PREPARAZIONE Allenamento STUDIO DEL PERCORSO

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PREPARAZIONE Allenamento STUDIO DEL PERCORSO
PREPARAZIONE
Prima di iniziare una qualsiasi escursione, è importante essere allenati e, se non si conosce la zona, studiare
prima il percorso, con l’aiuto di carte dei sentieri della zona e guide.
E’ altrettanto importante essere vestiti in modo adeguato: scarponi, zaino, abbigliamento giusto!
Allenamento
Nell’escursionismo, come in ogni attività che faticosa, è importante abituare gradatamente (poco alla volta) il
corpo agli sforzi. Chi inizia a fare trekking deve preoccuparsi di irrobustire i muscoli del corpo, in modo
particolare quelli delle gambe, che sono sottoposti ai maggiori sforzi.
Quindi è bene cominciare con semplici passeggiate, per aumentare sempre di più la lunghezza del percorso,
la velocità della camminata e la ripidità della salita.
Questo aiuterà a preparare il corpo ad avere una buona respirazione, ritmata alla velocità dei movimenti
eseguiti.
Anche la bicicletta è importante per un valido allenamento, perché potenzia i muscoli delle gambe senza
sforzare troppo il ginocchio e la caviglia e senza stancare i piedi.
STUDIO DEL PERCORSO
Carte dei sentieri
Altra operazione importante prima di partire è studiare il percorso. Saper leggere la carta topografica è molto
importante, perché da questa si possono scoprire dati e caratteristiche del percorso, fondamentali per
programmare le escursioni. La scala ideale per le carte che si usano nel trekking è l’1:50.000.
L’1:100.000 dà un’idea generale della zona che interessa, ma manca di importanti dettagli; l’1:25.000, al
contrario, è ricchissimo di dettagli, ma dovendo camminare per più giorni occorrono troppe carte.
Segnaletica
La maggior parte dei sentieri, in Italia, è segnata con una segnaletica abbastanza evidente e ciò facilita di gran
lunga l’individuazione del percorso. Il segnale a bandierina rosso-bianco-rosso è il più utilizzato sia in Italia
che all’estero. In effetti, il rosso e il bianco sono i colori ideali per i segnavia, ben visibili in ogni stagione.
I segnavia possono essere sassi dipinti, in terreno roccioso, o tabelle di legno poste su alberi, o paletti di
legno conficcati nel terreno, in modo da risultare sempre ben visibili.
Tempi di marcia
Per calcolare con discreta approssimazione il tempo necessario per portare a termine un percorso
escursionistico senza neve, si può usare il seguente metodo:
- prima si misurano sulla carta le distanze in linea d’aria; si calcola un’ora di cammino per percorrere 4
chilometri.
- per superare un dislivello in salita di 400 metri occorre 1 ora.
- per ogni ora di cammino si considera un quarto d’ora di riposo.
Esempio di calcolo: per effettuare un percorso della lunghezza di 8 chilometri con un dislivello di 1200 metri,
occorrono ore 6,15 (2 ore per i chilometri + 3 ore per il dislivello = 5 ore + 5 quarti d’ora per le soste. Totale:
ore 6,15).
EQUIPAGGIAMENTO
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Per intraprendere una escursione senza problemi, bisogna anche avere un equipaggiamento adeguato.
Pedule
E’ di certo una delle voci più importanti per chi pratica il Trekking. E’ importante avere uno scarponcino
leggero, ma allo stesso tempo robusto e resistente. Di modelli ne sono stati inventati moltissimi, più o meno
costosi e più o meno validi. Come tomaia si va dalla cordura al Gore – Tex, dalla più classica in cuoio alla più
rivoluzionaria in plastica.
Importante è anche la suola, della quale esistono diversi modelli, a partire da quelle più tradizionali e diffuse,
VIBRAM. L’importante è che la suola abbia caratteristiche di aderenza su qualsiasi tipo di terreno, per non
scivolare.
Il peso portato su dal piede, alla lunga è molto dannoso per le gambe. Un recente studio ha stabilito
addirittura che un etto portato in più sul piede (e quindi di scarpa), corrisponde a mezzo chilo nello zaino; e ciò
perché il peso dello zaino è distribuito su tutto il corpo, mentre quello della scarpa grava solamente sulle
gambe.
Esiste la pedula giusta per ogni situazione: se si cammina in climi caldi o a quote basse è d’obbligo preferire
modelli traspiranti, che permettono cioè di far uscire il sudore e di far respirare bene il piede, altrimenti
arrivano arrossamenti e vesciche. Se si affronta l’alta montagna con problemi di neve è meglio scegliere
modelli più impermeabili.
Nelle lunghe traversate occorrono due paia di scarpe: oltre alle pedule tecniche, ci vuole una scarpa leggera,
da jogging, da usare nei tratti più facili, sterrati o asfaltati, o come scarpa da riposo alla sera. Vanno scelte con
cura anche le calze: ideali sono quelle ad imbottitura differenziata ( esempio: più imbottiti nel tallone) che sono
state studiate proprio per l’escursionismo. I risultati migliori infatti si ottengono usando la pedula giusta con la
calza giusta(vedi la voce “Calze”).
Un’ultima considerazione: mai partire per un trekking con le scarpe nuove: vanno usate un po’ per
adattarle al piede e intervenire su eventuali arrossamenti con il classico intramontabile cerotto!
Alcuni consigli sulla manutenzione delle pedule:
non far asciugare la scarpe a diretto contatto con fonti di calore, ma in maniera naturale; per pulire la tomaia
da fango o terriccio, usare una spazzola sufficientemente dura, e compiere l’operazione quando la scarpe è
asciutta; quando è necessario aumentare l’impermeabilità, spruzzare del silicone sulle cuciture della tomaia;
applicare grassi specifici solo su modelli in pelle. Nel riporre le scarpe è opportuno riempirle con palle di carta
ed allacciarle fino ai ganci superiori.
Zaino
Dopo le scarpe è lo zaino il protagonista delle nostre escursioni, la nostra “casa viaggiante” che deve servire
nel modo più funzionale. Le ditte specializzate ne producono di ogni genere, per tutti i gusti e le tasche. Il
materiale usato in genere è una tela robusta, una cordura ben resistente agli strappi. Le tinte possono essere
vistose o mimetiche, forse meglio le prime perché tanto gli animali si spaventano lo stesso e intanto si può
essere visti meglio in caso di necessità.
Sono da preferire i modelli semplici, leggeri, con dorso anatomico ben imbottito, spallacci che non bloccano i
movimenti delle braccia e magari dotati di asola poggia mani, con comode tasche esterne e fascia in vita larga
e imbottita nei modelli più capienti.
Per l’escursione di un giorno la capienza non dovrebbe superare i 45 litri (tipo zainetto per scuola). Per le gite
di un paio di giorni e anche per trek più lunghi, ma che prevedono pernottamento in rifugio, la scelta dovrebbe
andare su di uno zainetto della capienza di 50/60 litri. Più utili si rivelano invece la tasche laterali (in una, ad
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esempio, si possono mettere le borracce), e il tascone posteriore in cui riporre le cose più fragili e di uso
immediato (gli occhiali da sole, l’altimetro, ecc.).
Altrettanto funzionale è la separazione all’interno in due zone distinte, una superiore apribile dall’alto, una
inferiore a cui si accede mediante una cerniera lampo posteriore, per evitare di dover svuotare tutto lo zaino
per raggiungere quanto abbiamo messo in fondo. Un buon zaino, inoltre, deve essere dotato di una cintura
imbottita che consenta durante la marcia di agganciarlo alla vita cosi da distribuire il carico in più parti del
corpo.
Come si indossa e come si
riempie lo zaino
Oggi, dopo numerose “tappe”, si è giunti alla conclusione che il maggior conforto nel trasporto a spalla si ha se
lo schienale del sacco aderisce anatomicamente al dorso e se il carico è ben distribuito tra le spalle, dorso e
bacino, regolando adeguatamente l’altezza del cinturone.
Per camminare sicuri e ridurre lo sforzo e l’affaticamento, inoltre, è indispensabile che il carico sia equilibrato,
distribuendolo razionalmente all’interno dello zaino.
Nel riporre gli oggetti, si dovrà tenere conto dei loro pesi, dei tempi d’uso e della necessità di utilizzarli alla
svelta o di non utilizzarli per niente, della loro sensibilità e fragilità all’umidità e agli urti, ed evitare che corpi
duri e spigolosi si trovino a ridosso delle schiena. Dallo zaino non deve sporgere o ciondolare nulla per non
impigliarsi ai rami nell’attraversamento di un bosco e per avere più equilibrio. Nel caso non abbiate uno zaino
a due scomparti, sul fondo mettere qualcosa di morbido e di uso non frequente come il piumino o
l’abbigliamento di ricambio, i guanti, il cappello se si prevede di non usarli.
Sopra questi, vicino allo schienale, potrete mettere il cibo e il necessario per l’igiene serale, mentre alla stessa
altezza, non lontano dalla schiena, infilerete altri capi di abbigliamento di uso più frequente come la giacca a
vento e il maglione. In cima a tutto questo sta l’apparecchio fotografico, a meno che non lo portiate a tracolla o
negli appositi marsupi per foto apparecchiature.
Lo scomparto interno della patella è il posto ideale per documenti, cartine, guide, soldi; in quello esterno o
nell’eventuale tasca posteriore potete mettere vari oggetti come un coltello multi uso, gli occhiali, la piccola
farmacia, gli strumenti di orientamento, pellicole di riserva.
Un consiglio: non caricate lo zaino oltre l’indispensabile. Molti oggetti e indumenti di ricambio si potranno infatti
presto rivelare durante un trek superflui e vi pentirete di non averli lasciati a casa. I tessuti in cui sono
confezionati gli zaini, infine, non sono mai completamente impermeabili e se incappate in un periodo di
maltempo rischiate di giungere al rifugio con indumenti di ricambio bagnati. Per evitare l’inconveniente
esistono delle mantelline di ricambio di nylon che ricoprono anche lo zaino , ma la soluzione più semplice ed
economica è di infilare nello zaino prima di caricarlo un saccone di plastica e di riporre in esso tutti gli oggetti,
oppure di mettere quanto volete tenere asciutto in sacchetti di plastica.
Cosa mettere nello zaino:
-
giacca a vento o piumino, a seconda della stagione;
mantellina impermeabile;
maglione o felpa
calze di ricambio;
macchina fotografica, binocolo;
altimetro, bussola;
carta topografica della zona;
block notes o quaderno, con penna e matita per appunti;
sacchetto di carta vuoto per i rifiuti (andrà gettato al ritorno nel più vicino bidone);
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-
piccolo pronto soccorso (disinfettante, cerotti medicati, fascetta, pomata per distorsioni, cotone
emostatico, pomata per le punture di insetti, succhiaveleno, laccio emostatico) ;
lente di ingrandimento;
coltello multi uso;
borraccia
crema per il sole;
colazione al sacco (panini o frutta, frutta secca, tavolette energetiche, formaggio Parmigiano).
fischietto
fiammiferi
5 metri di fettuccia larga 4-5 centimetri
bandana o pezza di stoffa analoga di colore bianco
pila di media grandezza e relative batterie di ricambio (in alternativa una candela)
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ABBIGLIAMENTO
Il tipo e la qualità dei vestiti che si indossano durante un trekking sono di grande importanza per garantire un
buon cammino. I requisiti fondamentali dell’abbigliamento sono, prima di tutto, quello di dare al corpo il giusto
calore e non ostacolare i movimenti. E’ dunque sempre meglio evitare di indossare giacche ingombranti,
pantaloni stretti o maglioni attillati.
Inoltre, occorre ricordare che camminare significa, spesso, anche sudare, e purtroppo a volte i camminatori
meno esperti commettono l’errore di accentuare questa conseguenza indossando troppi vestiti o troppo
pesanti. Bisogna invece cercare di far respirare il corpo, di portare sempre nello zaino un maglione o una
giacca pesante in caso di sosta al freddo, ma durante la marcia è meglio tenere sempre presente che il corpo
si riscalderà naturalmente, soprattutto se il tracciato è in salita.
Occorre sempre tenere presente le mete dell’escursione e il clima del periodo dell’anno durante il quale si
effettua il trek, e non sottovalutare i rigori del freddo in alta montagna e negli ambienti nordici, o le punte di
caldo d’estate o nelle zone calde del mondo. Si tratterà dunque di unire le esigenze climatiche con la maggior
praticità di movimenti, valutando anche leggerezza, sicurezza, costo e anche moda.
L’abbigliamento di base
Calze
Molto importanti sono le calze e, trattandosi di prodotti “ a pelle “, è necessario che abbiano requisiti come la
facile traspirazione del sudore, il mantenimento del piede asciutto e caldo, una buona protezione da irritazioni,
abrasioni e vesciche.
Calze con materiali naturali o sintetici? Il cotone non è costoso ed è abbastanza confortevole, ma assorbe il
sudore, restringe e perde la forma, diventa rigido dopo ripetuti lavaggi. La lana mantiene caldi ma spesso è
ruvida e trattiene il sudore. Oggi vengono molto utilizzate le fibre sintetiche che hanno la capacità di estrarre
velocemente il sudore lasciando il piede asciutto, prevenendo così l’insorgere di malattie come i “funghi”.
Maglie
L’esigenza principale di un trekker è, generalmente, quella di proteggersi dal freddo e dall’umidità, dalla
pioggia e dalla neve. Per questo a contatto con la pelle occorre permettere la sudorazione e la traspirazione,
limitando nel contempo la perdita di calore. Le maglie di lana che si usavano un tempo assorbono troppo il
sudore diventando umide, mentre il cotone si bagna rapidamente raffreddando il corpo. Per questo per le
magliette e le calzamaglie, che stanno direttamente a contatto con la pelle, consigliamo il polipropilene (pile),
fibra sintetica molto leggera morbida ideale per eliminare l’umidità e trattenere il calore. Questo tipo di
indumenti è anche utile in estate perché lascia traspirare agevolmente.
Camicie
Una comoda camicia di cotone o flanella, a seconda delle stagioni. In caso di freddo maglione di lana a
girocollo.
Con le nuove fibre sintetiche (pile,fleece) si confezionano maglie, salopette e giacche che sostituiscono i
maglioni e la camicia, e che sono più leggere e traspiranti; alcuni modelli associano una membrana antivento
che ne fanno capi ideali anche in caso di brezza.
Pantaloni
Lunghi di cotone o lana, o imbottiti a seconda della stagione e dell’area geografica; pantaloni corti solo in
stagioni calde e per percorsi su ampi sentieri, senza spine e rovi. Anche i pantaloni di pile sono caldi, morbidi
e comodi, ma piuttosto delicati lacerandosi facilmente sulle rocce o tra i rami degli alberi.
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In caso di trekking estivo o a bassa quota, il cotone robusto può essere sufficiente, mentre inadatto è il jeans
perché troppo rigido, specialmente se bagnato. Il pantalone infatti deve lasciare libero il movimento del
ginocchio, soprattutto in caso di arrampicata, per cui, se è lungo, non alla “zuava”, deve essere largo ed
elasticizzato.
In inverno i pantaloni possono essere anche termici, cioè imbottiti con piumino, o essere sostituiti da una tuta
o salopette imbottita. I pantaloni possono essere ricoperti di sopra pantaloni, eventualmente imbottiti, in caso
di escursioni in condizioni di freddo estremo.
Giacche a vento
Le giacche leggere con molte tasche, tipo sahariana, da portare con le camicie, sono indicate soprattutto nei
periodi estivi e nei climi caldi. Nei climi rigidi lo strato protettivo impermeabile esterno deve proteggere dal
vento, dalla pioggia, dalla neve. In questo caso la giacca a vento diventa un capo di abbigliamento essenziale.
Sono senz’altro consigliabili la giacche in tessuto traspirante (tipo Entrant o Gore-Tex) che lascia uscire il
vapore acqueo del sudore, ma non le gocce d’acqua e ferma il vento. In tal modo si evita il fenomeno della
condensa, tipica degli indumenti di nylon.
Quando fa freddo diventa indispensabile una buona giacca di piumino d’oca, con la quale si possono
affrontare anche le più basse temperature.
Impermeabili
Il K-Way sarà prezioso in caso di acquazzone improvviso, e ad esso sarà bene affiancare un paio di sopra
pantaloni leggeri in nylon. Questo completo impermeabile può essere sostituito da una mantellina a “poncho”
che copra fino ai piedi, proteggendo anche lo zaino e lasciando le mani libere.
Cappelli
Di cotone, a tesa larga o visiera per proteggersi dal sole durante i trekking estivi; cappello di paglia o casco di
tipo coloniale per il deserto. Nei climi freddi: berretto di lana leggero o pesante, a seconda dei casi, anche
passamontagna di lana o pile. Il cappuccio della giacca a vento impermeabile ed eventualmente imbottito,
concorrerà ulteriormente a proteggere dal freddo.
Ombrello
Assai utile nei climi caldi per ripararsi dal sole e nelle zone piovose per ripararsi dalla pioggia, naturalmente se
non si cammina su sentieri stretti nei boschi.
Guanti
Possono essere di lana impermeabilizzata o pelle imbottita ma meglio ancora di tessuto impermeabilizzato e
imbottito di tessuto impermeabile traspirante (tipo Gore – Tex o simili).
Occhiali
Da sole sono indispensabili ad alta quota, nei ghiacciai e nel deserto per difendere l’occhio dai raggi
ultravioletti (assorbimento del 90-100%)
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SUDARE A BASSE TEMPERATURE
La sudorazione
Un problema da affrontare è sudare quando fa freddo.
L'attività muscolare produce calore in proporzione all'intensità dello sforzo. Cioè più si fa fatica più il nostro
corpo si riscalda. Il nostro organismo, per abbassare la temperatura corporea, produce sudore. il pericolo è
che gli indumenti imbevuti di sudore perdano il loro potere di isolamento termico. Esempio, abbiamo fatto una
salita interminabile e siamo tutti sudati, ma fuori fa freddo, perché è inverno. I nostri vestiti sono tutti bagnati
del nostro sudore e quando si raffreddano, noi rischiamo di prendere una polmonite.
Esistono degli indumenti studiati per risolvere questo problema, indumenti che fanno stare caldi ,ma che nello
stesso tempo assorbono il sudore e il nostro corpo resta asciutto.
ILCALORE CHE SE NE VA
Un buon vestiario termico deve contribuire a rallentare il più possibile la perdita del calore corporeo.
Tale perdita avviene secondo quattro modalità
Perdita di calore per convenzione
L'aria fredda che penetra e circola negli indumenti provoca lo spostamento del calore prodotto dal corpo,
spingendolo verso I' esterno.
Rimedi: utilizzare un involucro impermeabile al vento - chiusura ai polsi, collo e caviglie, con elastico apribile.
Perdita di calore per conduzione
Se ci si siede su un sasso gelato avvertiamo presto il freddo penetrare attraverso il tessuto. Segno che il
nostro corpo sta cedendo calore alla superficie esterna più fredda (le temperature tendono ad equilibrarsi).
Rimedi: Un buon isolamento può ridurre tale processo
Perdita di calore per evaporazione
L'umidità interna attraversa gli indumenti e incontrando l'aria esterna produce per conduzione una dispersione
del calore corporeo in quantità due, tre volte superiore a quella che si registra nel caso di un corpo asciutto.
Rimedi: Cercare di limitare la sudorazione, appena ci accorgiamo che stiamo iniziando a sudare aprire
maniche e colletto, alleggerirsi proporzionalmente.
Perdita di calore per irraggiamento
Sotto sforzo il corpo trasforma più rapidamente le proprie riserve energetiche in radiazioni infrarosse che si
irradiano dalla pelle in tutte le direzioni.
Maggiore è lo scarto tra temperatura esterna e temperatura corporea, maggiore risulta essere la perdita di
calore. Tessuti poco specifici non frappongono alcuna barriera a tale perdita.
Rimedi: Tessuti a struttura chiusa, sono tessuti che intercettano le radiazioni e le trattengono a contatto con il
corpo.
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PARTENZA
Marcia
Il segreto per coprire grandi distanze è un ritmo costante, senza strappi, arresti o partenze improvvise, dettato
dal proprio allenamento e dalle proprie capacità fisiche. Ecco perché ognuno dovrebbe abituarsi a sviluppare
un proprio ritmo di marcia. All’inizio dell’escursione imporsi un passo moderato cosi’ da scaldare
progressivamente i muscoli e superare senza danni la parte più dura: la prima ora di cammino. Si deve
adottare sempre un ritmo di marcia coordinato con quello della respirazione. Sono da evitare le lunghe pause
perché, oltre a danneggiare la muscolatura, causano un nocivo raffreddamento generale del corpo.
Quando si cammina il corpo deve rimanere verticale, con il baricentro perpendicolare ai piedi; in discesa e in
salita anche leggermente inclinato in avanti. Non bisogna sbilanciarsi all’indietro: è il movimento migliore per
scivolare.
Per risparmiare fatica sui terreni sconnessi è importante studiare a ogni passo l’appoggio. I piedi in salita
vanno posti di punta, appoggiando tutta la pianta escluso il tacco, cercando il terreno migliore, meno
spigoloso ed evitando pietre aguzze o mobili e l’erba scivolosa. Dov’è facile scivolare bisogna appoggiare tutta
la superficie del piede per avere la massima aderenza possibile. Una velocità di 3-4 chilometri all’ora è l’ideale
per un percorso che non presenta dislivelli sensibili. In un’ora si superano mediamente 300-400 metri di
dislivello in salita con passo costante e con rare fermate.
Soli o in compagnia?
Chi si cimenta per la prima volta in un trekking ha bisogno di un accompagnatore già esperto. Sconsigliamo di
andare da soli, anche se si possono trovare lungo il percorso gruppi a cui aggregarsi: bisogna essere almeno
in due; piccoli gruppi di tre quattro persone possono essere la soluzione ideale, soprattutto se composti da
individui di pari resistenza e preparazione. Essere di più fa nascere problemi di vario tipo, sia a livello di
concezione della vacanza all’aria aperta, sia al momento di trovare materialmente alloggio nei rifugi o nelle
pensioni in periodi di punta estivi. Se non si trovano amici disposti a partire e si vuole andare in compagnia, ci
si può rivolgere alle diverse associazioni escursionistiche che organizzano escursioni e camminate per ogni
livello di esperienza e per ogni gusto.
RIFIUTI
Il problema dei rifiuti in natura è un tema assai importante che va affrontato con serietà e al tempo stesso con
la volontà di risolverlo. Una busta di plastica, il foglio di carta stagnola del pacchetto di sigarette, la linguetta
della lattina di bibita: sui pascoli alpini come sulle cime appenniniche o sui litorali è purtroppo ancora facile
trovare questi residui del passaggio dell’uomo.
Basterebbe che ognuno rimettesse nello zaino questi contenitori (che, soprattutto vuoti, pesano pochissimo),
per preservare integro il fascino e il significato di quegli ambienti nei quali si possono trascorrere tante ore
felici. Evidentemente le abitudini irresponsabili, assimilate nel tempo in una cultura sbagliata, finiscono col
trasformarsi in condizionamenti automatici più forti del più elementare ragionamento. Ed è così che si diventa
una delle cause del degrado dell’ambiente. La presenza massiccia di oggetti metallici e plastici, infatti,
all’interno di un ecosistema fragile come quello montano, può alterare la naturale traspirazione del suolo e può
inquinare le falde acquifere delle sorgenti vicine; inoltre sacchetti e lattine diventano autentiche trappole dentro
le quali vanno a morire, attratti dai residui delle sostanze zuccherine, centinaia e centinaia di insetti, necessari
all’impollinazione della flora alpina e dell’equilibrio ecologico dei loro microambienti. Per tentare di arginare
questi pericoli, molte sezioni del CAI e associazioni ambientaliste hanno organizzato meritorie iniziative di
pulizia, riportando a valle quantità inimmaginabili di immondizie, e restituendo la primitiva bellezza a molti
ambienti naturali, pesantemente aggrediti dall’onda del turismo.
Quindi la prima regola è quella di riporre nello zaino tutti i rifiuti, che verranno poi destinati ad una corretta
raccolta differenziata.
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ALIMENTAZIONE
Quando si è impegnati in un trek di più giorni, l’alimentazione diventa un problema se la tappe sono lunghe e
se si dorme in tenda o rifugi senza la possibilità di acquistare cibo. Occorre dunque aggiungere, nello zaino,
anche il cibo e le bevande necessari. In parte è possibile risolvere il problema con l’impiego di preparati
liofilizzati, leggeri e pratici, che fanno però rimpiangere la normale alimentazione.
Appena alzati si consiglia un’abbondante colazione a base di latte, naturale o liofilizzato o condensato, con
pane, marmellata e miele. Durante il giorno ci si può sostenere con pane, salumi o formaggi, frutta fresca e
secca e cioccolata da consumarsi in alcune soste al termine delle salite.
La sera è il momento del pasto più sostanzioso della giornata: si può andare al ristorante o al rifugio, oppure,
se non si fa tappa in una struttura organizzata, si possono cuocere minestrine e altri cibi liofilizzati con il
fornello.
ORIENTAMENTO
Chi si trova in terreni sconosciuti, oppure anche noti ma in avverse condizioni di visibilità, viene a trovarsi in
una situazione in cui, per procedere, occorre una “rotta”. Bisogna allora “fare il punto”, localizzare la posizione
in cui ci si trova, per poter successivamente stabilire in quale direzione andare.
Localizzare la posizione significa riferirla ai punti cardinali con l’aiuto della bussola, e poi agli elementi del
terreno con l’altimetro e la carta topografica. Ciò consente di verificare, momento per momento, la direzione di
marcia e determinare le correzioni che occorressero.
La bussola è costituita essenzialmente da un ago magnetico libero di ruotare in senso orizzontale che per
effetto del magnetismo terrestre si dispone lungo la direzione nord – sud. In commercio ve ne sono di diversi
tipi, tutti basati sulla proprietà di trovare il nord e, di riflesso, gli altri punti cardinali. Bisogna distinguere tra il
nord magnetico, verso il quale è attratto l’ago della bussola, ed il nord geografico, rispetto al quale sono
realizzate le carte geografiche. La differenza tra i due nord è chiamata “declinazione”.
Per eseguire una lettura sulla bussola è necessario stabilire la direzione in gradi. Sarà sufficiente eseguire i
rilevamenti di due punti conosciuti e tracciare sulla carta le linee corrispondenti a queste due direzioni. Dove le
linee si intersecano segnano la posizione dell’osservatore. Per orientare la carta e la bussola, bisogna mettere
lo strumento sulla carta in modo che la tacca fissa sulla cassa, (vertice superiore) sia perfettamente parallelo
alle linee verticali dei bordi della carta. Bisogna poi far ruotare insieme carta e bussola fino a quando sulla
bussola si sovrappongono la tacca della cassa e il nord del quadrante. La carta e la bussola sono dunque
strettamente legate.
E’ meglio impararle ad usarle facendo pratica in zone conosciute prima di affrontare un terreno sconosciuto.
Un’altra cosa importante da ricordare è che non si deve mai usare la bussola in vicinanza di oggetti metallici
(ad esempio la macchina fotografica) o di linee elettriche, perché l’ago viene attratto e non indica più la vera
direzione del nord. Infine un accorgimento utile per orientarsi: voltarsi ogni tanto indietro ad osservare il
percorso in direzione opposta, in modo da riconoscerlo al ritorno.
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IL TEMPO
Prevedere il manifestarsi di perturbazioni, consente all’escursionista di sottrarsi alle conseguenze del
maltempo.
La cosa migliore è quella di consultare i bollettini meteorologici del luogo ,ove esistano, o informarsi
sull’evoluzione del tempo da guide o abitanti del posto facendosi indicare anche quali sono gli elementi che ci
possono permettere, durante l’escursione, di valutare l’andamento del tempo.
Nebbia
La nebbia costituisce uno dei maggiori problemi per l’escursionista, specialmente in alta montagna quando, su
tratti innevati, compare in banchi improvvisi e imprevisti. Fenomeno comune in montagna in qualsiasi
stagione, anche in estate, la nebbia, o meglio le nuvole basse, rendono difficile la vista dell’itinerario e, a lungo
andare, disorientano anche chi è pratico della zona. Fino ad un certo punto aiutano l’istinto e lo spirito di
osservazione ; oltre servono la bussola, la carta topografica e l’altimetro: strumenti da conoscere e da usare
insieme con sicurezza per risolvere le situazioni avverse. Prima della partenza o prima che arrivi la nebbia,
bisogna determinare il punto preciso dove ci si trova e, mediante carta e bussola, stabilire la direzione da
prendere. Spesso è saggio tornare sui propri passi. Tutti questi problemi sono automaticamente risolti
quando il sentiero che si percorre è ben segnato, con segnavia posizionati nei punti giusti e ad intervalli
regolari. Se la nebbia è molto fitta e si è perlomeno in due, in caso di dubbi sul percorso un escursionista
rimarrà fermo ad un segnavia e gli altri cercheranno il segnavia successivo, rimanendo sempre in contatto di
voce. Anche se rallenta il ritmo della camminata, questo modo di andare avanti dà ottime garanzie di non finire
improvvisamente fuori percorso.
Pioggia
E’ un elemento naturale da mettere in preventivo anche in trek brevi e da saper affrontare con filosofia e
qualche accorgimento. L’ideale rimane l’ombrello, ma dato il peso e l’ingombro e considerato che il vento lo
rende spesso inutilizzabile, si ricorre alla mantellina in nylon, detta “poncho” che copre anche lo zaino.
Per quanto riguarda le mantelle e ogni altro impermeabile, però, è bene sottolineare che impermeabilità e
traspirazione sono difficilmente conciliabili. Solo la pelle del nostro corpo è in grado di svolgere al meglio la
doppia funzione traspirazione- impermeabilità. Indossando l’impermeabile e continuando a camminare
indossando pesanti cerate il risultato sarà quello di non bagnarsi dalla pioggia ma dal sudore. Ma un “poncho”
ci vuole comunque per riparare lo zaino dove, all’interno di resistenti sacchetti di plastica, abbiamo riposto un
ricambio completo di vestiti (calze, mutande, canottiera, tuta, scarpe da jogging), da indossare al termine della
tappa, in tenda o in rifugio.
Fulmini
I temporali, specie quelli estivi, violenti e improvvisi, portano con sé un pericolo anche per l’escursionista: il
fulmine.
Davanti a questa imprevedibile forza della natura, l’uomo è pressoché impotente. Alcune precauzioni
diminuiscono comunque i rischi. I temporali si scatenano soprattutto alla fine del pomeriggio, per cui è
conveniente partire presto la mattina. Il fulmine segue generalmente il percorso più breve fra la nuvola e il
suolo (il fulmine “va” dalla terra alla nuvola); ogni cosa che si sopraeleva dal suolo (alberi, camini, edifici alti,
cime dei monti, persone in piedi) accorcia il percorso e diventa un potenziale bersaglio del fulmine. Più
l’oggetto è alto più è vulnerabile. Alle prime avvisaglie del temporale conviene scendere, abbandonando i
rilievi marcati, per portarsi in luoghi meno esposti. State alla larga da “vie ferrate” da pareti rocciose, grotte,
fessure, torrenti, alberi (specie se grandi e vecchi), e soprattutto dagli oggetti metallici, che sono conduttori di
elettricità. Se raggiungete una baita o una capanna, evitate le correnti d’aria calda (rispetto all’ambiente) che
sono una “corsia preferenziale” per il fulmine; quindi non state davanti al camino (acceso o spento non fa
differenza), ma preferibilmente al centro della stanza. Se siete all’aperto sedetevi, meglio sdraiatevi, isolandovi
dal suolo con corde, indumenti o zaino.
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PRONTO SOCCORSO
Sia che si effettui un trek di pochi giorni, sia che ci si prepari per un impegnativo viaggio in luoghi poco
frequentati o con scarsa assistenza sanitaria, è sempre prudente portare con sé un piccolo pronto soccorso.
La difficoltà è sempre quella di sapere quali e quanti farmaci portare, per evitare di lasciare a casa quelli
veramente necessari. Innanzitutto dipende dalla durata dell’escursione e dai luoghi in cui ci rechiamo.
Dovendo portare tutto nello zaino, sarà bene che il set di pronto soccorso sia poco ingombrante e leggero,
contenuto in una confezione robusta, impermeabile e poco ingombrante, in modo da non rovinare i farmaci e
garza e da non appesantirci; il peso totale non dovrebbe superare infatti i 300-400 grammi. Non possiamo
pretendere in tal modo di usare le confezioni in commercio: occorreranno piccoli flaconi per i disinfettanti, due
o tre rotoli di garza, riposti in contenitori di plastica, cotone idrofilo, cerotti già pronti, confezioni di punti adesivi
sterili, forbici e pinzette piccole.
I medicinali devono essere ridotti al minimo indispensabile, 4-5 compresse per tipo: analgesici per dolori da
traumi, cefalee, ecc., antispastici per dolori addominali, antiacidi, antinausea, antidiarrotici, analettici, colliri,
antipiretici. Se si è capaci di fare iniezioni intramuscolari può essere utile portare con sé 5 o 6 fiale, una per
tipo, oltre alcune siringhe monouso, da 5 cc per situazioni più gravi. Statisticamente, la più alta incidenza di
traumi in montagna è dovuta allo scivolamento. Distorsioni, ferite, abrasioni possono essere controllate se si
ha una conoscenza minima delle tecniche di pronto soccorso. Elenchiamo i problemi fisici più comuni che si
affrontano nella pratica del trekking, con brevi consigli su come fronteggiarli ed alcune tecniche di primo
soccorso. Per quanto riguarda le ferite, si possono avere emorragie più o meno abbondanti. Dopo aver
opportunamente disinfettato, si tampona la fuoriuscita di sangue in sede o apponendo un laccio emostatico a
monte della ferita, e quindi si fascia il tutto con garza o un fazzoletto.
Attenzione il laccio emostatico deve stare stretto per 5 minuti, allentato per 5 minuti, ristretto per 5 minuti e
cosi via anche se l’emorragia non si è fermata. Questo per evitare danni (necrosi o cancrena) a valle del punto
in cui è applicato il laccio emostatico.
Nel caso di trauma distorsivo, cioè dove non è avvenuta una fuoriuscita permanente dei capi articolari, è
consigliabile l’applicazione sulla zona interessata di ghiaccio o acqua fresca, posizionando l’arto in riposo. Le
punture di insetto sono altrettanto fastidiose. Oltre a una reazione locale, in rari casi possono causare dei
veri e propri shock.
L’urgenza viene risolta con un impacco di Amuchina sulla zona interessata, mantenendo inumidita la garza
costantemente. Nel periodo estivo è buona norma portarsi un set monouso succhiaveleno, il metodo più
efficace e sicuro nel trattamento delle morsicature da ofidi reperibile in farmacia.
Riguardo alle vesciche e piaghe : per le prime, vanno prevenute con calze e scarpe adeguate; se tendono a
formarsi, è utile usare i cerotti, ma appena avvertito l’arrossamento, prima cioè che questo si tramuti in
vescica.
Altitudine. Un discorso a parte va fatto per i problemi che insorgono quando si cammina ad alta quota. Per
una persona sana, di corporatura normale e ben allenata, anche i 4810 metri della cima del Monte Bianco non
creeranno problemi se si seguono degli accorgimenti: salire con gradualità, abituandosi all’altitudine poco alla
volta.
Cosa ben diversa e assai negativa è invece portarsi in quota o scendere in pochi minuti come si fa quando si
usano funivie, seggiovie, ovovie e altri impianti del genere. Con il diminuire della pressione atmosferica,
l’altitudine provoca nell’organismo un aumento della pressione arteriosa, un fenomeno questo che può
preoccupare esclusivamente gli individui anziani o sofferenti di cuore. Un sintomo dovuto alla rarefazione
dell’aria è il “mal di montagna” : si verifica a quote variabili da soggetto a soggetto e si manifesta con un senso
di malessere, vertigine e di debolezza. Senza dubbio il rimedio migliore scendere al più presto a quote basse
e assumere qualche goccia di Coramina o di analettici similari.
Tutto ciò per quanto riguarda la reazione del fisico in alta quota, diciamo al di sopra dei 3000 metri, oltre i quali
ben si può avvertire la rarefazione dell’ossigeno. Ma a questi aspetti bisogna aggiungere quelli relativi alla
preparazione e alle conoscenze specifiche che vanno da un adeguato equipaggiamento alle previsioni del
tempo e all’uso dell’altimetro:
Quest’ultimo, con la sua doppia funzione altimetrica e barometrica, è uno strumento assai importante per chi si
avventura nel mondo delle alte vette e dei ghiacci.
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EMERGENZA
E’ importante per chi cammina, conoscere i segnali internazionali di soccorso alpino:
Chiamata di
soccorso
Risposta di soccorso
Emettere richiami acustici od ottici
in numero di:
SEI OGNI MINUTO
(Un segnale ogni 10 sec.)
1 MINUTO DI INTERVALLO
Emettere richiami acustici od ottici
in numero di:
TRE OGNI MINUTO
(Un segnale ogni 20 sec.)
1 MINUTO DI INTERVALLO
Ricordarsi sempre e solo di utilizzare questi segnali convenzionali in caso di assoluta necessità, per non incorrere nel rischio di non
essere ascoltati. Purtroppo ci sono troppi escursionisti che gridano, chiamano, fischiano, per scambiare queste manifestazioni come
richieste di aiuto.
Chi intercetta un segnale di richiesta di soccorso è tenuto ad avvertire con immediatezza la Stazione del
Soccorso Alpino o la Stazione dei Carabinieri più vicina, preparandosi a rispondere alle seguenti domande:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
dove è successo l’incidente;
che cosa è successo e quando;
quanti sono i feriti e la natura delle ferite;
quale è la situazione metereologica locale;
se esistono ostacoli per l’elicottero (cavi ecc.);
se esiste la possibilità di atterraggio o meno.
COME COMUNICARE CON L’ELICOTTERO
ABBIAMO BISOGNO DI SOCCORSO
ATTERRATE QUI
SI (In risposta alle domande del pilota)
NON ABBIAMO BISOGNO DI SOCCORSO
NO NON ATTERRATE QUI
NO (In risposta alle domande del pilota)
SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO TOSCANO ( S.A.S.T.) – XVII DELEGAZIONE
STAZIONE MONTE FALTERONA
Telefono xxxxxxxxx fax xxxxxxxxx e-mail xxxxxxxxxx
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GLI 11 COMANDAMENTI PER CHI CAMMINA
Alcuni principi fondamentali nell’andar in montagna sono ispirati al buon senso ancor prima che alle
esperienze ed ai comportamenti di chi ci hanno preceduto. Semplicissime norme, da considerare alla stregua
di veri e propri comandamenti, il cui valore è determinante anzitutto per evitare possibili incidenti.
Fame e sete, ad esempio, sono cosa banale quando ci si trovi in un ambiente dove cibo e bevande sono a
portata di mano: ma possono diventare “pericolose” in montagna.
Vi sono dunque regole fondamentali, che, se osservate, potranno rendere una giornata di trekking
assolutamente tranquilla.
Preparati seriamente ad ogni uscita, affrontando ognuna di esse, dalla semplice all’impegnativa, con
uguale senso di responsabilità verso se stessi, con coscienza.
Sii consapevole dei tuoi limiti, non aver riguardi o reticenze a riconoscerli. Sapere fin dove si può
arrivare (e non solo nell’andar in montagna) è il primo indispensabile passo.
Informati, fino ad averne certezza, dei tuoi itinerari, delle difficoltà che comportano, dei tempi di
percorrenza. Scegli quelli più adatti e riferendoti a tutto questo, nel calcolare gli orari della tua gita,
ricorda che è norma antica partire presto e tornare presto. Che tu sia in un rifugio o in un albergo del
fondovalle lascia indicazioni di massima del tuo programma e del tuo itinerario. Tenendo presente che
in montagna è buona norma essere sempre accompagnati.
Se nel tuo programma hai inserito un itinerario nuovo, impegnativo o comunque a te sconosciuto,
abbi cura di fartelo descrivere dettagliatamente, guida e cartina alla mano. Se si tratta di ascensioni o
traversate su ghiaccio è obbligo rivolgersi ad una guida.
Preoccupati delle condizioni del tempo, non andare “all’avventura” basandosi su indicazioni
“all’antica”. Consulta molto attentamente i bollettini “locali”. Al giorno d’oggi le rilevazioni dei satelliti
meteorologici consentono previsioni difficilmente sbagliate. Ricordati che in montagna, specialmente
in alta montagna, le condizioni del tempo possono mutare radicalmente nel giro di pochi minuti.
Abbi particolare cura nell’approntare l’attrezzatura da montagna rispondente alle tue esigenze
personali. Scegli criteri di praticità e qualità senza seguire la moda: la comodità di una giacca a vento
ben imbottita in mezzo ad una bufera calata all’improvviso vale più di cento firme di stilisti. Per i tuoi
acquisti rivolgiti a chi sia in grado di consigliarti.
Prima di partire preoccupati di verificare il carico del tuo zaino: viveri, bevande, eventuale ricambio di
indumenti, ecc..
Fai una colazione abbondante e nutriente. L’assunzione, nell’arco della giornata, di bevande o
pasticche energetiche e facilmente assimilabili, offre sufficiente risposta al fabbisogno richiesto da ore
e ore di montagna. Sarà meglio rimandare a fine gita i festeggiamenti a tavola. Non assumere
bevande alcoliche, ma solo tè, bevande energetiche o semplice acqua, per evitare la disidratazione
dell’organismo provocata dalla sudorazione. E’ prudente portare nello zaino un termos con bevande
calde, specialmente nella stagione fredda.
Se le condizioni del tempo o qualsiasi altro fattore ti consigliano di ritornare sui tuoi passi, non te ne
vergognare; la montagna è sempre lì, nessuna montagna vale il rischio. E ricorda che scelte avventate
possono comportare pericolo anche per i soccorritori.
Aiuta chi incontri sul tuo cammino ed è meno esperto di te o si trova in difficoltà.
Nella drammatica eventualità di incidenti, è dovere morale e civile prodigarsi secondo le proprie
possibilità e in ogni modo porsi a disposizione delle squadre del Soccorso Alpino.
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