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Sceneggiatore e scrittore, Didier Decoin è membro dell’Académie Française e autore tra l’altro di La cameriera del Titanic (pubblicato in Italia nel 1998) e di altri romanzi come John l’Enfer (1977), Henry ou Henry, le roman de mon père (2006) e Est-ce ainsi que les femmes meurent? (2009) da cui è stato recentemente tratto il film 38 témoins, realizzato da Lucas Belvaux. Gare du Nord La frenesia e la multiculturalità della parigina Gare du Nord raccontano il carattere composito della collana di narrativa contemporanea di Edizioni Clichy, dedicata alla scrittura di stampo letterario, principalmente francofona ma non solo: storie, esseri umani, vite, colori, suoni, silenzi, tematiche forti, autori dal linguaggio inconfondibile, senza timore di assumere posizioni di rottura di fronte all’establishment culturale e sociale o di raccontare abissi, sperdimenti, discese ardite ma anche voli e flâneries. «Une anglaise à bicyclette» de Didier Decoin © 2011 Éditions Stock - Paris Per l’edizione italiana: © 2013 - Edizioni Clichy - Firenze Edizioni Clichy Via Pietrapiana, 32 50121 - Firenze www.edizioniclichy.it Isbn: 978-88-6799-003-0 Didier Decoin Un’inglese in bicicletta Traduzione di Angelo Molica Franco Edizioni Clichy A Jean-Marc Roberts Ciò che rassicura nell’equilibrio, è che non si muove nulla. La verità sull’equilibrio, è che basta un soffio per far muovere tutto. Julien Gracq Dietro la verità, esiste un’altra verità; qual è la verità? John B. Frogg Prima Parte 1. Ci fu un massacro a Wounded Knee, nella regione delle Grandi Pianure del Dakota del Sud. Si avvicinava, allora, la fine della Luna-degli-alberi-che-si-spaccano-e-scricchiolano-per-il-gelo e cominciava il periodo della Luna-del-ghiaccio-fin-dentro-alla-tenda, vale a dire che eravamo alla fine di dicembre, qualche giorno dopo il Natale 1890. Natale non significava poi molto per i Lakota Sioux,1 del resto non più di essere nel 1890: non contavano in anni ma in mesi lunari che riconoscevano secondo i grandi avvenimenti del passato che li avevano segnati. Così sapevano che Maton Najin (Orso in Piedi, figlio maggiore di Orso in Piedi primo) era venuto al mondo durante la Luna-della-muta-dei-pony, ossia quattro lune prima di quella dei Vitelli-dal-pelo-nero che aveva, invece, visto nascere Ehawee il cui nome significa Ragazza che Ride. Ehawee è tra i bambini che non sono stati uccisi subito. Sentendola sgolarsi sotto il corpo della madre che, mo1 I Lakota sono una tribù del popolo Sioux. 11 Didier Decoin rendo, è crollata su di lei con il rischio di soffocarla, Chumani gira la donna per afferrare la bimba tirandola su per quello che le capita in mano - le gambe. E adesso corre nella neve con questa bambina che impugna come una mazza da croquet, facendola dondolare per le caviglie con il rischio di fracassarle la fronte contro un qualsiasi ostacolo: basterebbe una semplice collinetta ghiacciata, il cranio di Ehawee è ancora così fragile, ma per fortuna la folle corsa di Chumani non incontra nulla contro cui la testa della bambina potrebbe sbattere o spaccarsi. Sotto la chioma di Ehawee la pianura è liscia e di un biancore quasi doloroso, e sale e scende a una velocità vertiginosa. Questo movimento da bilanciere procura un certo equilibrio alla donna che la porta con sé. Chumani non ha il tempo di fermarsi per mettere in piedi Ehawee e sistemarsela meglio, ammorbidendo ad esempio le braccia quasi a farne una culla, o distendendola sul petto in modo che la testolina riposi sul cuscino tiepido e morbido dei suoi seni che sembrano un tutt’uno. niente la deve rallentare, Chumani sa di dover mantenere il suo vantaggio sullo sciame di schegge di granata e di proiettili incandescenti, si ricorda il giorno in cui era stata presa di mira da alcune api di cui aveva scosso l’alveare, gli insetti si erano subito lanciati all’inseguimento, fluttuando dietro di lei come un torrente in piena, nonostante a quei tempi fosse solo una ragazzina appena più grande di quella che adesso sta tentando di strappare alla furia dei soldati americani, aveva capito che non era questione d’astuzia, ma che si sarebbe salvata dai pungiglioni delle api solo se avesse corso più veloce di loro, più veloce di quanto non 12 Un’inglese in bicicletta avesse mai corso. I frammenti di metallo che la inseguono oggi non sono più intelligenti delle api, ma sono sicuramente più rapidi, non li vede volare sopra di sé ma li sente ronzare o fischiare, il diverso rumore dipende dalla forma che hanno assunto all’impatto della granata, e poi affondare nella neve con dei fruscii arrabbiati. E lì dove cadono sbocciano larghe ombrelle di vapore grigio. Chumani sente che sta per cadere anche lei. I muscoli sono contratti e i crampi le danno la nausea, ogni volta che tenta di aumentare il passo un tizzone ardente le strazia l’inguine e sprofonda, rigirandosi, nella carne delle cosce. Per evitare di essere raggiunta troppo facilmente, nel caso in cui i soldati decidessero di lanciare una carica, si è addentrata nella neve fresca il cui freddo la rigenera come un panno bagnato su di una fronte febbricitante. Eppure, fitta e pesante, quella neve vischiosa rallenta la sua corsa. Malgrado ciò, Chumani raggiunge e supera le altre donne che come lei fuggono, e anch’esse con dei bambini che, però, portano addosso fasciati e legati sulle spalle secondo la tradizione dei Sioux. Chumani è, più di ogni altra cosa, stupita dalla calma di quei bambini. Nessuno piange né strilla come Ehawee, alcuni hanno gli occhi aperti, altri li hanno chiusi come se dormissero, tutti hanno la testa inclinata da un lato. E le loro teste ballonzolano. Solo vedendo il viso in parte squarciato di un ragazzino, la guancia che pende straziata dal collo come la buccia di un frutto dalla polpa rossa, Chumani capisce che quelle donne senza saperlo stanno trasportando dei bambini morti - i loro stessi figli, i cui corpi hanno fatto da scudo, con la loro carne hanno assorbito i 13 Didier Decoin proiettili che i soldati gli hanno sparato alle spalle. Esita a dirlo a quelle donne. Domandandosi se la bambina che lei stessa sta portando, e che ha bruscamente interrotto la sua stridula melopea, non sia anche lei morta. Certo, il sangue di Ehawee non gocciola sulla neve, ma questo cosa prova? Potrebbe benissimo essersi sparso dentro i vestiti. Allora Chumani sceglie di mantenere il silenzio e concentrarsi sulla sua fuga. Con l’impressione di aver già superato il peggio. Poiché, anche se i proiettili continuano a ronzare intorno a lei, sembrano aver perso gran parte della loro energia cinetica e le loro traiettorie terminano in modo sempre più incerto. Proprio come loro, Chumani ha bruciato il più delle forze durante i primi minuti di fuga, si sente più pesante, frenata. Il dolore alle gambe era all’inizio come quello di un giovane guerriero che trascina il suo sforzo al parossismo perché ha giurato a se stesso di arrivare al traguardo prima del miglior corridore dell’altra tribù, ma adesso questa sofferenza appartiene solo a una donna in là con gli anni, una donna all’ultimo respiro, le labbra imbrattate di una bava densa che si spande, correndo, in lunghi filamenti proprio come quei bisonti, cacciati troppo a lungo dall’uomo, il cui muso si ricopre di una schiuma bianca dall’odore rancido. Rallenta solo molto più lontano, molto dopo, quando la neve molle, in cui a colpi di anca si apre un varco, si spiana e si trasforma in una pista scintillante, calpestata dalla più grande affluenza di gente agitata, cavalli e carri che Chumani abbia mai visto. Scorge un piccolo calesse appollaiato su quattro ruote 14 Un’inglese in bicicletta alte e sottili, trainato da un pony indiano. Dentro all’abitacolo dipinto di giallo - probabilmente è per questo colore così sgargiante che Chumani l’ha subito notato tra gli altri - sono ammassati alla rinfusa feriti, morti e qualche sopravvissuto ancora sconvolto. Chumani darebbe ciò che le resta da vivere - non avrebbe in ogni caso nient’altro da offrire - perché una mano si tendesse e le aiutasse a salire su quel calesse, lei e Ehawee. Lo scricchiolio attutito delle ruote che calpestano la neve le ricorda qualcosa di dolce e confortante, come una bevanda calda e zuccherata. Sogna di sprofondare in quel lieve tramestio, di sentirsene avvolta e addormentarsi. - Oh, prendetemi! Prendetemi, implora Chumani, lasciatemi salire con voi. Crede di parlare ma, in realtà, nessun suono esce dalla sua bocca, tanto la lingua è intorpidita dall’aria ghiacciata che ha respirato durante la corsa. Allora il calesse seguita a muoversi con quel rumore zuccherato e Chumani a corrergli accanto. Le alte ruote leggermente fuori asse sembrano quasi danzare sulla neve e ipnotizzano Chumani che si distrae. Inciampa in un solco, si storce un piede e finisce per terra. Ehawee cade di schiena. Gli abiti pesanti della bambina ammortizzano la caduta, non piange, si limita a dimenarsi nervosamente come una tartaruga capovolta. Una nuvoletta azzurra fuoriesce dalle sue labbra dischiuse, una diarrea fetida imbratta le sue fasce. Il calesse giallo sparisce nella bufera di neve come dietro a una tenda di perle, ma già se ne avvicina un altro, un carro dal telone bruciato, con ancora degli stracci anneriti 15 Didier Decoin attaccati agli anelli di ferro che dondolano e si urtano in un rumorio di ferraglia. L’uomo alla guida, probabilmente un fattore, urla a Chumani di tirare su la bambina e liberare il passaggio, altrimenti le schiaccerà entrambe. Lei fa di no con la testa, non ha più la forza di riprendere la corsa, si deve riposare, deve salire a ogni costo su quel carro, solleva Ehawee e, tenendola per la vita, la porta all’altezza della sua fronte rivolta verso il fattore, ha visto preti fare lo stesso porgendo le croci, bicchieri d’oro colmi di vino, biscotti finissimi, bianchi e rotondi, e davanti a quel gesto l’interlocutore acconsentiva, spesso persino si inginocchiava. I cavalli hanno paura, si impennano. Il fattore tira le redini imprecando, i Dakota del Sud sono famosi per le loro imprecazioni, il pesante carro cigola, oscilla come se stesse per cadere, poi si ferma. - Va bene, le inveisce contro l’uomo. Sali. Ma continua a tenere la bimba così, in modo da poter vedere bene le tue mani. E rimani così fino a Pine Ridge. Oyakahniga he?2 - Ocicahnige,3 risponde Chumani. Lei è una delle rare donne della tribù di Piede Grosso a conoscere abbastanza l’inglese da poter cogliere, quella mattina all’alba, alcune parole che si scambiavano i soldati, parole che non lasciavano alcun dubbio sulle loro intenzioni di non risparmiare né donne né bambini, ed era anche una delle ragioni per cui il colonnello Forsyth aveva fatto arrivare delle mitragliatrici Hotchkiss, il cui 2 Capisci quello che dico? 3 Capisco. 16 Un’inglese in bicicletta colpo rapido e inevitabilmente un po’ rumoroso avrebbe avuto, almeno, il vantaggio di impedire agli uomini di capire cosa stavano facendo. Qualche miglia più lontano, Chumani riconosce il campanile di una casa di Dio che svetta da un ammasso di baracche di legno dominate da alcuni magazzini e dall’ufficio postale sorvegliato dai soldati. Si tratta della chiesa episcopale della Santa Croce, nel cui atrio sono ancora affissi gli annunci che riguardano gli orari, le letture e i canti delle funzioni durante la settimana della Natività. Le assi della porta si sono staccate a causa del gelo. Dagli interstizi filtrano barlumi, lamenti, odori di ceri accesi. Poi quella stessa porta si apre, una donna con una veste scura compare sulla soglia della chiesa, porta con sé due secchi colmi di fasce e bende macchiate di sangue, li svuota in un abbeveratoio per cavalli pieno di calce viva. Chumani scende dal carro, tenendo sempre Ehawee all’altezza della fronte come il fattore le ha ordinato. Dal suo sedile l’uomo la osserva. - Ti sei insudiciata ben bene, scoppia a ridere indicando prima le natiche merdose della bambina, poi il viso sporco di Chumani. La Sioux per risposta gli sorride, quasi a voler dire: fattore, meglio questo odore forte di quello del sangue che oggi è toccato in sorte a tante e tante donne lakota! Ma ridotta al mutismo dalla sua lingua ancora intorpidita, la donna porta una mano alla fronte, l’altra sul cuore. Grazie. Poi batte il suolo con i piedi per attirare l’atten17 Didier Decoin zione della donna col vestito scuro di fronte all’abbeveratoio. Il rumore dei calzari sulla neve non è sufficiente, ma l’onda che genera basta ad allertare Vestito Scuro che, alla fine, nota Chumani. E questa le mostra Ehawee. - Hai gli ufficiali alle calcagna?, s’inquieta la donna. - Non ancora, riesce ad articolare Chumani. - Non vi lasceranno in pace tanto facilmente, dice Vestito Scuro. Sono accecati dalla rabbia. A quanto pare è stato uno dei vostri ad aprire le danze. - Le danze? - Ci sarà stato qualcuno che ha sparato per primo, no? E che non ha trovato di meglio da fare che uccidere un ufficiale. Chumani riflette un attimo, volge lo sguardo alle praterie che scivolano in un dolce declivio fino alle colline di pini da cui si leva un forte odore di resina fino al sole: ma il sole è lontano quella sera e nessuno degli abitanti di Pine Ridge può essere sicuro di rivederlo. - Ma non oseranno entrare, riprende, la loro furia si fermerà sulla soglia della chiesa. O almeno, è ciò che dico per persuadere tutti, me per prima. Mi chiamo Élaine, sono un’istitutrice. Chumani avanza e le porge Ehawee. Élaine prende la bambina e se la stringe al petto. - È tua figlia?, chiede. - No, risponde Chumani, è una trovatella. Un maschio l’avrei anche tenuto; ma lei no, non posso. Spiega che è sola, che suo marito è stato ucciso durante la battaglia di Little Big Horn - non impiega il termine vedova, forse non sa dirlo in inglese o forse pensa che la 18 Un’inglese in bicicletta solitudine, come quella che ha appena provato correndo sotto la tempesta di colpi, sia peggio della vedovanza. Si gira per stimare il tragitto che ha percorso da Wounded Knee. Il blizzard che soffia con violenza le impedisce di scorgere il dirupo dal quale si è precipitata, facendo dondolare la piccola Ehawee come un incensiere. Vede soltanto planare quelli che prende per nugoli di uccelli rossi e gialli - nonostante sappia benissimo che d’inverno non ci sono mai stati uccelli di questo tipo sotto il cielo grigio del Dakota del Sud. Si tratta, infatti, dei pezzi di pelle di bisonte che ricoprono i tepee, che i roghi accesi dai soldati hanno ridotto a spoglie incandescenti da cui si sollevano masse d’aria calda. Laggiù, in quella specie di gabbia disegnata dai pali carbonizzati dell’accampamento, gli ultimi Lakota Sioux lottano ancora corpo a corpo per proteggere la fuga delle loro donne e dei loro figli. 19