18 - Marinai d`Italia

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18 - Marinai d`Italia
Testimonianze
La targa originale del quadrato
della corazzata Vittorio Veneto
e il conte Sforza
Antonello Gamaleri Socio del Gruppo di Genova
I
n quella villa della Lunigiana ero andato spesso, ma sempre
distratto dalla conversazione. Così solo ultimamente mi è
caduto lo sguardo sopra al camino in sala da pranzo.
Murato sul camino, un cimelio originale del Vittorio Veneto, nave da battaglia “corazzata” da 45.000 t di dislocamento, della Regia Marina, gioiello della progettazione, ingegneria navale e costruzione italiana della metà anni trenta e naturalmente parte importante della squadra da battaglia italiana nella seconda guerra mondiale.
La targa in ottone, originariamente posta nel quadrato ufficiali
della corazzata, era stata donata nel 1947, come recita la piccola iscrizione dedica avvitata alla targa:
La grande mappa in ottone su cui è apposta la dedica rappresenta Europa, Africa settentrionale e Medio Oriente, direi nel
momento della massima espansione dell’Impero Romano. Italiani i nomi delle varie regioni e popoli chiaramente tratti dalle radici o denominazioni latine.
Il Mediterraneo è chiamato: Mare Interno, invece che Mare Nostrum: in antico il Mare Esterno era l’oceano.
La Russia è la Sarmazia, la Francia ovviamente Gallia. La Svizzera è la Rezia. L’Africa settentrionale: Mauritania, Numidia e
Cirenaica e così via.
Un richiamo a memorie bimillenarie, ahimè rivelatisi ben poco
utili nell’ultima guerra e che ancora i consessi internazionali ci
fanno scontare. Sembrerebbe che a Tedeschi e Giapponesi, che
pure di quella guerra furono i maggiori responsabili, sia concesso più rispetto. Forse perché alla fine ebbero un epilogo diverso
della guerra o forse perché successivamente furono ben più capaci di noi Italiani di svilupparsi industrialmente ed economicamente oltre che politicamente nel mercato globalizzato. Quella
sorta di altra guerra non dichiarata e condotta senza carri armati e non più sulla base di conquiste militari.
La vicenda della RN Vittorio Veneto è ben nota: 56 missioni di
guerra, 3 volte colpita da aerei e sommergibili, terrore degli incrociatori inglesi. Le geniali soluzioni dei progettisti permisero alla
nave di incassare e assorbire colpi senza gravi danni e di essere
sempre in breve rimessa in servizio. La sera dell’otto settembre
salpò da Spezia in conformità agli ordini ricevuti per andare a
Malta, dove giunse l’undici successivo per essere poi trasferita
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Marinai d’Italia Novembre 2014
I proiettili da 381 nel sistema di caricamento in preparazione al tiro
durante un posto di combattimento. Notare la dimensione
del proiettile in rapporto al marinaio a sinistra nell’angolo della foto
(Fotogramma dal film sul Vittorio Veneto e la battaglia di Punta Stilo)
ad Alessandria il sedici. Temuta durante il conflitto, fu ambita e
desiderata dalla Royal Navy come “preda di guerra”, più per lenire verso la pubblica opinione inglese le dolorose ferite alla flotta e all’orgoglio inglese, inflitte dalla Regia Marina durante i 39
mesi di guerra sul mare, che per altri motivi. Fu difesa nel suo
onore dal suo equipaggio con le unghie e con i denti. Da Alessandria fu poi trasferita e internata ai Laghi Amari fino al 1946.
Il lungo internamento ai Laghi Amari, nel deserto presso il canale
di Suez, fu accuratamente nascosto all’opinione pubblica nel dopo guerra e solo ora ne abbiamo particolari e dettagli. Là, invece
che diventare un blocco di “ruggine” come sperato dagli inglesi,
la nave fu mantenuta in perfetta efficienza dal suo equipaggio.
Sono riemerse le vicende dei contrasti iniziali con gli inglesi e
dei gratuiti tentativi di umiliazione nei confronti degli equipaggi e
delle nostre navi.
In quegli anni del dopo guerra in seguito alla scissione del partito socialista, il 20 gennaio 1947 Carlo Sforza divenne ministro degli Esteri del nuovo governo De Gasperi e tale restò fino al “De
Gasperi VI” del 1951.
Dopo aver lasciato l’incarico di ambasciatore a Parigi e la “Diplomazia” a metà degli anni venti, al momento della nomina di
Mussolini a Presidente del Consiglio, fu in esilio prima in Francia,
Belgio e Inghilterra e poi in America per dieci anni prima della
guerra. Si mantenne insegnando in varie Università. Come spesso accade negli Stati Uniti, si era conquistato sul campo rispetto e stima ed era considerato dal governo americano una risorsa importante per la ricostruzione dell’Italia. I rapporti con Churchill e gli Inglesi furono invece sempre conflittuali. Alle dimissioni del governo Bonomi del 1944, il CLN lo aveva designato come
Presidente del Consiglio, ma tutto fu bloccato dal veto inglese.
Brillante diplomatico, figura di rilievo nella nostra storia fra gli
anni venti ed il primo scorcio dei cinquanta divenne una prima
volta Ministro degli Esteri nel Governo Giolitti del 1920. La sua firma compare su importanti trattati internazionali: Rapallo (1920),
Trattato di pace (1947), quelli che sancirono l’ingresso dell’Italia
nell’O.E.C.E., nel Consiglio d’Europa, nella NATO e quello di fondazione della CECA.
Nella sua veste di Ministro degli Esteri si trovò quindi a trattare
del Vittorio Veneto che aveva lasciato l’internamento ai Laghi
Amari per tornare in patria il 5 Febbraio 1946, insieme con il gemello Italia (ex Littorio) ed era arrivato ad Augusta il 9 Febbraio.
In conformità al Trattato di pace, l’unità avrebbe dovuto essere
ceduta alla Gran Bretagna. Fu trasferita intanto a Spezia.
Infine verso l’autunno del 1947 con l’azione diplomatica di Carlo
Sforza e con l’appoggio degli Stati Uniti, che desideravano un’Italia alleata alla pari e una Marina, di cui avevano già ben valutato qualità e organizzazione, ricostruita e non succube degli Inglesi, la Royal Navy venne “convinta/costretta” a rinunciare alla corazzata italiana. Ne fu chiesta però la radiazione.
La nave fu così posta in disarmo il 3 Gennaio 1948. Rimase ormeggiata in una darsena dell’arsenale di Spezia con equipaggio sempre più ridotto. Nel 1951 una commissione alleata di armistizio pretese dietro insistenze da parte dell’Unione Sovietica, che fossero
tagliate le volate dei cannoni. Quella nave, visto che l’Italia era ormai ben integrata nella NATO, non doveva più essere riutilizzabile.
Nei primi anni 60 la grande corazzata fu definitivamente demolita.
Nel libro scritto da Livio Zeno, che fu segretario di Carlo Sforza
(Livio Zeno, Il conte Sforza, Ritratto di un grande diplomatico - Le
Monnier, Firenze 1999) si legge alla pagina 339:
«...La sua villa del Cinquale non era più stata ricostruita (ndr: bruciata da un gruppo di fascisti nel 1925). Dopo la guerra Sforza
aveva permutato quel terreno con una piccola proprietà a Massa
Una bella carena da 30 nodi e 130,000 hp, quattro linee d’ assi e oltre
40000 t di dislocamento. Era stata sviluppata dai CRDA e scelta dalla
Regia Marina in competizione con quella sviluppata dai Cantieri Ansaldo
di Genova che prevedeva un dislocamento solo fino a 35000 t.
dove correva un tempo il confine con gli Stati Parmensi. Sulle
fondazioni delle antiche dogane degli Estensi aveva fatto costruire una casa spaziosa un po’ rustica ...Sul nuovo caminetto aveva
fatto murare una grande placca di ottone: era la targa che figurava nel quadrato di poppa della corazzata Vittorio Veneto, sottratta per mezzo di pazienti negoziati diplomatici alla consegna
prescritta dal Trattato di Pace ...La placca gli era stata offerta dal
comandante e dagli ufficiali della bella unità, in segno di riconoscenza per il tramite dell’ ammiraglio Maugeri, allora Capo di Stato Maggiore della Marina...»
Il caso ha voluto che il nonno materno di mia moglie fosse il fratello del conte Sforza. L’occasione di vedere la targa, di fotografarla e di scrivere queste note e ricordare questi fatti è venuto oltre che dalla mia passione per la Marina anche dalla frequentazione con la nostra cugina francese contessa Anna Sforza, vedova di Sforzino, figlio di Carlo Sforza, e attuale proprietaria della villa in Lunigiana. Lei ha cortesemente consentito a che la targa fosse fotografata e alla divulgazione di questo importante ricordo storico. “Orza quanto leva! Alla via così!”
nnn
Marinai d’Italia Novembre 2014
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