoria il suo profumo. << Lei guardò la foto e poi si rivolse a lui con quel suo modo di scherzare che avrebbe contribuito a farlo innamorare Ho capito. Vuoi mostrarla agli amici e impettirti con loro. Se è così mi dovrai pagare. >> << Tommaso ebbe un sussulto. Era la prima ragazza che mostrava di saper dire qualcosa di straordinariamente normale ma in modo straordinariamente amorevole. Rispose, lanciando un amo per vedere se poteva tirar su una bella preda << Ti pagherò invitandoti a cena. >> Lei ci pensò sopra. Avrebbe voluto dire qualche altra cosa ma d’improvviso << Però ti invito se mi prometti di non innamorarti di me. >> Guardò gli occhi neri e tristi di Tommaso. Vide in lui una luce 47 che voleva esser alimentata ma che si stava spegnendo peri tanti “no” che aveva ricevuto. Rimase scioccata da quello sguardo che voleva entrare in lei. Sentiva che quell’uomo voleva conoscere la sua anima. Voleva vederla come avrebbe fatto un medico con una lastra. Sentiva che in lui viveva curiosità ma non sapeva interpretare i suoi modi. Schivo ma dalla battuta pronta. Rispondeva a tono alla zia ma sembrava comunque che si stesse trattenendo. Era lì dinanzi a lei ma sembrava lontano. Assente. Non interessato a farle la corte eppure stava facendo la corte proprio a lei. Era una contraddizione in termini. Decise quindi di stare al suo gioco Ti prometto che non mi innamorerò di te se tu pagherai la cena. >> << Aveva fatto centro. Colse in lui una gioia sopita. Vide il volto distendersi. Poco curato con i capelli neri e qualche sfumatura di grigio. L’odore acre di chi non usa profumi. Pensò “Il primo regalo sarà un profumo.” Guardò a lungo il suo sguardo e si rese conto che già stava pensando a qualcosa di più di una semplice conoscenza nata per caso grazie ad una signora che li aveva incastrati con un incontro non annunciato. Lui sostenne il suo sguardo per non guardare nella sua scollatura. Aveva una maglietta azzurra con il collo a “v” e si intravvedeva un reggiseno nero. I jeans blue erano attillati e ai piedi dei sandali. Le unghie blue si intonavano ai jeans. Sulla testa due occhiali neri anni cinquanta. Lui annotò tutto e ricordò sempre tutto. Memorizzò la data, l’ora, i minuti e i secondi. Memorizzò ogni singolo dettaglio di lei. Tuttavia non aveva ancora idea di amare quella donna. Non sapeva ancora che avrebbe fatto pazzie per lei. Era del tutto estraneo ai suoi sentimenti che erano sempre stati schiacciati dal suo aspetto che aveva sempre allontanato le ragazze. 48 Ebbe un paio di storie ma niente di serio. Neanche un bacio. Dinanzi a lei non pensava alla sua verginità. Non pensava al problema di come si bacia. Di come far combaciare i nasi. I tempi. Il momento giusto. Lui era lì, eccitato anche se non in modo consapevole. Lei era lì ammirata anche se ancora ignara di quanto quell’incontro avrebbe cambiato le vite di entrambi. Tommaso si staccò da lei e si avviò verso il cancelletto. Aveva in mente lei. La sua immagine. L’immagine di entrambi nel ristorante. Poi quattro chiacchiere. Poi una serie di azioni romantiche. Poi si sarebbero separati e lei, per il suo debordante atteggiamento, avrebbe cambiato numero di cellulare, nome e cognome, città, nazione, pianeta e quanto d’altro potesse cambiare per non essere rintracciabile da lui. Quella stessa sera Tommaso alzò le spalle. Era bella. Ma era troppo per lui. Era una diva irraggiungibile. “Porcaputtanavergine!” esclamò tra sé mentre iniziò a cucinare per lui e i suoi genitori. “Non ha il mio numero. Non gli ho detto l’ora, il ristorante o altro.” Guardò il minestrone, dimenticandosi di mettere il dado, e si spense. “Tanto!” Eppure quella volta quel suo “Tanto!” pesava quanto un’intera montagna. Curvò ulteriormente le spalle. L’ernia iatale iniziò a farsi sentire. Il fiato si fece corto e la testa vuota. Assaggiò il minestrone ma non mise attenzione a nulla. Chiamò i genitori e servì a tavola. La madre iniziò a rimproverarlo per quel minestrone insipido, cercando di dargli le giuste informazioni su come si cucina. Lui era su un altro pianeta. La foto successiva riuscì a farla al ristorante. Dopo due settimane ricevette una chiamata da un numero sconosciuto Pronto. >> disse con l’entusiasmo di chi avrebbe di lì a poco fatto una colonscopia. << << Allora è vero che non vuoi pagare la cena! >> 49 Ci mise pochi secondi a riconoscere la voce. Era in ufficio e aveva la scrivania piena di conti che indicavano già la crisi. Certo che la voglio pagare. battute stupide << È che … >> e concluse lei << >> disse trattenendosi da Sei troppo distratto per chiedere il numero ad una ragazza o forse ne hai talmente tante che sapevi che ti avrei chiamato io. >> << Sorrise. Dentro di sé c’era una banda che suonava tutti i pezzi più allegri mai scritti. Aveva i bambini che giocavano e la fiera del paese con mele caramellate, zucchero filato e tanti dolci da portare tutti ad avere il diabete. Stava per rispondere con una battuta ma come sempre faceva disse la verità mettendosi in gioco e vedendo se la controparte avrebbe visto le carte e mostrate le sue No! È che non ho mai avuto una ragazza e neanche un appuntamento. >> << << Sei serio? >> << Perché dovrei mentire? >> Aveva calato una coppia e pensò che lei avesse un poker. Non rispose. Ci volle un minuto esatto per sentire nuovamente la voce di un essere umano all’interno di quella linea di comunicazione << Allora permettimi di fare a mezzi con il conto. >> Tommaso non capì e disse, alzando le spalle Come vuoi. Domani sera alle otto e trenta nel ristorante che fa angolo prima del semaforo. Sai di quale parlo? >> << << Certo! A domani. >> Lei attaccò ma lui avrebbe voluto aggiungere “Vieni senza vestirti con pretese. Normale. Èu na cena così, tanto per fare.“ e ciò rimase nel suo cervello. Passò la sera di venerdì 27 agosto 2010 e la mattina di quel 50 sabato 28 agosto 2010 a pensare a come avrebbe dovuto vestirsi. Cosa mettere. Elegante o sportivo? Camicia o polo? Chiaro o scuro? Avrebbe voluto richiamarla e chiedere lumi. Avrebbe voluto che fosse lei a guidare il gioco. Poi si guardò allo specchio e si vide vecchio. Non si piaceva e si disse “Al diavolo. Tanto è una cena.” La sera di sabato alle otto e un quarto entrambi arrivarono al ristorante. Sorridendo Tommaso disse << Così non vale! >> E tentò la carta del broncio dei bambini. Lei lo guardò con fare serio. Lui disse che lei era elegante con una camicetta azzurra e un gilet nero. Sotto i jeans azzurri e scarpe da ginnastica azzurre. Lui aveva una camicia bianca con sotto una canottiera bianca, ma che si intravvedeva visto che aveva lasciato sbottonato il collo, jeans scuri e scarpe scure. Entrarono e si accomodarono dove la gente potesse vederli. Tommaso pensò che così l’avrebbe tranquillizzata, visto che in quel modo non poteva fare nulla di strano. Lei pensò che una scelta simile era per una coppia navigata che non aveva nulla da dirsi. Lo guardò senza parlare. Ordinarono la pizza e lui scelse la bianca rotonda dopo aver sentito che lei aveva ordinato quella con funghi e mozzarella. Aveva sempre amato la pizza bianca e ordinava sempre quella. Gli amici lo criticavano e per questo non usciva spesso con loro. Lei non disse nulla. Prese dell’acqua in bottiglia e lui disse al cameriere di portare due bottiglie. È rinfrescato non trovi? argomento. << >> iniziò Tommaso cercando un Lei annuì e fissò un bambino in un passeggino. Fu in quel momento che Tommaso le fece un’altra foto. 51 Aveva i capelli raccolti in una coda e quello sguardo denotava un senso materno e di tenerezza. Lei non badò a Tommaso e continuò a guardare il bambino che aveva in mano un pezzo di pizza e continuava a succhiarlo come se fosse un biberon. Lui scattò una seconda foto e quella rimase in memoria, mentre la prima venne cestinata. Si alzò e arrivò dal suo lato. Posò la sua calda mano sulla sua spalla e mostrò la foto al soggetto della stessa. Lei si voltò e lui sorrise senza dire altro. La serata proseguì senza nessun ricordo degno di nota. Camminarono dopo la pizza e parlarono del nulla. Entrambi con il pensiero rivolto altrove. Era come assistere a due persone che discutevano di due argomenti distinti. Qualche accenno con la testa per confermare di essere d’accordo su qualcosa che non avevano neanche ascoltato e poi nuovamente il proprio argomento portato in primo piano. Esternamente sembravano estranei ma tra loro nascendo un’intimità che li avrebbe portati lontano. stava Poi arrivò il momento di separarsi. Si trovavano a metà strada tra i due appartamenti. Lui le diede lamano anche se voleva portarla a sé e chiederle di poterla baciare. Lei prese la sua mano e la lasciò andar via anche se non avrebbe voluto che la serata si concludesse così. Passarono altri giorni e poi il primo di tantissimi messaggi: “Che ne pensi? Casa mia, cucino io, tu ed io soli, poi usciamo e prendiamo un gelato. “ Lei non rispose subito. Passarono due giorni e lui si disse “Tanto!” La mattina alle sei uno squillo che avvertiva di un messaggio: “Ok! Quando?” Tommaso guardò il display e poi il calendario. I genitori sarebbero andati fuori per una settimana e lui scrisse: “Domani sera?” 52 La risposta quasi subito: “Facciamo dopodomani. “ Tommaso rispose con “OK” inviando e sentendosi mordere dentro perché odiava usare l’inglese. Durante la pausa in ufficio andò su internet a cercare qualche piatto tipico del paese dei suoi genitori. Trovo “Cicatell” e stampò la ricetta. Avrebbe preparato petto di pollo con patate come secondo e come primo “cicatell” con sugo. Come dolce avrebbero preso il gelato. Antipasto di mare. Sistemò casa. Pulì anche se non amava farlo. Tirò fuori la tovaglia delle occasioni. Il servizio dei genitori, regalatogli dalle colleghe della madre per le nozze. Sistemò camera sua, piena di libri e di vestiti buttati ovunque. Sistemò il bagno. Si lavò e si rese conto che l’appuntamento era il giorno dopo. La mattina al lavoro poi alle tre chiuse l’ufficio dicendo agli amici che aveva da fare. Iniziò a fare spesa e si ritrovò alle cinque a chiedersi come avessero fatto le sue nonne a cavare i “cicatell” visto che i suoi polpastrelli divennero in breve come quelli di un muratore esperto con tanto di duroni. Cavò metà della pasta fatta in casa e l’altra la dovette lasciare così com’era a causa dell’orologio che segnava le otto meno dieci. Mise a fare i petti di pollo e i funghi e alle otto e sette minuti tutto era in tavola, ad eccezione della pasta. L’odore del cucinato riempì il soggiorno. Lui guardò con soddisfazione la disposizione. Lei dinanzi a lui. I piatti e i bicchieri lavati di fresco con la lavastoviglie ciclo energico. Gli antipasti sistemati. Il pane abbrustolito. L’acqua due bottiglie. La tovaglia delle occasioni con i tovaglioli abbinati. L’acqua sul fuoco e il citofono che squillò. Scusi? Sto cercando padrona. Mi signora chiama Lucrezia. Conosce? >> << La voce era strana ma lui, nervoso, aprì e basta. Rimase in attesa del citofono sperando che lei arrivasse. Mandò un 53 messaggio: “Dove sei? È quasi pronto … la pasta si scoce” Rilesse spesso quel messaggio che mostrava quanto fosse nervoso. Lei non rispose. Silenzio. Due minuti dopo una mano bussò piano sulla porta d’ingresso. Lui andò ad aprire, temendo fosse il vicino che spesso lo disturbava per chiedere cose come l’aglio, le patate, il sale o altro. Ebbe un brivido pensando al vicino che avrebbe visto la tavola e, conoscendolo, avrebbe investigato e aspettato allo spioncino l’arrivo dell’ospite. Aprì senza guardare il suo spioncino e senza chiedere. Lei era lì. In piedi e con le braccia dietro la schiena a mostrare il suo petto. Un maglioncino blue, jeans stile vissuti, scarpe nere con i tacchi. Sotto il maglioncino una camicetta viola. Aveva gli occhi con una sfumatura di blue sulle palpebre. Un rossetto leggero sulle labbra. Lui notò un poco di peluria sulle labbra ma si eccitò senza poter capire cosa stesse realmente accadendo. Da bambino aveva fatto la corte ad una compagna di scuola che aveva la peluria sulle braccia e sulle labbra. Erano piccoli ma adesso quella peluria quasi invisibile non lo disturbava. In altre sue conoscenze era sottolineata con un allargamento delle palpebre come se stessero uccidendo un bambino dinanzi a lui. In lei tutto era perfetto secondo il suo stato ormonale. Vedeva lei ma non solo il suo corpo. Non avrebbe mai saputo dirlo ma quando la vedeva… vedeva fuori e dentro. Vedeva le lacrime del passato e il sorriso del presente. Vedeva il nervosismo e il timore. Vedeva il sospetto e quel pizzico di follia per una vita che lei viveva senza domandare né domandarsi. Sulla porta non seppe se abbracciarla o baciarla o stringerle la mano. Con un gesto da cameriere d’albergo la fece accomodare in casa. Le mostrò il salotto e si congedò per accendere il gas per la pasta. Lei fece il giro della casa accompagnata dal suo cicerone che 54 le si mantenne alle spalle. Guardò il terrazzo, il vicinato, le strade, i quadri e quello che appariva un ordine approssimativo nelle stanze. Lui pensava all’acqua, al ghiaccio che si stava sciogliendo, al timore che una mosca avrebbe potuto rovinare tutto, al sedere sodo della giovane donna che visitava la sua casa trovandola interessante. La visita finì e lui la fece accomodare sulla sedia che era stata predisposta per lei. Andò in cucina dicendole che non aveva bisogno di aiuto. Scolò la pasta. Versò il sugo sopra. Il pecorino romano sopra il sugo. Una foglia di basilico e portò in tavola. Lei aveva consumato qualche antipasto di pesce e riempito il bicchiere d’acqua. Vide la pasta e disse << Non dovevi disturbarti. Guarda che è troppo. >> Nessun disturbo. Mi piace cucinare. E poi … questi sono piatti che amo particolarmente. >> Lei mangiò parlando del nulla così come fece lui, come a voler continuare l’appuntamento avuto al ristorante. Entrambi degustarono la cena e lei si propose di aiutarlo a sparecchiare e lavare i piatti << << Grazie. C’è la lavastoviglie. >> << Comodo così. >> Facciamo così! ... Quando non ti senti di lavare i piatti portali qui. Li metti nella lavastoviglie e … oplà! >> << Lei rise di gusto e lui si ritrovò a chiederle << Posso baciarti? >> Lei lo guardò con volto sereno Ti ho detto che la mia vita è difficile. E poi … non sei stato tu a dirmi di non innamorarmi di te? >> << << Vero. Però … >> 55 Girò intorno al tavolo e goffamente la baciò. Lei si alzò per andar via ma lui la prese per il polso sinistro e disse << Insegnami. << Così Voglio baciarti ancora. Ti prego insegnami. >> potrai diventare esperto e farlo con altre? >> Sorrise ma vide che Tommaso era serio. La guardava e la portò a sé. Questa voltala baciò meglio, senza scontrarsi con lei ma incontrandosi con lei. << >> Tu sei stata il mio primo bacio. Tu sarai il mio unico bacio. Disse con tutta la serietà che un uomo può avere. Le stava promettendo qualcosa che per lui valeva il mondo. Era come se stesse facendo un giuramento solenne in chiesa dinanzi al Signore in Persona. Lei disse << Devo andare. Non posso trattenermi più di tanto. << Baciami >> ancora. >> Ho mille difficoltà e la mia vita non è facile. Ora sono io a dirti di non innamorarti di me. >> Lui non voleva lasciarla. La strinse forte a sé facendole male non regolando la sua forza. Lei lo guardò e << << Mi >> fai male. Lasciami andare. È meglio così. Per entrambi. Tommaso la baciò di nuovo e disse << Ti lascio ma non rinuncio a te. >> Lei sgattaiolò fuori dell’appartamento e lasciò Tommaso a guardarsi allo specchio posto all’ingresso dell’appartamento. 56 I valori dell’amore Tommaso girò la terza e la quarta fotografia. Poi alla quinta si fermò a ricordare. << Sai << cosa cerco in una ragazza? >> Cosa? >> Onestà e condivisione. Penso che se una ragazza fosse onesta con me allora potrei amarla senza paure e senza chiedere nulla in cambio. Sono i valori dell’amore per me. << >> Irina tacque e poi Ti devo dire una cosa. Ho una figlia. Ho divorziato da mio marito. Lavoro per mandarla a scuola e per darle un futuro. << >> Tommaso rimase in silenzio e la guardò senza provare nulla di diverso da prima. Non aveva paura di quello che aveva detto. Una figlia era una responsabilità oltre le sue possibilità economiche. Non ebbe compassione. Non ebbe nessuna reazione. Era sereno come se lei avesse semplicemente soffiato tra i suoi capelli. << Come si chiama? >> domandò con sincera curiosità. << Anişoara ma la chiamiamo Anna. >> A Tommaso si illuminò il volto e con una voce bassa disse Come mia madre. >> poi aggiunse, con un tono più alto << Se un domani avrò un figlio, e ne voglio molti, lo chiameremo Francesco Carlo. Mi piace il doppio nome e suona bene. >> << Lei rimase stordita. Pensava che il suo passato avesse creato una distanza ma sentendogli dire di voler dei figli con lei, come se fosse un argomento normale da trattare nei primi argomenti, rimase basita. Tuttavia fu proprio per quello che da quel momento il loro 57 mondo cambiò per sempre. Divennero quasi telepatici. Lui capì subito il suo pensiero e disse, affrettandosi a farlo << Sarei felice se potessi chiamarla figlia, un giorno. >> Lei lo guardò e capì che stava dicendo sul serio. Tommaso stava ridendo dentro. Era felice. Aveva qualcosa. Lei lo sapeva. Sapeva che c’era qualcosa che gli stava nascondendo. << Cosa << c’è? >> Nulla. >> << Non è vero. Lo sento. >> Tommaso si girò. Erano in un piccolo studiolo ricavato in soffitta. Si avviò verso una scrivania bianca e rossa. Aprì il tiretto senza farsi vedere e continuava a dire << Nulla. Veramente. >> Poi ritornò da lei sul divano dove erano seduti poco prima. Fece per sedersi ma si inginocchiò. << Mi vuoi sposare? >> In mano aveva un anello con un piccolo diamante che emergeva. A lui non piaceva molto ma era l’unico che poteva permettersi in quel periodo. Era il 21 marzo del 2012 quando in una soffitta adibita a studio Tommaso chiese a Irina di partecipare alla sua vita. Si erano frequentati poco. Lei faceva due lavori per riuscire a mandare i soldi a casa. Non aveva tempo e quel che aveva lo toglieva al riposo per incontrarlo. Gli appuntamenti furono pochi e tutto avvenne per telefono. Quel telefono che ora guardava con amorevole insistenza. La loro relazione crebbe tra parole e qualche raro incontro dove si conobbero baciandosi. Lui si spingeva sempre un passo oltre. Prima il bacio. Poi le carezze. Poi la lasciò in reggiseno. Infine arrivò a poterla ammirare nella sua splendida bellezza. 58 Aveva parlato con lei a lungo. Quasi ed esclusivamente il loro rapporto era nato e s’era costruito sulle parole. Aveva capito i suoi innumerevoli problemi, durante i molteplici messaggi e chiamate. Aveva cercato di darle delle soluzioni. Si erano frequentati poco ma entrambi sembravano attratti. Eppure avevano messo tra loro un qualche paletto a frenare l’entusiasmo che solo i giovani potevano avere. Tommaso aveva appena trent’otto anni e lei solo trenta. Erano giovani dentro ma sapevano che la vita era fatta per gli adulti. Sapevano che occorreva il lavoro per fare famiglia. Sapevano che avrebbero affrontato molte difficoltà ma non ci pensavano mai. Andavano avanti sperando di uscire da quelle viuzze e di ritrovarsi in piazza ad abbracciare l’infinito. Lui attese e lei provò a mettersi l’anello. In cuor suo Tommaso sperava entrasse ma non fu così. Lei lo baciò. Si fecero le coccole e si strinsero amorevolmente. Lui la denudò e lei lo lasciò con indosso i pantaloni. Entrambi temevano per un rapporto sessuale perle conseguenze che si portava dietro. Erano consapevoli del desiderio che li stava uccidendo. Due anni di baci e di carezze. Il massimo era stato il toccarsi a vicenda. Tommaso voleva di più. Irina voleva di più. Un giorno entrambi desideravano andare oltre ma lei disse << Se non avessi una figlia tutto ora sarebbe diverso. >> Rimase sbalordita quando Tommaso le disse Ti amo per ciò che è stato, per ciò che è e per ciò che sarà. Ti amerò oltre l’eternità. Lo farò scrivere sulle nostre fedi. Anche il prete dovrà dire “oltre l’eternità” e non “sino a che morte non vi separi”. È stupido amarsi sino a che morte non vi separi. Io ti voglio oltre tutte le eternità. Voglio te per quel che sei. Sei oggi perché hai vissuto quel che hai vissuto. Ogni nostra lacrima ci ha portato qui. >> << 59 A quelle parole lei capì quanto l’amava e capì anche quanto amava quell’uomo e che avrebbe condotto la sua vita insieme a lui. Lui sapeva da tempo che avrebbe amato solo lei. Sapeva da tempo che avrebbe fatto l’amore con lei sino al suo ultimo respiro, fosse stato a cent’anni. Fare l’amore con lei non era solo il sesso. Era tutto. I bisticci. Le riappacificazioni. Il parlare. Il toccarsi e farsi toccare. Sarebbe stato anche sesso, a tempo debito. Avrebbe stimolato lei sessualmente anche qualora non avesse avuto una sola erezione per quello. Avrebbe fatto con lei i preliminari e le avrebbe dato gioia sessuale con questi qualora il suo corpo stanco gli avesse impedito i movimenti per un rapporto completo. Avrebbe dato attenzione a quell’aspetto anche dopo la menopausa. Durante la gravidanza. Durante tutta la sua esistenza. Voleva donarsi a lei. Voleva che lei lo avesse. Avesse tutto di lui. Anima, corpo, proprietà ma più di tutto i suoi sogni. Le disse un giorno << Ricercami tra i sogni tuoi. >> Era la massima espressione di ciò che voleva da lei. Voleva che lei potesse concedergli la gioia di fargli donare gioia. Voleva che lei riuscisse a realizzare i propri desideri, di qualunque natura, nutrendosi di tutto quello che le offriva. Avrebbe venduto il mondo per due caramelle se quelle erano il suo desiderio. Soffriva nel non poterle dare tutto e subito. Soffriva per averla fatta innamorare perché non aveva una posizione e sapeva che avrebbero incontrato mille difficoltà. Soffriva per le lacrime che gli avrebbe procurato ma al tempo stesso voleva che lei si nutrisse di lui. Disse una volta Io sono la terra e tu hai le radici che si nutrono in me. Ti estendi e con le tue braccia accogli l’ossigeno che mi serve per vivere con te. Tu sei la madre dei nostri figli. Sei il seme e il frutto. Sei ciò che voglio raggiungere. Sei il sorriso di Dio per me. >> << 60 Lorenzo Lorenzo cercò di disegnare il percorso che li avrebbe condotti in Romania. Si appoggiò ad un congelatore pieno di gelati di ogni tipo e gusto. La mappa dell’Italia poi quella della Slovenia, poi quella della Bulgaria e infine quella della Romania. Un lungo percorso tortuoso tra quattro nazioni europee. Per fortuna non dovevano pensare alla dogana. Prese una penna dal bancone del bar e iniziò a tracciare la linea che avrebbero dovuto seguire. Avrebbe volentieri acquistato un navigatore satellitare, anche come applicazione sullo smartphone ma voleva conservare i soldi, pochi, per ogni evenienza seria. Pensò al portatile e alle mappe online ma non sapeva per quanto ancora potesse navigare. Si grattò la testa e si sentì colpevole per non aver accettato quella tariffa conveniente propostagli dalla solita centralinista che ti chiama proprio quando sei impegnato. Lorenzo volse lo sguardo all’auto, nella speranza che nessuno l’avesse rubata mettendo fuori dalla stessa il suo amico. Lo vide che fissava il suo cellulare e capì che aveva del tempo per far altro. Guardò il suo smartphone e decise che avrebbe potuto disturbare la moglie per avvertirla di quella pazzia. Il telefono squillò e il suo cuore sembrò rallentare al punto che iniziò a sentire la testa girare. << Amore dove sei? >> << Amore ti devo dire una cosa. Ti prego non ti agitare. >> Lory lo sai che se mi dici così mi agito. Dimmi quello che devi dire. >> << << Abbiamo << deciso di … anzi ha deciso di … Lorenzo? >> 61 >> Sapeva che quello era il segnale che diceva ‘se non parli ora ti raggiungo e ti dissanguo pungendoti con un miliardo di aghi’ ma era difficile darle questa notizia dopo che avevano discusso a lungo anche di quel viaggio. Lei non voleva che lui accompagnasse l’amico solo perché questo aveva ancora i suoi problemi. Voleva bene a Tommaso ma voleva anche che crescesse e che affrontasse la vita con i suoi piedi. Andiamo in Romania. Deve parlare con lei. Lo sai. Deve liberarsi dalle sue paure per poter avere la testa concentrata. È un peso per noi … e lo sai. Sai che i problemi econo… >> << Non riuscì a finire. Lei attaccò il telefono. Pochi istanti e ricevette una chiamata dal numero della farmacia. Era il segnale che aveva superato il limite stabilito sia verbalmente che con dei sott’intesi. Mollalo lì dove è. Non puoi e non devi far questo. Sai bene che ti trascinerà nel vortice della sua depressione. Vorrà di sicuro metterti nel mezzo. Lo conosci. Sai bene che quando si parla di lei non ha altro perla mente. << Potrebbe aver preso impegni importanti e inderogabili eppure lei lo distrarrà da tutto e da tutti. Deve crescere. Deve essere il regista della sua vita. Amore torna. Hai una famiglia, impegni, i figli hanno bisogno di te. Sai bene che senza il tuo contributo non possiamo andare avanti. >> Lorenzo rimase in silenzio. Doveva decidere tra un rapporto solido e un’amicizia che aveva un valore non scritto. Giada era tutta la sua vita. Avrebbe fatto tutto per lei ma non aveva il cuore per abbandonare l’amico. C’era un codice non scritto. Una relazione tra maschi che le donne non capivano. Lorenzo sapeva che quella era una scelta che avrebbe corrotto comunque qualcosa. Pensò che avrebbe potuto mantenere entrambi i rapporti nella stessa situazione del giorno precedente, anche se aveva discusso animatamente con la sua sposa per quello stesso viaggio di lavoro. 62 Lei voleva veder felice il loro comune amico. Tommaso aveva avuto sempre speciali attenzioni per loro. Li considerava una seconda famiglia. Portava giocattoli e faceva favori senza chiedere nulla in cambio. Lei voleva vederlo crescere e superare i suoi momenti da solo. Sapeva che con una donna al fianco tutto sarebbe stato più facile. Aveva portato alcune sue amiche avarie cenema Tommaso era sempre sulle sue. Sembrava un timido che pretendeva di essere corteggiato. Lei lo vedeva come un fiore da frutto. Prima o poi avrebbe visto il frutto. Si aspettava un frutto dolce ma non troppo. Si aspettava un uomo non solo nell’aspetto. Lorenzo sapeva come la pensava Giada. Lo sapeva perché avevano discusso del loro amico. Anche quando la moglie portò amiche nubili lui si irritò. Si mostrava scontroso perché sapeva che Tommaso era tipo da cavallo bianco. Amore. Ti amo. Amo i nostri figli e per loro ucciderei. Sai bene che impiegherò tutta la vita per farmi perdonare. Lo farò. Perciò ora prendo le mappe e mi avvierò verso la città della donna del mio migliore amico. Lo farò per lui. Lo farò ben volentieri. Amore. Mi dispiace. So bene che pensandoci sopra capirai e mi appoggerai. Amore. Ti amo. Ti chiamerò durante le soste e ti manderò messaggi. Ti prometto una cosa … non mi lascerò coinvolgere. >> << Giada rimase in silenzio. Voleva far pesare quella decisione al marito e sapeva come fare. Conosceva tutti i tasti giusti del suo compagno. Rimase in silenzio e trattenne un singhiozzo. Poi Lorenzo aggiunse quello che gli diede modo equiparare le forze Bacia i bimbi e dì loro che papà gli porterà un regalo. Dì loro che gli voglio bene. >> << Trattenne a fatica le lacrime ed attaccò sapendo che la moglie avrebbe pianto. Guardò fuori e pensò a quanto aveva vissuto con l’amico. Alle difficoltà, alle birre, alle partite di calcio e alla pizza della domenica. Guardò e disse tra sé che quella era la decisione 63 giusta. Poi si corresse. Era la decisione migliore. Tommaso si voltò a guardarlo, come se avesse un sesto senso. Lorenzo alzò la mano. Si voltò per non far vedere le lacrime e comprò un paio di cornetti. 64 Alta marea Tommaso si mise al volante lasciando Lorenzo ai suoi pensieri. Consumò i cornetti e poi partì alla volta della sua destinazione. << Lì sorge il sole. >> Disse per avviare una conversazione. Lorenzo non disse nulla e chiuse gli occhi. Sorge ad est. Hanno un’ora di differenza. Un’ora di anticipo. Quindi arriveremo un’ora prima. >> << Sorrise ma l’amico rimase in silenzio con gli occhi chiusi. Le automobili avevano un andamento regolare. Le tre corsie sembravano disegnate con una matita. Una varietà di modelli e di volti che sfuggivano ad ogni chilometro. Tommaso avviò il cd che aveva inserito dalla partenza. Era sempre lì presente ma mai messo in funzione. Antonello Venditti era il poeta della loro relazione. Era lui a fare il commento della loro storia. La scelta della canzone della loro storia non venne da loro ma dal caso che volle vedere Irina partire per non sapere quando tornare. Un giorno Tommaso e Irina parlarono del suo viaggio nella terra natia. Lei doveva tornare in patria per star dietro alla figlia. Doveva assisterla visto che era in quel periodo dove una bambina diventa donna. Lui non disse nulla se non È giusto. Parla di me però. Dille che c’è un uomo che ti ama e che ti vuole come sposa. >> << In quel momento gli vennero in mente le parole di ‘Alta Marea’ e sentì che quelle descrivevano proprio la loro condizione in quel momento. Prima della sua partenza comprò due cd e fece sentire la canzone a lei dicendole << Sarà la nostra canzone. >> 65 Lei ascoltò in silenzio mentre Tommaso cercava di raccontarle ogni frase associandola alla loro storia. Irina guardò Tommaso in malo modo. Voleva ascoltare quella canzone e capire il senso a modo suo, dal suo punto di vista. Il cd conteneva quella canzone, solo quella, e lo stereo la riproduceva con un volume moderato. Lorenzo sapeva che quel brano era stata una tortura per l’amico. Avrebbe voluto togliere il cd e lanciarlo in autostrada sperando che una carovana di tir lo frantumassero. La canzone finì e iniziò nuovamente. Lorenzo si voltò a guardare l’amico ma ebbe una sorpresa. Non vi erano lacrime. Non c’era quella malinconia caratteristica dei silenzi che l’amico adottava per convincersi che ‘lui’ era stato scelto per vivere nella solitudine. Tommaso stava guardando la strada con un volto sereno. Gli occhi erano concentrati sull’andamento del traffico ma avevano quel qualcosa caratteristico di chi riesce a vedere il futuro in modo positivo. Era stata la scelta migliore, pensò Lorenzo. Era quella che avrebbe sistemato tutto. I problemi di cuore e di salute dell’amico. I problemi finanziari. Il rapporto con la moglie che era comunque ottimo ma corrotto dai problemi che Lorenzo si portava in casa. Anche se non ne parlava sapeva che il suo silenzio raccontava più di quanto volesse. Aveva una moglie che lo capiva e che sentiva quel che gli stava accadendo. Tommaso era lì. L’amico di sempre era lì che sorrideva con lo sguardo. Che sembrava più sereno. L’amico che non schiacciava più l’acceleratore e che sembrava godersi gli istanti prima della conclusione di quello che doveva essere solo un semplice esame. Ed ecco che il mondo si affaccia al mio silenzio. >> iniziò Tommaso << Guarda e ascolta senza parlare. Io sono nel << 66 mondo e il mondo percepisce la mia presenza. Come un’entità unica vivo tra la folla e condivido gioie e dolori. Le mie lacrime nutrono il pianeta che mi ripaga con un raccolto abbondate. Ecco che mi ritrovo a non essere più un semplice ingombro. Ora sono un nome riportato nel grande libro della storia. Sono parte della storia. >> Quelle erano le parole che aveva detto dopo aver letto i romanzi di Asimov. Le aveva scritte alla nascita dei figli di Lorenzo sul bigliettino che accompagnava il suo regalo. Lorenzo non volle dire nulla. Quello spirito ritrovato era quello che giocava a pallone con lui. Era quello con il quale aveva condiviso paure e speranze. Era finalmente il compagno di battaglia al quale affidi la vita e con il quale fai baldoria. Le donne non capiranno mai. >> disse Tommaso cercando di fare conversazione. << Non comprenderanno mai lo spirito di unione che hanno gli uomini. Per noi essere amici significa qualcosa. Supera la semplice uscita per andare a comprare un vestito. Per noi essere amici significa divertimento, condivisione. L’unica invidia è quella del pene. Se ci pensi bene siamo migliori rispetto alle donne. Per loro l’amicizia è qualcosa che ha solo due aspetti. O c’è il chiacchiericcio tra femmine o c’è il volerle portare a letto da parte degli uomini. Forse gli manca l’invidia della vagina. << Leggendo i fumetti ho visto che i giapponesi hanno provato a dare alle donne l’invidia del seno. Una cosa impossibile. Una terza è eccitante quanto una seconda o una prima. Non sanno che è la somma estetica che fa il totale. A noi piace grosso o piccolo basta che stia sul petto di una che ha bello il volto, i capelli, il sedere, la pussy, e lo sai, anche l’anima. Ci sono certe donne che manderebbero il diavolo in chiesa a chiedere perdono per aver pensato di essere il solo ad avere il predominio del male. >> << Lorenzo ne ebbe a sufficienza 67 << Dimmi quello che hai da dire senza giri di parole. >> Ho visto quelle rughe in due sole occasioni. La prima era il giorno nel quale litigasti con la tua Giada per via del nome del tuo primogenito. La seconda è quando hai litigato con lei pervia di tua madre. Ed ora hai nuovamente quelle rughe. >> << Sono rughe di vecchiaia non di pensieri. >> disse Lorenzo sperando di far cessare quella discussione. << Tommaso sapeva che doveva insistere. Avevano sempre fatto così. Si conoscevano e sapevano come interagire tra loro. << Giada ti ha minacciato? >> << No! >> << Ha già chiesto il divorzio? >> << Fottiti! >> Allora? Dimmi cosa è successo. So bene che l’hai chiamata per avvertirla del cambiamento dei piani. So anche che ti ha stritolato le palle quando ha saputo che dovevi venire con me. So anche che … >> << Hai messo delle micro spie in casa mia? >> disse Lorenzo con tono alterato << Non voglio metterti nei guai. Posso uscire alla prossima e lasciarti alla prima stazione dei treni. Vado da solo. Sai che è una cosa che devo fare. Posso anche farla da solo. >> << Lorenzo rimase in silenzio. Passarono diversi minuti e i due non dissero nulla. Tommaso prese la corsia lenta. Avrebbe preso il primo casello e abbandonato l’amico senza ulteriori commenti. Era capace di queste follie. Un giorno di anni prima, si recarono insieme ad un pub dove c’erano dei telefoni con i quali potevi chiamare un altro tavolo e parlare con chi desideravi. Tommaso aveva acconsentito ad andare con l’auto dei 68 genitori. Al pub si ritrovarono a ricevere molte chiamate ma nessuna indirizzata a loro era per lui. I compagni di viaggio erano Lorenzo ed Emanuele. Entrambi ‘conquistarono’ una persona di sesso femminile al tavolo 5 mentre loro erano al 16. A quel tavolo vi erano quattro ragazze e tutte evitavano Tommaso come un malato di AIDS evita una semplice influenza. Le ragazze salirono in macchina con loro. Parlavano e facevano le ‘civette’ con Lorenzo ed Emanuele ignorando il guidatore. Passarono venti minuti e si ritrovarono in zona piramide a Roma. Tommaso tirò il freno a mano e l’auto scivolò per qualche metro. Aprì lo sportello e semplicemente disse << Scendete! >> Il comando era riferito alle ragazze ma Lorenzo ed Emanuele scesero con loro per non lasciarle sole. Tommaso salì in auto, dopo aver richiuso gli sportelli e disse << Voi che fate? >> Gli amici indicarono le ragazze. Sorrisero e si avviarono con loro dalla parte opposta. Ciò non indebolì l’amicizia tra i ragazzi poiché loro sapevano tacitamente cosa era accaduto. Anche in quell’occasione Tommaso avrebbe sicuramente lasciato l’amico al primo posto che capitava, anche se non lì dove si trovasse poiché era in autostrada. Sapevano entrambi che se Lorenzo non avesse detto ciò che stava accadendo avrebbe sicuramente dovuto arrangiarsi con un taxi o i mezzi pubblici. 69 Giada La farmacia era vuota. Il titolare sapeva che la ragazza chiamava dal telefono fisso solo se era veramente importante. Era sempre precisa sul lavoro. Con il sorriso, anche quando aveva problemi, e capace di dare suggerimenti, cosa preziosa per il modo con il quale gestiva la farmacia. Giada non badò a lui. Era nel retro e continuava a guardare il display del cordless nella speranza di uno squillo da Lorenzo. La luce verde della ricarica lampeggiava ritmicamente come se la vita fosse tutta lì. Giada non lasciò trasparire pensieri e parole. Voleva solamente riuscire a tirar le somme e a decidere cosa fosse meglio fare. Il pensiero andò ai figli ma non evocò una gioia tale da eliminare quella sensazione di vuoto provocata dal marito. “Gli uomini …” pensava “sono capaci di corrompere tutto. Lory poteva dirmi di sì. Cosa gli costava? Doveva proprio assecondare lui e non me? Che fine ha fatto la promessa di condivisione?” Prese una gomma dalla borsetta e iniziò a masticarla nervosamente. Avrebbe preferito andar via. Scappare a casa. Voleva abbracciare i figli e piangere ma era sicura che il meglio per loro era la sua stabilità. Lorenzo l’aveva spesso lasciata sull’albero di mezza prima dell’arrivo di una tempesta. “È una caratteristica del mio sposo o di tutti gli uomini?” 70 Era questa la domanda che si poneva mentre tornava dietro al bancone. Lorenzo non era un tipo che parlava molto. Era dolce ed era un padre ottimo. Sapeva dire parole dolci e sapeva anche darle le attenzioni di cui necessitava ma era svanito quel corteggiamento avuto nei primi mesi. Sembrava come se fosse tutto ormai palese. Un gesto improvviso, una cena fuori, sussurri, lettere, parole e poesie inventate per conquistarla. Come se il dvd del corteggiamento fosse finito ed era stato sostituito dal dvd della routine. Giada sapeva con non poteva pretendere molto, anche peri problemi finanziari e le difficoltà lavorative del marito. Lo stress per un affare non andato in porto, per un pagamento in ritardo o neanche effettuato, era sempre nell’aria e lei, come una pianta, si era abituata a quell’ambiente progressivamente inquinato. Prima vi erano molti baci, carezze, coccole. Sorprese sotto le lenzuola. Film strappalacrime o quella pizza sotto le coperte con lui che la accarezzava. Poi i figli che avevano assorbito il loro tempo ma sembrò che non furono capaci di consolidare il rapporto. Anzi. Lei si ritrovò a valutare se fosse stato un bene per loro. Amava i figli. Ovvio. Quel che non capiva era il motivo di quei lunghi silenzi. Quelle cene con quattro chiacchiere dove si parlava di cose frivole. Quel letto nel quale si sprofondavano dopo aver visto la televisione. Lei non rammentava il momento in cui tutto ebbe a cambiare. L’ultima carezza quando l’aveva ricevuta senza che fosse il suo compleanno o quello dei figli? L’ultimo bacio per svegliarla e fare l’amore quando era stato? L’ultima volta nella quale si erano messi faccia a faccia per parlare del futuro? Quale era il colore degli occhi del marito? 71 Certo il sesso era ancora presente, anche se sporadicamente. C’era ancora qualche attenzione come spostare le coperte per coprirla. Però temeva che quei gesti erano una sorta di assicurazione per il suo egoismo. Un raffreddore della donna che portava i soldi in casa avrebbe provocato solo problemi. E lei aveva fatto di tutto per nascondere la tallonite, il dolore ai surreni o anche solo la pelle secca che dava fastidio ma per la quale non aveva tempo da dedicare. E poi quelle serate che dovevano essere solo per loro e invece c’era sempre un ospite che lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo, invitava senza avvertirla. Giada guardò l’ingresso della farmacia. Le coppie che passavano davanti alla porta scorrevole erano mano nella mano. Quando loro avevano lasciato la presa? Era stata lei a lasciare la presa o lui? Forse era colpa del fatto che lei guadagnava e lui no. O forse era che non si prendeva più cura del suo aspetto e si era lasciata andare. L’amore era finito? Sapeva che doveva prendersi i suoi tempi per capire cosa fare e come mantenere quel rapporto in piedi. Sapeva che non doveva mettere Lorenzo in bilico tra lei e l’amico. Probabilmente avrebbe scelto lei ma ciò avrebbe segnato per sempre il loro rapporto. La farmacia riprese vitae lei servì la clientela senza quel classico entusiasmo che leniva i pensieri dei malati. 72 Ancora Italia << Orgoglio! >> << Cosa. >> << L’uomo agisce per orgoglio. Mentre le donne per… per… << Agiscono << >> >> per consapevolezza? >> Se vabbè! Tu le difendi perché hai appena litigato con lei. << Ho detto che non voglio parlarne. >> Ti sto dando l’occasione per non rimanere in mezzo al nulla e continuare il viaggio con me. >> << Tom. Sai bene come la pensa Giada. Perché non la smetti? Se ti dico anche una sola virgola ecco che … >> << Lo so ma tra noi non c’è mai stato un segreto. Abbiamo condiviso tanto. Ti rammenti delle volte che siamo andati a bere quando non ne potevi di lei? Ti rammenti delle volte che tua madre ti voleva incastrare ed io ti ho salvato? Ti rammenti … >> << Si! Tu rammenta che amo Giada. Non farò mai uno sbaglio come il dirti qualcosa. >> << << Guarda che già hai commesso un errore, secondo lei. >> Tommaso accostò per guardare nuovamente la mappa. Voleva arrivare spedito ma al tempo stesso stava concedendo tempo all’amico per decidere. Lorenzo invece voleva far quadrare tutto. Voleva riuscire a tenere insieme l’amicizia e il matrimonio. Voleva che l’amico capisse quanto stesse facendo per lui e che ciò fosse sufficientemente abbondante per ripagare la sua curiosità. Sulla mappa la strada era stata evidenziata dalla penna blue. Tommaso mise un dito sopra e già immaginava di fare quelle curve e di arrivare in giornata a superare l’Italia. 73 Lorenzo disse Non facciamo più sesso. >> e non attendendo la reazione dell’amico << Non più come prima. Sembra sempre difficile far quadrare le cose. >> << << La desideri ancora? >> Certo. Ma non come prima. All’inizio il suo corpo mi mandava in estasi. Poi … poi ho fatto fatica a sollevarlo. >> disse mimando con il braccio << Ora però mi sembra che … non saprei dire. >> << << Viagra? >> << Fanculo. Lo vedi perché non ti dico nulla? >> Tommaso proseguì per fermarsi in una zona di sosta, invece di rimanere nella corsia di emergenza. Spense il motore e guardò Lorenzo con la serietà che non aveva mai avuto prima. Lorenzo sentiva che stava tradendo la moglie ma non ne poteva più di dover affrontare tutto da solo. Si sfogò senza pensare a quello che stava dicendo né tantomeno se il discorso stesse ancora seguendo un filo logico. Era così bella. Lo è ancora. Ma tra i bambini e il lavoro sembra che io non abbia più energie. Mi sento attratto da lei. Eppure non ho un’erezione come nel passato. Stando a letto con lei sogno di baciarla ma poi ho paura che lei voglia far l’amore con me. Cosa gli posso dire? Ho il mal di testa? Posso dire che sono stanco una o due volte ma non tutte le volte. Ho smesso di baciarla. Ho smesso di coccolarla. Ho smesso di prestarle attenzione per paura che lei la prestasse a me. << Mi sento impotente. Non come pensi tu. Mi sento come se non avessi nessuna possibilità per cambiare questa condizione. Ti ricordi l’anno scorso? Sono stato al mare e ho iniziato la corsa mattutina per una decina di giorni. Alle cinque mi alzavo e poi mi mettevo a correre. Con me c’erano giovani ragazze. Seno prosperoso con i capezzoli che mi puntavano dietro quelle magliette bianche senza reggiseno. << 74 Alle volte vedevo alcune a petto nudo sdraiate di prima mattina. Mi eccitavano. Mi eccitavano e volevo appartarmi con loro. Sbatterle in qualche buco per poi andar orgoglioso delle mie doti amatoriali. Una sveltina la mattinami avrebbe tolto da quell’imbarazzo. Tornavo indietro e la vedevo lì, sdraiata. Pancia in giù con quel costume che non riusciva a coprirla. Intravvedevo i capezzoli e i peli. Quanto mi piace il pelo. Ma poi … sulla porta mi fermavo. Rimanevo a guardarla e mi bloccavo. Temevo che avrei fatto sesso con lei mentre ero eccitato per altre. Come un tradimento. Come se avessi usato lei peri miei scopi personali. << A quel punto mi girai e andai nella stanza dei miei figli. Li osservavo pensando che avrei dovuto provarci almeno perl oro. Ma anche questo mi bloccava. Fare l’amore a comando o per ragioni diverse dal desiderio mi sembrava inopportuno. Andai anche dove c’erano le mignotte. Eppure non ho potuto starci con loro. Non avrei più potuto guardarla. Mi sento come se … >> << Tommaso alzò la mano e disse Io non posso capirti. So bene che ami Giada e so quanto Giada ti ami. Dovete risolvere i vostri problemi parlando. Portami i bambini e prenditi una settimana, dieci giorni o quanto vuoi. Provaci. Non mollare. Mi hai visto? Sono qui perché ho mollato. Ho ceduto alla tentazione di fare il superiore. Eppure sono qui. Mi trovo sulla strada che mi condurrà a lei. Amico mio … Ciò che ti chiedo è prenditi una pausa da te stesso. >> << Lorenzo non disse altro. Guardò fuori cercando un punto ove fissare lo sguardo su quei terreni a lui sconosciuti. Il cielo era libero da nubi. Un lieve vento smuovevai rami lungo l’autostrada. La mappa era aperta sulle sue gambe e in parte su quelle di Tommaso. Si domandò se fosse tutto normale. Se quella fosse stata una scelta che non avrebbe maledetto. Guardò infine Tommaso e disse 75 << L’uomo agisce per istinto. La donna agisce per amore. >> 76 Italia alle spalle L’automobile superò il confine e Tommaso accostò per avere il cambio alla guida. A quell’andatura sarebbero arrivati forse dopo tre giorni. Ma per Tommaso era meglio. Poteva riflettere sugli scenari e sulle varie opzioni. Cosa avrebbe fatto se l’avesse vista nelle braccia di un altro. Cosa avrebbe fatto e detto se lei avesse confessato il suo eterno amore per lui. Cosa se non l’avesse incontrata. Cosa se ci fosse stata un’altra guerra nucleare. Avrebbe combattuto per arrivare a lei e per dirle che l’amava. Lo sapeva. Lo sentiva. Era lei la donna con la quale attraversare le difficoltà della vita. Ovviamente avrebbe scelto anche di vivere da solo. Era abituato a quel pensiero. Sapeva che non poteva attrarre nessuna donna. Nei sogni gli incontri avvenivano specialmente con Irina ma anche con Valeria e tutti avvenivano per un caso. Lui incontrava una delle due. Le seduceva con un gesto romantico. Le portava in spiaggia durante la schiusa delle uova delle tartarughe marine. Le affascinava con la bellezza che il creato aveva. Faceva da guida nel cosmo mentre lei, una delle due, iniziava ad amarlo perdutamente. Tuttavia amavano lui come specchio del creato e non lui perle sue qualità. Amavano specchiarsi in lui e non vedere quel che poteva proporre loro. Odiava il suo aspetto e il suo volto. Non era tanto il sovrappeso. Gli era impossibile trovare bellezza nel suo volto. Gli appariva come quello di un criminale. Odiava quel volto come odiava ogni sua imperfezione. Le difficoltà per superare l’ansia. Le difficoltà per arrivare alla laurea. Il lavoro. Il suo carattere spigoloso. La continua voglia dell’attrice e artista che adorava e che desiderava con tutte le particelle del suo corpo. Eppure Irina era stata la prima e l’unica. Era stata lei il suo 77 primo rapporto. Era stata l’unica a dire “Ti amo” e a baciarlo. Aveva cambiato il suo modo di vivere il mondo. Lo aveva catapultato in una realtà nuova. Aveva tolto la colonna sonora dei film e aveva consegnato la penna del suo destino nelle sue mani. L’aveva fatto crescere in poco tempo. Entrambi erano cambiati ma Tommaso poteva notare solo quanto lei aveva pesato in quello che ora era. Eppure c’era sempre stata qualche difficoltà tra loro. Lei sembrava volerlo allontanare. Aveva molti problemi in casa e aveva una figlia da crescere. Tommaso era ancora un fanciullo dentro e lei lo aveva intuito. Temeva che il suo fosse solo un altro errore. Come l’ex marito che aveva amato ma che era vissuto sulle sue spalle. Irina sapeva bene che gli uomini sanno far del male in molti modi. Colpiscono basso. Inconsapevolmente sanno entrare nella psiche e distruggerla. Sapeva che Tommaso avrebbe dovuto cambiare sé stesso. Eppure si tuffò in quella storia per le attenzioni che riceveva. Sentiva la sua presenza anche con un semplice messaggio. Sentiva di potersi abbandonare nelle sue braccia. Non le importava di dover mandare avanti la famiglia da sola. Sapeva che Tommaso avrebbe amato lei e la figlia. Eppure non bastava. Doveva cambiare. Doveva maturare. Doveva superare le sue crisi, la sua vita e il suo modo di vedere il mondo. Tommaso invece sentiva che lei sfuggiva ma non capiva il perché. Cambiò stile di vita, modo di agire e anche il modo di vedere gli altri. Fu lei a mostrargli la differenza tra amico e sfruttatore. Sempre lei ebbe la pazienza di accarezzarlo mentre la sua ansia stava prendendo il possesso del suo destino. Tanto doveva ad Irina. Si conosceva grazie a lei. Sapeva che avrebbe fatto l’amore anche con altre donne se avesse potuto. Eppure l’eccitazione arrivava solo con lei e 78 con il suo idolo. Guardando l’una o l’altra sentiva una voglia irrefrenabile tale da consentirgli di tirare un aratro da solo per centinaia di chilometri. Sentiva il suo corpo in subbuglio. Le desiderava. Voleva entrambe ma in modo diverso. Eppure non sentiva di capire quale fosse la differenza. Erano diverse fisicamente. Il seno, la statura, il modo di guardare il mondo, il modo di sorridere. Tutto era diverso eppure per lui era tutto meravigliosamente sublime. Avrebbe ben volentieri vissuto in un harem con entrambe. Spesso si domandava cosa fosse l’amore. Sapeva che era solo una parola. Il vero amore, per lui, era nei gesti, nelle intenzioni, nel rispetto, nella verità e nella dedizione. Era donarsi senza sentirsi in credito. Era soffrire se lei era triste o aveva litigato con la figlia. Era l’empatia unica tra due anime che sollevate nel cielo riuscivano ad orientarsi poiché viaggiavano vicine. Tommaso chinò il capo sul finestrino e si addormentò. Lorenzo guidava sempre in modo calmo. La macchina procedeva fluida su quelle strade sconosciute. Sembrò tutto perfetto e normale quando Tommaso si svegliò di colpo. Prese quel cellulare. Lesse ed urlò. Lorenzo spaventato accostò il mezzo sul ciglio della strada. Tommaso continuò ad urlare. Scese dal mezzo. Si avviò di qualche passo davanti al velivolo e si chinò. Non riusciva a respirare. Iniziò adire a sé stesso “Non è un infarto. Non stai per morire. Respira. Dai! Puoi riuscire a superarla. Non devi andare in bagno. Nessuno ti giudica. Respira. Puoi farcela. Sei più forte. Lei ti aspetta. Respira. Puoi farcela. Sei forte. Respira. Dai! Cazzo! R-E-S- P” Lorenzo riuscì in tempo ad uscire e ad evitare che l’amico cadesse di faccia sull’asfalto. Con sangue freddo prese l’amico tra le braccia. Lo distese sul sedile posteriore, mentre le auto rallentavano per vedere meglio cosa stesse accadendo. Entrò e prese due profondi respiri. Provò a 79 svegliare l’amico ma nulla. L’automobile si avviò e i limiti di velocità, i cartelli e le strisce divennero optional. 80 Dove sono? Il colore bianco e quell’odore avevano dato gli indizi su dove si trovassero ora. Tommaso era sdraiato su un lettino. Le scarpe non erano ai suoi piedi mentre i vestiti erano ancora quelli del giorno prima. Si guardò intorno e si domandò “Dove sono? Che giorno è?” Lorenzo era ai piedi del letto. Dormiva. Tommaso fece fatica a mettersi seduto. Tutti i muscoli erano indolenziti. Provò a svegliare Lorenzo spostando la sua testa con il piede. L’amico si mosse leggermente ma rimase con la testa appoggiata sul materasso. Tommaso si alzò. Voleva trovare qualcuno e chiedergli lumi. Capì che fuori era buio e questo lo agitò. Uscendo incontrò una signora anziana che camminava lentamente lungo il corridoio. Le luci al neon la rendevano ancor più in là con l’età. << Scusi dove siamo? >> Domandò con voce bassa per non svegliare altre persone. Aveva il corpo che sembrava avesse affrontato tutte le prove delle olimpiadi in una giornata sola. L’anziana si voltò e socchiuse gli occhi per tentare di focalizzare l’immagine. Vide quell’uomo sulla porta della stanza e il suo volto bianco con le occhiaie. Prese coraggio e disse << In ospedale. Reparto psichiatrico. >> Tommaso ebbe la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di uno scherzo. Cercò in giro qualche altro volto ma l’anziana donna era l’unica ad essere sveglia. << Che ore sono? >> << Le due e mezza di notte. << In che giorno siamo? >> >> 81 L’anziana rimase in silenzio. Era un reparto dove arrivavano pazienti di ogni tipo. Gente che urlava o che aveva la bava alla bocca. Gente che aveva preso psicofarmaci tutti insieme o che non smetteva di tremare e di dire cose senza senso. Quel silenzio prolungato provocò altro disagio in Tommaso che però sembrava avesse tutto sotto controllo. Dentro di sé il mare era placido. Gli uccellini cinguettavano e il sole tramontava arricchendo la volta celeste con colori unici. Dentro aveva quella calma che non aveva mai provato. Avrebbe dovuto spaventarsi per quello stato. Non rammentava neanche l’ultima volta che ebbe modo di sentirsi in pace con sé stesso. Eppure era lì, in attesa di una risposta da una donna anziana che non conosceva. Voleva sapere come fosse finito in quel posto e dovesi trovava esattamente. La signora si voltò e riprese a camminare. Tommaso rimase intontito. Sentì una mano sulla sua spalla e vide il volto pallido di Lorenzo. << Ehi! << Ehi! Cos’è successo? >> >> << Hai avuto un collasso. La tua pressione era alle stelle e … i medici hanno detto che hai spento il cervello. >> Tommaso si piegò sulle gambe. Respirava bene. Aveva il corpo sotto controllo. Non sudava e riusciva a ragionare lucidamente. Analizzò tutte le parole e tentò di arrivare da solo a comprendere cosa fosse accaduto. Cosa era cambiato e perché. Poi … Il telefono, quello speciale, aveva la batteria scarica. Tommaso lo prese dalla tasca che aveva sulle gambe all’altezza delle ginocchia. Tentò ti accenderlo ma fu inutile. Lì poteva trovare ciò che cercava. Il motivo per il quale ora stava decisamente meglio. Ciò che era responsabile di quel cambiamento radicale. Sentiva che doveva essere importante ma non ricordava. Era il loro cellulare, quello che usava per 82 comunicare con lei. Lì vi era qualche informazione che doveva assolutamente conoscere prima di subito. Guardò Lorenzo che capì senza necessità di parole. Sparendo nella tromba delle scale Lorenzo si precipitò all’ingresso dove aveva lasciato l’automobile. Lì poteva trovare le loro borse e sicuramente il caricatore del cellulare. Un modello vecchio quindi un caricatore differente da altri che portavano con loro. Arrivò all’automobile dopo cinque minuti e con il suo smartphone illuminò la portiera e il telecomando per aprirla. Due lampeggi rapidi. Iniziò a spostare le sue borse e ad aprire quelle dell’amico. Si sentiva strano, sporco. Non voleva vedere cosa avesse con sé. Però doveva trovare quel carica batterie. Era importante. Lo aveva capito. Alcuni minuti dopo si ritrovò a guardare il volto di Tommaso mentre il led verde lampeggiava. Ci voleva del tempo per la ricarica. Lorenzo ne approfittò per aggiornare Tommaso della situazione. Gli disse dell’inversione di marcia per portarlo in Italia. Gli disse che aveva avvisato la madre. Passò un’ora e alla fine la spia rimase accesa. Lorenzo continuò a parlare di quello che era accaduto. Del panico che gli era entrato in corpo temendo per l’amico. Della telefonata alla moglie per avvertirla di quell’incidente. Della conversazione con i medici. Tommaso ascoltò la storia senza dire nulla. Staccò la spina e prese le scarpe dicendo << Grazie. Ora andiamo. >> << Devi ancora fare i controlli. Devi anche mangiare. << No! È tardi. Dobbiamo andare. >> e si avviò verso l’uscita. >> Lorenzo rifletté sul quello che doveva fare e alla fine seguì semplicemente l’amico. Arrivati alla macchina si voltò e disse Se ti risenti male ti lascio lì senza pensarci due volte. Non posso farti da balia. Più di tutto non credo che … >> e non terminò il concetto. << 83 L’amico entrò senza dire nulla. Era concentrato su quello che stava per fare. Sapeva che qualcosa nell’amicizia s’era corrotta ma sapeva anche che avrebbe potuto sistemare una sola cosa alla volta. Prima veniva lei e se ne rese conto solo allora. Accese il cellulare mentre l’amico mise in moto. Ci volle qualche istante prima che il cellulare gli permettesse di avere accesso ai messaggi. Uscirono dal parcheggio dell’ospedale e si avviarono nuovamente verso la meta di Tommaso. Lorenzo era in un altro mondo. Guidava senza alcun segno di vita nell’animo. Aveva tutta l’intenzione di accostare e lasciare l’amico da solo ma anche di dargli un’altra possibilità. Di chiarirsi e di procedere per quella pazzia insieme, così come era stato nella vita sino ad allora. Tommaso sospirò quando vide il numero dei messaggi in memoria. Vide uno non letto e … 84 Nell’oblio ti troverò. Lorenzo non ebbe difficoltà a trovar parcheggio in quella sosta dedicata ai camionisti. Il ristorante era semivuoto e la gente non badava a loro. Con un inglese spartano riuscì ad ordinare bistecche e insalata per due. Un vinello della casa e un dolce del luogo. Sul cartello c’era Dragomer ed erano ancora in Slovenia. L’accoglienza era di quelle che ti facevano sentire a casa. La bistecca era ben cotta e l’insalata scondita, con i condimenti sul tavolo. Tommaso mangiava di gusto. Aveva gli occhi lucidi ma era sereno. Volto disteso e un ritrovato appetito. La minaccia di Lorenzo era la discussione sul tavolo Lo sai bene >> stava dicendo Tommaso << che non ho intenzione di mentire. Sto bene. Ho come liberato il mio mondo da quell’oblio che mi aveva posseduto sino a che non ho letto il messaggio. >> << << Cosa diceva? Come può un messaggio far ciò? >> Non lo so come ha potuto. >> evitò attentamente di rivelare il contenuto che gli aveva cambiato la vita. << Aveva una gioia interna che Lorenzo intuiva ma non riusciva a spiegarsi. Sentiva che qualcosa era cambiato nell’amico ma pensava che fosse uno di quei storici momenti dove Tommaso sembrava sereno. Come un seme che riposa su di un terreno fertile la sua ansia e il panico erano pronti a dar i frutti senza che qualcuno ne ravvisasse la presenza. Ho avuto la sensazione che qualcosa uscisse da me. Ricordo che stavo soffocando ma ricordo anche quella marea interna. Posso dirti che rammento la sensazione. Un bruciore. Poi il vuoto. Mi sono risvegliato in ospedale sentendomi leggero. Svuotato. Riposato e con le idee… anzi no! … con la mente lucida. Riesco a riflettere senza dover far attenzione ad altro, come avveniva in passato. << << Prima dovevo riflettere a cosa stesse accadendo al mio 85 corpo. Facevo attenzione alle sensazioni. Era come se dentro di me ci fosse un giudice di gara in attesa del vincitore all’arrivo. Mah! Forse non rende l’idea. Ero sempre in attesa che quella bestia del DAP facesse la sua comparsa. << Avrei voluto guardare sotto il letto e dentro gli armadi al fine di scoprire se realmente non vi fosse niente a minacciarmi. Speso ho dovuto fare degli sforzi eccessivi per mantenere il controllo. Controllavo la presenza dello xanax mettendo mano sulla custodia in attesa. >> Il racconto era noto ad entrambi. Tuttavia Tommaso riusciva ora a parlarne in modo distaccato. Serenità nel mostrare quelle catene che lo avevano reso schiavo e lo avevano rallentato. Lorenzo guardava l’amico sentendo che stava partecipando a qualcosa di nuovo. Poteva così consolidarsi quel rapporto fatto di storie tristi e gioiose oppure sarebbe stata la fine di una lunga convivenza. Tommaso finì la sua bistecca e iniziò l’insalata. La gente distrattamente li guardava. Il locare era in legno e gli odori della cucina alimentavano la fame degli ospiti. Le cameriere andavano tra i tavoli correndo senza fermarsi. Lorenzo decise di pagare subito e di lasciare anche la mancia. Erano abituati a lasciare la mancia specialmente se erano serviti da donne. Tommaso vide il piattino con la ricevuta e i soldi. Prese in mano la ricevuta e la mise nel portafoglio. Era un ricordo di quel nuovo album che stava riempiendo. Lorenzo andò alla toilette prima di seguitare a guidare. Dentro un paio di camionisti stavano parlando in una lingua a lui sconosciuta. Tommaso si avviò verso l’uscita ma poi si voltò. Andò verso la cameriera che li aveva serviti e allungò la mano dicendo << Grazie. >> Lei capì e strinse la mano rispondendo in italiano. Tommaso non badò alla risposta e si avviò nuova mente verso la porta e quindi verso il parcheggio. 86 Salì in macchina e accese il suo cellulare di lavoro. Mise questo in roaming e si domandò quanto potesse parlare con il credito che aveva. << Mamma? >> << Stai bene? >> Si ma’! Sto bene. Sto in viaggio perla Romania. Le vado a prendere. >> << << Stai attento. >> << Ciao ma’. Ti voglio bene. >> Tommaso salì in auto nel posto di guida. Accese il loro cellulare e rilesse il messaggio. Non pianse come aveva fatto prima. Questa volta il sorriso si allargò al punto che anche quelle nuvole bianche sembravano qualcosa di meraviglioso. Si guardò intorno. Attese Lorenzo con la testa appoggiata sul volante. Abbassò i finestrini per far cambiare l’aria all’abitacolo. Si tolse anche le scarpe per massaggiarsi i piedi. Lorenzo salì quando aveva già rimesso le scarpe al loro posto. Sedendosi al lato passeggeri disse << Te la senti di guidare? >> Certamente. Sto bene. Non temere. Non mi accadrà nulla. Ora sono tornato … normale. Come quando ero piccolo e non avevo ancora vissuto la prima crisi. Allora neanche ci conoscevamo. >> << Lorenzo guardò l’amico e perla prima volta si domandò come era da bambino. Forse non sarebbero stati amici. Forse avrebbero litigato per il pallone o per altro. Tommaso mise in modo e da subito il mondo capì che lui non era più quello di prima. Guidava piano e seguiva i segnali. I suoi occhi seguivano le linee disegnate dall’uomo. Non si distraeva con il paesaggio o non guardava altro. Era un’altra persona e si sentiva così. Sentiva di essere 87 capace di vivere serenamente. Aveva in mente lei, il messaggio e ciò che il loro futuro poteva riservargli. Lorenzo non diceva nulla. Sentiva la presenza dell’amico come di un corpo estraneo. Chiamò a casa. Amore. Si! Stiamo bene. Continuiamo. … Cosa? … Si! Guida lui. … No! Non temere. Tutto bene. >> << Tommaso no badò all’amico. L’automobile si mise in coda e seguì la strada che conduceva alla prossima sosta. Un’altra nazione e poi la Romania. Lorenzo iniziò Allora chiariamoci. Ho deciso di seguirti per la nostra amicizia. Ho litigato con Giada e tu … tu sei fuori di testa. Sei stato in ospedale e non hai voluto farti controllare come si deve. Se ti senti male io ti lascio dove sei senza più aiutarti. Ti ho chiesto di rimanere in ospedale per farti visitare. Vuoi sempre fare di testa tua. Ti ho assecondato ma … >> << Tommaso lo zittì Ti chiedo scusa. Ora sto veramente bene. Te l’ho detto. Mi sono liberato di un peso. Devo tutto a lei. >> << << Anche la tua disperazione. >> Anche. Però mi sono ritrovato. Vivevo in un tunnel. Vivevo sotto nelle profondità oscure dell’oceano dove la luce non riesce a penetrare. Orami trovo sulla battigia a guardare la risacca. Vedo le barchette con le loro vele che si stagliano all’orizzonte. Ora sento me stesso in armonia con la natura. Sono felicemente vivo. >> << << Ti sei ritrovato? >> No! È lei che mi ha ritrovato. Lei mi ha segnato la via. Ha acceso le luci al fine di farmi atterrare sulla pista giusta. Ha indirizzato il faro. Senza di lei ero nell’oblio. Senza di lei non vivevo, sopravvivevo. Ora sono me stesso e lo devo solo a lei. >> << << Cosa c’era scritto nel messaggio? >> 88 << Non posso. Ti dirò solo che nel messaggio ho trovato lei. 89 >> Irina ora Il telefono non dava segnali da troppo tempo. Lei si domandava perché lui non le rispondesse. Cosa era accaduto? Forse stava male. Forse un incidente. Cosa poteva saperne lei. Aveva inviato quel messaggio da troppo tempo e sperava in cuor suo che lui avesse capito. Sentiva che doveva chiamarlo ma non aveva un attimo di respiro. Il negozio iniziava ad andar bene ma ancora non riusciva a portare a casa quel tanto che bastava per avere una famiglia. C’erano le clienti abituali e qualcuna che entrava promettendo che avrebbe reso periodica le sue visite. Ma lei lo sapeva. Sparivano. Il telefono era in carica vicino allo specchio. Sempre acceso e spesso lo guardava per vedere se c’era quella busta che indicava la presenza di un messaggio. Correva veloce quando ne appariva una, ma era l’operatore che l’avvertiva in riferimento al credito. Era tentata di inviare un altro messaggio o di chiamare ma non poteva poiché il messaggio lasciato era inequivocabile. Lui doveva risponderle. Era lui che doveva metter fine a quel delirio. Le clienti si erano abituate al suo umore. Continuava ad essere professionale servendole come al solito ma non aveva più quel sorriso che in qualche modo faceva effetto anche a loro. La figlia non nominò più quel nome. All’inizio aveva sperato che la madre riuscisse a trovare il coraggio di rompere quelle regole non scritte. Voleva che lo chiamasse anche perché temeva due cose. La prima, forse la più importante per lei, era il non poter più adoperarlo come discorso per cambiare argomento, quando era in una situazione a lei scomoda. La seconda erano i regali che Tommaso le aveva fatto per i 90 compleanni e per ogni festa. Aveva anche ricevuto regali per il solo fatto di esser stata promossa. Un giorno tornò a casa e vide la madre nervosa. Aveva il timore di indagare ma non poteva far finta di niente a lungo. Prese il coraggio e le domandò << Mami? Cosa hai? >> Lei non rispose. Guardò la figlia e mosse la testa per dire “no”. La bambina continuò a fissarla con i suoi occhi nocciola e i capelli lunghi che le scendevano sulla schiena. La madre sparì per qualche minuto nella sua stanza. Tornò di nuovo in soggiorno e le diede un pacco postale. Sopra il nome della bambina e il nome di Tommaso. La bambina guardò stordita. Aprì il pacco e dentro ve ne era un altro mal fatto. Un bigliettino, tradotto poi dalla madre, diceva “Scusa ma non sono bravo in queste cose.” All’interno un tablet ultimo modello. Lei lo prese e i suoi occhi si allargarono come in una stanza semioscura. La madre vide il sorriso della figlia e subito disse, continuando a leggere la lettera Lo ha fatto perché vuole che tu prenda il massimo in tutte le materie. >> << La bambina non stava neanche sentendo. Prese il tablet e iniziò a leggere le istruzioni. Lo mise sotto carica e già immaginò il volto delle amiche mentre lei lo usava. Subito la madre disse Non ci pensare neanche. Questo resta in casa. Lo userai per studiare. Compriamo i libri online e li metti qui. Ti aiuteranno. Se vedo che lo porti fuori come un giocattolo ti assicuro che non lo vedrai mai più. >> << Quella minaccia era reale. Ci fu una discussione tra Tommaso ed Irina. Lui voleva che la bambina fosse felice perché sosteneva che Se lei è felice di sicuro lo sarai anche tu. So bene che l’ami e quindi i l suo sorriso diverrà nutrimento per il tuo. >> << 91 Aveva ragione. Irina fu contenta di vedere la figlia felice per tutta la settimana. Sapeva anche che il desiderio della figlia era quello di portare a scuola quel regalo. Sapeva che Tommaso aveva dovuto rinunciare a qualcosa per farle quel pensiero ed odiava dover litigare con la figlia per lo schermo rotto o per qualche graffio se non perché qualcuno lo aveva rubato. La bambina, ormai signorina, voleva che le cose tornassero come un tempo. Con i doni che apparivano senza un perché. Con i regali nei giorni attesi. Con i pranzi che Tommaso regalò ad entrambe e le follie della madre. Irina l’aveva portata al ristorante quando quell’uomo dall’Italia gli mandò dei soldi. Nel messaggio indicò la condizione che quelli dovevano essere consumati per una cena tra lei e la figlia. La madre la portò in un bel ristorante di Piatra Neamț e fece mettere un piatto anche per un posto vuoto. << Chi aspettiamo? >> chiese Anna << Nessuno. Lui non può essere qui, però per noi lui è qui! >> Anche il cameriere trovò strana quella cosa. La serata si svolse tranquilla e loro parlarono a lungo e spesso Irina evitava di soffermarsi sull’argomento Tommaso. Sembrava che volesse tenersi quell’argomento per sé. Era consapevole di dover coinvolgere la figlia, anche perché lei avrebbe subito le decisioni della madre. Però era gelosa e non voleva che quel nome uscisse dalla sua bocca, come per paura di perderlo. Anna prese il pettine e iniziò a passarlo tra i suoi capelli. Le clienti la guardavano sempre con molta tenerezza e anche un pizzico di invidia. Loro erano costrette a farsi mettere prodotti per colorare i capelli, a far nutrire la cute e a fare dei tagli che nascondessero quelle imperfezioni che l’età porta con sé. Anna era l’esatta pubblicità di un negozio di parrucchiera che compie miracoli. 92 La madre non badava alla figlia. Aveva i suoi pensieri e stava cercando di accontentare una donna che voleva un taglio alla Audrey Hepburn, pur non avendo il volto adatto. Aveva fatto tagli di ogni specie e genere. Molte delle signore volevano i tagli delle riviste e in poche chiedevano qualcosa di così rétro. La signora si godeva la sua lenta trasformazione. Aveva, come altre, rinunciato a chiedere notizie dell’infelicità della donna che le stava sistemando i capelli. Qualcuna venne presa a male parole quando propose di farla incontrare con il figlio o il nipote. Irina mostrava l’anello che aveva ricevuto per la proposta. Le donne lo guardavano e nei loro volti c’era scritta la disapprovazione per un gioiello che non aveva un gran valore economico. Però Irina disse a Tommaso che quello sul quale avrebbero speso dei denari era la fede. Aveva ricevuto una parure per il suo compleanno. Poi altri regali ma sempre di meno. Tommaso le aveva detto che stava subendo la crisi e che aveva mille difficoltà. Le scrisse dei corsi che per fortuna superava al primo corso. Le scrisse di quelle opportunità che non si avverarono, sogni infranti di un sognatore. Le scrisse e le disse quanto sperava in un cambiamento con lo studio, con alcune strategie che però non gli diedero modo di avere la stabilità. Lei gli diceva spesso << Sarò io a farti venire qui. Non ti preoccupare. >> Ma sapeva che Tommaso era orgoglioso e che in Italia aveva una rete di amicizie e conoscenze tali da poter almeno avere qualche opportunità. In Romania avrebbe dovuto iniziare tutto da zero. Imparare una lingua e gli usi e costumi. Studiare le leggi. Trovare un lavoro e tenerselo. 93 Quello era un problema. Tommaso aveva lavorato anche nell’industria e alle dipendenze ma era uno spirito libero e lei lo sapeva. Lo amava anche per quello. Amava di lui molte cose e al tempo stesso odiava quei suoi scatti di stupidità. Sapeva che c’era la distanza a far da destabilizzante. Sapeva che i problemi in Italia non erano passati. Sapeva che la carenza di sesso e le incomprensioni avrebbero creato una frattura che il tempo avrebbe risanato. Eppure non capiva l’ultima litigata. Non riusciva a comprendere perché aveva messo un muro dinanzi a lei. Era stata costretta a prendere la decisione di rinviare il suo viaggio in Italia. Avrebbe voluto partire da molto e, anzi, avrebbe voluto rimanere in Italia. Però il piano era chiaro. Due nazioni due opportunità. Tanti difficoltà nel provarci e comunque era meglio moltiplicare le opportunità che essere schiacciati e avere un futuro pieno di punti interrogativi. Sapeva bene che i sacrifici di oggi sarebbero stati la felicità di domani. Anche Tommaso l’aveva capito. Eppure quello era uno di quei sacrifici e lui sembrava non volerlo accettare. Nel negozio entrò una anziana signora che conosceva Irina e la sua famiglia. Era una di quelle che sanno sempre tutto di tutti. Vide la figlia mentre tentava di farsi le trecce e sorrise all’idea di quanto fosse bella la spensieratezza di quell’età. Prese posto nella sedia in attesa e domandò << L’assistente? >> Irina rispose senza staccare gli occhi da quei capelli finto biondo che non volevano conformarsi alla sua maestria L’ho mandata a prendere i prodotti dal fornitore. Si trova a due chilometri. So bene che è andata a fumarsi una sigaretta e poi a fare un salto da quel tipo … >> << L’anziana sorrise e si accarezzò i capelli color platino. << Peccato. Ero venuta per un taglio veloce. 94 >> << Aspetti che tra qualche minuto ho finito. >> Irina non voleva deludere una delle clienti che apprezzava per il tatto e per la gentilezza. Aveva fatto il suo ingresso il giorno dell’apertura. Era stata una delle prime clienti e da allora aveva sparso la voce con amiche e nipoti delle amiche. Fu lei a segnalarla al fotografo che si occupava di matrimoni. Grazie a quello il giro di affari aumentò, anche se le difficoltà non cessarono. Sperava che in un anno potesse capire se il negozio funzionasse oppure se era meglio abbandonare. Fu Tommaso a dirle di provarci altri due anni. Disse Ci vuole tempo. Prima devi farti una clientela storica. Poi ti basi su questa per capire se riesci ad arrivare a fine mese. Infine analizzi le clienti sporadiche e quelle occasioni come i matrimoni. Mettendo tutto insieme potrai decidere. Ora sei solo stanca. Vieni e riposati. >> << Ma lei non poté partire. Avrebbe voluto ma in realtà aveva ancora problemi economici che in parte Tommaso aveva risolto. Non aveva i soldi dei biglietti, anche se sapeva bene che Tommaso avrebbe noleggiato un aereo intero per farla ritornare. Rimase aperta quell’agosto e l’agosto successivo. In parte fu un bene. Cambiò assistente. Cambiò fornitori. Decise di cambiare anche banca per i costi che quella prima scelta avevano. Decise l’anno dopo di non andare per problemi di salute ma anche per allargare il giro d’affari con il servizio in casa. Provava e riprovava tutte le cose. Tommaso era sempre lì a dirle che era giusto così. Perché quella volta aveva sollevato tanta questione? Era vero. Non l’aveva interpellato ma era solo un mese. Vero anche che a settembre la figlia doveva andare a scuola. Doveva anche lavorare ad agosto per i vari matrimoni del periodo. Sapeva che a settembre Tommaso avrebbe dovuto riprendere la sua attività. Erano tanti i tasselli che non riusciva a far combaciare per 95 costruire quel puzzle di felicità che aveva in mente. Anche Tommaso voleva andare da lei ma aveva il problema dell’ansia e del panico. Temeva l’aereo e sarebbe arrivato in auto con un costo molto alto del viaggio. Disse a lei che aveva calcolato questo. Seicento euro forse erano sufficienti. Due giorni di auto per duemila chilometri. Tra benzina, autostrada, pagamento delle tasse di circolazione in Romania, qualche sosta forse avrebbe speso tanto, andata e ritorno. Lei sorrise all’idea e in negozio le presenti rimasero stupite. In quel momento invece non sorrideva. Era solamente stanca e demoralizzata. Aveva voglia di uscire a comprarsi un biglietto aereo per l’Italia. Forse solo andata. La figlia la riportò sul pianeta terra. << Mami? Posso uscire? >> Sapeva che Anna avrebbe desiderato andare a giocare con le amiche ma sapeva anche che doveva parlare con lei. Aveva deciso di spiegarle cosa stesse accadendo e della decisione di accettare il fatto che Tommaso avesse scelto di porre fine alla loro storia. Doveva trovare tempo e modo. Il tempo mancava sempre e il modo lo aveva elaborato in quei giorni. Anna doveva rimanere lì e doveva prender coscienza di quanto la vita fosse un incastro di opportunità ma non tutte arricchivano. Anzi. Quella era una storia che aveva dato tanto ma che ora stava togliendo molto di più. Come se un esattore avesse fatto visita a loro chiedendo il prestito indietro con un tasso di usura applicato. 96 Ti ammazzo o ti dico addio? Lorenzo ebbe modo di riprendere in mano la guida dell’utilitaria. Tommaso avrebbe guidato senza soste e se avesse potuto avrebbe mandato avanti il mezzo con i vapori della benzina. Il serbatoio venne riempito e loro avrebbero potuto fare altri trecento chilometri circa. Le strade erano tortuose e la velocità variava spesso. In media forse stavano facendo i cinquanta chilometri orari. La guida calma di Tommaso era una novità, però Lorenzo diffidava dell’amico. Era stato male e non sapeva se quello che era avvenuto avesse avuto conseguenze sul cervello o sul cuore. Temeva che l’amico potesse lasciar questo mondo da un minuto all’altro. Approfittò della sosta per il rifornimento per rimettersi alla guida. La radio trasmetteva “Ann Lee” dei Dream Theater e il lancio venne effettuato con una lingua a loro sconosciuta. Tommaso provò ad allungarsi sul lato passeggeri inclinando lo schienale. Appoggiò la testa sentendola leggera e al contempo piena di pensieri. Sapeva che al pilota serviva una scusa qualsiasi per avviare la conversazione e, ancor peggio, per ritornare sulla sua domanda sul messaggio e su quello che era avvenuto. Aveva evitato di raccontare tutta la storia e tutto quello che era avvenuto nel tempo. Evitò di raccontare dei soldi inviati, dei regali e dei soldi spesi nelle ricariche. Mentì per proteggersi ma con la consapevolezza che l’amico non avrebbe tollerato il suo modo di ragionare. Aveva investito nel suo futuro. Sapeva che per far ciò doveva rischiare. Era sicuro che l’amico non lo avrebbe condiviso solo per la sua condizione. Essere sposati è qualcosa che comunque ti rende stabile. Rende il futuro diverso. Non che il matrimonio potesse essere una scappatoia. Solo che Tommaso condivideva il pensiero 97 espresso da Emanuele molti anni prima. “Ci si sposa per riuscire a dormire.” La sicurezza che Irina fosse quella giusta l’ebbe solo quando lesse il messaggio. Solo allora prese coscienza di quanto era realmente avvenuto e di che valore avesse quella ragazza. Con l’amaro in bocca per il suo atteggiamento, rimase in silenzio ad ascoltare i Red Hot Chili Peppers con “Under the bridge” suonata in qualche concerto e trasmessa in quel momento. La radio riusciva a saziare le menti. La musica era diventata parte essenziale di quel viaggio. Come una colonna sonora che sottolinea la situazione sul grande schermo così quella radio e quei pezzi. Avrebbero voluto fare delle richieste. Magari qualcosa degli Iron Maiden o dei Metallica. Qualcosa che li potesse unire visto che avevano condiviso molti cd e di diversi gruppi. Lorenzo voleva cambiare stazione. Avrebbe gradito un commento musicale utile ad avviare una conversazione e magari sostenerla. Lasciò comunque la scelta a Tommaso. Sperava che di lì a qualche chilometro la stazione perdesse la frequenza e un’altra subentrasse. Avrebbe gradito anche uno stacco pubblicitario, anche se in una lingua sconosciuta. In realtà c’era una voce di ragazzo che anticipava un pezzo, o era quello che si poteva immaginare. Eppure in quei due minuti non riusciva a trovare l’esca per la sua preda. Tommaso tentò di chiudere gli occhi per tornare a sognare l’incontro. Lui che apriva la porta del negozio. Lei che spalancava gli occhi. L’abbraccio. I baci davanti alle clienti. Le esclamazioni di queste. Voleva crogiolarsi in quel sogno e sperare che lei non lo respingesse. Non poteva. Aveva scritto quel messaggio. Non avrebbe mai potuto allontanarlo. Di sicuro lo avrebbe baciato e poi rimproverato. Avrebbero litigato ma poi avrebbero fatto nuovamente pace. Voleva che accadesse. Voleva litigare con lei per dimostrarle quanto tenessea lei. 98 Voleva dirle che l’amava dopo aver chiarito la sua posizione. Dopo averle detto che non aveva apprezzato quella decisione presa da sola. Non apprezzò quella mancanza. Sarebbe bastata una telefonata e si sarebbe ritrovato a fare altro. Ad attenderla mentre contava i giorni e poi le ore, come ormai d’abitudine. Aveva iniziato contando da trecento e sessantacinque giorni. Poi dovette riprendere il conto da trecento e novantasei giorni. Quell’anno avrebbe contato trentuno sino a contare le ore, poi i minuti ed infine i secondi. Aveva sognato di farsi trovare all’aeroporto. Di attenderle. Di baciarla al terminal. Di stringere a sé la figlia. Di parlare con loro e di dire ad Irina quanto fosse difficile arrivare sino a casa poiché il desiderio lo stava uccidendo. Avrebbe conosciuto la figlia. attraverso Irina. Avrebbe detto Avrebbe parlato con lei Non sono sicuro di essere quello giusto. Forse neanche posso pretendere di sostituire tuo padre. Certo è che comunque mi impegnerò a renderti felice. >> << Tale impegno lo avrebbe fatto per amore di Irina. Voleva che lei sorridesse perché quel sorriso lo faceva star bene. Nei messaggi usò spesso il termine “egoismo” riferito a sé stesso. Disse che era egoista quando mandava i soldi e faceva i regali. Era vero. Aveva fatto tutto per star bene. Per essere felice. Eppure sentiva che non era sufficiente per dirsi innamorato. Non avrebbe dovuto guardare o pensare ad altre. Doveva evitare i film porno e i siti porno. Doveva andare per la retta via e non frequentare le chat con le donne che si spogliavano e non solo. Era consapevole dei suoi limiti e ne soffriva. Voleva essere migliore, anche se solo allora era cosciente del fatto che voleva essere quello giusto per loro. 99 Spesso ebbe cedimenti pensando che faceva tutto per via della presenza della bambina. Ma in macchina, con l’amico che non proferiva parola, la radio che stava trasmettendo “Cemetery Gates” dei Pantera, ebbe modo di interrogarsi su tutta la faccenda. Scoprì che in realtà non aveva mai fatto nulla di straordinario. Scoprì che non era la presenza della bambina a legarlo ad Irina. Scoprì che era stato ed era ancora innamorato di Irina. Sapeva che per amare ed essere amati occorreva stare insieme. Occorreva condividere il letto e le posate. La scelta delle vacanze e le nottate svegli per un’influenza. Sapeva che l’amore non esisteva come vocabolo ma lo si costruiva sino ad arrivare anziani con la piena consapevolezza dell’altro. Sapeva di dover scoprire ancora molto su Irina ed aveva tutta l’intenzione di farlo. Di imparare i suoi tic, il suo tono e i suoi gesti. Di adeguarsi al modo di agire e di pensare. Sapeva di dover indirizzare il suo modo d’agire sulla strada della condivisione di idee e di intenti. Non era sufficiente voler dei figli e volere una famiglia. Occorreva riuscire a sognare insieme. Sospirare. Scaldarsi e al tempo stesso vibrare in armonia. Capì che l’amore doveva essere il termine ultimo della loro vita. Solo alla fine avrebbero scritto quella parola. Durante tutta la loro esistenza insieme avrebbero messo i mattoncini della costruzione che avrebbe portato quel nome. Solo così sarebbe stato completo. Quel pensiero gli permise di aprire gli occhi e di girarsi verso l’amico. Doveva fare quello che Irina gli disse una delle prime volte. Doveva testare l’amicizia e distinguerla dal semplice gioco di squadra. Sapeva che tra gli uomini vi erano regole che portavano avanti relazioni tra lo stesso sesso. Dirsi quanto di sufficiente per non escludere. Coinvolgere nelle goliardate anche e 10 0 soprattutto quando l’altro è giù di morale. Una birra in due ha più sapore, specialmente se puoi fumare e sputare. >> << << Hai ancora voglia di riprendere a fumare? >> No! Pensavo a quanto è avvenuto. Al fatto che hai deciso di comportarti in questo modo. >> << << E che modo sarebbe? >> Tommaso non diede la risposta. Sapeva quello che Lorenzo stava cercando. Sapeva che avrebbe affrontato una rissa con l’amico ma difficilmente contro l’amico. Guardò fuori. Paesaggi mai visti arricchivano la memoria dando al viaggio un valore maggiore. Avrebbe raccontato quella storia ai figli. Se non avesse avuto altri figli avrebbe raccontato tutto alla figlia. Avrebbe detto che aveva affrontato il suo demone e aveva visto quel che vedeva proprio per arrivare a vivere una vita piena ed intensa con la donna che amava. Spesso si domandava come rispondere all’eventuale curiosità della bambina. Si poneva la domanda del perché avesse scelto Irina. E tentava di rispondere dando un senso a quel che diceva ma anche rendendo romantico il discorso. Alle poche parole che gli venivano non riusciva a dar seguito. Eppure avrebbe avuto quel viaggio. Avrebbe potuto dire che aveva affrontato quel percorso attraverso terre sconosciute semplicemente perché Irina era Irina. Avrebbe creato un anello che dava comunque una risposta a suo avviso esaustiva. Sto cercando di capire. Temo che hai subito qualcosa. Se ciò è vero io non posso aiutarti. Nemmeno questo paese potrà aiutarti. Ti rendi conto che un’altra crisi e ti ritrovi all’altro mondo? Ne vale la pena? >> << Tommaso capì la domanda ma ebbe solo voglia di tirar giù santi e madonne. 10 1 Hai ben capito che sono disposto ad arrivare sino in fondo. L’ho fatto anche con l’università quando tutti mi dissero di mollare. >> << << Vero. Solo che sei passato al nuovo ordinamento cambiando indirizzo. >> Ciò non toglie che ho terminato. Sai bene che la scelta è avvenuta anche per altre ragioni. >> << << Non trovare scuse. >> Non ne trovo. Alla mia discussione della tesi non c’era nessuno. Sai perché? << >> Lorenzo rimase in silenzio. Sapeva che Tommaso aveva discusso la tesi quattro mesi dopo la morte del padre e con tanti problemi connessi. Ebbe infine solo modo di dire, dopo qualche minuto << Ognuno hai cazzi proprio. Ognuno è puttana piena di cazzi da non saper a chi dare i resti. >> Tommaso ebbe chiara la visione di come quella discussione sarebbe potuta degenerare. Decise di non controbattere. Decise di lasciar l’amico alla guida e di guardare nuovamente ogni singolo particolare che poteva immagazzinare. 10 2 L’inquietudine di Giada I figli stavano giocando con i colori su dei fogli con dei progetti scartati dal padre. Lei li sorvegliava mentre era intenta a sparecchiare. Avevano mangiato una pizza e questo solo per distrarli e rendere meno pesante l’atmosfera. La madre era seduta sul divano e sembrava stesse dormendo. Aveva guardato i due bambini per tutto il pomeriggio, dopo averli presi da scuola. Giada non aveva voluto discutere con la madre. Aveva evitato di dirle della decisione del marito. Aveva evitato di raccontarle dell’inquietudine provata dopo la telefonata. Il maschio stava disegnando una casa in mezzo ad un prato. La femmina era intenta a colorare il foglio di azzurro. Giada si sentiva più stanca del solito. Voleva togliersi le scarpe e stenderei piedi. Voleva far riposare la schiena e chiudere gli occhi per un paio di minuti. Non poteva. Doveva sistemare tutto prima che la madre si svegliasse. Sapeva che in quel modo avrebbe potuto riaccompagnarla a casa senza vederla trafficare per pulire e sistemare. Avrebbe dormito con i bambini. Li avrebbe stretti a sé e avrebbe pianto quando fosse stata certa di essere l’unica sveglia. Mise nel frigorifero i pezzi rimanenti e decise di lasciare le bibite fuori, nel caso i bambini avessero avuto sete. Guardò nuovamente nella loro direzione e si rese conto di quanto assomigliassero al padre. Stessi occhi. Irritata da quella constatazione, si decise di andare in bagno e di lavarsi il volto. L’acqua fresca riuscì ad allontanare il senso di caos che aveva. Sapeva di dover parlare con i bambini e dir loro che il padre sarebbe rimasto fuori qualche giorno in più. Sapeva 10 3 che era suo il compito di ricucire lo strappo avvenuto. L’ultima telefonata l’aveva sconvolta e non voleva riflettere su quanto stava avvenendo. Voleva tornare e vedere i figli. Li voleva felici e non sopportava l’idea di dover dire loro di quel litigio, se non peggio. Si guardò allo specchio e si vide più anziana di quanto fosse. Quella peluria sul volto mostrava anche incuria dovuta al poco tempo e ai tanti impegni. I dolori erano presenti ma lei faceva sempre finta di niente. Sperava in un periodo di riposo e di pace. Aveva le spalle dritte ma sentiva il peso del mondo. Tornata in soggiorno vide la madre che stava accarezzando la testa del primogenito. Quell’immagine la fece crollare. Andò dritta in camera da letto ed iniziò a piangere. Voleva rimanere sola per qualche minuto. Voleva il suo spazio. Voleva i suoi tempi. Rivoleva quel sogno che era iniziato con un uomo che era stato con lei perle librerie di Roma. Quell’uomo capace di condurla in luoghi e in negozi mai visti prima. Librerie piccole nascoste nelle viuzze della capitale. Molte erano scomparse. La crisi le aveva colpite. Ricordava quanto amasse l’odore dei libri. L’odore della cultura che si poteva sfogliare. Sottolineare ogni rigo, ogni parola, ogni concetto che era stato espresso da qualcuno capace di leggere l’anima. Rammentava anche lo stress peri testi accademici. Le nottate passate con lui a cercare di afferrare quei concetti che dovevano essere memorizzati e capiti. Quante volte lo aveva visto addormentarsi sul libro di farmacologia. Rammentava il plaid che doveva mettere sulle spalle del marito. Lo aveva perso nell’ultimo trasloco e quella perdi tale aveva dato da pensare. Credeva che le cose accadessero per una ragione. Erano l’anticipo del futuro. Quella perdita doveva essere il preavviso di quella situazione che stava vivendo. Avrebbe voluto tenere quel 10 4 plaid sulle gambe mentre i figli portavano con sé i nipoti. Avrebbe raccontato per la centesima volta la storia del loro amore. La storia di quel tessuto che era nato altrove ma che aveva protetto l’uomo che amava. Era così. Amava il marito anche se non riusciva a comprendere il suo perenne atteggiamento da ragazzo. Gli uomini erano per lei la dimostrazione della beffa che il tempo ha con il genere umano. Mentre le donne maturano in giovane età, gli uomini rimangono a lungo spaesati nel viale della vita. Le donne coltivano rose mentre gli uomini danno un calcio al pallone. Le donne costruiscono case mentre gli uomini si azzuffano per l’affermazione di un’idea. Chi cambia il mondo? L’uomo ha la tendenza a compiere azioni che manifestano forza e risolutezza ma che non incidono nella storia del globo. La donna ha la tendenza di compiere azioni silenziose e non pubblicizzate mala storia è tale perché è donna. Lei guardò la fede al dito. L’aveva girata per tutto il giorno e sentiva che era un filo d’unione con l’anima del suo sposo. Era certa d’aver lasciato parte della sua anima nella fede del marito nel giorno del matrimonio e viceversa. I bambini entrarono nella stanza. La nonna era dietro di loro e aveva lo sguardo di chi sa. Aveva condotto i nipoti dalla madre per darle quell’energia di cui sapeva necessitare. Ogni donna ha vissuto una crisi nel rapporto. Chi prima chi dopo ogni donna affronta un pianto. Sono fortunate quelle che piangono prima del matrimonio. Giada li strinse a sé e pianse. Guardò la madre come a dirle “Non andar via” e lei entrò nella stanza. Si mise seduta sul letto matrimoniale, ai piedi di questo, e prese in braccio la 10 5 nipote. Accarezzò la sua testa e Amare vuol dire conoscere ogni difetto del compagno. Quando questi difetti non danno fastidio allora l’amore è completo. >> << << Lui non ha difetti. >> Appunto. Però se piangi è solo perché hai scoperto un nuovo difetto. È questo che provoca lacrime calde e un gelido dolore. >> << Il piccolo abbracciò la madre come se sentisse che ne avesse necessità. Lei ricambiò baciandolo sulla nuca. << Mami ti ho fatto piangere? >> Lei con un singhiozzo rispose << No amore della mamma. È che sono stanca. Non ti preoccupare. >> << Mami? >> iniziò << la femminuccia << Possiamo dormire qui? >> Certo. >> Rimane anche la nonna? >> continuò la bambina che si strinse al petto dell’anziana signora. << << Certo. Non me ne vado. Su! poco di fatica. >> e 10 6 sollevò la piccola con un Saggio è l’uomo che tace Lorenzo era fuori dall’auto seduto su di un masso. Tommaso non voleva guardare nella sua direzione. Qualcosa s’era corrotto e doveva essere sistemato. Sapeva che era giunto il momento di parlare seriamente. Prese aria a pieni polmoni gettandola fuori lentamente. Stava cercando di placare lo stress provocato da quella lite. Lorenzo aveva parlato troppo. Aveva sollevato dubbi ad alta voce. Disse Per me ha un altro e tu sei un illuso. Una donna che ama trova il tempo di chiamare. Trova il tempo di tornare a casa. Tutti hanno problemi. Lei non è la regina dei problemi. Ma se anche fosse … nessuno al mondo è talmente impegnato da non avere tempo … specialmente se ama. << Quante volte ti ho ascoltato mentre ti lamentavi di lei. Sei tu che hai i dubbi mentre io semplicemente raccolgo informazioni e te le espongo. In questa storia sono parte perché sei stato tu a tirarmici dentro. So tutto. So dei soldi che le inviavi. >> << Tommaso si voltò incredulo. Semplice. Il sospetto mi è venuto quando hai iniziato a non pranzare. Pensai che fosse per via di qualche tua dieta ma poi ho visto che iniziasti a non spendere anche per altre piccole cose. Vita quotidiana. Stiamo insieme nove ore al giorno, e a volte anche più. >> << Tommaso si appoggiò all’utilitaria. Posso capire che ti sacrifichi ma non ammetto che sacrifichi anche me. Sei stato un peso per il lavoro e la mia famiglia. Le spese per l’ufficio gravano più su di me. Marco non lo conto visto che non viene mai. Sempre fuori a cercar di ampliare il business. Uno di quei soci che speri di avere solo quando riesce nei suoi intenti. << 10 7 Perciò siamo in due a gestire l’attività. I soldi sono nostri e tu mi hai costretto a prelevare dalla mia famiglia per dare a lei. Sono io che ho coperto le tue mancanze. Le tasse. I corsi e quanto d’altro sono parte delle spese che lo studio affronta. << Non ho voluto dire nulla perché speravo rinsavissi. A proposito Giada è a conoscenza di tutto. Ho dovuto parlarle e raccontarle tutto quando, due anni fa, ho dovuto coprire la tua quota del versamento allo stato. Lei ha notato tutto facendo i conti. Lo sai … con dei figli devi sempre calcolare anche i centesimi. Ciò non toglie che abbiamo contribuito alla tua pazzia sperando rinsavissi prima di farci sprofondare nell’oblio. << Lo so! Non guardarmi così. I clienti li hai procurati tu ma questo non giustifica nulla. Non è che per questo hai diritto a qualche quota in più. Quanto dobbiamo andare avanti? Credi che possiamo continuare a stare nella stessa barca? Dobbiamo remare insieme. Stesso obiettivo. E tutto per cosa? Per chi soprattutto? << Ti sei preso una rogna. E ti ha anche detto della figlia. Non ti capisco. Hai tante possibilità. Giada ti ha proposto delle sue amiche. Tu? Ti sei buttato su una storia che non ha nessuna ragione. Ti sei messo con una divorziata. Una che abita a duemila chilometri e che hai visto talmente poche volte … Almeno hai inzuppato il biscottino? Oppure paghi una così, giusto per spirito missionario? << >> Tommaso chiuse gli occhi. Inclinò la testa per permettere all’aria di entrare più facilmente. Lei ha sicuramente un altro con il quale sta facendo la bella vita sulle tue … anzi sulle nostre spalle. Starà con lui adesso. Ti ha detto che ha preso i soldi per aprire l’attività eppure non sai neanche l’indirizzo. Non puoi neanche vederla su google maps. Sicuramente è lui che tira le fila dei suoi messaggi. Quante volte hai atteso un sms? Forse lei doveva chiedere a lui per continuare a farti credere quello che, secondo me, tu vuoi credere. Lo vuoi fermamente e non << 10 8 comprendo il perché. Hai mai pensato che i messaggi erano dettati da lui? Che loro ridono alle tue spalle? Forse neanche ha divorziato. La figlia? Hai chiesto l’amicizia su facebook e lei ha acconsentito ma poi ti ha cancellato. Non lo trovi strano? Non trovi tutto assurdamente strano? Il fratello che ti odia senza un perché. I genitori improvvisamente malati. Quanti hanno perso il loro patrimoni per delle straniere? Come farai a recuperare i soldi se non dovesse funzionare? Ah! Certo! Tu sei talmente ricco che puoi permetterti di lasciarle tutto. Anzi. Le dai sempre qualcosa. In cambio di cosa? << Di una promessa? Di un sogno? Di una realtà che ti sei voluto costruire su di voi. Lei cosa ha fatto per te? Ti ha detto che ti amava e tu hai perso il lume della ragione. Sbaglio? >> << Tommaso stava elaborando le informazioni. Quello che più lo tormentava non era quel discorso ma l’effetto che stava facendo. Stava indebolendo le sue certezze. Le sue sicurezze. Stava insinuando il dubbio. Secondo te … perché sono comunque venuto insieme a te in questa follia? È vero ero contrario ma poi … ho pensato facesse bene anche a me conoscere la verità. Bene alla mia famiglia. >> << Lorenzo rimase in silenzio per qualche istante. Guardò le nubi e un jet che stava lasciando una striscia in quello spazio che le nubi non avevano ancora coperto. Poi riprese Ho parlato con Giada e litigato con lei. È vero. Abbiamo litigato per questa cosa. Eppure lei vuole che tu sia capace di crescere ed ora … ora riesco a capire cosa vuol dire con questa parola. Crescere. Dovevi essere tu il diretto interessato a chiarire la situazione. Dovevi cercare le risposte per non continuare ad errare. In questo modo la nostra vita poteva tornar tranquilla. << Il viaggio dovevi farlo già la prima volta che ti ha detto che non poteva venire. Dovevi verificare la sua versione e non prenderla come se fosse una verità assoluta. Sei stato male. Sei stato da noi e noi abbiamo dovuto subire il tuo 10 9 << malumore. Come mai non hai affrontato i tuoi problemi e invece hai solamente agito come se nulla fosse? Non ti sei mai domandato come mai lei trova tante difficoltà a chiamarti, a vederti su skype. Già! Il computer che le hai regalato è sempre rotto, come dice lei. Cosa c’è … in Romania non ci sono centri di assistenza? Nessuno è capace di eliminare i virus? Hai inviato soldi per tantissime cose, credo. Eppure nessuna di queste era per te. Non saprei … i soldi peri biglietti aerei ad esempio. Oppure potevi prenotare un albergo e andarle a fare visita. Potevi scoprire cosa era accaduto alla famiglia. Cosa c’era dietro quei rimando. E ora? << Ora lei ti ha chiesto … quanto? Un mese? Sicuramente un mese passerà e lei ti dirà che non può venire perché al suo paese è scoppiatala rivoluzione civile o … che cazzo! Tom non hai proprio un briciolo di rispetto per te stesso? Dove è la tua spina dorsale? >> << Tommaso iniziò a porsi quelle domande scomode che aveva evitato da tempo. Credeva in lei. Credeva nel loro amore e sapeva che tutto è difficile quando vuoi costruire qualcosa da zero. La meta. Quella voleva e doveva guardare. Le domande che gli nascevano erano la negazione della sua stessa ragione. Come poter dubitare di lei senza dubitare di sé stesso? Doveva prendere possesso di quel tempo che stava dedicando a quello che ora vedeva come uno sconosciuto. Doveva far cessare quel monologo. Eppure sapeva che il rischio era di dire cose fuori luogo. Sapeva che avrebbe sfogato il suo rancore dicendo qualsiasi cosa riuscisse a farlo sfogare, anche cose che non avrebbe voluto dire o che pensava. Rabbia. Dolore. Rancore. Delusione. Tutto viveva in lui ma lui era più forte. Aveva sconfitto il DAP e poteva vincere quella sfida. Rimase in silenzio mentre quell’uomo si alzò visibilmente 11 0 stanco ma contemporaneamente libero. Aveva finalmente detto quello che pensava senza usare aforismi. Aveva fatto quel monologo senza lasciare alcuna gramigna nel suo giardino stile inglese. 11 1 L’uomo Lorenzo si avviò verso l’auto temendo che l’amico reagisse in modo scomposto. Temeva anche di dover rimanere lì, in quella via di campagna presa per riuscire a parlare con calma. Si mise al volante per evitare qualsivoglia stramberia per quello che continuava a considerare amico. Tommaso salì rimanendo in silenzio. Il volto era teso. Gli sportelli vennero chiusi e loro si ritrovarono a respirare la stessa aria. Avevano comunque i pensieri su due lunghezze d’onda diverse. Lorenzo aveva offeso Irina e l’amore che Tommaso provava. Aveva offeso anche la sua intelligenza m a questo, per Tommaso, era secondario. Eppure Tommaso non reagì. Avrebbe dovuto difendere quello che doveva essere importante. Perché non lo faceva? Forse era perché non era realmente importante? Forse Lorenzo aveva detto il vero? Tommaso e Lorenzo ripresero a viaggiare. Lorenzo girò a destra e continuò verso la Romania. Tommaso stava in un placido lago con la sua barchetta in attesa di quel magico incontro, come Robin Williams in “Al di là dei sogni”. Attendeva una barchetta che avrebbe smosso il suo destino. Attendeva un evento esterno poiché dentro era completamente vuoto. Era il quadro che Annabella Sciorra come Annie Collins-Nielsen aveva dipinto per Chris suo marito. Lui era sul monte mentre i colori intorno stavano vivendo al posto suo. Poi avvenne l’evento. Una coppia di motociclisti li superò con una Cagiva 500 molto rumorosa. Sembrava che la marmitta fosse stata smontata. Il rumore assordante ebbe l’effetto di un flute che cadeva in un ampio salone vuoto. Hai ragione. convinzione. << >> iniziò Tommaso senza 100 però troppa << Lo credo. >> << Ho anche io questi dubbi. >> << Sarebbe strano il contrario. >> << Discutere << È giova ad entrambi. >> quello che pensavo. >> << Penso << Io che non mi capirai comunque. >> ti capisco. Ma tu? Ti capisci? >> Tommaso teneva a quell’amicizia. Avevano vissuto diversi eventi insieme. Era come se senza di lui non potesse affrontare la sfida che si trovava dinanzi. Era andare a combattere il nemico senza qualcuno che ti guardi le spalle. Eppure non riusciva a chiamarlo amico. Non più. Aveva parlato con la franchezza di sempre ma sembrava strano. Lorenzo aveva idea di esser riuscito a far riflettere l’amico. Era quello lo scopo. Doveva riuscire a far sì che l’amico tornasse quello di un tempo. Schivo e anche con dei problemi ma lo preferiva così. In quel modo l’amico era un amico. Era capace di esser d’aiuto. Di lavorare e di partecipare alle cene con la sua famiglia senza che queste si trasformassero in un funerale. Tommaso ebbe idea che il laghetto stava per essere investito da una tempesta. La sua barchetta navigava ancora placida ma l’albero iniziava ad oscillare. Quale fosse il vento non lo sapeva. Era maestrale, ostro, grecale o quale? Sapere quale vento era poco importante rispetto a cosa lo stesse generando. << Ho << voluto credere a quello che sentivo. >> Cioè? >> << Amore << È << … credo. >> questo il tuo problema. >> Quale? >> 100 Che non lo senti. Lo credi. Eppure hai detto che l’ami. Lo hai detto confrontando ciò che è con ciò che sogni. La vera difficoltà è … lei cosa prova per te? È sincera? È sola? >> << << Ho già capito il concetto. >> Tommaso ebbe un tono che non credeva di possedere. Voleva che la conversazione progredisse e stava cercando di capire dove attraccare. Credo che hai ragione. Forse mi sono affidato a quello che volevo e non a quello che era. Come sempre. Sogno l’impossibile. Eppure speravo che … >> << Volevi fosse vero. >> << Si! L’amo veramente. Ciò che ho fatto lo farei solo per chi amo. Certo è strano che non abbia mai tempo e … ancor più strano che abbia sempre un problema che le impedisce di venire. Però sentivo … anzi … sento che effettivamente c’è qualcosa di più. Non chiedermi cosa. >> << Tommaso era combattuto. Voleva dar ragione a Lorenzo ma voleva far placare quelle voci che iniziavano a far alzare le onde sino ad allora ancora placide. Quel compagno di viaggio aveva sparso il sale sul terreno coltivato. La sua ostentata amicizia rendeva tutto sempre complicato. Tommaso tentò di ricostruire lo strappo con Lorenzo ma sentiva una profonda cicatrice attraversarlo nell’anima. Sentiva di tradire. “È assurdo” si diceva “poiché in effetti cosa c’è stato tra me e lei? Esiste un indizio della nostra storia?” Eppure sapeva che Irina era andato a trovarlo anche quando era stanca o quando poteva collegarsi e parlare con la figlia. Sapeva che aveva fatto i suoi sacrifici per lei solo perché c’era un sentimento reale. Era qualcosa che non doveva essere espresso e giustificato. Quel sentimento viveva e respirava senza per questo avere una sua identità. Morfologicamente indescrivibile sostava tra mente e anima per collegarle in un astrattismo travolgente. 100 Aveva imparato a camminare e a respirare. Aveva imparato a nuotare come ad allacciarsi le scarpe. E con Irina aveva e stava imparando ad amare. Quell’amore che non necessita di approvazione. Quel sentimento che non è detto debba essere espresso ogni giorno e con quel conformismo che lo avrebbe reso uguale agli altri. Il loro era l’eccezione e non doveva dar conferma a nulla se non ai loro intimi sogni dove le lacrime vengono asciugate senza parole, sussurri o gesti eclatanti. Doveva saperlo e sentiva che lo sapeva ma aveva quell’uomo acanto a sé e con lui aveva vissuto l’amicizia. Aveva condiviso intimi segreti. Aveva fatto pazzie ed era stato difeso. Era un compagno di viaggio al quale potevi chiamare in tarda notte e sapevi che sarebbe venuto. Lei? Tommaso iniziò a pensare che lei sì che sbagliava, ma forse era lui in errore. Decise di chiarirsi prima di continuare a conversare. Rimase in silenzio a meditare su quello che era accaduto. Sulle parole. Sull’immagine di lei con un altro. Lei che rideva andando per negozi con i suoi soldi mano nella mano con lui. Lei che era come una delle tante che sono venute dall’est per approfittarsi degli italiani. Lei che aveva detto “Ti amo” ma solo per avere un sostegno economico da quell’uomo insicuro. Aveva capito come sfruttare le sue debolezze. Aveva parlato di una figlia ma se fosse stata la nipote? Se invece era solo la sorella minore? Iniziò a dubitare di lei, dei suoi racconti e dei suoi sentimenti. Iniziò a rinvangare il passato sentendo che Lorenzo era stato onesto e sempre al suo fianco. Lei era come un capitone il giorno di Natale. Sfuggente. Era sempre piena di scuse forse programmate. Eppure … 100 “Taci!” Nel negozio entrò il fratello con la sua nuova ragazza. Entrò con la sicurezza di chi ha il mondo in mano. Era sempre stato così. Sicuro e con gli occhi che ti fissavano sino a che non distoglievi lo sguardo. La sua nuova fiamma era piccola, come una bambolina di porcellana. Lei aveva lo sguardo verso terra. Una coppia perfetta, pensò Irina. Lui che dominava e lei che si lasciava dominare. Si sedettero e lui prese a parlare con Anna visto che Irina era impegnata con l’anziana signora. Anna vedeva lo zio come l’eroe dei fumetti. Se si fosse strappato la camicia e sotto vi fosse una “s” rossa, lei avrebbe solamente avuto conferma che lo zio era un eroe. Lo guardava con gli occhi di chi vede il proprio idolo e lo osanna. Era gelosa ma non della sua nuova ragazza. La vedeva come una sorella e quell’aspetto da bambina la rendeva innocua. Non era come l’altra. Non era capace di far del male allo zio. Per lei non temeva visto che lui l’avrebbe sempre difesa. Prendeva le sue parti anche con la madre e questo lei lo apprezzava. I due si misero a conversare ed Irina ebbe un brivido lungo la schiena. Aveva litigato con il fratello perle ultime menzogne lanciate contro Tommaso. Eppure Tommaso gli aveva detto che lo capiva. Era normale per un fratello difendere la sorella e cercare di affiancarle un uomo. Tommaso sollevò dubbi su quell’affetto che li legava. Diceva che lui la voleva lì solo per i suoi comodi. Avrebbe perso Anna. Avrebbe perso la sorella e i suoi innumerevoli servigi. Lei però non diede peso a quelle parole. Tommaso non lo conosceva. Non sapeva cosa lei stava vivendo. La bambolina alzò lo sguardo e fissava Irina dallo specchio. 116 Irina non badò a quegli occhi che cercavano di vedere oltre. Sapeva bene che solo Tommaso era riuscito a penetrare in lei. Aveva visto lo sconfinato amore che provava e la solitudine prodotta dalle continue delusioni derivanti dal mondo. Aveva visto l’amore di madre e l’amore di donna. Lei aveva lasciato che lui aprisse i suoi cassetti. Voleva che vedesse tutto il set di bigiotteria che raccontava del suo passato. Tommaso era capace di non smettere di parlare ma aveva anche la qualità di saper leggere oltre i testi. Era stato lui a farle capire quanta tristezza provava per la lontananza dalla figlia. Lui ebbe la pazienza di farle capire che lei poteva amare nuovamente. Ebbe la forza di darle fiducia nel mondo. Credette in lei e si spese per farle aprire quell’attività. Non chiedeva rendiconti. Chiedeva solo la sua felicità. Quel suo modo di agire e di vedere il mondo era completamente estraneo al suo vivere. Era come se un angelo avesse preso le sembianze di uomo per dirle che anche lei poteva essere amata da Dio. Sentiva la sua presenza nelle notti fredde di quella cittadina in Romania. Sentiva il vuoto tra le coperte. Sentiva che lo desiderava e, più di tutto, soprattutto, sentiva che lui desiderava lei. Lo aveva scritto nei messaggi parlando dei suoi seni. Parlando di cosa volesse da lei. Dei suoi sogni. Lei era nei sogni di Tommaso. Quella frase “ricercami tra i sogni miei” era una realtà. Lei avrebbe potuto cercarlo tra i suoi sogni poiché lui era stato completamente onesto. Aveva espresso ogni pensiero con la massima chiarezza e s’era aperto senza paura. Quello era il motivo del suo amore per lui. Un uomo capace di aprirsi ancor prima che la consapevolezza dell’amore raggiungesse il centro del pensiero. Un uomo che non aveva temuto di raccontarle tutto e sperava di poter condividere ancor di più. Un uomo che parlava di famiglia, figli e di progetti anche se sapeva 117 che per lui tutto era più difficile. Sapeva che anche solo presentarsi sull’altare sarebbe stato un grosso sacrificio. Eppure voleva lei che doveva stare a duemila chilometri e che stava faticosamente cercando di chiudere con il suo passato. Il divorzio lo aveva ottenuto ma non la custodia della figlia. Inoltre il suo ex marito aveva fatto causa per avere indietro dei soldi che mai aveva prestato a lei o alla figlia. Che differenza tra i due uomini. Tommaso non parlava mai di denaro se non per chiederle se le servisse. Non diceva mai se era in difficoltà. Non aveva neanche chiesto indietro i soldi quando disse che era finita. Quel concetto stava per farle fare uno sbaglio. Stava per tagliare ancor di più quei capelli che erano comunque abbastanza corti. L’anziana donna era lì come sempre per darle aiuto. Irina aveva rifiutato un prestito e aveva anche rifiutato di condividere l’appartamento con lei. Era orgogliosa e cocciuta. L’anziana capì che l’unico aiuto che potesse darle era di andare spesso da lei. Di portarle clienti. Vedeva in Irina una donna che doveva avere qualcosa in più. Come se avesse preso sulle spalle il compito di ripagarla pe run destino avverso. Il fratello uscì con Anna e voltandosi chiese il permesso. Irina alzò le spalle ma notò che la bambolina era lì ferma. Finito di sistemare il locale Irina sentì il corpo stanco. L’anziana era andata via contenta e aveva pagato lasciandole una mancia. Ora era sola con la bambolina che silenziosamente la fissava ma aiutandosi con l’immagine riflessa nello specchio. << C’è qualcosa che vuoi dirmi? >> La bambolina abbassò lo sguardo ed Irina continuò Non mi piacciono questi trucchetti. Se voi due avete qualcosa basta dirlo. >> << 118 Non puoi andartene. voce bassa. << << >> disse senza alzare la testa e con Cosa? >> << Sono incinta. Ora non puoi andartene. >> Irina guardò la bambolina. Era consapevole che avrebbe perso la pazienza e l’avrebbe cacciata a calci? Con quale diritto ti presenti qui adirmi di fare qualsiasi cosa? >> << Sono incinta. >> ripeté lei sperando che quel concetto diventasse uno scudo a proteggerla. << Irina rimase ferma. Sapeva che nel negozio poteva entrare chiunque e non voleva perdere un guadagno per una bambolina che lei reputava stupida. Guardò fuori e capì che quella novità era il motivo per il quale il fratello aveva condotto con sé la figlia. Voleva dirle che avrebbe avuto un giocattolo con il quale giocare e lei avrebbe fatto i salti di gioia tale per cui avrebbe posto veti nel caso lei avesse voluto partire. Non era in programma ma quel trucco le sembrò uno scherzo mal fatto. La bambolina vide che Irina stava ancora riflettendo su quanto era accaduto e aggiunse Lo sai pure tu che i tuoi hanno bisogno di qualcuno che li assista. Lui … ecco … lui deve stare con me. Vuole tenerlo. Forse mi sposa anche. E poi … mi ha detto che quell’italiano è uno di quelli che ti usa come uno straccio. >> << A quelle parole Irina sentì che il diavolo in persona stava andando a pregare Iddio per avere la grazia di non assistere a quanto stava per accadere. Lentamente si avvicinò al bancone. Prese le forbici e le impugno con la sua maestria. Sapeva che la bambolina non aveva lo sguardo alzato. Si avvicinò a lei e in un istante prese quanti più capelli e li tagliò con più colpi. 119 Dopo il primo la bambolina si rese conto che stava accadendo qualcosa. Alzò lo sguardo e vide Irina alla sua destra. Capì che s’era messa in quella posizione per non farsi vedere da qualcuno che in quel momento fosse passato davanti alla porta in vetro. Al secondo taglio iniziò a sentire la paura e indietreggio. Il secondo taglio si accompagnò anche al dolore dei capelli tirati. Arrivò il terzo ma il taglio non venne fatto in modo regolare e lei si ritrovò con il lato destro con un evidente buco tra i suoi capelli lunghi e marroni. Irina stava per ripetere l’operazione quando alle sue spalle sentì la voce della figlia << Mami? >> Lei si voltò e la figlia capì che non era il caso di parlare. Indietreggiò incontrando il corpo dello zio. Questi stava fissando la scena e iniziò a sentire il sangue pulsare nelle vene. Irina non abbassò lo sguardo. Aveva tutta l’intenzione di affrontarlo senza pensare ad altro. Aveva voglia di far capire che era lei la padrona del suo destino. Voleva porre fine alle dicerie dette dal fratello. Anna si spostò per lasciar entrare lo zio. Questi entrò e stava per bloccare le braccia della sorella quando vide l’espressione della sua compagna. Vide il volto sfigurato da quel taglio di capelli. Vide le lacrime e capì che doveva prima pensare a lei. Avrebbe sistemato la sorella giustizia. 120 con calma. Avrebbe fatto Un’ora prima Al parco Constantia stava dondolando i piedi seduta ad una panchina. Alcuni bambini stavano giocando a nascondino. Constantia poteva essere tranquillamente scambiata per una bambina. Corpo minuto, viso rotondo e capelli ricci e biondi. Lei continuava ad osservare i bambini e non si rese conto che l’amica l’aveva raggiunta. Si sedette accanto a lei e disse << Sono proprio carini. >> Constantia si voltò e sorrise all’amica. Entrambe sedute sulla panca con vestiti simili attiravano l’attenzione più delle urla. << Sei arrivata? Allora? Cosa volevi dirmi? >> Scusa il ritardo. Sono stato con Ioan. Sono andata a trovarlo sul lavoro. Tra poco ci raggiunge. Come stai? >> << << Io bene. Sei tu che sembri avere qualcosa. >> << L’hai notato? >> << Certo! Hai un sorriso mai visto prima. >> << Trovi? >> Certo Sofia. Che ti è successo? Ti ha chiesto in sposa finalmente? >> << << Chi? Ioan? >> Certo! Altrimenti chi? Non è che hai un altro? Guarda che Ioan è capace di tutto. Lo conoscono in paese. >> << << No! No. È che … come dire. << Dillo >> e basta. >> << Aspetto << Cosa? un bambino. >> E da quando? >> 121 << Come << Cioè << Ho << da quando? >> … come dire … da quando lo sai? >> un ritardo di un mese e mezzo. Quindi … >> E chi … >> << Ioan. Chi pensi sia stato? Mica sono una di quelle … io! >> Con questo che vuoi dire? Che io potrei essere unadi quelle? >> << << No! No. Dico che sono stata solo con Ioan. >> << Ah! Ecco! E quindi lui lo sa? >> Te l’ho detto. Sono passata prima da lui. Comunque mi aspettavo più entusiasmo da parte tua. Siamo amiche dall’infanzia. Perché quindi quell’atteggiamento come … infastidito? >> << << Non è per te. È per lui. >> Guarda che è un ragazzo straordinario. Dolce. Mi capisce. Stiamo bene insieme. >> << << >> Ma lo sai quello che dicono di lui? È un donnaiolo. E poi … << Basta! >> << Scusa. >> Constantia abbracciò Sofia. La gente vide quelle due bamboline sedute nel parco e scattò una foto che postarono immediatamente. Il quadretto venne interrotto dauna Ioan che non amava quel tipo di manifestazioni << Possiamo << Ioan? andare? >> Ciao. >> disse Constantia con una voce insicura. << Allora? >> domandò Ioan guardando solamente Sofia. L’aria si fece pesante e Sofia si alzò per andarsene insieme a lui. Constantia non disse nulla ma osservò l’amica e quell’uomo 122 andar via. Avrebbe voluto fermare lei e cacciare lui ma con quell’informazione sapeva che lui aveva in mano un’armadi ricatto. Vide le loro spalle girare verso la casa di lei e sperò che almeno lui si prendesse la responsabilità del gesto e parlasse con i genitori di Sofia. Ioan si sentiva stranamente agitato. Voleva parlare con Sofia e dirle di abortire. Il lavoro non gli permetteva di occuparsi di lei né tanto meno di un eventuale pargolo. Sofia era calma e aveva la speranza nel cuore che quell’uomo che amava tanto riuscisse finalmente adire quelle due semplici parole “Te iubesc”. Ioan temporeggiò e sulle scale prese il polso destro di Sofia e la costrinse a fermarsi. << Perdonami. Non credo sia giusto andare dai tuoi genitori. Scusa perché? suo corpo. << >> domandò >> con un senso di vuoto in tutto il Perché sai bene che tuo padre dirà sicuramente che dovrai abortire. >> << Sofia prese consapevolezza di quel concetto e perse l’equilibrio mentale per un breve attimo. Per la prima volta sostenne lo sguardo di Ioan. Questi si voltò e continuò a parlare mentre si dirigeva verso l’uscita. Sai bene che non possiamo tenere il bambino. Eppure se proprio lo vuoi … Dobbiamo trovare una soluzione. Tu non lavori e questo è un problema. Puoi presentare la tua laurea in giurisprudenza presso uno studio ma sapendo che sei incinta… Lasciami pensare … sempre se vuoi tenerlo. >> << Lei rimase in completo silenzio e in completa balia di lui. Era come se stesse addossando a lei tutta la responsabilità della scelta. Per due volte aveva detto che era lei che lo voleva. Non aveva menzionato mai un noi. Certo si preoccupava ma sembrava più preoccupato per sé stesso che per il bambino loro. Ioan attese qualche istante 123 e poi si diresse verso l’appartamento che aveva lì vicino. Salirono e lui la fece accomodare. Lentamente disse Lavorerai da mia sorella. Solo che dobbiamo convincerla a non partire. Se parte tu non puoi fare la parrucchiera col pancione. E poi … sicuramente mi chiederà i soldi per il negozio. Quindi dovrai dirgli di non partire. Gli dirai che sei incinta e … e poi gli dirai che hai necessità di lavorare. >> << Ioan vide la testa di Sofia che si abbassava e che, come al solito, guardava i suoi piedi. Domandò per avere certezza << Hai << capito cosa fare? >> Si! >> Devi capire che è l’unica soluzione. Io non posso mante… pensare anche a te, specialmente ora. Sai che lavoro sotto padrone ed è solo da un anno che ho un contratto. Guadagno poco. Lo sai. Ehi!?!? >> << Lei stava piangendo ma temendo una sua reazione, visto che capì solo allora di non conoscerlo, si affrettò adire << Scusa. Sono gli ormoni. Farò come hai detto tu. >> Uscirono convinti che quella soluzione avrebbe comunque sistemato le cose. Lei sperava di poter comunque esser capita dalla famiglia di Ioan. Sapeva di Anna e sapeva anche del divorzio di Irina. Sperò che in Irina avesse trovato un’amica e anche un supporto, non solo economico. 124 Nuova nazione Il serbatoio venne riempito e i due stranieri si guardavano intorno per cercare di non guardarsi e parlare. Avevano discusso a lungo negli ultimi chilometri senza però arrivare a chiarirsi e riportare quel rapporto d’amicizia nella forma originale. Tommaso stava tentando di dare risposte ai numerosi dubbi sollevati da Lorenzo. Lorenzo stava aspettando che l’amico gli desse ragione. Le altre auto camminavano sicure lungo quella strada. Nessuno badava a loro anche se la loro targa aveva attirato l’attenzione di alcuni addetti alle pompe di benzina. Lorenzo era infastidito da quel mormorio e da quegli sguardi. Voleva riprendere il viaggio eppure Tommaso non sembrava avere fretta. Lo vide dirigersi verso il bar e si immaginò già la litigata in auto perla sigaretta accesa o per il finestrino abbassato per far uscire il fumo. Attese fuori cercando di respirare l’aria fresca del primo pomeriggio e sgranchì le gambe come meglio poté. Tommaso uscì dopo un paio di minuti. Aveva in mano una busta. Saliti in automobile ripartirono alla volta della loro destinazione. Tommaso aprì la busta e tirò fuori un paio di dolci che erano stati fatti in casa. Lo diede uno a Lorenzo e non disse nulla. Mangiarono e poco dopo Tommaso tirò fuori una bibita. Poi un altro dolce che però Lorenzo rifiutò con un semplice gesto della mano. Tommaso finì quel dolce e prese quello che aveva offerto a Lorenzo e questi capì. Tommaso stava mangiando per nervosismo. Avrebbe voluto dire una battuta ma entrarono in Ungheria. Tommaso guardò il cartello con il segnale del confine e sospirò. Un’altra nazione e poi la Romania. Altre otto o dieci ore e sarebbero arrivati. Avrebbe finalmente visto Irina. L’avrebbe baciata e avrebbe chiesto scusa per aver dubitato 110 di lei. Si rese conto che non aveva intenzione di lasciarsi influenzare da Lorenzo. Era logico quello che gli diceva però sentiva che non era vero. L’amore sta alla logica come l’arcobaleno alla notte. disse dopo aver meditato su quanto sentiva. Lorenzo non diede voce ai suoi pensieri. << >> Tommaso aprì il finestrino e prese un paio di boccate d’aria. Disse poi, dopo aver pesato la voce e i termini << Mancano otto o dieci ore. Forse qualcosa di più. Arriveremo e vedremo. So che questo cambierà la nostra vita e … ti chiedo scusa per averti fatto dei torti. O meglio per averli fatti a te e alla tua famiglia. >> Rimase in silenzio sperando che Lorenzo potesse chiedere scusa a sua volta. Avrebbe perdonato i suoi sospetti e quelle insinuazioni che un amico non dovrebbe sollevare. Avrebbe ricucito il rapporto magari fingendo. Avrebbe voluto che la coppia si consolidasse così come era stato per Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o per Carlo Pedersoli e Mario Girotti. Lorenzo invece annuì come se avesse semplicemente sentito parlare di un probabile temporale vedendo le nubi nere all’orizzonte. Tommaso attese sino a che poté. Poi decise che non poteva considerare amico quell’estraneo accanto a lui. Non poteva considerare amico colui che metteva zizzania nel suo rapporto. Colui che aveva destabilizzato la sua mente. Era lui che commentava quel quadro senza averne competenza. Sembrava uno di quei critici d’arte che parlano con paroloni che solo loro capiscono. Tommaso decise di far finta di nulla. Avrebbe dato il ben servito a quella persona che aveva considerato amico. Iniziò a pensare a quante volte aveva fatto favori e quali. Era andato a prenderlo in mezzo alla strada alle due di notte perché gli avevano rubato la moto. Lo aveva accompagnato 110 in ospedale a farsi le visite. Aveva organizzato lo studio e lo aveva invitato quando sapeva che Lorenzo stava a spasso. Lo aveva aiutato con il trasloco. Aveva mantenuto la sua roba in ogni dove nella casa dei genitori litigando con questi. Da parte sua Lorenzo aveva fatto ben poco. Era anche vero che Tommaso non gli aveva mai chiesto nulla di particolare. Certo i soldi li aveva presi dallo studio però sapeva che avrebbe restituito sino all’ultimo centesimo. Valutare ciò che avevano fatto l’uno per l’altro era difficile, anche quantificarlo, purtuttavia quell’esercizio mise Tommaso nelle condizioni di chiusura. Chiuse il rapporto poiché Lorenzo era diventato … un estraneo. 110 Anişoara La madre stava sciacquandosi il viso. Sapeva di non poterle parlare. Temeva che anche la sua presenza potesse provocare una reazione o forse alimentare la semplice discussione. Aveva visto gli occhi della madre che fissavano lo zio. L’aveva vista adirata seriamente per la prima volta. Si rese conto che con lei non era mai stata adirata in quel modo. Vero era che qualche volta aveva alzato la voce ma mai in quello stato. Sentiva di dover dire qualcosa per addolcire il momento. Il problema è che non sapeva cosa. Poteva parlare di Tommaso ma forse l’ira della madre si sarebbe scagliata su di lei e avrebbe attirato la sua collera come un parafulmine. Silenziosamente si mise seduta al suo solito posto. Pregò affinché qualcuno entrasse nel negozio, anche per sbaglio. La madre fece scorrere l’acqua sui polsi. Perla prima volta vedeva la sua forza e la sua debolezza. Sentiva stranamente di volerle bene come non mai. Cosa fosse non sapeva spiegarselo ma era una situazione che la faceva soffrire e voleva abbracciarla. Piangere con lei. Dirle che era la mamma speciale che amava tanto. Ti voglio bene mamma. guardando nella sua direzione. << >> disse con voce sicura Irina si voltò verso la figlia e vide la paura ma anche qualcosa di nuovo nella figlia. Vide che per la prima volta poteva parlare apertamente con lei. Anna sorrise e lentamente, più per paura che per altro, si alzò per andare ad abbracciare la madre. Accelerò gettandosi su di lei. Anche se la superava in altezza si ritrovò con la testa sul suo ventre. Sentì il profumo della madre che si distingueva dolcemente da quello dei prodotti peri capelli. 128 Sentì il suo calore e sentì le carezze date sulla sua testa. Alzò lo sguardo e cercò il suo. Vide la madre che stava piangendo. Piangeva silenziosamente e quello provocò un dolore che non avrebbe saputo spiegare a parole. Decise di parlare di ciò che sentiva senza parlare di altro. << Mami ti voglio veramente bene. >> << Cosa ti prende? È la prima volta che … >> Anna non diede modo alla madre di continuare. Stava piangendo senza rendersene conto. Piangeva per un aggroviglio di sentimenti. Capì che stava piangendo quando le dita della madre gli asciugarono le guance. Sentì il calore della madre e le dita raggrinzite per i frequenti lavaggi. L’aveva considerata un’amica da quando era ritornata dall’Italia. In quel momento sentiva i suoi veri sentimenti. Sentiva l’amore di una madre. << Mami quello che vuoi tu voglio anche io. >> << Secondo te cosa voglio? >> chiese Irina con una voce dolce anche se il corpo ancora tremava. Pensò di risponderle con il nome dell’italiano ma sentì che non era la verità. Non sapeva cosa volesse la madre eppure sapeva quello che lei voleva. Io voglio vederti come eri. qualcosa che non afferrava. << >> disse cercando di esprimere La madre sorrise. Si mise seduta e vide quanto fosse alta la figlia. Era orgogliosa per quello. Sapeva che stava crescendo bene anche con tutte le difficoltà che incontravano. Sentiva che la figlia aveva un animo buono e ciò le diede quel dolce dopo tutto. << Vuoi rimanere qui con i nonni? >> Lei capì. Sapeva cosa le stesse chiedendo. Decise di non mentire Voglio stare con le mie amiche e i miei amici. Conosco tutti a scuola. Poi ho provato a studiare l’italiano ma non ci << 129 riesco. Non sono brava come te. Vorrei stare qui perché qui è il mio mondo. >> Disse quell’ultimo concetto allargando le braccia come ad includere tutto il negozio. Irina sorrise e decise che doveva parlarle senza però parlare dello zio. Temeva e perciò Io amo Tommaso. Lui è un uomo bravo. Ha molte difficoltà ma so che sa amare. Ti vuole bene. Non per tutti i regali che ti ha fatto. Quelli per lui sono cose di poco conto. Ti vuole bene perché … ti capisce. Fidati di me. Io la amo e penso che vivremo insieme. << Abbiamo i nostri problemi, dovuti anche a questa situazione. Però se qui non dovesse funzionare io … io andrò da lui. Ovunque si trovi io lo troverò e starò con lui. Ti scrisse una lettera. Ricordi? >> << Anna fece mente locale e ricordò quando la madre la prese in disparte, i primi giorni dal suo ritorno in Romania. Lesse una lettera traducendola dall’italiano. Ricordava qualcosa ma preferì che la madre le esponesse quel concetto, anche perché oramai erano passati tre anni e lei era cresciuta. Tante cose erano cambiate. Aveva ritrovato una madre che tornava in casa solo per agosto e raramente per le feste. Aveva sentito parlare di quell’uomo giorno dopo giorno senza che però lei le mettesse pressione. Aveva visto i nonni ammalarsi e la madre impegnarsi con il negozio e con i nonni. L’aveva accompagnata a danza anche quando c’era la neve. Nella lettera lui ti diceva che mi amava ma che non avrebbe fatto di tutto per farci stare insieme. Avrebbe anche rinunciato ame, al nostro amore se questo era ciò che avrebbe permesso di farci stare insieme. Se tu volevi lui si sarebbe trasferito qui oppure sarebbe rimasto lontano da noi. Ti lasciava la scelta e voleva che tu scegliessi con tutto l’egoismo del quale fossi stata capace. << Disse anche che non ti mandava i regali per comprarti ma per farti stare bene. Ti ricordi uno degli ultimi messaggi che ti ho letto? Diceva che se tu sorridi mi rendi felice e questo è 130 << sufficiente per lui. Te lo leggo. >> La madre prese il telefonino per la prima volta dopo tanto tempo. Cercò il messaggio piangendo mentre li scorreva. Poi Tutto ciò che faccio è per egoismo. Saperti felice mi fa star bene per questo mi impegno adonarvi il sorriso. E aggiunse… Ti invio i soldi per comprarle quelle scarpe perché altrimenti il tuo cuore può soffrire nel vederla triste per una mancanza… e poi … Lo sai che ti amo e faccio tutto per farti star bene. Ti amo… E così chiuse il messaggio. In pratica ci ama. Ama me e di riflesso ama te. Ovviamente. Non ti conosce ma ha tanto di quell’amore … >> << << Andremo << Non in Italia? >> lo so. Ti posso solo dire che … vivremo con lui. 131 >> Ioan La faccia della sorella lo aveva colpito. Era la prima volta che la vedeva alterata. Da piccoli lei lo aveva sempre trattato con rispetto. In famiglia erano gli uomini a comandare e le donne si occupavano di tutte le faccende. Difficilmente le donne rispondevano anche se la sorella faceva eccezione. Spesso rispondeva a tono e spesso sembrava ribelle. Eppure mai una volta l’aveva vista adirata con un membro della famiglia. Quell’espressione lo aveva colpito. Aveva necessità di tornare in casa e parlarne con il padre. Sapeva che trattava Irina in modo speciale. Era stato così. Il padre trattò duramente lui mentre la madre tratto duramente la sorella. Il tragitto dalla città al paese era di un’ora di macchina. Strade che d’inverno divenivano trappole si contorcevano tra le montagne. A tratti le pareti delle montagne provocavano ansia per quanto alte e per quanto la strada fosse stretta. Spesso non si vedeva chi arrivasse dietro una curva e quei tratti erano sempre percorsi a velocità ridotte. Eppure Ioan camminava sempre con il piede sull’acceleratore. Sembrava avere sempre fretta. Doveva dare la sua versione ai genitori prima che Irina potesse rientrare in casa. Doveva anche trovare il modo di parlare di Sofia. Però quello, pensava, era un problema secondario. Durante il percorso si preparava le diverse versioni per cercare quella che potesse essere convincente e che potesse ridurre qualsivoglia punizione. Si sentiva sempre umiliato per le punizioni che i genitori gli infliggevano. Lo trattavano come un bambino anche se era in compagnia con i suoi amici. Considerò l’idea di omettere il nome di Sofia e di dire solo della sua idea di far rimanere in Romania Irina e della sua reazione esagerata. Poteva sempre parlar male dell’italiano 132 come se fosse tutta colpa sua. Sapeva di aver fatto bene a parlar male di quello sconosciuto, anche perché voleva che la sorella rimanesse ad assistere ai genitori. Anche loro preferivano così. Espressero quel desiderio durante la prima cena di natale quando l’argomento Tommaso venne post sulla tavola. Il padre aveva mostrato accomodamento. Durante tutta la serata sembrava volesse accettare la partenza della figlia e della nipote. Era convinto che la sua felicità non era con loro in quel paese. Però la madre portò tutti alla realtà. Loro erano anziani e avevano bisogno di cure, le quali un uomo non avrebbe potuto mai espletare. Perciò Irina era un tassello importante della famiglia e quella constatazione lo rese più sicuro. Arrivò sulla soglia. Lì tutte le case sono colorate e quella non faceva eccezione. Vicino un giardino che un tempo fu meraviglioso. C’erano fiori di molte specie e qualche selezione che il padre riusciva a fare quando era in casa. Si fermò poco distante dall’ingresso per non allarmare la madre. Entrò in casa e vide il padre seduto sul divano a leggere il suo solito quotidiano. Vide un uomo che lo aveva cresciuto facendo sacrifici e spendendosi anche in molte litigate. Erano state più le bastonate che le parole mentre la madre compensava con il suo amore. << Padre! >> L’uomo posò il giornale mettendo un segna pagina prima di chiuderlo. Si voltò e vedendo il volto del figlio capì che doveva sedersi sulla sua poltrona. Era una tradizione che aveva adottato alla morte di suo padre. Aveva ricevuto in eredità alcuni mobilie quella poltrona era quella che amava di più. I suoi fratelli e le sue sorelle lanciavano ancora frecciatine perché volevano quella che era una “signora” poltrona. Prese l’abitudine di non sedersi sopra spesso. La usava solo 133 per eventi eccezionali. Le elezioni, i mondiali di calcio oppure una lezione che doveva dare ai figli. Guardò il figlio con il suo sguardo sostenuto. A quello chiunque abbassava il proprio, anche il figlio che tanto gli somigliava. Il figlio iniziò adire << Ho litigato con Irina perché lei vuole andare in Italia. Ho detto a lei che è l’unica a poter stare qui. Lo sai. Voglio aiutarvi ma ho i miei problemi. >> Il padre disse in modo naturale << Sofia. Lo so. >> A quella notizia Ioan rimase in silenzio. Cosa sapeva suo padre? Sapeva che era incinta? E chi l’aveva avvertito? Forse Sofia. Voleva sposarsi e quindi era ovvio che avesse avvertito chiamando i propri genitori. Il padre interruppe il suo pensiero. << Se pensi che noi siamo solo delle suppellettili ti sbagli. I genitori di Sofia hanno chiamato dicendoci che state insieme. Ti ha incastrato? >> Ioan si sentì perso. Sapeva che quello che era iniziato come un puro divertimento era diventato qualcosa che avrebbe dovuto gestire. Forse poteva sfruttare la cosa a suo favore ma l’idea che i suoi sapessero della gravidanza non gli andava giù. Non voleva impegnarsi specialmente con una ragazza che non aveva quello che cercava. Appunto. >> disse riprendendosi e cercando di girare la ruota a suo favore << Proprio perché aspetta un figlio dame Irina deve rimanere qui. Se va in Italia si porta via Anna e ci abbandona proprio nel momento del bisogno. È per questo che abbiamo litigato. Non può andar via. >> << Il padre rimase in silenzio. Aveva ricevuto una notizia che gli diede da pensare. Il figlio era stato con la ragazza e l’aveva compromessa. Lui credeva che stesse giocando con lei. Sperava che non facesse una cosa del genere. 134 Eppure era lì, davanti a lui, a parlare di Irina con quel tono che non poteva avere visto quel che aveva combinato. Spero vorrai smetterla di parlar male di tua sorella. Lei ha avuto una bambina e l’ha cresciuta facendo moltissimi lavori in Italia. È grazie a quell’italiano che disprezzi che lei ora è qui con noi. >> << Padre non parlo male di lei. Dico solo la verità. Lei vuole andar via e portarsi via Anna, tua nipote. Noi l’abbiamo cresciuta. Chi si è occupato di lei quando ha avuto la varicella? Chi si è occupato di lei quando ha avuto gli orecchioni? E chi l’ha curata quando è caduta e si è fatta male? Potrei continuare a lungo. Ora lei vuole portarla via da noi, la sua famiglia. Per questo gli ho detto che … >> << Entrò la madre. Il padre la guardò cercando di farle capire che non doveva intervenire ma lei l’ignorò. Ogni volta che i suoi due uomini discutevano lei voleva essere presente poiché sapeva che il marito era di mano pesante. << Cosa è successo? >> domandò al figlio ma rispose il marito Ha messo incinta la ragazzina dei tuoi amici, quelli che ti hanno chiamato qualche giorno fa. >> << La madre allargò le braccia e strinse il figlio al petto. Già immaginava il piacere di organizzare il suo matrimonio. Ioan intuì di essere nei guai e per non peggiore le cose disse << Stavamo discutendo di quella pazza di tua figlia. >> Quell’espressione fece balzare in piedi il padre. Era furioso per quella mancanza di rispetto e per quello che la moglie gli permetteva di fare. 135 Confronti Il mezzo era parcheggiato poco distante dall’ingresso. Lei lo vide e parcheggiò la sua auto dietro. La differenza era palese. La macchina di Ioan era sportiva e nuova mentre la sua era un’utilitaria di seconda mano. Irina non badava a quelle cose mentre Anna aveva più volte chiesto alla madre perché di quella differenza. Irina si mise in modo da bloccare il fratello. Sarebbe entrata in casa con Anna e avrebbe chiarito il tutto quella sera stessa. Anna entrò per prima e si avviò direttamente nella stanza del nonno. Così come in passato l’uomo trattava gentilmente tutte le donne della sua casa. Anche la nonna trattava bene la nipote, visto che era l’unica sino ad allora e credeva che il figlio maschio non avrebbe mai messo la testa a posto. Irina entrò in soggiorno e trovò i genitori seduti sul divano mentre il fratello era in disparte a parlare con qualcuno al cellulare. Irina salutò i genitori e attese che il fratello si decidesse a chiudere quella conversazione e a confrontarsi con la famiglia. Temeva che avesse raccontato la storia secondo una visione tutta sua e temeva altresì di dover faticare nel cercare di riportare la discussione secondo verità. Ioan concluse la telefonata e si mise seduto su una sedia in modo da essere alla destra del padre e da riuscire a tenere Irina lontana. Lei iniziò adire << Vi avrà sicuramente detto di quello che ha fatto. >> I genitori erano stranamente sereni. Sembrava che nulla fosse accaduto. Irina rimase spiazzata ma subito riprese le redini del discorso Posso capire che voi mi possiate domandare di rimanere qui in Romania ma non tollero che lui usi i suoi mezzi per… << >> 121 Ioan non disse nulla ma non sostenne il suo sguardo. Qualcosa era cambiato e lei era consapevole che l’ambiente non era quello che si aspettava. I genitori non la stavano attaccando e il fratello non era pronto a sguainare la spada. Era tutto surreale. << Se deciderò di partire, di sposarmi o altro ve ne parlerò ma valuterò i vostri consigli e non mi lascerò influenzare da questi. Perciò! Non so cosa lui vi abbia detto. Vi dico solo che non accetto che lui mi voglia comandare e voglia… >> Il padre si alzò e andò a sedersi nella poltrona che lei conosceva bene. Sembrava più stanco del solito e i suoi malanni sembravano comunque lontani. Ora che tuo fratello sta per diventare padre le cose cambieranno. >> << Quello fu un colpo per Irina che stava per sfogare nuovamente la sua rabbia ma questa volta contro il fratello. Eppure il padre conosceva i figli e subito aggiunse Figlia mia. Ti vogliamo bene e vogliamo tu viva la tua vita. Voglio che tu sia felice e che ti accolli le responsabilità delle tue decisioni. Non dovrai pensare a noi visto che la compagna di Ioan vivrà qui. Ti siamo grati peri sacrifici che hai fatto nei nostri confronti ma tu hai sempre confuso i ruoli. È vero che ho problemi e che tua madre non sta molto bene. << Anche tu hai i tuoi problemi. Se quell’italiano è la persona per te io non lo so. Lo spero. Spero che tu possa stare con la persona che ti rende felice. Tua madre ed io sappiamo che la vita è difficile e che spesso ciò che l’uomo sceglie è di accontentarsi. Possiamo essere felici se non scendiamo a compromessi. Perciò se vuoi partire o vuoi rimanere spetta solo a te. << Ciò che ti chiediamo è di poterti vedere e sentire spesso. Di sapere come cresce Annina. Vogliamo tu viva ovunque ma felice. Vogliamo che tu sia prima di tutto nostra figlia e non la nostra badante. Perciò … Chiama il tuo compagno e se sarà destino vivrete insieme altrimenti sei bella e capace … << 122 troverai ciò che ho trovato io. >> Abbracciò la moglie che si era messa seduta sul bracciolo. Irina stava piangendo e si voltò verso il fratello con il quale aveva dei conti in sospeso. Anna si unì all’assemblea. Il fratello le indicò di avvicinarsi ma Irina la bloccò. Non posso perdonare le tue cattiverie. Sino a che non mi chiederai scusa per tutto il male che mi … che ci hai fatto … << >> Ioan stava per parlare quando all’ingresso una mano pesante bussò. L’anziano uomo andò ad aprire mentre Irina si asciugò le lacrime. Guardò Anna e stava per dirle di andar via quando sentì Venite! >> La voce dell’uomo rimbombò per tutta la casa. Tutti, ad eccezione di Ioan, si affacciarono. All’ingresso una vicina aveva il volto rosso. Loro guardarono la scena ma non capivano. Poi dietro la donna videro un uomo con delle occhiaie che lo rendevano più stanco di quanto non fosse. << << Tom? >> Lorenzo e Tommaso arrivarono nel paese dove vivevano i genitori di Irina. Era più facile trovare loro che la ragazza in città. Tommaso iniziò a chiedere alle persone che erano in un bar ma il suo inglese e quello degli indigeni facevano a lotta. Tommaso capì che doveva solamente chiedere di Irina e di Anna aggiungendo il cognome da nubile di lei e da sposata. Eppure a quel bar sembravano tutti stranieri in terra straniera. Lorenzo non aiutò l’amico. Attendeva di vederlo entrare nella casa che lo avrebbe ospitato mentre lui avrebbe fatto marcia indietro. Avevano litigato e avevano concluso il loro rapporto. Lui rimaneva solo per lasciargli le valige. Tommaso iniziò a bussare alle varie porte. Ogni volta sembrava che si intrattenesse qualche istante di più. Poi entrò in una casa. Pochi minuti e una donna uscì insieme a 123 lui. Entrarono in auto e lei diede indicazioni per arrivare alla loro meta. Tommaso aveva un’altra espressione. Era gioviale e aveva la speranza in corpo. Arrivarono e videro due auto di cui una messa di traverso. La donna disse più volte il nome Irina. Poi scese e corse alla porta. Tommaso non capì subito. Quando vide aprirsi la porta decise di raggiungerla. Poi vide quell’immagine che aveva sperato di vivere da tantissimo tempo. Lei domandò sorpresa << Tom? >> e lui sorrise. Era stanco e sentiva il peso degli eventi. Si voltò per andare verso Lorenzo. Da dietro i passi di Irina stavano per raggiungerlo ma lui doveva chiudere quello che era ancora socchiuso. Lei si fermò quando vide l’amico che stava lasciando le valigie in strada. Tommaso non disse nulla. Prese le valigie e si avviò verso di lei mentre Lorenzo ritornò perla strada dalla quale erano venuti. Tommaso sorrise e disse solamente << Ho bisogno di un paio di ore di sonno. Ti prego non lasciarmi fuori. >> Poi cadde svenuto e sentì solamente la voce di Irina che lo chiamava urlando ma non poteva svegliarsi. Tommaso si ritrovò dentro un letto. Vicino a lui una bambina lo guardava incuriosita. Quando questa vide che si era svegliato si allontanò. Tommaso sentiva di essere sereno. Qualunque cosa fosse accaduta lui aveva raggiunto quello che aveva sempre desiderato. Pace. L’uomo che si affacciò era anziano. Parlava ma la sua lingua era sconosciuta a Tommaso. Si decise ad uscire dal letto e chiese << Dov’è Irina? Where is Irina? >> Anna iniziò a rispondere in un inglese scolastico e Tommaso capì così che Irina era al negozio. Forse aveva dormito più del dovuto. Forse stava disturbando. 124 Incontro Il bagno ristoratore tolse la puzza del viaggio. Ristorò le ossa e le carni ma non l’anima. Tommaso sapeva che doveva andare a parlare con lei. Non conosceva la linguae non sapeva come parlare alle persone lì presenti. Prese il cambio e si vestì. Era elegante visto che quello era il vestito che aveva scelto per impressionare il potenziale cliente. Eppure si sentiva fuori luogo. Cercò di orientarsi in quella casa e alla fine trovò il soggiorno dove probabilmente i genitori di Irina erano lì in attesa di lui. Anna era seduta davanti al televisore e spense lo stesso quando vide l’immagine riflessa sullo schermo. << I want Irina. Can I go … ehm … >> Anna prese la sua mano e lo condusse fuori dopo aver preso le chiavi. L’auto che aveva visto quando era arrivato era lì, quindi quella che era parcheggiata dietro era stata usata da Irina. Anna fece da navigatore. Con le mani indicò dove girare sino ad arrivare dinanzi al negozio. Lei diede un piccolo pugno quando vide che lui voleva parcheggiare in mezzo alla strada. Lo condusse in un parcheggio poco più avanti. Scesero ma lei corse subito al negozio. Sembrava contenta. Tommaso la raggiunse e vide che Irina stava lavorando. Non entrò. Lei lo guardò e si capirono. Lui andò in giro rimanendo vicino al negozio. Trovò un bare prese un caffè, visto che non sapeva ordinare altro. Poi venne raggiunto da Anna e lei prese un paio di panini. Tommaso sentì la fame. Era tanto che non mangiava? Non lo sapeva. Però sapeva che poteva gustarsi il panino senza fretta. Prese il cellulare e chiamò la madre. Si! Sono arrivato. Qui con me c’è Anna … Si! È bella. Mi ha preso un panino …. Irina? Sta a lavoro … Hai sentito Lorenzo? Visto? >> << 125 Tommaso si rese conto che erano passati tre o quattro giorni. In realtà era stato in un dormiveglia. Sembrava che dormisse ma il letto nuovo e le emozioni lo avevano tenuto in un limbo. Si ricordava di aver mangiato e poi dormito. Si ricordava di un medico che l’aveva svegliato con qualche buffetto. Tommaso attaccò la comunicazione. Sapeva di non avere molto credito e voleva conservarlo. Anna lo guardava incuriosita e lui non badò a lei. Era in cerca di risposte a domande che non aveva modo di esprimere. Lorenzo aveva ingannato il suo animo o aveva semplicemente portato alla luce quello che lui stesso voleva nascondere? Ora era lì e vedeva quello che poteva definirsi realtà. Si avviarono al negozio e videro che la cliente stava pagando. Qualche sorrise. Due parole e poi se ne uscì. Tommaso entrò con aria incerta. Aveva una strana sensazione ma stava costringendosi a pensar positivo. Irina lo guardò con la durezza che lui aveva scoperto in uno dei pochi litigi che avevano affrontato. C’era qualcosa e lui sapeva ma non voleva credere che … << Non dovevi venire. Ti ho detto che sarei venuta io. >> Lo so. Ho sbagliato. È che … ho sentito che dovevo farlo. >> << Lei sembrava nervosa e adirata. Tommaso sentì la mano di Anna e fu quel contatto che lo mise in movimento. Lasciò quella mano e si diresse verso Irina. L’abbracciò e la baciò. Sentì il suo profumo, il suo calore. Il sapore del bacio era come lo ricordava. Irina non si abbandonò a lui. Tommaso prese le distanze e capì che lei non aveva apprezzato quella sorpresa. Provò con il dire Ho letto il messaggio. Ho capito. Però devi sapere che io ti amo quanto tu stessa hai detto. Mi hai scritto che sono parte della tua famiglia. Lo hai fatto dopo tantissimo tempo. 126 << Ho ricevuto il messaggio solo quando sono uscito dall’Italia. Se lo avessi avuto primati … >> << Basta. >> Irina era calma ma non sembrava avere l’intenzione di perdonarlo. Era rimasta in sospeso sino al suo arrivo. Era rimasta sconvolta nel vederlo. Ancor più nel vederlo svenire. Aveva combattuto con il fratello e aveva vinto. Eppure non apprezzava quel gesto. Voleva che il suo uomo avesse piena fiducia in lei. Voleva un rapporto speciale così come lui aveva iniziato a creare prima di quella visita. Prima del litigio. Prima che tutto cambiasse colore. Anna era in attesa. Sperava di poter vedere il sorriso della madre. Voleva intervenire ma decise di uscire e di evitare che chiunque potesse interferire. Irina non badò alla figlia. Rimase a guardare quell’uomo che l’aveva tradita. Che non aveva creduto in lei. Che era stato capace di parole dolci ed uniche mentre alla fine si mostrò per quello che era. Tommaso stava aspettando la sentenza. Sentiva la rabbia salire sino in gola. Sentiva che stava per rompersi anche quel qualcosa che lo teneva lì fermo ad attendere. Decise senza però dar modo di poter tornare indietro. << Addio. Sono venuto per dirti addio. >> Si voltò. Voltò le spalle per non guardarla più. Si avviò verso l’uscita. Strinse la mano alla bambina e si diresse verso l’automobile. Silenziosamente sarebbe tornato in quella casa. Avrebbe preso i bagagli e sarebbe sparito. Niente Italia. Niente Romania. Solo un lupo solitario come era sempre stato. Avrebbe condotto una vita vissuta alla giornata. “Mai più ricordi”. Mentre si avvicinava alla macchina ripeteva a sé stesso quel concetto come a farne radici di una nuova religione. I volti divennero tutti uguali. I colori sparirono. L’auto si avviò e lui si spense in un solitario silenzio. 127 Simone e Anna Il padre di Irina era davanti a Tommaso. Sembrava giganteggiare ma ancor di più era d’ostacolo a quella fuga. Gli occhi dell’uomo erano fissi in quello di Tommaso. La moglie stava telefonando. L’uomo disse più volte il suo nome. Si chiamava Simone. Però riuscì a far capire solo quello. Tommaso voleva scansarlo ma quello stava diventando passato. Le borse erano strette e il formicolio alle dita iniziò afarsi sentire. Simone si spostava danzando con quell’uomo. Vedeva che non abbassava il suo sguardo. Vedeva la tristezza del vuoto che aveva la uso interno. Sentiva che qualcosa non andava in lui e temeva per quello stato. Voleva impedire che uscisse anche perché eras traniero. Al telefono la moglie urlò. Simone si voltò e disse nella sua lingua << Anna. Cosa è successo? Non vuole venire? >> Annasi affacciò. Vide lo sguardo assente di quel ragazzo ma temette più perla salute del marito. Era in piedi da troppo tempo. Simone capì la moglie e senza che lei parlasse prese il braccio di Tommaso per portarlo in soggiorno. Tommaso non si mosse. Mentre i due sembravano stessero per ingaggiare una lotta alla porta arrivò un segnale. All’ingresso una giovane minuta salutò la padrona di casa. Vide i due uomini e disse subito << Sono Alexandra. Amica di famiglia. Tu sei amico di Irina? >> Tommaso guardò la figura e abbassò la testa. Simone continuò a tirare il braccio. Disse qualcosa e Alexandra intervenne << Sta dicendo di aver pazienza. Seguilo. Vuole parlarti. >> 128 Tommaso disse con voce calma e con rassegnazione. Non ho intenzione di parlare. Non mi intrattengo. Devo andar via. Andare per la mia strada. Seguire la mia vita. >> Simone ascoltò la traduzione e diede uno schiaffo a quell’uomo. Tommaso non rispose. Guardò i presenti e disse << Digli che mi dispiace. Ho provato ad amarla ma non può funzionare. Sino a che lei non aprirà il suo cuore non potrò amarla e non sarà mai amata. >> << Anna prese la parola e il tono era simile a quello che Irina aveva durante i suoi momenti di rabbia Sei sicuro di quello che dici? Oppure hai paura di lei e della sua situazione? Hai fatto tanto e mi domando il perché. Se non l ’amavi non avresti fatto quanto hai fatto. Devi capirla. Ha vissuto sempre in mezzo ai problemi. Ti chiedo solo di aspettare. Non essere egoista ora. >> << Tommaso diede un pugno alla parete. Era un pugno di rabbia. Si sentiva in gabbia. Sentiva che loro non capivano. Lei non lo voleva. Lei lo aveva rifiutato. Anche lui aveva avuto difficoltà nella vita. Eppure non aveva smesso di amare e di cercare il futuro. Non aveva smesso sino a che non era stata lei a negargli l’amore. A negare il perdono. Tommaso voleva solamente andarsene. Simone riuscì a portarlo in soggiorno seguito da Anna e da Alexandra. Simone ed Anna iniziarono a parlare tra loro e sembrava stessero discutendo come se lì non vi fosse quello straniero. Alexandra si mise in disparte. Simone alla fine fece accomodare Tommaso sulla sua poltrona. La moglie sembrò meravigliata. Simone disse Attenderai mia figlia perché dovete chiarirvi. Lei ha vissuto una vita difficile. Noi non siamo stati capaci di darle quello che volevamo. Si è sposata giovane e ha divorziato non appenala figlia ha fatto tre anni. Lei non ha più aperto il suo cuore alle persone. Ha creduto in quell’uomo e quell’uomo l’ha tradita. Ha tradito quello che per Irina era 129 << sacro. La famiglia. Tu dovresti riuscire a capirla. Se l’ami dovresti rimanere qui. So che hai i tuoi dubbi e che il torto è da entrambi le parti. Eppure so anche che vi amate. Ogni difficoltà si supera basta guardare oltre. Basta guardare il progetto che si ha e che si vuole condividere. Anche io e mia moglie abbiamo litigato spesso. Alle volte sembrava finita. Alle volte avrei voluto abbandonare tutto perché combattere mi faceva male e mi toglieva energie. << Ti comprendo perché anche io sono stato come te. Sono stato sull’orlo di una crisi che non mi lasciava dubbi. Ero sicuro che non ci sarebbe stato futuro tra noi due. >> e strinse la moglie a sé << Eppure tutto si supera. Tuttavia occorre mettere l’orgoglio sotto i piedi perché non aiuta. >> << Tommaso dovette far cessare quella valanga di parole tradotte quasi in tempo reale. Non è orgoglio. Ho sbagliato io. Sono venuto senza avvertirla. Ho dato retta al mio … a Lorenzo che mi ha accompagnato. Ho avuto dubbi su di lei. Su di voi. Lei ha ragione a non volerne sapere di me. So benissimo che ho tradito la sua fiducia. Lei voleva un uomo capace di fidarsi nonostante tutto. Eppure io ho provato a farlo. È stato difficile ed ho combattuto con tutte le mie forze. Ho deciso di parlarle per cercare di ricucire lo strappo però ho mostrato quello che realmente c’era. Assenza di fiducia. << Come fidarsi se non ci si apre? Come fidarsi se non ci si ama. Vostra figlia non si ama. Le ho detto spesso amati così mi ami. Non mi ha capito. Se si amava avrebbe trovato il tempo per noi. Se si amava non si sarebbe ammalata al punto da costringerla a non venire. Se si amava avrebbe comunque fatto qualcosa per amore. Eppure non lo ha fatto. Come può dire di amarmi se non ha fatto niente per me? Non intendo gesti straordinari. Non intendo neanche che lei dovesse venire e fare follie. Intendo anche lasciarmi permettersi con un altro. Intendo dire che poteva scegliersi una vita. << << Poteva dirmi di sì e crederci. Dirmi di sì e affrontare le 130 conseguenze. Curarsi. Prendersi tempo. Dedicare tempo a sé stessa per poter avere tempo per noi. Oppure decidere di troncare il rapporto. Di dirmi che amava un altro. Doveva lasciarsi amare. Lo sapeva. Sapeva benissimo che io avrei solamente chiesto se fosse realmente felice. La amo e l’ho amata. Eppure lei non si ama e mi ha reso difficile amarla. E il problema non era venire in Italia. Non erano i soldi. Non erano le telefonate mancate, gli sms che lei mi mandava quando decideva e che pretendeva da me creando disparità. Avrei perdonato tutto. E l’ho anche fatto. Ma non posso perdonarle di non aver capito che per amarmi doveva amarsi. Perdonarsi a me doveva avere qualcosa da donare. Doveva capirsi per capirmi. Doveva affrontare i suoi demoni. Doveva anche aprire il cuore ad altre persone perché così se avesse scelto me sarei stato sicuro che avrebbe scelto. << Così come stanno le cose lei non ha scelto. Lei si è lasciata trasportare. Ha creduto che fosse dire ti amo per dare amore. Non ha capito che avevo necessità di essere scelto. Avevo il disperato bisogno di essere indicato tra una selezione di aspiranti. Se un domani trovasse qualcosa da ridire? Se litigando dovesse dirmi che si pente per aver creduto in me? Sarei io quello che ha sbagliato tutto. Se mi avesse scelto la colpa sarebbe almeno equa e nel rapporto ci sarebbe quell’equilibrio tale per cui si può fare famiglia. << Avremmo potuto piangere e ridere. Litigare e far la pace. Ma non ci sarebbe stata nessuna opzione. L’amore è anche decidere di rischiare. Sbagliare. Ma io gli ho offerto la possibilità di scegliermi. Volevo che lei scegliesse sé stessa. La sua felicità. Senza pensare alla figlia. Senza pensare a quello che le donavo. Doveva criticamente vedere quello che ero e che le offrivo e dirmi se ero io l’uomo che la rendeva felice. Le ho sempre detto che non avrei detto nulla se si fosse presentata con un uomo e mi avesse detto che quello la rendeva felice. << Certo avrei accusato il colpo ma proprio perché l ’amavo sarei stato ben disposto a vederla con un altro. So che è assurdo ma io vivo l’amore così. Per me amare vuol dire donarsi anche se questo donare non trova pari valore. << 131 L’amata deve amarsi e deve avere la gioia di amare ed essere amata. Se ami e non trovi gioia nell’essere amato allora non è amore. Se ami e gioisci nell’essere amato e nell’amare allora è giusto. Trova compimento l’amore quando si è egoisti e si gioisce nell’amare. >> << A quelle parole Tommaso prese coscienza di quello che aveva detto. Capì che non stava fuggendo ma le stava donando ancora amore. Sarebbe scomparso dalla vita di Irina e di quella famiglia per donare ad Irina tutto il suo amore. Voleva che lei imparasse ad amare. Doveva imparare ad amare sé stessa e poi chi l’amava e non il contrario. Si alzò dalla poltrona. Si diresse verso l’ingresso e prese i bagagli. Si voltò e disse rivolgendosi ad Alexandra che stava singhiozzando Dille che questo è il mio modo di amarla. Spero capisca. Dille che ho cercato di imparare ad amare senza sapere che già amavo. Mi ha reso felice donarmi a lei. Mi ha reso vita. Ora lei dovrà amare sé stessa e quando troverà l’amore avrà trovato me. >> << 132 133 Ringraziamenti e dediche Questo libro lo dedico alla mia compagna di vita e il mio unico amore. Devo tutto a lei, anche i sentimenti. Dedico questo libro a mia madre che mi sostiene sin dalla morte di mio padre. Dedico questo libro a voi che avete avuto la pazienza di leggerlo. Ringrazio Kaily McRay per la bellissima copertina. Ringrazio tutti coloro i quali vorranno scrivermi criticandomi e dandomi consigli. Ringrazio Dio per avermi fatto così come sono, con tutti i difetti che ho. Ringrazio infine Valeria Bilello per aver contribuito, involontariamente. Nota: La conclusione che segue è dovuta alla critica di mia madre che ha detto “Sembra che non hai scritto fine.” 130 131 Conclusione Il bambino voleva che la madre l’accontentasse. Voleva andare alle giostre e non stare lì dinanzi ad una porta chiusa. La sorella lo prese in braccio e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio. Questi sembrò calmarsi. La porta non si aprì velocemente. Loro erano in attesa. Lei specialmente. Un’anziana signora aprì ed ebbe difficoltà ad inquadrare il volto. << Sono Irina. Si ricorda? >> Erano passati nove anni l’anziana sembrava ricordare. Vide che non era sola ma comunque li fece accomodare. << Come << Una sta signora? >> voltami chiamavi mamma. >> << Vero. >> disse Irina con voce bassa << Lui dov’è? >> Mio figlio? Non saprei. È in giro per il mondo. Da quando è venuto da te non è stato più lo stesso. >> << << Si è sposato? >> La donna iniziò a piangere più per rabbia che per dolore. << Lo sai. Te lo ha promesso. Non si sarebbe sposato neanche se tu … Come vedi hai messo su famiglia ed hai anche un altro figlio. Come si chiama? >> Il bambino guardò l’anziana signora e cercò di farsi prendere in braccio ma la donna non si mosse. << Lo abbiamo chiamato Tommaso. >> A quel nome il bambino si voltò e la donna anziana non poté che constatare quanto dolore stesse realmente provando. Irina continuò 132 << Tommaso mi ha amato ed io in qualche modo l’ho amato. Ho creduto che così potessi ripagare il debito. >> La donna anziana non poté dire nulla. Vedeva quel piccolo e pianse pensando che non era il nipote che sperava di avere. Tommaso era figlio unico e lei sperava di diventare nonna. Più di tutto voleva che il figlio fosse felice e sapeva che non era così. Andava in giro per il mondo adattandosi agli ambienti e chiamandola non appena poteva. Eppure era sempre triste. Non aveva entusiasmo per nulla. Aveva fatto l’allevatore e aveva assistito ad un parto di una mucca. Ma nel suo racconto c’era sempre l’anonimato. La ragazza che era lì lo aveva ridotto in quello stato e lei non poteva perdonarglielo. L’uomo al suo fianco cosa aveva di più del suo bambino? Irina spezzò quei pensieri << Tommaso mi ha insegnato ad amare. La promessa che ha fatto è il suo modo per dimostrarmi il suo amore. Ciò che non capisco è perché sia fuggito. >> << Perché avrebbe reagito in modo eccessivo. >> Irina lasciò un biglietto con scritto un numero. << Se lo sente può dargli questo numero? >> << Non penso lo farò. Come madre mi capirai. Almeno su questo sono convinta. Come madre capirai. >> La porta si chiuse alle loro spalle. Irina capì che non sarebbe stata mai richiamata perché quello era il modo per quell’anziana di amare il figlio. Lo avrebbe protetto. Anna disse << Non esiste un solo amore e non si impara mai ad amare. >> Irina non poté che guardare la figlia. Strinse il figlio a sé e con il marito si avviarono verso l’albergo. Sarebbero tornati in Romania dopo qualche giorno. Irina si ripromise di parlare con suo figlio e di insegnargli che l ’amore non è per forza perfetto. Anzi. 133